Royalties corrisposte a non residenti – Normativa nazionale e comunitaria – Convenzioni contro le doppie imposizioni

Royalties corrisposte a non residenti

Con royalty  per lo sfruttamento dei beni immateriali si indica il diritto del titolare di un brevetto o di una proprietà intellettuale ad ottenere il versamento di una somma di denaro da parte di chiunque effettui lo sfruttamento di detti beni per fini commerciali e/o di lucro.

Il comma due dell’art. 12 del Modello OCSE di Convenzione contro la doppia imposizione (OCDE – Convention between (State A) and (State B) with respect to taxes on income and on capital) dispone che: “Il termine “royalties” utilizzato in questo articolo significa pagamenti di qualsiasi tipo ricevuti come corrispettivo per l’uso
di, o il diritto di utilizzare, qualsiasi copyright di opere letterarie, artistiche o scientifiche, inclusi film cinematografici, qualsiasi brevetto, marchio, disegno o modello, piano, formula o processo segreto, o per informazioni riguardanti industriali, commerciali o
esperienza scientifica
.” (Vedi in merito il paragrafo 2 del commentario all’Art. 12 del Modello OCSE in  Model Tax Convention on Income and on Capital: Condensed Version 2017)

In sostanza si fa riferimento ai canoni corrisposti per lo sfruttamento di Intellectual property rights (IPR).

Il paragrafo 2.9 del commentario all’Art. 12 del Modello OCSE, in Model Tax Convention on Income and on Capital: Condensed Version 2017, puntualizza l’eliminazione dal novero delle royalties, dei compensi per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche, con la conseguenza che tali compensi debbano essere generalmente considerati tassati in capo al  percettore  (nel  Paese  di residenza) come redditi d’impresa.

Nel paragrafo 10.1 del commentario all’Art. 12 del Modello OCSE, in Model Tax Convention on Income and on Capital: Condensed Version 2017 viene inoltre precisato che non sono classificabili come “royalties” neanche i compensi corrisposti per ottenere il diritto esclusivo alla distribuzione di determinati prodotti o servizi in una specifica area geografica, non essendo direttamente collegati all’uso o alla concessione in uso di alcuno dei diritti immateriali che generano royalties, per cui anche tali compensi devono essere qualificati come redditi d’impresa.

Le Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia, che fanno riferimento alle precedenti versioni del Modello OCSE 2010, ricomprendono tra le Royalties i compensi per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche.

L’art. 23, comma 2, lett. c), del D.P.R. 917/1986, sancisce che “si considerano prodotti nel  territorio  dello  Stato,  se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato  o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti…..: c) i compensi per l’utilizzazione di opere dell’ingegno,  di  brevetti industriali e di marchi d’impresa nonché di processi, formule e informazioni relativi ad  esperienze  acquisite  nel  campo  industriale,  commerciale  o scientifico”.

Ai fini dell’attrazione nella potestà impositiva dello Stato italiano delle royalties corrisposte a soggetti non residenti, ciò che conta, prescindendo  dalla considerazioni di altri elementi,  è la residenza fiscale italiana del soggetto che corrisponde i compensi.

L’art. 25, comma 4, D.P.R. 600/1973, come modificato dal Decreto legislativo del 30/05/2005 n. 143, prevede che i compensi di cui all’articolo 23, comma 2, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, corrisposti a non residenti, sono soggetti ad una ritenuta del trenta per cento a titolo di imposta sulla parte imponibile del loro ammontare.

Quindi i compensi per royalties corrisposti da un residente italiano ad un residente estero sono considerati  prodotti in Italia ed assoggettati ad una ritenuta del trenta per cento a titolo di imposta sulla parte imponibile del loro ammontare.

L’art. 25, comma 4, D.P.R. 600/1973 prevedendo una ritenuta a titolo di imposta esclude, a patto che tale provento sia l’unico realizzato in Italia dal soggetto non residente, ogni adempimento dichiarativo in Italia.

La ritenuta a titolo di imposta di cui all’art. 25, comma 4, D.P.R. 600/1973

  • non è applicata per i compensi erogati a stabili organizzazioni di soggetti non residenti.
  • è in ogni caso operata anche se il soggetto non residente percepisce il provento in regime di impresa (fatto salvo il caso delle stabili organizzazioni).

Le Royalties rappresentano elementi di reddito caratterizzati nel nostro ordinamento da diversi trattamenti:

  • redditi da lavoro autonomo, quando percepiti da persona fisica;
  • redditi di impresa, quando percepiti da persona giuridica, oppure quando percepiti da persona fisica in forma di impresa.

Per quanto attiene la ritenuta a titolo di imposta di cui all’art. 25, comma 4, D.P.R. 600/1973, per i compensi per royalties corrisposti da un residente italiano ad un residente estero, si applica, invece, il principio del trattamento isolato dei singoli redditi, che prevede l’adozione di regole caratteristiche relative a ciascuna delle categorie reddituali alle quali può essere ricondotto il provento.

Il comma uno dell’art. 12 del Modello OCSE di Convenzione contro la doppia imposizione (OCDE – Convention between (State A) and (State B) with respect to taxes on income and on capital) , prevede che i canoni provenienti da uno Stato contraente (Italia) e pagati all’effettivo beneficiario che risiede nell’altro Stato contraente, sono imponibili soltanto in detto altro Stato.

In sostanza, si riserva la potestà esclusiva dei canoni al Paese di residenza del soggetto percipiente.

La società estera, dunque, non dovrebbe scontare la ritenuta del 30% prevista dall’art. 25 del D.P.R. 600/1973.

Abbiamo usato il condizionale poichè le Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia generalmente, invece, prevedono, una potestà impositiva concorrente tra i due Stati stabilendo, tuttavia, la tassazione massima applicazione.

Il concetto di beneficiario effettivo (beneficial owner),  chiaro concetto antiabuso, al fine di evitare il c.d. Treaty shopping, ovvero l’adozione di strategie volte ad ottenere i vantaggi fiscali derivanti da alcune Convenzioni altrimenti non applicabili, la cui definizione è rintracciabile nel Commentario agli articoli 10, 11 e 12 (OECD MODEL TAX CONVENTION: REVISED PROPOSALS CONCERNING THE MEANING OF “BENEFICIAL OWNER”
IN ARTICLES 10, 11 AND 12)
.

Il concetto di beneficiario effettivo è espressione del più generale principio della prevalenza della sostanza sulla forma, di matrice anglosassone, il quale impone che, al fine di appurare quale debba essere il trattamento tributario da applicare a determinati flussi reddituali, occorre fare riferimento ai concreti risultati economici perseguiti più che alla forma giuridica utilizzata.

La disposizione convenzionale vuole, infatti, contrastare l’interposizione tra il beneficiario finale dei redditi (soggetto non residente, reale titolare dei diritti immateriali) ed il soggetto erogante (soggetto residente), di un soggetto terzo (interposto), con l’unico scopo di sfruttare la disciplina fiscale più favorevole prevista dalle varie convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni sul reddito. Il beneficiario effettivo può essere individuato nella persona fisica o giuridica che:

  • ha il diritto di controllo più intenso sul bene, potendo disporre dei frutti del bene medesimo;
  • effettivamente ne sopporta i costi, ovvero che sopporta il rischio di un’eventuale diminuzione di valore.

La Direttiva 2003/49 / CE, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi, esenta da ogni imposta, sia tramite ritenuta alla fonte sia previo accertamento fiscale,  applicata in uno Stato membro sui pagamenti di interessi o di canoni provenienti da tale Stato a condizione che il beneficiario effettivo degli interessi o dei canoni sia una società di un altro Stato membro o una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, di una società di uno Stato membro.

Ai fini della Direttiva 2003/49 / CE s’intendono per:

a)

«interessi»: i redditi da crediti di qualsiasi natura, garantiti o non da ipoteca e recanti o meno una clausola di partecipazione agli utili del debitore e, in particolare, i redditi derivanti da titoli e da obbligazioni di prestiti, compresi i premi collegati a detti titoli; le penali per tardivo pagamento non sono considerate interessi;

b)

«canoni»: i compensi di qualsiasi natura percepiti per l’uso o la concessione in uso del diritto di autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche, comprese le pellicole cinematografiche, e il software, di brevetti, marchi di fabbrica o di commercio, disegni o modelli, progetti, formule o processi segreti o per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico; sono considerati canoni i compensi per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche.

Ai fini della Direttiva 2003/49 / CE s’intendono per:

«società consociata»: una società consociata di una seconda società perlomeno allorché:

i)

la prima detiene una partecipazione diretta minima del 25 % nel capitale della seconda, oppure

ii)

la seconda società detiene una partecipazione diretta minima del 25 % nel capitale della prima, oppure

iii)

una terza società detiene una partecipazione diretta minima del 25 % nel capitale sia della prima sia della seconda.

Le partecipazioni devono comprendere soltanto le società residenti nel territorio della Comunità.

Tuttavia, gli Stati membri possono sostituire il criterio della partecipazione di una quota minima nel capitale con quello di una quota minima dei diritti di voto;

«stabile organizzazione»: una sede fissa di affari situata in uno Stato membro, attraverso la quale una società di un altro Stato membro esercita in tutto o in parte la sua attività.

Il Decreto legislativo del 30/05/2005 n. 143 ha dato attuazione alla Direttiva 2003/49/CE, tra l’altro:

Ai sensi dell’articolo 26-quater del DPR n 600/73 sono esentate da ritenuta in uscita le Royalties e gli interessi pagati da una società residente in uno degli Stati membri a società dello stesso gruppo residenti in altri Stati UE.

A seguito del Decreto legislativo del 30/05/2005 n. 143 l’Agenzia delle Entrate ha emanato la Circolare del 02/11/2005 n. 47 – Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e ContenziosoAttuazione della Direttiva 2003/49/CE concernente il regime fiscale applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra societa’ consociate di Stati membri diversi. – Decreto Legislativo 30 maggio 2005, n. 143.

La Circolare del 02/11/2005 n. 47 tratta ampiamente gli aspetti della Normativa in questione e si sviluppa attraverso i punti

PREMESSA
1 EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA INTERNA
2 REGIME DI ESENZIONE PER GLI INTERESSI E I CANONI
2.1 Ambito oggettivo
2.1.1 Definizione di canoni
2.1.2 Definizione di interessi
2.1.3 Interessi esclusi
2.2 Ambito soggettivo
2.2.1 Definizione di “societa’ consociata”
2.3 Requisiti per l’applicazione dell’esenzione
2.3.1 Imponibilita’ nello Stato di residenza del percettore
2.3.2 Definizione di beneficiario effettivo
2.4 Modalita’ di applicazione dell’esenzione
2.5 Rimborso di imposte non dovute
3 DISPOSIZIONI ANTIELUSIVE
4 RAPPORTI CON LA THIN CAPITALIZATION RULE
5 PERIODO TRANSITORIO PER I PERCIPIENTI ITALIANI
6 RITENUTA SUI CANONI
6.1 Ambito di applicazione della ritenuta
6.2 Definizione di uso e concessione in uso
6.3 Territorialita’
6.4 Base imponibile
7 DECORRENZA

Ai fini del all’articolo 26-quater comma 3 del DPR n 600/73 si considerano canoni, i compensi di qualsiasi natura percepiti per l’uso o la concessione in uso:

  1. del diritto di autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche, comprese le pellicole cinematografiche e il software;
  2. di brevetti, marchi di fabbrica o di commercio, disegni o modelli, progetti, formule o processi segreti o per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico;
  3. di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche.

Il regime di esenzione da ritenuta in uscita per le Royalties  pagate da una società residente in uno degli Stati membri a società dello stesso gruppo residenti in altri Stati UE  si applica soltanto in presenza di specifici requisiti di carattere soggettivo:

  • natura giuridica del soggetto che procedere al pagamento delle royalties . Ai fini dell’esenzione il soggetto che paga le royalties deve necessariamente essere una SPA, una SAPA, una SRL o un ente commerciale residente. Ente soggetto ad IRES, senza fruire di regimi di esonero, ovvero una stabile organizzazione di un’impresa non residente, anche essa soggetta ad IRES. Questo purché i canoni siano inerenti all’attività della stabile organizzazione.
  • rapporto di partecipazione che tale soggetto ha con il beneficiario delle royalties: l’esenzione riguarda solamente i pagamenti effettuati all’interno del medesimo gruppo societario. Ai sensi dell’art. 26-quater comma 2 del DPR n. 600/73, infatti, l’esenzione spetta se:
    • La società erogante detiene direttamente almeno il 25% dei diritti di voto nella società non residente beneficiaria (royalties pagate alla propria società partecipata);
    • La società non residente beneficiaria detiene direttamente almeno il 25% dei diritti di voto nella società erogante (royalties pagate alla propria società partecipante);
    • Una terza società (di capitali) detiene direttamente almeno il 25% dei diritti di voto sia nella società erogante che in quella beneficiaria (royalties pagate tra società “sorelle”).

L’articolo 26-quater comma 4 del DPR 600/73 pone ulteriori condizioni perché le royalties “in uscita” possano non essere assoggettate a ritenuta:

  • Le società non residenti  beneficiarie delle royalties devono essere
    • le beneficiarie effettive
    • residenti in uno degli Stati membri ed ivi essere assoggettate all’imposta sulle società senza fruire di regimi di esonero;
  • Le royalties medesime devono essere assoggettate all’imposta sulle società nello Stato di residenza della società beneficiaria;

In maniera del tutto analoga a quanto previsto per altri regimi comunitari che consentono di escludere l’imposizione di taluni proventi nello Stato della fonte (es. dividendi), l’art. 26-quater comma 2 del DPR n. 600/73 vincola l’esenzione al mantenimento delle partecipazioni minime di cui sopra per un periodo ininterrotto di almeno un anno.

Secondo la Circolare del 02/11/2005 n. 47 – Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, il momento in cui verificare il requisito dell’ininterrotto possesso è quello del pagamento delle royalties.

Qualora il periodo annuale si compia successivamente al pagamento dei canoni, il sostituto residente dovrebbe, quindi, applicare la ritenuta prevista dall’articolo 25 del DPR n 600/73 all’atto del pagamento delle somme.

Al compiersi del periodo annuale di possesso, sarebbe poi possibile avanzare richiesta di rimborso al Centro operativo di Pescara dell’Agenzia delle Entrate.

Secondo la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 27.5.2009 n. 131, l’esenzione non può essere fatta valere nel caso di partecipazioni detenute in via indiretta.

Qualora non fosse applicabile la disciplina di all’art. 26-quater del DPR n. 600/73 dovremo, di volta in volta, far riferimento alla disciplina in tema di royalties della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata dall’Italia lo Stato in cui il percettore è fiscalmente residente.

Teniamo presente che ove non fosse applicabile la disciplina di cui all’art. 26-quater del DPR n. 600/73 dovremmo applicare l’art. 25, comma 4, D.P.R. 600/1973 e, quindi, le royalties corrisposte a non residenti sarebbero soggette ad una ritenuta in uscita del trenta per cento a titolo di imposta.

Ora è evidente che spesso ci troveremmo ad esaminare norme convenzionali in contrasto con la normativa nazionale.

In merito al rapporto tra norme nazionali, comunitarie e convenzionali:

  • Fra gli Stati membri della Comunità europea prevarranno le disposizioni comunitarie a meno che la normativa nazionale o convenzionale non prevedano disposizioni più favorevoli per il contribuente;
  • Fra Stati che non facciano entrambi parte della Comunità europea opereranno le normative convenzionali, qualora esistenti, e sempreché la normativa nazionale non preveda
    disposizioni più favorevoli per il contribuente.

L’Amministrazione finanziaria ha da tempo riconosciuto l’effettiva prevalenza della norma convenzionale rispetto alla normativa fiscale nazionale. Infatti, le disposizioni contenute in una convenzione internazionale assumano il carattere della specialità e quindi assumano rilievo rispetto alle  normative nazionali.

Sulla base di quanto detto sinora, quindi, in caso di conflitto tra norme speciali convenzionali e norme tributarie interne generali, le norme pattizie dovrebbero dunque prevalere sulle disposizioni interne e ciò a prescindere dal fatto che le norme nazionali generali siano entrate in vigore prima o dopo le norme convenzionali.

L’art. 12 del Modello OCSE di Convenzione contro la doppia imposizione (OCDE – Convention between (State A) and (State B) with respect to taxes on income and on capital) dispone che i canoni provenienti da uno Stato contraente, il cui beneficiario effettivo sia un residente dell’altro Stato contraente sono imponibili nello Stato in cui è residente il beneficiario effettivo.

In sostanza non dovrebbe esserci alcuna imponibilità, né tramite applicazione di ritenuta alla fonte né attraverso autoliquidazione, nel Paese da cui provengono i canoni.

Nella realtà pratica però, anche senza un’espressa previsione
derogatoria da parte dell’art.12 del Modello di Convenzione, i canoni corrisposti sono, nella stragrande maggioranza dei casi, imponibili anche nello Stato contraente di provenienza degli stessi. L’aliquota con cui i canoni vengono tassati è variabile da Convenzione a Convenzione, ma si aggira intorno al 5%, al 10% o al 15%.

Esaminiamo alcune convenzioni, come si vedrà, tra queste solo la convenzione con l’Ungheria prevede la potestà impositiva esclusiva dei canoni al paese di residenza del soggetto percipiente.

Convenzione Potestà impositiva delle royalties al Paese di residenza del soggetto percipiente Potestà impositiva delle royalties al Paese di residenza del soggetto erogante
Italia – Bulgaria

Firma: Sofia 21.09.1988
Ratifica: L. 29.11.1990, n. 389

I canoni provenienti da uno Stato contraente e pagati ad un residente dell’altro Stato contraente sono imponibili in detto altro Stato Tuttavia, tali canoni possono essere tassati nello Stato contraente dal quale essi provengono e in conformità della legislazione di detto Stato, ma, se la persona che riceve i canoni ne è l’effettivo beneficiario, l’imposta così applicata non può eccedere il 5 per cento dell’ammontare lordo dei canoni. Le autorità competenti degli Stati contraenti regoleranno di comune accordo le modalità di applicazione di detta limitazione.
Italia – Lituania

Firma: Vilnius 04.04.1996
Ratifica: L. 09.02.1999, n.31

I canoni provenienti da uno Stato contraente e pagati ad un residente dell’altro Stato contraente sono imponibili in detto altro Stato Tuttavia, tali canoni possono essere tassati nello Stato contraente dal quale essi provengono e in conformità della legislazione di detto Stato, ma, se la persona che riceve i canoni ne è l’effettivo beneficiario, l’imposta così applicata non può eccedere:

il 5% dell’ammontare lordo dei canoni pagati per l’uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche;

il 10% dell’ammontare lordo dei canoni in tutti gli altri casi.

EX Jugoslavia
Firma
: Belgrado 24.02.1982
Ratifica: L. 18.12.1984, n.974 

La Convenzione stipulata con la ex Jugoslavia si applica attualmente ai seguenti Paesi: Bosnia Herzegovina, Serbia e Montenegro.

I canoni provenienti da uno Stato contraente e pagati ad un residente dell’altro Stato contraente sono imponibili in detto altro Stato I canoni di cui al paragrafo 1 del presente articolo possono essere tassati anche nello Stato contraente dal quale essi provengono ed in conformità alla legislazione di detto Stato, ma l’imposta così applicata non può eccedere il 10 per cento dell’ammontare lordo dei canoni. Le Autorità competenti degli Stati contraenti regoleranno di comune accordo le modalità di applicazione di tale limitazione.
Italia – Lussemburgo

Firma: Lussemburgo 03.06.1981
Ratifica: L.14.08.1982, n.747

Protocollo aggiuntivo
Firma: Lussemburgo 21.06.2012
Ratifica: L. 03.10.2014, n. 150

I canoni provenienti da uno Stato contraente e pagati ad un residente dell’altro Stato contraente sono imponibili in detto altro Stato Tuttavia, tali canoni possono essere tassati nello Stato contraente dal quale essi provengono e in conformità della legislazione di detto Stato, ma, se la persona che riceve i canoni ne è l’effettivo beneficiario, l’imposta così applicata non può eccedere il 10% dell’ammontare lordo dei canoni

 

Italia – Ungheria

Firma: Budapest 16.05.1977
Ratifica: L. 23.07.1980, n.509

Potestà impositiva esclusiva dei canoni al paese di residenza del soggetto percipiente

Quindi, riassumndo, nel caso di royalies corrisposte da un residente italiano ad un residente estero:

  • se questi è residente in un Paese UE dovremmo prima verificare l’applicabilità dellart. 26-quater del DPR n. 600/73, ed ove i requisiti ivi stabiliti non fossero soddisfatti, far riferimento alla Convenzione tra l’Italia e lo Stado di residenza UE del beneficiario;
  • se questi è residente in un Paese extra UE far riferimento alla Convenzione tra l’Italia e lo Stado di residenza del beneficiario.

Ove mancasse la Convenzione troverebbe applicazione l’art. 25, comma 4, D.P.R. 600/1973.