Documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati – Legge di bilancio 2018
Articolo 1, commi 1010-1019 (Misure fiscali per l’economia digitale (1) – web tax)
I commi 1010-1019 prevedono una forma di tassazione per le imprese operanti nel settore del digitale, così dando una prima risposta ad esigenze emerse da tempo anche in ambito internazionale ed europeo.
A questo fine le norme riscrivono i criteri per determinare l’esistenza di una “stabile organizzazione” nel territorio dello Stato, al fine di allentare il nesso – finora imprescindibile – tra presenza fisica di un’attività nel territorio dello Stato e assoggettabilità alla normativa fiscale.
Si istituisce inoltre un’imposta sulle transazioni digitali relative a prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici, con un’aliquota del 3 per cento sull’ammontare dei corrispettivi relativi alle prestazioni medesime.
Più in dettaglio, il comma 1010 novella l’articolo 162 del Testo unico delle imposte sui redditi (DPR 22 dicembre 1986, n. 917) che individua i criteri in base ai quali stabilire se sussista o meno una “stabile organizzazione” ai fini della tassazione dei redditi.
Sulla base della versione previgente dell’articolo 162 del TUIR, il concetto di “stabile organizzazione” era strettamente legato alla presenza fisica di un’azienda, rientrandovi in particolare (comma 2) le sedi di direzione, le succursali, gli uffici, le officine, i laboratori, i luoghi di estrazione di risorse naturali, i cantieri di costruzione (se di durata pari ad almeno 3 mesi).
Si ricorda, tuttavia che una sede fissa di affari non era, comunque, considerata stabile organizzazione (comma 4 del citato articolo 162 previgente) ove:
a) fosse utilizzata una installazione ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all’impresa;
b) i beni o le merci appartenenti all’impresa fossero immagazzinati ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna;
c) i beni o le merci appartenenti all’impresa fossero immagazzinati ai soli fini della trasformazione da parte di un’altra impresa;
d) una sede fissa di affari fosse utilizzata ai soli fini di acquistare beni o merci o di raccogliere informazioni per l’impresa;
e) fosse utilizzata ai soli fini di svolgere, per l’impresa, qualsiasi altra attività che abbia carattere preparatorio o ausiliario;
f) fosse utilizzata ai soli fini dell’esercizio combinato delle attività menzionate nelle lettere da a) ad e), purché l’attività della sede fissa nel suo insieme, quale risultante da tale combinazione, avesse carattere preparatorio o ausiliario.
Inoltre il comma 5 escludeva che fosse per sé stabile organizzazione la disponibilità a qualsiasi titolo di elaboratori elettronici e relativi impianti ausiliari che consentissero la raccolta e la trasmissione di dati ed informazioni finalizzati alla vendita di beni e servizi.
Infine, il comma 6 individuava comunque come una stabile organizzazione d’impresa il soggetto, residente o non residente, che nel territorio dello Stato abitualmente concludesse in nome dell’impresa stessa contratti diversi da quelli di acquisto di beni.
Per effetto delle modifiche introdotte dal comma 1010, rientrano nella definizione di “stabile organizzazione” le entità caratterizzate da una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato, costruita in modo tale da non farne risultare una consistenza fisica nel territorio stesso (nuova lettera f-bis) al comma 2 dell’articolo 162). Il riferimento agli elementi della stabilità, della ricorrenza e della dimensione economica dell’attività hanno la finalità dichiarata di impedire, ad opera dei contribuenti, manipolazioni che impediscano la qualificazione di “stabile organizzazione”.
In proposito alla compatibilità di questa norma con i trattati europei ed agli accordi bilaterali per evitare la doppia imposizione, la relazione illustrativa riferita alla norma in esame richiama la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea C-6/16 del 7 settembre 2017. Si ritiene rilevante che in quella sede la Corte abbia “ritenuto, nella sostanza, compatibile con i Trattati una disposizione che, pur differenziandosi dalle loro prescrizioni, sia volta a contrastare fenomeni di frode o di abuso di diritto”.
In proposito si rileva che il punto n. 31 della sentenza recita: “una presunzione generale di frode e di abuso non può giustificare né un provvedimento fiscale che pregiudichi gli obiettivi di una direttiva, né un provvedimento fiscale che pregiudichi l’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato”. Invece, “per verificare se un’operazione persegue un obiettivo di frode o di abuso, le autorità nazionali competenti (…) devono procedere, caso per caso, a un esame complessivo dell’operazione interessata. L’introduzione di un provvedimento fiscale di portata generale che escluda automaticamente talune categorie di contribuenti dall’agevolazione fiscale, senza che l’amministrazione finanziaria sia tenuta a fornire il benché minimo principio di prova o di indizio di frode e abuso, eccederebbe quanto necessario per evitare le frodi e gli abusi ” (punto n. 32).
Il novellato comma 4 dell’articolo 162 elenca i casi che non possono configurarsi come “stabile organizzazione”, purché le attività svolte siano “di carattere preparatorio o ausiliario” (novellato comma 4-bis dell’articolo 162).
Tali esenzioni non sono applicabili (novellato comma 5 dell’articolo 162) nel caso in cui la sede fissa di affari utilizzata o gestita da un’impresa (anche strettamente collegata) svolga la propria attività – anche altrove all’interno dello Stato – configurando una stabile organizzazione o, comunque, un’attività non avente mero “carattere preparatorio o ausiliario”. È necessario che le attività svolte “costituiscano funzioni complementari che siano parte di un complesso unitario di operazioni d’impresa”.
Si considera altresì che un’impresa non residente abbia una stabile organizzazione nel territorio dello Stato (nuovo comma 6 dell’articolo 162) qualora un soggetto agisca per conto di essa, concludendo abitualmente contratti o portando alla conclusione di contratti senza modifiche sostanziali da parte dell’impresa medesima. È altresì necessario che i contratti siano, alternativamente: in nome dell’impresa; relativi al trasferimento della proprietà – o per la concessione del diritto di utilizzo – di beni dell’impresa o che l’impresa ha il diritto di utilizzare; relativi alla fornitura di servizi da parte dell’impresa medesima.
È prevista una clausola di esclusione per:
- soggetti le cui attività siano limitate a quelle, di carattere preparatorio o ausiliario, che il precedente comma 4 esclude dall’ambito di applicazione della stabile organizzazione (nuovo comma 6 dell’articolo 162);
- agenti indipendenti, a meno che operino – esclusivamente o quasi – per conto di una o più imprese alle quali sono strettamente collegati (nuovo comma 7 dell’articolo 162). Il successivo comma 7-bis definisce un soggetto come “strettamente collegato ad un’impresa” quando: l’uno ha il controllo dell’altra ovvero entrambi sonno controllati dallo stesso soggetto; l’uno possiede direttamente o indirettamente più del 50 per cento della partecipazione dell’altra (nel caso di una società, più del 50 per cento del totale dei diritti di voto e del capitale sociale); entrambi sono partecipati da un altro soggetto, direttamente o indirettamente, per più del 50 per cento della partecipazione (nel caso di una società, per più del 50 per cento del capitale sociale). Tale definizione è valida ai soli fini dell’articolo 162, ossia ai fini dell’individuazione della stabile organizzazione.
(1) L’economia digitale
Basata sulle tecnologie informatiche, che ne rappresentano il pilastro, l’economia digitale comprende tutte le attività economiche che sulle tecnologie digitali si sono sviluppate e che ad esse fanno riferimento. La sempre maggiore interconnessione con l’economia tradizionale, peraltro, rende ardua e sfuggente ogni definizione più precisa. Tra le varie forme che può assumere l’economia digitale si ricorda l’e-commerce, una forma di commercio e vendita di beni o servizi che si effettua attraverso Internet, con piattaforme IT di diverso genere e struttura. L’avvento dell’economia digitale ha determinato importanti sfide dal punto di vista fiscale. Nel panorama globalizzato dell’economia mondiale, infatti, le politiche fiscali si sono trovate ad affrontare fenomeni di alta mobilità dei contribuenti e del capitale, di alto numero di transazioni transfrontaliere e di internazionalizzazione delle strutture finanziarie. La stessa individuazione della base imponibile nell’economia digitale può essere ardua in virtù di alcune circostanze specifiche:
commerce, una forma di commercio e vendita di beni o servizi che si effettua attraverso Internet, con piattaforme IT di diverso genere e struttura. L’avvento dell’economia digitale ha determinato importanti sfide dal punto di vista fiscale. Nel panorama globalizzato dell’economia mondiale, infatti, le politiche fiscali si sono trovate ad affrontare fenomeni di alta mobilità dei contribuenti e del capitale, di alto numero di transazioni transfrontaliere e di internazionalizzazione delle strutture finanziarie. La stessa individuazione della base imponibile nell’economia digitale può essere ardua in virtù di alcune circostanze specifiche:
Un tentativo di quantificare la perdita di gettito fiscale registratasi nel 2013 – 2015 per effetto dei mancati versamenti da parte di Facebook e Google è contenuta, ad esempio, nella relazione “EU Tax revenue loss from Google and Facebook”, 2017, di cui è co-autore il parlamentare europeo Paul Tang. Si veda anche lo studio, realizzato da Medio banca, “WebSoft e indagine sulle multinazionali”. Si tratta di un’analisi sulle dinamiche delle 390 multinazionali più grandi del mondo attraverso i loro conti aggregati nel periodo 2012-2016. In questo senso si parla di “pianificazione aggressiva delle tasse”, ovvero il ricorso a vari espedienti che spostino artificiosamente gli utili verso giurisdizioni in cui la tassazione fiscale è minima. In ambito internazionale l’OCSE ha cercato di affrontare le sopra accennate problematiche con l’adozione del cosiddetto “pacchetto BEPS”, che consiste nell’adozione di standard internazionali e modalità di approccio comuni. Si tratta di 15 azioni, che identificano i principali settori di intervento necessari per affrontare l’erosione della base fiscale e lo spostamento dei profitti.
Alla loro elaborazione hanno contribuito i Paesi OCSE e del G 20; le misure proposte variano dall’elaborazione di standard minimi completamente nuovi alla revisione degli standard esistenti, ad approcci comuni che faciliteranno la convergenza delle pratiche nazionali ad indicazioni sulle migliori prassi. Pur costituendo strumenti giuridicamente non vincolanti, di soft law, vi è l’aspettativa che i Paesi che hanno partecipato alla loro elaborazione ne curino l’attuazione. Nel corso del 2018 è previsto che l’OCSE presenti al G20 una relazione intermedia sulla tassazione dell’economia digitale. Per maggiori dettagli, si rinvia al sito dell’OCSE.