- Residenza fiscale delle persone fisiche
- Riforma della fiscalità internazionale – Nuove regole per la residenza delle persone fisiche
- Precedente formulazione
Residenza fiscale delle persone fisiche
Avuto riguardo al tipo di tassazione potremmo dividere gli Stati in 3 categorie:
- Paesi che hanno una tassazione mondiale del reddito (c.d. “worldwide taxation principle“, adottato dal sistema fiscale italiano);
- Paesi che hanno una tassazione del reddito nello Stato della fonte;
- Paesi che hanno una tassazione su base di cittadinanza. In questa ultima categoria rientrano solo gli Stati Uniti e l’Eritrea.
La worldwide taxation stabilisce che tutti i residenti in un dato paese devono pagare le tasse su tutte le fonti di reddito, sia quelle che hanno origine nel territorio dello Stato che quelle originate fuori dal territorio dello Stato. Questo tipo di tassazione è la più diffusa ed è applicata dalla maggioranza degli Stati europei.
La residenza fiscale, quindi, una volta individuata, diventa il presupposto necessario e sufficiente per applicare il “world wide taxation principle“.
Riforma della fiscalità internazionale – Nuove regole per la residenza delle persone fisiche
L’art. 3 (Principi generali relativi al diritto tributario dell’Unione europea e internazionale), primo comma, della legge delega 9 agosto 2023, n. 111, dispone che:”
1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1 il Governo osserva, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 2, anche i seguenti ulteriori principi e criteri direttivi generali:
……………………………….
“c) provvedere alla revisione della disciplina della residenza
fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti diversi
dalle società come criterio di collegamento personale
all’imposizione, al fine di renderla coerente con la migliore prassi
internazionale e con le convenzioni sottoscritte dall’Italia per
evitare le doppie imposizioni, nonché coordinarla con la disciplina
della stabile organizzazione e dei regimi speciali vigenti per i
soggetti che trasferiscono la residenza in Italia anche valutando la
possibilità di adeguarla all’esecuzione della prestazione lavorativa
in modalità agile;”
Nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 28/12/2023 è stato pubblicato il Decreto legislativo del 27/12/2023 n. 209 in attuazione della legge delega 9 agosto 2023, n. 111 (“Delega al Governo per la riforma fiscale”), relativo alla riforma della fiscalità internazionale che comprende la revisione della residenza fiscale delle persone fisiche.
L’Art. 1 Residenza delle persone fisiche del Decreto legislativo del 27/12/2023 n. 209, in vigore dal 29/12/2023, ha sostituito il secondo comma dell’articolo 2 (Soggetti passivi) del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917.
Quindi l’attuale formulazione dell’articolo 2 (Soggetti passivi) del TUIR, , in vigore dal 29/12/2023, dispone che
“1. Soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato.
2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.
2-bis. Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i
cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto
del Ministro dell’economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.”
Con la nuova formulazione dell’articolo 2 (Soggetti passivi) del TUIR viene modificato il criterio di collegamento per la determinazione della residenza fiscale delle persone fisiche, sostituendo la nozione di domicilio, di natura civilistica, con un criterio di natura sostanziale del domicilio, inteso come il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.
Il criterio di natura formale (presunzione relativa con la possibilità di eccepire la prova contraria di residenza all’estero), in base al quale si presumono residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta (183 giorni) nelle anagrafi della popolazione residente, rimane invariato.
I requisiti di residenza devono sussistere per la maggior parte del periodo d’imposta, valorizzando, ai fini del computo dei giorni, anche periodi tra loro non consecutivi nonché le frazioni del giorno.
Nella nuova formulazione, dell’articolo 2 (Soggetti passivi) del TUIR, in vigore dal 29/12/2023, così come modificato dall’Art. 1 Residenza delle persone fisiche del Decreto legislativo del 27/12/2023 n. 209 in attuazione della legge delega 9 agosto 2023, n. 111:
- Viene eliminata la presunzione assoluta di residenza fiscale quale conseguenza dell’iscrizione di una persona fisica alle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta che da presunzione da assoluta diventa relativa e l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo di imposta diventa elemento presuntivo, soggetto a prova contraria, consentendo, quindi, al contribuente di poter fornire la prova contraria in merito al suo effettivo domicilio, indipendentemente dalla sua residenza anagrafica;
- la mera presenza nel territorio dello stato è equiparata, quale criterio di radicamento, al domicilio e alla residenza;
- per la determinazione della prevalenza temporale nell’anno divengono rilevanti “anche le frazioni di giorno”;
- la nozione di domicilio viene espressamente svincolata da quella dettata dal codice civile e identificata, invece, nel luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Prevedendo espressamente la prevalenza delle relazioni personali e familiari della persona, si pongono in secondo ordine gli affari ed interessi di natura lavorativa ed economica. La nuova previsione normativa, sembra andare contro l’indirizzo giurisprudenziale di recente evoluzione della Corte di Cassazione, che valorizza maggiormente gli interessi lavorativi, in contrapposizione con la precedente interpretazione che, invece, in linea con quanto previsto dalla nuova formulazione normativa, valorizzava maggiormente gli interessi familiari.
Precedente formulazione
La normativa sostanziale di riferimento che consente, a livello domestico, di determinare la residenza fiscale di una persona fisica, è contenuta nell’articolo 2, comma 2, Tuir, che, nella precedente formulazione, disponeva che:
“Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile“.
Quindi, a norma dell’articolo 2, comma 2, Tuir, nella precedente formulazione, il soggetto passivo era considerato fiscalmente residente in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta:
- era iscritto presso l’anagrafe della popolazione residente;
- o aveva il domicilio nel territorio dello Stato, definito come la sede principale degli affari e interessi (articolo 43, comma 1, cod. civ.);
- o aveva stabilito la propria residenza nel territorio dello Stato, intesa come la dimora abituale del soggetto passivo (articolo 43, comma 2, cod. civ.).Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Di conseguenza, precedentemente, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, Tuir qualora il contribuente, per la maggior parte del periodo d’imposta (generalmente 183 giorni), era iscritto presso l’anagrafe dei cittadini residenti (requisito formale), o aveva stabilito il proprio domicilio o la propria residenza sul territorio nazionale (requisiti sostanziali), era considerato residente in Italia.
Le richiamate condizioni erano tra loro in rapporto di “alternatività” e non di concorrenzialità e pertanto era sufficiente la presenza di una delle tre per considerare come residente un contribuente.
Domicilio e Residenza
“Articolo 43 Codice civile – Domicilio e residenza
Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.
La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale.”
In tema di residenza fiscale della persona fisica, come espressamente affermato dal Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza (cfr. volume III – parte V – capitolo 11 “Il contrasto all’evasione e alle frodi fiscali di rilievo internazionale”, pag. 346 e ss.), assume particolare rilevanza localizzare il domicilio il quale, nella formulazione dell’articolo 43, comma 1, cod. civ., può essere definito come il luogo in cui la persona fisica ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.
Per l’individuazione del domicilio del contribuente, nel corso ad esempio di un controllo fiscale, sulla base delle indicazioni fornite dalla prassi operativa, verificatori dovranno valutare congiuntamente:
- la situazione di fatto dello stabilimento in un determinato luogo del centro degli affari e degli interessi (elemento oggettivo);
- la volontà della persona di stabilire in quel luogo il proprio centro delle relazioni di natura sociale e familiare (c.d. elemento soggettivo).
Per una corretta definizione di “affari e interessi”, occorre fare riferimento all’elaborazione giurisprudenziale in base alla quale gli interessi rilevanti ai fini del domicilio di una persona sono sia quelli di natura economica, che quelli di natura morale o personale (es. di tipo affettivo, sociali e familiari).
Il domicilio va visto come una situazione giuridica che, in aggiunta alla verifica del luogo di effettiva presenza fisica del soggetto, è caratterizzata da elementi soggettivi, ossia dalla volontà di stabilire e conservare, in un determinato luogo, la sede principale dei propri affari ed interessi.
L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 351/E/2008 si è così espressa:
“Per espressa previsione normativa, le nozioni di domicilio e residenza utilizzate dalla legge tributaria, sono desumibili dal codice civile che all’articolo 43 definisce il domicilio di una persona come il “luogo in cui essa ha stabilito la sede dei suoi affari ed interessi”, mentre la residenza come il “luogo in cui la persona ha la dimora abituale”.
In ogni caso essi sono alternativamente rilevanti ai sensi del citato articolo 2, comma 2, del TUIR, nel senso che al fine di stabilire la residenza fiscale è sufficiente la presenza di uno solo di essi.
La circolare 2 dicembre 1997, n. 304, riprendendo quanto sostenuto dalla giurisprudenza prevalente, ha precisato che la dimora abituale è caratterizzata dal fatto oggettivo della permanenza in un dato luogo e dall’elemento soggettivo di volersi stabilire in quel luogo. La medesima circolare precisa che il domicilio richiama una situazione giuridica caratterizzata dalla volontà di stabilire e conservare in un determinato luogo la sede principale dei propri affari ed interessi e, come tale, prescinde dall’effettiva presenza fisica del soggetto. Conseguentemente, la locuzione “affari ed interessi” di cui all’art. 43, comma 1, del c.c., deve intendersi in senso ampio, comprensivo cioè non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica ma anche morali, sociali e familiari. In aderenza a tale criterio interpretativo, già la risoluzione del Ministero delle finanze del 14 ottobre 1988, n. 8/1329, aveva considerato fiscalmente residente in Italia un soggetto che, pur avendo trasferito la propria residenza all’estero dove svolgeva la propria attività, aveva mantenuto il centro dei propri interessi familiari e sociali in Italia.
Quindi la circostanza che il soggetto mantenga in Italia i propri legami familiari o il “centro” dei propri interessi patrimoniali e sociali è di per sè sufficiente a realizzare un collegamento effettivo e stabile con il territorio italiano.
In particolare, indipendentemente dalla presenza fisica e dalla circostanza che l’attività lavorativa sia esplicata prevalentemente all’estero, la citata circolare del 2 dicembre 1997, n. 304, ha chiarito che sono indici significativi, ai fini dell’eventuale residenza fiscale, la disponibilità di una abitazione permanente, la presenza della famiglia, l’accreditamento di propri proventi dovunque conseguiti, il possesso di beni anche mobiliari, la partecipazione a riunioni d’affari, la titolarità di cariche sociali, il sostenimento di spese alberghiere o di iscrizione a circoli o clubs, l’organizzazione della propria attività e dei propri impegni anche internazionali, direttamente o attraverso soggetti operanti nel territorio italiano. Occorre, pertanto, una valutazione d’insieme dei molteplici rapporti che il soggetto intrattiene nel nostro paese per valutare se, nel periodo in cui è stato anagraficamente residente all’estero, abbia effettivamente perso ogni significativo collegamento con lo Stato italiano e possa quindi essere considerato fiscalmente non residente.
Lo status di residente fiscale implica quindi l’esame delle possibili relazioni – sia personali che reali – con il Paese, che non può essere effettuata in sede di interpello, ma solo in sede di eventuale accertamento.
Qualora sulla base dei criteri esposti un soggetto risulti essere residente in Italia, egli, ai sensi dell’art. 3 del TUIR è soggetto ad imposta in relazione a tutti i redditi posseduti, ovunque prodotti, poiché solo i non residenti sono soggetti ad imposta limitatamente ai redditi prodotti nel territorio dello Stato.”
Per una corretta valutazione dovranno essere valutate, congiuntamente, le disposizioni domestiche e le previsioni dettate dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.
L’articolo 4, paragrafo 1, del modello Ocse di Convenzione internazionale (1) recita: “Ai fini della presente Convenzione, il termine “residente di uno Stato contraente” significa qualsiasi persona che, ai sensi delle leggi di quello Stato, è soggetto a tassazione in base al suo domicilio, residenza, luogo di direzione o qualsiasi altro criterio di natura simile, e comprende anche quello Stato e qualsiasi sua suddivisione politica o autorità locale. Questo termine, tuttavia, non include alcuna persona che è soggetta a tassazione in quello Stato solo per i redditi da fonti in quello Stato Stato o capitale ivi situato.”
L’articolo 4, paragrafo 2, del modello Ocse di Convenzione internazionale (1), prevede, qualora una persona fisica venga considerata residente di entrambi gli Stati contraenti, che la sua residenza può essere determinata in base ai seguenti criteri:
- detta persona è considerata residente dello Stato contraente nel quale ha un’abitazione permanente. Quando essa dispone di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati contraenti, è considerata residente dello Stato contraente nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (concetto sovrapponibile alla definizione di domicilio del soggetto passivo);
- se non si può determinare lo Stato contraente nel quale detta persona ha il centro dei suoi interessi vitali, o se la medesima non ha un’abitazione permanente in alcuno degli Stati contraenti, essa è considerata residente dello Stato contraente in cui soggiorna abitualmente;
- se detta persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati contraenti, ovvero non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, la medesima persona è considerata residente dello Stato contraente del quale ha la nazionalità;
- se detta persona ha la nazionalità di entrambi gli Stati contraenti, o non ha la nazionalità di alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati contraenti risolvono la questione di comune accordo.
Ai fini di una corretta individuazione della residenza fiscale possono inoltre rivelarsi utili una serie di elementi di fatto come:
- il monitoraggio dei voli aerei, delle prenotazioni alberghiere, degli abbonamenti telefonici;
- la disponibilità in Italia di immobili, utenze e conti correnti;
- l’individuazione del luogo ove il contribuente svolge la sua attività economica e professionale;
- la località ove il contribuente, oltre che i suoi familiari, soggiorna;
- eventuali dichiarazioni rese dai terzi;
- la disponibilità di autoveicoli;
- l’esistenza di cariche societarie ricoperte in entità societarie residenti;
- la titolarità di una partita Iva attiva;
- la stipula di atti soggetti a registrazione in Italia .
Come abbiamo visto, secondo il secondo comma dell’art. 2 del TUIR è considerato contribuente residente colui che è, per la maggior parte del periodo di imposta, ai fini di quanto disposto dal Codice Civile:
- iscritto nell’anagrafe della popolazione (italiana) residente;
- o mantiene il domicilio ( luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi);
- o la residenza (luogo in cui la persona ha la dimora abituale, nel quale, cioè, una persona abita e svolge in maniera continuativa la propria vita personale)
Ricordiamo che le richiamate condizioni sono tra loro in rapporto di “alternatività” e non di concorrenzialità e pertanto è sufficiente la presenza di una delle tre per considerare come residente un contribuente.
L’art. 2 comma 2 del TUIR collega i requisiti di cui si è detto all’elemento temporale ed esattamente utilizzando la locuzione “…per la maggior parte del periodo di imposta…” che è riferita alla permanenza nel territorio dello Stato per almeno 183 o 184 giorni a seconda che si tratti di anno bisestile o meno.
L’aspetto temporale è dunque un elemento essenzialmente discriminante per poter poi di fatto rendere operativa, o meno, la tassazione.
Sintesi: Una persona fisica che trasferisce la propria residenza all’estero dopo la metà del periodo d’imposta, continua ad essere considerata fiscalmente residente in Italia fino al termine del periodo d’imposta stesso; la possibilità’ di frazionare ai fini della residenza fiscale il periodo d’imposta in cui e’ avvenuto il trasferimento, come previsto dal paragrafo 10 del commentario OCSE all’art.4 del Modello di Convenzione, trova applicazione solo se contemplata dalla convenzione bilaterale in essere con lo stato estero di residenza.
Come abbiamo visto, la legislazione fiscale italiana tassa i redditi, in capo al contribuente, in quanto soggetto residente, ovunque essi siano prodotti. Il reddito è, quindi, assoggettato a tassazione su base mondiale, “worldwide principle”.
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Orientamento della Corte di Cassazione (superato dalla nuova formulazione): valenza degli interessi e degli affari economico-patrimoniali prioritaria rispetto al luogo delle relazioni affettive e familiari
La Corte di cassazione affermando che la valenza degli interessi e degli affari economico-patrimoniali è prioritaria rispetto al luogo delle relazioni affettive e familiari (che rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo con il quale il soggetto ha il più stretto collegamento) ha assunto un orientamento differente rispetto al passato ((Cassazione nn. 32992/2018, 45752/2017 e 6501/2015).
Corte di cassazione, ordinanza n. 32992/2018
Gli Ermellini hanno confermato la prevalenza degli interessi economici del soggetto passivo, intesi come centro principale degli affari e interessi, rispetto ai legami affettivi e familiari (elementi di natura morale o personale)
Sempre con l’ordinanza n. 11620 del 4 maggio 2021 la Corte di cassazione si è così espressa:
“3.5 – Sotto il medesimo profilo, assume ulteriore rilevanza – ai
fini dell’individuazione della fissazione del domicilio – il concetto di
riconoscibilità dello stesso da parte dei terzi, riconoscibilità che –
secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, alla quale
deve darsi continuità – va individuata in relazione alla gestione degli interessi e degli affari economico-patrimoniali, prioritariamente rispetto al luogo delle relazioni affettive e familiari (Cass., Sez. V, 20dicembre 2018, n. 32992; Cass., Sez. V, 31 marzo 2015, n. 6501).
Ne consegue che il domicilio deve, non solo, essere il luogo di
gestione dei propri interessi, riconoscibile dai terzi (Cass., Sez. V, 2
marzo 2020, n. 5642; Cass., n. 24246/2011, cit.; Cass., Sez. V, 22
ottobre 2010, n. 21689; Cass., Sez. V, 15 giugno 2010, n. 14434),
ma questa riconoscibilità deve essere agganciata a indici tali da
individuare in Italia prioritariamente gli interessi del contribuente di
carattere economico e patrimoniale (Cass., n. 32992/2018, cit.;
Cass., n. 6501/2015, cit.).”
La Corte di Cassazione con ordinanza del 25/05/2022, n. 16954, richiamando l’ordinanza n. 32992/2018, ha ribadito che le relazioni affettive e familiari non rivestono un ruolo preponderante rispetto agli interessi e gli affari economico-patrimoniali, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi.