Archivi categoria: Dichiarazione dei Redditi

Il contratto di rete e la Direttiva madre-figlia


Il contratto di rete

il contratto di rete è stato introdotto nella  normativa italiana  dall’articolo 3 (Distretti produttivi e reti di imprese), commi 4-ter e 4-quater, del Decreto-legge del 10/02/2009 n. 5 (Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi) convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.

Successivamente, l’articolo 42 (Reti di imprese) del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha apportato significative novità alla disciplina civilistica dell’istituto, sostituendo i commi 4-ter e 4-quater dell’articolo 3 del d.l. n. 5 del 2009, e ha contemporaneamente istituito un’agevolazione fiscale in favore delle imprese aderenti a un contratto di rete, subordinandone l’efficacia all’autorizzazione della Commissione europea.
La Commissione europea, con decisione C(2010)8939 def. del 26 gennaio 2011 ha ritenuto che la misura fiscale in esame non costituisca aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
La norma agevolativa ha per obiettivo il completamento del programma comune di rete previsto nel contratto e a tal fine istituisce un regime di sospensione di imposta sugli utili d’esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati al fondo patrimoniale per la realizzazione degli investimenti previsti dal programma stesso, che abbia ottenuto la preventiva asseverazione da parte degli organismi abilitati. Il regime di sospensione d’imposta cessa nell’esercizio in cui la riserva è utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite, salvo il verificarsi di eventi interruttivi della sospensione.

In particolare, in riferimento alla localizzazione territoriale, sono ammesse all’agevolazione sia le imprese residenti, sia le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di imprese non residenti.

In merito all’agevolazione di cui all’Articolo 42, decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 vedi: Circolare n. 15 del 14/04/2011.

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Facoltà di acquisire la Soggettività giuridica per le reti dotate di fondo patrimoniale comune

La possibilità, per la rete dotata di fondo patrimoniale comune, di acquisire la soggettività giuridica, facoltativa e condizionata all’iscrizione del contratto di rete nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede, è stata concessa

 Per effetto delle modifiche introdotte dall’articolo 36  del cosiddetto decreto crescita-bis, l’attuale formulazione della norma prevede che – nell’ambito di determinate procedure, quali, ad esempio, quelle di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, quelle inerenti ad interventi di garanzia per l’accesso al credito o inerenti allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione previsti dall’ordinamento – l’organo comune “agisce in rappresentanza della rete, quando essa acquista soggettività giuridica e, in assenza della soggettività, degli imprenditori, anche individuali, partecipanti al contratto salvo che sia diversamente disposto nello stesso”.

Attualmente, ai sensi del comma 4-ter dell’articolo 3 del Dl n. 5/2009, il contratto di rete che prevede

  • l’organo comune e
  • il fondo patrimoniale

non è dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della stessa ai sensi dell’ ultima parte del comma 4-quater del Dl n. 5/2009 (se è prevista la costituzione del fondo comune, la rete può iscriversi nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede; con l’iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede la rete acquista soggettività giuridica. Per acquistare la soggettività giuridica il contratto deve essere stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente a norma dell”articolo 25 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82..)

Quindi un contratto di rete acquista soggettività giuridica se:

  • prevede
    • l’organo comune e
    • il fondo patrimoniale
  • è stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente a norma dell’articolo 25 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;
  • si iscrive nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede.

Quindi, l’attuale contesto normativo offre agli imprenditori che intendono costituire una rete di imprese, ai sensi dell’articolo 3 del Dl n. 5/2009, l’alternativa fra due diverse forme giuridiche:

  • l’adozione di un modello contrattuale “puro” di rete di imprese (cosiddetta “RETE-CONTRATTO”);
  • oppure la creazione di un nuovo soggetto giuridico (cosiddetta “RETE-SOGGETTO”).

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Circolare del 18/06/2013 n. 20 della Agenzia delle Entrate – Aspetti fiscali della “Rete Soggetto Giuridico”

Con la Circolare del 18/06/2013 n. 20, l’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa, ha fornito chiarimenti sulle conseguenze fiscali derivanti dalle modifiche introdotte dai cosiddetti “decreti crescita” alla disciplina civilistica del contratto di rete di imprese ed, in particolare, al riguardo della possibilità per le reti dotate di fondo patrimoniale comune di acquisire, su base volontaria, un’autonoma soggettività giuridica, distinta rispetto a quella delle singole imprese partecipanti, mediante l’iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede della “rete”.

Nel punto 2 della Circolare del 18/06/2013 n. 20, a proposito della “Rete Soggetto Giuridico” , viene chiarito che 

“i decreti crescita hanno introdotto la possibilità per la rete dotata di fondo patrimoniale comune di acquisire la soggettività giuridica, facoltativa e condizionata all’iscrizione del contratto di rete nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede.
La rete di imprese, per effetto dell’iscrizione de qua, diviene un nuovo soggetto di diritto (rete-soggetto) e, in quanto autonomo centro di imputazione di interessi e rapporti giuridici, acquista rilevanza anche dal punto di vista tributario.
La rete-soggetto, infatti, costituisce, sotto il profilo del diritto civile, un soggetto “distinto” dalle imprese che hanno sottoscritto il contratto e, pertanto, sotto il profilo tributario, in grado di realizzare fattispecie impositive ad essa imputabili.
L’acquisizione della soggettività giuridica delle reti in esame comporta l’esistenza di un soggetto dotato di capacità giuridica tributaria autonoma rispetto alla capacità giuridica delle singole imprese partecipanti: ai fini del prelievo fiscale, infatti, la rete-soggetto, in quanto entità distinta dalle imprese partecipanti, esprime una propria forza economica ed è in grado di realizzare, in modo unitario e autonomo, il presupposto d’imposta.
In sostanza, fermo restando la sussistenza della soggettività tributaria delle imprese partecipanti, qualora la rete acquisisca soggettività giuridica, la stessa diventa un autonomo soggetto passivo di imposta con tutti i conseguenti obblighi tributari previsti ex lege in materia di imposte dirette ed indirette.
In particolare, le reti dotate di soggettività giuridica sono soggette all’imposta sul reddito delle società ai sensi dell’articolo 73, comma 2, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, secondo cui “Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario e autonomo“.
La rete-soggetto costituisce, infatti, una organizzazione non appartenente ad altri soggetti, nei confronti della quale il presupposto di imposta si verifica in maniera unitaria e autonoma.
Le reti soggetto rientrano, dunque, tra gli enti commerciali o non commerciali, “diversi dalle società“, di cui alle sopra citate lettere b) e c), a seconda che svolgano o meno attività commerciale in via principale o esclusiva.
Di conseguenza nel caso in cui le reti soggetto esercitino l’attività commerciale in via principale o esclusiva, le stesse rientrano tra gli enti commerciali di cui al citato articolo 73, comma 1, lettera b), e si rendono applicabili le disposizioni relative alla “Determinazione della base imponibile delle società e degli enti commerciali residenti”, di cui agli articoli 81 e seguenti del citato Testo unico.”

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Direttiva madre-figlia

La   Direttiva 90/435/CEE , nota come direttiva madre-figlia, poi rifusa nella Direttiva 2011/96/UE , disciplina la tassazione degli utili distribuiti nei casi in cui, all’interno di un gruppo societario, società madre e società figlia appartengano a differenti Stati membri dell’Unione Europea.

Come vedremo, effetti della Direttiva sono:

• eliminare le ritenute in uscita sugli utili distribuiti dalla società figlia alla società madre;

• escludere la tassazione nello Stato di residenza della società madre degli utili distribuiti dalla società figlia.

In seguito la Direttiva 2011/96/UE è stata modificata dalla Direttiva 2014/86/UE e dalla Direttiva 2015/121/UE

In base all’art. 1 della Direttiva 2011/96/UE ogni Stato membro applica la direttiva in oggetto:

a) alla distribuzione degli utili percepiti da società di questo Stato membro e provenienti dalle loro filiali di altri Stati membri;

b) alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato membro a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali;

c) alla distribuzione degli utili percepiti da stabili organizzazioni di società di altri Stati membri situate in tale Stato membro e provenienti dalle loro società figlie di uno Stato membro diverso da quello in cui è situata la stabile organizzazione;

d) alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato membro a stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro di società del medesimo Stato membro di cui sono società figlie.

In base alla lettera a) del primo comma dell’art. 2,  ai fini dell’applicazione della Direttiva 2011/96/UE per «società di uno Stato membro» si intende  qualsiasi società:

i) che abbia una delle forme enumerate nell’allegato I, parte A;

ii) che, secondo la legislazione fiscale di uno Stato membro, sia considerata come avente il domicilio fiscale in tale Stato membro e, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione conclusa con uno Stato terzo, non sia considerata come avente tale domicilio fuori dell’Unione;

iii) che, inoltre, sia assoggettata, senza possibilità di opzione e senza esserne esentata, a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, o a qualsiasi altra imposta che venga a sostituire una delle imposte sopraindicate.

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Rispondenza di una “Rete Soggetto Giuridico” ai criteri di cui alla lettera a) del primo comma dell’art. 2,  ai fini dell’applicazione della Direttiva madre-figlia

La lettera l) della parte A dell’allegato I alla Direttiva 2011/96/UE prevede che le società di diritto italiano debbano essere «società per azioni», «società in accomandita per azioni», «società a responsabilità limitata», «società cooperative», «società di mutua assicurazione», nonché gli enti pubblici e privati la cui attività è totalmente o principalmente commerciale.

La  parte B dell’allegato I alla Direttiva 2011/96/UE prevede che le società di diritto italiano sia assoggettate all’imposta sul reddito delle società in Italia.

Come abbiamo visto la Circolare del 18/06/2013 n. 20 

Quindi una rete

risponde ai requisiti richiesti dalla lettera a) del primo comma dell’art. 2,  ai fini dell’applicazione della Direttiva 2011/96/UE (Direttiva Madre Figlia)

Poniamo che uno dei soggetti della Rete sia una società con sede fiscale in uno Stato appartenente alla Unione Europea e che questa risponda alle caratteristiche richieste, per essere considerata società Madre dalla Direttiva 2011/96/UE (Direttiva Madre Figlia) e dalla sua normativa nazionale, avremo una situazione in cui la Rete sarà considerata Società figlia.

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Tassazione dei dividendi erogati da una Rete-Soggetto figlia residente fiscalmente in Italia ad una società madre residente fiscalmente nella UE

In base al comma 3-ter dell’art. art. 27 del DPR n. 600 del 1973, una società figlia residente fiscalmente in Italia deve operare una ritenuta a titolo di imposta e con l’aliquota dell’1,20% sugli utili corrisposti ad una società madre  soggetta ad un’imposta sul reddito delle società in uno Stato membro dell’Unione europea.

L’art. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 dispone che:

Le società (madri) che detengono una partecipazione diretta non inferiore al 20 per cento del capitale della società (figlia) che distribuisce gli utili, hanno diritto, a richiesta, al rimborso della ritenuta di cui al comma 3-ter dell’art. 27 (Ritenuta sui dividendi) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (1,20% sugli utili corrisposti), se:

a) rivestono una delle forme previste  dall’allegato I, parte A, della direttiva 2011/96/UE;

b) risiedono, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell’Unione europea, senza essere considerate, ai sensi di una Convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residenti al di fuori dell’Unione europea;

c) sono soggette, nello Stato di residenza, senza fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, ad una delle a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, della direttiva 2011/96/UE;

d) la partecipazione sia detenuta ininterrottamente per almeno un anno.

A tal fine, ai sensi del comma 2 dell’dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973, deve essere prodotta:

  • una certificazione, rilasciata dalle competenti autorità fiscali dello Stato estero, che attesti che la società (madre) non residente possiede i requisiti indicati alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973;
  • nonché una dichiarazione della società che attesti la sussistenza del requisito indicato alla lettera d) del comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973.

Ove ricorrano le condizioni di cui al comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973, a richiesta della società beneficiaria dei dividendi (società madre) , i soggetti di cui all’art. 23  del DPR  n. 600/1973 possono non applicare la ritenuta di cui al comma 3-ter dell’art. 27 (Ritenuta sui dividendi) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. In questo caso, la documentazione di cui al comma 2 dell’dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973 deve essere acquisita entro la data del pagamento degli utili e conservata, unitamente alla richiesta, fino a quando non siano decorsi i termini per gli accertamenti relativi al periodo di imposta in corso alla data di pagamento dei dividendi e, comunque, fino a quando non siano stati definiti gli accertamenti stessi.

Con il provv. n.84404  del 10.7.2013 l’Agenzia delle Entrate ha approvato i modelli di domanda per il rimborso, l’esonero dall’imposta italiana in forza della direttiva del Consiglio 90/435/CEE del 23 luglio 1990 (direttiva “madre-figlia”).

Quindi, gli utili della Rete Soggetto Figlia  saranno tassati in Italia (gravame fiscale del 24%) e i dividendi  distribuiti  alla Società Madre non saranno  soggetti a ritenuta in Italia e non saranno tassati nello Stato di residenza della Società madre.

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Una “Rete Soggetto Giuridico” non può avvalersi della possibilità di esercitare l’Opzione per il regime di tassazione di trasparenza fiscale in alternativa al regime di tassazione ordinaria.

L’art. 115 del Testo Unico delle imposte sui redditi (TUIR) del 22/12/1986 n. 917, prevede la possibilità di esercitare l’Opzione, in alternativa al regime di tassazione ordinaria, per il regime di tassazione di trasparenza fiscale solo per i soggetti IRES di cui all’art. 73, comma 1, lettera a) del TUIR , mentre, come abbiamo visto, una “Rete Soggetto Giuridico” è, ai sensi dell’articolo 73, comma 2, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir),  ricompresa tra gli enti commerciali o non commerciali, “diversi dalle società“, di cui alle  lettere b) e c) del primo comma del’art. 73,  a seconda che svolga o meno attività commerciale in via principale o esclusiva.

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Direttiva Madre Figlia -Tassazione dei dividendi distribuiti da una Società Figlia residente in Bulgaria ad una Società Madre residente in Italia

Esaminiamo di seguito la tassazione dei dividendi distribuiti da una Società Figlia residente in Bulgaria ad una Società Madre residente in Italia.

Direttiva madre-figlia

Società in Bulgaria e normativa sulle “imprese estere controllate” (Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc)

Tassazione dei dividendi distribuiti da una Società Figlia residente in Bulgaria ad una Società Madre residente in Italia

Tassazione CFC

Direttiva madre-figlia

L’Unione Europea, rispondendo all’esigenza, direttamente connessa al principio fondante dell’Unione Europea di garantire la libera circolazione dei capitali all’interno del mercato comune, di non ostacolare la formazione di gruppi societari transfrontalieri,   ha introdotto, per i gruppi di società di Stati membri diversi, disposizioni fiscali improntate alla massima neutralità fiscale, con l’obiettivo di eliminare la possibilità di doppia imposizione degli utili distribuiti in forma di dividendi dalle società figlie, stabilite in uno Stato membro, alle corrispondenti società madri, stabilite in un altro Stato membro, dovuta al simultaneo intervento di regimi tributari di due Stati differenti.

La   Direttiva 90/435/CEE , nota come direttiva madre-figlia, poi rifusa nella Direttiva 2011/96/UE , disciplina la tassazione degli utili distribuiti nei casi in cui, all’interno di un gruppo societario, società madre e società figlia appartengano a differenti Stati membri dell’Unione Europea.

Come vedremo, effetti della Direttiva sono:

• eliminare le ritenute in uscita sugli utili distribuiti dalla società figlia alla società madre;

• escludere la tassazione nello Stato di residenza della società madre degli utili distribuiti dalla società figlia.

In seguito la Direttiva 2011/96/UE è stata modificata dalla Direttiva 2014/86/UE e dalla Direttiva 2015/121/UE

In base all’art. 1 della Direttiva 2011/96/UE ogni Stato membro applica la direttiva in oggetto:

a) alla distribuzione degli utili percepiti da società di questo Stato membro e provenienti dalle loro filiali di altri Stati membri;

b) alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato membro a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali;

c) alla distribuzione degli utili percepiti da stabili organizzazioni di società di altri Stati membri situate in tale Stato membro e provenienti dalle loro società figlie di uno Stato membro diverso da quello in cui è situata la stabile organizzazione;

d) alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato membro a stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro di società del medesimo Stato membro di cui sono società figlie.

In base alla lettera a) del primo comma dell’art. 2,  ai fini dell’applicazione della Direttiva 2011/96/UE per «società di uno Stato membro» si intende  qualsiasi società:

i) che abbia una delle forme enumerate nell’allegato I, parte A;

ii) che, secondo la legislazione fiscale di uno Stato membro, sia considerata come avente il domicilio fiscale in tale Stato membro e, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione conclusa con uno Stato terzo, non sia considerata come avente tale domicilio fuori dell’Unione;

iii) che, inoltre, sia assoggettata, senza possibilità di opzione e senza esserne esentata, a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, o a qualsiasi altra imposta che venga a sostituire una delle imposte sopraindicate.

Il primo comma dell’art. 3 della Direttiva 2011/96/UE dispone che:

a) la qualità di società madre è riconosciuta:

i) almeno a una società di uno Stato membro che soddisfi le condizioni di cui all’articolo 2 e che detenga una partecipazione minima del 10 % nel capitale di una società di un altro Stato membro che soddisfi le medesime condizioni;

ii) alle stesse condizioni, ad una società di uno Stato membro che detenga nel capitale di una società dello stesso Stato membro una partecipazione minima del 10 %, parzialmente o totalmente attraverso una stabile organizzazione della prima società situata in un altro Stato membro;

b) «società figlia» la società nel cui capitale è detenuta la partecipazione indicata alla lettera a).

Con le dovute particolarità ed eccezioni che in questa sede non esamineremo per semplicità,  la Direttiva 2011/96/UE dispone che, in base:

  • alla lettera a) del primo comma dell’art. 4: quando una società madre riceve utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione della società figlia, lo Stato membro della società madre  si astiene dal sottoporre tali utili a imposizione;
  • all’art. 5: gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre sono esenti dalla ritenuta alla fonte:
  • all’art. 6 : lo Stato membro da cui dipende la società madre non può riscuotere ritenute alla fonte sugli utili che questa società riceve dalla sua società figlia.

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Attuazione in Italia della Direttiva Madre/Figlia

In attuazione della direttiva n 90/435/CEE relativa al regime fiscale applicabile alle società madri e figlie di Stati membri della Comunità economica europea, in Italia, è stato emanato il Decreto legislativo del 06/03/1993 n. 136 che ha introdotto:

  • nel Testo unico delle imposte sui redditi DPR n. 917 del 1986 l’Art. 96-bis (Dividendi distribuiti da società non residenti);
  • nel DPR n 600 del 1973
    • all’art. 27 il quarto comma;
    • l’art. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti).

Successivamente:

Il Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344, a norma dell’articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80 (Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale.)), modificando il Testo Unico delle imposte sui redditi (TUIR) del 22/12/1986 n. 917, ha riformato l’imposizione sul reddito delle società.

L’art. 2 del Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344, ha modificato, nel DPR n 600 del 1973

    • all’art. 27 il quarto comma;
    • l’art. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti).

L’art. 1, comma 67, della legge finanziaria 2008 ha aggiunto all’art. 27 del DPR n. 600 del 1973, il comma 3-ter, che stabilisce che “La ritenuta è operata a titolo di imposta e con l’aliquota dell’1,375 per cento (attualmente  con l’IRES al 24% 1,20%)  sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed ivi residenti, in relazione alle partecipazioni, agli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), del predetto testo unico e ai contratti di associazione in partecipazione di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), del medesimo testo unico, non relativi a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.“.

L’art. 26, comma 1 legge 7 luglio 2016 n. 122 (Legge europea 2015-2016) in attuazione della direttiva 2014/86/UE e della direttiva (UE) 2015/121 concernenti il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi), ha modificato:

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Attualmente

Dividendi ricevuti da una società madre residente fiscalmente in Italia da una società figlia residente fiscalmente nella UE

In base al comma 3-ter (Comma aggiunto, a decorrere dal 23 luglio 2016, dall’art. 26, comma 1 legge 7 luglio 2016 n. 122 (Legge europea 2015-2016) dell’art. 89 (Dividendi ed interessi) del Testo unico delle imposte sui redditi, non concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti in quanto esclusi dalla formazione del reddito della società (madre) ricevente per il 95 per cento del loro ammontare, limitatamente al 95 per cento della quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante, gli utili provenienti da una società (figlia) che

a) risiede ai fini fiscali in uno Stato membro dell’Unione europea, senza essere considerata, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residente al di fuori dell’Unione europea;

b) è soggetta, nello Stato di residenza, senza possibilità di fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, della direttiva 2011/96/UE o a qualsiasi altra imposta che sostituisca una delle imposte indicate.

Ad oggi, quindi, con l’IRES al 24%, il gravame fiscale per una società madre residente fiscalmente in Italia sui dividendi provenienti da una società figlia residente nella UE, che rispetti i requisiti di cui  al comma 3-ter dell’art. 89 (Dividendi ed interessi) del Testo unico delle imposte sui redditi   è del 1,2%.

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Dividendi erogati da una società figlia residente fiscalmente in Italia ad una società madre residente fiscalmente nella UE

Come abbiamo, visto in base al comma 3-ter dell’art. art. 27 del DPR n. 600 del 1973, una società figlia residente fiscalmente in Italia deve operare una ritenuta a titolo di imposta e con l’aliquota dell’1,20% sugli utili corrisposti ad una società madre  soggetta ad un’imposta sul reddito delle società in uno Stato membro dell’Unione europea.

L’art. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 dispone che:

Le società (madri) che detengono una partecipazione diretta non inferiore al 20 per cento del capitale della società (figlia) che distribuisce gli utili, hanno diritto, a richiesta, al rimborso della ritenuta di cui al comma 3-ter dell’art. 27 (Ritenuta sui dividendi) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (1,20% sugli utili corrisposti), se:

a) rivestono una delle forme previste  dall’allegato I, parte A, della direttiva 2011/96/UE;

b) risiedono, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell’Unione europea, senza essere considerate, ai sensi di una Convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residenti al di fuori dell’Unione europea;

c) sono soggette, nello Stato di residenza, senza fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, ad una delle a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, della direttiva 2011/96/UE;

d) la partecipazione sia detenuta ininterrottamente per almeno un anno.

A tal fine, ai sensi del comma 2 dell’dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973, deve essere prodotta:

  • una certificazione, rilasciata dalle competenti autorità fiscali dello Stato estero, che attesti che la società (madre) non residente possiede i requisiti indicati alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973;
  • nonché una dichiarazione della società che attesti la sussistenza del requisito indicato alla lettera d) del comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973.

Ove ricorrano le condizioni di cui al comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973, a richiesta della società beneficiaria dei dividendi (società madre) , i soggetti di cui all’art. 23  del DPR  n. 600/1973 possono non applicare la ritenuta di cui al comma 3-ter dell’art. 27 (Ritenuta sui dividendi) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. In questo caso, la documentazione di cui al comma 2 dell’dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973 deve essere acquisita entro la data del pagamento degli utili e conservata, unitamente alla richiesta, fino a quando non siano decorsi i termini per gli accertamenti relativi al periodo di imposta in corso alla data di pagamento dei dividendi e, comunque, fino a quando non siano stati definiti gli accertamenti stessi.

Con il provv. n.84404  del 10.7.2013 l’Agenzia delle Entrate ha approvato i modelli di domanda per il rimborso, l’esonero dall’imposta italiana in forza della direttiva del Consiglio 90/435/CEE del 23 luglio 1990 (direttiva “madre-figlia”).

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Attuazione in Bulgaria della Direttiva Madre/Figlia

In Bulgaria il regime fiscale delle Società è regolato dalla Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО).

In Bulgaria le Società  sono tassate con l’aliquota unica del 10% (cd. “Flat Tax”).

Il principio di prevalenza dei trattati internazionali ratificati dalla Repubblica di Bulgaria è regolato dalla disposizione dell’art. 13 della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО).

In assenza di un trattato internazionale, la legge riconosce il diritto al credito d’imposta ai soggetti passivi. Ai sensi del §1, articolo 12 del delle “Ulteriori Disposizioni” (Допълнителни разпоредби (ДР))  della  Legge sull’imposta sul reddito delle società “credito d’imposta” è il diritto, alle condizioni determinate da questa legge, di detrarre le imposte estere già pagate sugli utili o sul reddito.

Il diritto al credito d’imposta è concesso nei seguenti casi:

  • Quando si determina l’imposta sulle società o le tasse alternative, il credito d’imposta viene concesso per i pagamenti all’estero simili all’imposta sulle società o all’imposta imposta invece
  • Diritto al credito d’imposta per l’imposta riscossa all’estero sull’ammontare lordo dei proventi da dividendi, interessi, canoni, canoni per servizi tecnici e affitti

Il diritto al credito d’imposta nei casi descritti è determinato separatamente per:

  • Ogni paese; e
  • per ogni tipo di reddito.

Il credito d’imposta è limitato all’imposta bulgara che sarebbe dovuta sui relativi profitti e redditi.

Direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011, sul sistema comune di tassazione delle società madri e figlie di diversi Stati membri (Директива 2011/96/ЕС на Съвета от 30 ноември 2011 година относно общата система за данъчно облагане на дружества майки и дъщерни дружества от различни държави-членки)

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Dividendi ricevuti da una Società madre (дружество майка) residente fiscalmente in Bulgaria da una Società figlia (дъщерно дружество) con sede fiscale nella Unione Europea (Европейски Cъюз) 

Con la LEGGE DI MODIFICA ED INTEGRAZIONE DELLA NORMATIVA CONTABILE (ЗАКОН ЗА ИЗМЕНЕНИЕ И ДОПЪЛНЕНИЕ НА ЗАКОНА ЗА СЧЕТОВОДСТВОТО )pubblicata nella Gazzetta dello Stato (Държавен вестник), numero 69 del 2008, IN VIGORE DAL 01.01.2009 è stata notevolmente semplificata la normativa al riguardo del trattamento fiscale dei dividendi tra società fiscalmente residenti nell’Unione Europea.

Alla  fine del  primo comma dell’art. 27 (Reddito non riconosciuto a fini fiscali) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО)  è stato aggiunto “e da soggetti stranieri residenti fiscalmente in uno Stato membro della Comunità Europea o in altro Stato parte dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo”.

Quindi attualmente, il primo comma dell’art. 27 (Reddito non riconosciuto a fini fiscali) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО)  dispone che non sono riconosciuti a fini fiscali i redditi contabili derivanti da  ricavi derivanti dalla distribuzione di dividendi da parte di persone giuridiche residenti fiscalmente in uno Stato membro dell’Unione Europea o in un altro Stato parte dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo.

Nella Parte Seconda della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО) , è stato abrogato il Capo Diciotto  (artt. da 100 a 111) “Dividendi nella Comunità Europea”.

Quindi, in Bulgaria non ci sono imposte per le società per i proventi derivanti dalla distribuzione di dividendi da parte di Persone giuridiche estere fiscalmente residenti in uno stato membro dell’Unione Europea (Tasse 0%).

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Dividendi erogati da una Società figlia (дъщерно дружество) residente fiscalmente in Bulgaria ad una Società madre (дружество майка) residente fiscalmente nella Unione Europea (Европейски Cъюз) 

Il comma 12 dell’art. 195 (Imposta trattenuta sui redditi dei non residenti) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО) dispone che non si applica alcuna ritenuta sul reddito che rappresenta una distribuzione di utili o una restituzione di capitale ad una persona giuridica straniera di uno Stato membro dell’Unione Europea.
Per “Persona giuridica straniera di uno Stato membro dell’Unione Europea”  si intende qualsiasi persona giuridica straniera per la quale sono soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizioni:

a) la forma giuridica della persona giuridica straniera è conforme all’allegato n. 5 ((h) le società di diritto italiano denominate: “società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata” e le persone giuridiche pubbliche e private esercenti attività industriale e commerciale😉;
b) la persona giuridica estera è residente fiscale di uno Stato membro dell’Unione Europea, secondo la normativa fiscale pertinente e in virtù di un accordo volto ad evitare la doppia imposizione con un Paese terzo non è considerata residente fiscale in un altro paese al di fuori dell’Unione Europea;
c) la persona giuridica straniera è tassata con una delle imposte di cui all’allegato n. 6 ( imposta sul reddito delle persone giuridiche in Italia) , senza diritto all’esenzione fiscale, o con un’imposta identica o simile imposta in aggiunta o al posto di queste imposte.

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Società in Bulgaria e normativa sulle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc)

Occorre prestare  molta attenzione alla normativa sulle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) in quanto il reddito da esse conseguito, a determinate condizioni,  previste dalla  nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir,  deve essere imputato in capo al soggetto controllante residente:

  • in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili;
  • anche in caso di mancata percezione degli stessi, ovvero “per trasparenza” (criterio, tipicamente, utilizzato nei confronti dei soci di società di persone residenti).

Le disposizioni dell’articolo 167 Tuir , in base al primo comma comma dello stesso articolo, si applicano alle persone fisiche e ai soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c), nonché’, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), che controllano soggetti non residenti, come definiti ai commi 2 e 3.

Rientrano nella tassazione CFC le società controllate estere:

  • Residenti in Paesi UE;
  • Residenti in Paesi Extra-UE.

Infatti, l’articolo 167 Tuir, non contiene alcun riferimento ai “regimi fiscali privilegiati“. La disposizione, affinché operino le penalizzazioni fiscali, infatti, si limita a porre due condizioni:

  • bassa fiscalità e
  • incidenza non marginale dei passive income.

Per questo motivo si ritiene che possano rientrare nella disciplina menzionata anche le società UE.

Il secondo comma dell’articolo 167 Tuir stabilisce che si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, da parte di un soggetto di cui al comma 1;

b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili è detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, o tramite società  fiduciaria o interposta persona, da un soggetto di cui al comma 1.

Ricordiamo che l’articolo 2359 del codice civile stabilisce che sono considerate società controllate:

  1. le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
  2. le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
  3. le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

In base al comma 6 nella nuova formulazione dell’articolo 167 Tuirricorrendo le condizioni di applicabilità della disciplina del 167, il reddito realizzato dal soggetto controllato non residente è imputato ai soggetti di cui al comma 1, nel periodo d’imposta di questi ultimi in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto controllato non residente, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili del soggetto controllato non residente da essi detenuta, direttamente o indirettamente.

Dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 si configura un unico regime per le Cfc, indipendentemente dalla loro localizzazione, quando ricorrono congiuntamente due requisiti:

  1. l’impresa estera è assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia;
  2. oltre 1/3 dei proventi realizzati dall’impresa estera rientra nella categoria dei d. “passive income così come è definita in 7 punti contenuti nell’articolo 167, comma 4, Tuir.

Per quanto riguarda il primo requisito (il livello di tassazione dell’impresa estera),  non si fa  riferimento alla tassazione “nominale”, ma a quella “effettiva”.

Il testo della relazione illustrativa al D.Lgs. 142/2018, nel fare riferimento al confronto tra il tax rate estero e quello nazionale, riguardo a quest’ultimo precisa che il calcolo andrà compiuto rideterminando il reddito dell’impresa estera secondo le disposizioni fiscali italiane che sarebbero applicabili al reddito lordo risultante dal bilancio dell’impresa estera, e operando quindi un confrontoche riguarda, sul fronte della tassazione virtuale interna, l’imposta sul reddito delle società (Ires)”.

Quindi per quanto riguarda la verifica della tassazione effettiva questa dovrà essere compiuta avuto riguardo alla sola Ires.

Per verificare il livello di tassazione effettiva, occorreà effettuare un confronto tra il “tax rate effettivo estero” e il “tax rate virtuale domestico”, quest’ultimo calcolato determinando il reddito risultante dal bilancio d’esercizio redatto all’estero sulla base delle disposizioni fiscali italiane.

Il punto a) del quarto comma fa riferimento al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

In data 16/09/2016 il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha emanato il PROVVEDIMENTO N. PROT. 143239 , “Disposizioni in materia di imprese estere controllate. Criteri per determinare con modalità semplificata l’effettivo livello di tassazione di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR

I Criteri di determinazione della tassazione effettiva estera e della tassazione virtuale domestica sono fissati al punto 5 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Nel caso concreto va, quindi, esaminato il livello di tassazione effettiva della controllata in Bulgaria raffrontato, anche alla luce delle  direttive emanate con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entratecon il livello di tassazione IRES (attualmente al 24%)

Ora esaminando in concreto il caso di soggetti con sede in Bulgaria, con una tassazione “bulgara” al 10% e un’IRES al 24%, anche considerando che le specifiche disposizioni fiscali bulgare sono spesso più favorevoli delle italiane,  è altamente improbabile che,  rideterminando il reddito dell’impresa estera secondo le disposizioni fiscali italiane che sarebbero applicabili al reddito lordo risultante dal bilancio dell’impresa bulgara, questa non sia assoggettata ad una tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia.

Quindi, per soggetti con sede in Bulgaria, per il “nuovo” regime per le Cfc, non resta che considerare il secondo requisito (la prevalenza di proventi da “passive income).

L’articolo 167, comma 4, Tuir elenca le categorie che appartengono a tale definizione:

1) interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
2) canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
3) dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
4) redditi da leasing finanziario;
5) redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
6) proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
7) proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110 .

Con riferimento alle prestazioni di servizi di cui al punto 7, in riferimento ai “servizi infragruppo a basso valore aggiunto”, la norma richiama le indicazioni contenute nel  D.M. 14.05.2018, linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento, (vedi art.7 (2)).

In quanto alla disapplicazione del regime Cfc, la norma prevede che questa possa ricorrere laddove il contribuente dimostri – volendo, anche a mezzo interpello preventivo all’Agenzia delle Entrate – che l’impresa controllata estera svolge una “attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali”.

Una considerazione di rilievo da fare è quella al riguardo della “attività economica effettiva”. Nella precedente formulazione del 167 TUIR, il quinto comma,  (“la societa’ o altro ente non residente svolga un’effettiva attività’ industriale o commerciale, come sua principale attività’, nel mercato dello stato o territorio di insediamento“) si faceva riferimento ad una  “attività industriale e commerciale”. Nella nuova formulazione del quinto comma si parla di “attività economica effettiva”, quindi  si dovrà valutare l’adeguatezza della struttura organizzativa dell’impresa estera rispetto all’attività in concreto svolta.

Tassazione dei dividendi distribuiti da una Società Figlia residente in Bulgaria ad una Società Madre residente in Italia

In primis la Società figlia  residente fiscalmente in Bulgaria dichiarerà gli utili conseguiti e subirà su questi un’imposizione fiscale del 10%.

In base al comma 12 dell’art. 195 (Imposta trattenuta sui redditi dei non residenti) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО), la Società figlia  bulgara non applicherà alcuna ritenuta sui dividendi se la Società madre residente fiscalmente in Italia avrà i requisiti richiesti dal comma comma 12 dell’art. 195.

La Società madre residente fiscalmente in Italia,

se

la Società figlia  bulgara, nella quale deve essere detenuta una partecipazione diretta nel capitale non inferiore al 10 per cento, ininterrottamente per almeno un anno,

  • riveste una delle forme previste dall’allegato I, parte A, della direttiva 2011/96/UE(società di diritto bulgaro denominate «събирателно дружество», «командитно дружество», « Società a responsabilità limitata – Дружество с ограничена отговорност (OOD – ООД) o Società unipersonali a responsabilità limitata – Еднолично дружество с ограничена отговорност (EOOD -ЕООД)», «Società per azioni – Акционерно дружество (AD – АД)», «командитно дружество с акции», «неперсонифицирано дружество», «кооперации», «кооперативни съюзи», «държавни предприятия» costituite in conformità della legislazione bulgara e dedite ad attività commerciali;);
  • è soggetta, in Bulgaria, senza possibilità di fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, all’imposta sulle società (aкорпоративен данък) (vedi allegato I, parte B, della direttiva 2011/96/UE).

in base al comma 3-ter dell’art. 89 (Dividendi ed interessi) del Testo unico delle imposte sui redditi, godrà dell’esclusione dal reddito dell’esercizio in cui sono percepiti, per il 95 per cento del loro ammontare,  degli utili ricevuti dalla Società figlia  bulgara, limitatamente al 95 per cento della quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante.

Quindi la Società madre residente fiscalmente in Italia indicherà  nelle variazioni in diminuzione del Quadro RF del Modello Redditi Società di Capitali, nel rigo RF47, colonna 3, il 95 per cento del loro ammontare,  degli utili ricevuti dalla Società figlia  bulgara.

Ad oggi, quindi, con l’IRES al 24%, il gravame fiscale per una società madre residente fiscalmente in Italia sui dividendi provenienti da una società figlia residente in Bulgaria, che rispetti i requisiti di cui  al comma 3-ter dell’art. 89 (Dividendi ed interessi) del Testo unico delle imposte sui redditi   è del 1,2%.

Quindi il gravame fiscale totale per la società madre residente fiscalmente in Italia, tenendo conto delle tasse pagate dalla società figlia bulgara, sarà del 11,2%.

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Tassazione CFC

Se, invece trova applicazione la normativa sulle Controlled Foreign Companies (c.d. Cfc) regolamentata dalla nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir – Disposizioni in materia di imprese estere controllate, i redditi conseguiti dalla società figlia residente fiscalmente in Bulgaria saranno imputati alla società Madre residente fiscalmente in Italiana che esercita il controllo alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione della CFC, in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili diretta o indiretta.

La società Madre italiana dovrà compilare nel Modello Redditi Società di Capitali: il Quadro FC; Quadro RM Sez. I; Variazioni in diminuzione del Quadro RF nel rigo RF48. 

Il  quadro FC si compone di sei sezioni:

    • la sezione I, riservata all’indicazione dei dati identificativi della CFC;
    • la sezione II-A, riservata alla determinazione del reddito della CFC;
    • la sezione II-B, riservata alle perdite d’impresa non compensate dalla CFC;
    • la sezione III, riservata alla imputazione, ai soggetti partecipanti residenti, del reddito e delle imposte su tale reddito assolte all’estero a titolo definitivo dal soggetto controllato non residente;
    • la sezione IV, riservata al prospetto degli interessi passivi non deducibili;
    • la sezione V, riservata alle attestazioni richieste dall’art. 2, comma 2, del D.M. n. 429 del 2001

La  Società madre italiana dovrà riportare la quota di reddito ad esso imputata e quella dell’imposta pagata in Bulgaria dalla società figlia nella  sezione I del Quadro RM del Modello Redditi Società di Capitali.

I predetti redditi sono assoggettati a tassazione separata nel periodo d’imposta in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione della CFC con l’aliquota media applicata sul reddito complessivo netto e comunque non inferiore all’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle società (comma 8 dell’art. 167 del TUIR).

I versamenti delle imposte relative ai redditi del quadro RM devono essere effettuati entro i termini e con le modalità previsti per il versamento delle imposte sui redditi risultanti dalla presente dichiarazione. Per il versamento dell’imposta dovuta a saldo è stato istituito il codice tributo 2114 e per quello relativo al primo
acconto il codice tributo 2115.

Nelle variazioni in diminuzione del Quadro RF nel rigo RF48va indicato l’importo degli utili distribuiti da soggetti controllati non residenti fino a concorrenza dei redditi assoggettati a tassazione separata (quadro RM) ai sensi dell’art. 167, comma 10 , del TUIR (Gli utili distribuiti, in qualsiasi forma, dai soggetti controllati non residenti non concorrono alla formazione del reddito dei soggetti di cui al comma 1 fino a concorrenza dei redditi assoggettati a tassazione ai sensi del comma 8, anche nei periodi d’imposta precedenti.) e dell’art. 3, comma 4, del D.M. n. 429 del 2001, nonché ai sensi dell’art. 3, comma 3, del D.M. n. 268 del 2006.

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Direttiva Madre Figlia -Tassazione dei dividendi distribuiti da una Società Figlia residente in Italia ad una Società Madre residente in Bulgaria

Esaminiamo di seguito la tassazione dei dividendi distribuiti da una Società Figlia residente in Italia ad una Società Madre residente in Bulgaria.

Direttiva madre-figlia

L’Unione Europea, rispondendo all’esigenza, direttamente connessa al principio fondante dell’Unione Europea di garantire la libera circolazione dei capitali all’interno del mercato comune, di non ostacolare la formazione di gruppi societari transfrontalieri,   ha introdotto, per i gruppi di società di Stati membri diversi, disposizioni fiscali improntate alla massima neutralità fiscale, con l’obiettivo di eliminare la possibilità di doppia imposizione degli utili distribuiti in forma di dividendi dalle società figlie, stabilite in uno Stato membro, alle corrispondenti società madri, stabilite in un altro Stato membro, dovuta al simultaneo intervento di regimi tributari di due Stati differenti.

La   Direttiva 90/435/CEE , nota come direttiva madre-figlia, poi rifusa nella Direttiva 2011/96/UE , disciplina la tassazione degli utili distribuiti nei casi in cui, all’interno di un gruppo societario, società madre e società figlia appartengano a differenti Stati membri dell’Unione Europea.

Come vedremo, effetti della Direttiva sono:

• eliminare le ritenute in uscita sugli utili distribuiti dalla società figlia alla società madre;

• escludere la tassazione nello Stato di residenza della società madre degli utili distribuiti dalla società figlia.

In seguito la Direttiva 2011/96/UE è stata modificata dalla Direttiva 2014/86/UE e dalla Direttiva 2015/121/UE

In base all’art. 1 della Direttiva 2011/96/UE ogni Stato membro applica la direttiva in oggetto:

a) alla distribuzione degli utili percepiti da società di questo Stato membro e provenienti dalle loro filiali di altri Stati membri;

b) alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato membro a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali;

c) alla distribuzione degli utili percepiti da stabili organizzazioni di società di altri Stati membri situate in tale Stato membro e provenienti dalle loro società figlie di uno Stato membro diverso da quello in cui è situata la stabile organizzazione;

d) alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato membro a stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro di società del medesimo Stato membro di cui sono società figlie.

In base alla lettera a) del primo comma dell’art. 2,  ai fini dell’applicazione della Direttiva 2011/96/UE per «società di uno Stato membro» si intende  qualsiasi società:

i) che abbia una delle forme enumerate nell’allegato I, parte A;

ii) che, secondo la legislazione fiscale di uno Stato membro, sia considerata come avente il domicilio fiscale in tale Stato membro e, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione conclusa con uno Stato terzo, non sia considerata come avente tale domicilio fuori dell’Unione;

iii) che, inoltre, sia assoggettata, senza possibilità di opzione e senza esserne esentata, a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, o a qualsiasi altra imposta che venga a sostituire una delle imposte sopraindicate.

Il primo comma dell’art. 3 della Direttiva 2011/96/UE dispone che:

a) la qualità di società madre è riconosciuta:

i) almeno a una società di uno Stato membro che soddisfi le condizioni di cui all’articolo 2 e che detenga una partecipazione minima del 10 % nel capitale di una società di un altro Stato membro che soddisfi le medesime condizioni;

ii) alle stesse condizioni, ad una società di uno Stato membro che detenga nel capitale di una società dello stesso Stato membro una partecipazione minima del 10 %, parzialmente o totalmente attraverso una stabile organizzazione della prima società situata in un altro Stato membro;

b) «società figlia» la società nel cui capitale è detenuta la partecipazione indicata alla lettera a).

Con le dovute particolarità ed eccezioni che in questa sede non esamineremo per semplicità,  la Direttiva 2011/96/UE dispone che, in base:

  • alla lettera a) del primo comma dell’art. 4: quando una società madre riceve utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione della società figlia, lo Stato membro della società madre  si astiene dal sottoporre tali utili a imposizione;
  • all’art. 5: gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre sono esenti dalla ritenuta alla fonte:
  • all’art. 6 : lo Stato membro da cui dipende la società madre non può riscuotere ritenute alla fonte sugli utili che questa società riceve dalla sua società figlia.

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Attuazione in Italia della Direttiva Madre/Figlia

In attuazione della direttiva n 90/435/CEE relativa al regime fiscale applicabile alle società madri e figlie di Stati membri della Comunità economica europea, in Italia, è stato emanato il Decreto legislativo del 06/03/1993 n. 136 che ha introdotto:

  • nel Testo unico delle imposte sui redditi DPR n. 917 del 1986 l’Art. 96-bis (Dividendi distribuiti da società non residenti);
  • nel DPR n 600 del 1973
    • all’art. 27 il quarto comma;
    • l’art. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti).

Successivamente:

Il Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344, a norma dell’articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80 (Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale.)), modificando il Testo Unico delle imposte sui redditi (TUIR) del 22/12/1986 n. 917, ha riformato l’imposizione sul reddito delle società.

L’art. 2 del Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344, ha modificato, nel DPR n 600 del 1973

    • all’art. 27 il quarto comma;
    • l’art. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti).

L’art. 1, comma 67, della legge finanziaria 2008 ha aggiunto all’art. 27 del DPR n. 600 del 1973, il comma 3-ter, che stabilisce che “La ritenuta è operata a titolo di imposta e con l’aliquota dell’1,375 per cento (attualmente  con l’IRES al 24% 1,20%)  sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed ivi residenti, in relazione alle partecipazioni, agli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), del predetto testo unico e ai contratti di associazione in partecipazione di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), del medesimo testo unico, non relativi a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.“.

L’art. 26, comma 1 legge 7 luglio 2016 n. 122 (Legge europea 2015-2016) in attuazione della direttiva 2014/86/UE e della direttiva (UE) 2015/121 concernenti il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi), ha modificato:

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Attualmente

Dividendi ricevuti da una società madre residente fiscalmente in Italia da una società figlia residente fiscalmente nella UE

In base al comma 3-ter (Comma aggiunto, a decorrere dal 23 luglio 2016, dall’art. 26, comma 1 legge 7 luglio 2016 n. 122 (Legge europea 2015-2016) dell’art. 89 (Dividendi ed interessi) del Testo unico delle imposte sui redditi, non concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti in quanto esclusi dalla formazione del reddito della società (madre) ricevente per il 95 per cento del loro ammontare, limitatamente al 95 per cento della quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante, gli utili provenienti da una società (figlia) che

a) risiede ai fini fiscali in uno Stato membro dell’Unione europea, senza essere considerata, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residente al di fuori dell’Unione europea;

b) è soggetta, nello Stato di residenza, senza possibilità di fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, della direttiva 2011/96/UE o a qualsiasi altra imposta che sostituisca una delle imposte indicate.

Ad oggi, quindi, con l’IRES al 24%, il gravame fiscale per una società madre residente fiscalmente in Italia sui dividendi provenienti da una società figlia residente nella UE, che rispetti i requisiti di cui  al comma 3-ter dell’art. 89 (Dividendi ed interessi) del Testo unico delle imposte sui redditi   è del 1,2%.

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Dividendi erogati da una società figlia residente fiscalmente in Italia ad una società madre residente fiscalmente nella UE

Come abbiamo, visto in base al comma 3-ter dell’art. art. 27 del DPR n. 600 del 1973, una società figlia residente fiscalmente in Italia deve operare una ritenuta a titolo di imposta e con l’aliquota dell’1,20% sugli utili corrisposti ad una società madre  soggetta ad un’imposta sul reddito delle società in uno Stato membro dell’Unione europea.

L’art. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 dispone che:

Le società (madri) che detengono una partecipazione diretta non inferiore al 20 per cento del capitale della società (figlia) che distribuisce gli utili, hanno diritto, a richiesta, al rimborso della ritenuta di cui al comma 3-ter dell’art. 27 (Ritenuta sui dividendi) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (1,20% sugli utili corrisposti), se:

a) rivestono una delle forme previste  dall’allegato I, parte A, della direttiva 2011/96/UE;

b) risiedono, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell’Unione europea, senza essere considerate, ai sensi di una Convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residenti al di fuori dell’Unione europea;

c) sono soggette, nello Stato di residenza, senza fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, ad una delle a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, della direttiva 2011/96/UE;

d) la partecipazione sia detenuta ininterrottamente per almeno un anno.

A tal fine, ai sensi del comma 2 dell’dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973, deve essere prodotta:

  • una certificazione, rilasciata dalle competenti autorità fiscali dello Stato estero, che attesti che la società (madre) non residente possiede i requisiti indicati alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973;
  • nonché una dichiarazione della società che attesti la sussistenza del requisito indicato alla lettera d) del comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973.

Ove ricorrano le condizioni di cui al comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973, a richiesta della società beneficiaria dei dividendi (società madre) , i soggetti di cui all’art. 23  del DPR  n. 600/1973 possono non applicare la ritenuta di cui al comma 3-ter dell’art. 27 (Ritenuta sui dividendi) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. In questo caso, la documentazione di cui al comma 2 dell’dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973 deve essere acquisita entro la data del pagamento degli utili e conservata, unitamente alla richiesta, fino a quando non siano decorsi i termini per gli accertamenti relativi al periodo di imposta in corso alla data di pagamento dei dividendi e, comunque, fino a quando non siano stati definiti gli accertamenti stessi.

Con il provv. n.84404  del 10.7.2013 l’Agenzia delle Entrate ha approvato i modelli di domanda per il rimborso, l’esonero dall’imposta italiana in forza della direttiva del Consiglio 90/435/CEE del 23 luglio 1990 (direttiva “madre-figlia”).

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Attuazione in Bulgaria della Direttiva Madre/Figlia

In Bulgaria il regime fiscale delle Società è regolato dalla Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО).

In Bulgaria le Società  sono tassate con l’aliquota unica del 10% (cd. “Flat Tax”).

Il principio di prevalenza dei trattati internazionali ratificati dalla Repubblica di Bulgaria è regolato dalla disposizione dell’art. 13 della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО).

In assenza di un trattato internazionale, la legge riconosce il diritto al credito d’imposta ai soggetti passivi. Ai sensi del §1, articolo 12 del delle “Ulteriori Disposizioni” (Допълнителни разпоредби (ДР))  della  Legge sull’imposta sul reddito delle società “credito d’imposta” è il diritto, alle condizioni determinate da questa legge, di detrarre le imposte estere già pagate sugli utili o sul reddito.

Il diritto al credito d’imposta è concesso nei seguenti casi:

  • Quando si determina l’imposta sulle società o le tasse alternative, il credito d’imposta viene concesso per i pagamenti all’estero simili all’imposta sulle società o all’imposta imposta invece
  • Diritto al credito d’imposta per l’imposta riscossa all’estero sull’ammontare lordo dei proventi da dividendi, interessi, canoni, canoni per servizi tecnici e affitti

Il diritto al credito d’imposta nei casi descritti è determinato separatamente per:

  • Ogni paese; e
  • per ogni tipo di reddito.

Il credito d’imposta è limitato all’imposta bulgara che sarebbe dovuta sui relativi profitti e redditi.

Direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011, sul sistema comune di tassazione delle società madri e figlie di diversi Stati membri (Директива 2011/96/ЕС на Съвета от 30 ноември 2011 година относно общата система за данъчно облагане на дружества майки и дъщерни дружества от различни държави-членки)

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Dividendi ricevuti da una Società madre (дружество майка) residente fiscalmente in Bulgaria da una Società figlia (дъщерно дружество) con sede fiscale nella Unione Europea (Европейски Cъюз) 

Con la LEGGE DI MODIFICA ED INTEGRAZIONE DELLA NORMATIVA CONTABILE (ЗАКОН ЗА ИЗМЕНЕНИЕ И ДОПЪЛНЕНИЕ НА ЗАКОНА ЗА СЧЕТОВОДСТВОТО )pubblicata nella Gazzetta dello Stato (Държавен вестник), numero 69 del 2008, IN VIGORE DAL 01.01.2009 è stata notevolmente semplificata la normativa al riguardo del trattamento fiscale dei dividendi tra società fiscalmente residenti nell’Unione Europea.

Alla  fine del  primo comma dell’art. 27 (Reddito non riconosciuto a fini fiscali) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО)  è stato aggiunto “e da soggetti stranieri residenti fiscalmente in uno Stato membro della Comunità Europea o in altro Stato parte dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo”.

Quindi attualmente, il primo comma dell’art. 27 (Reddito non riconosciuto a fini fiscali) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО)  dispone che non sono riconosciuti a fini fiscali i redditi contabili derivanti da  ricavi derivanti dalla distribuzione di dividendi da parte di persone giuridiche residenti fiscalmente in uno Stato membro dell’Unione Europea o in un altro Stato parte dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo.

Nella Parte Seconda della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО) , è stato abrogato il Capo Diciotto  (artt. da 100 a 111) “Dividendi nella Comunità Europea”.

Quindi, in Bulgaria non ci sono imposte per le società per i proventi derivanti dalla distribuzione di dividendi da parte di Persone giuridiche estere fiscalmente residenti in uno stato membro dell’Unione Europea (Tasse 0%).

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Dividendi erogati da una Società figlia (дъщерно дружество) residente fiscalmente in Bulgaria ad una Società madre (дружество майка) residente fiscalmente nella Unione Europea (Европейски Cъюз) 

Il comma 12 dell’art. 195 (Imposta trattenuta sui redditi dei non residenti) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО) dispone che non si applica alcuna ritenuta sul reddito che rappresenta una distribuzione di utili o una restituzione di capitale ad una persona giuridica straniera di uno Stato membro dell’Unione Europea.
Per “Persona giuridica straniera di uno Stato membro dell’Unione Europea”  si intende qualsiasi persona giuridica straniera per la quale sono soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizioni:

a) la forma giuridica della persona giuridica straniera è conforme all’allegato n. 5 ;
b) la persona giuridica estera è residente fiscale di uno Stato membro dell’Unione Europea, secondo la normativa fiscale pertinente e in virtù di un accordo volto ad evitare la doppia imposizione con un Paese terzo non è considerata residente fiscale in un altro paese al di fuori dell’Unione Europea;
c) la persona giuridica straniera è tassata con una delle imposte di cui all’allegato n. 6 , senza diritto all’esenzione fiscale, o con un’imposta identica o simile imposta in aggiunta o al posto di queste imposte.

Tassazione dei dividendi distribuiti da una Società Figlia residente in Italia ad una Società Madre residente in Bulgaria

In primis la Società figlia  residente fiscalmente in Italia dichiarerà gli utili conseguiti e subirà su questi un’imposizione fiscale del 24%.

In base al comma 3-ter dell’art. art. 27 del DPR n. 600 del 1973, la società figlia residente fiscalmente in Italia deve operare una ritenuta a titolo di imposta e con l’aliquota dell’1,20% sugli utili corrisposti alla Società madre  bulgara.

La Società madre  bulgara, in base allart. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 potrà chiedere:

se

  • detiene una partecipazione diretta non inferiore al 20 per cento del capitale della società (figlia) italiana;
  • riveste una delle forme previste  dall’allegato I, parte A, della direttiva 2011/96/UE (società di diritto bulgaro denominate «събирателно дружество», «командитно дружество», « Società a responsabilità limitata – Дружество с ограничена отговорност (OOD – ООД) o Società unipersonali a responsabilità limitata – Еднолично дружество с ограничена отговорност (EOOD -ЕООД)», «Società per azioni – Акционерно дружество (AD – АД)», «командитно дружество с акции», «неперсонифицирано дружество», «кооперации», «кооперативни съюзи», «държавни предприятия» costituite in conformità della legislazione bulgara e dedite ad attività commerciali;);
  • è soggetta, in Bulgaria, senza fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, all’imposta sulle società (aкорпоративен данък) (vediallegato I, parte B, della direttiva 2011/96/UE);
  • la partecipazione nella società figlia residente fiscalmente in Italia  è detenuta ininterrottamente per almeno un anno.

La Società madre  bulgara, ai sensi del primo comma dell’art. 27 (Reddito non riconosciuto a fini fiscali) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО) non subirà nessuna imposizione fiscale in Bulgaria  per i proventi derivanti dalla distribuzione di dividendi da parte di Persone giuridiche estere fiscalmente residenti in uno stato membro dell’Unione Europea (Tasse 0%).

Quindi il gravame fiscale totale per la società madre residente fiscalmente in Bulgaria, tenendo conto delle tasse pagate dalla società figlia italiana, sarà del 24%.

 

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Società in Bulgaria e normativa sulle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc)

Occorre prestare  molta attenzione alla normativa sulle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) in quanto il reddito da esse conseguito, a determinate condizioni,  previste dalla  nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir,  deve essere imputato in capo al soggetto controllante residente:

  • in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili;
  • anche in caso di mancata percezione degli stessi, ovvero “per trasparenza” (criterio, tipicamente, utilizzato nei confronti dei soci di società di persone residenti).

Poniamo, nel caso in esame, che il soggetto controllante la Società Madre bulgara sia una persona fisica residente in Italia.

Le disposizioni dell’articolo 167 Tuir , in base al primo comma comma dello stesso articolo, si applicano alle persone fisiche e ai soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c), nonché’, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), che controllano soggetti non residenti, come definiti ai commi 2 e 3.

Rientrano nella tassazione CFC le società controllate estere:

  • Residenti in Paesi UE;
  • Residenti in Paesi Extra-UE.

Infatti, l’articolo 167 Tuir, non contiene alcun riferimento ai “regimi fiscali privilegiati“. La disposizione, affinché operino le penalizzazioni fiscali, infatti, si limita a porre due condizioni:

  • bassa fiscalità e
  • incidenza non marginale dei passive income.

Per questo motivo si ritiene che possano rientrare nella disciplina menzionata anche le società UE.

Il secondo comma dell’articolo 167 Tuir stabilisce che si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, da parte di un soggetto di cui al comma 1;

b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili è detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, o tramite società  fiduciaria o interposta persona, da un soggetto di cui al comma 1.

Ricordiamo che l’articolo 2359 del codice civile stabilisce che sono considerate società controllate:

  1. le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
  2. le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
  3. le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

In base al comma 6 nella nuova formulazione dell’articolo 167 Tuirricorrendo le condizioni di applicabilità della disciplina del 167, il reddito realizzato dal soggetto controllato non residente è imputato ai soggetti di cui al comma 1, nel periodo d’imposta di questi ultimi in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto controllato non residente, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili del soggetto controllato non residente da essi detenuta, direttamente o indirettamente.

Dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 si configura un unico regime per le Cfc, indipendentemente dalla loro localizzazione, quando ricorrono congiuntamente due requisiti:

  1. l’impresa estera è assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia;
  2. oltre 1/3 dei proventi realizzati dall’impresa estera rientra nella categoria dei d. “passive income così come è definita in 7 punti contenuti nell’articolo 167, comma 4, Tuir.

Per quanto riguarda il primo requisito (il livello di tassazione dell’impresa estera),  non si fa  riferimento alla tassazione “nominale”, ma a quella “effettiva”.

Il testo della relazione illustrativa al D.Lgs. 142/2018, nel fare riferimento al confronto tra il tax rate estero e quello nazionale, riguardo a quest’ultimo precisa che il calcolo andrà compiuto rideterminando il reddito dell’impresa estera secondo le disposizioni fiscali italiane che sarebbero applicabili al reddito lordo risultante dal bilancio dell’impresa estera, e operando quindi un confrontoche riguarda, sul fronte della tassazione virtuale interna, l’imposta sul reddito delle società (Ires)”.

Quindi per quanto riguarda la verifica della tassazione effettiva questa dovrà essere compiuta avuto riguardo alla sola Ires.

Per verificare il livello di tassazione effettiva, occorreà effettuare un confronto tra il “tax rate effettivo estero” e il “tax rate virtuale domestico”, quest’ultimo calcolato determinando il reddito risultante dal bilancio d’esercizio redatto all’estero sulla base delle disposizioni fiscali italiane.

Il punto a) del quarto comma fa riferimento al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

In data 16/09/2016 il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha emanato il PROVVEDIMENTO N. PROT. 143239 , “Disposizioni in materia di imprese estere controllate. Criteri per determinare con modalità semplificata l’effettivo livello di tassazione di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR

I Criteri di determinazione della tassazione effettiva estera e della tassazione virtuale domestica sono fissati al punto 5 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Nel caso concreto va, quindi, esaminato il livello di tassazione effettiva della controllata in Bulgaria raffrontato, anche alla luce delle  direttive emanate con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entratecon il livello di tassazione IRES (attualmente al 24%)

Ora esaminando in concreto il caso di soggetti con sede in Bulgaria, con una tassazione “bulgara” al 10% e un’IRES al 24%, anche considerando che le specifiche disposizioni fiscali bulgare sono spesso più favorevoli delle italiane,  è altamente improbabile che,  rideterminando il reddito dell’impresa estera secondo le disposizioni fiscali italiane che sarebbero applicabili al reddito lordo risultante dal bilancio dell’impresa bulgara, questa non sia assoggettata ad una tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia.

Quindi, per soggetti con sede in Bulgaria, per il “nuovo” regime per le Cfc, non resta che considerare il secondo requisito (la prevalenza di proventi da “passive income).

L’articolo 167, comma 4, Tuir elenca le categorie che appartengono a tale definizione:

1) interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
2) canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
3) dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
4) redditi da leasing finanziario;
5) redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
6) proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
7) proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110 .

Con riferimento alle prestazioni di servizi di cui al punto 7, in riferimento ai “servizi infragruppo a basso valore aggiunto”, la norma richiama le indicazioni contenute nel  D.M. 14.05.2018, linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento, (vedi art.7 (2)).

In quanto alla disapplicazione del regime Cfc, la norma prevede che questa possa ricorrere laddove il contribuente dimostri – volendo, anche a mezzo interpello preventivo all’Agenzia delle Entrate – che l’impresa controllata estera svolge una “attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali”.

Una considerazione di rilievo da fare è quella al riguardo della “attività economica effettiva”. Nella precedente formulazione del 167 TUIR, il quinto comma,  (“la societa’ o altro ente non residente svolga un’effettiva attività’ industriale o commerciale, come sua principale attività’, nel mercato dello stato o territorio di insediamento“) si faceva riferimento ad una  “attività industriale e commerciale”. Nella nuova formulazione del quinto comma si parla di “attività economica effettiva”, quindi  si dovrà valutare l’adeguatezza della struttura organizzativa dell’impresa estera rispetto all’attività in concreto svolta.

 

 

 

 

Modello ed Istruzioni 770 2023

l modello 770/2023 (anno d’imposta 2022) deve essere utilizzato dai sostituti d’imposta, comprese le Amministrazioni dello Stato, per comunicare in via telematica all’Agenzia delle Entrate le ritenute operate su:

  • redditi di lavoro dipendente e assimilati
  • redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi
  • dividendi, proventi e redditi di capitale, ricomprendendo le ritenute su pagamenti relativi a bonifici disposti per il recupero del patrimonio edilizio e per interventi di risparmio energetico (art. 25 del D.L. n. 78 del 31 maggio 2010)
  • locazioni brevi inserite all’interno della CU (articolo 4, del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96)
  • somme liquidate a seguito di pignoramento presso terzi (art. 21, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, come modificato dall’art. 15, comma 2, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102) e somme liquidate a titolo di indennità di esproprio e di somme percepite a seguito di cessioni volontarie nel corso di procedimenti espropriativi, nonché di somme comunque dovute per effetto di acquisizioni coattive conseguenti a occupazioni d’urgenza.

L’invio del modello 770 è possibile a condizione che il sostituto abbia trasmesso – nei diversi termini previsti dall’art. 4 del D.P.R. 22 luglio 1998 n. 322 (16 marzo 2023 ovvero il 31 ottobre 2023) – la Certificazione unica e, qualora richiesto, la Certificazione degli utili.

Istruzioni aggiornate il 13 luglio 2023. Motivi dell’aggiornamento – pdf

Dichiarazione dei Redditi Società di Persone 2023 (Periodo d’imposta 2022) Modelli e istruzioni

Devono utilizzare il modello Redditi Sp:

  • le società semplici
  • le società in nome collettivo e in accomandita semplice
  • le società di armamento (equiparate alle società in nome collettivo o alle società in accomandita semplice, a seconda che siano state costituite all’unanimità o a maggioranza)
  • le società di fatto o irregolari (equiparate alle società in nome collettivo o alle società semplici a seconda che esercitino o meno attività commerciale)
  • le associazioni senza personalità giuridica, costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni
  • le aziende coniugali, se l’attività è esercitata in società fra i coniugi (cointestatari della licenza o entrambi imprenditori)
  • gruppi europei di interesse economico (Geie).

Modello Redditi società di persone 2023 – pdf

Dichiarazione dei Redditi Enti non commerciali ed equiparati 2023 (Periodo d’imposta 2022) Modelli e istruzioni

Il modello Redditi Enc – Enti non commerciali ed equiparati deve essere utilizzato dai seguenti soggetti Ires:

Sono esclusi gli organi e le amministrazioni dello Stato (compresi quelli a ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica), dei Comuni, dei consorzi fra enti locali, delle associazioni e degli enti gestori di demanio collettivo, delle Comunità montane, delle Province e delle Regioni.

  • enti non commerciali (enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali), residenti nel territorio dello Stato;
  • organizzazioni non lucrative di utilità sociale – Onlus (articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460) a eccezione delle società cooperative, comprese le cooperative sociali;
  • società ed enti non commerciali di ogni tipo, compresi i trust, non residenti nel territorio dello Stato;
  • curatori di eredità giacenti se il chiamato all’eredità è soggetto all’Ires e se la giacenza dell’eredità si protrae oltre il periodo di imposta nel corso del quale si è aperta la successione.

Attenzione: gli enti non commerciali si caratterizzano per non avere quale oggetto esclusivo o principale lo svolgimento di un’attività di natura commerciale, che non determina reddito d’impresa. Nessun rilievo assume, invece, ai fini della qualificazione dell’ente non commerciale la natura (pubblica o privata) del soggetto, la rilevanza sociale delle finalità perseguite, l’assenza del fine di lucro o la destinazione dei risultati di gestione. Per gli enti residenti, l’oggetto esclusivo o principale dell’attività (cioè, l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari dell’ente indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto) è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. In mancanza, l’oggetto principale è determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; regola che si applica, in ogni caso agli enti non residenti.

Credito d’imposta anche per i redditi assoggettati a imposta sostitutiva

La suprema Corte di cassazione, Sez. V Civile, con la sentenza n. 25698/2022 pubblicata il 1° settembre 2022, si è espressa in materia di “foreign tax credit” per evitare la doppia imposizione per i redditi prodotti all’estero ammettendo la possibilità di utilizzare il credito d’imposta estero, anche per i redditi assoggettati a imposta sostitutiva.

La suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 25698/2022 pubblicata il 1° settembre 2022 nell’esaminare la Convenzione Italia – Stati Uniti d’America per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito così si esprime

“L’art. 23, comma 3, della stessa Convenzione, dopo avere
previsto che l’Italia deve dedurre dalle imposte sul reddito, di cui all’art. 2, l’imposta sul reddito pagata negli Stati Uniti (secondo periodo), al terzo periodo stabilisce che, «tuttavia, nessuna deduzione sarà accordata ove l’elemento dì reddito sia assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta su richiesta del beneficiario di detto reddito in base alla legislazione italiana» (enfasi aggiunta).
1.4. Da tale disposizione pattizia si ricava a contrario che, qualora
l’assoggettamento a imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta, come nell’ipotesi di cui all’art. 27, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, o mediante imposta sostitutiva, come nella fattispecie, del tutto sovrapponibile alla prima in ragione dell’identità di funzione, di cui all’art. 18, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, quando il contribuente sia una persona fisica, avvenga non «su richiesta del beneficiario deI reddito» ma obbligatoriamente, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, l’imposta sul reddito pagata negli Stati Uniti d’America si deve considerare detraibile.
1.5. Tale interpretazione trova conferma nella diversità del testo
vigente degli accordi bilaterali contro le doppie imposizioni conclusi con altri Paesi, secondo cui «nessuna detrazione sarà accordata ove
l’elemento di reddito venga assoggettato in Italia ad imposizione
mediante imposta sostitutiva o ritenuta a titolo di imposta, ovvero ad imposizione sostitutiva con la stessa aliquota della ritenuta a titolo di imposta, anche su richiesta del contribuente,ai sensi della legislazione italiana» (enfasi aggiunta; art. 23, comma 2, quarto capoverso, della Convenzione tra Italia e Cipro, ratificata e resa esecutiva dalla legge 10 luglio 1982, n. 564; art. 22, comma 2, terzo capoverso, dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Malta, ratificato e reso esecutivo dalla legge 2 maggio 1983, n. 304; punto 11 del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno dell’Arabia Saudita, ratificato e reso esecutivo dalla legge 23 ottobre 2009, n. 159; art. 22, comma 2, quarto capoverso, della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Singapore, ratificata e resa esecutiva dalla legge 26 luglio 1978, n. 575; art. 12, comma 1, lett. a), secondo capoverso, dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato di Monaco, ratificato e reso esecutivo dalla legge 1° dicembre 2016, n. 231);
1.6. Ed invero, in base ad una interpretazione conforme della
norma pattizia (prevalente) la locuzione «anche sui richiesta del
contribuente», che figura nel testo di tali accordi, conferma che quando l’Italia ha inteso negare il credito d’imposta non solo nei casi in cui l’assoggettamento dell’elemento di reddito a imposta sostitutiva o a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta avvenga su richiesta del contribuente, ma anche nei casi in cui esso sia obbligatorio in base alla legge italiana, lo ha previsto espressamente.”

La  sentenza n. 25698/2022 della Suprema Corte prevede, nel caso di dividendi esteri e più in generale di proventi finanziari, la possibilità di ottenere il credito d’imposta per l’imposta pagata all’estero, sia su proventi assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta che ad imposta sostitutiva, qualora con lo Stato estero sia in vigore una convenzione sulle doppie imposizioni che non escluda il diritto al credito d’imposta stesso.

Quindi in base alla sentenza n. 25698/2022 della Suprema Corte qualora l’assoggettamento a imposizione mediante  imposta sostitutiva di cui all’art. 18, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, quando il contribuente sia una persona fisica, avvenga non «su richiesta del beneficiario deI reddito» ma obbligatoriamente, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, l’imposta sul reddito pagata nello Stato Estero si deve considerare detraibile.

Quindi, al fine di verificare la sussistenza al diritto al credito d’imposta si deve verificare con attenzione la relativa convenzione,  anche se nella maggior parte delle Convenzioni stipulate con l’Italia l’esclusione è collegata alla possibilità del contribuente di poter optare per regimi di tassazione diversi.

A seguito della sentenza n. 25698/2022 della Corte di Cassazione , in assenza di uno specifico quadro della dichiarazione dei redditi per l’indicazione del credito d’imposta e per l’impossibilità degli intermediari residenti di attribuire direttamente il credito d’imposta, l’unica strada per il riconoscimento del suo è quella di richiedere all’Agenzia delle Entrate il rimborso dell’imposta pagata all’estero.

Attualmente il rimborso del credito d’imposta può essere richiesto dal contribuente solo attraverso una istanza ex primo comma dell’art. 38 del dpr 602/1973, entro 48 mesi dall’assoggettamento alla ritenuta a titolo d’imposta o dal pagamento dell’imposta sostitutiva, salvo successivamente adire la Corte di Giustizia Tributaria in caso di diniego.

Compilazione del quadro RW Modello Redditi PF – Partecipazione in società non residente

Larticolo 4, comma 1, dl 167/1990, ha posto l’obbligo per i residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività’ estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, di indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi (Quadro RW).

In caso di partecipazione in società di capitali che detengono partecipazioni in società residenti in un Paese collaborativo (Vedi: White list di cui al D.M. 04.09.1996 – Elenco degli Stati con i quali e’ attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni sul reddito in vigore con la Repubblica italiana), il contribuente che riveste lo status di “titolare effettivo”  (1) come definito dalla normativa antiriciclaggio deve indicare nel  quadro RW il valore della partecipazione nella società estera e, in aggiunta, la percentuale di partecipazione, nonché il codice fiscale o identificativo della società estera.

In caso di partecipazioni in società residenti in Paesi non collaborativi (Non ricompresi nell‘elenco di cui al D.M. 04.09.1996), occorre indicare, in luogo del valore della partecipazione diretta, il valore degli investimenti detenuti all’estero dalla società e delle attività estere di natura finanziaria intestati alla società, nonché la percentuale di partecipazione posseduta nella società stessa. In tal modo, seguendo un approccio look through e superando la mera titolarità dello strumento finanziario partecipativo, si deve dare rilevanza, ai fini del monitoraggio fiscale, al valore dei beni di tutti i soggetti “controllati” situati in Paesi non collaborativi e di cui il contribuente risulti nella sostanza “titolare effettivo”. Tale criterio deve essere adottato fino a quando nella catena partecipativa sia presente una società localizzata nei suddetti Paesi e sempreché risulti integrato il controllo secondo la normativa antiriciclaggio.

L’obbligo dichiarativo in capo al “titolare effettivo” sussiste esclusivamente in caso di partecipazioni in società di diritto estero e non riguarda, invece, anche l’ipotesi di partecipazioni dirette in una o più società residenti che effettuano investimenti all’estero.

Rilevano, invece, le partecipazioni in società residenti qualora, unitamente alla partecipazione diretta o indiretta del contribuente in società estere, concorrano ad integrare, in capo al contribuente, il requisito di “titolare effettivo” di investimenti esteri o di attività estere di natura finanziaria. In quest’ultimo caso, occorre indicare il valore complessivo della partecipazione nella società estera detenuta (direttamente e indirettamente) e la percentuale di partecipazione determinata tenendo conto dell’effetto demoltiplicativo relativo alla partecipazione indiretta. Le partecipazioni in società estere quotate in mercati regolamentati e sottoposte a obblighi di comunicazione conformi alla normativa comunitaria o a standard internazionali equivalenti, vanno valorizzate direttamente nel presente quadro indipendentemente dalla partecipazione al capitale sociale che le stesse rappresentano in quanto è escluso in tal caso il verificarsi dello status di “titolare effettivo”.

Il titolare effettivo  coincide con la persona fisica o le persone fisiche a cui, in ultima istanza, è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente ovvero il relativo controllo.

Secondo quanto disposto dalla Circolare n. 38/E/2013:
“1.1.1 La figura del titolare effettivo
In coerenza con i citati orientamenti giurisprudenziali, il legislatore ha riformulato il testo dell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990 rafforzando la tesi in base alla quale sono tenuti alla dichiarazione delle attività estere non soltanto i possessori “formali” delle stesse e i soggetti che ne hanno la disponibilità, ma anche coloro che possono esserne considerati i “titolari effettivi”. Mutuando la definizione contenuta nella normativa antiriciclaggio di cui all’articolo 1, comma 2, lettera u), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 e all’articolo 2 dell’allegato tecnico al medesimo decreto, per “titolare effettivo” si intende:

  • in caso di società:
  1. la persona fisica o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano un’entità giuridica, attraverso il possesso o il controllo diretto o indiretto di una percentuale sufficiente delle partecipazioni al capitale sociale o dei diritti di voto in seno a tale entità giuridica, anche tramite azioni al portatore, purché non si tratti di una società ammessa alla quotazione su un mercato regolamentato e sottoposta a obblighi di comunicazione conformi alla normativa comunitaria o a standard internazionali equivalenti; tale criterio si ritiene soddisfatto ove la percentuale corrisponda al 25 per cento più uno di partecipazione al capitale sociale;
  2. la persona fisica o le persone fisiche che esercitano in altro modo il controllo sulla direzione di un’entità giuridica;

Rigo RW1 del quadro RW Modello Redditi P.F.: Indicazione del possesso della partecipazione nella società non residente in un Paese collaborativo (ad es. possesso in Bulgaria di unaSocietà unipersonale a responsabilità limitata (Еднолично ограничена отговорност дружество (EOOD – ЕООД)) )

COLONNA RIGO RW ISTRUZIONI VALORE DA INDICARE
1 Codice titolo di possesso “1” proprietà
2 La colonna 2 deve essere compilata indicando il codice 1 se il contribuente è un soggetto delegato al prelievo o alla movimentazione
del conto corrente oppure il codice 2 se il contribuente risulta il titolare effettivo (1;
“2”
3 Il codice di individuazione del bene, rilevato dalla “Tabella codici investimenti all’estero e attività estera di natura
finanziaria” posta in APPENDICE.
“2” partecipazioni al capitale
4 Il codice dello Stato estero, rilevato dalla tabella “Elenco Paesi e Territori esteri” posta in APPENDICE al FASCICOLO 1; Per es. “012” Bulgaria
5 Quota di possesso “100%”
6 Criterio determin. valore 2 valore nominale;
7 Valore iniziale Valore del C.S. alla data del conferimento
8 Valore finale Valore del C.S. al 31/12
19 Quota partecipazione 100
20 Solo monitoraggio “x”
21 Nella colonna 21 inserire il codice fiscale o il codice identificativo della società o altra entità giuridica nel caso in cui il contribuente
risulti titolare effettivo (1)   (in questo caso la colonna 2 va compilata con il codice 2 e la colonna 19 va compilata con la percentuale relativa
alla partecipazione);
Codice fiscale della società estera

(1) “titolari effettivi” secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 2, lettera pp), e dall’art. 20 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni.

Il il titolare effettivo di una società è definito dalla vigente normativa in materia di antiriciclaggio come la “persona fisica o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedano o controllino un’entità giuridica, attraverso il possesso o il controllo diretto o indiretto di una percentuale sufficiente delle partecipazioni al capitale sociale o dei diritti di voto in seno a tale entità giuridica,  tale criterio si ritiene soddisfatto ove la percentuale corrisponda al 25 per cento più uno di partecipazione al capitale sociale; oppure “la persona fisica o le persone fisiche che esercitano in altro modo il controllo sulla direzione di un’entità giuridica” (cfr.  Allegato tecnico al D.Lgs. 231 del 21 novembre 2007, art. 2).

In sostanza sono tre i criteri per individuare il Titolare effettivo, uno conseguente all’altro.

Il primo criterio, dell’assetto proprietario, individua i titolari effettivi in coloro che possiedono direttamente o indirettamente la titolarità di una partecipazione superiore al 25% del capitale sociale.

Il secondo criterio è quello del controllo, in quanto qualora l’esame dell’assetto proprietario non consenta l’individuazione della persona fisica o delle persone fisiche a cui è attribuibile la proprietà, il titolare effettivo è la persona fisica o le persone fisiche a cui è attribuibile il controllo della società tramite: a) controllo della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria; b) controllo di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante in assemblea ordinaria; c) l’esistenza di particolari vincoli contrattuali che consentano di esercitare un’influenza dominante.

Il terzo criterio è residuale ed individua il titolare effettivo in colui che esercita il potere di rappresentanza legale, di amministrazione o direzione della società.

Decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231

art. 1, comma 2, lettera pp): titolare effettivo: la persona fisica o le persone fisiche, diverse dal cliente, nell’interesse della quale o delle quali, in ultima istanza, il rapporto continuativo e’ istaurato, la prestazione professionale e’ resa o l’operazione e’ eseguita;

Art. 20.

(Criteri per la determinazione della titolarita’ effettiva di clienti
diversi dalle persone fisiche).

1. Il titolare effettivo di clienti diversi dalle persone fisiche
coincide con la persona fisica o le persone fisiche cui, in ultima
istanza, e’ attribuibile la proprieta’ diretta o indiretta dell’ente
ovvero il relativo controllo.
2. Nel caso in cui il cliente sia una societa’ di capitali:
a) costituisce indicazione di proprieta’ diretta la titolarita’
di una partecipazione superiore al 25 per cento del capitale del
cliente, detenuta da una persona fisica;
b) costituisce indicazione di proprieta’ indiretta la titolarita’
di una percentuale di partecipazioni superiore al 25 per cento del
capitale del cliente, posseduto per il tramite di societa’
controllate, societa’ fiduciarie o per interposta persona.
3. Nelle ipotesi in cui l’esame dell’assetto proprietario non
consenta di individuare in maniera univoca la persona fisica o le
persone fisiche cui e’ attribuibile la proprieta’ diretta o indiretta
dell’ente, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le
persone fisiche cui, in ultima istanza, e’ attribuibile il controllo
del medesimo in forza:
a) del controllo della maggioranza dei voti esercitabili in
assemblea ordinaria;
b) del controllo di voti sufficienti per esercitare un’influenza
dominante in assemblea ordinaria;
c) dell’esistenza di particolari vincoli contrattuali che
consentano di esercitare un’influenza dominante.
((4. Nel caso in cui il cliente sia una persona giuridica privata,
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000,
n. 361
, sono cumulativamente individuati, come titolari effettivi:
a) i fondatori, ove in vita;
b) i beneficiari, quando individuati o facilmente individuabili;
c) i titolari di poteri di rappresentanza legale, direzione e
amministrazione.))

((5. Qualora l’applicazione dei criteri di cui ai precedenti commi
non consenta di individuare univocamente uno o piu’ titolari
effettivi, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le
persone fisiche titolari, conformemente ai rispettivi assetti
organizzativi o statutari, di poteri di rappresentanza legale,
amministrazione o direzione della societa’ o del cliente comunque
diverso dalla persona fisica.))

6. I soggetti obbligati conservano traccia delle verifiche
effettuate ai fini dell’individuazione del titolare effettivo
((nonche’, con specifico riferimento al titolare effettivo
individuato ai sensi del comma 5, delle ragioni che non hanno
consentito di individuare il titolare effettivo ai sensi dei commi 1,
2, 3 e 4 del presente articolo))
.

 

Controlled Foreign Companies (Cfc)

Occorre prestare  molta attenzione alla normativa sulle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) in quanto il reddito da esse conseguitoa determinate condizioni,  previste dalla  nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir,  deve essere imputato in capo al soggetto controllante residente:
• in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili;
• anche in caso di mancata percezione degli stessi, ovvero “per trasparenza” (criterio, tipicamente, utilizzato nei confronti dei soci di società di persone residenti).

Per effetto delle regole CFC, gli utili eventualmente distribuiti, in qualsiasi forma, dai soggetti CFC non concorrono alla formazione del reddito in capo ai soggetti residenti controllanti fino a concorrenza dei redditi che sono già stati assoggettati a tassazione per trasparenza.

livello operativo, per quanto riguarda le modalità di tassazione:

  • redditi delle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) che ricadono nelle fattispecie previste dalla nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir, imputati in capo ai soggetti residenti che controllano l’impresa estera, anche in caso di mancata percezione degli stessi, ovvero “per trasparenza”:
    – sono assoggettati a tassazione separata mediante l’applicazione di un’aliquota media applicata sul reddito del soggetto residente (questa aliquota non può in ogni caso essere inferiore all’aliquota
    ordinaria dell’imposta sul reddito delle società);
    – dall’imposta così determinata sono ammesse in detrazione le imposte sui redditi pagate all’estero a titolo definitivo dal soggetto non residente con le modalità e nei limiti previsti dall’articolo 165 del TUIR;
  • in caso di controllo congiunto, i redditi imputati a ciascun partecipante devono essere tassati separatamente in capo a ciascuno di essi mediante l’applicazione dell’aliquota media di tassazione del reddito complessivo netto.

La revisione integrale della disciplina in materia di “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc), mediante una nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir, è avventuta ad opera del D.Lgs. 142/2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2018 in attuazione alla Direttiva UE 2016/1164, Direttiva anti elusione fiscale (c.d. “Anti Tax Avoidance Directive” –  “Atad”).

La nuova disciplina è entrata in vigore dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018; per cui, di norma, per i soggetti per cui  il periodo d’imposta coincide con l’anno solare la nuova disciplina sulle Cfc si applica a partire dal 01/01/2019.

Le disposizioni dell’articolo 167 Tuir , in base al primo comma comma dello stesso articolo, si applicano alle persone fisiche e ai soggetti di cui agli articoli 5 (società semplici, in nome collettivo ed in accomandita semplice) e 73, comma 1, lettere a), b) e c), (soggetti passivi IRES) nonché’, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), che controllano soggetti non residenti, come definiti ai commi 2 e 3.

In base al comma 6 nella nuova formulazione dell’articolo 167 Tuirricorrendo le condizioni di applicabilita’ della disciplina del 167, il reddito realizzato dal soggetto controllato non residente e’ imputato ai soggetti di cui al comma 1, nel periodo d’imposta di questi ultimi in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto controllato non residente, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili del soggetto controllato non residente da essi detenuta, direttamente o indirettamente. In caso di partecipazione indiretta per il tramite di soggetti residenti o di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, i redditi sono imputati a questi ultimi soggetti in proporzione alle rispettive quote di partecipazione.

Il secondo comma dell’articolo 167 Tuir stabilisce che si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, da parte di un soggetto di cui al comma 1;

b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili e’ detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, o tramite società  fiduciaria o interposta persona, da un soggetto di cui al comma 1.

In base al terzo comma si considerano altresì soggetti controllati non residenti:

a) le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti di cui al comma 2;

b) le stabili organizzazioni all’estero di soggetti residenti che abbiano optato per il regime di cui all’articolo 168-ter (c.d. “branch exemption”: Esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti).

Ricordiamo che l’articolo 2359 del codice civile stabilisce che sono considerate società controllate:

  1. le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
  2. le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
  3. le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma dell’articolo 2359 del codice civile si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

L’articolo 7, par. 1, lett. a), della Direttiva UE 2016/1164 (c.d. “Anti Tax Avoidance Directive” –  “Atad”) ritiene che si verifichi il requisito del controllo: “nel caso di un’entità, il contribuente, da solo o insieme alle sue imprese associate, detiene una partecipazione diretta o indiretta di oltre il 50 per cento dei diritti di voto o possiede direttamente o indirettamente oltre il 50 per cento del capitale o ha il diritto di ricevere oltre il 50 per cento degli utili di tale entità“.

Quindi appare evidente che non sarà possibile evitare la tassazione CFC mediante l’escamotage della separazione dei “diritti di voto” rispetto ai “diritti agli utili”.

La nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir elimina la distinzione fra il regime delle c.d. Cfc “black list” e quello più generale riferito alle c.d. Cfc “white list”.

Dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 si configura un unico regime per le Cfc (quarto comma dell’articolo 167 Tuir ), indipendentemente dalla loro localizzazione, quando ricorrono congiuntamente due requisiti:

  1. l’impresa estera è assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia;
  2. oltre 1/3 dei proventi realizzati dall’impresa estera rientra nella categoria dei d. “passive income così come è definita in 7 punti contenuti nell’articolo 167, comma 4, Tuir.

Per quanto riguarda il primo requisito (il livello di tassazione dell’impresa estera),  non si fa  riferimento alla tassazione “nominale”, ma a quella “effettiva”.

Il testo della relazione illustrativa al D.Lgs. 142/2018, nel fare riferimento al confronto tra il tax rate estero e quello nazionale, riguardo a quest’ultimo precisa che il calcolo andrà compiuto rideterminando il reddito dell’impresa estera secondo le disposizioni fiscali italiane che sarebbero applicabili al reddito lordo risultante dal bilancio dell’impresa estera, e operando quindi un confrontoche riguarda, sul fronte della tassazione virtuale interna, l’imposta sul reddito delle società (Ires)”.

Quindi per quanto riguarda la verifica della tassazione effettiva questa dovrà essere compiuta avuto riguardo alla sola Ires.

Per verificare il livello di tassazione effettiva, occorreà effettuare un confronto tra il “tax rate effettivo estero” e il “tax rate virtuale domestico”, quest’ultimo calcolato determinando il reddito risultante dal bilancio d’esercizio redatto all’estero sulla base delle disposizioni fiscali italiane.

In merito alla verifica del livello di tassazione effettiva il  punto a) del quarto comma dell’articolo 167 Tuir fa riferimento al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

In data 16/09/2016 il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha emanato il PROVVEDIMENTO N. PROT. 143239 , “Disposizioni in materia di imprese estere controllate. Criteri per determinare con modalità semplificata l’effettivo livello di tassazione di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR

I Criteri di determinazione della tassazione effettiva estera e della tassazione virtuale domestica sono fissati al punto 5 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Nel caso concreto va, quindi, esaminato il livello di tassazione effettiva della controllata in raffrontato, anche alla luce delle  direttive emanate con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entratecon il livello di tassazione IRES (attualmente al 24%)

Quindi, quando l’impresa estera è assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italiaper il “nuovo” regime per le Cfc, non resta che considerare il secondo requisito (la prevalenza di proventi da “passive income).

Il  punto b) del quarto comma dell’articolo 167 Tuir  elenca le categorie che appartengono a tale definizione:

  1. interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
  2. canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
  3. dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
  4. redditi da leasing finanziario;
  5. redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
  6. proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
  7. proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110 .

Con riferimento alle prestazioni di servizi di cui al punto 7, in riferimento ai “servizi infragruppo a basso valore aggiunto”, la norma richiama le indicazioni contenute nel  D.M. 14.05.2018linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento, (vedi art.7).

In quanto alla disapplicazione del regime Cfc,  il quinto comma dell’articolo 167 Tuir prevede che questa possa ricorrere laddove il contribuente dimostri che l’impresa controllata estera svolge una “attività economica effettiva, mediante l’impiego di

  • personale;
  • attrezzature;
  • attivi;
  • locali”.

Una considerazione di rilievo da fare è quella al riguardo della “attività economica effettiva”. Nella precedente formulazione del 167 TUIR, il quinto comma,  (“la societa’ o altro ente non residente svolga un’effettiva attività’ industriale o commerciale, come sua principale attività’, nel mercato dello stato o territorio di insediamento“) si faceva riferimento ad una  “attività industriale e commerciale”. Nella nuova formulazione del quinto comma si parla di “attività economica effettiva”, quindi  si dovrà valutare l’adeguatezza della struttura organizzativa dell’impresa estera rispetto all’attività in concreto svolta.

Il quinto comma dell’articolo 167 Tuir prevede che il contribuente possa avvalersi dell’interpello preventivo ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212.  Per i contribuenti che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 5 maggio 2015, n. 128, l’istanza di interpello di cui sopra puo’ essere presentata indipendentemente dalla verifica delle condizioni di cui al comma 4, lettere a) e b) dell’articolo 167 Tuir.

L’undicesimo comma dell’articolo 167 Tuir prevede che:

fatti salvi

  • i casi in cui la disciplina del presente articolo sia stata applicata
  • oppure non lo sia stata per effetto dell’ottenimento di una risposta favorevole all’interpello di cui al comma 5

quando ricorrono congiuntamente i due requisiti:

  1. l’impresa estera è assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia;
  2. oltre 1/3 dei proventi realizzati dall’impresa estera rientra nella categoria dei d. “passive income così come è definita in 7 punti contenuti nell’articolo 167, comma 4, Tuir.

il soggetto controllante di cui al comma 1 deve segnalare nella dichiarazione dei redditi la detenzione di partecipazioni in soggetti controllati non residenti di cui ai commi 2 e 3“.

In base all’articolo 8, comma 3-quater, D.Lgs. 471/1997,quando l’omissione o incompletezza riguarda la segnalazione prevista dall’articolo 167, comma 8-quater, terzo periodo, del testo unico sulle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applica una sanzione amministrativa pari al dieci per cento del reddito
conseguito dal soggetto estero partecipato e imputabile nel periodo d’imposta, anche solo teoricamente, al soggetto
residente in proporzione alla partecipazione detenuta, con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000 euro. La
sanzione nella misura minima si applica anche nel caso in cui il reddito della controllata estera sia negativo.

Per adempiere correttamente agli obblighi dichiarativi , in sede di predisposizione del modello Redditi S.C., la società controllante residente deve compilare:

  • Il quadro FC, al fine di determinare il reddito della società estera;
  • il quadro RM, al fine di liquidare la relativa imposta.

Nel quadro FC del modello Redditi:

è necessario indicare i dati della società partecipata;

vanno compilati  i campi dedicati alla quantificazione del reddito della stessa applicando le disposizioni del TUIR (risultato di bilancio e variazioni fiscali).

Il reddito così determinato deve poi essere riportato nel quadro RM, dedicato ai redditi soggetti a tassazione separata.

I redditi della controllata estera sono imputati alla controllata residente e tassati separatamente dal reddito complessivo IRES con aliquota 24%, attualmente aliquota ordinaria IRES.

Dall’imposta liquidata sono ammesse in detrazione le imposte pagate all’estero dall’impresa partecipata, sul medesimo reddito, a titolo definitivo.

Ove non ricorra l’esimente di cui al quinto comma dell’articolo 167 Tuir , le imprese che, per effetto dell’art. 168-ter, comma 1, del TUIR, hanno optato per l’esenzione degli utili e delle perdite attribuibili a tutte le proprie stabili organizzazioni all’estero (regime della branch exemption), devono:

Qualora l’impresa abbia nello Stato estero più siti produttivi e ognuno di essi configuri una stabile organizzazione in applicazione del punto 2.4 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 28 agosto 2017, n. 165138, ciascun sito produttivo che integra i presupposti di applicazione dell’articolo 167 Tuir, in assenza delle esimenti ivi previste, è considerato una singola stabile organizzazione.

In presenza di più siti produttivi nel medesimo Stato, di cui soltanto alcuni integrano le condizioni applicative dell’articolo 167 Tuir, quelli che non le integrano o che, pure integrandole, dimostrano le esimenti si assumono come un’unica stabile organizzazione.
La dimostrazione delle circostanze esimenti di cui al comma 5 dell’dell’articolo 167 Tuir è dat separatamente per ciascuna branch a cui si applica la disciplina CFC, anche nell’ipotesi di cui al punto precedente in cui si configurano più stabili organizzazioni nel medesimo Stato estero.

Il soggetto che detiene il controllo di più imprese, società o enti residenti in Stati o territori con regime fiscale considerato privilegiato, è tenuto a compilare un quadro FC per ciascuna CFC controllata. In tal caso deve essere numerata progressivamente la casella “Mod. N.” posta in alto a destra del quadro. Il quadro non va compilato se il soggetto che esercita il controllo per effetto di particolari vincoli contrattuali o i soggetti da esso partecipati non possiedano partecipazioni agli utili.
In caso di controllo esercitato da un soggetto non titolare di reddito di impresa interamente tramite una società o un ente residente, gli adempimenti dichiarativi di cui all’art. 4 del Decreto Ministeriale n. 429 del 2001 (Dichiarazione e scritture contabili), devono essere assolti da quest’ultimo soggetto che dovrà pertanto provvedere a compilare il presente quadro FC.

Stati a fiscalità privilegiata

Nella normativa fiscale italiana vi è stata una continua evoluzione del concetto di “Stato a fiscalità privilegiata”.

CRITERI DI INDIVIDUAZIONE DEI PAESI A FISCALITA’ PRIVILEGIATA
Periodi di
imposta
Fino al
31.12.2014
2015 2016-2018 Dal 2019
Criteri per
individuazione
dei regimi
fiscali
privilegiati
Inclusione del
Paese nel
Decreto Ministeriale 21 novembre 2001(black list)
Inclusione del Paese nel
Decreto Ministeriale 21 novembre 2001 (vigente al
momento in cui gli utili sono
stati percepiti)come modificato dal d.m. 30 marzo 2015 e dal d.m. 18 novembre 2015In base alle precedenti versioni dell’art. 167 del TUIR, quarto comma, anche nel
caso di non inclusione del
Paese nel Decreto Ministeriale
21 novembre 2001 regimi
fiscali speciali che prevedano
un livello di tassazione < 50%
di quello applicato in ItaliaEsclusione dei Paesi UE e
SEE
In base   all’art. 167 del TUIR, quarto comma, nella versione in vigore dal 01/01/2016 al 11/01/2019

Paesi con un livello di
tassazione nominale < al
50% di quello italiano

Regimi fiscali speciali (che
concedono un trattamento
agevolato strutturale, che si
risolve in un’imposizione <
50% di quella italiana)

Esclusione dei Paesi UE e
SEE

Art. 47-bis. TUIR in vigore dal  12/01/2019

(In caso di controllo della
partecipata estera)
Paesi con un livello di
tassazione effettiva < 50% di
quello italiano

(Negli altri casi)
Paesi con un livello di
tassazione nominale < al 50%
di quello italiano

Esclusione dei Paesi UE e SEE

In merito dal 1999 al 2015 si sono succeduti vari Decreti Ministeriali
 Decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 (individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato)

La Black List “italiana” di cui al DM 4 maggio 1999  serve  ad attivare l’inversione dell’onere della prova riguardo all’effettiva residenza fiscale dei cittadini italiani emigrati nei Paesi indicati nella lista (Ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis del TUIR, introdotto dall’articolo 10 della legge n. 448 del 23 dicembre 1998, si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori  individuati dall’art. 1 (Individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato) del Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze).

Vedi: Black List – Art. 2, comma 2-bis del TUIR – Presunzione residenza cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori  individuati dall’art. 1 del Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze

Il decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, nel corso degli anni,  è stato ripetutamente modificato.

Si considerano fiscalmente privilegiati

  • In vigore dal 10/05/1999
    Alderney (Aurigny);
    Andorra (Principat d’Andorra);
    Anguilla;
    Antigua e Barbuda (Antigua and Barbuda);
    Antille Olandesi (Nederlandse Antillen);
    Aruba;
    Bahama (Bahamas);
    Bahrein (Dawlat al-Bahrain);
    Barbados;
    Belize;
    Bermuda;
    Brunei (Negara Brunei Darussalam);
    Cipro (Kypros);
    Costa Rica (Republica de Costa Rica);
    Dominica;
    Emirati Arabi Uniti (Al-Imarat al-‘Arabiya al Muttahida);
    Ecuador (Repuplica del Ecuador);
    Filippine (Pilipinas);
    Gibilterra (Dominion of Gibraltar);
    Gibuti (Djibouti);
    Grenada;
    Guernsey (Bailiwick of Guernsey);
    Hong Kong (Xianggang);
    Isola di Man (Isle of Man);
    Isole Cayman (The Cayman Islands);
    Isole Cook;
    Isole Marshall (Republic of the Marshall Islands);
    Isole Vergini Britanniche (British Virgin Islands);
    Jersey;
    Libano (Al-Jumhuriya al Lubnaniya);
    Liberia (Republic of Liberia);
    Liechtenstein (Furstentum Liechtenstein);
    Macao (Macau);
    Malaysia (Persekutuan Tanah Malaysia);
    Maldive (Divehi);
    Malta (Republic of Malta);
    Maurizio (Republic of Mauritius);
    Monserrat;
    Nauru (Republic of Nauru);
    Niue;
    Oman (Saltanat ‘Oman);
    Panama (Republica de Panama’);
    Polinesia Francese (Polynesie Francaise);
    Monaco (Principaute’ de Monaco);
    San Marino (Repubblica di San Marino);
    Sark (Sercq);
    Seicelle (Republic of Seychelles);
    Singapore (Republic of Singapore);
    Saint Kitts e Nevis (Federation of Saint Kitts and Nevis);
    Saint Lucia;
    Saint Vincent e Grenadine (Saint Vincent and the Grenadines);
    Svizzera (Confederazione Svizzera);
    Taiwan (Chunghua MinKuo);
    Tonga (Pule’anga Tonga);
    Turks e Caicos (The Turks and Caicos Islands);
    Tuvalu (The Tuvalu Islands);
    Uruguay (Republica Oriental del Uruguay);
    Vanuatu (Republic of Vanuatu);
    Samoa (Indipendent State of Samoa).
  • In vigore dal 04/08/2010
    Alderney (Aurigny);
    Andorra (Principat d’Andorra);
    Anguilla;
    Antigua e Barbuda (Antigua and Barbuda);
    Antille Olandesi (Nederlandse Antillen);
    Aruba;
    Bahama (Bahamas);
    Bahrein (Dawlat al-Bahrain);
    Barbados;
    Belize;
    Bermuda;
    Brunei (Negara Brunei Darussalam);
    (Paese eliminato dalla lista ai sensi dell’art. 2 decreto 27 luglio 2010);
    Costa Rica (Republica de Costa Rica);
    Dominica;
    Emirati Arabi Uniti (Al-Imarat al-‘Arabiya al Muttahida);
    Ecuador (Repuplica del Ecuador);
    Filippine (Pilipinas);
    Gibilterra (Dominion of Gibraltar);
    Gibuti (Djibouti);
    Grenada;
    Guernsey (Bailiwick of Guernsey);
    Hong Kong (Xianggang);
    Isola di Man (Isle of Man);
    Isole Cayman (The Cayman Islands);
    Isole Cook;
    Isole Marshall (Republic of the Marshall Islands);
    Isole Vergini Britanniche (British Virgin Islands);
    Jersey;
    Libano (Al-Jumhuriya al Lubnaniya);
    Liberia (Republic of Liberia);
    Liechtenstein (Furstentum Liechtenstein);
    Macao (Macau);
    Malaysia (Persekutuan Tanah Malaysia);
    Maldive (Divehi);
    (Paese eliminato dalla lista ai sensi dell’art. 2 decreto 27 luglio 2010);
    Maurizio (Republic of Mauritius);
    Monserrat;
    Nauru (Republic of Nauru);
    Niue;
    Oman (Saltanat ‘Oman);
    Panama (Republica de Panama’);
    Polinesia Francese (Polynesie Francaise);
    Monaco (Principaute’ de Monaco);
    San Marino (Repubblica di San Marino);
    Sark (Sercq);
    Seicelle (Republic of Seychelles);
    Singapore (Republic of Singapore);
    Saint Kitts e Nevis (Federation of Saint Kitts and Nevis);
    Saint Lucia;
    Saint Vincent e Grenadine (Saint Vincent and the Grenadines);
    Svizzera (Confederazione Svizzera);
    Taiwan (Chunghua MinKuo);
    Tonga (Pule’anga Tonga);
    Turks e Caicos (The Turks and Caicos Islands);
    Tuvalu (The Tuvalu Islands);
    Uruguay (Republica Oriental del Uruguay);
    Vanuatu (Republic of Vanuatu);
    Samoa (Indipendent State of Samoa).
  • In vigore dal 24/02/2014
    Alderney (Aurigny);
    Andorra (Principat d’Andorra);
    Anguilla;
    Antigua e Barbuda (Antigua and Barbuda);
    Antille Olandesi (Nederlandse Antillen);
    Aruba;
    Bahama (Bahamas);
    Bahrein (Dawlat al-Bahrain);
    Barbados;
    Belize;
    Bermuda;
    Brunei (Negara Brunei Darussalam);
    (Paese eliminato dalla lista ai sensi dell’art. 2 decreto 27 luglio 2010);
    Costa Rica (Republica de Costa Rica);
    Dominica;
    Emirati Arabi Uniti (Al-Imarat al-‘Arabiya al Muttahida);
    Ecuador (Repuplica del Ecuador);
    Filippine (Pilipinas);
    Gibilterra (Dominion of Gibraltar);
    Gibuti (Djibouti);
    Grenada;
    Guernsey (Bailiwick of Guernsey);
    Hong Kong (Xianggang);
    Isola di Man (Isle of Man);
    Isole Cayman (The Cayman Islands);
    Isole Cook;
    Isole Marshall (Republic of the Marshall Islands);
    Isole Vergini Britanniche (British Virgin Islands);
    Jersey;
    Libano (Al-Jumhuriya al Lubnaniya);
    Liberia (Republic of Liberia);
    Liechtenstein (Furstentum Liechtenstein);
    Macao (Macau);
    Malaysia (Persekutuan Tanah Malaysia);
    Maldive (Divehi);
    (Paese eliminato dalla lista ai sensi dell’art. 2 decreto 27 luglio 2010);
    Maurizio (Republic of Mauritius);
    Monserrat;
    Nauru (Republic of Nauru);
    Niue;
    Oman (Saltanat ‘Oman);
    Panama (Republica de Panama’);
    Polinesia Francese (Polynesie Francaise);
    Monaco (Principaute’ de Monaco);
    Sark (Sercq);
    Seicelle (Republic of Seychelles);
    Singapore (Republic of Singapore);
    Saint Kitts e Nevis (Federation of Saint Kitts and Nevis);
    Saint Lucia;
    Saint Vincent e Grenadine (Saint Vincent and the Grenadines);
    Svizzera (Confederazione Svizzera);
    Taiwan (Chunghua MinKuo);
    Tonga (Pule’anga Tonga);
    Turks e Caicos (The Turks and Caicos Islands);
    Tuvalu (The Tuvalu Islands);
    Uruguay (Republica Oriental del Uruguay);
    Vanuatu (Republic of Vanuatu);
    Samoa (Indipendent State of Samoa).

In particolare, il decreto del Ministro delle finanze 24  febbraio 2014 ha eliminato “San Marino (Repubblica di San Marino)” dall’elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999.

Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001 (individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127 -bis, comma 4, (Soppresso da: Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1) del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”))
  • In vigore dal 24/11/2001
    Alderney (Isole  del  Canale), Andorra, Anguilla, Antille Olandesi, Aruba,  Bahamas, Barbados,   Barbuda,   Belize,  Bermuda,  Brunei,  Cipro,  Filippine,  Gibilterra, Gibuti  (ex  Afar  e  Issas),  Grenada, Guatemala, Guernsey (Isole  del Canale),  Herm  (Isole del Canale), Hong Kong, Isola di Man, Isole Cayman,  Isole Cook,  Isole  Marshall, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini britanniche,  Isole Vergini  statunitensi,  Jersey  (Isole  del  Canale), Kiribati (ex Isole  Gilbert), Libano,    Liberia,    Liechtenstein,   Macao,   Maldive,   Malesia,  Montserrat, Nauru,  Niue,  Nuova  Caledonia,  Oman,  Polinesia francese, Saint  Kitts e  Nevis,  Salomone,  Samoa,  Saint  Lucia,  Saint  Vincent e Grenadine,  Sant’Elena, Sark  (Isole  del  Canale),  Seychelles,  Singapore, Tonga, Tuvalu  (ex Isole Ellice), Vanuatu.
  • In vigore dal 04/08/2010
    Alderney (Isole del Canale), Andorra, Anguilla, Antille Olandesi, Aruba, Bahamas, Barbados, Barbuda, Belize, Bermuda, Brunei, Filippine, Gibilterra, Gibuti (ex Afar e Issas), Grenada, Guatemala, Guernsey (Isole del Canale), Herm (Isole del Canale), Hong Kong, Isola di Man, Isole Cayman, Isole Cook, Isole Marshall, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini britanniche, Isole Vergini statunitensi, Jersey (Isole del Canale), Kiribati (ex Isole Gilbert), Libano, Liberia, Liechtenstein, Macao, Maldive, Malesia, Montserrat, Nauru, Niue, Nuova Caledonia, Oman, Polinesia francese, Saint Kitts e Nevis, Salomone, Samoa, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Sant’Elena, Sark (Isole del Canale), Seychelles, Singapore, Tonga, Tuvalu (ex Isole Ellice), Vanuatu.
  • In vigore dal 11/05/2015
    Alderney (Isole del Canale), Andorra, Anguilla, Antille Olandesi, Aruba, Bahamas, Barbados, Barbuda, Belize, Bermuda, Brunei, Gibilterra, Gibuti (ex Afar e Issas), Grenada, Guatemala, Guernsey (Isole del Canale), Herm (Isole del Canale), Hong Kong, Isola di Man, Isole Cayman, Isole Cook, Isole Marshall, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini britanniche, Isole Vergini statunitensi, Jersey (Isole del Canale), Kiribati (ex Isole Gilbert), Libano, Liberia, Liechtenstein, Macao, Maldive, Montserrat, Nauru, Niue, Nuova Caledonia, Oman, Polinesia francese, Saint Kitts e Nevis, Salomone, Samoa, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Sant’Elena, Sark (Isole del Canale), Seychelles, Tonga, Tuvalu (ex Isole Ellice), Vanuatu.
  • In vigore dal 30/11/2015
    Alderney (Isole del Canale), Andorra, Anguilla, Antille Olandesi, Aruba, Bahamas, Barbados, Barbuda, Belize, Bermuda, Brunei, Gibilterra, Gibuti (ex Afar e Issas), Grenada, Guatemala, Guernsey (Isole del Canale), Herm (Isole del Canale), Isola di Man, Isole Cayman, Isole Cook, Isole Marshall, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini britanniche, Isole Vergini statunitensi, Jersey (Isole del Canale), Kiribati (ex Isole Gilbert), Libano, Liberia, Liechtenstein, Macao, Maldive, Montserrat, Nauru, Niue, Nuova Caledonia, Oman, Polinesia francese, Saint Kitts e Nevis, Salomone, Samoa, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Sant’Elena, Sark (Isole del Canale), Seychelles, Tonga, Tuvalu (ex Isole Ellice), Vanuatu

Da considerare che il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze (Individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127-bis, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”)) non trova più applicazione per l’individuazione delle CFC in quanto l’art. 127-bis è stato soppresso dal Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1 e che la materia delle CFC è ora regolamentata dall’art. 167 del TU (Disposizioni in materia di imprese estere controllate. (ex art 127-bis)).

La lista di cui al Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze è richiamata dal Decreto-legge del 01/07/2009 n. 78, art. 12 Contrasto ai paradisi fiscali:

“………………….

2. In deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attivita’ di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 10 maggio 1999, n. 107, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 novembre 2001, n. 273, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tale caso, le sanzioni previste dall’articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono raddoppiate.

2-bis. Per l’accertamento basato sulla presunzione di cui al comma 2, i termini di cui all’ articolo 43, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e all’ articolo 57, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono raddoppiati.

2-ter. Per le violazioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’ articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni, riferite agli investimenti e alle attività di natura finanziaria di cui al comma 2, i termini di cui all’ articolo 20 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, sono raddoppiati…………”

La lista di cui al Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze rileva anche ai fini della Presunzione legale somme detenute all’estero costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia.

Nel caso di asset

opera la presunzione legale per la quale le somme detenute all’estero siano state costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia e pertanto l’Agenzia delle Entrate potrà contestare le imposte evase su tali importi (comma 2, art. 12 D.L. n. 78/2009.

Vedi: Black List – Art. 12 D.L. n. 78/2009 (Contrasto ai paradisi fiscali) – Presunzione legale somme detenute all’estero costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia

In base al comma 2-bis dell’art. 12 del Decreto-legge del 01/07/2009 n. 78 trova riscontro il raddoppio dei termini di accertamento basato sulla presunzione di cui al comma 2, per cui  i termini di cui all’ articolo 43, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (l’avviso di accertamento puo’ essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata), e successive modificazioni, e all’ articolo 57, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla l’avviso di accertamento dell’imposta a norma del primo comma dell’articolo 55 puo’ essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata), e successive modificazioni, sono raddoppiati.

Quindi Nel caso di asset

l’avviso di accertamento puo’ essere notificato entro il 31 dicembre del quattordicesimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

La lista di cui al Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze rappresenta anche la lista di riferimento per la compilazione del quadro RW per quanto riguarda la detenzione di attività patrimoniali e finanziarie in paesi non collaborativi.

Larticolo 4, comma 1, dl 167/1990, ha posto l’obbligo per i residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività’ estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, di indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi (Quadro RW).

i sensi dellarticolo 5, comma 2, del D.L. 167/1990 la violazione dell’obbligo di dichiarazione di investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. 

La violazione di cui sopra relativa alla detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 (individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001 (individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127 -bis, comma 4, (Soppresso da: Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1) del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”)), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. Nel caso in cui la dichiarazione prevista dall’articolo 4, comma 1, sia presentata entro novanta giorni dal termine, si applica la sanzione di euro 258.

Quindi qualora le attività estere di natura finanziaria siano detenute in “paradisi fiscali”, la sanzione è raddoppiata rispetto ai valori ordinari.

I soggetti passivi Iva hanno dovuto comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle operazioni effettuate fino all’anno 2016 con operatori economici con sede, residenza o domicilio negli Stati o territori a fiscalità privilegiata (cosiddetti “Paesi black list“) individuati dal decreto 4 maggio 1999 del Ministro delle Finanze e dal decreto 21 novembre 2001 del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Dal 2017 l’obbligo di comunicazione è stato soppresso (articolo 4, comma 4 del decreto legge del 22/10/2016 n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016 n. 225).

Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 gennaio 2002

Articolo 1 – Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato.

Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 22 marzo 2002

Decreto del del Ministro dell’economia e delle finanze 30 marzo 2015 (Modifica del decreto 21 novembre 2001, recante individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’articolo 127-bis, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi  (cd. “black list”))

Decreto del del Ministro dell’economia e delle finanze 18 novembre 2015 (Modifica del decreto 23 gennaio 2002 relativo alla individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato).

Per avere un quadro completo bisogna considerare l’evoluzione del quarto comma dell’art. 167 del TUIR  nelle varie versioni in vigore dal 01/01/2015 al 11/01/2019.

La normativa fiscale italianain merito all’individuazione dei paesi a fiscalità privilegiata è stata novellata dall’introduzione dell’art. 47/bis del TUIR.

Come vedremo ai sensi del primo comma dell’art. 47/bis del TUIR;

  • non si considerano privilegiati iI regimi fiscali di Stati o territori appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni;
  • i regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati:

a) nel caso in cui l’impresa o l’ente non residente o non localizzato in Italia sia sottoposto a controllo ai sensi dell’articolo 167, comma 2, da parte di un partecipante residente o localizzato in Italia, laddove assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla meta’ di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia;

b) in mancanza del requisito del controllo di cui alla lettera a), laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia.

Riportiamo l’art. 47/bis del TUIR (introdotto dal punto b del primo comma dell’art. 5 del  Decreto legislativo del 29/11/2018 n. 142 , emanato in attuazione della  direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016  (cosiddetta Anti Tax Avoidance Directive – ATAD 1), facente parte del pacchetto anti elusione (Anti Tax Avoidance Package) varato dalla Commissione Europea per introdurre negli Stati membri un insieme di misure di contrasto alle pratiche di elusione fiscale che a sua volta si basa sulle raccomandazioni dell’OCSE del 2015 volte ad affrontare l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (progetto Base erosion and profit shifting (BEPS)), come modificata dalla direttiva (UE) 2017/952 del Consiglio del 29 maggio 2017 (Atad 2 ), allo scopo di contrastare i cd. disallineamenti da ibridi (Azione BEPS 2) che coinvolgono i Paesi terzi, ovvero le differenze di trattamento fiscale a norma delle leggi di due o più giurisdizioni fiscali per ottenere una doppia non imposizione.che individua i criteri in base ai quali individuare quali siano i Paesi a fiscalità privilegiata.

Art. 47-bis. Disposizioni in materia di regimi fiscali privilegiati.

In vigore dal 12/01/2019

Modificato da: Decreto legislativo del 29/11/2018 n. 142 Articolo 5

1. I regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati:

a) nel caso in cui l’impresa o l’ente non residente o non localizzato in Italia sia sottoposto a controllo ai sensi dell’articolo 167, comma 2, da parte di un partecipante residente o localizzato in Italia, laddove si verifichi la condizione di cui al comma 4, lettera a), del medesimo articolo 167* (* assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla meta’ di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia);

b) in mancanza del requisito del controllo di cui alla lettera a), laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia. A tali fini, tuttavia, si tiene conto anche di regimi speciali che non siano applicabili strutturalmente alla generalita’ dei soggetti svolgenti analoga attivita’ dell’impresa o dell’ente partecipato, che risultino fruibili soltanto in funzione delle specifiche caratteristiche soggettive o temporali del beneficiario e che, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale al di sotto del predetto limite e sempreche’, nel caso in cui il regime speciale riguardi solo particolari aspetti dell’attivita’ economica complessivamente svolta dal soggetto estero, l’attivita’ ricompresa nell’ambito di applicazione del regime speciale risulti prevalente, in termini di ricavi ordinari, rispetto alle altre attivita’ svolte dal citato soggetto.

2. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente testo unico che fanno riferimento ai regimi fiscali privilegiati di cui al comma 1, il soggetto residente o localizzato nel territorio dello Stato che detenga, direttamente o indirettamente, partecipazioni di un’impresa o altro ente, residente o localizzato in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui al comma 1, puo’ dimostrare che:

a) il soggetto non residente svolga un’attivita’ economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali;

b) dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al comma 1.

3. Ai fini del comma 2, il contribuente puo’ interpellare l’amministrazione ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212.

In base al punto a) del primo comma dell’art. 47/bis del TUIR i regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati nel caso in cui l’impresa o l’ente non residente o non localizzato in Italia sia sottoposto a controllo ai sensi dell’articolo 167, comma 2, (si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le societa’ e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite societa’ fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, da parte di persone fisiche e soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c), nonche’, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d);

b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili e’ detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o piu’ societa’ controllate ai sensi dell”articolo 2359 del codice civile o tramite societa’ fiduciaria o interposta persona, da persone fisiche e soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c), nonche’, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui 73, comma 1, lettera d).)

da parte di un partecipante residente o localizzato in Italia, laddove si verifichi la condizione di cui al comma 4, lettera a), del medesimo articolo 167 (assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla meta’ di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono indicati i criteri per effettuare, con modalita’ semplificate, la verifica della presente condizione, tra i quali quello dell’irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile).

In base al punto b) del primo comma dell’art. 47/bis del TUIR in mancanza del requisito del controllo di cui alla lettera a), i regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia.

E’ da considerare che mentre il  punto b) del primo comma dell’art. 47/bis del TUIR si riferisce a TASSAZIONE NOMINALE il comma 4, lettera a), del medesimo articolo 167 si riferisce a TASSAZIONE EFFETTIVA.

Per confrontare il livello di tassazione nominale, per l’Italia si devono considerare l’Ires (senza addizionali) e l’Irap; mentre per lo Stato estero bisogna valutare le imposte sui redditi societari da individuare facendo riferimento, qualora esistente, alla Convenzione contro le doppie imposizioni, tenendo conto anche delle eventuali imposte di natura identica o analoga intervenute in sostituzione di quelle menzionate espressamente nella Convenzione (circolare 35/E/2016 dell’agenzia delle Entrate).

Il  provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 16 settembre 2016,N. PROT. 143239 , “Disposizioni in materia di imprese estere controllate. Criteri per determinare con modalità semplificata l’effettivo livello di tassazione di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR”,  si aggiunge alle indicazioni  già fornite dall’Agenzia delle Entrate con la precedente circolare n. 35/E del 4 agosto 2016 e si occupa di definire i criteri per determinare con modalità semplificate l’effettivo livello di tassazione applicabile al soggetto controllato localizzato all’estero.

In base al secondo comma dell’art. 47/bis del TUIR il soggetto residente o localizzato nel territorio dello Stato che detenga, direttamente o indirettamente, partecipazioni di un’impresa o altro ente, residente o localizzato in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuato ai sensi del primo comma dell’art. 47/bis del TUIRpuo’ dimostrare che:

a) il soggetto non residente svolga un’attivita’ economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali;

b) dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuato ai sensi del primo comma dell’art. 47/bis del TUIR.

3. Ai fini del secondo comma dell’art. 47/bis del TUIR, il contribuente puo’ interpellare l’amministrazione ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212.

Proposto per la prima volta dalla Commissione nel gennaio 2016 l’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali è stato continuamente aggiornato (Evoluzione della lista UE (scheda informativa) Inglese)

Il processo di monitoraggio segue una serie di linee guida procedurali concordate nel febbraio 2018.

Senza modificare il processo di monitoraggio dinamico, nel marzo 2019 il Consiglio ha deciso di limitare gli aggiornamenti dell’elenco a due volte l’anno a partire dal 2020, per concedere agli Stati membri dell’UE tempo sufficiente per modificare la legislazione nazionale ove necessario.

Il 14 febbraio 2023 gli Stati membri dell’UE hanno concordato l’ultimo aggiornamento dell’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali. A seguito dell’aggiornamento, l’allegato I dell’elenco UE è composto da 16 giurisdizioni a causa della loro mancanza di impegno a migliorare la loro buona governance fiscale o della mancanza di progressi nel rispetto dei loro precedenti impegni.

La prossima revisione è prevista per ottobre 2023.

ministri delle finanze dell’Unione Europea aggiornano costantemente la Black List  delle giurisdizioni fiscali non cooperative sulla base di un intenso processo di analisi e di dialogo guidato dalla Commissione. L’elenco si è dimostrato altamente efficace, poiché molti paesi hanno modificato la propria legislazione e i propri sistemi fiscali per conformarsi alle norme internazionali. La Commissione ha valutato 92 paesi sulla base di tre criteri:

  • Trasparenza fiscale;
  • Buona governance;
  • Attività economica reale.

Oltre a questi criteri è stata verificata anche l’esistenza di un’aliquota dell’imposta sulle società pari a zero.

Di fatto la black list non ha nessun valore coercitivo: semplicemente  i  paesi in essa inclusi non potranno ricevere aiuti dall’Unione Europea, a meno che non si tratti di aiuti allo sviluppo. Imprese e privati potranno continuare ad avere rapporti con questi stati senza rischiare nessuna sanzione a livello europeo. La Commissione Europea, però, incoraggia i singoli stati membri, se lo riterranno necessario, a mettere in atto sanzioni più stringenti .

L’elenco dei Paesi extra UE cosiddetti “black list” aiuta i soggetti coinvolti nella protezione del sistema finanziario UE a individuare con maggiore efficacia i rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (FdT).

L’elenco vale sia per gli Intermediari finanziari che per i Professionisti (anche in forma associata o societaria) – CED e ogni altro soggetto che rende in maniera professionale, anche per i propri associati o iscritti, servizi in materia di contabilità e tributi (compresi associazioni di categoria di imprenditori e commercianti, CAF e patronati).

In particolare, nel DECRETO LEGISLATIVO 21 novembre 2007, n. 231 sono contemplati gli obblighi di adeguata verifica rafforzata della clientela e le relative modalità di esecuzione.

In essi si prevede che i soggetti obbligati, in presenza di un elevato rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, debbano applicare misure rafforzate di adeguata verifica della clientela.

Tra gli altri fattori di cui tenere conto spicca proprio quello relativo ai clienti residenti o aventi sede in aree geografiche ad alto rischio individuati dalla Commissione europea, per i quali si applicano sempre misure di adeguata verifica rafforzata della clientela.

Quindi i rapporti professionali / le operazioni con soggetti ivi residenti comporteranno l’obbligo di:

  • rafforzare il grado e la natura delle verifiche atte a determinare se le operazioni siano sospette;
  • acquisire informazioni aggiuntive sul cliente e sul titolare effettivo / titolari effettivi;
  • approfondire gli elementi posti a fondamento delle valutazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto;
  • intensificare la frequenza dell’applicazione delle procedure finalizzate a garantire il controllo costante nel corso del rapporto.

Al 14 febbraio 2023 16 giurisdizioni figurano nella LISTA UE DELLE GIURISDIZIONI NON COOPERATIVE A FINI FISCALI:

  1. Samoa americane
  2. Anguilla
  3. Bahamas
  4. Isole Vergini Britanniche
  5. Costa Rica
  6. Figi
  7. Guam
  8. Isole Marshall
  9. Palau
  10. Panama
  11. Russia
  12. Samoa
  13. Trinidad e Tobago
  14. Isole Turks e Caicos
  15. Isole Vergini americane
  16. Vanuatu

Tra queste: Anguilla, Bahamas, Costa Rica, Isole Vergini Britanniche, Isole Marshall, Panama, Russia, Samoa, Trinidad e Tobago, Isole Turks e Caicos e Vanuatu figurano nell’ELENCO DEGLI STATI CHE HANNO ADERITO AL CRS AGGIORNATA AL 22 novembre 2022.

Quindi le giurisdizioni che figurano nella Black List UE al 14 febbraio 2023 che non hanno a CRS sono:

    1. Samoa americane;
    2. Figi;
    3. Guam;
    4. Palau;
    5. Isole Vergini degli Stati Uniti.

La LEGGE 29 dicembre 2022, n. 197 – “Legge di Bilancio 2023”  (art. 1 commi da 84 a 86) ha introdotto le disposizioni in materia di deducibilità  nei  limiti  del loro  valore  normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali ( giurisdizioni  individuate  nell’allegato  I  alla  lista  UE   delle giurisdizioni  non  cooperative  a   fini   fiscali,   adottata   con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea).

LEGGE 29 dicembre 2022, n. 197 – “Legge di Bilancio 2023”  (art. 1 commi da 84 a 86)

  1. All’articolo 110 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, recante norme generali sulle valutazioni, dopo il comma  9  sono aggiunti i seguenti:  

  « 9-bis. Le spese e gli altri componenti negativi  derivanti  da operazioni, che  hanno  avuto  concreta  esecuzione,  intercorse  con imprese  residenti  ovvero  localizzate  in  Paesi  o  territori  non cooperativi a fini fiscali sono ammessi in deduzione nei  limiti  del loro  valore  normale,  determinato  ai  sensi  dell’articolo  9 (Art. 9 comma 3 del TUIR: Per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo piu’ prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle
mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe
professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi
soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in
vigore.).  Si considerano Paesi o territori non cooperativi a  fini  fiscali  le giurisdizioni  individuate  nell’allegato  I  alla  lista  UE   delle giurisdizioni  non  cooperative  a   fini   fiscali,   adottata   con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea.    

9-ter. Le disposizioni del comma 9-bis non si applicano  quando  le imprese residenti in Italia forniscono la  prova  che  le  operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico  e  che le stesse hanno avuto concreta  esecuzione.  Le  spese  e  gli  altri componenti  negativi  deducibili  ai  sensi  del  primo  periodo  del presente comma e ai sensi del comma 9-bis sono separatamente indicati nella  dichiarazione  dei  redditi.   L’Amministrazione,   prima   di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento  d’imposta  o  di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito  avviso con il quale e’ concessa al medesimo la possibilita’ di fornire,  nel termine di novanta giorni, le prove di  cui  al  primo  periodo.  Ove l’Amministrazione non ritenga idonee le  prove  addotte,  deve  darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento. A  tale  fine,  il contribuente puo’  interpellare  l’Agenzia  delle  entrate  ai  sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212..    

9-quater. Le disposizioni dei commi 9-bis e 9-ter non si  applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti  cui  risulti applicabile l’articolo 167, concernente disposizioni  in  materia  di imprese estere controllate.  

  9-quinquies. Le disposizioni dei commi 9-bis e 9-ter  si  applicano anche alle prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Paesi o territori individuati ai sensi dello stesso comma 9-bis ».  

  1. All‘articolo  8,  comma  3-bis,  del  decreto  legislativo  18dicembre 1997, n. 471, in materia di violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni, le parole: «  comma  11  »sono sostituite dalle seguenti: « comma 9-ter ».  
  2. . All’articolo 31-ter, comma 1, lettera a), secondo periodo,  del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, in materia  di  accordi  preventivi  per  le   imprese   con   attivita’ internazionale, le  parole:  «  comma  10  »  sono  sostituite  dalle seguenti: « comma 9-bis ».

Come abbiamo visto  ai sensi del novellato articolo 110 (Norme generali sulle valutazioni), comma 9-bis e seguenti del TUIR Tuirle spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni, che hanno avuto concreta esecuzione, intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali (giurisdizioni  individuate  nell’allegato  I  alla  lista  UE   delle giurisdizioni  non  cooperative  a   fini   fiscali,   adottata   con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea) sono ammessi in deduzione nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 9 del Tuir.

L’Art. 9 comma 3 del TUIR recita: “Per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo piu’ prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.”

Il comma 9-quinquies del novellato articolo 110 (Norme generali sulle valutazioni) del TUIR dispone che le disposizioni in oggetto si applicano anche alle prestazioni di servizi rese da professionisti domiciliati in Paesi o territori non collaborativi.

Il comma 9-ter dell’articolo 110 del TUIR prevede che le disposizioni del comma 9-bis non si applicano  quando  le imprese residenti in Italia forniscono la  prova

  • che  le  operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico  e 
  • che le stesse hanno avuto concreta  esecuzione. 

Le norme generali sulle valutazioni erano contenute nell’art. 76 del TUIR in una precedente versione in vigore fino al 31/12/2003.

Nello specifico il comma 7-bis.  non ammetteva  in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati ed il comma 7-ter  prevedeva che le disposizioni di cui al comma 7-bis non si applicano quando le imprese residenti in Italia fornivano  la prova che le operazioni poste in essere

  • rispondevano ad un effettivo interesse economico e
  • che le stesse avevano  avuto concreta esecuzione

Successivamente, dal 01/01/2004 Le norme generali sulle valutazioni sono state inserite nell’art.110 del TUIR ed i commi d’interesse sono diventati  10 e 11, abrogati, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, dall’art. 1, comma 142, lett. a) legge 28 dicembre 2015 n. 208).

Con RISOLUZIONE N.46/E del 16 marzo 2004 l’amministrazione è stata chiamata ad esprimersi sulla disapplicazione delle disposizioni di cui all’articolo 76, comma 7-bis, sulla base delle condizioni previste dal successivo comma 7-ter

Nella RISOLUZIONE N.46/E del 16 marzo 2004 si legge: “il
contribuente interessato a disapplicare l’articolo 110, comma 10, è ammesso a dimostrare la sussistenza di un effettivo interesse economico all’effettuazione di ciascuna operazione intrattenuta con detti fornitori.
Dovrà pertanto acquisire e conservare tutti i documenti utili per poter risalire alla logica economica sottesa alla scelta di instaurare rapporti commerciali con un fornitore residente in un paese a fiscalità privilegiata.
E’ utile sottolineare come tale scelta imprenditoriale deve essere sorretta da una valida giustificazione di tipo economico a beneficio della specifica attivitàimprenditoriale, connessa – in modo particolare – con l’entità del prezzo praticato, la qualità dei prodotti forniti e la tempistica e puntualità della consegna.

Il comma 9-ter dell’articolo 110 del TUIR prevede che le  spese  e  gli  altri componenti  negativi

  • derivanti  da operazioni che  hanno  avuto  concreta  esecuzione,
  • intercorse  con imprese  residenti  ovvero  localizzate  in  Paesi  o  territori  non cooperativi ai fini fiscali, 
  • deducibili nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 9 del Tuir

devono essere separatamente indicati nella  dichiarazione  dei  redditi.

Il comma 9-quater dell’articolo 110 del TUIR prevede che le disposizioni dei commi 9-bis e 9-ter non si  applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti  cui  risulti applicabile l’articolo 167, concernente disposizioni  in  materia  di imprese estere controllate (Controlled Foreign Companies (CFC).