Al DIRITTO DI STABILIMENTO è dedicato il CAPO 2 (artt. dal 49 al 55) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Treaty on the Functioning of the European Union (TFEU))
Tra le disposizioni fondamentali dell’Unione Europea che hanno efficacia diretta negli ordinamenti degli Stati membri vi sono gli Articoli 43-48 del Trattato della Comunità Europea (ora ARTT.49 e 54 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Treaty on the Functioning of the European Union (TFEU))) che vietano le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro e garantiscono alle società aventi la loro residenza nell’Unione Europea la libertà di stabilimento nel territorio della Comunità.
Ma quando, da un punto di vista fiscale, può configurarsi un abuso del diritto di libertà di stabilimento?
Con la raccomandazione 2012/772/Ue la Commissione Europea si è espressa sulla pianificazione fiscale aggressiva.
Esprimendosi sulla Norma generale antiabuso la Commissione (punto 4.2 della raccomandazione 2012/772/Ue) ha definito: «Una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni che sia stata posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti un vantaggio fiscale deve essere ignorata. Le autorità nazionali devono trattare tali costruzioni a fini fiscali facendo riferimento alla loro «sostanza economica».
Punto 4.4 : Ai fini del punto 4.2 una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è espressa più volte, fissandone i paletti, sulla possibilità per un contribuente di scegliere il regime fiscale più conveniente ribadendo che quando il
contribuente può scegliere tra due operazioni, non è obbligato a preferire quella che implica il pagamento di maggiori imposte, ma, al contrario, ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli consenta di ridurre la sua contribuzione fiscale:
- Halifax e a., causa C 255/02 (21 febbraio 2006), punto 73/74/75 – “.73….A un soggetto passivo che ha la scelta tra due operazioni la sesta direttiva non impone di scegliere quella che implica un maggiore pagamento IVA. Al contrario, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 85 delle conclusioni, il soggetto passivo ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di limitare la sua contribuzione fiscale.
74 Tutto ciò considerato, risulta che, nel settore IVA, perché possa parlarsi di un comportamento abusivo, le operazioni controverse devono, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la traspone, procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da queste stesse disposizioni.
75 Non solo. Deve altresì risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo scopo delle operazioni controverse è essenzialmente l’ottenimento di un vantaggio fiscale. Come ha precisato l’avvocato generale al paragrafo 89 delle conclusioni, il divieto di comportamenti abusivi non vale più ove le operazioni di cui trattasi possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di vantaggi fiscali.”; - Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, C‑196/04, EU:C:2006:544 (12 settembre 2006), punto 55 – “Ne consegue che, perché sia giustificata da motivi di lotta a pratiche abusive, una restrizione alla libertà di stabilimento deve avere lo scopo specifico di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale.”;
- Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, causa C-524/04 (13 marzo 2007), punto 74 – “Affinché una restrizione alla libertà di stabilimento sia giustificata da motivi di prevenzione di pratiche abusive, l’obiettivo specifico di tale restrizione deve essere quello di impedire comportamenti che comportino la creazione di costruzioni di puro artificio che non riflettono la realtà economica, con al fine di evadere l’imposta normalmente dovuta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale (sentenza Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas , cit., punto 55).”;
- Part Service, causa C-425/06 (21 febbraio 2008), punto 47 – ” …Quando un soggetto passivo ha la scelta tra due operazioni, la sesta direttiva non impone di scegliere quella che implica un maggiore pagamento di IVA. Al contrario, il soggetto passivo ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di limitare la sua contribuzione fiscale (sentenza Halifax e a., cit., punto 73)”;
- Weald Leasing, causa C-103/09 (22 dicembre 2010), punto 27 – “Peraltro, la scelta, da parte di un imprenditore, tra operazioni esenti ed operazioni soggette ad imposta può basarsi su un insieme di elementi, in particolare su considerazioni di natura fiscale attinenti al regime obiettivo dell’IVA. Quando un soggetto passivo ha la scelta tra due operazioni, la sesta direttiva non impone di scegliere quella che implica un maggiore pagamento di IVA. Al contrario, il soggetto passivo ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di limitare la sua contribuzione fiscale (v. citate sentenze Halifax e a., punto 73, nonché Part Service, punto 47)”;
- RBS Deutschland Holdings, causa C-277/09 (22 dicembre 2010), punto 53 – ” Si deve aggiungere che i soggetti passivi sono generalmente liberi di scegliere le strutture organizzative e le modalità operative che ritengano più idonee per le loro attività economiche nonché al fine di limitare i loro oneri fiscali.”;
- SIAT, causa C‑318/10 (5 luglio 2012), punto 40 – “Perché sia giustificata da motivi di lotta all’evasione e all’elusione fiscale, una restrizione alla libera prestazione di servizi deve avere lo scopo specifico di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate a eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte nel territorio nazionale (v., in tal senso, sentenze citate Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, punto 55, nonché Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, cit., punto 74).”
- WebMindLicenses Kft, causa C- 419/14 (17 dicembre 2015).,punto 36 – “Ai punti 74 e 75 della sentenza Halifax e a. (C‑255/02, EU:C:2006:121), la Corte ha dichiarato che l’accertamento di una pratica abusiva in materia di IVA richiede, da un lato, che le operazioni di cui trattasi, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva IVA e della normativa nazionale di trasposizione abbiano come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da dette disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale delle operazioni di cui trattasi si limita all’ottenimento di tale vantaggio fiscale.”;
- WebMindLicenses Kft, causa C- 419/14 (17 dicembre 2015).,punto 42 – “.. riguardo alla questione se lo scopo essenziale di un’operazione si limiti all’ottenimento di tale vantaggio fiscale, si deve ricordare che, in materia di IVA, la Corte ha già dichiarato che, quando il soggetto passivo ha la scelta tra due operazioni, non è obbligato a scegliere quella che implica un maggiore pagamento di IVA, ma, al contrario, ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di ridurre la sua contribuzione fiscale (v., in particolare, sentenze Halifax e a., C‑255/02, EU:C:2006:121, punto 73; Part Service, C‑425/06, EU:C:2008:108, punto 47, nonché Weald Leasing, C‑103/09, EU:C:2010:804, punto 27). I soggetti passivi sono generalmente liberi di scegliere le strutture organizzative e le modalità operative che ritengano più idonee per le loro attività economiche nonché al fine di limitare i loro oneri fiscali (sentenza RBS Deutschland Holdings, C‑277/09, EU:C:2010:810, punto 53)”.;
- Euro Park Service, causa C‑14/16 (8 marzo 2017), punti 55 e 56 – “55 La Corte ha infatti già precisato, al riguardo, che, per verificare se l’operazione interessata persegua un obiettivo di frode o di evasione fiscali, le autorità nazionali competenti non possono limitarsi ad applicare criteri generali predeterminati, ma devono procedere, caso per caso, a un esame complessivo di tale operazione, dato che l’istituzione di una norma di portata generale che escluda automaticamente talune categorie di operazioni dall’agevolazione fiscale, a prescindere dalla verifica della sussistenza di un’effettiva frode o evasione fiscali, eccederebbe quanto è necessario per evitare una tale frode o evasione fiscale e pregiudicherebbe l’obiettivo perseguito dalla suddetta direttiva (sentenza del 10 novembre 2011, Foggia – Sociedade Gestora de Participações Sociais, C 126/10, EU:C:2011:718, punto 37).
56 Orbene, dal momento che la normativa discussa nel procedimento principale, al fine di concedere il beneficio del riporto dell’imposizione delle plusvalenze ai sensi della direttiva 90/434 in modo sistematico e incondizionato, esige che il contribuente dimostri che l’operazione interessata è giustificata da una ragione economica e che non ha come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscali, senza che l’amministrazione finanziaria sia tenuta a fornire il benché minimo principio di prova dell’assenza di valide ragioni economiche o di indizi di frode o di evasione fiscali, tale normativa pone una presunzione generale di frode o di evasione fiscali.” - Equiom e Enka,, causa C-6/16 (7 settembre 2017), punto 30 – ” In tale contesto, va ricordato che, affinché una normativa nazionale venga considerata come diretta ad evitare le frodi e gli abusi, il suo scopo specifico dev’essere quello di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate a fruire indebitamente di un’agevolazione fiscale (v., in tal senso, sentenze del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 55, nonché del 5 luglio 2012, SIAT, C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 40)”;
- Equiom e Enka,, causa C-6/16 (7 settembre 2017), punto 32 – ” Per verificare se un’operazione persegue un obiettivo di frode e di abuso, le autorità nazionali competenti non possono limitarsi ad applicare criteri generali predeterminati, ma devono procedere, caso per caso, a un esame complessivo dell’operazione interessata. L’introduzione di un provvedimento fiscale di portata generale che escluda automaticamente talune categorie di contribuenti dall’agevolazione fiscale, senza che l’amministrazione finanziaria sia tenuta a fornire il benché minimo principio di prova o di indizio di frode e abuso, eccederebbe quanto necessario per evitare le frodi e gli abusi (v., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2017, Euro Park Service, C‑14/16, EU:C:2017:177, punti 55 e 56).”;
- X BV e X NV, cause C-398/16 e 399/16 (22 febbraio 2018), punto 49 – “Tuttavia, affinché una restrizione alla libertà di stabilimento sia giustificata dalla prevenzione di pratiche abusive, occorre altresì che tale restrizione abbia lo scopo specifico di farvi ostacolo (v., in tal senso, sentenza del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 55)”.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43809/2015, relativa alla contestazione di esterovestizione di una struttura societaria di gruppo collocata in Lussemburgo titolare di alcuni marchi ha sottolineato come: “Per stabilire, dunque, la natura artificiosa o meno della società estera si potrà fare riferimento ai criteri indicati a livello interno dall’articolo 162 del DPR n. 917/86.
Infatti, se un ufficio ha i connotati per configurare una stabile organizzazione esso potrà essere valutato anche come luogo di effettivo esercizio di attività di impresa. Ciò in quanto il giudice non può adottare una interpretazione che vada a limitare la libertà di stabilimento, in quanto nel principio costituzionale che la disciplina l’imprenditore può decidere di collocare le proprie strutture dove meglio ritiene e dotarle secondo le proprie insindacabili valutazioni.
Occorrerà solo valutare se l’ufficio corrisponde ad una costruzione di puro artificio volta a lucrare benefici fiscali oppure no.
Secondo i supremi giudici il vantaggio fiscale è indebito non perché l’imprenditore sfrutta le opportunità offerte dal mercato o da una più conveniente legislazione fiscale, ma lo è solo se è ottenuto mediante costruzioni non aderenti alla realtà.
In conclusione, quindi, il contribuente in sede contenziosa potrà far valere il principio secondo cui, in ipotesi di controllo ex articolo 2359 c.c., l’esterovestizione non dipende da impulsi gestionali o direttive amministrative impartite dalla controllante italiana alla controllata estera, ma dal fatto che quest’ultima non sia una costruzione di puro artificio.
In tal senso il contribuente potrà fare riferimento alla semplice nozione di stabile organizzazione contenuta nell’articolo 162 del DPR n. 917/86.”
La Suprema Corte con sentenza n.18632 del 13 luglio 2018 si è così espressa: “……in relazione all’istituto dell’abuso del diritto
di elaborazione comunitaria (in relazione ai tributi armonizzati) e
successivamente accolto anche dall’ordinamento statale (in
relazione alle imposte sui redditi ex art.37 bis d.p.r. n.600/1973)
va rilevato che, sulla scia della pronuncia delle Sezioni Unite n.
30055 del 23/12/2008 («in materia tributaria, il divieto di abuso
del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale
preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali
ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con
alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad
ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di
ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino
l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici….”
Concetto che è stato ribadito con sentenza n. 15321 del 6 giugno 2019: “In materia tributaria, è principio consolidato di questa Corte
che il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale
antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di
vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non
contrastante con alcuna specifica disposizione normativa, di
strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta, in
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino
l’operazione (Cass. 13 luglio 2018, n. 18632). “
La Corte di Cassazione con sentenza n. 33234 del 21 dicembre 2018 si è così espressa: “Perché, tuttavia, questo meccanismo risponda alla nozione di pratica abusiva occorre, per un verso, che esso abbia come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito dalle norme e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale dell’operazione si limiti all’ottenimento di tale vantaggio fiscale (vedi Corte giust. 17 dicembre 2015, causa C419/14, WebMindLicenses Kft, punto 36).
Non è difatti sufficiente applicare criteri generali predeterminati, ma occorre passare in rassegna la singola operazione. Ciò perché una presunzione generale di frode e di abuso non può giustificare né un provvedimento fiscale che pregiudichi gli obiettivi di una direttiva, né uno che pregiudichi l’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato (in particolare, Corte giust. 7 settembre 2017, causa C-6/16, Equiom e Enka, punti 30-32).
È necessario quindi accertare che lo scopo essenziale di un’operazione si limiti all’ottenimento di tale vantaggio fiscale: ciò perché quando il contribuente può scegliere tra due operazioni, non è obbligato a preferire (E;Q;tinam quella che implica il pagamento di maggiori imposte, ma, al contrario, ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli consenta di ridurre la sua contribuzione fiscale (Corte giust. in causa C419/14, cit., punto 42; vedi, poi le sentenze Halifax e a., causa CAngelinfi-Maria Perrino estensore RG n. 21718/2012 Corte di Cassazione – copia non ufficiale Pagina 6 di 12 255/02, punto 73; Part Service, causa C-425/06, punto 47, nonché Weald Leasing, causa C-103/09, punto 27, RBS Deutschland Holdings, causa C-277/09, punto 53 e, da ultimo, X BV e X NV, cause C-398/16 e 399/16, punto 49).
2.3.- Giustappunto con riguardo al fenomeno della localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società, si è quindi sottolineato (Corte giust. 12 settembre 2006, in causa C196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas) che, in tema di libertà di stabilimento, la circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per se stessa un abuso di tale libertà; una misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è ammessa soltanto se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato.
2.4.- L’obiettivo della libertà di stabilimento è di permettere a un cittadino di uno Stato membro di creare uno stabilimento secondario in un altro Stato membro per esercitarvi le proprie attività e di partecipare così, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio di origine e di trarne vantaggio.
La nozione di stabilimento implica, quindi, l’esercizio effettivo di un’attività economica per una durata di tempo indeterminata, mercé l’insediamento in pianta stabile in un altro Stato membro: presuppone, pertanto, un insediamento effettivo della società interessata nello Stato membro ospite e l’esercizio quivi di un’attività economica reale.
Ne consegue che, perché sia giustificata da motivi di lotta a pratiche abusive, una restrizione alla libertà di stabilimento deve avere lo scopo specifico di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale.
In definitiva, quel che rileva, ai fini della configurazione di un abuso del diritto di stabilimento, non è accertare la sussistenza o meno di ragioni economiche diverse da quelle relative alla convenienza fiscale, ma accertare se il trasferimento in realtà vi è stato o meno, se, cioè, l’operazione sia meramente artificiosa (wholly artificial arrangement), consistendo nella creazione di una forma giuridica che non riproduce una corrispondente e genuina realtà economica.”
La Corte di Cassazione con la sentenza, n. 16697 del 21/6/2019 si è espressa sul tema dell’esterovestizione: “La questione in giudizio, invero, va ricondotta alla cd. esterovestizione, termine con cui si intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all’estero, in particolare in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, ed ha costituito oggetto di ampia disamina da parte di questa Corte con la sentenza n. 2869 del 07/02/2013 e, da ultimo, con la sentenza n. 33234 del 21/12/2018.
6.2. Occorre prendere le mosse, invero dalla sentenza della Corte di Giustizia 12 settembre 2006, C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, che, con riferimento al fenomeno della localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società, ha affermato, in tema di libertà di stabilimento, che la circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per se stessa un abuso di tale libertà; tuttavia, una misura nazionale che restringe la liberta di stabilimento è ammessa se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad escludere la normativa dello Stato membro interessato.
L’obiettivo della liberta di stabilimento è quello di permettere a un cittadino di uno Stato membro di creare uno stabilimento secondario in un altro Stato membro per esercitarvi le sue attività e Corte di Cassazione – copia non ufficiale di partecipare così, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine e di trarne vantaggio. La nozione di stabilimento implica, quindi, l’esercizio effettivo di un’attività economica per una durata di tempo indeterminata, merce l’insediamento in pianta stabile in un altro Stato membro; presuppone, pertanto, un insediamento effettivo della società interessata nello Stato membro ospite e l’esercizio quivi di un’attività economica reale.
Una restrizione alla libertà di stabilimento deve dunque avere lo scopo specifico di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale.
I concetti esposti sono stati ribaditi dalla sentenza della Corte di Giustizia, 28 giugno 2007, C-73/06, Planzer Luxembourg Sàrl, la quale, nell’interpretare l’ottava e la tredicesima direttiva in materia di Iva (rispettivamente, 6 dicembre 1979, 79/1072/CEE, in tema di rimborso dell’imposta ai soggetti passivi non residenti all’interno del paese, e 17 novembre 1986, 86/560/CEE, in tema di rimborso ai soggetti passivi non residenti all’interno della Comunità), premesso che gli interessati, per costante giurisprudenza, non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente del diritto comunitario, ha affermato che ciò accadrebbe se un soggetto passivo intendesse fruire del sistema di rimborso alle condizioni enunciate dalle citate direttive, quando l’indirizzo dell’impresa non corrisponde ad alcuna realtà economica, né alla sede dell’attività economica del soggetto, né ad un centro di attività stabile dal quale quest’ultimo svolge le sue operazioni.
Perché questo meccanismo risponda alla nozione di pratica abusiva occorre che esso abbia come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito dalle norme e, inoltre, che da un insieme di elementi Corte di Cassazione – copia non ufficiale oggettivi risulti che lo scopo essenziale dell’operazione si limiti all’ottenimento di tale vantaggio fiscale (Corte di Giustizia, sentenza 17 dicembre 2015, in C-419/14, WebMindLicenses Kft), occorrendo, a tal fine, una disamina della singola operazione (v. anche Corte di Giustizia, sentenza 7 settembre 2017, in C-6/16, Equiom e Enka).”
La Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 6476 del 9 marzo 2021 si è espressa sulla localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società: “……. sentenza della Corte di Giustizia 12 settembre 2006, C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (richiamata da Cass. Sez. 5 , 21/6/2019, n.16697, cit.), la quale, con riferimento al fenomeno della localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società, ha stabilito che la circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per sé sola un abuso di tale libertà; tuttavia, una misura nazionale che restringa la libertà di stabilimento è ammessa se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad escludere la normativa dello Stato membro interessato.”
La Quinta Sez. civile della Corte di Cassazione con sentenza n. 4463 dell’11 febbraio 2022 ha dato ragione al contribuente in un caso di presunta esterovestizione in quanto, trattandosi di una norma con finalità antielusive, sta all’Agenzia di provare che l’obiettivo preponderante da parte del contribuente sia quello di conseguire un vantaggio fiscale.
I giudici di legittimità si esprimono nel senso che: “È necessario quindi accertare che lo scopo essenziale di un’operazione si
limiti all’ottenimento di tale vantaggio fiscale: ciò perché quando il
contribuente può scegliere tra due operazioni, non è obbligato a preferire quella che implica il pagamento di maggiori imposte, ma, al contrario, ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli consenta di ridurre la sua contribuzione fiscale (Corte giust. in causa C- 419/14, cit.,punto 42; vedi, poi le sentenze Halifax e a., causa C 255/02, punto 73; Part Service, causa C-425/06, punto 47, nonché Weald Leasing, causa C-103/09, punto 27, RBS Deutschland Holdings, causa C-277/09, punto 53 e, da ultimo, X BV e X NV, cause C-398/16 e 399/16, punto 49).
2.3.- Giustappunto con riguardo al fenomeno della localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società, si è quindi sottolineato (Corte giust. 12 settembre 2006, in causa C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas) che, in tema di libertà di stabilimento, la circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per se stessa un abuso di tale libertà; una misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è ammessa soltanto se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato Ne consegue che, perché sia giustificata da motivi di lotta a pratiche abusive, una restrizione alla libertà di stabilimento deve avere lo scopo specifico di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale» (cfr. Cass., 21 dicembre 2018, n. 33234).
Lo sviluppo argomentativo riportato consolida quanto già avvertito dal
giudice di legittimità (Cass. Sez. 5, del 7/2/2013, n. 2869), tenendo conto del principio di diritto secondo cui in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio
d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che
giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici:
tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati (nella
specie, imposte sui redditi), nei principi costituzionali di capacità
contributiva e di progressività dell’imposizione, e non contrasta con il
principio della riserva di legge, non traducendosi nell’imposizione di
obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge, bensì nel disconoscimento
degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere
l’applicazione di norme fiscali. Esso comporta l’inopponibilità del negozio
all’Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio
tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione
elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in
considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca
successiva al compimento dell’operazione (Sez. U, 23 dicembre 2008, n.
30055).
D’altronde, con uno sguardo generale alla tematica dell’abuso del
diritto, deve rammentarsi che la giurisprudenza di legittimità, anche
recente, ha evidenziato che tale abuso, il cui divieto costituisce principio
generale antielusivo, afferisce ad operazioni economiche volte al
conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto,
ancorché non contrastante con alcuna disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che le giustifichino (Cass., 13 luglio 2018, n.18632 ; 6 giugno 2019, n. 15321). E va ribadito che l‘elusione fiscale, quale espressione dell’abuso del diritto, in ossequio ai principi espressi dalla raccomandazione 2012/772/Ue, sussiste quando l’operazione economica esaminata manchi di sostanza economica, i cui indici sono rappresentati dalla non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e dalla non conformità degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato, mentre per vantaggi fiscali indebiti si considerano i benefici realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario (Cass., 30 dicembre 2019, n. 34595).
Ciò, ancorché vada sempre garantita la libertà di scelta del contribuente tra diverse operazioni comportanti anche un differente carico fiscale (Cass., 14 gennaio 2015, n. 439; cfr. anche 19 febbraio 2014, n. 3938), libertà che tuttavia incontra il limite dell’uso distorto degli strumenti giuridici, come nelle ipotesi in cui l’operazione difetti di ragioni economicamente apprezzabili, diverse dalla mera aspettativa di benefici fiscali.
Dunque il giudice regionale, nell’affermare che l’Agenzia delle entrate
non si fosse neppure preoccupata di prospettare che la contribuente,
attraverso la esterovestizione quale società di diritto lussemburghese,
perseguisse come obiettivo assoluto o preponderante il conseguimento di
un vantaggio fiscale, non ha malgovernato i principi di diritto in materia.
………..
Un’artificiosa localizzazione estera deve infatti rispondere a un trattamento fiscale di favore (Cass. Sez. 5 , 21/6/2019, n. 16697 e Cass. Sez. 5, del 7/2/2013, n. 2869) e lo scopo essenziale dell’operazione deve limitarsi all’ottenimento di tale vantaggio fiscale (causa C-419/14, W. Kft).”
I paletti posti dalla Quinta Sez. civile della Corte di Cassazione con sentenza n. 4463 dell’11 febbraio 2022 a favore del contribuente appaiono molto netti.
Il contribuente sarà sempre libero di scegliere la soluzione che gli consenta di ottimizzare il carico fiscale. Quindi una localizzazione estera può essere contrastata dalla norma nazionale solo se l’obiettivo è quello di realizzare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica (Corte giust. 12 settembre 2006, in causa C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas e Cass., 21 dicembre 2018, n. 33234).”
Con la Sentenza 15 marzo 2022 n. 8297 la Corte di cassazione richiamando un proprio consolidato orientamento ha precisato:
“Questa Corte infatti ha più volte affermato che in tema di imposte sui redditi ricorre l’ipotesi di esterovestizione allorché una società, la quale ha nel territorio dello Stato la sede dell’amministazlone da intendersi come luogo in cui si svolge in concreto la direzione e gestione dell’attività di impresa e dal quale promanano le relative decisioni, localizzi la propria residenza fiscale all’estero al solo fine di fruire di una legisiazone tributaria pia vantaggiosa (Cass., 21 giugno 2019, n. 16697).
……………
2.2.- Perché, tuttavia, il meccanismo risponda alla nozione di pratica abusiva occorre, per un verso, che esso abbia come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito dalle norme e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale dell’operazione si limiti all’ottenimento di tale vantaggio fiscale (vedi Corte giust. 17 dicembre 2015, causa C- 419/14, WebMindLicenses Kft, punto 36). Non è difatti sufficiente applicare criteri generali predeterminati, ma occorre passare in rassegna la singola operazione. Ciò perché una presunzione generale di frode e di abuso non può giustificane né un provvedimento fiscale che pregiudichi gli obiettivi di una direttiva, né uno che pregiudichi l’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato (in particolare, Corte giust.7 settembre 2017, causa C-6/16, Equiom e Enka, punti 30-32) . É necessario quindi accertare che lo scopo essenziale di un’operazione si limiti all’ottenimento di tale vantaggio fiscale: ciò perchè quando il contribuente può scegliere tra due operazioni, non è obbligato a preferire quei:a che implica il pagamento di maggiori imposte, ma, al contrario, ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affarl che consenta di ridurre la sua contribuzione fiscale (Corte giust. in causa C419/14, cit., punto 42 ; vedi, poi le sentenze Halifax e a., causa C 255/02, punto 73; Part Service, causa C-425/06, punto 47, nonché Weald Leasing, causa C-103/09, punto 27, RBS Deutschland Holdings, causa C-277/09, punto 53 e, da ultimo, X BV e X NV, cause C-398/16 e 399/16, punto 49)
2.3.- Giustappunto con riguardo al fenomeno della localizzazione all’estero della della residenza fiscale di una società, si è quindi sottolineato (sentenza della Corte di Giustizia 12 settembre 2006, C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas) che, in tema di libertà di stabilimento, le circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire legislazione più vantaggiosa non costituisce per se stessa un abuso di tale libertà; una misura nazionale che restringe la libertà dl stabilimento e ammessa soltanto se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato….. Ne consegue che, perché sia giustificata da motivi di lotta a pratiche abusive„ una restrizione della libertà di stabilimento deve avere lo scopo specifico di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale» ( cfr Cass., 21 dicembre 2018, n. 33234).”
Sul tema dell’esterovestizione è ritornata a giudicare la Corte di cassazione con la Sentenza n.26538 del 08/09/2022 , nella quale gli Ermellini hanno confermato che sussiste l’esterovestizione di una società in presenza di una struttura di puro artificio e della quale riportiamo un estratto:
“Questa Corte ha già avuto occasione di chiarire (Cass. civ., 21 dicembre 2018, n. 33234; Cass. civ., 7 febbraio 2013, n. 2869) che per esterovestizione s’intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all’estero, in particolare in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, allo scopo, ovviamente, di sottrarsi al più gravoso regime nazionale.
In linea con la giurisprudenza unionale, è quindi necessario accertare che lo scopo essenziale di un’operazione si limiti all’ottenimento di un vantaggio fiscale: ciò perchè quando il contribuente può scegliere tra due operazioni, non è obbligato a preferire quella che implica il pagamento di maggiori imposte, ma, al contrario, ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli consenta di ridurre la sua contribuzione fiscale (Corte giust. in causa C419/14, cit., punto 42; vedi, poi le sentenze Halifax e a., causa C 255/02, punto 73;
Part Service, causa C-425/06, punto 47, nonché Weald Leasing, causa C-103/09, punto 27, RBS Deutschland Holdings, causa C-277/09, punto 53 e, da ultimo, X BV e X NV, cause C-398/16 e 399/16, punto 49)..
Proprio con riguardo al fenomeno della localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società, si è quindi sottolineato (Corte giust. 12 settembre 2006, in causa C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas) che, in tema di libertà di stabilimento, la circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per se stessa un abuso di tale libertà; una misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è ammessa soltanto se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato.
L’obiettivo della libertà di stabilimento è di permettere a un cittadino di uno Stato membro di creare uno stabilimento secondario in un altro Stato membro per esercitarvi le proprie attività e di partecipare così, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio di origine e di trarne vantaggio.
La nozione di stabilimento implica, quindi, l’esercizio effettivo di un’attività economica per una durata di tempo indeterminata, mercé l’insediamento in pianta stabile in un altro Stato membro: presuppone, pertanto, un insediamento effettivo della società interessata nello Stato membro ospite e l’esercizio quivi di un’attività economica reale.
Ne consegue che, una restrizione alla libertà di stabilimento, perchè sia giustificata da motivi di lotta a pratiche abusive, deve avere lo scopo specifico di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale.
In definitiva, quel che rileva, ai fini della configurazione di un abuso del diritto di stabilimento, non è accertare la sussistenza o meno di ragioni economiche diverse da quelle relative alla convenienza fiscale, ma se si sia artificiosamente creata una forma giuridica che non riproduce una corrispondente e genuina realtà economica.”