- Il Trust
- Forma dell’atto istitutivo di un Trust
- Trust istituito all’estero: il deposito dell’atto istitutivo presso un archivio notarile o presso un notaio italiano è la condizione per la trascrizione nei registri immobiliari
- Obbligo di registrazione per gli atti formati all’estero
- Separazione patrimoniale che caratterizza i beni oggetto del trust
- Protezione del patrimonio
- Scopo del trust
- Utilizzo illecito di un trust
- Le regole istitutive del Trust
- Trust Autodichiarato, Trust Autodestinato, Trust Autodichiarato ed Autodestinato
- Il trust non dispone di personalità giuridica ed è privo di legittimazione processuale spettando invece la legittimazione al trustee unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi
Il Trust
Il trust (traduzione concettuale: “affido” intendendo di beni), è un istituto giuridico, mutuato dal diritto anglosassone (istituto giuridico di common law common law, modello di ordinamento giuridico, di origine britannica, basato sui precedenti giurisprudenziali più che sulla codificazione e in generale su leggi e altri atti normativi di organi politici, come invece accade nei sistemi di civil law, derivanti dal diritto romano), con cui i beni del patrimonio di un soggetto vengono separati per perseguire specifici interessi a favore di determinati beneficiari oppure finalizzato ad uno scopo determinato o a più scopi. I beni separati vengono gestiti da una persona (trustee) o da una società professionale (trust company). Il trustee ha la proprietà legale del trust e ne è titolare dei relativi diritti, ma i beni rimangono nel patrimonio del trust.
Il trust è uno strumento giuridico che, nell’interesse di uno o più beneficiari o per uno specifico scopo, permette di strutturare in vario modo “posizioni giuridiche” basate su legami fiduciari e che serve a regolare una molteplicità di rapporti giuridici di natura patrimoniale (isolamento e protezione di patrimoni, gestioni patrimoniali controllate e in materia di successioni, pensionistica, diritto societario e fiscale).
Non esiste un rigido ed unitario modello di trust, ma tanti possibili schemi che è possibile costruire in vista di una finalità ultima da raggiungere.
I soggetti del trust o, più correttamente, le “posizioni giuridiche“, sono generalmente tre, settlor, trustee e beneficiary:
- il disponente, settlor, colui che promuove/istituisce il trust, il settlor (disponente) trasferisce l’intestazione (non la proprietà, così come è intesa nel diritto italiano) di quei beni perché vengano amministrati dall’amministratore/gestore, il trustee, nell’interesse dei beneficiari e nei limiti di quanto stabilito nell’atto istitutivo. Nella prassi il disponente opera un conferimento irrevocabile: i beni confluiscono nel fondo in via definitiva, uscendo dalla disponibilità materiale e giuridica (salvo riserve di usufrutto, possesso, ecc);
- l’amministratore/gestore, il trustee, colui che gestisce i beni conferiti nel trust nell’interesse dei beneficiari e secondo quanto disposto nell’atto istitutivo. Il trustee, gestore giuridico della relazione che si instaura, per volontà del disponente, tra il trustee e i beneficiari, è un proprietario limitato e temporaneo che agisce quale titolare fiduciario di una posizione funzionale e vincolata al soddisfacimento degli interessi dei beneficiari. Ogni persona fisica che sia capace di agire ovvero di compiere atti giuridici validi può essere un trustee.
Il trustee può essere:
- un trustee non professionale;
- un professionista di fiducia del settlor;
- una persona giuridica per lo più in forma di società di capitali (Trust Company o Società Fiduciaria autorizzata ex Legge 23 novembre 1939, n. 1966 (Disciplina delle societa’ fiduciarie e di revisione))
L’atto costitutivo del trust disciplina gli obblighi e i diritti del trustee e, in caso di pluralità di trustee, i modi di soluzione delle controversie
Il disponente intesta beni mobili/immobili all’amministratore/gestore, il trustee, il quale ha il potere-dovere di gestirli:
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- secondo le “regole” del trust fissate dal disponente;
- nell’interesse del beneficiary.
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Tale potere-dovere subisce due limiti inderogabili:
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- la volontà del settlor così come emerge dall’atto costitutivo e
- le norme di legge.
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- il beneficiario, beneficiary, “posizione giuridica” espressa o implicita. Anche il beneficiary può essere una persona fisica o giuridica, un insieme di soggetti determinati anche genericamente e/o non ancora esistenti al momento della costituzione del trust, come spesso avviene nei trust costituiti a scopo benefico.
Posizione eventuale è quella del guardiano, Il settlor, al momento della costituzione del trust, può scegliere un protector per controllare la gestione del trust nell’interesse del beneficiary, una persona fisica, per es. un professionista di fiducia del settlor che garantisce la correttezza delle attività svolte dal trustee ed, eventualmente, di supplenza del trustee. L’atto costitutivo del trust può prevedere anche la necessità dell’autorizzazione del guardiano per il compimento di alcuni specifici atti da parte del trustee.
Vi sono poi casi nei quali il disponente riveste anche la carica di trustee: in tali ipotesi il trust si definisce “autodichiarato”, in tal caso il vincolo di destinazione sui beni si forma
all’interno dello stesso patrimonio del disponente.
Inoltre, un trust può essere “discrezionale” nel caso in cui il disponente si riserva la facoltà di nominare in un momento successivo i beneficiari ovvero rimette al trustee o ad un protector (guardiano) l’individuazione degli stessi, delle loro rispettive posizioni o delle modalità e dei tempi di attribuzione dei benefici.
“Posizioni giuridiche” e “soggetti” possono non coincidere.
Lo stesso soggetto può assumere più di una posizione giuridica, così come più soggetti possono rivestire una medesima posizione.
Settlor, trustee e beneficiary sono le “posizioni giuridiche” di un rapporto fiduciario nel quale avviene uno sdoppiamento del diritto di proprietà:
- proprietà formale;
- proprietà sostanziale.
Ci sono due elementi caratterizzanti il trust:
- un trasferimento di intestazione;
- l’amministrazione dei beni, che deve essere una amministrazione diligente e volta a favorire il beneficiario, canone comportamentale del “prudent man”, generico dovere di lealtà e fedeltà ed un obbligo in capo al trustee di evitare ogni conflitto tra i propri interessi personali e quelli del beneficiary e in generale gli obblighi derivanti dal trust.
La indispensabile separazione della dotazione patrimoniale del trust da quella del trustee e la contemporanea intestazione al trustee di quegli stessi beni, sono due aspetti di una medesima situazione giuridica, che richiedono:
- un atto di trasferimento che attribuisca al trustee la titolarità dei cespiti;
- la conoscibilità della condizione che prevede un trust ed il trustee possiede la dotazione patrimoniale del trust per tale sua qualità.
Il trust non è direttamente disciplinato dal sistema normativo italiano, ma, come vedremo, è uno strumento giuridico riconosciuto in virtù della ratifica da parte dell’Italia della Convenzione sulla Legge Applicabile ai trusts e sul loro Riconoscimento, adottata all’Aja il 1° luglio 1985, ratificata dall’Italia con la legge 9 ottobre 1989 n. 364 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1992.
Quindi, il trust è uno strumento riconosciuto nell’ordinamento giuridico italiano come istituto di diritto privato, ma non è regolamentato dalla legge italiana.
Con l’art. 6 della Legge 22 giugno 2016, n. 112 (che fa riferimento a beni e diritti conferiti in trust istituiti in favore delle persone con disabilità grave), il legislatore italiano ha riconosciuto espressamente la legittimità e gli effetti giuridici di separazione patrimoniale del Trust.
Mancando nella legislazione italiana una disciplina specifica del trust, si rende necessario il rinvio a una legge straniera per la sua regolamentazione.
È compito del disponente o del trustee scegliere la legge applicabile fra gli ordinamenti giuridici stranieri che legiferano in modo specifico sul trust.
Chi intende costituire un trust in Italia deve tenere conto:
- sia delle disposizioni della legge scelta per regolamentare il trust (e della relativa giurisprudenza);
- sia delle norme dettate dalla Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985;
- verificare la compatibilità delle clausole dell’atto costitutivo sia con le norme del diritto italiano, sia con le regole di carattere fiscale.
In Italia un trust si crea mediante:
- un atto istitutivo (assimilabile all’atto costitutivo e allo statuto di una società, nella prassi comune, l’atto istitutivo è un atto unilaterale del disponente sottoscritto, per accettazione dell’ufficio e del fondo iniziale, anche dal trustee. I beneficiari non sono parte formale dell’atto.
e
- una dotazione patrimoniale (assimilabile ad un conferimento societario). In via contestuale e successivamente all’istituzione del trust, il disponente potrà apportare beni e diritti mediante uno o più atti di dotazione del fondo. Anche soggetti terzi possono dotare il fondo, se previsto nell’atto istitutivo.Gli atti di dotazione sono a cura di un Notaio quando formano oggetto di dotazione immobili, beni mobili registrati e quote societarie (soggetti a requisiti di forma e di pubblicità nei Pubblici Registri).
Gli “elementi costitutivi” di un Trust sono:
- trustee;
- disponente;
- beneficiario;
- beni in trust.
Si definisce “Trust interno” un Trust i cui elementi costitutivi (trustee, disponente, beneficiari e “beni in trust”) sono tutti nazionali con unico e necessario elemento di estraneità, ove l’ordinamento normativo interno non regoli il Trust, la legge applicabile.
Si definisce “Trust internazionale” un Trust regolato da legge straniera e caratterizzato da significativi elementi sostanziali di internazionalità, o perché i “beni in trust” sono siti all’estero e/o i soggetti coinvolti (trustee e/o disponente e/o beneficiari) sono cittadini stranieri o, comunque, residenti all’estero.
Vedi in seguito: Le regole istitutive del Trust
Se settlor o trustee non effettuano la scelta dell’ordinamento giuridico straniero, si deve applicare la legge con cui il trust ha più strette connessioni (luogo di gestione, collocazione dei beni, residenza del trustee, residenza del beneficiario, etc.).
Forma dell’atto istitutivo di un Trust
Il Contenuto dell’atto istitutivo è il regolamento negoziale che delinea il programma di destinazione patrimoniale e detta le regole che governano i nascenti rapporti giuridici.
Le norme italiane richiedono la forma scritta ad substantiam nel
caso di trasferimento di beni immobili, di beni mobili registrati o di quote sociali e prevedono corrispondenti forme di pubblicità, con l’annotazione nei relativi registri.
Il trust può essere istituito mediante
- una scrittura privata, che può essere depositata presso un notaio se riguarda solo beni mobili;
- per atto pubblico o scrittura privata autenticata se riguarda beni immobili o mobili registrati.
Se il trust riguarda beni mobili il deposito non è necessario per la sua validità.
La scrittura privata autenticata, in particolare, è la forma più comune per la costituzione del trust.
Un “verbale di deposito scrittura privata” è un documento redatto da un notaio (o altro pubblico ufficiale) che attesta il deposito di una scrittura privata presso la sua cancelleria. Questo verbale fornisce una prova della data certa della scrittura privata, ovvero la data in cui è stata depositata e quindi resa opponibile a terzi.
La scrittura privata autenticata è opponibile a terzi a partire dal momento in cui viene registrata. L’autenticazione della sottoscrizione da parte di un notaio conferisce alla scrittura una data certa, opponibile a terzi. Se la scrittura non è autenticata, la sua data è opponibile ai terzi solo dal giorno della sua registrazione o in altri casi previsti dalla legge.
In Italia, il deposito dell’atto istitutivo di un trust non è obbligatorio per la sua validità, ma è essenziale per la trascrizione nei registri immobiliari se il trust ha ad oggetto beni immobili, aziende o partecipazioni sociali.
La Forma dell’atto istitutivo è per atto pubblico o scrittura privata autenticata (è pubblico il solo verbale di deposito) ai fini della prova e dell’opponibilità ai terzi).
Solo con l’adempimento di tali formalità, l’atto di trasferimento è opponibile ai terzi e, di conseguenza, solo a seguito di tali adempimenti viene correttamente realizzato il principio della separatezza dei beni del trust da quelli del trustee.
Trust istituito all’estero: il deposito dell’atto istitutivo presso un archivio notarile o presso un notaio italiano è la condizione per la trascrizione nei registri immobiliari
L’art. 12 della Convenzione, ratificata dall’Italia con la legge 9 ottobre 1989 n. 364, consente al trustee di chiedere l’iscrizione nei registri immobiliari facendo risultare la sua qualità.
Il quarto comma dell’articolo 106 della legge notarile n. 89/1913 (come modificato dal D.L. n. 669/1996 convertito dalla legge n. 30/1997 che ha definitamene risolto la questione relativa al deposito delle scritture private autenticate) dispone che nell’archivio notarile sono depositati e conservati gli originali o le copie degli atti pubblici rogati e delle scritture private autenticate in paese estero prima di farne uso nello Stato, sempre che non siano già depositati presso un notaio esercente in Italia.
Quindi, perché un atto notarile estero sia utilizzabile in Italia, anche al fine dell’aggiornamento dei pubblici registri, deve preventivamente essere depositato presso un archivio notarile o presso un notaio italiano.
Il deposito dell’atto istitutivo di un trust costituito all’estero presso un archivio notarile o presso un notaio italiano è la condizione per la trascrizione nei registri immobiliari.
Inoltre l’archivio notarile o il notaio dovrà procedere alla verifica della sua correttezza formale e sostanziale, al fine di poterlo ricevere in deposito e renderlo così utilizzabile nel nostro ordinamento; un atto che non superi tale controllo non può essere oggetto di deposito.
Il controllo di legalità, imposto dall’articolo 28 della legge notarile n. 89/1913, da parte di un pubblico ufficiale italiano è necessario anche al fine di rendere l’atto titolo idoneo per la trascrizione nei registri immobiliari.
L’art. 68 del Regolamento Notarile r.d. n. 1326/1914 prescrive che gli atti esteri depositati presso un notaio italiano siano “debitamente legalizzati”. Il medesimo obbligo di legalizzazione è previsto dall’art. 2657 ultimo comma C.C. (per la trascrizione) e dall’art. 2837 C.C. (per l’iscrizione).
Obbligo di registrazione per gli atti formati all’estero
L’obbligo di registrazione per gli atti formati all’estero è data dal comma 1-bis dell’articolo 55 del d.lgs. n. 346 del 1990 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni) che dispone la registrazione in termine fisso per «gli atti aventi ad oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all’estero nei confronti di beneficiari residenti nello Stato».
Pertanto, si ritiene che l’atto di costituzione dei beni in trust formato all’estero vada assoggettato a registrazione in termine fisso, in misura fissa (Articolo 11 della Tariffa, Parte Prima d.P.R. n. 131 del 1986), trattandosi di una donazione definibile “a formazione progressiva” in cui il disponente provvederà ad arricchire i beneficiari per mezzo del programma negoziale attuato tramite il trustee. Tale obbligo di registrazione non contrasta con la circostanza che l’imposta sulle successioni e donazioni verrà applicata solo al momento dell’effettiva attribuzione dei beni ai beneficiari.
Separazione patrimoniale che caratterizza i beni oggetto del trust
L’effetto più importante prodotto dall’istituzione di un trust è rappresentato dalla segregazione patrimoniale mediante la quale i beni vincolati in un trust (beni in trust) costituiscono un patrimonio separato rispetto ai beni residui che compongono il patrimonio del disponente e del trustee.
Quindi, quale principale conseguenza, qualsiasi vicenda personale e patrimoniale che colpisca le figure del disponente o del trustee non travolge mai i “beni in trust”.
La segregazione patrimoniale fa sì che i beni in trust non possano essere aggrediti dai creditori personali del trustee, del disponente e dei beneficiari e l’eventuale fallimento di una di queste figure non vedrà mai ricompresi i “beni in trust” nella massa attiva fallimentare.
Quindi, i “beni in trust”, essendo
- destinati al raggiungimento dello scopo prefissato dal disponente nell’atto istitutivo,
- giuridicamente separati sia dal patrimonio residuo del disponente sia da quello del trustee
risultano efficacemente sottoposti ad
- un vincolo di destinazione
- ed ad un vincolo di separazione.
Per gli effetti immediati che produce, il trust non può, quindi, esistere senza proprietà.
Per la stessa ragione i beni futuri non possono essere vincolati in un trust.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 8082 del 2020 si è pronunciata nel senso che tale atto «non determina effetti traslativi perché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso (trustee), che è tenuto solo ad amministrarlo e a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista di un suo ritrasferimento ai beneficiari del trust».
E’ importante sottolineare che la separazione patrimoniale è solo una conseguenza della costituzione del Trust, e non può mai esserne la ragione.
Un trust non può mai essere costituito al solo fine di ottenere la separazione patrimoniale, cioè per ragioni di protezione patrimoniale.
Un Trust, per essere valido, deve anzitutto avere una finalità considerata meritevole di tutela dal nostro ordinamento giuridico.
Protezione del patrimonio
Obiettivo principale del trust è la “protezione del patrimonio” attraverso la “segregazione” del patrimonio.
Con lo spossessamento dei beni il Disponente:
- crea un patrimonio separato;
- evita che questo possa essere aggredito dalle vicende personali
- stabilisce con quali regole quel patrimonio debba essere amministrato, conservato e attribuito ai beneficiari.
La separazione patrimoniale che caratterizza i beni oggetto del trust consente di evitare che essi possano essere aggrediti dai creditori, sia del disponente (che non ne è più proprietario), sia del beneficiario (che non ne è ancora proprietario), ma anche del trustee, poiché si tratta di beni separati dal suo patrimonio personale. I beni costituiti in trust possono dunque essere aggrediti solo dai creditori del trust.
I terzi creditori non possono aggredire i beni oggetto del Trust ed affidati all’amministratore/gestore, il trustee, poiché gli stessi sono sottoposti
- ad un “vincolo di destinazione”, rappresentato dallo scopo del Trust deciso dal disponente, settlor, nell’atto di costituzione del Trust, e
- ad un “vincolo di separazione”: i beni diventano di proprietà del Trustee ma non si “confondono” con i beni personali di proprietà del Trustee stesso (per esempio, se egli muore o fallisce, i beni del Trust di cui egli è proprietario non cadono in successione, né entrano nella massa fallimentare).
La circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022 in merito alla segregazione patrimoniale, così si esprime:
“Giova ricordare che detto istituto si sostanzia in un rapporto giuridico fiduciario mediante il quale un soggetto definito “disponente” (o settlor) – con negozio unilaterale, cui generalmente seguono uno o più atti dispositivi – trasferisce ad un altro soggetto, definito “trustee”, beni (di qualsiasi natura), affinché quest’ultimo li gestisca e li amministri, coerentemente con quanto previsto dall’atto istitutivo del trust per il raggiungimento delle finalità individuate dal disponente medesimo.
L’effetto principale dell’istituzione di un trust è la segregazione patrimoniale in virtù della quale i beni in trust costituiscono un patrimonio separato e autonomo rispetto al patrimonio del disponente, del trustee e dei beneficiari, con la conseguenza che tali beni non potranno essere escussi dai creditori di tali soggetti.
L’articolo 2 della citata Convenzione (Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985), oltre a fornire la definizione di trust,
ne individua caratteristiche essenziali, ovvero:
«a) i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del
patrimonio del trustee;
b) i beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un’altra persona per conto del trustee;
c) il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre beni secondo i termini del trust e le norme particolari impostegli dalla legge»
…………………………………………………………………………………………………
In particolare, l’articolo 39 novies del decreto legge 30 dicembre 2005, n.
273, convertito dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, ha introdotto l’articolo 2645- ter rubricato «Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche»
nel Libro VI, titolo I, capo I, del codice civile.
Tale disposizione, di ampia portata (Ai sensi del quale «Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere
opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto
previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo». ), prevede la trascrizione di determinati atti «al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione», consentendo la “segregazione” dei beni oggetto dell’atto di destinazione, sottraendoli alle più svariate vicende che possono verificarsi e, in tal modo, introducendo una rilevante eccezione all’articolo 2740 del codice civile, per effetto del quale ciascun soggetto risponde delle proprie obbligazioni «con tutti i propri beni presenti e futuri».”
La Corte di Cassazione con la sentenza del 20 febbraio 2015 n. 3456, si è così espressa:” in ossequio al principio di diritto di recente posto da questa stessa sezione (Sez. 1, Sentenza n. 10105 del 2014) secondo cui il trust non è un ente dotato di personalità giuridica,
ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato e formalmente intestati al trustee, che è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi non quale legale rappresentante, ma come
colui che dispone del diritto. Ne consegue che esso non è litisconsorte necessario, ad esempio, nel procedimento per la dichiarazione di fallimento della società che vi ha conferito l’intera sua azienda,
comprensiva di crediti e di debiti, in quanto l’effetto proprio del trust non è quello di dare vita ad un nuovo soggetto di diritto, ma quello di istituire un patrimonio destinato ad un fine prestabilito. “.
Lo scopo del trust deve potere essere sempre considerato meritevole secondo i principi dell’ordinamento giuridico di riferimento.
Tra gli usi più frequenti vi sono quelli motivati da:
- protezione dei beni: spesso il trust viene istituito a protezione di beni immobili; per esso non è infatti infrequente l’uso del termine “blindatura patrimoniale“. Una delle caratteristiche più apprezzate del trust è infatti la segregazione del patrimonio conferito cosicché esso risulterà insensibile ad ogni evento pregiudizievole che coinvolge personalmente uno o più soggetti protagonisti del trust. Per questa sua utilissima caratteristica il trust viene sempre di più impiegato per separare e proteggere il patrimonio personale da quello aziendale o per tutelare tutti quei soggetti il cui patrimonio può essere compromesso da attività professionali rischiose (medici, avvocati, funzionari ecc.) o, semplicemente, da comportamenti personali avventati (gioco d’azzardo, uso di droghe e alcool ecc.).
- riservatezza: le disposizioni contenute nel trust possono essere riservate, e questo può essere un motivo sufficiente per la sua creazione; la riservatezza è riferita prevalentemente ai trust cd. ‘opachi’ (in Italia penalizzati dalla normativa fiscale), dove il trust può rappresentare un ottimo strumento di controllo di enti e società (di norma è impiegato all’estero in attività di ingegneria fiscale).
- tutela dei minori e dei soggetti diversamente abili: spesso, come visto, le disposizioni testamentarie prevedono che i minori abbiano un godimento limitato dei beni fino alla maggiore età o che i soggetti diversamente abili possano godere dei beni in trust senza esserne pieni proprietari;
- tutela del patrimonio per finalità successorie: di frequente un trust viene costituito allo scopo di tutelare un patrimonio nell’organizzazione di un efficiente passaggio generazionale dell’azienda e del patrimonio dell’imprenditore. E’ importante, però, tenere presente che la separazione patrimoniale è solo una conseguenza della costituzione del trust, e non può mai esserne la ragione. Un trust, per essere valido, deve avere una sua finalità considerata meritevole di tutela dal nostro ordinamento giuridico e non può mai essere costituito al solo fine di ottenere la separazione patrimoniale, per ragioni di protezione del patrimonio. La separazione patrimoniale garantita dal trust è un effetto della costituzione dei beni in trust, che garantisce la destinazione dei beni costituiti in trust alla finalità indicata dal disponente, ma non può essere la motivazione della nascita del trust, né può essere utilizzata a danno dei creditori o in frode al fisco. In Italia, alcuni hanno costituito trust al solo scopo di difendere il proprio patrimonio dai creditori, oppure ottenere indebiti vantaggi fiscali, trust sperò dichiarati nulli, o quantomeno inesistenti e inefficaci nei confronti dei creditori e del fisco, da numerose sentenze, anche della Corte di Cassazione;
- beneficenza (“charitable trust”): in molti ordinamenti di common law gli enti di beneficenza debbono essere costituiti in forma di trust;
- forme di investimenti e pensionistiche: i piani di investimento pensionistici ed i fondi comuni sono derivazione dei trust fund anglosassoni;
- vantaggi di natura fiscale: un trust può dare vantaggi fiscali. Se il risparmio di imposta è l’unico motivo che ha spinto ad istituire un trust, può essere considerato illegittimo e sanzionato. Come qualsiasi istituto giuridico, l’uso elusivo od evasivo è contrario alle norme di legge e sanzionato.
- altro: il trust, come detto, è idoneo a realizzare una vasta molteplicità di scopi non facilmente enumerabili.
La circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022 in merito allo scopo del Trust, così si esprime:
“Nella pratica, fermo restando l’elemento essenziale della “segregazione”, si riscontrano diversi utilizzi dell’istituto che si differenziano per le finalitàperseguite, si pensi ad esempio:
– al “trust di scopo”, istituito per il perseguimento di un specifico e
determinato fine individuato dal disponente (affare, attività, ecc.);
– al “trust familiare”, istituito con finalità di assistenza o in vista della
successione;
– al “trust Dopo di Noi”, istituito a favore dei soggetti con disabilità gravi nel rispetto dei requisiti previsti dalla legge 22 giugno 2016, n. 112 (“Legge Dopo di Noi”);
– al “trust di garanzia”, istituito per tutelare l’interesse di uno o più
creditori del disponente;
– al “trust liquidatorio”, istituito per realizzare la liquidazione dell’attivo dei beni del disponente.”
La Corte di Cassazione con la sentenza del 9 maggio 2014 n. 10105 si è pronunciata sulla validità di un trust interno quale strumento di supporto rispetto alle misure negoziali di risoluzione della crisi d’impresa; “E’ valido il trust interno istituito da una società in bonis per realizzare con altri mezzi il risultato equivalente della procedura liquidatoria. E’ parimenti valido il trust interno endo-concorsuale ovvero istituito quale strumento integrativo e/o attuativo delle misure concordate di risoluzione della crisi d’impresa previste dalla legge fallimentare. Non è invece riconoscibile nel nostro ordinamento, ai sensi dell’art. 15 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, il trust liquidatorio quando, da un’indagine sulla causa in concreto del medesimo, risulta che sia stato istituito da società in stato di insolvenza per eludere le norme imperative concorsuali poste a tutela dei creditori del disponente”.
La separazione patrimoniale non può mai essere il solo scopo per cui viene costituito un Trust
Come abbiamo visto ed è importante sottolineare, la separazione patrimoniale è solo una conseguenza della costituzione del Trust, e non può mai esserne la ragione.
Un trust non può mai essere costituito al solo fine di ottenere la separazione patrimoniale, cioè per ragioni di protezione patrimoniale.
Un Trust, per essere valido, deve anzitutto avere una finalità considerata meritevole di tutela dal nostro ordinamento giuridico.
La Corte di Cassazione ha stabilito che un trust è nullo se il suo scopo principale è la separazione patrimoniale con l’unico scopo di proteggere i beni da eventuali creditori, senza un’altra finalità meritevole di tutela.
Questo significa che non è sufficiente creare un trust solo per evitare che i creditori possano agire sui beni; occorre che vi sia anche un altro scopo legittimo, come:
- Protezione di minori:
Utilizzo illecito di un trust
É ovvio che viene attenzionato l’utilizzo di un trust finalizzato a perseguire scopi illegali da parte di soggetti prossimi all’insolvenza, falliti, gravati da ingenti debiti tributari.
L’utilizzo illecito di un trust può essere finalizzato a frodare i creditori pregressi (sottraendo garanzia patrimoniale in violazione dell’art. 2740 c.c. (Responsabilita’ patrimoniale), tale disposizione ha carattere imperativo con la conseguenza, che la sua violazione è colpita da nullità assoluta ex art 1418 c.1 cc. (Cause di nullita’ del contratto))
Può sussistere anche un rischio penale, come nei casi di:
- sottrazione di beni al pagamento delle imposte per debiti tributari di valore eccedente €50.000,00 (reato previsto dall’art. 11 (Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte) del Decreto legislativo del 10/03/2000 n. 74 );
- inesecuzione dolosa di un provvedimento giudiziale (reato previsto dall’art. 388 c.p. (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice)).
In tema di protezione dei beni (“blindatura patrimoniale“) dai creditori, la differenza tra utilizzo legittimo e illegittimo del Trust è dato anche dalla tempistica. La protezione patrimoniale efficace è quella realizzata in via preventiva.: regola della protezione patrimoniale è agire in tempi non sospetti.
Un trust è valido ed efficace se il suo scopo è meritevole e la dotazione patrimoniale è di data anteriore al sorgere dei debiti.
Il trust, in quanto atto a titolo gratuito, è sempre soggetto all’azione revocatoria ordinaria ( Ai sensi dell’art. 2903 c.c., l’azione revocatoria ordinaria (le cui condizioni sono stabilite nell’art. 2901 c.c.) si prescrive nel termine di 5 anni dal compimento dell’atto pregiudizievole da parte del debitore.) semplificata (ex art. 2929 bis c.c. (Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilita’ o di alienazioni a titolo gratuito)) e fallimentare (vedi Sez. III : Degli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, , artt. da 64 a 71 del Regio decreto del 16/03/1942 n. 267), quindi non può essere utilizzato in frode dei creditori (c.d. “Sham Trust”), e ad esso si applica anche la norma che consente ai creditori che siano danneggiati da un atto del debitore che ha costituito un vincolo di indisponibilità o ha trasferito a titolo gratuito beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, successivamente al sorgere del credito, di procedere all’esecuzione forzata (se muniti di titolo esecutivo) senza aver prima ottenuto una sentenza dichiarativa dell’inefficacia dell’atto, a condizione che trascrivano il pignoramento entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole (art. 2929-bis del codice civile, introdotto dal decreto legge 27 giugno 2015, n. 83 (c.d. Decreto Giustizia per la Crescita)), norma volta ad eliminare le “storture” dell’utilizzo dei Trust in frode ai creditori (“Sham Trust”) .
Lo scopo dell’art. 2929 bis c.c. è quello di aumentare le tutele dei creditori.
L’Art. 2929 -bis c.c. – “Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito” così dispone:
“Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole, interviene nell’esecuzione da altri promossa. Quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore promuove l’azione esecutiva nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario. Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all’esecuzione di cui al titolo V del libro III del codice di procedura civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma, nonché la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore.”
Quindi, il creditore ha un anno di tempo dalla data di trascrizione del vincolo di indisponibilità (ad es.: il Trust) o della donazione per far pignorare l’immobile o il bene mobile registrato del debitore, anche senza avere ottenuto la revocatoria dell’atto.
Prima dell’introduzione dell’ art. 2929 – bis c.c., era il creditore a dover provare con la revocatoria di aver subito un pregiudizio dagli atti di disposizione patrimoniale messi in atto dal debitore cercando di ottenerne la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti, con l’introduzione dell’ art. 2929 – bis c.c., si presume di fatto una mala fede del debitore che ha posto in essere donazioni o vincoli di destinazione al proprio patrimonio e la possibilità per il creditore di procedere direttamente con l’esecuzione.
L’unico vincolo del creditore per poter utilizzare questa procedura rapida, è che egli deve trascrivere il pignoramento entro un anno dalla trascrizione della donazione o del vincolo di indisponibilità.
Il debitore potrà dunque ovviamente opporsi all’esecuzione, ma potrà ad esempio accadere che il suo immobile gli venga pignorato e venduto all’asta e che, solo successivamente, si giunga ad una sentenza che confermi la validità dell’atto di Trust, di donazione o del fondo patrimoniale e, dunque, l’illegittimità della vendita forzata.
Si può quindi affermare che l’efficacia di tutti gli atti di trust, donazione, fondo patrimoniale ed altri vincoli di destinazione è subordinata al trascorrere di 1 anno dalla trascrizione nei registri immobiliari.
Da tener presente che le Sezioni unite della Cassazione, con l’ordinanza 7621 del 18 marzo 2019, hanno affermato il principio secondo cui Il giudice italiano è competente per giudicare la validità di un trust costituito all’estero da un disponente italiano a favore di un beneficiario italiano e con nomina di un trustee non di nazionalità italiana.
Le regole istitutive del Trust
Il trust non è direttamente disciplinato dal sistema normativo italiano, ma, come abbiamo visto, è uno strumento giuridico riconosciuto in virtù della ratifica da parte dell’Italia della Convenzione sulla Legge Applicabile ai trusts e sul loro Riconoscimento, adottata all’Aja il 1° luglio 1985, ratificata dall’Italia con la legge 9 ottobre 1989 n. 364 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1992.
Il trust è uno strumento riconosciuto nell’ordinamento giuridico italiano come istituto di diritto privato, ma non è regolamentato dalla legge italiana.
Mancando nella legislazione italiana una disciplina specifica del trust, si rende necessario il rinvio a una legge straniera per la sua regolamentazione.
È compito del disponente o del trustee scegliere la legge applicabile fra gli ordinamenti giuridici stranieri che legiferano in modo specifico sul trust.
Chi intende costituire un trust in Italia deve tenere conto:
- sia delle disposizioni della legge scelta per regolamentare il trust (e della relativa giurisprudenza);
- sia delle norme dettate dalla Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985;
- verificare la compatibilità delle clausole dell’atto costitutivo sia con le norme del diritto italiano, sia con le regole di carattere fiscale.
La Convenzione sulla Legge Applicabile ai trusts e sul loro Riconoscimento, adottata all’Aja il 1° luglio 1985 è l’accordo internazionale che, sancendo il riconoscimento di tal tipo di negozio fiduciario nei Paesi aderenti, ha contribuito a delinearne i tratti essenziali trasferendo in norme positive gli elementi portanti di una prassi giuridico-commerciale che andava progressivamente diffondendosi.
Gli Stati aderenti alla Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 relativa alla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento sono:
Australia |
Canada |
Cina |
Cipro |
Francia |
Italia |
Liechtenstein |
Lussemburgo |
Malta |
Monaco |
Olanda |
Panama |
San Marino |
Svizzera |
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord |
Stati Uniti d’America |
il Regno Unito di Gran Bretagna ed il Canada hanno ratificato la Convenzione anche in rappresentanza di altri territori,
come l’isola di Guernsey, Jersey e le isole di Turks and Caicos, e province come l’Alberta e la Colombia britannica.
La Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 accorda riconoscimento solo al trust costituito per atto volontario del disponente.
Questi possono essere disposti per atto inter vivos o mortis causa.
Ai sensi dell‘art. 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, il termine “trust” si riferisce ai rapporti giuridici creati – tra vivi o in caso di morte – da una persona, il disponente, quando i beni sono stati posti sotto il controllo di un trustee a beneficio di un beneficiario o per uno scopo specifico.
Sempre ai sensi dell‘art. 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, gli elementi essenziali caratterizzanti i trust sono i seguenti:
- la separazione dei beni del trust rispetto al patrimonio del disponente, del trustee e dei beneficiari;
- l’intestazione dei beni medesimi al trustee;
- il potere-dovere del trustee di amministrare, gestire e disporre dei beni secondo il regolamento del trust o le norme di legge.
Per effetto della ratifica (legge 9 ottobre 1989 n. 364) e dell’art. 6 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 possono essere riconosciuti effetti giuridici in Italia solo ai trust costituiti secondo la legge di uno Stato che preveda il Trust nel proprio ordinamento giuridico quale istituto tipico.
Ai sensi degli artt. 6 e 7 della Convenzione , un trust sarà disciplinato dalla legge con la quale presenta il collegamento più stretto
- ove la legge prescelta ai sensi del primo comma dell’art.6 non preveda i trust o la categoria di trust interessati, la scelta non ha effetto (secondo comma dell’art.6)
- qualora non sia stata scelta alcuna legge applicabile (art.7).
Ai sensi del secondo comma dell’art.7, per l’accertamento della legge con la quale un trust è più strettamente connesso si fa riferimento in particolare a:
UN. | il luogo di amministrazione del trust designato dal disponente; |
B. | la posizione dei beni del trust; |
C. | il luogo di residenza o di attività del trustee; |
D. | gli oggetti del trust e i luoghi in cui devono essere realizzati. |
Da tener presente che molti altri ordinamenti nazionali, che non hanno aderito alla Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, contemplano l’istituto del trust.
Ora è da tener presente che una delle caratteristiche della
Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 (Articolo 6:
Un trust è regolato dalla legge scelta dal disponente….) è quella di lasciare nella piena libertà del disponente la scelta della legge regolatrice del trust, legge che, come abbiamo detto, preveda il Trust nel proprio ordinamento giuridico quale istituto tipico così come previsto nella Convenzione, contenuto minimo ed indefettibile.
L’art. 21 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 (Ogni Stato contraente può riservarsi il diritto di applicare le disposizioni del capo III solo ai trust la cui validità è regolata dalla legge di uno Stato contraente.), consente agli Stati aderenti di limitare l’efficacia del riconoscimento dei trust solo a quelli costituiti secondo una delle legislazioni degli Stati aderenti alla Convenzione , ma, a tale proposito, l’Italia non ha espresso alcuna riserva così da impartire alle norme convenzionali cui si è sottoposta un’efficacia detta universale, che legittima il ricorso a qualsivoglia legislazione che disciplina il trust, così come previsto nella Convenzione.
Quindi, ai fini della legittimazione di un Trust nell’ordinamento italiano, c’è da mettere in risalto che l’applicabilità della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 e la conseguente libertà di scelta da parte del disponente della legislazione regolatrice del trust, è vincolata alla presenza degli elementi caratteristici della Convenzione, non esistendo i quali, viene meno il riconoscimento dell’entità giuridica formata, solo apparentemente vestita da trust.
Ogni volta, quindi, bisogna verificare se la legislazione nazionale cui il disponente ha fatto ricorso o le regole dettate nell’esplicazione della sua volontà, rispettano le condizioni minime perché si configuri, ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, un trust.
L’art. 2 della Convenzione descrive le caratteristiche essenziali del trust, in altri termini la l’art. 2 della Convenzione indica i requisiti minimi affinché si possa affermare di essere in presenza di un trust:
“Articolo 2
Ai fini della presente Convenzione, il termine “trust” si riferisce ai rapporti giuridici creati – tra vivi o in caso di morte – da una persona, il disponente, quando i beni sono stati posti sotto il controllo di un trustee a beneficio di un beneficiario o per uno scopo specifico.
Un trust ha le seguenti caratteristiche:
A. i beni costituiscono un fondo separato e non fanno parte del patrimonio del trustee;
B. la titolarità dei beni in trust è intestata al trustee o a nome di altra persona per conto del trustee;
C. il trustee ha il potere e il dovere, rispetto al quale risponde, di amministrare, impiegare o disporre dei beni secondo le condizioni del trust e gli obblighi speciali che gli sono imposti dalla legge.
La riserva da parte del disponente di determinati diritti e poteri, e il fatto che il trustee possa egli stesso avere diritti in qualità di beneficiario, non sono necessariamente incompatibili con l’esistenza di un trust.”
Le caratteristiche del trust, dettate dall’articolo 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, sono:
- distinzione dei beni del trust dal patrimonio del trustee;
- intestazione degli stessi al trustee o ad altra persona per suo conto;
La struttura del trust della Convenzione può quindi così riassumersi:
- i beni in trust costituiscono un patrimonio separato rispetto a quello del trustee e del disponente;
- i beni in trust sono intestati al trustee o ad altro soggetto sempre per conto di questi: quindi il trustee è legittimato a pubblicare, nei Registri Immobiliari o dei Mobili Registrati dello Stato, l’esistenza del trust (art. 12);
- il trustee ha l’obbligo e il potere di amministrare i beni in trust secondo le disposizioni contenute nell’atto istitutivo di trust che si traduce nell‘obbligatorietà della condotta del trustee nell’amministrazione, gestione e disponibilità dei beni secondo le finalità del trust e le norme particolari impostegli dalla legge regolatrice.
Il disponente può riservarsi certi diritti e poteri e sia questi, sia il trustee stesso, possono essere i beneficiari del trust; comunque, non possono coesistere le tre figure in un solo soggetto
Le caratteristiche del trust, dettate dall’articolo 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, sono necessarie per la concreta fruibilità delle tutele previste dall’articolo 11 della Convenzione.
“Articolo 11
E’ riconosciuto come trust il trust creato in conformità alla legge indicata nel precedente Capo.
Tale riconoscimento implica, come minimo, che i beni in trust costituiscono un fondo separato, che il trustee può citare in giudizio ed essere citato in giudizio nella sua qualità di trustee, e che può comparire o agire in tale veste davanti a un notaio o a qualsiasi persona che agisca in una veste ufficiale.
Nella misura in cui la legge applicabile al trust richiede o prevede, tale riconoscimento implica, in particolare:
A. | che i creditori personali del trustee non possono rivalersi sui beni in trust; |
B. | che i beni in trust non facciano parte del patrimonio del trustee in caso di sua insolvenza o bancarotta; |
C. | che i beni in trust non facciano parte del patrimonio matrimoniale del trustee o del suo coniuge né facciano parte del patrimonio del trustee alla sua morte; |
D. | che i beni in trust possano essere recuperati quando il trustee, in violazione del trust, abbia mescolato beni in trust con i propri beni o abbia alienato beni in trust. Tuttavia, i diritti e gli obblighi di qualsiasi terzo detentore dei beni restano soggetti alla legge determinata dalle norme sul conflitto di leggi del foro. |
In diritto un modello di trust, come quello stabilito dalla Convenzione dell’Aja, che non fornisce una definizione precisa e dettagliata dell’istituto, ma ne descrive solo i requisiti minimi, viene definito “trust amorfo“.
Un “trust amorfo”
- è un trust che, non avendo una forma specifica predefinita, si adatta a diverse situazioni.
- può essere utilizzato per una vasta gamma di scopi, in quanto, in questa tipologia di trust, non sono contenute disposizioni sostanziali uniformi volte a dare una compiuta definizione dell’istituto
- è sostanzialmente privo di contenuti sul piano teorico così da essere facilmente adattabile agli ordinamenti di Common Law ed a quelli di Civil Law, come quello italiano.
Il trustee esercita ogni azione attiva e passiva riferibile al trust, ma è sottoposto alla segregazione patrimoniale; i creditori personali del trustee non possono aggredire i beni del trust che rimangono separati tanto nel caso di fallimento del trustee che in relazione ai suoi rapporti matrimoniali e successori.
Nel caso poi che la condotta del trustee conduca ad una confusione dei beni, diviene possibile la rivendicazione del patrimonio del trust da parte di chi, disponente o beneficiario, sia legittimato a pretendere il corretto rispetto della dotazione patrimoniale del trust.
L’art. 6 della Convenzione e fissa il principio della libertà della scelta della legge applicabile al trust ed in subordine, qualora la legge prescelta dal disponente sia inapplicabile all’operazione effettuata, la scelta non ha effetto e si applica la legge applicabile in base ai criteri di cui all’articolo 7.
Un trust è regolato dalla legge scelta dal disponente. La scelta deve essere espressa o implicita nei termini dell’atto istitutivo o della scrittura comprovante il trust, interpretati, se necessario, alla luce delle circostanze del caso.Ove la legge prescelta ai sensi del comma precedente non preveda i trust o la categoria di trust interessati, la scelta non ha effetto e si applica la legge di cui all’articolo 7.
Qualora non sia stata scelta alcuna legge applicabile, un trust sarà disciplinato dalla legge con la quale presenta il collegamento più stretto.Per l’accertamento della legge con la quale un trust è più strettamente connesso si fa riferimento in particolare a:
UN. | il luogo di amministrazione del trust designato dal disponente; |
B. | la posizione dei beni del trust; |
C. | il luogo di residenza o di attività del trustee; |
D. | gli oggetti del trust e i luoghi in cui devono essere realizzati. |
L’art. 12 della Convenzione conferisce al trustee la facoltà di rendere pubblica la sua qualità attraverso la registrazione dei beni oggetto del trust ovvero mediante qualsiasi altra modalità idonea a rendere nota ai terzi l’esistenza del trust, salvi i divieti e le incompatibilità della registrazione con la legislazione dello Stato in cui si richiede l’iscrizione.
“Articolo 12
Qualora il trustee intenda iscrivere beni, mobili o immobili, o titoli di proprietà degli stessi, ha diritto, nella misura in cui ciò non sia vietato o contrario alla legge dello Stato in cui si richiede l’iscrizione, di farlo in la sua qualità di trustee o in altro modo che l’esistenza del trust sia rivelata.”
L’art. 13 della Convenzione, premesso che tra gli Stati aderenti alla Convenzione vi sono degli ordinamenti che non contemplano la figura negoziale del trust, ordinamenti no-trust,, si attribuisce a ciascuno Stato la libertà di non riconoscere quelle operazioni i cui elementi portanti sono riconducibili a ordinamenti di Stati che non prevedono l’istituto del trust, salvo che si tratti di elementi quali la legge da applicare, il luogo di amministrazione dei beni, la residenza abituale del fiduciario, non ritenuti rilevanti ai fini del giudizio di ammissibilità.
“Articolo 13
Nessuno Stato è tenuto a riconoscere un trust i cui elementi significativi, ad eccezione della scelta della legge applicabile, del luogo di amministrazione e della residenza abituale del trustee, siano più strettamente connessi con Stati che non hanno l’istituto del trust fiducia o la categoria di fiducia coinvolta.”
Con l’art. 13 della Convenzione si è inteso evidentemente lasciare impregiudicata la libertà degli Stati aderenti alla Convenzione nella scelta delle categorie di trust ammissibili, adottando come criterio discerezionale la compatibilità tra gli elementi essenziali del negozio in concreto compiuto e la legislazione degli Stati ai quali questi elementi sono connessi.
Legge applicabile e riconoscimento
Come abbiamo visto, l’Italia non ha una norma di diritto positivo che disciplini l’istituto del trust e, quindi, si rende necessario il rinvio a una legge straniera per la sua regolamentazione.
Per effetto della ratifica a seguito della legge 9 ottobre 1989 n. 364della e dell’art. 6 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, possono essere riconosciuti effetti giuridici in Italia solo ai trust costituiti secondo la legge di uno Stato che preveda il Trust nel proprio ordinamento giuridico quale istituto tipico.
Ai sensi dell’art.7, qualora non sia stata scelta alcuna legge applicabile, un trust sarà disciplinato dalla legge con la quale presenta il collegamento più stretto e, per l’accertamento della legge con la quale un trust è più strettamente connesso, si fa riferimento in particolare a:
UN. | il luogo di amministrazione del trust designato dal disponente; |
B. | la posizione dei beni del trust; |
C. | il luogo di residenza o di attività del trustee; |
D. | gli oggetti del trust e i luoghi in cui devono essere realizzati. |
Ai sensi del secondo comma dell’art.6, ove la legge prescelta ai sensi del primo comma dell’art.6 non preveda i trust o la categoria di trust interessati, la scelta non ha effetto e si applica la legge di cui all’articolo 7 (un trust sarà disciplinato dalla legge con la quale presenta il collegamento più stretto).
Questo comporta che un Trust costituito ai sensi della Convenzione, se regolato da una legge straniera rispetto all’ordinamento dello Stato dove questi deve operare, deve essere riconosciuto valido e produttivo di effetti in questo Stato.
Ora, dal fatto che l’Italia non ha nel suo ordinamento norme di diritto positivo che disciplinino l’istituto del trust e dal fatto che questo rende necessario scegliere la legge di uno Stato che preveda il Trust nel proprio ordinamento giuridico quale istituto tipico, deriva che ci si dovrà porre il problema del RICOSCIMENTO dell’ATTO in ITALIA.
Questo, come abbiamo visto, pone la necessità di verificare la compatibilità delle clausole dell’atto costitutivo.
- con le norme del diritto italiano
- con le regole di carattere fiscale.
Ciò produce un dualismo fra la legge applicabile ed il riconoscimento.
L’art. 11 della Convenzione prevede il riconoscimento per ogni Trust costituito in conformità ad una legge specifica.
La Convenzione, per salvaguardare la sovranità dello Stato chiamato al riconoscimento, con l’art. 13 stabilisce che nessuno Stato è tenuto a riconoscere un Trust i cui elementi significativi, ad eccezione della scelta della legge applicabile, del luogo di amministrazione e della residenza abituale del trustee, siano più strettamente connessi con Stati che non hanno l’istituto del trust fiducia o la categoria di fiducia coinvolta.
In poche parole, l’art. 13 della Convenzione riconosce il potere, allo Stato che deve provvedere al riconoscimento, di rifiutarlo se gli elementi significativi del Trust, all’infuori della legge applicabile, del luogo di amministrazione e della residenza abituale del trustee, rimandano ad un diverso ordinamento che non riconosce l’istituto del Trust.
Al fine di favorirne il riconoscimento, la Convenzione detta all’art. 15 una serie di clausole di salvaguardia, riconducibili alle norme di applicazione necessaria, relative alla legge applicabile, alle norme di ordine pubblico interno dello Stato che provvederà al riconoscimento ed infine, alle cosiddette norme di ordine pubblico internazionale (artt. 15, comma 1, e 16, in combinato disposto con l’art. 17 della legge 31 maggio 1995 n. 281 recante “Riforma del sistema italiano di Diritto Internazionale privato (D.I.P.)“ (norma fondamentale che disciplina i rapporti giuridici tra privati con elementi di estraneità internazionale), e l’art. 18 della Convenzione).
Come abbiamo visto, gli “elementi costitutivi” di un Trust sono:
- trustee;
- disponente;
- beneficiario;
- beni in trust.
Si definisce “Trust puro o interno” un Trust i cui elementi costitutivi (trustee, disponente, beneficiari e “beni in trust”) sono tutti nazionali con unico e necessario elemento di estraneità la legge applicabile.
Si definisce “Trust internazionale” un Trust regolato da legge straniera e caratterizzato da significativi elementi sostanziali di internazionalità, o perché i “beni in trust” sono siti all’estero e/o i soggetti coinvolti (trustee e/o disponente e/o beneficiari) sono cittadini stranieri o, comunque, residenti all’estero.
La ratifica della Convenzione ha aperto uno spinoso interrogativo concernente la ammissibilità dei “Trust interni”.
Un primo e più risalente orientamento dottrinale si è pronunciato negativamente, ma, secondo l’indirizzo ormai del tutto prevalente, il trust sostanzialmente interno risulta definitivamente ammesso.
Deve ritenersi che il riconoscimento di un Trust debba avvenire solo a valle di una verifica in concreto della sussistenza di una adeguata e apprezzabile giustificazione causale.
Contro questa interpretazione l’isolato, contrario pronunciamento della Corte di Cassazione n. 9637 del 19 aprile 2018, secondo cui il Trust sarebbe un istituto di per sé meritevole di tutela, in quanto la valutazione di merito sarebbe stata compiuta a monte e in astratto dal legislatore italiano con la legge 9 ottobre 1989 n. 364 di ratifica della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985
L’articolo 28 della legge notarile n. 89/1913 prevede il controllo di legalità nell’ambito notarile, fondamentale per garantire che gli atti notarili siano conformi alla legge e all’ordine pubblico. Il notaio ha il dovere di non ricevere o autenticare atti espressamente proibiti dalla legge o manifestamente contrari all’ordine pubblico e al buon costume. Questo controllo si estende a diversi aspetti, come la verifica dell’inesistenza di precedenti ipoteche o vincoli sugli immobili.
Il controllo di legalità
L’art. 12 della Convenzione, ratificata dall’Italia con la legge 9 ottobre 1989 n. 364, consente al trustee di chiedere l’iscrizione nei registri immobiliari facendo risultare la sua qualità.
Come abbiamo visto, le norme italiane richiedono la forma scritta ad substantiam nel caso di trasferimento di beni immobili, di beni mobili registrati o di quote sociali e prevedono corrispondenti forme di pubblicità, con l’annotazione nei relativi registri.
Il trust deve essere istituito mediante per atto pubblico o scrittura privata autenticata se riguarda beni immobili o mobili registrati.
Il notaio ha il dovere di non ricevere o autenticare atti espressamente proibiti dalla legge o manifestamente contrari all’ordine pubblico e al buon costume.
Il controllo di legalità si estende a diversi aspetti, come la verifica dell’inesistenza di precedenti ipoteche o vincoli sugli immobili.
Il controllo di legalità, imposto dall’articolo 28 della legge notarile n. 89/1913, è necessario anche al fine di rendere l’atto titolo idoneo per la trascrizione nei registri immobiliari.
Il quarto comma dell’articolo 106 della legge notarile n. 89/1913 (come modificato dal D.L. n. 669/1996 convertito dalla legge n. 30/1997 che ha definitamene risolto la questione relativa al deposito delle scritture private autenticate) dispone che nell’archivio notarile sono depositati e conservati gli originali o le copie degli atti pubblici rogati e delle scritture private autenticate in paese estero prima di farne uso nello Stato, sempre che non siano già depositati presso un notaio esercente in Italia.
Quindi, perché un atto notarile estero sia utilizzabile in Italia, anche al fine dell’aggiornamento dei pubblici registri, deve preventivamente essere depositato presso un archivio notarile o presso un notaio italiano.
Il deposito dell’atto istitutivo di un trust costituito all’estero presso un archivio notarile o presso un notaio italiano è la condizione per la trascrizione nei registri immobiliari.
Inoltre l’archivio notarile o il notaio dovrà procedere alla verifica della sua correttezza formale e sostanziale, al fine di poterlo ricevere in deposito e renderlo così utilizzabile nel nostro ordinamento; un atto che non superi tale controllo non può essere oggetto di deposito.
Trust Autodichiarato, Trust Autodestinato, Trust Autodichiarato ed Autodestinato
Come abbiamo visto, i soggetti del trust o, più correttamente, le “posizioni giuridiche“ del trust, sono generalmente tre, settlor/disponente, trustee e beneficiary/beneficiario:
Posizione eventuale è quella del guardiano.
Le caratteristiche del trust, dettate dall’articolo 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, sono:
- distinzione dei beni del trust dal patrimonio del trustee;
- intestazione degli stessi al trustee o ad altra persona per suo conto;
- obbligatorietà della condotta del trustee nell’amministrazione, gestione e disponibilità dei beni secondo le finalità del trust e le norme particolari impostegli dalla legge regolatrice.
Il terzo comma dell’art. 2 della Convenzione, specificando le caratteristiche che deve avere un Trust, tra l’altro, dispone che;” La riserva da parte del disponente di determinati diritti e poteri, ed il fatto che il trustee possa egli stesso avere diritti in qualità di beneficiario, non sono necessariamente incompatibili con l’esistenza di un trust.”
Nel trust autodichiarato:
- il disponente si autonomina trustee e, quindi, convergono sulla medesima persona il ruolo di disponente e quello di trustee;
- non ha luogo il trasferimento dei beni, tipico del trust, che, però, tecnicamente fuoriescono dalla sfera patrimoniale del disponente;
- i beni restano nella materiale disponibilità del disponente;
- il disponente, pur mantenendo il controllo materiale dei beni, operando una separazione all’interno del suo patrimonio, impone un vincolo di destinazione sui beni conferiti in trust.
In quanto al riconoscimento di un trust autodichiarato, è sempre da tenere nella massima considerazione che lo scopo del trust deve poter essere sempre considerato meritevole secondo i principi dell’ordinamento giuridico di riferimento.
Negli ordinamenti che disciplinano il trust, si è evoluta la nozione di trust simulato (“sham trust”), che si ha quando il disponente mantiene, anche in via di fatto, il controllo dei beni costituiti in trust, e ne dispone come cosa propria.
Come abbiamo visto, l’art. 2 della Convenzione richiede espressamente che i beni costituiti in trust siano posti sotto il controllo del trustee, nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato.
E’ pertanto essenziale, al fine del riconoscimento del trust, che il disponente perda effettivamente il controllo sui beni costituiti in trust, che deve spettare soltanto al trustee.
Secondo il terzo comma dell’art. 2 della Convenzione, il fatto che il disponente conservi alcuni diritti o alcune facoltà non è necessariamente incompatibile con l’esistenza di un trust, ma deve essere chiaro che il controllo spetta al trustee.
Il trust simulato (“sham trust”) è nullo fin dall’origine, e i beni si considerano a tutti gli effetti di proprietà del disponente.
Contro la riconoscibilità in Italia del trust autodichiarato, vi è una consolidata giurisprudenza, che ha spesso ritenuto illegittimo il trust nel quale il disponente mantiene la disponibilità dei beni.
I vantaggi fiscali di un trust autodichiarato potrebbero essere:
- una ritardata imposizione ai fini delle imposte indirette in quanto queste non sono dovute al momento della costituzione del vincolo, ma solo al momento in cui vengono posti in essere gli atti con cui vengono attribuiti i beni vincolati in trust ai beneficiari (Vedi: Tassazione dei Trust ai fini delle imposte indirette);
- se il reddito derivante dai beni conferiti in trust era, in capo al disponente, soggetto ad un’elevata aliquota IRPEF, usufruire dell’aliquota IRES del 24% (Vedi: Tassazione dei Trust ai fini delle imposte sui redditi).
L’Agenzia delle entrate considera inesistenti, sotto il profilo fiscale, i trust nei quali il disponente si riserva poteri rilevanti sull’amministrazione del patrimonio o sulla sua destinazione (cosiddetti “trust interposti”), con conseguente tassazione dei redditi in capo al disponente.
Nel trust autodestinato convergono nel medesimo soggetto il ruolo del disponente e quello del beneficiario.
È evidente che nel caso di un trust autodestinato bisogna porre un’elevata attenzione a tutti quei fattori che possono portare a considerare la non validità in Italia del trust.
Ricordiamo che lo scopo del trust deve potere essere sempre considerato meritevole secondo i principi dell’ordinamento giuridico di riferimento.
Fermo restando le condizioni generali affinché un trust possa essere riconosciuto valido, il trust autodestinato, (aggiungiamo) con più beneficiari, potrebbe essere valido per quanto attiene il terzo comma dell’art. 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 che dispone, come abbiamo visto, che: “ La riserva da parte del disponente di determinati diritti ……. non sono necessariamente incompatibili con l’esistenza di un trust.“
Perché parliamo di trust autodestinato con più beneficiari, a parte, scusate se ci ripetiamo, le condizioni generali affinché un trust possa considerarsi valido, il terzo comma dell’art. 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 testualmente dispone che non è necessariamente incompatibile con l’esistenza di un trust il fatto che il disponente possa egli stesso avere determinati diritti.
Secondo noi se la Convenzione avesse voluto intendere che il disponente potesse rivestire egli stesso la figura di unico beneficiario si sarebbe espressa testualmente in tal senso e non disponendo che “il disponente possa egli stesso avere determinati diritti”.
Inoltre, come minimo, dati i vantaggi fiscali che l’istituzione di un trust autodestinato potrebbe comportare questo sarà guardato sempre con sospetto dalle autorità fiscali.
Possiamo anche avere anche il caso di trust autodestinato ed autodichiarato in cui le tre “posizioni giuridiche“ del trust, disponente, trustee e beneficiario confluiscono in un unico soggetto.
In questo caso, a maggior ragione, per le considerazioni fin qui poste, un trust autodestinato ed autodichiarato, in cui le tre “posizioni giuridiche“ del trust confluiscono in un unico soggetto, non può essere considerato valido in Italia.
Il trust non dispone di personalità giuridica ed è privo di legittimazione processuale spettando invece la legittimazione al trustee unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi
La Corte di Cassazione con la sentenza del 20 febbraio 2015 n. 3456, si è così espressa:” in ossequio al principio di diritto di recente posto da questa stessa sezione (Sez. 1, Sentenza n. 10105 del 2014) secondo cui il trust non è un ente dotato di personalità giuridica,
ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato e formalmente intestati al trustee, che è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi non quale legale rappresentante, ma come
colui che dispone del diritto. Ne consegue che esso non è litisconsorte necessario, ad esempio, nel procedimento per la dichiarazione di fallimento della società che vi ha conferito l’intera sua azienda,
comprensiva di crediti e di debiti, in quanto l’effetto proprio del trust non è quello di dare vita ad un nuovo soggetto di diritto, ma quello di istituire un patrimonio destinato ad un fine prestabilito. “.
La Quinta Sezione civile della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 25478 del 18 dicembre 2015 così si esprime nei motivi della decisione:
“dovendo riaffermarsi in questa sede l’inesistenza della soggettività del trust, il quale – come chiaramente traesi dall’art. 2 della afferente Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, resa esecutiva in Italia con L. 16 ottobre 1989, n. 364 – è costituito da un insieme di rapporti giuridici “istituiti da una persona, il disponente – con atto tra vivi o mortis causa – qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato”.
Questa corte ha più volte affermato che il trust non è quindi un soggetto giuridico dotato di propria personalità, essendo invece unicamente il trustee la persona di riferimento nei rapporti con i terzi, non quale “legale rappresentante” di un inesistente soggetto distinto, ma come soggetto che dispone del diritto (v. Sez. 2^ n. 28363-11, in tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada; e v. pure Sez. 1^ n. 10105-14, per la negazione della qualità di litisconsorte del trust nel procedimento per la dichiarazione di fallimento della società che vi avesse conferito l’azienda; da ultimo, per identico principio in ordine al difetto di soggettività del trust, Sez. 1^ n. 3456-15).
L’affermazione rileva anche nelle controversie nelle quali si discute di pretese erariali, essendo coerente con la caratteristica specifica dell’atto istitutivo di un trust affermare che quell’atto non da vita a un nuovo soggetto giuridico sebbene all’effetto di segregazione patrimoniale.“
La Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 25800 del 22 dicembre 2015, aveva stabilito che Il “trust” non è un ente dotato di personalità giuridica ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato, nell’interesse di uno o più beneficiari, e formalmente intestati al “trustee”, il quale, pertanto, disponendo in via esclusiva dei diritti conferiti nel patrimonio vincolato, è l’unico soggetto legittimato a farli valere nei rapporti con i terzi, anche in giudizio.
La Terza Sezione civile della Corte di Cassazione con la Sentenza n. 2043 del 27 gennaio 2017 aveva affrontato la tematica delle
modalità del pignoramento di beni conferiti in trust.
“15.- Questa premessa consente di affrontare la tematica delle modalità del pignoramento di beni conferiti in trust alla stregua della giurisprudenza già consolidata di questa Corte in ordine alla natura di quest’ultimo e che non si vede alcun valido motivo di modificare: istituto che è ivi costantemente definito non già quale ente dotato di personalità giuridica, ma quale semplice insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato, nell’interesse di uno o più beneficiari, formalmente intestati al trustee.
16.- Infatti, “con il trust alcuni beni vengono posti sotto il controllo di un fiduciario, il trustee, nell’interesse di uno o più beneficiari e per un fine determinato. Secondo quanto prevede l’art. 2 della Convenzione dell’Aja dell’i luglio 1985, resa esecutiva in Italia con la legge 16 ottobre 1989, n. 364, il vincolo di destinazione mantiene i beni in trust distinti dal patrimonio del trustee, cui è demandato di ‘amministrare, gestire o disporre dei beni in conformità alle disposizioni del trust e secondo le norme imposte dalla legge al trustee’; benché il trust non abbia personalità giuridica, dunque, il trustee è l’unico soggetto legittimato nei rapporti con i terzi, in quanto dispone in esclusiva del patrimonio vincolato alla predeterminata destinazione” (Cass. 22 dicembre 2015, n. 25800).
17.- Di conseguenza, è il trustee l’unica persona di riferimento con i terzi e non quale legale rappresentante, ma quale soggetto che dispone del diritto (Cass. 18 dicembre 2015, n. 25478; Cass. 20 febbraio 2015, n. 3456): e ciò in quanto l’effetto proprio del trust non è quello di dare vita ad un nuovo soggetto di diritto, ma quello di istituire un patrimonio destinato ad un fine prestabilito (Cass. 9 maggio 2014, n. 10105), sulla base delle ampie argomentazioni sviluppate nei precedenti di questa Corte, ai quali stima il Collegio opportuno dare continuità mediante un mero richiamo.
18.- Quale ulteriore conseguenza, va escluso che possa ritenersi in alcun modo il trust titolare di diritti e tanto meno destinatario di un pignoramento che abbia ad oggetto i medesimi: e l’applicazione di tale pacifica conclusione della giurisprudenza di questa Corte al campo delle esecuzioni civili porta all’ulteriore corollario che i beni conferiti nel trust debbono essere pignorati nei confronti del trustee, perfino a prescindere dall’espressa spendita di tale qualità, relegando ad una valutazione di mera opportunità – e quindi di mera facoltatività – un’apposita menzione dell’appartenenza di quelli ad una massa separata o segregata, quale in genere viene ricostruito il patrimonio che il trust compone.
19.- Al contrario, un pignoramento che colpisca beni che si prospettano nella – formale e separata – titolarità di un trust prospetta una fattispecie giuridicamente impossibile secondo il vigente ordinamento interno e, quindi, insanabilmente nulla per impossibilità di identificare un soggetto esecutato giuridicamente possibile, siccome inesistente e quindi insuscettibile tanto di essere titolare di diritti che – soprattutto e per quanto rileva ai fini della perseguibilità del relativo processo esecutivo – di subire espropriazioni (cioè coattivi trasferimenti) dei medesimi.
20.- Pertanto, correttamente la gravata sentenza esclude la validità del pignoramento eseguito nei confronti del trust anziché del trustee. “
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 2894 del 7/2/2020 delle Sesta Sezione, richiamando la Sentenza della Quinta Sezione della Corte di Cassazione n. 25478 del 18/12/2015, Rv. 638197 – 01, ha stabilito che: “il “trust” non è un ente dotato di personalità giuridica, ma un insieme di beni destinati ad un fine determinato, formalmente intestati al “trustee”, che costituisce l’unica persona di riferimento con i terzi, non quale legale rappresentante, ma quale soggetto che dispone del diritto.”
I Giudici, con l’ordinanza 2894 del 7/2/2020 delle Sesta Sezione, richiamando la Sentenza della Terza Sezione della Corte di Cassazione n. 19376 del 03/08/2017, Rv. 645384 – 02, hanno ribadito che: “L’interesse alla corretta amministrazione del patrimonio in trust non integra una posizione di diritto soggettivo attuale in favore dei beneficiari …… conseguentemente, deve escludersi che i beneficiari non titolari di diritti attuali sui beni siano legittimati passivi e litisconsorti necessari…………spettando invece la legittimazione, oltre al debitore, al trustee, in quanto unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi”.