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Disapplicazione del regime sulle Società Controllate Estere (Controlled Foreign Companies (CFC))

Riguardo alla disapplicazione del regime sulle Società Controllate Estere (Controlled Foreign Companies (CFC)),  il quinto comma dell’articolo 167 Tuir prevede che questa possa ricorrere laddove il contribuente dimostri che l’impresa controllata estera svolga una “attività economica effettiva, mediante l’impiego di

  • personale;
  • attrezzature;
  • attivi;
  • locali”.

Una considerazione di rilievo da fare è quella al riguardo della “attività economica effettiva”. Nella precedente formulazione del 167 TUIR, il quinto comma,  (“la societa’ o altro ente non residente svolga un’effettiva attività’ industriale o commerciale, come sua principale attività’, nel mercato dello stato o territorio di insediamento“) si faceva riferimento ad una  “attività industriale e commerciale”. Nella nuova formulazione del quinto comma si parla di “attività economica effettiva”, quindi  si dovrà valutare l’adeguatezza della struttura organizzativa dell’impresa estera rispetto all’attività in concreto svolta.

L’Agenzia delle Entrate ha emanato la circolare n° 18/E (Circolare ATAD n. 1 – Chiarimenti in tema di Società Controllate Estere (CFC) – articolo 167 del TUIR, come modificato
dall’articolo 4 del DECRETO LEGISLATIVO 29 novembre 2018, n. 142),
 che riporta importanti chiarimenti in merito alla disciplina delle Controlled Foreign Companies (CFC).

Il punto n. 6  della circolare n° 18/E  è dedicato alla cicostanza esimente:

Il comma 5 dell’articolo 167 del TUIR stabilisce che il soggetto controllante residente può, anche a seguito di una apposita istanza di interpello presentata all’Agenzia dell’entrate, disapplicare la normativa CFC qualora l’entità controllata (o la stabile organizzazione) svolga nel proprio Stato di residenza (o stabilimento) «un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali».

L’esimente introdotta dal legislatore italiano è coerente con la Direttiva che, all’articolo 7, paragrafo 2, consente di escludere la tassazione per trasparenza «se la società controllata estera svolge un’attività economica sostanziale sostenuta da personale, attrezzature, attivi e locali, come evidenziato da circostante e fatti pertinenti».

La nuova formulazione sostituisce il previgente sistema delle esimenti, costruito sulla distinzione a seconda che la controllata fosse:

  1. localizzata in una giurisdizione a fiscalità privilegiata (o soggetta a un regime speciale) individuata dal previgente comma 4 dell’articolo 167 del TUIR; ovvero
  2. localizzata in una giurisdizione diversa da quelle di cui al citato comma 4 e integrasse i presupposti individuati dall’allora vigente comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR.

Nel caso sub 1), la disapplicazione della CFC rule presupponeva il riconoscimento di almeno una delle circostanze indicate, rispettivamente nelle lettere a) e b) dell’articolo 167, comma 5, del TUIR, ossia che:

  1. a) la società o altro ente non residente svolgesse un’effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello stato o territorio di insediamento; per le attività bancarie, finanziarie e assicurative quest’ultima condizione si riteneva soddisfatta quando la maggior parte delle fonti, degli impieghi o dei ricavi originavano nello Stato o territorio di insediamento (c.d. “prima esimente”);
  2. b) dalle partecipazioni non conseguisse l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato (c.d. “seconda esimente”).

Ricorrendo il caso sub 2), invece, l’allora vigente comma 8-ter dell’articolo 167 del TUIR subordinava la disapplicazione della CFC rule alla dimostrazione che l’insediamento all’estero non rappresentasse «una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale».

 La nuova unica circostanza esimente, introdotta dal Decreto, non opera distinzioni in virtù del criterio territoriale (Come già anticipato, infatti, la possibilità di dimostrare l’esimente dello svolgimento di un’“attività economica sostanziale” viene riconosciuta a prescindere dal Paese di residenza o di localizzazione della CFC, quindi anche nel caso di entità controllate estere non residenti o localizzate in Paesi diversi da quelli europei o dello Spazio economico europeo)e presenta differenze rispetto alle precedenti esimenti.

La formulazione attuale, infatti, pur mantenendo analogie con la vecchia prima esimente di cui alla lettera a) del comma 5 dell’articolo 167 del TUIR, se ne discosta, anzitutto, per la portata più ampia, facendo riferimento allo svolgimento di “un’attività economica effettiva” e non più allo svolgimento di “un’effettiva attività industriale o commerciale”.

Al riguardo, preme rilevare come il legislatore nazionale, in linea con quello europeo, richieda comunque che l’attività sia «sostenuta da personale, attrezzature, attivi e locali», ossia da una struttura che presenti una consistenza economica adeguata all’attività svolta.

La dimostrazione di tale esimente richiede la disponibilità di un adeguato set documentale, da produrre in sede di interpello o controllo. Un elenco esemplificativo dei documenti da produrre ai fini della suddetta dimostrazione è contenuto nell’ALLEGATO n. 4.

La necessità che la struttura presenti una consistenza economica adeguata all’attività svolta vale anche per quelle entità che non svolgono un’attività propriamente commerciale, alle quali è comunque richiesta una presenza adeguata alle funzioni poste in essere.

Ci si riferisce, in particolare, a quelle attività che non necessitano di una struttura organizzativa particolarmente complessa, come le holding o le società che gestiscono attivi immobilizzati senza svolgere alcuna attività di stampo industriale o commerciale.

In relazione a tali soggetti, l’esimente non può essere riconosciuta in presenza di una struttura organizzativa priva di effettiva attività e di una reale consistenza (ad esempio, laddove il personale, i locali e le attrezzature risultino messi a disposizione da società domiciliatarie attraverso contratti di management service) e, in concreto, senza autonomia decisionale se non dal punto di vista formale.

In tal senso, una società estera controllata risulta da assoggettare a tassazione qualora questa non sia in grado di svolgere autonomamente le attività che generano i propri profitti.

Per le entità estere svolgenti tali attività, non è preclusa la dimostrazione della circostanza esimente, ma si ritiene che la prova dello svolgimento di attività economica effettiva possa essere resa dal soggetto controllante residente facendo riferimento a determinati indici, già individuati dalla circolare n. 51/E del 2010 in relazione alla previgente disciplina CFC con riferimento alle attività c.d. immateriali.

Un elenco esemplificativo degli indici e della documentazione da produrre per provare lo svolgimento di un’attività economica effettiva da parte di società che non svolgono attività di stampo industriale o commerciale nel senso sopra indicato è fornito nell’ALLEGATO n. 5. Resta inteso che la valutazione degli elementi ivi elencati presuppone necessariamente un esame caso per caso della sostanza economica dell’entità estera, tenendo conto del profilo funzionale richiesto dall’attività della controllata.

La nuova circostanza esimente, inoltre, a differenza di quella prevista dalla previgente formulazione dell’articolo 167, comma 5, lettera a), del TUIR, non richiede il requisito del c.d. “radicamento”, ossia non presuppone che l’attività dell’entità controllata si rivolga al mercato dello Stato o territorio di insediamento.

Resta inteso che la circostanza che l’entità estera svolga la sua attività economica sostanziale rivolgendosi al mercato di insediamento, sebbene non sia una condizione necessaria per la disapplicazione della CFC rule, sarà comunque valorizzata nell’apprezzamento dell’esimente, coerentemente con quanto previsto dalla Corte di Giustizia che, nella citata sentenza Cadbury Schweppes del 12 settembre 2006 (causa C-196/04), ha rilevato come «la nozione di stabilimento di cui alle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento implica l’esercizio effettivo di un’attività economica per una durata di tempo indeterminata, mercé l’insediamento in pianta stabile in un altro Stato membro».

Al riguardo, si evidenzia che l’attuale circostanza esimente, riflettendo l’evoluzione della giurisprudenza europea, ha sviluppato la nozione di “costruzione artificiosa”, richiedendo che l’entità estera risponda a un insediamento reale che abbia per oggetto l’espletamento di attività economiche effettive e che sia dotata di una struttura idonea in termini di personale, attrezzature, attivi e locali.

Per quanto attiene alla prova della sussistenza degli elementi in base ai quali si può dimostrare l’esercizio di un’attività economica effettiva (personale, attrezzature, attivi e locali), il livello di presenza di tali elementi deve essere valutato in ragione della natura dell’attività e delle funzioni svolte dall’entità estera.

Quanto appena precisato vale anche qualora l’entità controllata estera svolga sia attività c.d. “passive” sia altre attività. Tale approccio è coerente con l’impostazione della norma che prevede, nel caso di mancata dimostrazione dell’esimente, l’imputazione per trasparenza dell’intero reddito della CFC (ivi

incluso quello “diverted from parent jurisdiction” e quello “foreign to foreign”, sia la parte riferibile ad attività “passive”, sia quella riferibile alle altre attività).

Tuttavia, anche alla luce di quanto rilevato dall’OCSE nel Rapporto BEPS Azione 3 più volte citato, al fine di garantire un adeguato presidio degli interessi erariali e, quindi, di evitare comportamenti posti in essere allo scopo di dimostrare – strumentalmente – la sussistenza dell’esimente, “innestando”, solo formalmente, una o più attività da cui derivano redditi “passive” all’interno di un’adeguata struttura (in termini di personale, attrezzature, attivi e locali) riferibile ad altre attività (c.d. effetto di “swamping”), l’Amministrazione finanziaria, in sede di verifica e sulla base di apposita analisi di rischio, dovrà:

− utilizzare gli strumenti previsti dalla normativa sui prezzi di trasferimento nelle operazioni con l’entità controllata estera, allo scopo di assicurare che, tanto con riguardo ai redditi “passive” quanto con riguardo agli altri redditi dell’entità estera, non si siano verificati fenomeni di distoglimento di reddito a danno dell’Italia verso l’entità controllata estera (“diversion from parent jurisdiction”);

− valutare l’attivazione delle previste procedure di cooperazione amministrativa con gli altri Stati eventualmente interessati. Resta ferma, a seconda dei casi, l’utilizzabilità anche di altri strumenti eventualmente applicabili (ad esempio, le discipline di contrasto alla “esterovestizione” e all’interposizione ovvero la verifica delle condizioni per riconoscere la qualifica di beneficiario effettivo, etc.).

Infine, in merito alle stabili organizzazioni di soggetti non residenti, preme rilevare che, coerentemente con quanto precisato in ordine al tax rate test e al passive income test, la dimostrazione della nuova esimente deve essere resa con riferimento all’intera attività della CFC se la stabile organizzazione viene tassata nello Stato di residenza. Diversamente, se la branch è esentata nello Stato di residenza della casa madre, la dimostrazione dell’esimente sarà circoscritta all’attività e alla struttura imputabile alla branch. In questa seconda ipotesi, la società controllata che, singolarmente considerata, fosse da qualificare CFC, ai fini della dimostrazione in esame assumerà rilevanza la sola attività da questa svolta e il personale e le attrezzature utilizzate dalla medesima. Si ribadisce che, a livello pratico, le informazioni contenute nella documentazione atta a dimostrare la corretta attribuzione di utili o perdite alla stabile organizzazione in esenzione di un soggetto residente in Italia, effettuata in stretta aderenza all’approccio autorizzato OCSE (AOA) (come peraltro già richiesto dal regime di branch exemption), possono formare utile ausilio ai fini della dimostrazione dell’esimente prevista dal comma 5 dell’articolo 167 TUIR. Resta fermo che la disciplina CFC interviene comunque laddove non risulti possibile (o agevole) pervenire a una individuazione ragionevolmente attendibile dei redditi (o delle perdite) attribuibili alla stabile organizzazione medesima.

Mutatis mutandis, analogo approccio andrà adottato nel caso in cui la disciplina di tassazione per trasparenza trovi applicazione in capo a entità estere trasparenti e/o i propri soci (partner) che risultino controllati dal socio residente o localizzato in Italia, facendo riferimento alle considerazioni svolte nel precedente paragrafo 4.3 a proposito dell’ETR test.

Per completezza, si osserva che il nuovo articolo 167 del TUIR, conformemente alla Direttiva, non ripropone la c.d. “seconda esimente” di cui alla lettera b) del comma 5 del previgente articolo 167 del TUIR, che richiedeva di dimostrare che «dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato» (Il superamento dell’esimente prevedeva la dimostrazione che il carico fiscale scontato nel Paese di insediamento della controllata fosse almeno pari al 50 per cento di quello che sarebbe stato scontato laddove la stessa fosse stata residente in Italia. Come chiarito nella circolare 4 agosto 2016, n. 35/E, tale dimostrazione si sostanziava nella verifica che il tax rate effettivo estero fosse superiore alla metà dell’aliquota nominale italiana (data dalla sommatoria dell’aliquota IRES e dell’aliquota ordinaria IRAP) e, nel caso di fallimento di questo primo test, nell’ulteriore verifica che il tax rate effettivo estero fosse superiore al 50 per cento di quello virtuale italiano. È evidente che il meccanismo di detta esimente non avrebbe potuto funzionare nell’ambito della nuova disciplina CFC, connotata da un approccio imperniato sulla tassazione effettiva, il cui presupposto applicativo è, infatti, già basato sul riscontro di un tax rate effettivo estero inferiore alla metà di quello virtuale italiano.).

È venuta meno anche l’esimente di cui al comma 8-ter dell’articolo 167 del TUIR, dedicata, sin dall’entrata in vigore, a tutte le controllate localizzate in Stati diversi da quelli a fiscalità privilegiata, inclusi gli Stati membri dell’Unione europea e quelli aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo (Per la dimostrazione dell’esimente di cui al citato comma 8-ter, il socio residente era chiamato a dimostrare che «l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale».).

Secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 36050 del 07.12.2022), la circostanza esimente che consente di disapplicare la disciplina CFC (articolo 167 Tuir), in ragione dell’esercizio di un’attività economica effettiva da parte della società controllata estera nel mercato dello Stato estero di insediamento, deve essere interpretata tenendo in debita considerazione la ratio della disciplina, ovverosia “[…] l’intento del legislatore di contrasto all’abuso dello strumento societario in ambito internazionale, attraverso il ricorso a società controllate di natura fittizia prive di alcuna struttura realmente operativa nel territorio estero”.

Ne consegue che detta disapplicazione deve essere garantita allorquando, semplicemente, “[…] si provi l’esercizio di un’attività economica effettiva da parte della controllata estera, mediante la produzione di documentazione che dimostri l’esistenza di un fenomeno di delocalizzazione reale dell’impresa”.

In merito al requisito dell’”autonomia decisionale“ della controllata estera, richiesto dall’Agenzia delle entrate la sentenza n. 36050 del 07.12.2022 così si esprime:

il requisito dell’”autonomia decisionale“ della controllata estera rispetto alla controllante residente in Italia non assume carattere decisivo ai fini dell’applicazione dell’esimente in esame, in quanto estraneo a un’interpretazione sia strettamente letterale che teleologica della norma che la prevede.

E’, infatti, la stessa normativa CFC a presupporre, quale sua condizione applicativa, l’esistenza di un determinato rapporto di controllo tra la controllante italiana e la controllata estera (art.167 cit., secondo comma) sicché un’interpretazione che riterrebbe tale presupposto, al contempo, anche condizione necessaria dell’ipotesi di disapplicazione sarebbe, come condivisibilmente rilevato anche dal P.G., illogica e contraddittoria.

4.4. Alla luce delle superiori considerazioni, la ricostruzione del quadro normativo di riferimento e l’interpretazione datane dalla C.T.R. (nel senso che ai fini dell’esimente di cui al quinto comma dell’art.167 del d.P.R. n.917 del 1986 non sia necessaria anche l’autonomia gestionale della controllata estera) sono in linea con la ratio legis e trovano, anche, conferma nella giurisprudenza eurounitaria (v. CGUE Corte di Cassazione – copia non ufficiale 8 sentenza 12.09.20016, causa C-196/04) e di questa Corte (vedi, tra le altre, Cass., 16.12.2015, n.25281) le quali, in tema di contrasto all’abuso dello schermo societario, in ambito internazionale, hanno, sempre, dato rilievo, a tal fine, alle costruzioni di puro artificio mentre, di contro, hanno escluso l’applicazione di una misura impositiva antielusiva (quale quella in esame), ove da elementi oggettivi e verificabili da parte di terzi, risulti che, pur in presenza di motivazioni di natura fiscale, la controllata è realmente impiantata nello Stato di stabilimento e ivi eserciti attività economiche effettive.

 4.5. Va, da ultimo, osservato che siffatta interpretazione dell’esimente in esame è stata, peraltro, fatta propria anche dall’Amministrazione, nei documenti di prassi (v. Circolare n.18/E del 27.12.2021) emessi a seguito dell’entrata in vigore dall’articolo 4 del decreto legislativo 29 novembre 2018 n. 142 (di seguito, “Decreto ATAD”), attuativo della Direttiva UE 2016/1164 (c.d. “Direttiva ATAD) recante norme di contrasto alle pratiche di elusione fiscale attuate a livello transnazionale, che, nell’introdurre modifiche all’art.167 TUIR, ha pressoché lasciato immutata l’esimente di cui alla lettera a) del comma 5, oggetto di esame.

Il quinto comma dell’articolo 167 Tuir prevede che il contribuente possa avvalersi dell’interpello preventivo ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212.  Per i contribuenti che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 5 maggio 2015, n. 128, l’istanza di interpello di cui sopra puo’ essere presentata indipendentemente dalla verifica delle condizioni di cui al comma 4, lettere a) e b) dell’articolo 167 Tuir.

Si ritiene che, nel caso l’Agenzia delle entrate esprima parere
contrario alla disapplicazione della normativa CFC, sia possibile impugnare il rigetto dell’istanza di interpello con ricorso
alla Commissione tributaria provinciale.

Infatti la citata  sentenza n. 36050 del 07.12.2022 della Suprema Corte così si esprime:”alla luce della consolidata giurisprudenza, in materia, di questa Corte la quale in numerose pronunce (Cass.n.13963 del 05/06/2017; Cass.n.25281 del 2015; id.n. 32425 del 11/12/2019) ha ribadito, il principio già affermato da Cass.n.17010 del 2012 secondo cui <in tema di contenzioso  tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 ha natura tassativa ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, siccome è possibile un’interpretazione estensiva delle disposizioni in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.) ed in considerazione dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato
con la l. n. 448 del 2001. Ne consegue che il contribuente ha la facoltà
e non l’onere di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle
Entrate di disapplicazione di norme antielusive ex art. 37 bis, comma
8, del d.P.R. n. 600 del 1973, atteso che lo stesso non è atto rientrante
nelle tipologie elencate dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 ma
provvedimento con cui l’Amministrazione porta a conoscenza del
contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio
convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario. > .

Con tali pronunce si è condivisibilmente ritenuto che la risposta dell’Agenzia delle entrate in sede di interpello cd. ”disapplicativo” è idonea a esprimere una pretesa tributaria che incide sulla situazione giuridica soggettiva di cui è titolare il contribuente e sulla sua condotta in ordine alla dichiarazione dei redditi, ravvisandosi, perciò, in capo al contribuente un interesse all’impugnazione ai sensi dell’art.100 cod.proc.civ.

Circolare n° 18/E del 27.12.2021: Cfc l’utile tassato per trasparenza paga anche alla distribuzione

Il giorno 27.12.2021 l’Agenzia delle Entrate ha emanato la circolare n° 18/E (Circolare ATAD n. 1 – Chiarimenti in tema di Società Controllate Estere (CFC) – articolo 167 del TUIR, come modificato
dall’articolo 4 del DECRETO LEGISLATIVO 29 novembre 2018, n. 142),
 che riporta importanti chiarimenti in merito alla disciplina delle Controlled Foreign Companies (CFC).

La circolare n° 18/E  ripercorre tutte le modifiche, dovute al recepimento della Direttiva ATAD  (cosiddetta Anti Tax Avoidance Directive – ATAD 1) , intervenute nella normativa nazionale.

La  direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016  (cosiddetta Anti Tax Avoidance Directive – ATAD 1) fa parte del pacchetto anti elusione (Anti Tax Avoidance Package) varato dalla Commissione Europea per introdurre negli Stati membri un insieme di misure di contrasto alle pratiche di elusione fiscale.
Essa si basa sulle raccomandazioni dell’OCSE del 2015 volte ad
affrontare l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (progetto Base erosion and profit shifting (BEPS)): si tratta di azioni per contrastare le politiche di pianificazione fiscale aggressiva  e per evitare lo spostamento di base imponibile dai Paesi ad alta fiscalità verso altri con pressione fiscale bassa o nulla da parte delle imprese multinazionali, puntando a stabilire regole uniche e trasparenti condivise a livello internazionale.

L’Articolo 7 della direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016  (cosiddetta Anti Tax Avoidance Directive – ATAD 1) è dedicato alle “Norme sulle società controllate estere”. (1)

L’Articolo 8 è dedicato al “Calcolo dei redditi delle società controllate estere”. (2)

In base al comma 10 dell’articolo 167 del Tuir (nella versione In vigore dal 12/01/2019 a seguito delle modifiche apportate dal Decreto legislativo del 29/11/2018 n. 142 Articolo 4) gli utili distribuiti dalla Controlled Foreign Companies non concorrono alla formazione del reddito dei soggetti residenti partecipanti, «fino a concorrenza» dei redditi già assoggettati a tassazione per trasparenza anche nei periodi d’imposta precedenti.

La stessa norma la ritroviamo nel comma 7 dell’articolo 167 nella versione antecedente al Decreto legislativo del 29/11/2018 n. 142 Articolo 4.

L’Agenzia delle Entrate con la circolare 51/E del 06/10/2010 (Disciplina relativa alle controlled foreign companies (CFC) – Dividendi provenienti e costi sostenuti con Stati o territori a
fiscalità privilegiata – Chiarimenti ) ) al paragrafo 2 (LA DISCIPLINA CFC) aveva chiarito che:”Ai sensi dell’articolo 167, comma 7, del Tuir, i dividendi distribuiti dalla CFC “…non concorrono alla formazione del reddito dei soggetti residenti fino all’ammontare del reddito assoggettato a tassazione, …., anchenegli esercizi precedenti”.

L’imposizione per trasparenza del reddito della Controlled Foreign Companies «esauriva» il prelievo fiscale su quello stesso reddito, assoggettato a tassazione separata con l’aliquota media applicata sul reddito del soggetto cui sono imputati e, comunque, non inferiore all’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle societa’, che, quindi,  non doveva essere tassato una seconda volta al momento della distribuzione con la conseguenza che l’utile distribuito doveva essere interamente sterilizzato ove derivante da un reddito già imputato per trasparenza.

La circolare n° 18/E del 27.12.2021, richiamando il dettato della direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016  (cosiddetta Anti Tax Avoidance Directive – ATAD 1), attuata in Italia dal Dlgs 142/2018, che ha tra l’altro riformulato con l’art.4 l’articolo 167 del Tuir) al paragrafo 10 DISTRIBUZIONE DEGLI UTILI, considerara superate le precedenti indicazioni di
prassi (fornite con la circolare 51/E del 06/10/2010)

Al paragrafo 10 la circolare n° 18/E del 27.12.2021 così si esprime:

“Ai fini del calcolo dei redditi delle società controllate estere, l’articolo 8, comma 5, della Direttiva ATAD (2) statuisce che «Se l’entità distribuisce utili al contribuente, e tali utili distribuiti sono inclusi nel reddito imponibile del contribuente, gli importi dei redditi precedentemente inclusi nella base imponibile a norma dell’articolo 7 sono dedotti dalla base imponibile in sede di calcolo dell’importo dell’imposta dovuta sugli utili distribuiti, al fine di evitare una doppia imposizione». In senso sostanzialmente conforme si esprime il comma 10 dell’articolo 167 laddove viene previsto che: «Gli utili distribuiti, in qualsiasi forma, dai soggetti controllati non residenti non concorrono alla formazione delreddito dei soggetti di cui al comma 1 fino a concorrenza dei redditi assoggettati a tassazione ai sensi del comma 8, anche nei periodi d’imposta precedenti […]».

Al fine di evitare fenomeni di doppia imposizione, dunque, la Direttiva prevede la possibilità di dedurre dalla base imponibile cui assoggettare eventualmente gli utili distribuiti dalla CFC al soggetto controllante in Italia, “gli importi” dei redditi che hanno precedentemente formato oggetto di tassazione per trasparenza in capo al socio italiano. La norma interna, analogamente a quanto statuito dalla Direttiva, prevede la possibilità di escludere dalla formazione della base imponibile la quota parte degli utili riferibile a redditi imputati e tassati per trasparenza in capo al socio italiano («fino a concorrenza»).

Tanto premesso, debbono considerarsi superate le precedenti indicazioni di prassi (fornite con la Circolare 51/e del 6 settembre 2010), secondo le quali era previsto che l’imposizione per trasparenza del reddito della CFC esaurisse il prelievo fiscale in relazione al medesimo reddito: in altri termini, se gli utili dalla CFC originano da un reddito precedentemente tassato per trasparenza in capo al socio italiano, gli stessi non vanno nuovamente tassati in capo al medesimo soggetto «fino a concorrenza dei redditi assoggettati atassazione ai sensi del comma 8» dell’articolo 167.

In buona sostanza, per ottemperare al disposto della Direttiva, l’applicazione della disciplina CFC determina l’accumulo di un “basket” di utili della CFC tassati per trasparenza. Tale basket rappresenta una sorta di “franchigia” all’interno della quale gli utili successivamente distribuiti dalla CFC non dovranno nuovamente scontare l’imposizione in capo al partecipante residente.

Gli utili realizzati dalla CFC in un anno in cui abbia trovato applicazione la disciplina di imputazione per trasparenza in capo al soggetto residente partecipante (o alla stabile organizzazione italiana partecipante), avendo scontato per tabulas un’imposizione congrua rispetto a quella italiana (rectius, un’imposizione del tutto analoga a quella italiana), vanno considerati come non provenienti da regimi fiscali privilegiati ai sensi dell’art. 47-bis del TUIR. Conseguentemente, nell’ipotesi in cui la quota dell’utile della CFC di un dato anno riferibile al soggetto partecipante risulti superiore (per effetto di variazioni in diminuzione) rispetto al corrispondente reddito imputato per trasparenza, l’eccedenza sconterà l’imposizione ordinaria riguardante i dividendi cosiddetti “white” (e.g., nella misura del 26% nel caso in cui il partecipante sia persona fisica, ovvero mediante l’applicazione dell’aliquota IRES sulla quota imponibile del 5% del dividendo stesso, sussistendo le condizioni di cui all’art. 89 del TUIR).

Così, ad esempio, si ipotizzi che un soggetto IRES non IAS/IFRS adopter (“A”) detenga il 100% di una controllata estera (“CFC”) e quest’ultima, soggetta ad imposte locali pari allo 0%, realizzi in un dato anno un utile pari a 200, formato da 180 dividendi white e 20 dividendi black. L’applicazione della disciplina CFC determina la tassazione per trasparenza in capo ad A del reddito della CFC per un ammontare pari a 29, dato dal 100% dei dividendi black (20) e dal 5% dei dividendi white (9=180×5%), con una imposta IRES dovuta pari a 6,69 (24% di 29).

Ebbene, laddove successivamente la CFC dovesse distribuire l’utile di 200, questo risulterebbe:
− nei limiti dell’importo già assoggettato a tassazione per trasparenza, e cioè per 29, integralmente detassato ai sensi dell’art. 167, comma 10, del TUIR;
− per l’eccedenza, e cioè per 171, imponibile nei limiti del 5% del suo
 ammontare ai sensi del combinato disposto degli artt. 47-bis e 89, commi 2 e 3, del TUIR.

In base a questa nuova impostazione, non è più necessario monitorare “qualitativamente” le riserve da cui saranno attinti gli utili della CFC. Ed infatti, sia nel caso in cui questi siano attinti da riserve accumulate in periodi di impostain cui ha trovato   la disciplina CFC con l’imputazione per trasparenza dei redditi in capo al socio controllante, sia se questi, viceversa, siano attinti da riserve maturate in altri periodi (ante o post applicazione della tassazione per trasparenza), fino a concorrenza dell’importo dei redditi assoggettati a trasparenza (l’importo del citato basket), gli utili distribuiti dalla CFC non concorreranno alla
formazione del reddito del socio.

Una volta che il basket si sia interamente consumato, troverà applicazione l’ordinaria disciplina di qualificazione dei dividendi da entità estere, ivi inclusa la regola dell’art. 1, comma 1008, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, a mente della quale, in presenza di riserve formate sia con utili white che con utili black, gli utili distribuiti si presumono prioritariamente attinti, ovviamente fino a concorrenza, dalle riserve di utili white. Si specifica che questa regola di imputazione prioritaria degli utili white rispetto agli utili black trova applicazione anche per gli utili qualificati white in base a quanto appena detto, cioè per quella quota di utili realizzati dall’entità controllata estera in un periodo di imposta in cui abbia trovato applicazione la disciplina CFC, nella misura in cui eccedano l’importo dell’imponibile imputato per trasparenza al socio residente.

Per quanto riguarda gli utili realizzati da CFC in periodi d’imposta pr ecedentia quello di prima applicazione del Decreto ATAD, resta fermo il regime previgente, in base al quale, si ricorda, si considerava che l’imputazione per trasparenza dei redditi della CFC esaurisse il prelievo italiano su detti utili, di modo che anche la parte di utili eventualmente eccedente il reddito imputato per trasparenza era integralmente esclusa da imposizione in capo al socio. Laddove il contribuente, per gli utili realizzati dalla CFC in periodi d’imposta precedenti a quello di prima applicazione del Decreto ATAD, volesse mantenere questo regime, sarà sua cura e responsabilità mantenere memoria della stratificazione delle riserve secondo quanto già indicato nelle precedenti circolari n. 51/E del 2010e n. 23/E del 2011, par. 7.5 (3).

Resta fermo quanto stabilito dall’articolo 3, comma 4, del D.M 21 novembre 2001(4, in relazione alle partecipazioni indirette. In caso di partecipazione agli utili della CFC per il tramite di soggetti non residenti, le disposizioni del comma 10 dell’articolo 167 si applicano agli utili distribuiti dal soggetto non residente direttamente partecipato; a questi effetti, detti utili si presumono prioritariamente formati con quelli conseguiti dall’impresa, società o ente residente considerato CFC (già tassati per trasparenza in Italia) che risultino precedentemente posti in distribuzione.

Inoltre, il costo delle partecipazioni nell’impresa, società o ente non residente è aumentato dei redditi imputati a tassazione per trasparenza, e diminuito, fino a concorrenza di tali redditi, degli utili distribuiti (cfr. comma 5, articolo 3, del citato D.M) (5).

Passando ad altro aspetto, il medesimo comma 10 dell’articolo 167 del TUIR stabilisce altresì che «le imposte pagate all’estero sugli utili che non concorrono alla formazione del reddito ai sensi del primo periodo sono ammesse in detrazione, con le modalità e nei limiti di cui all’articolo 165, fino a concorrenza dell’imposta determinata ai sensi del comma 8, diminuita degli importi ammessi in detrazione ai sensi del comma 9».

Per ciò che attiene alla detrazione dall’imposta dovuta in Italia, essa è riconosciuta al soggetto partecipante residente (o alla stabile organizzazione italiana) anche in relazione alle eventuali imposte subite al momento della distribuzione del dividendo che nonconcorre alla determinazione del suo reddito  complessivo.

Più precisamente, come indicato nell’articolo 3, comma 4, del DM n.
429/2001, le imposte pagate all’estero a titolo definitivo dal soggetto partecipante, riferibili agli utili che non concorrono alla formazione del reddito, costituiscono credito d’imposta nei limiti delle imposte complessivamente applicate a titolo di tassazione separata ridotte delle somme già ammesse in detrazione in quanto relative alle imposte sui redditi pagate all’estero dal soggetto controllato.”

Riportiamo  un esempio della circolare n° 18/E 

 

CFC

ITA

Reddito CFC

100

 
Imposte estere

10

 
Reddito CFC imputato per trasparenza  

100

Imposta italiana lorda  

24

Credito d’imposta

10

IMPOSTA ITALIANA NETTA  

(24-10) =14

Una società italiana Alfa detiene una partecipazione del 100% nella società estera CFC. La CFC produce un reddito pari a 100, soggetto ad imposizione nello Stato estero con un’aliquota d’imposta del 10%. Alfa tassa separatamente il reddito della CFC e dall’imposta netta dovuta (24) porta in detrazione l’imposta estera (10)  pagata dalla CFC sul reddito imputato per trasparenza.
Al momento della distribuzione del dividendo (90), Alfa subisce una ritenuta in uscita nel Paese della CFC del 10%. Anche le imposte estere di 9 potranno essere portate in detrazione da Alfa in quanto inferiori a 14, ossia all’imposta  complessivamente applicata a titolo di tassazione separata (24), ridotta delle somme già ammesse in detrazione (10)

  CFC

ITA

Reddito CFC

100

 
Imposte estere

10

 
Reddito CFC imputato per trasparenza  

100

Imposta italiana lorda  

24

Credito d’imposta sui redditi CFC

10

 
Dividendo CFC

90

 
Ritenuta su dividendo

9

 
Imposta italiana su dividendo

0

 
IMPOSTA ITALIANA NETTA  

24-(10+9)=5

Quindi, al fine di ottemperare al disposto della direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016  (cosiddetta Anti Tax Avoidance Directive – ATAD 1) la circolare n° 18/E del 27.12.2021 introduce un meccanismo di memorizzazione dei redditi tassati per trasparenza (“basket”), che vanno a costituire una franchigia all’interno della quale gli utili distribuiti non dovranno scontare una nuova doppia imposizione in capo al partecipante.

Per cui gli utili distribuiti (già tassati per trasparenza che si considerano dividendi “white”) se eccedenti la franchigia sconteranno sulla differenza l’imposizione ordinaria in capo al socio

  • ritenuta del 26% in caso di persona fisica;
  • Ires sul 5% in caso di persona giuridica.

Ora, secondo la circolare n° 18/E del 27.12.2021, la sterilizzazione dell’utile distribuito dalla Controlled Foreign Companies , per importo pari al dividendo imputato per trasparenza, va operata sull’ammontare lordo di tale utile distribuito e non sulla sua parte imponibile come invece, riteniamo,  dovrebbe correttamente essere.

(1) Articolo 7

Norme sulle società controllate estere

1.   Lo Stato membro di un contribuente tratta un’entità o una stabile organizzazione i cui utili non sono soggetti ad imposta o sono esenti da imposta in tale Stato membro come una società controllata estera se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

a)

nel caso di un’entità, il contribuente, da solo o insieme alle sue imprese associate, detiene una partecipazione diretta o indiretta di oltre il 50 per cento dei diritti di voto o possiede direttamente o indirettamente oltre il 50 per cento del capitale o ha il diritto di ricevere oltre il 50 per cento degli utili di tale entità; e

b)

l’imposta sulle società realmente versata sui suoi utili dall’entità o dalla stabile organizzazione è inferiore alla differenza tra l’imposta sulle società che sarebbe stata applicata all’entità o alla stabile organizzazione nell’ambito del sistema di imposizione delle società vigente nello Stato membro del contribuente e l’imposta sulle società realmente versata sui suoi utili dall’entità o dalla stabile organizzazione.

Ai fini del primo comma, lettera b), la stabile organizzazione di una società controllata estera che non è soggetta ad imposta o è esente da imposta nella giurisdizione della società controllata estera non è presa in considerazione. Inoltre, per imposta sulle società che sarebbe stata applicata nello Stato membro del contribuente si intende l’imposta calcolata secondo le norme dello Stato membro del contribuente.

2.   Qualora un’entità o una stabile organizzazione sia trattata come una società controllata estera a norma del paragrafo 1, lo Stato membro del contribuente include nella base imponibile:

a)

i redditi non distribuiti dell’entità o i redditi della stabile organizzazione rientranti nelle seguenti categorie:

i)

interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;

ii)

canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;

iii)

dividendi e redditi derivanti dalla cessione di azioni;

iv)

redditi da leasing finanziario;

v)

redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;

vi)

redditi da società di fatturazione che percepiscono redditi da vendite e servizi derivanti da beni e servizi acquistati da e venduti a imprese associate, e aggiungono un valore economico scarso o nullo.

La presente lettera non si applica se la società controllata estera svolge un’attività economica sostanziale sostenuta da personale, attrezzature, attivi e locali, come evidenziato da circostante e fatti pertinenti.

Se la società controllata estera è residente o situata in un paese terzo che non è parte contraente dell’accordo SEE, gli Stati membri possono decidere di astenersi dall’applicazione del comma precedente;

o

b)

i redditi non distribuiti di un’entità o di una stabile organizzazione derivanti da costruzioni non genuine che sono state poste in essere essenzialmente allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale.

Ai fini della presente lettera, una costruzione o una serie di costruzioni è considerata non genuina nella misura in cui l’entità o la stabile organizzazione non possiederebbe gli attivi o non avrebbe assunto i rischi che generano la totalità o una parte dei suoi redditi se non fosse controllata da una società in cui le funzioni significative del personale che sono pertinenti per tali attivi e rischi sono svolte e sono funzionali al fine di generare i redditi della società controllata.

3.   Qualora, secondo la legislazione di uno Stato membro, la base imponibile di un contribuente sia calcolata a norma del paragrafo 2, lettera a), lo Stato membro può scegliere di non trattare un’entità o una stabile organizzazione come una società controllata estera a norma del paragrafo 1 se non oltre un terzo dei redditi ottenuti dall’entità o dalla stabile organizzazione rientra nelle categorie di cui al paragrafo 2, lettera a).

Qualora, secondo la legislazione di uno Stato membro, la base imponibile di un contribuente sia calcolata a norma del paragrafo 2, lettera a), lo Stato membro può scegliere di non trattare le imprese finanziarie come società controllate estere se non oltre un terzo dei redditi dell’entità appartenenti alle categorie di cui al paragrafo 2, lettera a), deriva da operazioni con il contribuente o le sue imprese associate.

4.   Gli Stati membri possono escludere dall’ambito di applicazione del paragrafo 2, lettera b), un’entità o una stabile organizzazione:

a)

con utili contabili non superiori a 750 000 EUR e redditi non derivanti da scambi non superiori a 75 000 EUR; o

b)

i cui utili contabili non ammontano a più del 10 per cento dei suoi costi di esercizio nel periodo d’imposta.

Ai fini del primo comma, lettera b), i costi di esercizio non possono includere i costi di beni venduti al di fuori del paese in cui è residente l’entità o è situata la stabile organizzazione a fini fiscali e i pagamenti alle imprese associate.

(2) Articolo 8

Calcolo dei redditi delle società controllate estere

1.   Ove si applichi l’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), i redditi da includere nella base imponibile del contribuente sono calcolati in conformità delle norme della legge sull’imposta societaria dello Stato membro in cui il contribuente è residente a fini fiscali o è situato. Le perdite dell’entità o della stabile organizzazione non sono incluse nella base imponibile ma possono essere riportate, conformemente al diritto nazionale, e prese in conto nei periodi d’imposta successivi.

2.   Ove si applichi l’articolo 7, paragrafo 2, lettera b), i redditi da includere nella base imponibile del contribuente sono limitati agli importi generati dagli attivi e dai rischi collegati alle funzioni significative del personale svolte dalla società controllante. L’attribuzione dei redditi di una società controllata estera è calcolata secondo il principio di libera concorrenza.

3.   I redditi da includere nella base imponibile sono calcolati in proporzione alla partecipazione del contribuente nell’entità, quale definita all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a).

4.   I redditi sono inclusi nel periodo d’imposta del contribuente nel quale si conclude l’esercizio fiscale dell’entità.

5.   Se l’entità distribuisce utili al contribuente, e tali utili distribuiti sono inclusi nel reddito imponibile del contribuente, gli importi dei redditi precedentemente inclusi nella base imponibile a norma dell’articolo 7 sono dedotti dalla base imponibile in sede di calcolo dell’importo dell’imposta dovuta sugli utili distribuiti, al fine di evitare una doppia imposizione.

6.   Se il contribuente cede la sua partecipazione nell’entità o le attività svolte dalla stabile organizzazione, e una qualsiasi parte dei proventi derivante dalla cessione è stata precedentemente inclusa nella base imponibile a norma dell’articolo 7, tale importo è dedotto dalla base imponibile in sede di calcolo dell’importo dell’imposta dovuta su tali proventi, al fine di evitare una doppia imposizione.

7.   Lo Stato membro del contribuente consente la detrazione dell’imposta versata dall’entità o dalla stabile organizzazione dal debito d’imposta del contribuente nello Stato in cui risiede a fini fiscali o è situato. La detrazione è calcolata conformemente al diritto nazionale.

(3) 7.5. Distribuzione di utili eccedenti il reddito tassato per trasparenza.
D: Una società italiana controlla una società estera, localizzata in uno Stato o territorio non black list, in possesso di partecipazioni non black list. Il reddito della controllata è tassato per trasparenza in capo alla controllante italiana ai sensi della CFC rule. La parziale esclusione da imposizione prevista dall’articolo 89, comma 3, si applica agli utili distribuiti dalla medesima controllata in misura eccedente l’importo del reddito tassato per trasparenza?
R: L’imposizione per trasparenza del reddito della partecipata estera esaurisce in genere il prelievo fiscale in relazione al medesimo reddito. Pertanto, se gli utili distribuiti dalla CFC originano da un reddito precedentemente tassato per trasparenza in capo al socio italiano, gli stessi non vanno nuovamente tassati in capo al medesimo soggetto. Ciò a prescindere dalla circostanza che, a seguito delle variazioni in aumento ed in diminuzione operate al fine di determinare il reddito imponibile, quest’ultimo sia superiore o inferiore all’utile dell’esercizio distribuito.

Qualora la partecipata estera non black list distribuisca utili non tassati per trasparenza in capo alla controllante italiana, in quanto derivanti, ad esempio, da riserve pregresse all’acquisto del controllo, tali utili concorreranno alla formazione del reddito della controllante residente per il 5 per cento del loro ammontare se e nella misura in cui provengono da uno Stato o territorio diverso
da quelli compresi nella black list del D.M. 21 novembre 2001.

(4 Articolo 3, comma 4, del D.M 21 novembre 2001

Gli utili distribuiti dall’impresa, societa’ o ente non residente non
concorrono a formare il reddito complessivo del soggetto partecipante per la quota corrispondente all’ammontare dei redditi assoggettati a tassazione separata ai sensi del comma 2. In caso di partecipazione agli utili per il tramite di soggetti non residenti, le disposizioni del precedente periodo si applicano agli utili distribuiti dal soggetto non residente direttamente partecipato; a questi effetti, detti utili si presumono prioritariamente formati con quelli conseguiti dall’impresa, societa’ o ente residente o localizzato nello Stato o territorio con regime fiscale privilegiato che risultino precedentemente posti in distribuzione. Le imposte pagate
all’estero a titolo definitivo dal soggetto partecipante, riferibili agli
utili che non concorrono alla formazione del reddito ai sensi dei precedenti periodi, costituiscono credito d’imposta nei limiti delle imposte complessivamente applicate a titolo di tassazione separata, ridotte delle somme ammesse in detrazione ai sensi del comma 3.

(5) Articolo 3, comma 5, del D.M 21 novembre 2001

Il costo delle partecipazioni nell’impresa, societa’ o ente non
residente e’ aumentato dei redditi imputati ai sensi del comma 1, e
diminuito, fino a concorrenza di tali redditi, degli utili distribuiti.

Importanti chiarimenti in merito alla disciplina delle Controlled Foreign Companies (CFC) – circolare n° 18/E 

Il giorno 27.12.2021 l’Agenzia delle Entrate ha emanato la circolare n° 18/E (Circolare ATAD n. 1 – Chiarimenti in tema di Società Controllate Estere (CFC) – articolo 167 del TUIR, come modificato
dall’articolo 4 del DECRETO LEGISLATIVO 29 novembre 2018, n. 142),
 che riporta importanti chiarimenti in merito alla disciplina delle Controlled Foreign Companies (CFC).

La circolare n° 18/E  ripercorre tutte le modifiche, dovute al recepimento della Direttiva ATAD , intervenute nella normativa nazionale.

Controlled Foreign Companies – Provvedimento n° 376652 Agenzia delle Entrate – criteri per determinare, con modalità semplificata, l’effettivo livello di tassazione della controllata estera

Il giorno 27.12.2021 l’Agenzia delle Entrate ha emanato il provvedimento n° 376652,  riguardante le recenti modifiche apportate alla disciplina delle CFC (Controlled Foreign Companies), volto all’individuazione di nuovi criteri per determinare, con modalità semplificata, l’effettivo livello di tassazione della controllata estera, al fine di tener conto delle novità recate alla disciplina CFC dal decreto ATAD (ANTI TAX AVOIDANCE DIRECTIVES, DECRETO LEGISLATIVO 29 novembre 2018, n. 142, in attuazione della direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016 (Atad 1), recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno e come modificata dalla direttiva (UE) 2017/952 del Consiglio del 29 maggio 2017(Atad 2), recante modifica della direttiva (UE) 2016/1164 relativamente ai disallineamenti da ibridi con i paesi terzi. (18G00168)(GU Serie Generale n.300 del 28-12-2018) Entrata in vigore del provvedimento: 12/01/2019).

Con il  provvedimento n° 376652 – emanato in attuazione dell’articolo 167, comma 4, lettera a), del TUIR – vengono aggiornate le indicazioni contenute nel precedente provvedimento, provvedimento 2016/143239 del 16 settembre 2016, il quale, pertanto, deve considerarsi a tutti gli effetti sostituito dal provvedimento n° 376652.

I chiarimenti interpretativi in merito alla corretta applicazione delle disposizioni oggetto del provvedimento n° 376652  sono forniti attraverso documenti di prassi amministrativa dell’Agenzia delle entrate.
Sono fatte salve, laddove compatibili con la nuova disciplina, le indicazioni fornite con i precedenti documenti di prassi (cfr. circolare del 6 ottobre 2010, n. 51/E; circolare del 26 maggio 2011, n. 23/E; circolare del 21 giugno 2011, n. 28/E, capitolo3, e circolare del 4 agosto 2016, n. 35/E)

Normativa sulle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) e modalità dichiarative per una Società di Capitali

Normativa sulle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) e modalità dichiarative per una Società di Capitali

Occorre prestare  molta attenzione alla normativa sulle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) in quanto il reddito da esse conseguitoa determinate condizioni,  previste dalla  nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir,  deve essere imputato in capo al soggetto controllante residente:
• in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili;
• anche in caso di mancata percezione degli stessi, ovvero “per trasparenza” (criterio, tipicamente, utilizzato nei confronti dei soci di società di persone residenti).

Per effetto delle regole CFC, gli utili eventualmente distribuiti, in qualsiasi forma, dai soggetti CFC non concorrono alla formazione del reddito in capo ai soggetti residenti controllanti fino a concorrenza dei redditi che sono già stati assoggettati a tassazione per trasparenza.

livello operativo, per quanto riguarda le modalità di tassazione:

  • redditi delle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) che ricadono nelle fattispecie previste dalla nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir, imputati in capo ai soggetti residenti che controllano l’impresa estera, anche in caso di mancata percezione degli stessi, ovvero “per trasparenza”:
    – sono assoggettati a tassazione separata mediante l’applicazione di un’aliquota media applicata sul reddito del soggetto residente (questa aliquota non può in ogni caso essere inferiore all’aliquota
    ordinaria dell’imposta sul reddito delle società);
    – dall’imposta così determinata sono ammesse in detrazione le imposte sui redditi pagate all’estero a titolo definitivo dal soggetto non residente con le modalità e nei limiti previsti dall’articolo 165 del TUIR;
  • in caso di controllo congiunto, i redditi imputati a ciascun partecipante devono essere tassati separatamente in capo a ciascuno di essi mediante l’applicazione dell’aliquota media di tassazione del reddito complessivo netto.

La revisione integrale della disciplina in materia di “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc), mediante una nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir, è avventuta ad opera del D.Lgs. 142/2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2018 in attuazione alla Direttiva UE 2016/1164, Direttiva anti elusione fiscale (c.d. “Anti Tax Avoidance Directive” –  “Atad”).

La nuova disciplina è entrata in vigore dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018; per cui, di norma, per i soggetti per cui  il periodo d’imposta coincide con l’anno solare la nuova disciplina sulle Cfc si applica a partire dal 01/01/2019.

Le disposizioni dell’articolo 167 Tuir , in base al primo comma comma dello stesso articolo, si applicano alle persone fisiche e ai soggetti di cui agli articoli 5 (società semplici, in nome collettivo ed in accomandita semplice) e 73, comma 1, lettere a), b) e c), (soggetti passivi IRES) nonché’, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), che controllano soggetti non residenti, come definiti ai commi 2 e 3.

In base al comma 6 nella nuova formulazione dell’articolo 167 Tuirricorrendo le condizioni di applicabilita’ della disciplina del 167, il reddito realizzato dal soggetto controllato non residente e’ imputato ai soggetti di cui al comma 1, nel periodo d’imposta di questi ultimi in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto controllato non residente, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili del soggetto controllato non residente da essi detenuta, direttamente o indirettamente. In caso di partecipazione indiretta per il tramite di soggetti residenti o di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, i redditi sono imputati a questi ultimi soggetti in proporzione alle rispettive quote di partecipazione.

Il secondo comma dell’articolo 167 Tuir stabilisce che si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, da parte di un soggetto di cui al comma 1;

b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili e’ detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, o tramite società  fiduciaria o interposta persona, da un soggetto di cui al comma 1.

In base al terzo comma si considerano altresì soggetti controllati non residenti:

a) le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti di cui al comma 2;

b) le stabili organizzazioni all’estero di soggetti residenti che abbiano optato per il regime di cui all’articolo 168-ter (c.d. “branch exemption”: Esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti).

Ricordiamo che l’articolo 2359 del codice civile stabilisce che sono considerate società controllate:

  1. le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
  2. le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
  3. le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma dell’articolo 2359 del codice civile si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

L’articolo 7, par. 1, lett. a), della Direttiva UE 2016/1164 (c.d. “Anti Tax Avoidance Directive” –  “Atad”) ritiene che si verifichi il requisito del controllo: “nel caso di un’entità, il contribuente, da solo o insieme alle sue imprese associate, detiene una partecipazione diretta o indiretta di oltre il 50 per cento dei diritti di voto o possiede direttamente o indirettamente oltre il 50 per cento del capitale o ha il diritto di ricevere oltre il 50 per cento degli utili di tale entità“.

Quindi appare evidente che non sarà possibile evitare la tassazione CFC mediante l’escamotage della separazione dei “diritti di voto” rispetto ai “diritti agli utili”.

La nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir elimina la distinzione fra il regime delle c.d. Cfc “black list” e quello più generale riferito alle c.d. Cfc “white list”.

Dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 si configura un unico regime per le Cfc (quarto comma dell’articolo 167 Tuir ), indipendentemente dalla loro localizzazione, quando ricorrono congiuntamente due requisiti:

  1. l’impresa estera è assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia;
  2. oltre 1/3 dei proventi realizzati dall’impresa estera rientra nella categoria dei d. “passive income così come è definita in 7 punti contenuti nell’articolo 167, comma 4, Tuir.

Per quanto riguarda il primo requisito (il livello di tassazione dell’impresa estera),  non si fa  riferimento alla tassazione “nominale”, ma a quella “effettiva”.

Il testo della relazione illustrativa al D.Lgs. 142/2018, nel fare riferimento al confronto tra il tax rate estero e quello nazionale, riguardo a quest’ultimo precisa che il calcolo andrà compiuto rideterminando il reddito dell’impresa estera secondo le disposizioni fiscali italiane che sarebbero applicabili al reddito lordo risultante dal bilancio dell’impresa estera, e operando quindi un confrontoche riguarda, sul fronte della tassazione virtuale interna, l’imposta sul reddito delle società (Ires)”.

Quindi per quanto riguarda la verifica della tassazione effettiva questa dovrà essere compiuta avuto riguardo alla sola Ires.

Per verificare il livello di tassazione effettiva, occorreà effettuare un confronto tra il “tax rate effettivo estero” e il “tax rate virtuale domestico”, quest’ultimo calcolato determinando il reddito risultante dal bilancio d’esercizio redatto all’estero sulla base delle disposizioni fiscali italiane.

In merito alla verifica del livello di tassazione effettiva il  punto a) del quarto comma dell’articolo 167 Tuir fa riferimento al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

In data 16/09/2016 il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha emanato il PROVVEDIMENTO N. PROT. 143239 , “Disposizioni in materia di imprese estere controllate. Criteri per determinare con modalità semplificata l’effettivo livello di tassazione di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR

I Criteri di determinazione della tassazione effettiva estera e della tassazione virtuale domestica sono fissati al punto 5 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Nel caso concreto va, quindi, esaminato il livello di tassazione effettiva della controllata in raffrontato, anche alla luce delle  direttive emanate con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entratecon il livello di tassazione IRES (attualmente al 24%)

Quindi, quando l’impresa estera è assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italiaper il “nuovo” regime per le Cfc, non resta che considerare il secondo requisito (la prevalenza di proventi da “passive income).

Il  punto b) del quarto comma dell’articolo 167 Tuir  elenca le categorie che appartengono a tale definizione:

  1. interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
  2. canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
  3. dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
  4. redditi da leasing finanziario;
  5. redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
  6. proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
  7. proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110 .

Con riferimento alle prestazioni di servizi di cui al punto 7, in riferimento ai “servizi infragruppo a basso valore aggiunto”, la norma richiama le indicazioni contenute nel  D.M. 14.05.2018linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento, (vedi art.7).

In quanto alla disapplicazione del regime Cfc,  il quinto comma dell’articolo 167 Tuir prevede che questa possa ricorrere laddove il contribuente dimostri che l’impresa controllata estera svolge una “attività economica effettiva, mediante l’impiego di

  • personale;
  • attrezzature;
  • attivi;
  • locali”.

Una considerazione di rilievo da fare è quella al riguardo della “attività economica effettiva”. Nella precedente formulazione del 167 TUIR, il quinto comma,  (“la societa’ o altro ente non residente svolga un’effettiva attività’ industriale o commerciale, come sua principale attività’, nel mercato dello stato o territorio di insediamento“) si faceva riferimento ad una  “attività industriale e commerciale”. Nella nuova formulazione del quinto comma si parla di “attività economica effettiva”, quindi  si dovrà valutare l’adeguatezza della struttura organizzativa dell’impresa estera rispetto all’attività in concreto svolta.

Secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 36050 del 07.12.2022), la circostanza esimente che consente di disapplicare la disciplina CFC (articolo 167 Tuir), in ragione dell’esercizio di un’attività economica effettiva da parte della società controllata estera nel mercato dello Stato estero di insediamento, deve essere interpretata tenendo in debita considerazione la ratio della disciplina, ovverosia “[…] l’intento del legislatore di contrasto all’abuso dello strumento societario in ambito internazionale, attraverso il ricorso a società controllate di natura fittizia prive di alcuna struttura realmente operativa nel territorio estero”.

Ne consegue che detta disapplicazione deve essere garantita allorquando, semplicemente, “[…] si provi l’esercizio di un’attività economica effettiva da parte della controllata estera, mediante la produzione di documentazione che dimostri l’esistenza di un fenomeno di delocalizzazione reale dell’impresa”.

Vedi: Disapplicazione del regime sulle Società Controllate Estere (Controlled Foreign Companies (CFC))

Il quinto comma dell’articolo 167 Tuir prevede che il contribuente possa avvalersi dell’interpello preventivo ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212.  Per i contribuenti che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 5 maggio 2015, n. 128, l’istanza di interpello di cui sopra puo’ essere presentata indipendentemente dalla verifica delle condizioni di cui al comma 4, lettere a) e b) dell’articolo 167 Tuir.

Si ritiene che, nel caso l’Agenzia delle entrate esprima parere
contrario alla disapplicazione della normativa CFC, sia possibile impugnare il rigetto dell’istanza di interpello con ricorso
alla Commissione tributaria provinciale.

Vedi: Disapplicazione del regime sulle Società Controllate Estere (Controlled Foreign Companies (CFC))

L’undicesimo comma dell’articolo 167 Tuir prevede che:

fatti salvi

  • i casi in cui la disciplina del presente articolo sia stata applicata
  • oppure non lo sia stata per effetto dell’ottenimento di una risposta favorevole all’interpello di cui al comma 5

quando ricorrono congiuntamente i due requisiti:

  1. l’impresa estera è assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia;
  2. oltre 1/3 dei proventi realizzati dall’impresa estera rientra nella categoria dei d. “passive income così come è definita in 7 punti contenuti nell’articolo 167, comma 4, Tuir.

il soggetto controllante di cui al comma 1 deve segnalare nella dichiarazione dei redditi la detenzione di partecipazioni in soggetti controllati non residenti di cui ai commi 2 e 3“.

In base all’articolo 8, comma 3-quater, D.Lgs. 471/1997,quando l’omissione o incompletezza riguarda la segnalazione prevista dall’articolo 167, comma 8-quater, terzo periodo, del testo unico sulle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applica una sanzione amministrativa pari al dieci per cento del reddito
conseguito dal soggetto estero partecipato e imputabile nel periodo d’imposta, anche solo teoricamente, al soggetto
residente in proporzione alla partecipazione detenuta, con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000 euro. La
sanzione nella misura minima si applica anche nel caso in cui il reddito della controllata estera sia negativo.

Per adempiere correttamente agli obblighi dichiarativi , in sede di predisposizione del modello Redditi S.C., la società controllante residente deve compilare:

  • Il quadro FC, al fine di determinare il reddito della società estera;
  • il quadro RM, al fine di liquidare la relativa imposta.

Nel quadro FC del modello Redditi:

è necessario indicare i dati della società partecipata;

vanno compilati  i campi dedicati alla quantificazione del reddito della stessa applicando le disposizioni del TUIR (risultato di bilancio e variazioni fiscali).

Il reddito così determinato deve poi essere riportato nel quadro RM, dedicato ai redditi soggetti a tassazione separata.

I redditi della controllata estera sono imputati alla controllata residente e tassati separatamente dal reddito complessivo IRES con aliquota 24%, attualmente aliquota ordinaria IRES.

Dall’imposta liquidata sono ammesse in detrazione le imposte pagate all’estero dall’impresa partecipata, sul medesimo reddito, a titolo definitivo.

Ove non ricorra l’esimente di cui al quinto comma dell’articolo 167 Tuir , le imprese che, per effetto dell’art. 168-ter, comma 1, del TUIR, hanno optato per l’esenzione degli utili e delle perdite attribuibili a tutte le proprie stabili organizzazioni all’estero (regime della branch exemption), devono:

Qualora l’impresa abbia nello Stato estero più siti produttivi e ognuno di essi configuri una stabile organizzazione in applicazione del punto 2.4 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 28 agosto 2017, n. 165138, ciascun sito produttivo che integra i presupposti di applicazione dell’articolo 167 Tuir, in assenza delle esimenti ivi previste, è considerato una singola stabile organizzazione.

In presenza di più siti produttivi nel medesimo Stato, di cui soltanto alcuni integrano le condizioni applicative dell’articolo 167 Tuir, quelli che non le integrano o che, pure integrandole, dimostrano le esimenti si assumono come un’unica stabile organizzazione.
La dimostrazione delle circostanze esimenti di cui al comma 5 dell’dell’articolo 167 Tuir è dat separatamente per ciascuna branch a cui si applica la disciplina CFC, anche nell’ipotesi di cui al punto precedente in cui si configurano più stabili organizzazioni nel medesimo Stato estero.

Il soggetto che detiene il controllo di più imprese, società o enti residenti in Stati o territori con regime fiscale considerato privilegiato, è tenuto a compilare un quadro FC per ciascuna CFC controllata. In tal caso deve essere numerata progressivamente la casella “Mod. N.” posta in alto a destra del quadro. Il quadro non va compilato se il soggetto che esercita il controllo per effetto di particolari vincoli contrattuali o i soggetti da esso partecipati non possiedano partecipazioni agli utili.
In caso di controllo esercitato da un soggetto non titolare di reddito di impresa interamente tramite una società o un ente residente, gli adempimenti dichiarativi di cui all’art. 4 del Decreto Ministeriale n. 429 del 2001 (Dichiarazione e scritture contabili), devono essere assolti da quest’ultimo soggetto che dovrà pertanto provvedere a compilare il presente quadro FC.

Il quadro FC si compone:

  1. la sezione I, riservata all’indicazione dei dati identificativi della CFC;
  2. la sezione II-A, riservata alla determinazione del reddito della CFC;
  3. la sezione II-B, riservata alle perdite d’impresa non compensate dalla CFC;
  4. la sezione II-C, riservata alle perdite virtuali domestiche;
  5. la sezione III, riservata alla imputazione, ai soggetti partecipanti residenti, del reddito e delle imposte su tale reddito assolte all’estero a titolo definitivo dal soggetto controllato non residente;
  6. la sezione IV, riservata al prospetto degli interessi passivi non deducibili;
  7. la sezione V, riservata alle attestazioni richieste dall’art. 2, comma 2, del Decreto Ministeriale n. 429 del 2001.

Nella la sezione I, riservata all’indicazione dei dati identificativi della CFC, devono essere indicati:

  • i dati identificativi del soggetto controllato non residente;
  • i dati relativi al controllo esercitato dal soggetto residente sulla CFC.

La casella denominata “Perdite virtuali” va compilata se, pur non ricorrendo la condizione di cui alla lett. a) del citato comma 4, il contribuente intenda compilare la sezione II-C per indicare le perdite virtuali domestiche (in tal caso, oltre alla sezione II-C, va compilata anche la sezione I e non vanno compilate le altre sezioni).

La casella denominata “art. 168-ter, comma 4” deve essere barrata per le stabili organizzazioni all’estero che soddisfano le condizioni di cui al comma 4 dell’art. 167 del TUIR qualora non ricorra l’esimente di cui al comma 5 del citato art. 167 (nei casi in cui l’impresa residente nel territorio dello Stato abbia optato per l’esenzione degli utili e delle perdite attribuibili alle proprie stabili organizzazioni all’estero).
Fatti salvi i casi in cui la disciplina dell’art. 167 del TUIR sia stata applicata ovvero non lo sia stata per effetto dell’ottenimento di una risposta favorevole all’interpello, il soggetto residente deve segnalare nel quadro FC la detenzione di partecipazioni in soggetti controllati non residenti di cui ai commi 2 e 3 al ricorrere
delle condizioni di cui al comma 4, lett. a) e b) dell’art. 167. A tal fine, deve essere compilata la casella denominata “Art. 167, comma 11”, indicando uno dei seguenti codici:
“1” – in caso di mancata presentazione dell’istanza di interpello e sussistenza delle condizioni per la disapplicazione
della disciplina CFC;
“2” – in caso di presentazione dell’istanza di interpello, in assenza di risposta positiva, e sussistenza delle condizioni per la disapplicazione della disciplina CFC. In tal caso, il contribuente deve compilare, oltre alla sezione I, il solo rigo FC 2 (o FC 3) per indicare l’utile o la perdita dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto controllato non residente, risultante dal bilancio o da altro documento riepilogativo della contabilità di esercizio della CFC, redatti secondo le norme dello Stato o territorio in cui essa risiede in quanto il reddito non va assoggettato a tassazione separata. Si ricorda che l’obbligo di segnalazione sussiste solo al ricorrere delle condizioni di cui alle lett. a) e b) del medesimo comma 4.

La sezione II-A è  riservata alla determinazione del reddito della CFC.

Il reddito del soggetto controllato non residente è determinato, a seconda delle sue caratteristiche, in base alle disposizioni valevoli ai fini dell’IRES, fatta eccezione per le disposizioni di cui:

Se risulta una perdita, questa è computata in diminuzione dei redditi dello stesso soggetto, ai sensi dell’art. 84 del TUIR.

I redditi devono essere determinati tenendo conto della conversione di cambio del giorno di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione della CFC.

Per quanto attiene ai “valori di partenza fiscali” degli elementi patrimoniali della CFC dovrà farsi riferimento al bilancio o altro documento riepilogativo della contabilità di esercizio della CFC, redatti secondo le norme dello Stato o territorio in cui essa risiede o è localizzata; tale bilancio o rendiconto dovrà essere tenuto a disposizione dell’Amministrazione finanziaria dal soggetto residente controllante per i necessari controlli.

Per quanto concerne le istruzioni alla compilazione dei righi relativi alle variazioni in aumento e in diminuzione compresi nella sezione II-A, si fa rinvio alle istruzioni a commento dei corrispondenti righi del quadro RF, ad eccezione dei righi  elencati nelle istuzioni ministeriali al Quadro FC, interessati in modo peculiare dalla disciplina di cui all’art. 167 del TUIR.

Nella  sezione II-A va indicato:

  • nel rigo FC33 il reddito o la perdita risultante dalla somma algebrica tra l’utile (o la perdita) di rigo FC2 (o FC3) e la differenza tra le variazioni in aumento e le variazioni in diminuzione.
    Nell’ipotesi in cui nel rigo FC33 sia stato indicato un reddito, tale importo, al netto delle eventuali erogazioni liberali di cui al rigo FC34, va riportato nel rigo FC35.
    Nel caso in cui nel rigo FC33 risulti una perdita essa va riportata nel rigo FC38 senza essere preceduta dal segno meno;
  • nel rigo FC36 va indicato:
    – in colonna 1, l’ammontare delle perdite di periodi di imposta precedenti (comprese quelle virtuali) computabili in diminuzione del reddito di cui al rigo FC35 in misura limitata (art. 84, comma 1, del TUIR);
    – in colonna 2, l’ammontare delle perdite di periodi di imposta precedenti (comprese quelle virtuali) computabili in diminuzione del reddito di cui al rigo FC35 in misura piena (art. 84, comma 2, del TUIR);
    – in colonna 3, la somma delle perdite di cui alle colonne 1 e 2.
  • nel rigo FC37 (reddito imponibile) la differenza tra l’importo indicato nel rigo FC35 e quello di cui al rigo FC36, colonna 3.
  • nel rigo FC39 le imposte pagate all’estero dalla CFC sul reddito di esercizio. Nel presente rigo va indicato anche l’eventuale credito d’imposta c.d. indiretto (art. 3 (Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato)
    del decreto legislativo n. 147 del 2015) riconosciuto alla CFC (cfr. risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 108/E del 24 novembre 2016).

La sezione III è riservata alla imputazione, ai soggetti partecipanti residenti, del reddito e delle imposte su tale reddito assolte all’estero a titolo definitivo dal soggetto controllato non residente.

I redditi conseguiti dal soggetto controllato non residente sono imputati al soggetto residente che esercita il controllo alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione della CFC, in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili diretta o indiretta. In caso di partecipazione agli utili per il tramite di soggetti residenti o di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, il reddito della CFC è ad essi imputato in proporzione alle rispettive quote di partecipazione.

Relativamente a ciascuno dei soggetti residenti ai quali va imputato il reddito della CFC (compreso eventualmente anche il soggetto controllante che dichiara il reddito della CFC come determinato nella Sezione II-A del presente quadro), deve essere indicato:

  • in colonna 1 il codice fiscale;
  • in colonna 2 la quota percentuale di partecipazione diretta e/o indiretta agli utili della CFC ;
  • in colonna 3 la quota di reddito determinata applicando il coefficiente di colonna 2 al rigo FC37;
  • in colonna 4 la quota di imposte pagate all’estero a titolo definitivo che il soggetto residente può detrarre dall’imposta sul reddito ad esso imputato, determinata applicando il coefficiente di colonna 2 all’imposta di rigo FC39.

Ognuno di tali soggetti dovrà riportare la quota di reddito ad esso imputata e quella dell’imposta pagata all’estero dal soggetto estero nel quadro RM del Mod. REDDITI SC o del Mod. REDDITI SP o del Mod. REDDITI ENC o del Mod. REDDITI PF.

La sezione I del Quadro RM, redditi assoggettati a tassazione separata, deve essere compilata nel caso in cui al dichiarante siano stati imputati i redditi di un soggetto controllante non residente ai sensi dell’art. 167, comma 6 del TUIR , dichiarati nel quadro FC, sezione II-A, dal soggetto che detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, il controllo di una CFC, in dipendenza della sua partecipazione, diretta o indiretta, agli utili di quest’ultima.

Parimenti la sezione I del Quadro RM deve essere compilata nel caso di cui all’art. 168-ter, comma 4, del TUIR, in cui il dichiarante abbia esercitato l’opzione di cui al comma 1 del medesimo art. 168-ter (regime della branch exemption) e abbia una stabile organizzazione che soddisfi le condizioni di cui al comma 4 dell’art. 167 del TUIR (si veda il comma 4 del predetto art. 168-ter) per la quale non sussista l’esimente di cui al comma 5 del citato art. 167. In tal caso il reddito della predetta stabile organizzazione, determinato nella sezione II-A del quadro FC, è assoggettato a tassazione separata.

I predetti redditi sono assoggettati a tassazione separata nel periodo d’imposta in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione della CFC con l’aliquota media applicata sul reddito complessivo netto e comunque non inferiore all’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle società (comma 8 dell’art.
167 del TUIR).

Nei righi da RM1 a RM4, deve essere indicato:

  • in colonna 1, il codice fiscale del soggetto che ha dichiarato il reddito della CFC nella sezione II – A del quadro FC; qualora vi sia coincidenza tra il soggetto che determina i redditi della CFC ed il dichiarante, quest’ultimo deve indicare il proprio codice fiscale;
  •  in colonna 2, il reddito imputato al dichiarante in proporzione alla propria partecipazione, diretta o indiretta, nella CFC, come determinato nella sezione II-A del quadro FC;
  •  in colonna 3, l’aliquota media di tassazione applicata sul reddito complessivo netto, corrispondente al rapporto tra l’imposta di cui al rigo RN9 e il reddito imponibile di col. 11 del rigo RN6 tenendo conto delle aliquote delle imposte di cui alle sezioni XVIII (“Maggiorazione IRES per i soggetti di comodo”) e XI-A (“Imposta
    addizionale per gli intermediari finanziari e per le società concessionarie”) del quadro RQ, comunque non inferiore all’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle società;
  • in colonna 4, l’imposta risultante dall’applicazione dell’aliquota di colonna 3 al reddito di cui alla colonna 2;
  • in colonna 5, le imposte pagate all’estero a titolo definitivo dalla CFC sul reddito indicato in colonna 2, fino a concorrenza dell’importo di colonna 4;
  • in colonna 6, l’imposta dovuta, risultante dalla differenza tra l’importo di colonna 4 e quello di colonna 5.
  • La casella di colonna 7 deve essere barrata nei casi in cui il reddito di colonna 2 sia stato prodotto da una stabile organizzazione all’estero (art. 168-ter del TUIR).

 

Art. 167 TUIR – imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) – Tassazione per trasparenza

Art. 167 TUIR – imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) – Tassazione per trasparenza

Occorre prestare  molta attenzione alla normativa sulle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) in quanto il reddito da esse conseguito, a determinate condizioni,  previste dalla  nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir,  deve essere imputato in capo al soggetto controllante residente:
in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili;
• anche in caso di mancata percezione degli stessi, ovvero “per trasparenza” (criterio, tipicamente, utilizzato nei confronti dei soci di società di persone residenti).

Per effetto delle regole CFC, gli utili eventualmente distribuiti, in qualsiasi forma, dai soggetti CFC non concorrono alla formazione del reddito in capo ai soggetti residenti controllanti fino a concorrenza dei redditi che sono già stati assoggettati a tassazione per trasparenza.

A livello operativo, per quanto riguarda le modalità di tassazione:
• i redditi delle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) che ricadono nelle fattispecie previste dalla nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir, imputati in capo ai soggetti residenti che controllano l’impresa estera, anche in caso di mancata percezione degli stessi, ovvero “per trasparenza”:
– sono assoggettati a tassazione separata mediante l’applicazione di un’aliquota media applicata sul reddito del soggetto residente (questa aliquota non può in ogni caso essere inferiore all’aliquota
ordinaria dell’imposta sul reddito delle società);
dall’imposta così determinata sono ammesse in detrazione le imposte sui redditi pagate all’estero a titolo definitivo dal soggetto non residente con le modalità e nei limiti previsti dall’articolo 165 del TUIR;
• in caso di controllo congiunto, i redditi imputati a ciascun partecipante devono essere tassati separatamente in capo a ciascuno di essi mediante l’applicazione dell’aliquota media di tassazione del reddito complessivo netto.

Il D.Lgs. 142/2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2018 ha dato attuazione alla Direttiva UE 2016/1164, Direttiva anti elusione fiscale (c.d. “Anti Tax Avoidance Directive” –  “Atad”).

Nel provvedimento legislativo è inserita la revisione integrale della disciplina in materia di “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) mediante una nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir .

La nuova disciplina è entrata in vigore dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018; per cui, di norma, per i soggetti per cui  il periodo d’imposta coincide con l’anno solare la nuova disciplina sulle Cfc si applica a partire dal 01/01/2019.

Le disposizioni dell’articolo 167 Tuir , in base al primo comma comma dello stesso articolo, si applicano alle persone fisiche e ai soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c), nonché’, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), che controllano soggetti non residenti, come definiti ai commi 2 e 3.

In base al comma 6 nella nuova formulazione dell’articolo 167 Tuirricorrendo le condizioni di applicabilita’ della disciplina del 167, il reddito realizzato dal soggetto controllato non residente e’ imputato ai soggetti di cui al comma 1, nel periodo d’imposta di questi ultimi in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto controllato non residente, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili del soggetto controllato non residente da essi detenuta, direttamente o indirettamente. In caso di partecipazione indiretta per il tramite di soggetti residenti o di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, i redditi sono imputati a questi ultimi soggetti in proporzione alle rispettive quote di partecipazione.

Il secondo comma stabilisce che si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, da parte di un soggetto di cui al comma 1;

b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili e’ detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, o tramite società  fiduciaria o interposta persona, da un soggetto di cui al comma 1.

In base al terzo comma si considerano altresì soggetti controllati non residenti:

a) le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti di cui al comma 2;

b) le stabili organizzazioni all’estero di soggetti residenti che abbiano optato per il regime di cui all’articolo 168-ter (c.d. “branch exemption”: Esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti).

Ricordiamo che l’articolo 2359 del codice civile stabilisce che sono considerate società controllate:

  1. le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
  2. le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
  3. le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma dell’articolo 2359 del codice civile si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

L’articolo 7, par. 1, lett. a), della Direttiva UE 2016/1164(c.d. “Anti Tax Avoidance Directive” –  “Atad”) ritiene che si verifichi il requisito del controllo: “nel caso di un’entità, il contribuente, da solo o insieme alle sue imprese associate, detiene una partecipazione diretta o indiretta di oltre il 50 per cento dei diritti di voto o possiede direttamente o indirettamente oltre il 50 per cento del capitale o ha il diritto di ricevere oltre il 50 per cento degli utili di tale entità“.

Quindi appare evidente che non sarà possibile evitare la tassazione CFC mediante l’escamotage della separazione dei “diritti di voto” rispetto ai “diritti agli utili”.

La  nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir elimina la distinzione fra il regime delle c.d. Cfc “black list” e quello più generale riferito alle c.d. Cfc “white list”.

Dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 si configura un unico regime per le Cfc, indipendentemente dalla loro localizzazione, quando ricorrono congiuntamente due requisiti:

  1. l’impresa estera è assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia;
  2. oltre 1/3 dei proventi realizzati dall’impresa estera rientra nella categoria dei d. “passive income così come è definita in 7 punti contenuti nell’articolo 167, comma 4, Tuir.

Per quanto riguarda il primo requisito (il livello di tassazione dell’impresa estera),  non si fa  riferimento alla tassazione “nominale”, ma a quella “effettiva”.

Il testo della relazione illustrativa al D.Lgs. 142/2018, nel fare riferimento al confronto tra il tax rate estero e quello nazionale, riguardo a quest’ultimo precisa che il calcolo andrà compiuto rideterminando il reddito dell’impresa estera secondo le disposizioni fiscali italiane che sarebbero applicabili al reddito lordo risultante dal bilancio dell’impresa estera, e operando quindi un confrontoche riguarda, sul fronte della tassazione virtuale interna, l’imposta sul reddito delle società (Ires)”.

Quindi per quanto riguarda la verifica della tassazione effettiva questa dovrà essere compiuta avuto riguardo alla sola Ires.

Per verificare il livello di tassazione effettiva, occorreà effettuare un confronto tra il “tax rate effettivo estero” e il “tax rate virtuale domestico”, quest’ultimo calcolato determinando il reddito risultante dal bilancio d’esercizio redatto all’estero sulla base delle disposizioni fiscali italiane.

Il punto a) del quarto comma fa riferimento al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

In data 16/09/2016 il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha emanato il PROVVEDIMENTO N. PROT. 143239 , “Disposizioni in materia di imprese estere controllate. Criteri per determinare con modalità semplificata l’effettivo livello di tassazione di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR

I Criteri di determinazione della tassazione effettiva estera e della tassazione virtuale domestica sono fissati al punto 5 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Nel caso concreto va, quindi, esaminato il livello di tassazione effettiva della controllata in raffrontato, anche alla luce delle  direttive emanate con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entratecon il livello di tassazione IRES (attualmente al 24%)

Quindi, quando l’impresa estera è assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia, per il “nuovo” regime per le Cfc, non resta che considerare il secondo requisito (la prevalenza di proventi da “passive income).

L’articolo 167, comma 4, Tuir elenca le categorie che appartengono a tale definizione:

1) interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
2) canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
3) dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
4) redditi da leasing finanziario;
5) redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
6) proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
7) proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110 .

Con riferimento alle prestazioni di servizi di cui al punto 7, in riferimento ai “servizi infragruppo a basso valore aggiunto”, la norma richiama le indicazioni contenute nel  D.M. 14.05.2018, linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento, (vedi art.7 (2)).

In quanto alla disapplicazione del regime Cfc, la norma prevede che questa possa ricorrere laddove il contribuente dimostri – volendo, anche a mezzo interpello preventivo all’Agenzia delle Entrate – che l’impresa controllata estera svolge una “attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali”.

Una considerazione di rilievo da fare è quella al riguardo della “attività economica effettiva”. Nella precedente formulazione del 167 TUIR, il quinto comma,  (“la societa’ o altro ente non residente svolga un’effettiva attività’ industriale o commerciale, come sua principale attività’, nel mercato dello stato o territorio di insediamento“) si faceva riferimento ad una  “attività industriale e commerciale”. Nella nuova formulazione del quinto comma si parla di “attività economica effettiva”, quindi  si dovrà valutare l’adeguatezza della struttura organizzativa dell’impresa estera rispetto all’attività in concreto svolta.

(1) Art. 167 T.U.I.R.
Disposizioni in materia di imprese estere controllate
1. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle persone fisiche e ai soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b)e c), nonchè, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), che controllano soggetti non residenti, come definiti ai commi 2 e 3.
2. Ai fini del presente articolo si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:
a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, da parte di un soggetto di cui al comma 1;
b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili è detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o tramite società fiduciaria o interposta persona, da un soggetto di cui al comma 1.
3. Ai fini del presente articolo, si considerano altresì soggetti controllati non residenti:
a) le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti di cui al comma 2;
b) le stabili organizzazioni all’estero di soggetti residenti che abbiano optato per il regime di cui all’articolo 168-ter.
4. La disciplina del presente articolo si applica se i soggetti controllati non residenti integrano congiuntamente le seguenti condizioni:
a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono indicati i criteri per effettuare, con modalità semplificate, la verifica della presente condizione, tra i quali quello dell’irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile;
b) oltre un terzo dei proventi da essi realizzati rientra in una o più delle seguenti categorie:
1) interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
2) canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
3) dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
4) redditi da leasing finanziario;
5) redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
6) proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
7) proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110.
5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano se il soggetto di cui al comma 1 dimostra che il soggetto controllato non residente svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali. Ai fini del presente comma, il contribuente può interpellare l’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212. Per i contribuenti che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 5 maggio 2015, n. 128, l’istanza di interpello di cui al secondo periodo può essere presentata indipendentemente dalla verifica delle condizioni di cui al comma 4, lettere a) e b).
6. Ricorrendo le condizioni di applicabilità della disciplina del presente articolo, il reddito realizzato dal soggetto controllato non residente è imputato ai soggetti di cui al comma 1, nel periodo d’imposta di questi ultimi in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto controllato non residente, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili del soggetto controllato non residente da essi detenuta, direttamente o indirettamente. In caso di partecipazione indiretta per il tramite di soggetti residenti o di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, i redditi sono imputati a questi ultimi soggetti in proporzione alle rispettive quote di partecipazione.
7. Ai fini del comma 6, i redditi del soggetto controllato non residente sono determinati a seconda delle sue caratteristiche, in base alle disposizioni valevoli ai fini dell’imposta sul reddito delle società per i soggetti di cui all’articolo 73, fatta eccezione per le disposizioni di cui agli articoli 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, 2, comma 36-decies, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, 62-sexies del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e 86, comma 4, del presente testo unico.
8. I redditi imputati e determinati ai sensi dei commi 6 e 7 sono assoggettati a tassazione separata con l’aliquota media applicata sul reddito del soggetto cui sono imputati e, comunque, non inferiore all’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle società.
9. Dall’imposta determinata ai sensi del comma 8 sono ammesse in detrazione, con le modalità e nei limiti di cui all’articolo 165, le imposte sui redditi pagate all’estero a titolo definitivo dal soggetto non residente.
10. Gli utili distribuiti, in qualsiasi forma, dai soggetti controllati non residenti non concorrono alla formazione del reddito dei soggetti di cui al comma 1 fino a concorrenza dei redditi assoggettati a tassazione ai sensi del comma 8, anche nei periodi d’imposta precedenti. La previsione del precedente periodo non si applica con riguardo a un organismo di investimento collettivo del risparmio non residente. In questo caso, tuttavia, le imposte pagate in Italia dai soggetti di cui al comma 1 si aggiungono al costo fiscalmente riconosciuto delle quote del predetto organismo. Le imposte pagate all’estero sugli utili che non concorrono alla formazione del reddito ai sensi del primo periodo sono ammesse in detrazione, con le modalità e nei limiti di cui all’articolo 165, fino a concorrenza dell’imposta determinata ai sensi del comma 8, diminuita degli importi ammessi in detrazione ai sensi del comma 9.
11. L’Agenzia delle Entrate, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove per la disapplicazione delle disposizioni del presente articolo in base al comma 5. Qualora l’Agenzia delle Entrate non ritenga idonee le prove addotte dovrà darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento. Fatti salvi i casi in cui la disciplina del presente articolo sia stata applicata oppure non lo sia stata per effetto dell’ottenimento di una risposta favorevole all’interpello di cui al comma 5, il soggetto di cui al comma 1 deve segnalare nella dichiarazione dei redditi la detenzione di partecipazioni in soggetti controllati non residenti di cui ai commi 2 e 3, al ricorrere delle condizioni di cui al comma 4, lettere a) e b).
12. L’esimente prevista nel comma 5 non deve essere dimostrata in sede di controllo qualora il contribuente abbia ottenuto risposta positiva al relativo interpello, fermo restando il potere dell’Agenzia delle entrate di controllare la veridicità e completezza delle informazioni e degli elementi di prova forniti in tale sede.
13. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, possono essere adottate ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, disposizioni attuative del presente articolo.

 (2MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE – DECRETO 14 maggio 2018 – Linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento.
Art. 7 – Servizi a basso valore aggiunto
1. Ai fini della valorizzazione in base al principio di libera
concorrenza di un’operazione controllata consistente nella
prestazione di servizi a basso valore aggiunto e’ data facolta’ al
contribuente di scegliere un approccio semplificato in base al quale,
previa predisposizione di apposita documentazione, la valorizzazione
del servizio e’ determinata aggregando la totalita’ dei costi diretti
e indiretti connessi alla fornitura del servizio stesso, aggiungendo
un margine di profitto pari al 5% dei suddetti costi.
2. Ai fini di cui al comma 1, sono considerati servizi a basso
valore aggiunto quei servizi che:
a) hanno natura di supporto;
b) non sono parte delle attività’ principali del gruppo
multinazionale;
c) non richiedono l’uso di beni immateriali unici e di valore, e
non contribuiscono alla creazione degli stessi;
d) non comportano l’assunzione o il controllo di un rischio
significativo da parte del fornitore del servizio ne’ generano in
capo al medesimo l’insorgere di un tale rischio.
3. Non si considerano in ogni caso a basso valore aggiunto quei
servizi che il gruppo multinazionale presta a soggetti indipendenti.

Regime di branch exemption: esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazione in Bulgaria di imprese residenti

Regime di branch exemption: esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazione in Bulgaria di imprese residenti

Articolo 168 ter – In vigore dal 12/01/2019, Modificato da: Decreto legislativo del 29/11/2018 n. 142 Articolo 5 – c.d. “branch exemption” – Esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti.  Articolo aggiunto dall’art. 14, comma 1, decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 147. Per l’applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 168-ter del TUIR vedasi l’art. 14, commi 2, 3 e 4 del citato decreto legislativo n. 147 del 2015

1. Un’impresa residente nel territorio dello Stato puo’ optare per l’esenzione degli utili e delle perdite attribuibili a tutte le proprie stabili organizzazioni all’estero.

2. L’opzione e’ irrevocabile ed e’ esercitata al momento di costituzione della stabile organizzazione, con effetto dal medesimo periodo d’imposta.

3. Quando la stabile organizzazione soddisfa le condizioni di cui al comma 4 dell’articolo 167 ( cioè quando i soggetti controllati non residenti integrano congiuntamente le seguenti condizioni:

a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla meta’ di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono indicati i criteri per effettuare, con modalita’ semplificate, la verifica della presente condizione, tra i quali quello dell’irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile;

b) oltre un terzo dei proventi da essi realizzati rientra in una o piu’ delle seguenti categorie:

1) interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;

2) canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprieta’ intellettuale;

3) dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;

4) redditi da leasing finanziario;

5) redditi da attivita’ assicurativa, bancaria e altre attivita’ finanziarie;

6) proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;

7) proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110.), l’opzione di cui al comma 1 si esercita, relativamente a tali stabili organizzazioni, a condizione che ricorra l’esimente di cui al comma 5 del citato articolo 167 (  se il soggetto controllante dimostra che il soggetto controllato non residente svolge un’attivita’ economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali. Ai fini del presente comma, il contribuente puo’ interpellare l’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212. Per i contribuenti che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 5 maggio 2015, n. 128, l’istanza di interpello di cui al secondo periodo puo’ essere presentata indipendentemente dalla verifica delle condizioni di cui al comma 4, lettere a) e b)).

4. Le imprese che esercitano l’opzione di cui al comma 1 applicano alle proprie stabili organizzazioni, in assenza dell’esimente richiamata nel comma 3, le disposizioni dell’articolo 167.

5. Nel caso di esercizio dell’opzione di cui al comma 1 con riferimento alle stabili organizzazioni per le quali risulti integrato il requisito del comma 1 dell’articolo 47-bis e non si siano rese applicabili le disposizioni di cui all’articolo 167, si applicano, sussistendone le condizioni, le disposizioni degli articoli 47, comma 4, e 89, comma 3.

6. Per le stabili organizzazioni gia’ esistenti, l’opzione di cui al comma 1 puo’ essere esercitata entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni, con effetto dal periodo d’imposta in corso a quello di esercizio della stessa. L’esercizio dell’opzione non determina in se’ alcun realizzo di plusvalenze e minusvalenze.

7. Ai fini del comma 6, l’impresa indica separatamente nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di esercizio dell’opzione, gli utili e le perdite attribuibili a ciascuna stabile organizzazione nei cinque periodi d’imposta antecedenti a quello di effetto dell’opzione. Se ne deriva una perdita fiscale netta, gli utili successivamente realizzati dalla stabile organizzazione sono imponibili fino a concorrenza della stessa. Dall’imposta dovuta si scomputano le eventuali eccedenze positive di imposta estera riportabili ai sensi dell’articolo 165, comma 6.

8. Le disposizioni del comma 7 relative al recupero delle perdite fiscali pregresse della stabile organizzazione si applicano anche quando venga trasferita a qualsiasi titolo la stabile organizzazione o parte della stessa ad altra impresa del gruppo che fruisca dell’opzione di cui al comma 1.

9. L’impresa cedente indica nell’atto di trasferimento della stabile organizzazione o di parte della stessa l’ammontare dell’eventuale perdita netta realizzata dalla medesima stabile organizzazione nei cinque periodi d’imposta precedenti al trasferimento.

10. In caso di esercizio dell’opzione, il reddito della stabile organizzazione va separatamente indicato nella dichiarazione dei redditi dell’impresa e ai fini della sua determinazione valgono i criteri di cui all’articolo 152, anche con riferimento alle transazioni intercorse tra l’impresa e la medesima stabile organizzazione, nonche’ tra quest’ultima e le altre imprese del medesimo gruppo. Si applicano le disposizioni dell’articolo 26 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2000, n. 122.

11. Nel rispetto dei principi di trasparenza, correttezza e collaborazione cui deve essere improntato il rapporto con il contribuente, l’Agenzia delle entrate provvede a pubblicare a titolo esemplificativo sul proprio sito le fattispecie ritenute elusive delle precedenti disposizioni, da aggiornarsi periodicamente.

——————-

I soggetti residenti nel territorio dello Stato optano per l’esenzione degli utili e delle perdite attribuibili a tutte le proprie stabili organizzazioni all’estero nella Dichiarazione dei Redditi riferita al periodo d’imposta di costituzione della branch, a partire dal quale è efficace il regime di branch exemption e devono indicare separatamente il reddito prodotto da ciascuna stabile organizzazione (art. 168-ter del TUIR, c.d. “branch exemption” .  Articolo aggiunto dall’art. 14, comma 1, decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 147. Per l’applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 168-ter del TUIR vedasi l’art. 14, commi 2, 3 e 4 del citato decreto legislativo n. 147 del 2015) .
Con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 28 agosto 2017 sono state emanate le modalità applicative del regime di branch exemption (ai sensi dell’art. 14, comma 3, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147).
Per ciascuna stabile organizzazione all’estero va compilato un distinto modulo, utilizzando moduli successivi al primo (riservato alla determinazione del reddito dell’impresa residente) e avendo cura di numerare distintamente ciascuno di essi.
Per le stabili organizzazioni già esistenti, il soggetto residente indica separatamente nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di esercizio dell’opzione i redditi e le perdite attribuibili a ciascuna stabile organizzazione nei cinque periodi d’imposta antecedenti a quello di effetto dell’opzione. Se ne deriva
una perdita fiscale netta, i redditi successivamente realizzati dalla stabile organizzazione sono imponibili fino a concorrenza della stessa (“recapture”, art. 168-ter, comma 7, del TUIR). La perdite oggetto di recapture vanno indicate solo per l’ammontare delle stesse effettivamente utilizzato. La parte non utilizzata non concorre a formare le perdite fiscali dell’impresa residente riportabili da quest’ultima (nell’apposito prospetto del
quadro RS) che dovranno essere conseguentemente ridotte di pari importo.
In presenza di più siti produttivi nel medesimo Stato, a prescindere dalla qualificazione operata nel Paese di localizzazione, per il calcolo del recapture si assume l’esistenza di una sola stabile organizzazione per ciascuno Stato estero.
Nei casi in cui la stabile organizzazione soddisfi le condizioni di cui al comma 4 dell’art. 167 del TUIR, e ricorra l’esimente di cui al comma 5 del citato art. 167 occorre compilare la casella “Art. 167, comma 5” indicando uno dei seguenti codici:
“1” – in caso di mancata presentazione dell’istanza di interpello e sussistenza delle condizioni per la disapplicazione
della disciplina CFC;
“2” – in caso di presentazione dell’istanza di interpello, in assenza di risposta favorevole, e sussistenza delle
condizioni per la disapplicazione della disciplina CFC.
Nel rigo RF130, per ciascuna stabile organizzazione va indicato:
• nella colonna 1, il codice di identificazione fiscale della stabile organizzazione, ove attribuito dall’autorità
fiscale del Paese di localizzazione ovvero, se attribuito, il codice identificativo rilasciato da un’Autorità amministrativa.
Qualora la stabile organizzazione sia divisa in più siti produttivi, ciascuno con un proprio codice
identificativo, il codice da riportare nella presente colonna può essere riferito a uno dei vari siti produttivi,
a scelta del contribuente;
• nella colonna 2, il codice dello Stato o territorio estero (rilevato dalla tabella “Elenco dei Paesi e territori
esteri”);
• nelle colonne da 3 a 7, nel caso in cui la stabile organizzazione sia già esistente, i redditi e le perdite (precedute
dal segno meno) attribuibili alla stessa nei cinque periodi d’imposta antecedenti a quello di effetto
dell’opzione;
• nella colonna 8, la perdita netta (non preceduta dal segno meno), pari alla somma algebrica, se negativa,
degli importi indicati nelle colonne da 3 a 7. Il recupero delle perdite fiscali pregresse della stabile organizzazione si applica anche quando la stabile organizzazione o parte di essa venga trasferita a qualsiasi
titolo ad altra impresa del gruppo che fruisca dell’opzione; in tal caso, l’impresa cessionaria riporta nella
colonna 9 l’eventuale perdita netta residua della stabile organizzazione, indicata nell’atto di trasferimento
della stessa, e in colonna 13 il codice fiscale dell’impresa cedente. Per tale stabile organizzazione il cessionario non compila le colonne da 3 a 8. Se l’opzione è esercitata successivamente al trasferimento, il quinquennio rilevante ai fini della determinazione del recapture decorre a ritroso dal periodo d’imposta di efficacia dell’opzione in capo all’avente causa, anche se include il recapture residuo che non è stato assorbito in capo al dante causa. Nella medesima colonna 8, i contribuenti che hanno compilato il presente prospetto nella dichiarazione modello REDDITI SC 2019, riportano l’ammontare della perdita netta residua di cui alla colonna 11 del rigo RF130 del citato modello REDDITI SC 2019; in tale ultimo caso le colonne
da 3 a 7 non vanno compilate;
• nella colonna 10, il reddito imponibile pari al minore importo tra il reddito della stabile organizzazione
prodotto nel periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione (importo di rigo RF63, se positivo) e
la perdita netta pari alla somma delle colonne 8 e 9;
• nella colonna 11, la perdita netta residua pari alla seguente somma algebrica se positiva:
colonna 8 + colonna 9 – colonna 10;
• nella colonna 12, l’ammontare della perdita netta residua di colonna 11 trasferita all’impresa avente causa
a seguito del trasferimento a qualsiasi titolo della stabile organizzazione o parte della stessa ad altra impresa
del gruppo.
Si fa presente che le colonne da 3 a 8 vanno compilate anche in assenza di un reddito nel rigo RF63.
Il rigo RF130 non può essere compilato sul primo modulo del presente quadro.

La nuova disciplina per le Cfc  – Tassazione per trasparenza – D.Lgs. 142/2018 – Società con sede in Bulgaria

La nuova disciplina per le Cfc  – Tassazione per trasparenza – D.Lgs. 142/2018 – Società con sede in Bulgaria

Occorre prestare  molta attenzione alla normativa sul reddito delle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) in quanto questo, a determinate condizioni,  previste in una nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir, è soggetto a tassazione separata con aliquota 26%. Si tratta della stessa aliquota prevista per la tassazione dei dividendi. Dall’imposta liquidata sono ammesse in detrazione le imposte pagate all’estero dall’impresa partecipata, sul medesimo reddito, a titolo definitivo.

La normativa sulle «Controlled Foreign Companies» è raccomandata dall’Ocse e adottata da molti altri Paesi occidentali (ad es., gli USA) e, in sostanza, prevede l’imputazione per competenza, in proporzione alla quota di partecipazione all’utile, secondo le regole dei soggetti Ires, al soggetto controllante residentepersona fisica o giuridica che sia, dei redditi conseguiti da imprese, società o altri enti (vedi C.M. 26.5.2011, n. 23/E) localizzati in Paesi a regime fiscale privilegiato. In questo modo, la tassazione del reddito di partecipazione «viene ad essere del tutto indipendente dalla volontà del soggetto controllante che, invece, in passato consentiva di “ottimizzare”, in relazione alla propria situazione fiscale, il momento della delibera e della effettiva distribuzione degli utili» (C.M. 16.11.2000, n. 207/E).

Come vedremo, dato che per soggetti con sede in Bulgaria, in considerazione del “nuovo” regime per le Cfc, è altamente improbabile che un’impresa bulgara non sia assoggettata ad una tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia, occorre considerare il  requisito della prevalenza di proventi da “passive income.

L’articolo 167, comma 4, Tuir elenca le categorie che appartengono a tale definizione:

1) interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
2) canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
3) dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
4) redditi da leasing finanziario;
5) redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
6) proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
7) proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110 .

Il D.Lgs. 142/2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2018 ha dato attuazione alla Direttiva UE 2016/1164, Direttiva anti elusione fiscale (c.d. “Anti Tax Avoidance Directive” –  “Atad”).

Nel provvedimento legislativo è inserita la revisione integrale della disciplina in materia di “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) mediante una nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir .

La nuova disciplina è entrata in vigore dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018; per cui, di norma, per i soggetti per cui  il periodo d’imposta coincide con l’anno solare la nuova disciplina sulle Cfc si applica a partire dal 01/01/2019.

Rientrano nella tassazione CFC le società controllate estere:

  • Residenti in Paesi UE;
  • Residenti in Paesi Extra-UE.

Infatti, l’articolo 167 del TUIR non contiene alcun riferimento ai “regimi fiscali privilegiati“. La disposizione, infatti, si limita a porre due condizioni (bassa fiscalità e incidenza non marginale dei passive income) affinché operino le penalizzazioni fiscali.

Per questo motivo si ritiene che possano rientrare nella disciplina menzionata anche le società UE.

La versione dell’art. 167 del TUIR precedente alle modifiche apportate dal DECRETO LEGISLATIVO 29 novembre 2018, n. 142 disponeva che: “Se un soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite societa’ fiduciarie o per interposta persona, il controllo di un’impresa, di una societa’ o altro ente, residente o localizzato in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al comma 4, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, i redditi conseguiti dal soggetto estero controllato sono imputati, a decorrere dalla chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato, ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute”. 

Quindi potrebbe ravvedersi una chiara intenzione del legislatore nell’eliminare nel 167 TUIR  il riferimento a Stati o territori diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni di estendere anche alle imprese ivi residenti le norme sulle Controlled Foreign Companies previste dalla nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir .

Le disposizioni dell’articolo 167 Tuir , in base al primo comma comma dello stesso articolo, si applicano alle persone fisiche e ai soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c), nonché’, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), che controllano soggetti non residenti, come definiti ai commi 2 e 3.

In base al comma 6 nella nuova formulazione dell’articolo 167 Tuirricorrendo le condizioni di applicabilita’ della disciplina del 167, il reddito realizzato dal soggetto controllato non residente e’ imputato ai soggetti di cui al comma 1, nel periodo d’imposta di questi ultimi in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto controllato non residente, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili del soggetto controllato non residente da essi detenuta, direttamente o indirettamente. In caso di partecipazione indiretta per il tramite di soggetti residenti o di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, i redditi sono imputati a questi ultimi soggetti in proporzione alle rispettive quote di partecipazione.

Il secondo comma stabilisce che si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, da parte di un soggetto di cui al comma 1;

b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili e’ detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, o tramite società  fiduciaria o interposta persona, da un soggetto di cui al comma 1.

In base al terzo comma si considerano altresì soggetti controllati non residenti:

a) le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti di cui al comma 2;

b) le stabili organizzazioni all’estero di soggetti residenti che abbiano optato per il regime di cui all’articolo 168-ter (c.d. “branch exemption”: Esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti).

Ricordiamo che l’articolo 2359 del codice civile stabilisce che sono considerate società controllate:

  1. le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
  2. le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
  3. le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma dell’articolo 2359 del codice civile si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

L’articolo 7, par. 1, lett. a), della Direttiva UE 2016/1164(c.d. “Anti Tax Avoidance Directive” –  “Atad”) ritiene che si verifichi il requisito del controllo: “nel caso di un’entità, il contribuente, da solo o insieme alle sue imprese associate, detiene una partecipazione diretta o indiretta di oltre il 50 per cento dei diritti di voto o possiede direttamente o indirettamente oltre il 50 per cento del capitale o ha il diritto di ricevere oltre il 50 per cento degli utili di tale entità“.

Quindi appare evidente che non sarà possibile evitare la tassazione CFC mediante l’escamotage della separazione dei “diritti di voto” rispetto ai “diritti agli utili”.

La  nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir elimina la distinzione fra il regime delle c.d. Cfc “black list” e quello più generale riferito alle c.d. Cfc “white list”.

Dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 si configura un unico regime per le Cfc, indipendentemente dalla loro localizzazione, quando ricorrono congiuntamente due requisiti:

  1. l’impresa estera è assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia;
  2. oltre 1/3 dei proventi realizzati dall’impresa estera rientra nella categoria dei d. “passive income così come è definita in 7 punti contenuti nell’articolo 167, comma 4, Tuir.

Per quanto riguarda il primo requisito (il livello di tassazione dell’impresa estera),  non si fa  riferimento alla tassazione “nominale”, ma a quella “effettiva”.

Il testo della relazione illustrativa al D.Lgs. 142/2018, nel fare riferimento al confronto tra il tax rate estero e quello nazionale, riguardo a quest’ultimo precisa che il calcolo andrà compiuto rideterminando il reddito dell’impresa estera secondo le disposizioni fiscali italiane che sarebbero applicabili al reddito lordo risultante dal bilancio dell’impresa estera, e operando quindi un confrontoche riguarda, sul fronte della tassazione virtuale interna, l’imposta sul reddito delle società (Ires)”.

Quindi per quanto riguarda la verifica della tassazione effettiva questa dovrà essere compiuta avuto riguardo alla sola Ires.

Per verificare il livello di tassazione effettiva, occorreà effettuare un confronto tra il “tax rate effettivo estero” e il “tax rate virtuale domestico”, quest’ultimo calcolato determinando il reddito risultante dal bilancio d’esercizio redatto all’estero sulla base delle disposizioni fiscali italiane.

Il punto a) del quarto comma fa riferimento al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

In data 16/09/2016 il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha emanato il PROVVEDIMENTO N. PROT. 143239 , “Disposizioni in materia di imprese estere controllate. Criteri per determinare con modalità semplificata l’effettivo livello di tassazione di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR

I Criteri di determinazione della tassazione effettiva estera e della tassazione virtuale domestica sono fissati al punto 5 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Nel caso concreto va, quindi, esaminato il livello di tassazione effettiva della controllata in Bulgaria raffrontato, anche alla luce delle  direttive emanate con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entratecon il livello di tassazione IRES (attualmente al 24%)

Ora esaminando in concreto il caso di soggetti con sede in Bulgaria, con una tassazione “bulgara” al 10% e un’IRES al 24%, anche considerando che le specifiche disposizioni fiscali bulgare sono spesso più favorevoli delle italiane,  è altamente improbabile che,  rideterminando il reddito dell’impresa estera secondo le disposizioni fiscali italiane che sarebbero applicabili al reddito lordo risultante dal bilancio dell’impresa bulgara, questa non sia assoggettata ad una tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia.

Quindi, per soggetti con sede in Bulgaria, per il “nuovo” regime per le Cfc, non resta che considerare il secondo requisito (la prevalenza di proventi da “passive income).

L’articolo 167, comma 4, Tuir elenca le categorie che appartengono a tale definizione:

1) interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
2) canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
3) dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
4) redditi da leasing finanziario;
5) redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
6) proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
7) proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110 .

Con riferimento alle prestazioni di servizi di cui al punto 7, in riferimento ai “servizi infragruppo a basso valore aggiunto”, la norma richiama le indicazioni contenute nel  D.M. 14.05.2018, linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento, (vedi art.7 (2)).

In quanto alla disapplicazione del regime Cfc, la norma prevede che questa possa ricorrere laddove il contribuente dimostri – volendo, anche a mezzo interpello preventivo all’Agenzia delle Entrate – che l’impresa controllata estera svolge una “attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali”.

Una considerazione di rilievo da fare è quella al riguardo della “attività economica effettiva”. Nella precedente formulazione del 167 TUIR, il quinto comma,  (“la societa’ o altro ente non residente svolga un’effettiva attività’ industriale o commerciale, come sua principale attività’, nel mercato dello stato o territorio di insediamento“) si faceva riferimento ad una  “attività industriale e commerciale”. Nella nuova formulazione del quinto comma si parla di “attività economica effettiva”, quindi  si dovrà valutare l’adeguatezza della struttura organizzativa dell’impresa estera rispetto all’attività in concreto svolta.

Ora sorge un problema di non poco conto:

L’art. 47/bis del TUIR (introdotto dal punto b del primo comma dell’art. 5 del  Decreto legislativo del 29/11/2018 n. 142 , emanato in attuazione della  direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016  (cosiddetta Anti Tax Avoidance Directive – ATAD 1), facente parte del pacchetto anti elusione (Anti Tax Avoidance Package) varato dalla Commissione Europea per introdurre negli Stati membri un insieme di misure di contrasto alle pratiche di elusione fiscale che a sua volta si basa sulle raccomandazioni dell’OCSE del 2015 volte ad affrontare l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (progetto Base erosion and profit shifting (BEPS)), come modificata dalla direttiva (UE) 2017/952 del Consiglio del 29 maggio 2017 (Atad 2 ), allo scopo di contrastare i cd. disallineamenti da ibridi (Azione BEPS 2) che coinvolgono i Paesi terzi, ovvero le differenze di trattamento fiscale a norma delle leggi di due o più giurisdizioni fiscali per ottenere una doppia non imposizione.) individua i criteri in base ai quali individuare quali siano i Paesi a fiscalità privilegiata.

Ai sensi del primo comma dell’art. 47/bis del TUIR – Disposizioni in materia di regimi fiscali privilegiati non si considerano privilegiati iI regimi fiscali di Stati o territori appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni;

I regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati:

a) nel caso in cui l’impresa o l’ente non residente o non localizzato in Italia sia sottoposto a controllo ai sensi dell’articolo 167, comma 2, da parte di un partecipante residente o localizzato in Italia, laddove assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla meta’ di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia;

b) in mancanza del requisito del controllo di cui alla lettera a), laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia.

In ragione di tutto questo si pone un dubbio di non poco conto: per la tassazione di dividendi provenienti da una società bulgara con oltre un terzo dei proventi da essa realizzati che rientra  tra i proventi da “passive income” di cui al comma 4 lettera b) dell’Art. 167 del TUIR trova applicazione l’Art. 167 del TUIR, quindi soggetto a tassazione separata con aliquota 26% o l’art. 47/bis del TUIR, che, per espressa disposizione normativa, non considera privilegiati iI regimi fiscali di Stati o territori appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni?

Ora non può non considerarsi l’art. 26 della Legge n. 122 del 7 luglio 2016 (disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea”, meglio nota come “legge europea”,  pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 132 del 8 luglio 2016), che ha recepito nell’ordinamento fiscale italiano le Disposizioni della direttiva 2014/86/UE e della direttiva (UE) 2015/121, recanti modifica della direttiva 2011/96/UE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi:

La   Direttiva 90/435/CEE , nota come direttiva madre-figlia, poi rifusa nella Direttiva 2011/96/UE , disciplina la tassazione degli utili distribuiti nei casi in cui, all’interno di un gruppo societario, società madre e società figlia appartengano a differenti Stati membri dell’Unione Europea.

Effetti della Direttiva sono:

• eliminare le ritenute in uscita (ricorrendo i requisiti non vi è alcuna ritenuta alla fonte);

• escludere la tassazione nello Stato di residenza della società madre.

Si considera società madre la società insediata in uno degli Stati membri dell’UE che detenga una partecipazione minima, o pari al 10%, nel capitale (o nei diritti di voto) di una società di un altro Stato membro (vedi: comma 3-ter art. 89 TUIR).

Gli ordinamenti fiscali degli Stati membri hanno la facoltà di non applicare il beneficio dell’esenzione accordato agli utili nell’ambito della madre-figlia qualora la partecipazione non risulti detenuta ininterrottamente da almeno due anni (l’Italia prevede un holding period di un anno, comma 3-ter art. 89 TUIR e lettera d) primo comma art.27 bis DPR/600).

Riportiamo i commi 3-bis e 3-ter all’articolo 89 del TUIR

3-bis. L’esclusione di cui al comma 2 (Gli utili distribuiti, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione, non concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti in quanto esclusi dalla formazione del reddito della societa’ o dell’ente ricevente per il 95 per cento del loro ammontare si applica anche:

a) alle remunerazioni sui titoli, strumenti finanziari e contratti indicati dall’articolo 109, comma 9, lettere a) e b), limitatamente al 95 per cento della quota di esse non deducibile ai sensi dello stesso articolo 109;

b) alle remunerazioni delle partecipazioni al capitale o al patrimonio e a quelle dei titoli e degli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, provenienti dai soggetti che hanno i requisiti individuati nel comma 3-ter del presente articolo, limitatamente al 95 per cento della quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante.

3-ter. La disposizione di cui alla lettera b) del comma 3-bis si applica limitatamente alle remunerazioni provenienti da una societa’ che riveste una delle forme previste dall’allegato I, parte A, della direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011, nella quale e’ detenuta una partecipazione diretta nel capitale non inferiore al 10 per cento, ininterrottamente per almeno un anno, e che:

a) risiede ai fini fiscali in uno Stato membro dell’Unione europea, senza essere considerata, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residente al di fuori dell’Unione europea;

b) e’ soggetta, nello Stato di residenza, senza possibilita’ di fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, della citata direttiva o a qualsiasi altra imposta che sostituisca una delle imposte indicate.”

Il comma 2 dell’art. 89 del TUIR, riferendosi agli “utili distribuiti” prevede, ai fini IRES, l’imposizione per cassa dei dividendi.

Sempre il comma 2 dell’art. 89 del TUIR, prevede che essi concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti solo per il 5%, in quanto esclusi dalla formazione del reddito della società o dell’ente ricevente per il 95% del loro ammontare.

Da considerare che  l’art. 48 del TUIR, Redditi imponibili ad altro titolo, dispone:

“1. Non costituiscono redditi di capitale gli interessi, gli utili e gli altri proventi di cui ai precedenti articoli conseguiti dalle società e dagli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), e dalle stabili organizzazioni dei soggetti di cui alla lettera d) del medesimo comma, nonché quelli conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali.

2. I proventi di cui al comma 1, quando non sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, concorrono a formare il reddito complessivo come componenti del reddito d’impresa.”

Quindi gli utili in esame concorrono a formare il reddito complessivo come componenti del reddito d’impresa.

Da cui, ai fini dell’esclusione di cui al secondo comma dell’art. 89, per il 95%, vanno considerati nelle poste del reddito d’impresa del Quadro RF tra le voci variazioni in diminuzione.

Nel rigo RF47, colonna 3, va indicato il 95 per cento dell’importo percepito nel periodo d’imposta delle remunerazioni delle partecipazioni al capitale o al patrimonio e a quelle dei titoli e degli strumenti finanziari di cui all’art. 44, provenienti dai soggetti che hanno i requisiti individuati nel comma 3-ter dell’art.
89 del TUIR, limitatamente al 95 per cento della quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante (art. 89, comma 3-bis, del TUIR, lett. b)); tale disposizione si applica limitatamente alle remunerazioni provenienti da una società che riveste una delle forme previste dall’allegato I, parte A, della direttiva 2011/96/UE  del Consiglio, del 30 novembre 2011, nella quale è detenuta una partecipazione diretta nel capitale non inferiore al 10 per cento, ininterrottamente per almeno un anno, e che:

a) risiede ai fini fiscali in uno Stato membro dell’Unione europea, senza essere considerata, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residente al di fuori dell’Unione europea;

b) è soggetta, nello Stato di residenza, senza possibilità di fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, a una delle imposte elencate nell’allegato
I, parte B, della citata direttiva o a qualsiasi altra imposta che sostituisca una delle imposte indicate (comma 3-ter dell’art. 89, del TUIR).

Nel quadro RF, dedicato alla determinazione del reddito d’impresa, tra le variazioni in diminuzione, al rigo RF47, colonna 3, va, quindi,  indicato il 95 per cento dell’importo percepito nel periodo d’imposta.

Il concorso del residuo 5% non ha la funzione di duplicare, sia pure in parte, il prelievo attuato sulla società erogante, ma è motivato, per ragioni di semplificazione, della possibilità di includere nel calcolo del reddito i costi di gestione della partecipazione, che, diversamente, in quanto riferibili a proventi non partecipanti alla formazione del reddito, avrebbero dovuto essere recuperati a tassazione con evidenti difficoltà per la loro corretta individuazione.

L’art. 165, comma 10, del TUIR stabilisce che se un reddito estero concorre solo parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera deve essere ridotta in misura corrispondente.

Di conseguenza, l’imposta estera in caso di utili di fonte estera può essere detratta dall’IRES per un ammontare pari al 5% del totale in caso di utili tassati in misura ridotta.

L’imposta estera  può essere detratta dall’IRES per un ammontare pari al 5% del totale. Per la determinazione del Credito d’Imposta vedi il Quadro CE, il risultato del Rigo CE 26 va riportato nel Quadro RN al rigo RN 13.

Da considerare che il DECRETO LEGISLATIVO 29 novembre 2018, n. 142, che ha introdotto l‘art. 47 bis del TUIR e novellato il 167 del TUIR, non ha modificato i commi 3-bis e 3-ter all’articolo 89 del TUIR ed anzi ha sostituito il comma 3 dell’art.89 con esplito richiamo al primo comma del su citato art. 47 bis del TUIR, che, come abbiamo visto,  non considera privilegiati iI regimi fiscali di Stati o territori appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni.

Ragion per cui, per regimi fiscali di Stati o territori appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni si potrebbe ritenere comunque applicabile il regime di cui alla direttiva madre-figlia anche in presenza delle due condizioni di cui al quarto comma dell’art. 167 del TUIR (l’impresa estera assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia; oltre 1/3 dei proventi realizzati dall’impresa estera rientra nella categoria dei d. “passive income” così come è definita in 7 punti contenuti nell’articolo 167, comma 4, Tuir).

(1) Art. 167 T.U.I.R.
Disposizioni in materia di imprese estere controllate
1. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle persone fisiche e ai soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b)e c), nonchè, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), che controllano soggetti non residenti, come definiti ai commi 2 e 3.
2. Ai fini del presente articolo si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:
a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, da parte di un soggetto di cui al comma 1;
b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili è detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o tramite società fiduciaria o interposta persona, da un soggetto di cui al comma 1.
3. Ai fini del presente articolo, si considerano altresì soggetti controllati non residenti:
a) le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti di cui al comma 2;
b) le stabili organizzazioni all’estero di soggetti residenti che abbiano optato per il regime di cui all’articolo 168-ter.
4. La disciplina del presente articolo si applica se i soggetti controllati non residenti integrano congiuntamente le seguenti condizioni:
a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono indicati i criteri per effettuare, con modalità semplificate, la verifica della presente condizione, tra i quali quello dell’irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile;
b) oltre un terzo dei proventi da essi realizzati rientra in una o più delle seguenti categorie:
1) interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
2) canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
3) dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
4) redditi da leasing finanziario;
5) redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
6) proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
7) proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110.
5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano se il soggetto di cui al comma 1 dimostra che il soggetto controllato non residente svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali. Ai fini del presente comma, il contribuente può interpellare l’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212. Per i contribuenti che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 5 maggio 2015, n. 128, l’istanza di interpello di cui al secondo periodo può essere presentata indipendentemente dalla verifica delle condizioni di cui al comma 4, lettere a) e b).
6. Ricorrendo le condizioni di applicabilità della disciplina del presente articolo, il reddito realizzato dal soggetto controllato non residente è imputato ai soggetti di cui al comma 1, nel periodo d’imposta di questi ultimi in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto controllato non residente, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili del soggetto controllato non residente da essi detenuta, direttamente o indirettamente. In caso di partecipazione indiretta per il tramite di soggetti residenti o di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, i redditi sono imputati a questi ultimi soggetti in proporzione alle rispettive quote di partecipazione.
7. Ai fini del comma 6, i redditi del soggetto controllato non residente sono determinati a seconda delle sue caratteristiche, in base alle disposizioni valevoli ai fini dell’imposta sul reddito delle società per i soggetti di cui all’articolo 73, fatta eccezione per le disposizioni di cui agli articoli 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, 2, comma 36-decies, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, 62-sexies del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e 86, comma 4, del presente testo unico.
8. I redditi imputati e determinati ai sensi dei commi 6 e 7 sono assoggettati a tassazione separata con l’aliquota media applicata sul reddito del soggetto cui sono imputati e, comunque, non inferiore all’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle società.
9. Dall’imposta determinata ai sensi del comma 8 sono ammesse in detrazione, con le modalità e nei limiti di cui all’articolo 165, le imposte sui redditi pagate all’estero a titolo definitivo dal soggetto non residente.
10. Gli utili distribuiti, in qualsiasi forma, dai soggetti controllati non residenti non concorrono alla formazione del reddito dei soggetti di cui al comma 1 fino a concorrenza dei redditi assoggettati a tassazione ai sensi del comma 8, anche nei periodi d’imposta precedenti. La previsione del precedente periodo non si applica con riguardo a un organismo di investimento collettivo del risparmio non residente. In questo caso, tuttavia, le imposte pagate in Italia dai soggetti di cui al comma 1 si aggiungono al costo fiscalmente riconosciuto delle quote del predetto organismo. Le imposte pagate all’estero sugli utili che non concorrono alla formazione del reddito ai sensi del primo periodo sono ammesse in detrazione, con le modalità e nei limiti di cui all’articolo 165, fino a concorrenza dell’imposta determinata ai sensi del comma 8, diminuita degli importi ammessi in detrazione ai sensi del comma 9.
11. L’Agenzia delle Entrate, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove per la disapplicazione delle disposizioni del presente articolo in base al comma 5. Qualora l’Agenzia delle Entrate non ritenga idonee le prove addotte dovrà darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento. Fatti salvi i casi in cui la disciplina del presente articolo sia stata applicata oppure non lo sia stata per effetto dell’ottenimento di una risposta favorevole all’interpello di cui al comma 5, il soggetto di cui al comma 1 deve segnalare nella dichiarazione dei redditi la detenzione di partecipazioni in soggetti controllati non residenti di cui ai commi 2 e 3, al ricorrere delle condizioni di cui al comma 4, lettere a) e b).
12. L’esimente prevista nel comma 5 non deve essere dimostrata in sede di controllo qualora il contribuente abbia ottenuto risposta positiva al relativo interpello, fermo restando il potere dell’Agenzia delle entrate di controllare la veridicità e completezza delle informazioni e degli elementi di prova forniti in tale sede.
13. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, possono essere adottate ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, disposizioni attuative del presente articolo.

 (2MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE – DECRETO 14 maggio 2018 – Linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento.
Art. 7 – Servizi a basso valore aggiunto
1. Ai fini della valorizzazione in base al principio di libera
concorrenza di un’operazione controllata consistente nella
prestazione di servizi a basso valore aggiunto e’ data facolta’ al
contribuente di scegliere un approccio semplificato in base al quale,
previa predisposizione di apposita documentazione, la valorizzazione
del servizio e’ determinata aggregando la totalita’ dei costi diretti
e indiretti connessi alla fornitura del servizio stesso, aggiungendo
un margine di profitto pari al 5% dei suddetti costi.
2. Ai fini di cui al comma 1, sono considerati servizi a basso
valore aggiunto quei servizi che:
a) hanno natura di supporto;
b) non sono parte delle attività’ principali del gruppo
multinazionale;
c) non richiedono l’uso di beni immateriali unici e di valore, e
non contribuiscono alla creazione degli stessi;
d) non comportano l’assunzione o il controllo di un rischio
significativo da parte del fornitore del servizio ne’ generano in
capo al medesimo l’insorgere di un tale rischio.
3. Non si considerano in ogni caso a basso valore aggiunto quei
servizi che il gruppo multinazionale presta a soggetti indipendenti.

Anno fiscale 2018 – Disciplina CFC – Società controllata con sede in Bulgaria – Condizioni ed aspetti dichiarativi

Esaminiamo l‘aspetto dichiarativo, per l’anno fiscale 2018, della disciplina in materia di “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc), avendo riguardo agli utili derivanti da una partecipazione di controllo in una società bulgara.

Il D.Lgs. 142/2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2018 che ha dato attuazione alla Direttiva UE 2016/1164, Direttiva anti elusione fiscale (c.d. “Anti Tax Avoidance Directive” –  “Atad”),  ha portato a una revisione integrale della disciplina in materia di CFC  mediante una nuova formulazione dell’articolo 167 del T.U.I.R. .

La nuova disciplina è entrata in vigore dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018; per cui, di norma, per i soggetti per cui  il periodo d’imposta coincide con l’anno solare la nuova disciplina sulle Cfc si applica a partire dal 01/01/2019.

Quindi, per il periodo d’imposta 2018, dovremo esaminare l’articolo 167 del T.U.I.R. nella formulazione anteriore all’entrata in vigore della nuova formulazione.

Riportiamo uno stralcio dell’articolo 167 del T.U.I.R. nella formulazione anteriore al D.Lgs. 142/2018.

1. Se un soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite societa’ fiduciarie o per interposta persona, il controllo di un’impresa, di una societa’ o altro ente, residente o localizzato in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al comma 4, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, i redditi conseguiti dal soggetto estero controllato sono imputati, a decorrere dalla chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato, ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute. Tale disposizione si applica anche per le partecipazioni di controllo in soggetti non residenti relativamente ai redditi derivanti da loro stabili organizzazioni assoggettati ai predetti regimi fiscali privilegiati.

2. Le disposizioni del comma 1 si applicano alle persone fisiche residenti e ai soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c).

3. Ai fini della determinazione del limite del controllo di cui al comma 1, si applica l’articolo 2359 del codice civile, in materia di societa’ controllate e societa’ collegate.

4. I regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia.

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8-bis. La disciplina di cui al comma 1 trova applicazione anche nell’ipotesi in cui i soggetti controllati ai sensi dello stesso comma sono localizzati in stati o territori diversi da quelli ivi richiamati o in Stati appartenenti all’Unione europea ovvero a quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, qualora ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:

a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore a piu’ della meta’ di quella a cui sarebbero stati soggetti ove residenti in Italia;

b) hanno conseguito proventi derivanti per piu’ del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attivita’ finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprieta’ industriale, letteraria o artistica nonche’ dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la societa’ o l’ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa societa’ che controlla la societa’ o l’ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari.

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono indicati i criteri per determinare con modalita’ semplificate l’effettivo livello di tassazione di cui alla precedente lettera a), tra cui quello dell’irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile. 

8-ter. Le disposizioni del comma 8-bis non si applicano se il soggetto residente dimostra che l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale. Ai fini del presente comma il contribuente puo’ interpellare l’Amministrazione finanziaria secondo le modalita’ indicate nel comma 5. Per i contribuenti che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo l’interpello di cui al precedente periodo puo’ essere presentato indipendentemente dalla verifica delle condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 8-bis.

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Quindi per le persone fisiche ed i soggetti di cui agli articoli 5 (societa’ semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice) e 73, comma 1, lettere a), b) e c) ( societa’ per azioni e in accomandita per azioni, le societa’ a responsabilita’ limitata …….)(1)  del T.U.I.R. , residenti in Italia, che detengono, direttamente o indirettamente, anche tramite societa’ fiduciarie o per interposta persona, il controllo di un’impresa, di una societa’ o altro ente, residente o localizzato in Stati o territori con un livello nominale di tassazione inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni,  i redditi conseguiti dal soggetto estero controllato sono imputati ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute.

La Bulgaria è uno stato UE, quindi per il primo comma, non è considerato Stato a regime fiscale privilegiato in base al parametro del quarto comma (tassazione nominale inferiore al 50 per cento di quella italiana).

L’articolo 1 Comma 142, lett. b) n.4 della Legge del 28/12/2015 n. 208 ha esteso a “Stati appartenenti all’Unione europea ovvero a quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni” la disciplina del comma 8-bis, introdotto dall’art. 13 lett. c) del  decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78,  convertito nella  Legge 3 agosto 2009, n. 102.

Nella derivata formulazione il comma 8-bis dispone che la disciplina di cui al comma 1 trova applicazione anche nell’ipotesi in cui i soggetti controllati ai sensi dello stesso comma sono localizzati  in Stati appartenenti all’Unione europea ovvero a quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, qualora ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:

a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore a piu’ della meta’ di quella a cui sarebbero stati soggetti ove residenti in Italia;

b) hanno conseguito proventi derivanti per piu’ del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attivita’ finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprieta’ industriale, letteraria o artistica nonche’ dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la societa’ o l’ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa societa’ che controlla la societa’ o l’ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari.

Quindi, in base al comma 8-bis, per le persone fisiche ed i soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c) del T.U.I.R. , residenti in Italia, che detengono, direttamente o indirettamente, anche tramite societa’ fiduciarie o per interposta persona, il controllo di un’impresa, di una societa’ o altro ente, residente o localizzato in uno Stato UEi redditi conseguiti dal soggetto estero controllato sono imputati ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute qualora ricorrono congiuntamente le condizioni previste ai punti a) e b).

Il successivo comma 8-ter disciplina le modalità mediante le quali il socio residente può ottenere la disapplicazione di tale disciplina. In particolare, la CFC rule non trova applicazione se è data la dimostrazione che “l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio
fiscale”.
Occorre, tuttavia, evidenziare alcuni aspetti:

  • con l’articolo 8, primo comma, lett. d) del DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 147 (Disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese) è stata aggiunta, nel comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR, una previsione in cui è demandato ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate il compito di indicare i criteri per determinare, con modalità semplificate, il ricorrere della condizione di cui alla citata lettera a) del comma 8-bis. Si tratta del confronto tra la tassazione effettiva estera e quella “virtuale” domestica in cui assume rilevanza, coerentemente con quanto previsto nella relazione di accompagnamento all’articolo 13 del d.l. 78 del 2009, il “carico effettivo di imposizione (e non l’aliquota nominale di imposizione societaria) gravante sulla società estera” e, dunque, il calcolo del rapporto tra l’imposta corrispondente al reddito imponibile e l’utile ante imposte della controllata;
  •  la formulazione del comma 8-bis è stata modificata per ragioni di coerenza con la nuova formulazione dell’articolo 167 del TUIR.

Pertanto, al fine di verificare l’applicazione della norma antielusiva in esame, occorre tener presente che le controllate residenti negli Stati UE e SEE possono essere destinatarie della CFC rule solo qualora soddisfino contestualmente le due condizioni  previste nel medesimo comma 8-bis, a nulla rilevando la circostanza che le stesse
società fruiscano, nel 2015, di “regimi speciali” ovvero, nel 2016, siano assoggettate a regimi fiscali privilegiati secondo l’accezione declinata nel citato comma 4 dell’articolo 167 del TUIR.

(Vedi: Paragrafo 2.2 – La disciplina di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR – della Circolare n. 35/E dell’Agenzia delle Entrate del 4 agosto 2016)

A seguito del periodo introdotto dall‘art. 8 del D. Lgs. 147/2015 è stato  emanato il PROVVEDIMENTO N. PROT. 143239 del  16/09/2016 del Direttore dell’Agenzia della Entrate – Disposizioni in materia di imprese estere controllate. Criteri per determinare
con modalità semplificata l’effettivo livello di tassazione di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR.

Per quanto riguarda il primo requisito (il livello di tassazione dell’impresa estera),  non si fa  riferimento alla tassazione “nominale”, ma a quella “effettiva”.

Quindi per quanto riguarda la verifica della tassazione effettiva questa dovrà essere compiuta avuto riguardo alla sola Ires.

Ora, esaminando in concreto il caso di soggetti con sede in Bulgaria, con una tassazione “bulgara” al 10% e un’IRES al 24%, anche considerando che le specifiche disposizioni fiscali bulgare sono spesso più favorevoli delle italiane,  è altamente improbabile che,  rideterminando il reddito dell’impresa estera secondo le disposizioni fiscali italiane che sarebbero applicabili al reddito lordo risultante dal bilancio dell’impresa bulgara, questa non sia assoggettata ad una tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia.

Quindi, per soggetti con sede in Bulgaria, per la verifica dell’assoggettamento al regime per le Cfc, con molta probabilità, non resta che considerare il secondo requisito di cui al punto b (la prevalenza di proventi da “passive income).

Per cui, in conclusione, nella maggior parte dei casi, per i soggetti, residenti in Italia, che detengono, direttamente o indirettamente, anche tramite societa’ fiduciarie o per interposta persona, il controllo di un’impresa, di una societa’ o altro ente, residente o localizzato in Bulgariai redditi conseguiti dal soggetto bulgaro controllato sono imputati ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute qualora i proventi siano derivanti per piu’ del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attivita’ finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprieta’ industriale, letteraria o artistica nonche’ dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la societa’ o l’ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa societa’ che controlla la societa’ o l’ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari.

Nel caso di assoggettamento al regime CFC i contribuenti persone fisiche dovranno compilare il quadro FC.

In particolare imputare  nella Sez. IV:

  • i redditi conseguiti dalla società bulgara al soggetto residente che esercita il controllo alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione della CFC, in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili diretta o indiretta;
  • la quota d’imposta pagata in Bulgaria

Il contribuente dovrà riportare la quota di reddito ad esso imputata e quella dell’imposta pagata all’estero dal soggetto estero nel quadro RM – Sez. VIII – del Mod. Redditi 2019  PF.

I redditi imputati a tali soggetti sono assoggettati a tassazione separata nel periodo d’imposta in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione di una società o di altro ente residente o localizzato in Stati o territori con regime fiscale privilegiato anche speciale, individuati ai sensi dell’art. 167, comma 4, del TUIR con l’aliquota media applicata sul reddito complessivo netto e comunque non inferiore all’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle società.

I versamenti delle imposte relative ai redditi della presente sezione devono essere effettuati entro i termini e con le modalità previste per il versamento delle imposte sui redditi risultanti dalla presente dichiarazione. Per il versamento dell’imposta (IRPEF) dovuta a saldo, è stato istituito il codice tributo 4722 e per quello relativo al primo acconto, il codice tributo 4723.

Analogamente nel caso di assoggettamento al regime CFC le Società di capitali dovranno compilare il quadro FC e la Se. I del quadro RM.

I predetti redditi sono assoggettati a tassazione separata nel periodo d’imposta in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione della CFC con l’aliquota media applicata sul reddito complessivo netto e comunque non inferiore all’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle società (comma 6 dell’art. 167 del TUIR, come modificato dall’art. 1, comma 142, lett. b), n. 3) della legge 28 dicembre 2015, n. 208).

I versamenti delle imposte relative ai redditi del presente quadro devono essere effettuati entro i termini e con le modalità previsti per il versamento delle imposte sui redditi risultanti dalla presente dichiarazione. Per il versamento dell’imposta dovuta a saldo è stato istituito il codice tributo 2114 e per quello relativo al primo acconto il codice tributo 2115.

(1) a) le societa’ per azioni e in accomandita per azioni, le societa’ a responsabilita’ limitata, le societa’ cooperative e le societa’ di mutua assicurazione, nonche’ le societa’ europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le societa’ cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato;

b) gli enti pubblici e privati diversi dalle societa’, nonche’ i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciali;

c) gli enti pubblici e privati diversi dalle societa’, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciale nonche’ gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato;

DECRETO LEGISLATIVO 29 novembre 2018, n. 142 – Nuove regole di identificazione degli Stati a fiscalità privilegiata

Il decreto legislativo 29 novembre 2018, n. 142 (attuativo delle Direttive Atad 1 e 2) pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 28 dicembre 2018, introducendo l‘art. 47-bis nel T.U.I.R., ha cambiato, a
decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31
dicembre 2018,  i criteri per l’individuazione dei dividendi «provenienti» da Stati a fiscalità privilegiata,  ora parzialmente sganciati dalla disciplina Cfc.

Il primo comma  identifica due diversi criteri da applicare in funzione della natura della partecipazione posseduta. Per le partecipazioni di controllo rileva la tassazione effettiva della partecipata estera, mentre per le partecipazioni diverse da quelle di controllo rileva il livello di tassazione nominale, tenendo conto per quest’ultimo anche dei «regimi speciali». Se la tassazione, effettiva o nominale a seconda dei casi, della società partecipata è inferiore alla metà di quella che sarebbe stata applicata in Italia, lo Stato estero si considera, per presunzione relativa, a fiscalità privilegiata e gli utili distribuiti sono integralmente soggetti a imposizione in Italia.

Vengono escluse le partecipazioni in società residenti in Stati membri Ue ovvero in Stati aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni

Nel caso di partecipazioni di controllo la nozione di regime fiscale privilegiato coincide in sostanza con quella prevista dal nuovo art. 167 in materia di CFC, legata alla tassazione effettiva della partecipata inferiore al 50% di quella italiana.

La scelta dei diversi criteri (tassazione effettiva, ovvero nominale, della partecipata), a seconda della sussistenza o meno del controllo,  è stata giustificata dalla Relazione illustrativa allo schema di DLgs. attuativo con l’esigenza di tenere conto delle difficoltà che i soci titolari di partecipazioni non di controllo possono avere nel reperire le informazioni sul tax rate effettivo della partecipata, mentre il livello di tassazione nominale risulta un dato di più semplice acquisizione, quanto meno in assenza di regimi speciali.

Il comma 2 dell’art. 47-bis individua le circostanze esimenti al ricorrere delle quali è possibile disapplicare la tassazione integrale (con effetti diversi a seconda della prova fornita). La prima esimente consiste nella dimostrazione che il soggetto non residente svolga un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali. La dimostrazione di tale esimente comporta la detassazione dei dividendi in ragione del 50% per i soggetti Ires e, per le partecipazioni di controllo, il credito d’imposta indiretto.

La seconda esimente prevede la dimostrazione che, sin dal primo periodo di possesso della partecipazione, non si consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato. In presenza della seconda esimente, trova applicazione il regime ordinario previsto per gli utili non provenienti da Stati a fiscalità  privilegiata.

La relazione illustrativa specifica che tale condizione deve essere dimostrata con riferimento ai soli periodi d’imposta per i quali gli utili si considerano provenienti da regimi fiscali privilegiati. L’Agenzia delle entrate ha chiarito, in passato, che tale esimente si considera soddisfatta quando, tra l’altro, gli utili distribuiti dalla partecipata abbiano subito una tassazione congrua, ossia pari ad almeno il 50% di quella virtuale o nominale che avrebbero scontato in Italia.

La nuova nozione si applica alla generalità dei soggetti d’imposta, venendo richiamata sia dall’art. 47 del TUIR, che regola la tassazione dei dividendi percepiti dalle persone fisiche, sia dall’art. 89, valevole per i soggetti IRES.

“DECRETO LEGISLATIVO 29 novembre 2018, n. 142

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Disposizioni in materia di dividendi e plusvalenze
Art. 5
Modifiche alle disposizioni del Testo unico riguardanti dividendi plusvalenze relativi a partecipazioni in soggetti non residenti.

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b) dopo l’articolo 47 e’ inserito il seguente: «Art. 47-bis
(Disposizioni in materia di regimi fiscali privilegiati). 

1. I regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti
all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico
europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri
un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati:
a) nel caso in cui l’impresa o l’ente non residente o non
localizzato in Italia sia sottoposto a controllo ai sensi
dell’articolo 167, comma 2 (1), da parte di un partecipante residente o
localizzato in Italia, laddove si verifichi la condizione di cui al
comma 4, lettera a), del medesimo articolo 167 (2);
b) in mancanza del requisito del controllo di cui alla lettera
a), laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50
per cento di quello applicabile in Italia. A tali fini, tuttavia, si
tiene conto anche di regimi speciali che non siano applicabili
strutturalmente alla generalità’ dei soggetti svolgenti analoga
attività’ dell’impresa o dell’ente partecipato, che risultino
fruibili soltanto in funzione delle specifiche caratteristiche
soggettive o temporali del beneficiario e che, pur non incidendo
direttamente sull’aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni
della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale al di
sotto del predetto limite e sempreche’, nel caso in cui il regime
speciale riguardi solo particolari aspetti dell’attività’ economica
complessivamente svolta dal soggetto estero, l’attività’ ricompresa
nell’ambito di applicazione del regime speciale risulti prevalente,
in termini di ricavi ordinari, rispetto alle altre attività’ svolte
dal citato soggetto.
2. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente testo
unico che fanno riferimento ai regimi fiscali privilegiati di cui al
comma 1, il soggetto residente o localizzato nel territorio dello
Stato che detenga, direttamente o indirettamente, partecipazioni di
un’impresa o altro ente, residente o localizzato in Stati o territori
a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui
al comma 1, può’ dimostrare che:
a) il soggetto non residente svolga un’attività’ economica
effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e
locali;
b) dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i
redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al
comma 1.
3. Ai fini del comma 2, il contribuente può’ interpellare
l’amministrazione ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b),
della legge 27 luglio 2000, n. 212.»;

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(1) Articolo 167, comma 2: Ai fini del presente articolo si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società’ e gli enti non
residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno
una delle seguenti condizioni:
a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite
società’ fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359
del codice civile (3), da parte di un soggetto di cui al comma 1;
b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili e’
detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più’ società’ controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile (3) o tramite società’ fiduciaria o interposta persona, da un soggetto di cui al comma 1.

(2) Articolo 167 comma 4, lettera a): sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla meta’ di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono indicati i criteri per effettuare, con modalità’ semplificate, la verifica della presente condizione, tra i quali quello dell’irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile;

(3) Articolo 2359 del codice civile – Società controllate e società collegate.

Sono considerate società controllate:

 1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;

 2)le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;

 3)le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
Sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa.