- Premessa
- I Trust
- La residenza fiscale del trust
- Risposta ad interpello n. 145/2025 – Oggetto: qualificazione
fiscale di trust estero
Premessa
Con le risposta ad interpello del 28 maggio 2025 nn. 145 l’Agenzia delle Entrate si è espressa sulla questione della soggettività tributaria del trust.
L’Agenzia delle Entrate, richiamando la prassi e la normativa nazionale, ha ribadito che il trust può essere qualificato, a condizione che ricorrano elementi sostanziali, come un autonomo soggetto passivo d’imposta, e non un semplice soggetto interposto.
Gli elementi sostanziali che devono ricorrere affinché il Trust sia considerato un un autonomo soggetto passivo d’imposta sono che:
- il disponente non deve avere alcun potere di influenza sulla gestione, sui benefici e sulla destinazione del patrimonio,
- non deve poter beneficiare dei beni in trust, nemmeno indirettamente.
Elementi che rafforzano la natura autonoma del trust sono:
- la segregazione patrimoniale;
- l’effettiva autonomia gestionale del trustee, che anche se può delegare deve restare responsabile dei poteri delegati;
- la presenza di un protector indipendente.
L’Agenzia delle Entrate, richiamando il terzo comma dell’art. 37 del Decreto del Presidente della Repubblica del 29/09/1973 n. 600 (In sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona), ha sottolineato che la valutazione è legata alla corretta rappresentazione dei fatti e che resta impregiudicato il potere di accertamento in caso di elementi diversi o non rappresentati.
I Trust
Nella legislazione italiana manca una disciplina specifica del trust, e ciò rende necessario il rinvio a una legge straniera per la sua regolamentazione.
La Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 è l’accordo internazionale che, sancendo il riconoscimento di tal tipo di negozio fiduciario nei paesi aderenti, ha contribuito a delinearne i tratti essenziali trasferendo in norme positive gli elementi portanti di una prassi giuridico-commerciale che andava progressivamente diffondendosi.
La Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 relativa alla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento è stata resa esecutiva in Italia con L. 16 ottobre 1989 n. 364, entrata in vigore il 1
gennaio 1992.
Per effetto della Legge del 16 ottobre 1989 n. 364 possono essere riconosciuti effetti giuridici in Italia solo ai trust costituiti secondo la legge di uno Stato che preveda il Trust nel proprio ordinamento giuridico quale istituto tipico così come previsto nella Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, contenuto minimo ed indefettibile.
Da tener presente che molti altri ordinamenti nazionali, che non hanno aderito alla Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, contemplano l’istituto del trust.
Ora è da tener presente che una delle caratteristiche della
Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 (Articolo 6:
Un trust è regolato dalla legge scelta dal disponente….) a cui l’Italia ha aderito, è quella di lasciare nella piena libertà del disponente la scelta della legge regolatrice del trust, legge che, come abbiamo detto, preveda il Trust nel proprio ordinamento giuridico quale istituto tipico così come previsto nella Convenzione, contenuto minimo ed indefettibile.
L’art. 21 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 (Ogni Stato contraente può riservarsi il diritto di applicare le disposizioni del capo III solo ai trust la cui validità è regolata dalla legge di uno Stato contraente.), consente agli Stati aderenti di limitare l’efficacia del riconoscimento dei trust solo a quelli costituiti secondo una delle legislazioni degli Stati aderenti alla Convenzione , ma, a tale proposito, l’Italia non ha espresso alcuna riserva così da impartire alle norme convenzionali cui si è sottoposta un’efficacia detta universale, che legittima il ricorso a qualsivoglia legislazione che disciplina il trust, così come previsto nella Convenzione.
Quindi, ai fini della legittimazione di un Trust nell’ordinamento italiano, c’è da mettere in risalto che l’applicabilità della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 e la conseguente libertà di scelta da parte del disponente della legislazione regolatrice del trust, è vincolata alla presenza degli elementi caratteristici della Convenzione, non esistendo i quali, viene meno il riconoscimento dell’entità giuridica formata, solo apparentemente vestita da trust.
Ogni volta, quindi, bisogna verificare se la legislazione nazionale cui il disponente ha fatto ricorso o le regole dettate nell’esplicazione della sua volontà, rispettano le condizioni minime perché si configuri, ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, un trust.
La residenza fiscale del trust
Ora, il fatto che un Trust sia regolamentato da una legislazione estera non vuole affatto dire che questo sia un Trust estero.
Per stabilire la residenza fiscale dei trust in base alla legislazione italiana , in primis bisogna fare riferimento all’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 3 del Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.).
L’ Art. 2 Residenza delle società e degli enti del Decreto legislativo del 27/12/2023 n. 209, in vigore dal 29/12/2023, ha modificato gli artt. 73 (Soggetti passivi) e 5 (Redditi prodotti in forma associata) del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917.
L’attuale formulazione del terzo comma dell’art. 73 (Soggetti passivi) del TUIR, così come modificato dalla lettera a) del primo comma dell’Art. 2 Residenza delle società e degli enti del Decreto legislativo del 27/12/2023 n. 209, dispone che:
“3. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale. Per sede di direzione effettiva si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Per gestione ordinaria si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Gli organismi di investimento collettivo del risparmio si considerano residenti se istituiti in Italia. Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, in cui almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari del trust sono fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi.”
Nella precedente formulazione, ai sensi dell’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 3 del Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.), in vigore fino al 29/12/2023, ai fini delle imposte sui redditi, si consideravano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta avevano la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.
Come si vede, l’Art. 2 Residenza delle società e degli enti del Decreto legislativo del 27/12/2023 n. 209
- lascia invariato il criterio di collegamento fondato sulla presenza della sede legale nel territorio dello Stato;
- rimuove
- il criterio dell’oggetto principale, estraneo alla prassi internazionale;
- il criterio dell’amministrazione (sostituito da quello della direzione effettiva)
- introduce il criterio della gestione ordinaria.
Ai sensi dell’articolo 73, comma 3, Tuir, nell’attuale formulazione, una società di capitali è considerata fiscalmente residente in Italia quando per la maggior parte del periodo d’imposta (183 gg.) ha mantenuto
- la sede legale
- o la direzione effettiva (intesa come continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società)
- o la gestione ordinaria (intesa come continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società)
Nella formulazione attuale, quindi, i tre criteri di collegamento, tra loro alternativi, in grado di radicare in Italia la residenza delle persone giuridiche, sono: la sede legale nel territorio dello Stato, la direzione effettiva e la gestione ordinaria in via principale.
Come si vede, tali criteri , come nella precedente formulazione, sono fra loro alternativi, è sufficiente il realizzarsi di uno solo di essi affinché la società o l’ente vengano sottoposti a tassazione in Italia, in base del noto principio della tassazione su base mondiale dei redditi (c.d. worldwide principle) principio che l’Italia, così come la maggior parte dei Paesi occidentali, ha adottato nel proprio diritto tributario)).
Quindi, ricapitolando, nella nuova formulazione, del terzo comma dell’articolo 73 (Soggetti passivi) del TUIR, in vigore dal 29/12/2023, così come modificato dell’Art. 2 Residenza delle società e degli enti del Decreto legislativo del 27/12/2023 n. 209,in attuazione della legge delega 9 agosto 2023, n. 111:
- si elimina il riferimento
- al criterio dell’”oggetto principale”, che ha dato luogo a controversie e rischi di doppia imposizione;
- al criterio della sede dell’amministrazione;
- la residenza di società ed enti viene ricondotta a tre criteri alternativi tra loro e quindi in grado di fondare, anche singolarmente, il collegamento per fondare l’imposizione della persona giuridica:
- il criterio della “sede legale”;
- il criterio della “sede di direzione effettiva”, precisando che per tale si debba intendere la continua e coordinata assunzione di decisioni strategiche riguardanti la società nel suo complesso ( condizione contemplata nell’articolo 4, paragrafo 3 , modello di Convenzione OCSE (2017 update)(place of effective management) e nella giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea);
- il criterio della “gestione ordinaria in via principale”, intendendosi per tale il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso;
Quindi, a parte la presunzione legale , salvo prova contraria, della residenza “italiana” dei Trust istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, occorre, al fine dell’individuazione del Trust fare riferimento ai tre criteri alternativi di cui alla prima, nella nuova formulazione, del terzo comma dell’articolo 73 (Soggetti passivi) del TUIR, in vigore dal 29/12/2023, così come modificato dell’Art. 2 Residenza delle società e degli enti del Decreto legislativo del 27/12/2023 n. 209,in attuazione della legge delega 9 agosto 2023, n. 111:
- il criterio della “sede legale”;
- il criterio della “sede di direzione effettiva”, precisando che per tale si debba intendere la continua e coordinata assunzione di decisioni strategiche riguardanti la società nel suo complesso ( condizione contemplata nell’articolo 4, paragrafo 3 , modello di Convenzione OCSE (2017 update)(place of effective management) e nella giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea);
- il criterio della “gestione ordinaria in via principale”, intendendosi per tale il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso;
Dei tre criteri di collegamento con il territorio dello Stato (sede legale, sede dell’amministrazione, oggetto principale) previsti dall’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 3, prima parte, del (T.U.I.R.), alternativi fra di loro, il primo criterio, la sede legale trova difficilmente applicazione con riferimento ai trust.
Come riconosce la stessa Agenzia delle Entrate nella circolare del 6 agosto 2007, n. 48/E (paragrafo 3.1) e nella circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022, ove si faceva riferimento alla precedente formulazione dell’art.73 del TUIR, nella maggioranza dei casi, la residenza del trust verrà determinata in base:
- alla sede dell’amministrazione che coincide, normalmente, con il luogo di residenza del trustee.
Se il trustee opera come tale in uno Stato diverso da quello di residenza, assumerà rilievo tale secondo Stato;
o
- all’oggetto principale dell’attività. Ai sensi dell’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 5 del (T.U.I.R.): “In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente e’ determinato in base all’attivita’ effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti. “
Il punto 2 della Parte II della circolare n. 20/E del 4 novembre 2024 considera che:
“per quanto concerne la disciplina della residenza dei trust e degli
istituti aventi analogo contenuto, non sono state apportate modifiche sostanziali sui criteri di configurazione della residenza. In particolare, continuano a considerarsi fiscalmente residenti in Italia i trust e gli istituti aventi contenuto analogo, istituiti in Stati che non consentono un adeguato scambio di informazioni, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari siano fiscalmente
residenti nel territorio dello Stato.
Il riferimento normativo all’elenco degli Stati con i quali è in essere lo
scambio di informazioni viene aggiornato attraverso il riferimento all’articolo 11, comma 4, lettera c) del Decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, attuato tramite Decreto del Ministero delle Finanze del 4 settembre 1996.
La determinazione della residenza dei trust è oggetto, inoltre, di una
modifica di natura probatoria. Secondo il nuovo articolo 73, comma 3 del TUIR “si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, quando, successivamente alla
loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote,
nonché vincoli di destinazione sugli stessi” (enfasi aggiunta).
Nella nuova formulazione della disposizione in commento la presunzione di residenza del trust nel territorio italiano è, quindi, modificata da assoluta a relativa, consentendo al contribuente di fornire prova contraria della residenza fiscale del trust.”
Con la nuova formulazione dell’articolo 73 (Soggetti passivi) del TUIR, in vigore dal 29/12/2023
- è stato eliminato il criterio dell’oggetto dell’attività che in passato aveva determinato dei dubbi applicativi
- mentre viene confermato il criterio della sede legale che, però, per i trust non appare essere rilevante che, come abbiamo visto, trova difficilmente applicazione con riferimento ai trust.
Nella nuova formulazione, il criterio della sede dell’amministrazione viene meglio identificato attraverso i due concetti di:
- “sede di direzione effettiva” , di norma la sede del top management
- “gestione ordinaria in via principale” , di norma la sede in cui viene svolta la la gestione day by day.
Si può considerare come la “direzione effettiva” e la “gestione ordinaria in via principale” siano tipologie di attività decisionale ben si conciliano con i “compiti” tipici del trustee.
Quindi:
- l’abbandono del criterio dell’oggetto dell’attività
- la conferma della irrilevanza del criterio della sede legale,
- la considerazione che la “direzione effettiva” e la “gestione ordinaria in via principale” siano tipologie di attività decisionale ben si conciliano con i “compiti” tipici del trustee
portano e ritenere, forse oggi più di ieri, che la residenza fiscale del trust tende a coincidere con la residenza fiscale del trustee.
portano e ritenere, forse oggi più di ieri, che la residenza fiscale del trust tende a coincidere con la residenza fiscale del trustee.
Risposta ad interpello n. 145/2025 – Oggetto: Articolo 37, comma 3, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 – qualificazione fiscale di trust estero, disciplinato da legge inglese e domiciliato fiscalmente a Malta.
Quesito
L’Istante, persona fisica residente in Italia, è il disponente di un trust (di seguito il ”Trust”) istituito con atto del gg/mm/aaaa e disciplinato dalla legge inglese.
L’Istante intende conferire nel Trust la propria partecipazione non qualificata in una società italiana (di seguito, la ”Società Alfa”).
Scopo del Trust è la segregazione di parte del patrimonio dell’Istante affinché sia amministrato fiduciariamente a favore della moglie, della figlia e di altri discendenti futuri dell’Istante (di seguito, i ”Beneficiari”).
Il Trust è irrevocabile e ha una durata pari a 125 anni o pari al minor termine nell’ipotesi in cui vengano meno tutti i Beneficiari indicati nell’atto istitutivo.
L’atto istitutivo qualifica l’Istante come ”excluded person”, ovvero come un soggetto che non potrà in alcun modo beneficiare del patrimonio detenuto in Trust.
Il trustee del Trust è una società con sede a Malta, che è autorizzata a fornire servizi fiduciari in forza di licenza concessale dall’Autorità di vigilanza del settore finanziario di Malta (Malta Financial Services Authority) e soggetta alla sorveglianza di tale Autorità.
L’Investment Adviser del Trust è una società svizzera (di seguito ”Investment Adviser”), che, in quanto tale, ha il potere di gestire gli investimenti del Trust, nei limiti stabiliti dal Trustee. L’Investment Adviser è una società di consulenza finanziaria che svolge attività di consulenza e gestione finanziaria in forza di autorizzazione concessale dalla Autorità di sorveglianza del settore finanziario della Svizzera (”FINMA”) e che opera sotto la sorveglianza di tale Autorità.
L’Istante, con documentazione integrativa, ha precisato che «Ad oggi non esiste ancora un mandato tra il Trust e (…) [ndr. l’Investment Adviser] in considerazione del fatto che, ad eccezione del fondo iniziale di €…, nessun bene è stato ad oggi conferito nel Trust e, quindi, i servizi (…) [ndr. dell’Investment Adviser] non sono al momento necessari».
Il guardiano del Trust (di seguito, il ”Protector”) è un avvocato italiano, che come specificato con documentazione integrativa «è […] privo di legami di parentela con l’Istante (e, quindi, anche privo di legami di parentela con i beneficiari del trust) che ha accettato di svolgere il ruolo di protector nel contesto della propria attività professionale e, quindi nel rispetto sia delle clausole dell’atto istitutivo del trust sia degli obblighi deontologici professionali.».
Tanto premesso, l’Istante chiede se il Trust si può qualificare un soggetto passivo d’imposta autonomo e non interposto rispetto all’Istante, ai sensi dell’articolo 37, comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L‘Istante ritiene che il Trust debba essere considerato come un autonomo soggetto d’imposta, non interposto nei propri confronti per i motivi che seguono.
L’Istante, in quanto disponente del Trust, è una ”excluded person”, pertanto non potrà beneficiare del patrimonio detenuto in Trust, né ricevere alcun tipo di distribuzioni di reddito o capitale da parte del Trustee.
L’atto di trust attribuisce al Trustee il potere di amministrare i beni in trust in piena discrezionalità senza che l’Istante goda di alcun potere in grado di influire su tale discrezionalità. In particolare, il Trustee ha pieni poteri discrezionali in merito all’an e al quantum delle distribuzioni di reddito e/o di capitale a favore dei Beneficiari e ha pieni poteri discrezionali in merito alla gestione del patrimonio del Trust.
L’Investment Adviser avrà un ruolo di consulente in merito ad investimenti del patrimonio del Trust e potrà anche essere delegato alla gestione finanziaria del patrimonio, nei limiti contrattuali fissati dal mandato che sarà conferito dal Trustee e sempre ai sensi delle clausole dell’atto istitutivo. Inoltre, il Trustee conserva il potere discrezionale di revocare l’incarico conferito all’Investment Adviser e, eventualmente, nominare un diverso investment adviser
Solo due dei poteri del Trustee possono essere esercitati subordinatamente al consenso del Protector:
- il potere di rimuovere persone dalla classe dei Beneficiari o di prevedere che determinate persone siano impossibilitate a beneficiare dei beni in Trust in futuro;
- il potere di modificare la legge regolatrice del Trust e la giurisdizione competente in relazione all’amministrazione del Trust;
Il Protector, inoltre, ha il potere di rimuovere il Trustee, così come i poteri di nominare nuovi trustee o trustee aggiuntivi.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
L’istituto del trust ha trovato ingresso nell’ordinamento interno con la ratifica della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, ad opera della legge 16 ottobre 1989, n. 364 e in vigore dal 1° gennaio 1992.
Detto istituto si sostanzia in un rapporto giuridico fiduciario mediante il quale un soggetto definito ”disponente” (o settlor), con un negozio unilaterale, cui generalmente seguono uno o più atti dispositivi, trasferisce ad un altro soggetto, definito ”trustee”, beni (di qualsiasi natura), affinché quest’ultimo li gestisca e li amministri, coerentemente con quanto previsto dall’atto istitutivo del trust per il raggiungimento delle finalità individuate dal disponente medesimo.
L’effetto principale dell’istituzione di un trust è la segregazione patrimoniale in virtù della quale i beni in trust costituiscono un patrimonio separato e autonomo rispetto al patrimonio del disponente, del trustee e dei beneficiari, con la conseguenza che tali beni non potranno essere escussi dai creditori di tali soggetti.
L’articolo 2 della citata Convenzione, oltre a fornire la definizione di trust, ne individua le caratteristiche essenziali, ovvero:
«a) i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee;
- i beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un’altra persona per conto del trustee;
- il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre beni secondo i termini del trust e le norme particolari impostegli dalla legge».
Con riferimento alla disciplina fiscale del trust, l’Amministrazione finanziaria ha fornito, da ultimo, chiarimenti con la circolare 20 ottobre 2022, n. 34/E che si aggiungono ai chiarimenti di prassi resi con le precedenti circolari 6 agosto 2007, n. 48/E e 27 dicembre 2010, n. 61/E, cui si rinvia per gli eventuali approfondimenti.
In particolare, nella citata circolare n. 61/E del 2010, si evidenzia che non possono essere considerati validamente operanti, sotto il profilo fiscale, i trust che sono istituiti e gestiti per realizzare una mera interposizione nel possesso dei redditi. È il caso, ad esempio, dei trust nei quali l’attività del trustee risulti eterodiretta dalle istruzioni vincolanti riconducibili al disponente o ai beneficiari.
Inoltre, di essenziale importanza è l’effettivo potere del trustee di amministrare e disporre dei beni a lui effettivamente affidati dal disponente.
Se il potere di gestire e disporre dei beni permane in tutto o in parte in capo al disponente e ciò emerge non soltanto dall’atto istitutivo del trust ma anche da elementi di mero fatto e non si verifica, quindi, il reale spossessamento di quest’ultimo, il trust deve considerarsi inesistente dal punto di vista dell’imposizione dei redditi da esso prodotti.
Nella medesima circolare, richiamando la precedente circolare 10 ottobre 2009, n. 43/E sono state elencate diverse tipologie di trust che devono considerarsi inesistenti, tra le quali, è stata individuata «ogni altra ipotesi in cui il potere gestionale e dispositivo del trustee, così come individuato dal regolamento del trust o dalla legge, risulti in qualche modo limitato anche semplicemente condizionato dalla volontà del disponente e/o dei beneficiari».
Nel caso di specie, l’Istante è disponente del Trust, disciplinato dalla legge inglese e stabilito ai fini fiscali a Malta.
Scopo del Trust è la segregazione di parte del patrimonio dell’Istante affinché sia amministrato fiduciariamente a favore della moglie, della figlia e di altri discendenti dell’Istante che dovessero nascere in futuro.
L’Istante, ai sensi della clausola 2 dell’atto istitutivo è individuato tra le persone escluse, di conseguenza, secondo le previsioni della clausola 18 del medesimo atto in nessuna circostanza potrà beneficiare del patrimonio detenuto in Trust.
Il Trust è irrevocabile e ha una durata pari a 125 anni o pari al minor termine nell’ipotesi in cui vengano meno tutti i Beneficiari indicati nell’atto istitutivo.
I Beneficiari del Trust sono la moglie dell’Istante, la figlia e altri discendenti futuri dell’Istante.
Il Trustee è una società maltese autorizzata a fornire servizi fiduciari in forza di licenza concessale dall’Autorità di vigilanza del settore finanziario di Malta (Malta Financial Services Authority) e soggetta alla sorveglianza di tale Autorità.
atto istitutivo attribuisce al Trustee il potere di disporre del patrimonio del Trust ed, in particolare, il potere di accumulare il reddito prodotto dal Trust per investirlo e di distribuire il reddito non investito ai Beneficiari.
Ai sensi della clausola 11 dell’atto istitutivo del Trust, nell’esercizio delle proprie funzioni e in aggiunta a tutti i poteri di gestione e amministrazione conferiti dalla legge inglese, il Trustee ha tutti i poteri propri del titolare, quali, a titolo esemplificativo, il potere di acquisire per investimento o per qualsiasi altro scopo qualsiasi proprietà, ovunque ritenga opportuno; il potere di lasciare in tutto o in parte il fondo nella sua condizione attuale per un periodo indefinito, senza dover diversificare gli investimenti; il potere di concedere in leasing o alienare i beni senza il consenso dei Beneficiari; il potere di transigere su questioni riguardanti il fondo o parte di esso, senza che sia necessario il consenso dei Beneficiari; il potere di prendere a prestito somme di denaro; il potere di dare in prestito i beni detenuti in Trust.
Con documentazione integrativa l’Istante ha chiarito il significato della clausola di cui al punto 11.14 dell’atto istitutivo che prevede il potere del Trustee di delegare le proprie funzioni ad altri soggetti specificando che essa «ha lo scopo di garantire che, da un punto di vista pratico, il Trust possa essere amministrato efficacemente» citando, a titolo esemplificativo, il caso in cui «nella gestione del Trust il trustee potrebbe avere la necessità di compiere atti di gestione che ne richiedano la presenza fisica al di fuori del territorio maltese» e quello in cui si renda necessario «l’esercizio di funzioni che richiedono competenze di cui il trustee non è in possesso».
Al riguardo, l’Istante precisa anche che «l’esercizio del potere di delega a favore di un soggetto terzo non esclude che il trustee possa essere ritenuto responsabile per gli atti compiuti dal delegato. Infatti, la legge inglese che governa i doveri del trustee (il Trustee Act 2000) prevede che il trustee abbia l’obbligo di esercitare con diligenza il proprio potere di delega e che tale obbligo comporti, in particolare, un dovere per il trustee di selezionare un delegato dotato delle appropriate competenze per lo svolgimento dei poteri delegati; il dovere di negoziare con diligenza nell’interesse del trust i termini che il delegato deve rispettare nello svolgimento dei doveri delegati; l’obbligo di supervisionare come il delegato eserciti i poteri delegati e l’obbligo di intervenire dando ordini vincolanti al delegato e revocandogli il mandato ove opportuno. L’esercizio negligente di tali doveri determina una responsabilità in capo al trustee per gli atti compiuti dal delegato».
Con riferimento all’attività gestoria svolta dalla data di istituzione del Trust l’Istante precisa che «Successivamente all’accettazione dell’incarico di trustee, il trustee ha adempiuto ai propri obblighi di notifica all’amministrazione finanziaria maltese tramite la presentazione del modulo Form Trust 01 con il quale, oltre a comunicare i dati identificativi del Trust e riportare il proprio incarico come trustee, ha esercitato l’opzione affinché il Trust sia trattato come se fosse una società fiscalmente residente a Malta e, quindi, soggetto all’imposta sui redditi societari su base mondiale».
Secondo l’atto istitutivo il potere gestorio del Trustee è subordinato al consenso preventivo del Protector con riferimento al potere di rimozione di persone dalla classe dei beneficiari o di previsione che determinate persone siano impossibilitate a beneficiare dei beni in Trust in futuro e al potere di modificare la legge regolatrice del Trust ed il foro competente.
Il potere di rimuovere il Trustee, così come i poteri di nominare nuovi trustee o trustee aggiuntivi, sono attribuiti al Protector.
Il potere di rimuovere il Protector è attribuito, esclusivamente, al Trustee che può esercitare tale potere solo nel caso di incapacità sopravvenuta del Protector.
Con riferimento al potere del Trustee di delegare ad un consulente per gli investimenti la gestione degli investimenti del fondo fiduciario, l’Istante evidenzia che l’Investment Adviser, in quanto tale, ha il potere di gestire gli investimenti del Trust, nei limiti stabiliti dal Trustee stesso.
L’Istante afferma che «Il Trustee, il Protector e l’Investment Adviser sono tutti soggetti che esercitano i propri poteri ai sensi e nei limiti delle clausole dell’atto istitutivo del Trust nell’ambito della propria attività d’impresa o professionale indipendentemente rispetto all’Istante. In particolare, l’Istante non detiene alcuna partecipazione, né diretta né indiretta, nel Trustee e non ricopre la carica di amministratore di tale società né altri incarichi societari.».
Inoltre, l’Istante precisa che «non detiene alcuna partecipazione né diretta né indiretta in (…) [ndr. Investment Adviser] e non ricopre la carica di amministratore di tale società né altri incarichi societari».
Con riferimento al Protector, l’Istante ha dichiarato che «è un avvocato privo di legami di parentela con l’Istante (e, quindi, anche privo di legami di parentela con i beneficiari del trust) che ha accettato di svolgere il ruolo di protector nel contesto della propria attività professionale e, quindi nel rispetto sia delle clausole dell’atto istitutivo del trust sia degli obblighi deontologici professionali. Il protector non svolge incarichi professionali né a favore dell’Istante né a favore di alcuno dei beneficiari.»
Ciò posto, tenuto conto delle previsioni dell’atto istitutivo e delle informazioni fornite dall’Istante, nel presupposto di veridicità e correttezza degli stessi, in base alla prassi sopra citata, si ritiene che il Trust possa essere considerato un autonomo soggetto di imposta ai fini fiscali italiani.
