Archivi categoria: Diritto Tributario Italiano

Opzione per l’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia

Imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero per coloro che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia

L’articolo 1, comma 152, della Legge del 11/12/2016 n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019) ha aggiunto  l’Art 24-bis  al capo I del titolo I del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in base al quale coloro che trasferiscono la residenza fiscale in Italia possono decidere di applicare un’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Imposta sulle Persone Fisiche (IRPEF) sui redditi prodotti all’estero. La scelta di questo regime comporta il pagamento di un’imposta forfettaria di 200.000 euro (1) per ciascun periodo d’imposta in riferimento al quale opera l’opzione.

Ai sensi del sesto comma dell’Art 24-bis  del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), su richiesta del soggetto che esercita l’opzione per l’applicazione dell’imposta forfettaria di 200.000 euro sui redditi prodotti all’estero, l’opzione può essere estesa nel corso di tutto il periodo dell’opzione, purché’ soddisfino le condizioni di cui sopra,  a uno o piu’ dei familiari di cui all’articolo 433 del codice civile,

  • il coniuge;
  • i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi;
  • i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti;
  • i generi e le nuore;
  • il suocero e la suocera;
  • i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.

Per ciascuno dei familiari di cui sopra l’opzione per l’applicazione dell’imposta forfettaria può essere estesa nel corso di tutto il periodo dell’opzione , a prescindere dall’importo dei redditi da loro prodotti all’estero, nella misura di euro 25.000 per ciascun periodo d’imposta in cui è valida la predetta opzione.

Il comma 153 dell’art. 1 della Legge del 11/12/2016 n. 232 che coloro che trasferiscono la residenza fiscale in Italia che esercitano l’opzione per applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero di cui all’Art 24-bis  del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), per i periodi d’imposta di validità dell’opzione ivi prevista:

 Il comma 158 dell’art. 1 della Legge del 11/12/2016 n. 232 stabilisce che per le successioni aperte e le donazioni effettuate nei periodi d’imposta di validità dell’opzione l’imposta sulle successioni e donazioni è dovuta limitatamente ai beni e diritti esistenti nello Stato al momento della successione o della donazione (Vedi: punto 5.3 della Circolare n. 17/E del 23 maggio 2017).

La  disposizione di cui al comma 153 dell’art. 1 della Legge del 11/12/2016 n. 232 si applica anche ai familiari per i quali è stata estesa l’opzione ai sensi del sesto comma dell’Art 24-bis  del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) .

Con Provvedimento dell’8 marzo 2017  sono state stabilite le modalità applicative per l’esercizio, la modifica o la revoca dell’opzione di cui al comma 1 dell’Art 24-bis  del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), e per il versamento dell’imposta sostitutiva di cui al comma 2 del medesimo Art 24-bis.

La Parte III della Circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 è dedicata a chiarimenti interpretativi sul Regime Opzione di imposizione per persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia si sensi dell’Art 24-bis  del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).

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Il concetto di residenza fiscale in Italia

Il trasferimento della residenza fiscale in Italia deve rispettare i requisiti di cui all’articolo 2, comma 2 (Soggetti passivi), del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR):

“2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.”

La Parte I della Circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 è dedicata ai criteri generali per l’individuazione della residenza.

A questo proposito, va posto in evidenza che l’Art. 1 Residenza delle persone fisiche del Decreto legislativo del 27/12/2023 n. 209in vigore dal 29/12/2023, ha sostituito il secondo comma dell’art. 2  (Soggetti passivi), del del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).

(In merito vedi: Riforma della fiscalità internazionale – Nuove regole per la residenza delle persone fisiche)

A questo proposito è  stata emanata la Circolare n. 20 del 4 novembre 2024  Istruzioni operative agli uffici in materia di residenza fiscale delle persone fisiche e delle società ed enti a seguito delle modifiche apportate dal decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209

Il punto 2.4 della Circolare n. 20 del 4 novembre 2024 è prettamente dedicato ai Regimi agevolativi per le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia. Il requisito di non essere stati residenti in Italia nei periodi d’imposta precedenti.

Ai sensi del primo comma dell’Art 24-bis  del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), le persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia possono usufruire  dell’imposta forfettaria di 200.000 euro sui redditi prodotti all’estero a condizione che:

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Redditi interessati dall’opzione

Ai sensi del primo comma dell’Art 24-bis  del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), le persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia possono usufruire  dell’imposta forfettaria di 200.000 euro, per ciascun periodo d’imposta in riferimento al quale opera l’opzione, sui redditi prodotti all’estero individuati secondo i criteri di cui all’articolo 165, comma 2 del TUIR (che rimanda ad un criterio di reciprocità rispetto all‘art. 23 del TUIR che individua i redditi prodotti in Italia, c.d. “lettura a specchio”).

L’imposta sostitutiva non si applica alle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate (di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c) del TUIR), realizzate nei primi cinque periodi d’imposta di validità dell’opzione, che rimangono soggetti al regime ordinario di imposizione.

Da tenere presente che il precedente regime ordinario di imposizione applicabile alle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate (comma 3 dell’articolo 68 del TUIR abrogato con la Legge di Bilancio 2018 (art. 1, comma 999)  a cui fa riferimento l’Art 24-bis ) è stato abrogato dalla legge di bilancio 2018 che ha allineato la tassazione sulle plusvalenze da partecipazioni qualificate a quella delle non qualificate stabilendo anche per le partecipazioni qualificate l’applicazione dell’aliquota fissa del 26% a titolo d’imposta definitivo .

Sull’individuazione dei redditi prodotti all’estero che possono essere assoggettati all’imposta forfettaria di 200mila euro si sofferma il punto 2 (AMBITO OGGETTIVO DI APPLICAZIONE) della PARTE III (REGIME OPZIONALE DI IMPOSIZIONE SOSTITUTIVA PER I NUOVI RESIDENTI) della Circolare n. 17 del 23 maggio 2017.

Come su detto, l’opzione per l’imposta forfettaria di 200.000 euro riguarda i redditi prodotti all’estero individuati ai sensi dell’articolo 165, comma 2 del TUIR che prevede una “lettura a specchio” secondo cui i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base dei
criteri reciproci” enunciati dall’art. 23 del TUIR per individuare i redditi prodotti in Italia.

È da tenere presente, al fine di valutare attentamente la convenienza dell’opzione che, secondo la prassi dell’Agenzia delle Entrate italiana, la definizione interna di “reddito prodotto all’estero” si rende applicabile solamente qualora non sia in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato della fonte del reddito, dato che, in presenza di una Convenzione, è quest’ultima a prevalere, superando la “lettura a specchio” prevista dalla normativa.

A tal proposito si esprime chiaramente il punto 2.1. (Il reddito prodotto all’estero e la lettura “a specchio” dell’articolo 23 del TUIR) della Circolare del 05/03/2015 n. 9 – Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa:

“Ai sensi del comma 2 dell’articolo 165 del TUIR, “i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato Italiano”.

L’ordinamento accoglie, pertanto, il cosiddetto criterio della lettura “a specchio”, secondo cui i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base dei medesimi criteri di collegamento enunciati dall’articolo 23 del TUIR per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato.

La definizione interna di “reddito prodotto all’estero” si rende applicabile solo nei casi in cui non sia in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato della fonte del reddito.”

Un elenco delle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni siglate dallo Stato Italiano è presente nella pagina “Convenzioni per evitare le doppie imposizioni” del sito web del “Dipartimento delle Finanze”.

Ai fini di una valutazione della convenienza (o meno) dell’imposta forfettaria di 200.000 euro sui redditi prodotti all’estero risulta
pertanto essenziale individuare quale sia il criterio per determinare il luogo ove il reddito si considera prodotto

  • o (se siglata) secondo i criteri stabiliti dalla Convenzione per evitare le doppie imposizioni
  • o, in assenza di convenzione, secondo i criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato Italiano.

Questa impostazione è rinvenibile sia nel Dossier che nella scheda di lettura della Legge di Bilancio 2017 del Senato e della Camera della Repubblica (Pag.211), secondo cui “In assenza di una Convenzione contro le doppie imposizioni, il reddito si considera prodotto all’estero sulla base di criteri reciproci rispetto a quelli previsti dal menzionato articolo 23 del TUIR, che individua i redditi prodotti nel territorio dello Stato in relazione alle diverse tipologie.”

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Istanza di interpello da presentare all’Agenzia delle entrate italiana

Ai sensi del terzo comma dell’Art 24-bis  del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), l’opzione di cui sopra deve essere esercitata dopo aver ottenuto risposta favorevole a specifica istanza di interpello presentata all’Agenzia delle entrate italiana (articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212), entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui viene trasferita la residenza in Italia ai sensi del comma 1 dell’Art 24-bis  del TUIR ed è efficace a decorrere da tale periodo d’imposta.
Le persone fisiche  che trasferiscono la residenza fiscale in Italia e che decidono di esercitare l’opzione per imposta sostitutiva dell’Imposta sulle Persone Fisiche (IRPEF) sui redditi prodotti all’estero indicano nell’opzione la giurisdizione o le giurisdizioni in cui hanno avuto l’ultima residenza fiscale prima dell’esercizio di validità dell’opzione.
L’Agenzia delle entrate italiana trasmette tali informazioni, attraverso gli idonei strumenti di cooperazione amministrativa, alle autorità fiscali delle giurisdizioni indicate come luogo di ultima residenza fiscale prima dell’esercizio di validità dell’opzione.

Nell’istanza di interpello il contribuente deve indicare (punto 1.4 del Provvedimento dell’8 marzo 2017):

  • a) i dati anagrafici e, se già attribuito, il codice fiscale nonché, se già residente, il relativo indirizzo di residenza in Italia;
  • b) lo status di non residente in Italia per un tempo almeno pari a nove periodi di imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio di validità dell’opzione;
  • c) la giurisdizione o le giurisdizioni in cui ha avuto l’ultima residenza fiscale prima dell’esercizio di validità dell’opzione;
  • d) gli Stati o territori esteri per i quali intende esercitare la facoltà di non avvalersi dell’applicazione dell’imposta sostitutiva ai sensi del comma 5 dell’Art 24-bis  del TUIR.

All’istanza di interpello deve essere allegata l’apposita Check list (punto 1.5 del Provvedimento dell’8 marzo 2017) con per il riscontro della sussistenza degli elementi necessari per l’accesso al regime, eventualmente corredata con la relativa documentazione di supporto (Opzione per l’imposta sostitutiva per i nuovi residenti – Check list da allegare all’istanza di interpello prevista dall’art. 24-bis del TUIR)

Istruzioni per la compilazione della check list allegata all’istanza di interpello prevista dall’art. 24-bis del TUIR

In base al punto 1.7 del Provvedimento dell’8 marzo 2017, l’istanza di interpello è presentata dal contribuente alla Direzione Centrale Accertamento mediante consegna a mano, spedizione a mezzo plico raccomandato con avviso di ricevimento ovvero presentazione per via telematica attraverso l’impiego della casella di posta elettronica certificata di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68. In tale ultimo caso l’istanza è inviata alla
casella di posta elettronica certificata dc.acc.nuoviresidenti@pec.agenziaentrate.it.
Per i soggetti non residenti senza domiciliatario nel territorio dello Stato, l’istanza di interpello  può essere trasmessa alla casella di posta elettronica ordinaria dc.acc.upacc@agenziaentrate.it. L’istanza deve essere sottoscritta con firma autografa, ovvero, nei casi in cui il documento è trasmesso via posta elettronica certificata, con firma digitale o con le modalità di cui all’art. 38, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

Nonostante il comma 3 dell’Art 24-bis  del TUIR  preveda che l’opzione per  l’imposta sostitutiva “deve essere esercitata dopo aver ottenuto risposta favorevole a specifica istanza di interpello presentata all’Agenzia delle entrate”, l’Agenzia delle entrate, supera detto obbligo relegandolo ad una  semplice “possibilità”
(vedi: Provvedimento dell’8 marzo 2017 (punto 1.3: ” può presentare una specifica istanza di interpello”) e la Circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 (punto3: “L’articolo 24-bis, comma 3, del TUIR prevede la possibilità per il contribuente di presentare istanza di interpello”), privando di contenuto l’onere dell’Agenzia di trasmettere le informazioni contenute nell’istanza e nella Check list, attraverso gli idonei strumenti di cooperazione amministrativa, alle autorità fiscali delle giurisdizioni indicate come luogo di ultima residenza fiscale prima dell’esercizio di validità dell’opzione per  l’imposta sostitutiva.

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Durata dell’opzione

L’opzione si intende tacitamente rinnovata di anno in anno, a meno che non intervenga un’ipotesi di cessazione degli effetti, di revoca dell’opzione o di decadenza dal regime (ad esempio, per omesso o parziale versamento dell’imposta sostitutiva entro il termine previsto oppure per trasferimento della residenza fiscale in altro Stato o territorio).

In ogni caso, gli effetti dell’opzione cessano decorsi quindici anni dal primo periodo d’imposta di validità dell’opzione.

Per ciascun periodo d’imposta di efficacia del regime, l’imposta sostitutiva deve essere versata in un’unica soluzione, entro la data prevista per il pagamento del saldo delle imposte sui redditi, senza la possibilità di avvalersi della disciplina del ravvedimento operoso.

I contribuenti interessati, sia i principali sia quelli coinvolti in qualità di familiari, devono provvedere autonomamente al versamento dell’imposta, utilizzando il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi” ( Risoluzione n. 44/E dell’11 giugno 2018 codice tributo “NRPP” denominato “Imposta sostitutiva dell’IRPEF – NUOVI RESIDENTI – art. 24-bis, comma 2, del TUIR”.).

L’opzione per l’imposta sostitutiva può essere revocata sia dal contribuente principale sia dal familiare a cui è stata estesa. La scelta va espressa nella dichiarazione dei redditi relativa a uno dei periodi d’imposta successivi a quello in cui è stata esercitata ovvero, in assenza di obbligo dichiarativo per quel periodo d’imposta, tramite apposita comunicazione alla Divisione Contribuenti dell’Agenzia delle Entrate. Questa deve essere prodotta, entro la data di scadenza della presentazione della dichiarazione, con le stesse modalità previste per l’istanza di interpello. In caso di revoca del contribuente principale, gli effetti si producono anche nei confronti dei familiari a cui era stata estesa l’opzione, a prescindere dal fatto che essi esercitino autonomamente la facoltà di revoca.

Se la revoca viene esercitata dopo aver già versato l’imposta sostitutiva per il medesimo periodo d’imposta, il relativo importo potrà essere richiesto a rimborso o utilizzato in compensazione tramite modello F24 (Risoluzione n. 14/E del 6 marzo 2023Codice tributo “NRRE” denominato “Revoca opzione art. 24-bis del TUIR – Imposta sostitutiva dell’IRPEF – NUOVI RESIDENTI”).

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Forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto d’ingresso e di permesso di soggiorno

Il comma 155, dell’articolo 1, della Legge del 11/12/2016 n. 232 affida a un decreto del Ministro degli affari esteri e della
cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell’interno, il compito di individuare forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno applicabili a chi trasferisce la propria residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’introdotto articolo 24-bis TUIR, al fine di favorire l’ingresso di significativi investimenti in Italia, anche preordinati ad accrescere i livelli occupazionali.
Il comma 156, dell’articolo 1, della Legge del 11/12/2016 n. 232 affida a un decreto dei medesimi ministeri (Ministro degli
affari esteri di concerto con il Ministro dell’interno), nel rispetto della normativa vigente nazionale ed europea, l’individuazione di forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno connesse con start-up innovative, con iniziative d’investimento, di formazione avanzata, di ricerca o di mecenatismo, da realizzare anche in partenariato con imprese, università, enti di ricerca ed altri soggetti pubblici o privati italiani.
Il 30/06/2017 è stato emanato il Decreto Interministeriale n.1202/385 BIS – Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale e Ministro dell’Interno – per individuare, in conformità con i commi 155 e 156 dell’articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n 232, forme di agevolazione per la trattazione
delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno.
A seguito della pubblicazione del Decreto Interministeriale n.1202/385 BIS  il Ministero dell’interno ha emesso il 26/07/2017 un’apposita Circolare (Circolare del Ministero dell’Interno del 26 luglio 2017)
(1) Originariamente l’importo era di 100mila euro. é stato portato a 200.000 euro dall’Articolo 2 del Decreto-legge del 9 agosto 2024 n. 113

 

Italia – Regime opzionale per i pensionati esteri – imposta sostitutiva dell’Imposta sulle Persone Fisiche (IRPEF) con aliquota al 7%

Regime opzionale per i pensionati esteri – Imposta sostitutiva dell’Imposta sulle Persone Fisiche (IRPEF) con aliquota al 7%

L’articolo 1, comma 273, della Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021) ha aggiunto  l’Art 24-ter  al capo I del titolo I del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in base al quale  le persone fisiche titolari di redditi da pensione erogati da soggetti esteri che trasferiscono la residenza fiscale in Italia, in uno dei comuni con popolazione non superiore a 20mila abitanti appartenenti al territorio delle

  • Regioni
    • Sicilia
    • Calabria
    • Sardegna
    • Campania
    • Basilicata
    • Abruzzo
    • Molise
    • Puglia
  • o in uno dei comuni di cui agli allegati 1 (1) , 2 (2) e 2-bis (3) al decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229
  • o in uno dei comuni interessati dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 (con Decreto 16-4-2009 n. 3 (4) sono stati individuati i comuni danneggiati dagli eventi sismici che hanno colpito la provincia dell’Aquila ed altri comuni della regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009)

possono beneficiare di un regime fiscale opzionale, che prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Imposta sulle Persone Fisiche (IRPEF) con aliquota al 7% a qualsiasi categoria di reddito prodotto all’estero, per ciascuno dei nove periodi d’imposta di validità dell’opzione.

Ai sensi della prima parte del secondo  comma dell’Art 24-ter possono esercitare l’opzione per il regime fiscale opzionale, che prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Imposta sulle Persone Fisiche (IRPEF) con aliquota al 7%, le  persone fisiche titolari di redditi da pensione erogati da soggetti esteri che non siano state fiscalmente residenti in Italia ai sensi dell’articolo 2, comma 2 (Soggetti passivi), del del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) nei cinque periodi d’imposta precedenti a quello in cui l’opzione diviene efficace ai sensi del comma 5 dell’Art 24-ter (L’opzione di cui al comma 1 è esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui viene trasferita la residenza in Italia ai sensi del comma 1 ed è efficace a decorrere da tale periodo d’imposta.)

Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 31 maggio 2019 (prot. n. 167878/2019) sono state emanate le Modalità applicative del regime fiscale opzionale l’Art 24-ter  al capo I del titolo I del Testo unico delle imposte sui redditi.

L’opzione per il regime sostitutivo si perfeziona con la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui viene trasferita la residenza ed è efficace a decorrere da quella stessa annualità.

Nella dichiarazione dei redditi il contribuente deve indicare:

  • lo status di non residente in Italia per almeno cinque periodi di imposta precedenti l’inizio di validità dell’opzione
  • la giurisdizione, tra quelle in cui sono in vigore accordi di cooperazione amministrativa nel settore fiscale, in cui ha avuto l’ultima residenza fiscale prima dell’esercizio di validità dell’opzione
  • gli stati esteri per i quali non intende avvalersi dell’applicazione dell’imposta sostitutiva
  • lo stato di residenza del soggetto estero che eroga i redditi da pensione
  • l’ammontare dei redditi di fonte estera da assoggettare all’imposta sostitutiva.

L’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero, calcolata in via forfetaria con l’aliquota del 7%, deve essere versata, per ciascun periodo di imposta di efficacia del regime, entro il termine fissato per il saldo delle imposte sui redditi.

Il versamento va effettuato in unica soluzione, tramite modello F24.

Il codice tributo da indicare è il 1899, istituito con la risoluzione n. 19 del 21 aprile 2020.

Sono stati pubblicati i seguenti documenti di prassi:

 Circolare n. 21/E del 17 luglio 2020  – Opzione per l’imposta sostitutiva sui redditi delle persone fisiche titolari di redditi da pensione di fonte estera che trasferiscono la propria residenza fiscale nel Mezzogiorno – Articolo 24-ter del TUIR, come modificato dall’articolo 5-bis, comma 1, lett. a), del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58

Circolare n. 20 del 4 novembre 2024  – Istruzioni operative agli uffici in materia di residenza fiscale delle persone fisiche e delle società ed enti a seguito delle modifiche apportate dal decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209

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Paesi con i quali sono in vigore accordi di cooperazione amministrativa

Ai sensi della seconda parte del secondo  comma dell’Art 24-ter possono esercitare l’opzione per il regime fiscale opzionale, che prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Imposta sulle Persone Fisiche (IRPEF) con aliquota al 7%, le  persone fisiche titolari di redditi da pensione erogati da soggetti esteri che trasferiscono la residenza fiscale in Italia da Paesi con i quali sono in vigore accordi di cooperazione amministrativa.

Quindi, come ribadito dalla  Circolare n. 21/E del 17 luglio 2020, ai fini dell’applicazione del regime fiscale opzionale ( Imposta sostitutiva dell’Imposta sulle Persone Fisiche (IRPEF) con aliquota al 7%) è necessario che la persona fisica trasferisca la propria residenza fiscale in Italia da un Paese estero con il quale è in vigore un accordo di cooperazione amministrativa (cioè uno strumento che consente lo scambio di informazioni in materia fiscale).

La Circolare n. 21/E del 17 luglio 2020 pone in rilievo che, a tal fine, non ha alcun rilievo la nazionalità del soggetto che si trasferisce, in quanto l’accesso al regime è consentito sia a un cittadino straniero sia a un cittadino italiano, purché sia integrato il presupposto della residenza fiscale all’estero nei cinque periodi d’imposta precedenti a quello in cui l’opzione diviene efficace e a condizione che l’ultima residenza sia stata in un Paese con il quale l’Italia ha siglato accordi di cooperazione amministrativa in ambito fiscale.

Si tratta essenzialmente:

  • Paesi appartenenti all’Unione Europea
  • Paesi con i quali l’Italia ha siglato
    • una Convenzione per evitare le doppie imposizioni o
    • un TIEA -Tax Information Exchange Agreement
  • Paesi che aderiscono alla Convenzione OCSE – Consiglio d’Europa sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale.

A questo proposito, ai sensi del terzo comma dell’Art 24-ter, le  persone fisiche titolari di redditi da pensione erogati da soggetti esteri che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia da un Paese estero con il quale l’Italia ha un accordo di cooperazione amministrativa e che vogliono avvalersi del regime fiscale opzionale ( Imposta sostitutiva dell’Imposta sulle Persone Fisiche (IRPEF) con aliquota al 7%)  indicano la giurisdizione o le giurisdizioni in cui hanno avuto l’ultima residenza fiscale prima dell’esercizio di validità dell’opzione. L’Agenzia delle entrate italiana trasmette tali informazioni, attraverso gli idonei strumenti di cooperazione amministrativa, alle autorità fiscali delle giurisdizioni indicate come luogo di ultima residenza fiscale prima dell’esercizio di validità dell’opzione.

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Il concetto di residenza fiscale in Italia

Come posto in evidenza dalla  Circolare n. 21/E del 17 luglio 2020, giova ricordare che il requisito formale dell’iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente è soggetto a controlli da parte delle autorità comunali competenti, come disciplinato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.

Va posto in evidenza che l’Art. 1 Residenza delle persone fisiche del Decreto legislativo del 27/12/2023 n. 209in vigore dal 29/12/2023, ha sostituito il secondo comma dell’art. 2  (Soggetti passivi), del del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).

(In merito vedi: Riforma della fiscalità internazionale – Nuove regole per la residenza delle persone fisiche)

A questo proposito è  stata emanata la Circolare n. 20 del 4 novembre 2024  Istruzioni operative agli uffici in materia di residenza fiscale delle persone fisiche e delle società ed enti a seguito delle modifiche apportate dal decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209

Il punto 2.4 della Circolare n. 20 del 4 novembre 2024 è prettamente dedicato ai Regimi agevolativi per le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia. Il requisito di non essere stati residenti in Italia nei periodi d’imposta precedenti.

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Requisito della popolazione non superiore a 20mila abitanti

Come stabilito nel punto 1.4 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 31 maggio 2019 (prot. n. 167878/2019) e nella Circolare n. 21/E del 17 luglio 2020, per individuare la popolazione residente nel comune Italiano in cui ci si trasferisce, ai fini del requisito della popolazione non superiore a 20mila abitanti, si considera il dato risultante dalla “Rilevazione comunale annuale del movimento e calcolo della popolazione” pubblicata sul sito dell’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) riferito al 1° gennaio dell’anno precedente il primo periodo di validità dell’opzione. Tale dato rileva per tutta la durata di validità dell’opzione, sempre che il contribuente non trasferisca la residenza in altro comune.

Attualmente sul sito dell’ISTAT, nell’elenco della pagina demo demografia in cifre

sono disponibili

alla pagina “https://demo.istat.it/app/?i=P02&l=it” il Bilancio demografico e popolazione residente per sesso anni 2019 – 2023 su cui è possibile ricavare il totale della Popolazione censita al 1° gennaio inserendo

  • Anno
  • Ripartizione
  • Regione
  • Provincia
  • Comune

alla pagina “https://demo.istat.it/app/?i=D7B&l=it” il Bilancio demografico mensile e popolazione residente per sesso, anni 2019 – 2024

L’opzione rimane efficace anche se, a partire dal secondo periodo d’imposta di validità, il contribuente si trasferisce in un altro comune “agevolabile”, per il quale va considerato il dato della popolazione risultante al 1° gennaio dell’anno antecedente a quello di trasferimento della residenza.

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Redditi interessati dall’opzione

Ai sensi del primo comma dell’Art 24-ter del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), le persone fisiche titolari di redditi da pensione erogati da soggetti esteri che trasferiscono la residenza fiscale in Italia, in uno dei comuni con popolazione non superiore a 20mila abitanti, come su identificati, possono beneficiare di un regime fiscale opzionale, che prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Imposta sulle Persone Fisiche (IRPEF) con aliquota al 7% a qualsiasi categoria di reddito prodotto all’estero, individuato secondo i criteri di cui all’articolo 165, comma 2 del TUIR (che rimanda ad un criterio di reciprocità rispetto all‘art. 23 del TUIR che individua i redditi prodotti in Italia, c.d. “lettura a specchio”), per ciascuno dei nove periodi d’imposta di validità dell’opzione.

Sull’individuazione dei redditi prodotti all’estero che possono essere assoggettati ad aliquota al 7% si sofferma il punto 2 (AMBITO OGGETTIVO DI APPLICAZIONE) della  Circolare n. 21/E del 17 luglio 2020 .

Come su detto, l’opzione per l’imposta forfettaria ad aliquota al 7% riguarda i redditi prodotti all’estero individuati ai sensi dell’articolo 165, comma 2 del TUIR che prevede una “lettura a specchio” secondo cui i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base dei
criteri reciproci” enunciati dall’art. 23 del TUIR per individuare i redditi prodotti in Italia.

È da tenere presente, al fine di valutare attentamente la convenienza dell’opzione che, secondo la prassi dell’Agenzia delle Entrate italiana, la definizione interna di “reddito prodotto all’estero” si rende applicabile solamente qualora non sia in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato della fonte del reddito, dato che, in presenza di una Convenzione, è quest’ultima a prevalere, superando la “lettura a specchio” prevista dalla normativa.

A tal proposito si esprime chiaramente il punto 2.1. (Il reddito prodotto all’estero e la lettura “a specchio” dell’articolo 23 del TUIR) della Circolare del 05/03/2015 n. 9 – Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa:

“Ai sensi del comma 2 dell’articolo 165 del TUIR, “i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato Italiano”.

L’ordinamento accoglie, pertanto, il cosiddetto criterio della lettura “a specchio”, secondo cui i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base dei medesimi criteri di collegamento enunciati dall’articolo 23 del TUIR per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato.

La definizione interna di “reddito prodotto all’estero” si rende applicabile solo nei casi in cui non sia in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato della fonte del reddito.”

Un elenco delle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni siglate dallo Stato Italiano è presente nella pagina “Convenzioni per evitare le doppie imposizioni” del sito web del “Dipartimento delle Finanze”.

Ai fini di una valutazione della convenienza (o meno) dell’imposta forfettaria del 7% sui redditi prodotti all’estero risulta
pertanto essenziale individuare quale sia il criterio per determinare il luogo ove il reddito si considera prodotto

  • o (se siglata) secondo i criteri stabiliti dalla Convenzione per evitare le doppie imposizioni
  • o, in assenza di convenzione, secondo i criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato Italiano.

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Durata dell’opzione

Ai sensi del quarto comma dell’Art 24-ter del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) l’opzione per il regime fiscale opzionale, che prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Imposta sulle Persone Fisiche (IRPEF) con aliquota al 7% a qualsiasi categoria di reddito prodotto all’estero, di cui al comma 1 dell’Art 24-ter del TUIR, è valida per i primi nove periodi d’imposta successivi a quello in cui diviene efficace ai sensi del comma 5 dell’Art 24-ter del TUIR (L’opzione di cui al comma 1 è esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui viene trasferita la residenza in Italia ai sensi del comma 1 ed è efficace a decorrere da tale periodo d’imposta.).

È possibile revocare l’opzione in uno dei periodi d’imposta successivi a quello in cui la scelta è stata esercitata, dandone comunicazione nella dichiarazione dei redditi relativa all’ultimo anno di validità. Sono comunque fatti salvi gli effetti prodotti nei periodi d’imposta precedenti.

Gli effetti dell’opzione non si producono, se viene accertata l’insussistenza dei requisiti di legge, ovvero cessano, se questi ultimi vengono meno.

C’è decadenza dal regime anche in caso di omesso o parziale versamento dell’imposta sostitutiva, a meno che si rimedi entro la data di scadenza del pagamento del saldo relativo al periodo d’imposta successivo a quello cui l’omissione si riferisce (in tal caso, sono comunque dovuti interessi e sanzioni per la tardività).

La revoca o la decadenza dal regime precludono l’esercizio di una nuova opzione.

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(1)

Allegati 1, 2 e 2-bis al decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229

(1) Allegato 1

Elenco dei Comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016
(Art. 1)

REGIONE ABRUZZO.
Area Alto Aterno – Gran Sasso Laga:
1. Campotosto (AQ);
2. Capitignano (AQ);
3. Montereale (AQ);
4. Rocca Santa Maria (TE);
5. Valle Castellana (TE);
6. Cortino (TE);
7. Crognaleto (TE);
8. Montorio al Vomano (TE).
REGIONE LAZIO.
Sub ambito territoriale Monti Reatini:
9. Accumoli (RI);
10. Amatrice (RI);
11. Antrodoco (RI);
12. Borbona (RI);
13. Borgo Velino (RI);
14. Castel Sant’Angelo (RI);
15. Cittareale (RI);
16. Leonessa (RI);
17. Micigliano (RI);
18. Posta (RI).
REGIONE MARCHE.
Sub ambito territoriale Ascoli Piceno-Fermo:
19. Amandola (FM);
20. Acquasanta Terme (AP);
21. Arquata del Tronto (AP);
22. Comunanza (AP);
23. Cossignano (AP);
24. Force (AP);
25. Montalto delle Marche (AP);
26. Montedinove (AP);
27. Montefortino (FM);
28. Montegallo (AP);
29. Montemonaco (AP);
30. Palmiano (AP);
31. Roccafluvione (AP);
32. Rotella (AP);
33. Venarotta (AP).
Sub ambito territoriale Nuovo Maceratese:
34. Acquacanina (MC);
35. Bolognola (MC);
36. Castelsantangelo sul Nera (MC);
37. Cessapalombo (MC);
38. Fiastra (MC);
39. Fiordimonte (MC);
40. Gualdo (MC);
41. Penna San Giovanni (MC);
42. Pievebovigliana (MC);
43. Pieve Torina (MC);
44. San Ginesio (MC);
45. Sant’Angelo in Pontano (MC);
46. Sarnano (MC);
47. Ussita (MC);
48. Visso (MC).
REGIONE UMBRIA.
Area Val Nerina:
49. Arrone (TR);
50. Cascia (PG);
51. Cerreto di Spoleto (PG);
52. Ferentillo (TR);
53. Montefranco (TR);
54. Monteleone di Spoleto (PG);
55. Norcia (PG);
56. Poggiodomo (PG);
57. Polino (TR);
58. Preci (PG);
59. Sant’Anatolia di Narco (PG);
60. Scheggino (PG);
61. Sellano (PG);
62. Vallo di Nera (PG).

(2) Allegato 2
Elenco dei Comuni colpiti dal sisma del 26 e del 30 ottobre 2016
(articolo 1)
REGIONE ABRUZZO:
1. Campli (TE);
2. Castelli (TE);
3. Civitella del Tronto (TE);
4. Torricella Sicura (TE);
5. Tossicia (TE);
6. Teramo.
REGIONE LAZIO:
7. Cantalice (RI);
8. Cittaducale (RI);
9. Poggio Bustone (RI);
10. Rieti;
11. Rivodutri (RI).
REGIONE MARCHE:
12. Apiro (MC);
13. Appignano del Tronto (AP);
14. Ascoli Piceno;
15. Belforte del Chienti (MC);
16. Belmonte Piceno (FM);
17. Caldarola (MC);
18. Camerino (MC);
19. Camporotondo di Fiastrone (MC);
20. Castel di Lama (AP);
21. Castelraimondo (MC);
22. Castignano (AP);
23. Castorano (AP);
24. Cerreto D’esi (AN);
25. Cingoli (MC);
26. Colli del Tronto (AP);
27. Colmurano (MC);
28. Corridonia (MC);
29. Esanatoglia (MC);
30. Fabriano (AN);
31. Falerone (FM);
32. Fiuminata (MC);
33. Folignano (AP);
34. Gagliole (MC);
35. Loro Piceno (MC);
36. Macerata;
37. Maltignano (AP);
38. Massa Fermana (FM);
39. Matelica (MC);
40. Mogliano (MC);
41. Monsapietro Morico (FM);
42. Montappone (FM);
43. Monte Rinaldo (FM);
44. Monte San Martino (MC);
45. Monte Vidon Corrado (FM);
46. Montecavallo (MC);
47. Montefalcone Appennino (FM);
48. Montegiorgio (FM);
49. Monteleone (FM);
50. Montelparo (FM);
51. Muccia (MC);
52. Offida (AP);
53. Ortezzano (FM);
54. Petriolo (MC);
55. Pioraco (MC);
56. Poggio San Vicino (MC);
57. Pollenza (MC);
58. Ripe San Ginesio (MC);
59. San Severino Marche (MC);
60. Santa Vittoria in Matenano (FM);
61. Sefro (MC);
62. Serrapetrona (MC);
63. Serravalle del Chienti (MC);
64. Servigliano (FM);
65. Smerillo (FM);
66. Tolentino (MC);
67. Treia (MC);
68. Urbisaglia (MC).
REGIONE UMBRIA:
69. Spoleto (PG) ))

(3) Allegato 2-bis

Elenco dei Comuni colpiti dal sisma
del 18 gennaio 2017 (Art. 1)

Regione Abruzzo:
1) Barete (AQ);
2) Cagnano Amiterno (AQ);
3) Pizzoli (AQ);
4) Farindola (PE);
5) Castelcastagna (TE);
6) Colledara (TE);
7) Isola del Gran Sasso (TE);
8) Pietracamela (TE);
9) Fano Adriano (TE)

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(4 Decreto 16-4-2009 n. 3Comuni danneggiati dagli eventi sismici che hanno colpito la provincia dell’Aquila ed altri comuni della regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009

….. i comuni interessati dagli eventi sismici che hanno
colpito la regione Abruzzo a partire dal 6 aprile 2009, che hanno
risentito di un’intensita’ MCS uguale o superiore al sesto grado,
sono i seguenti:

Provincia dell’Aquila: Acciano, Barete, Barisciano, Castel del
Monte, Campotosto, Capestrano, Caporciano, Carapelle Calvisio, Castel di Ieri, Castelvecchio Calvisio, Castelvecchio Subequo, Cocullo, Collarmele, Fagnano Alto, Fossa, Gagliano Aterno, Goriano Sicoli, L’Aquila, Lucoli, Navelli, Ocre, Ofena, Ovindoli, Pizzoli, Poggio
Picenze, Prata d’Ansidonia, Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, San
Demetrio neVestini, San Pio delle Camere, Sant’Eusanio Forconese,
Santo Stefano di Sessanio, Scoppito, Tione degli Abruzzi,
Tornimparte, Villa Sant’Angelo e Villa Santa Lucia degli Abruzzi

Provincia di Teramo: Arsita, Castelli, Montorio al Vomano,
Pitracamela e Tossicia.

Provincia di Pescara: Brittoli, Bussi sul Tirino, Civitella
Casanova, Cugnoli, Montebello di Bertona, Popoli e Torre de’ Passeri.

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Deducibilità  nei  limiti  del loro  valore  normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali

La LEGGE 29 dicembre 2022, n. 197 – “Legge di Bilancio 2023”  (art. 1 commi da 84 a 86) ha introdotto le disposizioni in materia di deducibilità  nei  limiti  del loro  valore  normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali ( giurisdizioni  individuate  nell’allegato  I  alla  lista  UE   delle giurisdizioni  non  cooperative  a   fini   fiscali,   adottata   con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea).

LEGGE 29 dicembre 2022, n. 197 – “Legge di Bilancio 2023”  (art. 1 commi da 84 a 86)

  1. All’articolo 110 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, recante norme generali sulle valutazioni, dopo il comma  9  sono aggiunti i seguenti:  

  « 9-bis. Le spese e gli altri componenti negativi  derivanti  da operazioni, che  hanno  avuto  concreta  esecuzione,  intercorse  con imprese  residenti  ovvero  localizzate  in  Paesi  o  territori  non cooperativi a fini fiscali sono ammessi in deduzione nei  limiti  del loro  valore  normale,  determinato  ai  sensi  dell’articolo  9 (Art. 9 comma 3 del TUIR: Per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo piu’ prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle
mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe
professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi
soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in
vigore.).  Si considerano Paesi o territori non cooperativi a  fini  fiscali  le giurisdizioni  individuate  nell’allegato  I  alla  lista  UE   delle giurisdizioni  non  cooperative  a   fini   fiscali,   adottata   con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea.    

9-ter. Le disposizioni del comma 9-bis non si applicano  quando  le imprese residenti in Italia forniscono la  prova  che  le  operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico  e  che le stesse hanno avuto concreta  esecuzione.  Le  spese  e  gli  altri componenti  negativi  deducibili  ai  sensi  del  primo  periodo  del presente comma e ai sensi del comma 9-bis sono separatamente indicati nella  dichiarazione  dei  redditi.   L’Amministrazione,   prima   di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento  d’imposta  o  di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito  avviso con il quale e’ concessa al medesimo la possibilita’ di fornire,  nel termine di novanta giorni, le prove di  cui  al  primo  periodo.  Ove l’Amministrazione non ritenga idonee le  prove  addotte,  deve  darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento. A  tale  fine,  il contribuente puo’  interpellare  l’Agenzia  delle  entrate  ai  sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212..    

9-quater. Le disposizioni dei commi 9-bis e 9-ter non si  applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti  cui  risulti applicabile l’articolo 167, concernente disposizioni  in  materia  di imprese estere controllate.  

  9-quinquies. Le disposizioni dei commi 9-bis e 9-ter  si  applicano anche alle prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Paesi o territori individuati ai sensi dello stesso comma 9-bis ».  

  1. All‘articolo  8,  comma  3-bis,  del  decreto  legislativo  18dicembre 1997, n. 471, in materia di violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni, le parole: «  comma  11  »sono sostituite dalle seguenti: « comma 9-ter ».  
  2. . All’articolo 31-ter, comma 1, lettera a), secondo periodo,  del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, in materia  di  accordi  preventivi  per  le   imprese   con   attivita’ internazionale, le  parole:  «  comma  10  »  sono  sostituite  dalle seguenti: « comma 9-bis ».

Come abbiamo visto  ai sensi del novellato articolo 110 (Norme generali sulle valutazioni), comma 9-bis e seguenti del TUIR Tuir, le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni, che hanno avuto concreta esecuzione, intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali (giurisdizioni  individuate  nell’allegato  I  alla  lista  UE   delle giurisdizioni  non  cooperative  a   fini   fiscali,   adottata   con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea) sono ammessi in deduzione nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 9 del Tuir.

L’Art. 9 comma 3 del TUIR recita: “Per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo piu’ prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.”

Il comma 9-quinquies del novellato articolo 110 (Norme generali sulle valutazioni) del TUIR dispone che le disposizioni in oggetto si applicano anche alle prestazioni di servizi rese da professionisti domiciliati in Paesi o territori non collaborativi.

Il comma 9-ter dell’articolo 110 del TUIR prevede che le disposizioni del comma 9-bis non si applicano  quando  le imprese residenti in Italia forniscono la  prova

  • che  le  operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico  e 
  • che le stesse hanno avuto concreta  esecuzione. 

Le norme generali sulle valutazioni erano contenute nell’art. 76 del TUIR in una precedente versione in vigore fino al 31/12/2003.

Nello specifico il comma 7-bis.  non ammetteva  in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati ed il comma 7-ter  prevedeva che le disposizioni di cui al comma 7-bis non si applicano quando le imprese residenti in Italia fornivano  la prova che le operazioni poste in essere

  • rispondevano ad un effettivo interesse economico e
  • che le stesse avevano  avuto concreta esecuzione

Successivamente, dal 01/01/2004 Le norme generali sulle valutazioni sono state inserite nell’art.110 del TUIR ed i commi d’interesse sono diventati  10 e 11, abrogati, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, dall’art. 1, comma 142, lett. a) legge 28 dicembre 2015 n. 208).

Con RISOLUZIONE N.46/E del 16 marzo 2004 l’amministrazione è stata chiamata ad esprimersi sulla disapplicazione delle disposizioni di cui all’articolo 76, comma 7-bis, sulla base delle condizioni previste dal successivo comma 7-ter

Nella RISOLUZIONE N.46/E del 16 marzo 2004 si legge: “il
contribuente interessato a disapplicare l’articolo 110, comma 10, è ammesso a dimostrare la sussistenza di un effettivo interesse economico all’effettuazione di ciascuna operazione intrattenuta con detti fornitori.
Dovrà pertanto acquisire e conservare tutti i documenti utili per poter risalire alla logica economica sottesa alla scelta di instaurare rapporti commerciali con un fornitore residente in un paese a fiscalità privilegiata.
E’ utile sottolineare come tale scelta imprenditoriale deve essere sorretta da una valida giustificazione di tipo economico a beneficio della specifica attivitàimprenditoriale, connessa – in modo particolare – con l’entità del prezzo praticato, la qualità dei prodotti forniti e la tempistica e puntualità della consegna.

Il comma 9-ter dell’articolo 110 del TUIR prevede che le  spese  e  gli  altri componenti  negativi

  • derivanti  da operazioni che  hanno  avuto  concreta  esecuzione,
  • intercorse  con imprese  residenti  ovvero  localizzate  in  Paesi  o  territori  non cooperativi ai fini fiscali, 
  • deducibili nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 9 del Tuir

devono essere separatamente indicati nella  dichiarazione  dei  redditi.

Il comma 9-quater dell’articolo 110 del TUIR prevede che le disposizioni dei commi 9-bis e 9-ter non si  applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti  cui  risulti applicabile l’articolo 167, concernente disposizioni  in  materia  di imprese estere controllate (Controlled Foreign Companies (CFC).  

Proposto per la prima volta dalla Commissione nel gennaio 2016 l’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali è stato continuamente aggiornato (Evoluzione della lista UE (scheda informativa) Inglese)

Il processo di monitoraggio segue una serie di linee guida procedurali concordate nel febbraio 2018.

Senza modificare il processo di monitoraggio dinamico, nel marzo 2019 il Consiglio ha deciso di limitare gli aggiornamenti dell’elenco a due volte l’anno a partire dal 2020, per concedere agli Stati membri dell’UE tempo sufficiente per modificare la legislazione nazionale ove necessario.

All’indirizzo https://www.consilium.europa.eu/it/policies/eu-list-of-non-cooperative-jurisdictions/timeline-eu-list-of-non-cooperative-jurisdictions/ è possibile consultare la Cronistoria – Lista UE delle giurisdizioni non cooperative

Con decisione dell’8 ottobre 2024 il Consiglio UE ha aggiornato la Black List dell’Unione Europea, individuati sulla base delle indagini portate avanti dalla Commissione UE.

La scelta della nuova lista dei paradisi fiscali è stata stilata esaminando la posizione di numerosi Paesi alla luce dei seguenti criteri:

  • trasparenza fiscale e scambio di informazioni;
  • presenza di regimi fiscali privilegiati e non necessità dei requisiti di sostanza economica delle attività;
  • sistemi con imposizione inconsistente o uguale a zero.

Di seguito vengono indicati i nuovi Paesi della Black List UE:

  1. Samoa americane
  2. Anguilla
  3. Figi
  4. Guam
  5. Palau
  6. Panama
  7. Russia
  8. Samoa
  9. Trinidad e Tobago
  10. Isole Vergini degli Stati Uniti
  11. Vanuatu

Tra queste: Anguilla,  Panama, Russia, Samoa, e Vanuatu figurano nell’ELENCO AGGIORNATO AL 16 MAGGIO 2024 DEGLI STATI CHE HANNO ADERITO AL COMMON REPORTING STANDARD (CRS) : scambio automatico di informazioni tra le autorità fiscali sulle attività finanziarie detenute dai contribuenti

Quindi le giurisdizioni che figurano nella Black List UE al 8 ottobre 2024 che non hanno aderito al CRS sono:

      1. Samoa americane;
      2. Figi;
      3. Guam;
      4. Palau;
      5. Trinidad e Tobago
      6. Isole Vergini degli Stati Uniti.

Doppia tassazione sui dividendi legati a titoli di emittenti esteri

La legge tributaria italiana prevede per la tassazione sui dividendi di fonte estera se

  • l’impresa  non è  stabilita in un Paese a fiscalità privilegiata;
  • la partecipazione non è qualificata (Gli utili di fonte estera  qualora siano derivanti da partecipazioni non qualificate non possono essere assoggettati a tassazione ordinaria – QUADRO RM – SEZIONE V);
  • partecipazione è qualificata, ma gli utili sono prodotti dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 (QUADRO RM – SEZIONE V)

un’aliquota al 26% che si applica successivamente rispetto alla tassazione estera.

Una considerazione particolare merita la diversa base imponibile su cui calcolare la tassazione sui dividendi esteri a seconda se al momento dell’incasso intervenga o no un intermediario finanziario residente.

Le fattispecie che possiamo avere sono le seguenti:

  • se al momento dell’incasso interviene un intermediario residente:
    Ritenuta a titolo di imposta
    . L’articolo 27, commi 4, 4-bis e 5 del DPR n. 600/73, prevede l’assoggettamento dei dividendi esteri a ritenuta a titolo di imposta del 26%, , da calcolarsi sui dividendi percepiti al netto delle ritenute subite nello Stato estero di residenza della società erogante: la base imponibile rappresenta il c.d.netto frontiera;
  • nel caso in cui l’incasso da parte dei soci avvenga senza l’intervento di un intermediario residente, l’articolo 18, comma 1, del DPR n 917/86stabilisce l’assoggettamento ad imposta sostitutiva  non facendo alcun riferimento al valore “netto frontiera, valore al quale fa invece riferimento il DPR n 600/73 (Infatti nel Quadro RM, SEZIONE V – Redditi di capitale soggetti ad imposizione sostitutiva, rigo RM12, colonna 3, va indicato l’ammontare del reddito, al lordo di eventuali ritenute subìte nello stato estero in cui il reddito è stato prodotto).

Quindi in questi casi il reddito prodotto all’estero non concorre alla formazione del reddito imponibile.

Ora è da tener presente che l’articolo 165 – Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero, comma 1, del DPR n 917/86 stabilisce che:Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.”

Quindi, nei casi di cui sopra, le imposte  pagate all’estero a titolo definitivo su tali redditi non sono ammesse in detrazione in quanto il reddito prodotto all’estero non concorre alla formazione del reddito imponibile.

Esistono convenzioni internazionali che prevedono per gli investitori non residenti un’aliquota del 15% sui dividendi. e rendono possibile chiedere il rimborso per la doppia tassazione. Quindi, una delle strade percorribili, ma complessa dal punto di vista della burocrazia, in modo da pagare solo il 15%, è  presentare un’istanza di rimborso all’amministrazione fiscale del Paese estero una volta ricevuto il dividendo e a tasse pagate.

Credito d’imposta anche per i redditi assoggettati a imposta sostitutiva

La Corte di Cassazione in due sentenze:

si è espressa per  un superamento del sistema della doppia tassazione.

Nel “Principio di diritto” di cui al punto 1.7 delle RAGIONI DELLA DECISIONE della Sentenza della Corte di Cassazione Sez. Civile 5 Numero 25698 Anno 2022,  si ritiene che, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, si deve considerare detraibile l’imposta sul reddito pagata in un Paese estero.

La suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 25698/2022 pubblicata il 1° settembre 2022 nell’esaminare la Convenzione Italia – Stati Uniti d’America per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito così si esprime

“L’art. 23, comma 3, della stessa Convenzione, dopo avere
previsto che l’Italia deve dedurre dalle imposte sul reddito, di cui all’art. 2, l’imposta sul reddito pagata negli Stati Uniti (secondo periodo), al terzo periodo stabilisce che, «[t]uttavia, nessuna deduzione sarà accordata ove l’elemento dì reddito sia assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta su richiesta del beneficiario di detto reddito in base alla legislazione italiana» (enfasi aggiunta).
1.4. Da tale disposizione pattizia si ricava a contrario che, qualora
l’assoggettamento a imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta, come nell’ipotesi di cui all’art. 27, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, o mediante imposta sostitutiva, come nella fattispecie, del tutto sovrapponibile alla prima in ragione dell’identità di funzione, di cui all’art. 18, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, quando il contribuente sia una persona fisica, avvenga non «su richiesta del beneficiario deI reddito» ma obbligatoriamente, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, l’imposta sul reddito pagata negli Stati Uniti d’America si deve considerare detraibile.
1.5. Tale interpretazione trova conferma nella diversità del testo
vigente degli accordi bilaterali contro le doppie imposizioni conclusi con altri Paesi, secondo cui «nessuna detrazione sarà accordata ove
l’elemento di reddito venga assoggettato in Italia ad imposizione
mediante imposta sostitutiva o ritenuta a titolo di imposta, ovvero ad imposizione sostitutiva con la stessa aliquota della ritenuta a titolo di imposta, anche su richiesta del contribuente,ai sensi della legislazione italiana» (enfasi aggiunta; art. 23, comma 2, quarto capoverso, della Convenzione tra Italia e Cipro, ratificata e resa esecutiva dalla legge 10 luglio 1982, n. 564; art. 22, comma 2, terzo capoverso, dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Malta, ratificato e reso esecutivo dalla legge 2 maggio 1983, n. 304; punto 11 del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno dell’Arabia Saudita, ratificato e reso esecutivo dalla legge 23 ottobre 2009, n. 159; art. 22, comma 2, quarto capoverso, della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Singapore, ratificata e resa esecutiva dalla legge 26 luglio 1978, n. 575; art. 12, comma 1, lett. a), secondo capoverso, dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato di Monaco, ratificato e reso esecutivo dalla legge 1° dicembre 2016, n. 231);
1.6. Ed invero, in base ad una interpretazione conforme della
norma pattizia (prevalente) la locuzione «anche sui richiesta del
contribuente», che figura nel testo di tali accordi, conferma che quando l’Italia ha inteso negare il credito d’imposta non solo nei casi in cui l’assoggettamento dell’elemento di reddito a imposta sostitutiva o a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta avvenga su richiesta del contribuente, ma anche nei casi in cui esso sia obbligatorio in base alla legge italiana, lo ha previsto espressamente.”

La  sentenza n. 25698/2022 della Suprema Corte prevede, nel caso di dividendi esteri e più in generale di proventi finanziari, la possibilità di ottenere il credito d’imposta per l’imposta pagata all’estero, sia su proventi assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta che ad imposta sostitutiva, qualora con lo Stato estero sia in vigore una convenzione sulle doppie imposizioni che non escluda il diritto al credito d’imposta stesso.

Quindi in base alla sentenza n. 25698/2022 della Suprema Corte qualora l’assoggettamento a imposizione mediante  imposta sostitutiva di cui all’art. 18, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, quando il contribuente sia una persona fisica, avvenga non «su richiesta del beneficiario deI reddito» ma obbligatoriamente, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, l’imposta sul reddito pagata nello Stato Estero si deve considerare detraibile.

Quindi, al fine di verificare la sussistenza al diritto al credito d’imposta si deve verificare con attenzione la relativa convenzione,  anche se nella maggior parte delle Convenzioni stipulate con l’Italia l’esclusione è collegata alla possibilità del contribuente di poter optare per regimi di tassazione diversi.

Le sentenze della Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Verona (sentenza n. 423/2023, depositata il 29 luglio 2024) e della Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Siena (n.68 del 11/04/2024), fondate sul principio di diritto già espresso dalle due sentenze della Cassazione (25698/2022 e 10204/2024), hanno ribadito che i titoli di emittenti esteri non possono essere sottoposti a doppia tassazione.

 

Principio di diritto di cui al punto 1.7 delle RAGIONI DELLA DECISIONE della Sentenza della Corte di Cassazione Sez. Civile 5 Numero 25698 Anno 2022

Principio di diritto di cui al punto 1.7 delle RAGIONI DELLA DECISIONE della Sentenza della Corte di Cassazione Sez. Civile 5 Numero 25698 Anno 2022

l seguente principio di diritto:

“Per i redditi di capitale di fonte estera, direttamente percepiti dal contribuente, persona fisica, titolare di una partecipazione non qualificata in una partnership di diritto internazionale (nel caso, statunitense), qualora l’assoggettamento a imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta – come nell’ipotesi di cui all‘art. 27, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, o mediante imposta sostitutiva, del tutto sovrapponibile alla prima in ragione dell’identità di funzione, di cui all’art. 18, comma 1, del D.P.R. n. 917 del 1986 – avvenga non «su richiesta del beneficiano d[el] reddito» ma obbligatoriamente, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, l’imposta sul reddito pagata in un Paese estero (nel caso, Stati Uniti d’America) si deve considerare detraibile. Ciò in quanto, l’interpretazione conforme della locuzione e «anche su richiesta del contribuente», che figura nel testo di vari accordi internazionali (tra cui nel testo della Convenzione Italia – Stati Uniti di America), conferma che quando l’Italia ha inteso negare il credito d’imposta – non solo nei casi in cui l’assoggettamento dell’elemento di reddito a imposta sostitutiva o a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta avvenga su richiesta del c:ontribuente, ma anche nei casi in cui esso sia obbligatorio in base alla legge italiana – lo ha previsto espressamente.”.

Il “Netto Frontiera”

dividendi di fonte estera :

  • percepiti da persone fisiche non imprenditori,
  •  derivanti da partecipazioni non qualificate,
  • riscossi per il tramite di un intermediario finanziario italiano,

sono soggetti a ritenuta a titolo d’imposta, attualmente pari al 26%, applicata sui dividendi al netto delle ritenute in uscita effettuate nello Stato estero (c.d. “netto frontiera”) secondo quanto disposto dall’articolo 27, commi 4 e 4-bis, D.P.R. 600/1973.

La Circolare n. 26/E del 16 giugno 2004 – Agenzia delle entrate – Dir. normativa e contenzioso IRES/2 – Il nuovo regime di tassazione dei dividendi – Chiarimenti – D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344.  – Al paragrafo 3.2  -Utili di fonte estera e proventi equiparati percepiti da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di impresa – afferma che la ritenuta in ingresso sui dividendi da soggetti non residenti a fronte di partecipazioni qualificate viene applicata sul valore netto frontiera.

Successivamente al paragrafo 4.3 si ribadisce l’assoggettamento alla ritenuta del valore “netto frontiera”.
In particolare: “ Determinazione della base di calcolo delle ritenute – 
…………………………
“E’ stato, inoltre, previsto che la ritenuta, sia a titolo d’imposta
sia a titolo d’acconto, si applica sul cosiddetto “netto frontiera” ossia
sull’importo dei dividendi al netto delle imposte applicate nello Stato
estero di residenza. ……………….
Al riguardo, si precisa che per “netto frontiera” si deve intendere
l’importo effettivamente corrisposto al beneficiario finale.
Pertanto, nell’eventualità’ che i dividendi abbiano scontato nel Paese
della fonte, sulla base della relativa normativa interna, un prelievo in
misura superiore rispetto all’aliquota prevista, ad esempio, dalla
Convenzione contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia, la base
imponibile della ritenuta di cui al comma 4 dell’articolo 27 del D.P.R. n.
600 del 1973
 deve essere decurtata dell’intero importo delle imposte subite 
nello Stato estero.
Tuttavia, si fa presente che, in caso di utili relativi a partecipazioni non qualificate assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, qualora il contribuente ottenga dall’Autorità’ fiscale estera il recupero della differenza tra le imposte effettivamente subite e l’aliquota convenzionale, la predetta differenza deve essere assoggettata a tassazione in qualità’ di dividendo con le stesse modalità’ previste per gli utili di fonte estera (ritenuta da parte del sostituto d’imposta ovvero, dell’imposta in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi ai sensi dell’articolo 18 del TUIR).
Nel caso, invece, di utili relativi a partecipazioni qualificate, gli stessi concorreranno alla formazione del reddito imponibile al lordo di tutte le  imposte estere eventualmente applicate, con la possibilità’ di scomputo della sola aliquota convenzionale mentre l’eventuale eccedenza non
potrà’ che essere richiesta all’Amministrazione fiscale dello Stato estero e
in caso di ottenimento non dovrà’ essere nuovamente assoggettata a
tassazione.”

Per “netto frontiera”, quindi, si deve intendere l’importo effettivamente corrisposto al beneficiario finale. 

Il valore “netto frontiera” dipende da due variabili:

  • la prima è l’aliquota della ritenuta che lo Stato estero e` legittimato convenzionalmente a trattenere;
  • la seconda è l’aliquota di tassazione interna dello Stato estero che può superare la percentuale convenzionale.

Una considerazione particolare merita la diversa base imponibile su cui calcolare la tassazione sui dividendi esteri a seconda se al momento dell’incasso intervenga o no un intermediario finanziario residente.

Le fattispecie che possiamo avere sono le seguenti:

  • Ritenuta a titolo di imposta. L’articolo 27, commi 4, 4-bis e 5 del DPR n. 600/73, prevede l’assoggettamento dei dividendi esteri a ritenuta a titolo di imposta del 26%se al momento dell’incasso interviene un intermediario residente, da calcolarsi sui dividendi percepiti al netto delle ritenute subite nello Stato estero di residenza della società erogante: la base imponibile rappresenta il c.d. “netto frontiera“;
  • Imposta sostitutiva. L’articolo 18, comma 1, del DPR n 917/86stabilisce l’assoggettamento ad imposta sostitutiva nel caso in cui l’incasso da parte dei soci avvenga senza l’intervento di un intermediario residente non facendo alcun riferimento al valore “netto frontiera, valore al quale fa invece riferimento il DPR n 600/73 (Infatti nel Quadro RM, rigo RM12, colonna 3, va indicato l’ammontare del reddito, al lordo di eventuali ritenute subìte nello stato estero in cui il reddito è stato prodotto).

L’Agenzia delle Entrate ha ribadito con  Risposta n. 111 del 21/04/2020 ad un interpello   che i dividendi di provenienza estera incassati senza l’intervento di un intermediario residente (banca o fiduciaria italiana) debbono essere assoggettati a tassazione al lordo delle imposte assolte nello Stato estero, mentre gli stessi dividendi percepiti attraverso un intermediario residente vengono assoggettati a tassazione al netto delle imposte estere.

Le prime istruzioni rilasciate nel 2020 per la dichiarazione dei redditi persone fisiche prevedevano al rigo RM12 la nuova colonna 5 dove avrebbe dovuto essere inserita “L’imposta pagata all’estero”, che avrebbe consentito di scomputare le imposte pagate all’estero sui dividendi esteri. Successivamente le istruzioni sono state modificate e la colonna 5 è diventata “credito IVCA” ovvero credito per l’imposta sul valore dei contratti assicurativi.

Le soluzioni  possibili potrebbero essere le seguenti:

  • Continuare ad assoggettare a tassazione i  dividendi sul netto frontiera, rischiando di essere soggetti ad accertamento;
  • Assoggettare a tassazione i dividendi  al lordo frontiera e richiedere la restituzione della differenza d’imposta mediante istanza di rimborso;
  • Valutare l’intestazione fiduciaria italiana delle azioni estere;
  • Fare intervenire la banca italiana nell’incasso dei dividendi esteri.

Tassazione di una “RETE-CONTRATTO” – Impresa Estera partecipante ad una “RETE-CONTRATTO”


Il contratto di rete

Il contratto di rete è stato introdotto nella  normativa italiana  dall’articolo 3 (Distretti produttivi e reti di imprese), commi 4-ter e 4-quater, del Decreto-legge del 10/02/2009 n. 5 (Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi) convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.

Successivamente, l’articolo 42 (Reti di imprese) del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha apportato significative novità alla disciplina civilistica dell’istituto, sostituendo i commi 4-ter e 4-quater dell’articolo 3 del d.l. n. 5 del 2009, e ha contemporaneamente istituito un’agevolazione fiscale in favore delle imprese aderenti a un contratto di rete, subordinandone l’efficacia all’autorizzazione della Commissione europea.
La Commissione europea, con decisione C(2010)8939 def. del 26 gennaio 2011 ha ritenuto che la misura fiscale in esame non costituisca aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
La norma agevolativa ha per obiettivo il completamento del programma comune di rete previsto nel contratto e a tal fine istituisce un regime di sospensione di imposta sugli utili d’esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati al fondo patrimoniale per la realizzazione degli investimenti previsti dal programma stesso, che abbia ottenuto la preventiva asseverazione da parte degli organismi abilitati. Il regime di sospensione d’imposta cessa nell’esercizio in cui la riserva è utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite, salvo il verificarsi di eventi interruttivi della sospensione.

In particolare, in riferimento alla localizzazione territoriale, sono ammesse all’agevolazione sia le imprese residenti, sia le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di imprese non residenti.

In merito all’agevolazione di cui all’Articolo 42, decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 vedi: Circolare n. 15 del 14/04/2011.

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Facoltà di acquisire la Soggettività giuridica per le reti dotate di fondo patrimoniale comune

La possibilità, per la rete dotata di fondo patrimoniale comune, di acquisire la soggettività giuridica, facoltativa e condizionata all’iscrizione del contratto di rete nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede, è stata concessa

 Per effetto delle modifiche introdotte dall’articolo 36  del cosiddetto decreto crescita-bis, l’attuale formulazione della norma prevede che – nell’ambito di determinate procedure, quali, ad esempio, quelle di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, quelle inerenti ad interventi di garanzia per l’accesso al credito o inerenti allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione previsti dall’ordinamento – l’organo comune “agisce in rappresentanza della rete, quando essa acquista soggettività giuridica e, in assenza della soggettività, degli imprenditori, anche individuali, partecipanti al contratto salvo che sia diversamente disposto nello stesso”.

Attualmente, ai sensi del comma 4-ter dell’articolo 3 del Dl n. 5/2009, il contratto di rete che prevede

  • l’organo comune e
  • il fondo patrimoniale

non è dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della stessa ai sensi dell’ ultima parte del comma 4-quater del Dl n. 5/2009 (se è prevista la costituzione del fondo comune, la rete può iscriversi nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede; con l’iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede la rete acquista soggettività giuridica. Per acquistare la soggettività giuridica il contratto deve essere stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente a norma dell”articolo 25 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82..)

Quindi un contratto di rete acquista soggettività giuridica se:

  • prevede
    • l’organo comune e
    • il fondo patrimoniale
  • è stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente a norma dell’articolo 25 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;
  • si iscrive nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede.

Quindi, l’attuale contesto normativo offre agli imprenditori che intendono costituire una rete di imprese, ai sensi dell’articolo 3 del Dl n. 5/2009, l’alternativa fra due diverse forme giuridiche:

  • l’adozione di un modello contrattuale “puro” di rete di imprese (cosiddetta “RETE-CONTRATTO”);
  • oppure la creazione di un nuovo soggetto giuridico (cosiddetta “RETE-SOGGETTO”).

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Risoluzione del 30/06/2011 n. 70 – Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Servizi ai Contribuenti – Modalità di iscrizione all’Anagrafe tributaria delle “reti di imprese”

L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 70/E del 30 giugno 2011, si esprime, ferma restando l’esclusione di soggettività tributaria in capo alla rete di imprese,  sulla  possibile attribuzione alla rete di un codice fiscale, qualora le imprese partecipanti ne facciano specifica istanza a fini operativi.
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Circolare del 18/06/2013 n. 20 della Agenzia delle Entrate – Aspetti fiscali della “RETE-CONTRATTO”

Con la Circolare del 18/06/2013 n. 20, l’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa, ha fornito chiarimenti sulle conseguenze fiscali derivanti dalle modifiche introdotte dai cosiddetti “decreti crescita” alla disciplina civilistica del contratto di rete di imprese.

Nel punto 3 della Circolare del 18/06/2013 n. 20, a proposito della “Rete Contratto” , viene chiarito che, successivamente alle modifiche introdotte dai cosiddetti “decreti crescita” alla disciplina civilistica del contratto di rete di imprese, rimangono valide le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate  per le reti di imprese che non acquisiscono soggettività giuridica.

Tale impostazione è stata confermata con  Risoluzione n. 70/E del 30 giugno 2011, con la quale è stato chiarito che alla rete può essere attribuito un proprio codice fiscale, visto che l’iscrizione all’Anagrafe tributaria è consentita anche alle organizzazioni di persone e di beni prive di personalità giuridica.

L’assenza di un’autonoma soggettività giuridica e conseguentemente  fiscale delle reti di impresa comporta che gli atti posti in essere in esecuzione del programma di rete producano i loro effetti direttamente nelle sfere giuridico-soggettive dei partecipanti alla rete.

Nella “Rete Contratto” la titolarità di beni, diritti, obblighi ed atti è riferibile, quota parte, alle singole imprese partecipanti; in generale, la titolarità delle situazioni giuridiche rimane individuale dei singoli partecipanti, sebbene l’organo comune possa esercitare una rappresentanza unitaria nei confronti dei terzi.

Infatti, nella “Rete Contratto”, priva di soggettività giuridica, se esistente, il fondo comune  costituisce un complesso di beni e diritti destinato alla realizzazione del programma comune di rete e i rapporti tra gli imprenditori partecipanti al contratto di rete e l’organo comune sono riconducibili alla figura del mandato con rappresentanza (cfr. articolo 3, comma 4-tersecondo periodo, del decreto legge n. 5 del 2009).

Il soggetto designato a svolgere l’ufficio di organo comune incaricato dell’esecuzione del contratto o di una o più parti di esso  agisce in veste di mandatario con rappresentanza dei contraenti, e quindi, gli atti posti in essere dal  “soggetto designato” producono effetti giuridici direttamente nelle sfere individuali dei singoli rappresentati.

La spendita del nome dei singoli soggetti rappresentati da parte dell’organo comune rende possibile, infatti, la diretta imputazione delle operazioni compiute ai singoli partecipanti.

Pertanto, ai fini fiscali, per le operazioni attive e passive poste in essere dall’organo comune:

  • vi è l’obbligo per il fornitore, per i beni acquistati ed i servizi ricevuti nell’esecuzione del programma di rete, di emettere tante fatture quanti sono i partecipanti rappresentati dall’organo comune, intestate a ciascuno di essi e con l’indicazione della parte di prezzo ad essi imputabile;
  • specularmente, vi è l’obbligo per ciascun partecipante rappresentato di emettere fattura, per le vendite e le prestazioni di servizi effettuate dall’organo comune, al cliente per la quota parte del prezzo a sé imputabile.

Viceversa gli eventuali atti posti in essere dalle singole imprese o dall'”impresa capofila” – che operano senza rappresentanza – non comportano alcun effetto sulla sfera giuridica delle altre imprese partecipanti al contratto.

In tale ipotesi, infatti, qualora trattasi di atti esecutivi di singole parti o fasi del contratto di rete, la singola impresa o l’eventuale “capofila” dovrà “ribaltare” i costi ed i ricavi ai partecipanti per conto dei quali ha agito emettendo o ricevendo fatture per la quota parte del prezzo riferibile alle altre imprese.

Ciascuna impresa aderente alla rete, pertanto, farà concorrere alla formazione del proprio risultato di periodo i costi che ha sostenuto e i ricavi che ha realizzato per l’attuazione del programma di rete, a prescindere dall’esistenza o meno di un organo comune dotato di poteri di rappresentanza.

Ne deriva che, ai fini fiscali, i costi ed i ricavi derivanti dalla partecipazione ad un contratto di rete saranno deducibili o imponibili dai singoli partecipanti secondo le regole impositive fissate dal testo unico ed andranno indicati nella dichiarazione degli stessi.

Nel particolare caso di un conto corrente acceso con il codice fiscale della rete, gli interessi attivi sono riferibili pro quota a ciascuna impresa partecipante in proporzione ai conferimenti effettuati ovvero al diverso criterio indicato nel contratto di rete e, conseguentemente, le ritenute operate dalla banca sui medesimi interessi sono di competenza delle singole imprese partecipanti in base ai suddetti criteri di ripartizione.

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Impresa Estera partecipante ad una “RETE-CONTRATTO”

Per quanto detto sopra un’impresa estera partecipante ad una “Rete Contratto”

  • non sarà soggetta ad imposizione in Italia;
  • a prescindere dall’esistenza o meno di un organo comune dotato di poteri di rappresentanza, farà concorrere alla formazione del proprio risultato di periodo, da tassare nello Stato di residenza fiscale, i costi che ha sostenuto e i ricavi che ha realizzato per l’attuazione del programma di rete, che saranno deducibili o imponibili secondo le regole impositive fissate dalla normativa del proprio Stato di appartenenza;
  • avrà l’obbligo di emettere fattura al cliente per la quota parte del prezzo a sé imputabile, per le vendite e le prestazioni di servizi effettuate dall’organo comune;
  • se opera senza rappresentanza, per gli eventuali atti esecutivi di singole parti o fasi del contratto di rete,  che non comportano alcun effetto sulla sfera giuridica delle altre imprese partecipanti al contratto, dovrà “ribaltare” i costi ed i ricavi ai partecipanti per conto dei quali ha agito emettendo o ricevendo fatture per la quota parte del prezzo riferibile alle altre imprese.

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Il contratto di rete e la Direttiva madre-figlia


Il contratto di rete

il contratto di rete è stato introdotto nella  normativa italiana  dall’articolo 3 (Distretti produttivi e reti di imprese), commi 4-ter e 4-quater, del Decreto-legge del 10/02/2009 n. 5 (Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi) convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.

Successivamente, l’articolo 42 (Reti di imprese) del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha apportato significative novità alla disciplina civilistica dell’istituto, sostituendo i commi 4-ter e 4-quater dell’articolo 3 del d.l. n. 5 del 2009, e ha contemporaneamente istituito un’agevolazione fiscale in favore delle imprese aderenti a un contratto di rete, subordinandone l’efficacia all’autorizzazione della Commissione europea.
La Commissione europea, con decisione C(2010)8939 def. del 26 gennaio 2011 ha ritenuto che la misura fiscale in esame non costituisca aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
La norma agevolativa ha per obiettivo il completamento del programma comune di rete previsto nel contratto e a tal fine istituisce un regime di sospensione di imposta sugli utili d’esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati al fondo patrimoniale per la realizzazione degli investimenti previsti dal programma stesso, che abbia ottenuto la preventiva asseverazione da parte degli organismi abilitati. Il regime di sospensione d’imposta cessa nell’esercizio in cui la riserva è utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite, salvo il verificarsi di eventi interruttivi della sospensione.

In particolare, in riferimento alla localizzazione territoriale, sono ammesse all’agevolazione sia le imprese residenti, sia le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di imprese non residenti.

In merito all’agevolazione di cui all’Articolo 42, decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 vedi: Circolare n. 15 del 14/04/2011.

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Facoltà di acquisire la Soggettività giuridica per le reti dotate di fondo patrimoniale comune

La possibilità, per la rete dotata di fondo patrimoniale comune, di acquisire la soggettività giuridica, facoltativa e condizionata all’iscrizione del contratto di rete nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede, è stata concessa

 Per effetto delle modifiche introdotte dall’articolo 36  del cosiddetto decreto crescita-bis, l’attuale formulazione della norma prevede che – nell’ambito di determinate procedure, quali, ad esempio, quelle di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, quelle inerenti ad interventi di garanzia per l’accesso al credito o inerenti allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione previsti dall’ordinamento – l’organo comune “agisce in rappresentanza della rete, quando essa acquista soggettività giuridica e, in assenza della soggettività, degli imprenditori, anche individuali, partecipanti al contratto salvo che sia diversamente disposto nello stesso”.

Attualmente, ai sensi del comma 4-ter dell’articolo 3 del Dl n. 5/2009, il contratto di rete che prevede

  • l’organo comune e
  • il fondo patrimoniale

non è dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della stessa ai sensi dell’ ultima parte del comma 4-quater del Dl n. 5/2009 (se è prevista la costituzione del fondo comune, la rete può iscriversi nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede; con l’iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede la rete acquista soggettività giuridica. Per acquistare la soggettività giuridica il contratto deve essere stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente a norma dell”articolo 25 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82..)

Quindi un contratto di rete acquista soggettività giuridica se:

  • prevede
    • l’organo comune e
    • il fondo patrimoniale
  • è stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente a norma dell’articolo 25 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;
  • si iscrive nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede.

Quindi, l’attuale contesto normativo offre agli imprenditori che intendono costituire una rete di imprese, ai sensi dell’articolo 3 del Dl n. 5/2009, l’alternativa fra due diverse forme giuridiche:

  • l’adozione di un modello contrattuale “puro” di rete di imprese (cosiddetta “RETE-CONTRATTO”);
  • oppure la creazione di un nuovo soggetto giuridico (cosiddetta “RETE-SOGGETTO”).

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Circolare del 18/06/2013 n. 20 della Agenzia delle Entrate – Aspetti fiscali della “Rete Soggetto Giuridico”

Con la Circolare del 18/06/2013 n. 20, l’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa, ha fornito chiarimenti sulle conseguenze fiscali derivanti dalle modifiche introdotte dai cosiddetti “decreti crescita” alla disciplina civilistica del contratto di rete di imprese ed, in particolare, al riguardo della possibilità per le reti dotate di fondo patrimoniale comune di acquisire, su base volontaria, un’autonoma soggettività giuridica, distinta rispetto a quella delle singole imprese partecipanti, mediante l’iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede della “rete”.

Nel punto 2 della Circolare del 18/06/2013 n. 20, a proposito della “Rete Soggetto Giuridico” , viene chiarito che 

“i decreti crescita hanno introdotto la possibilità per la rete dotata di fondo patrimoniale comune di acquisire la soggettività giuridica, facoltativa e condizionata all’iscrizione del contratto di rete nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede.
La rete di imprese, per effetto dell’iscrizione de qua, diviene un nuovo soggetto di diritto (rete-soggetto) e, in quanto autonomo centro di imputazione di interessi e rapporti giuridici, acquista rilevanza anche dal punto di vista tributario.
La rete-soggetto, infatti, costituisce, sotto il profilo del diritto civile, un soggetto “distinto” dalle imprese che hanno sottoscritto il contratto e, pertanto, sotto il profilo tributario, in grado di realizzare fattispecie impositive ad essa imputabili.
L’acquisizione della soggettività giuridica delle reti in esame comporta l’esistenza di un soggetto dotato di capacità giuridica tributaria autonoma rispetto alla capacità giuridica delle singole imprese partecipanti: ai fini del prelievo fiscale, infatti, la rete-soggetto, in quanto entità distinta dalle imprese partecipanti, esprime una propria forza economica ed è in grado di realizzare, in modo unitario e autonomo, il presupposto d’imposta.
In sostanza, fermo restando la sussistenza della soggettività tributaria delle imprese partecipanti, qualora la rete acquisisca soggettività giuridica, la stessa diventa un autonomo soggetto passivo di imposta con tutti i conseguenti obblighi tributari previsti ex lege in materia di imposte dirette ed indirette.
In particolare, le reti dotate di soggettività giuridica sono soggette all’imposta sul reddito delle società ai sensi dell’articolo 73, comma 2, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, secondo cui “Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario e autonomo“.
La rete-soggetto costituisce, infatti, una organizzazione non appartenente ad altri soggetti, nei confronti della quale il presupposto di imposta si verifica in maniera unitaria e autonoma.
Le reti soggetto rientrano, dunque, tra gli enti commerciali o non commerciali, “diversi dalle società“, di cui alle sopra citate lettere b) e c), a seconda che svolgano o meno attività commerciale in via principale o esclusiva.
Di conseguenza nel caso in cui le reti soggetto esercitino l’attività commerciale in via principale o esclusiva, le stesse rientrano tra gli enti commerciali di cui al citato articolo 73, comma 1, lettera b), e si rendono applicabili le disposizioni relative alla “Determinazione della base imponibile delle società e degli enti commerciali residenti”, di cui agli articoli 81 e seguenti del citato Testo unico.”

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Direttiva madre-figlia

La   Direttiva 90/435/CEE , nota come direttiva madre-figlia, poi rifusa nella Direttiva 2011/96/UE , disciplina la tassazione degli utili distribuiti nei casi in cui, all’interno di un gruppo societario, società madre e società figlia appartengano a differenti Stati membri dell’Unione Europea.

Come vedremo, effetti della Direttiva sono:

• eliminare le ritenute in uscita sugli utili distribuiti dalla società figlia alla società madre;

• escludere la tassazione nello Stato di residenza della società madre degli utili distribuiti dalla società figlia.

In seguito la Direttiva 2011/96/UE è stata modificata dalla Direttiva 2014/86/UE e dalla Direttiva 2015/121/UE

In base all’art. 1 della Direttiva 2011/96/UE ogni Stato membro applica la direttiva in oggetto:

a) alla distribuzione degli utili percepiti da società di questo Stato membro e provenienti dalle loro filiali di altri Stati membri;

b) alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato membro a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali;

c) alla distribuzione degli utili percepiti da stabili organizzazioni di società di altri Stati membri situate in tale Stato membro e provenienti dalle loro società figlie di uno Stato membro diverso da quello in cui è situata la stabile organizzazione;

d) alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato membro a stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro di società del medesimo Stato membro di cui sono società figlie.

In base alla lettera a) del primo comma dell’art. 2,  ai fini dell’applicazione della Direttiva 2011/96/UE per «società di uno Stato membro» si intende  qualsiasi società:

i) che abbia una delle forme enumerate nell’allegato I, parte A;

ii) che, secondo la legislazione fiscale di uno Stato membro, sia considerata come avente il domicilio fiscale in tale Stato membro e, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione conclusa con uno Stato terzo, non sia considerata come avente tale domicilio fuori dell’Unione;

iii) che, inoltre, sia assoggettata, senza possibilità di opzione e senza esserne esentata, a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, o a qualsiasi altra imposta che venga a sostituire una delle imposte sopraindicate.

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Rispondenza di una “Rete Soggetto Giuridico” ai criteri di cui alla lettera a) del primo comma dell’art. 2,  ai fini dell’applicazione della Direttiva madre-figlia

La lettera l) della parte A dell’allegato I alla Direttiva 2011/96/UE prevede che le società di diritto italiano debbano essere «società per azioni», «società in accomandita per azioni», «società a responsabilità limitata», «società cooperative», «società di mutua assicurazione», nonché gli enti pubblici e privati la cui attività è totalmente o principalmente commerciale.

La  parte B dell’allegato I alla Direttiva 2011/96/UE prevede che le società di diritto italiano sia assoggettate all’imposta sul reddito delle società in Italia.

Come abbiamo visto la Circolare del 18/06/2013 n. 20 

Quindi una rete

risponde ai requisiti richiesti dalla lettera a) del primo comma dell’art. 2,  ai fini dell’applicazione della Direttiva 2011/96/UE (Direttiva Madre Figlia)

Poniamo che uno dei soggetti della Rete sia una società con sede fiscale in uno Stato appartenente alla Unione Europea e che questa risponda alle caratteristiche richieste, per essere considerata società Madre dalla Direttiva 2011/96/UE (Direttiva Madre Figlia) e dalla sua normativa nazionale, avremo una situazione in cui la Rete sarà considerata Società figlia.

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Tassazione dei dividendi erogati da una Rete-Soggetto figlia residente fiscalmente in Italia ad una società madre residente fiscalmente nella UE

In base al comma 3-ter dell’art. art. 27 del DPR n. 600 del 1973, una società figlia residente fiscalmente in Italia deve operare una ritenuta a titolo di imposta e con l’aliquota dell’1,20% sugli utili corrisposti ad una società madre  soggetta ad un’imposta sul reddito delle società in uno Stato membro dell’Unione europea.

L’art. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 dispone che:

Le società (madri) che detengono una partecipazione diretta non inferiore al 20 per cento del capitale della società (figlia) che distribuisce gli utili, hanno diritto, a richiesta, al rimborso della ritenuta di cui al comma 3-ter dell’art. 27 (Ritenuta sui dividendi) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (1,20% sugli utili corrisposti), se:

a) rivestono una delle forme previste  dall’allegato I, parte A, della direttiva 2011/96/UE;

b) risiedono, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell’Unione europea, senza essere considerate, ai sensi di una Convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residenti al di fuori dell’Unione europea;

c) sono soggette, nello Stato di residenza, senza fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, ad una delle a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, della direttiva 2011/96/UE;

d) la partecipazione sia detenuta ininterrottamente per almeno un anno.

A tal fine, ai sensi del comma 2 dell’dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973, deve essere prodotta:

  • una certificazione, rilasciata dalle competenti autorità fiscali dello Stato estero, che attesti che la società (madre) non residente possiede i requisiti indicati alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973;
  • nonché una dichiarazione della società che attesti la sussistenza del requisito indicato alla lettera d) del comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973.

Ove ricorrano le condizioni di cui al comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973, a richiesta della società beneficiaria dei dividendi (società madre) , i soggetti di cui all’art. 23  del DPR  n. 600/1973 possono non applicare la ritenuta di cui al comma 3-ter dell’art. 27 (Ritenuta sui dividendi) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. In questo caso, la documentazione di cui al comma 2 dell’dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973 deve essere acquisita entro la data del pagamento degli utili e conservata, unitamente alla richiesta, fino a quando non siano decorsi i termini per gli accertamenti relativi al periodo di imposta in corso alla data di pagamento dei dividendi e, comunque, fino a quando non siano stati definiti gli accertamenti stessi.

Con il provv. n.84404  del 10.7.2013 l’Agenzia delle Entrate ha approvato i modelli di domanda per il rimborso, l’esonero dall’imposta italiana in forza della direttiva del Consiglio 90/435/CEE del 23 luglio 1990 (direttiva “madre-figlia”).

Quindi, gli utili della Rete Soggetto Figlia  saranno tassati in Italia (gravame fiscale del 24%) e i dividendi  distribuiti  alla Società Madre non saranno  soggetti a ritenuta in Italia e non saranno tassati nello Stato di residenza della Società madre.

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Una “Rete Soggetto Giuridico” non può avvalersi della possibilità di esercitare l’Opzione per il regime di tassazione di trasparenza fiscale in alternativa al regime di tassazione ordinaria.

L’art. 115 del Testo Unico delle imposte sui redditi (TUIR) del 22/12/1986 n. 917, prevede la possibilità di esercitare l’Opzione, in alternativa al regime di tassazione ordinaria, per il regime di tassazione di trasparenza fiscale solo per i soggetti IRES di cui all’art. 73, comma 1, lettera a) del TUIR , mentre, come abbiamo visto, una “Rete Soggetto Giuridico” è, ai sensi dell’articolo 73, comma 2, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir),  ricompresa tra gli enti commerciali o non commerciali, “diversi dalle società“, di cui alle  lettere b) e c) del primo comma del’art. 73,  a seconda che svolga o meno attività commerciale in via principale o esclusiva.

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Direttiva Madre Figlia -Tassazione dei dividendi distribuiti da una Società Figlia residente in Bulgaria ad una Società Madre residente in Italia

Esaminiamo di seguito la tassazione dei dividendi distribuiti da una Società Figlia residente in Bulgaria ad una Società Madre residente in Italia.

Direttiva madre-figlia

Società in Bulgaria e normativa sulle “imprese estere controllate” (Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc)

Tassazione dei dividendi distribuiti da una Società Figlia residente in Bulgaria ad una Società Madre residente in Italia

Tassazione CFC

Direttiva madre-figlia

L’Unione Europea, rispondendo all’esigenza, direttamente connessa al principio fondante dell’Unione Europea di garantire la libera circolazione dei capitali all’interno del mercato comune, di non ostacolare la formazione di gruppi societari transfrontalieri,   ha introdotto, per i gruppi di società di Stati membri diversi, disposizioni fiscali improntate alla massima neutralità fiscale, con l’obiettivo di eliminare la possibilità di doppia imposizione degli utili distribuiti in forma di dividendi dalle società figlie, stabilite in uno Stato membro, alle corrispondenti società madri, stabilite in un altro Stato membro, dovuta al simultaneo intervento di regimi tributari di due Stati differenti.

La   Direttiva 90/435/CEE , nota come direttiva madre-figlia, poi rifusa nella Direttiva 2011/96/UE , disciplina la tassazione degli utili distribuiti nei casi in cui, all’interno di un gruppo societario, società madre e società figlia appartengano a differenti Stati membri dell’Unione Europea.

Come vedremo, effetti della Direttiva sono:

• eliminare le ritenute in uscita sugli utili distribuiti dalla società figlia alla società madre;

• escludere la tassazione nello Stato di residenza della società madre degli utili distribuiti dalla società figlia.

In seguito la Direttiva 2011/96/UE è stata modificata dalla Direttiva 2014/86/UE e dalla Direttiva 2015/121/UE

In base all’art. 1 della Direttiva 2011/96/UE ogni Stato membro applica la direttiva in oggetto:

a) alla distribuzione degli utili percepiti da società di questo Stato membro e provenienti dalle loro filiali di altri Stati membri;

b) alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato membro a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali;

c) alla distribuzione degli utili percepiti da stabili organizzazioni di società di altri Stati membri situate in tale Stato membro e provenienti dalle loro società figlie di uno Stato membro diverso da quello in cui è situata la stabile organizzazione;

d) alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato membro a stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro di società del medesimo Stato membro di cui sono società figlie.

In base alla lettera a) del primo comma dell’art. 2,  ai fini dell’applicazione della Direttiva 2011/96/UE per «società di uno Stato membro» si intende  qualsiasi società:

i) che abbia una delle forme enumerate nell’allegato I, parte A;

ii) che, secondo la legislazione fiscale di uno Stato membro, sia considerata come avente il domicilio fiscale in tale Stato membro e, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione conclusa con uno Stato terzo, non sia considerata come avente tale domicilio fuori dell’Unione;

iii) che, inoltre, sia assoggettata, senza possibilità di opzione e senza esserne esentata, a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, o a qualsiasi altra imposta che venga a sostituire una delle imposte sopraindicate.

Il primo comma dell’art. 3 della Direttiva 2011/96/UE dispone che:

a) la qualità di società madre è riconosciuta:

i) almeno a una società di uno Stato membro che soddisfi le condizioni di cui all’articolo 2 e che detenga una partecipazione minima del 10 % nel capitale di una società di un altro Stato membro che soddisfi le medesime condizioni;

ii) alle stesse condizioni, ad una società di uno Stato membro che detenga nel capitale di una società dello stesso Stato membro una partecipazione minima del 10 %, parzialmente o totalmente attraverso una stabile organizzazione della prima società situata in un altro Stato membro;

b) «società figlia» la società nel cui capitale è detenuta la partecipazione indicata alla lettera a).

Con le dovute particolarità ed eccezioni che in questa sede non esamineremo per semplicità,  la Direttiva 2011/96/UE dispone che, in base:

  • alla lettera a) del primo comma dell’art. 4: quando una società madre riceve utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione della società figlia, lo Stato membro della società madre  si astiene dal sottoporre tali utili a imposizione;
  • all’art. 5: gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre sono esenti dalla ritenuta alla fonte:
  • all’art. 6 : lo Stato membro da cui dipende la società madre non può riscuotere ritenute alla fonte sugli utili che questa società riceve dalla sua società figlia.

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Attuazione in Italia della Direttiva Madre/Figlia

In attuazione della direttiva n 90/435/CEE relativa al regime fiscale applicabile alle società madri e figlie di Stati membri della Comunità economica europea, in Italia, è stato emanato il Decreto legislativo del 06/03/1993 n. 136 che ha introdotto:

  • nel Testo unico delle imposte sui redditi DPR n. 917 del 1986 l’Art. 96-bis (Dividendi distribuiti da società non residenti);
  • nel DPR n 600 del 1973
    • all’art. 27 il quarto comma;
    • l’art. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti).

Successivamente:

Il Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344, a norma dell’articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80 (Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale.)), modificando il Testo Unico delle imposte sui redditi (TUIR) del 22/12/1986 n. 917, ha riformato l’imposizione sul reddito delle società.

L’art. 2 del Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344, ha modificato, nel DPR n 600 del 1973

    • all’art. 27 il quarto comma;
    • l’art. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti).

L’art. 1, comma 67, della legge finanziaria 2008 ha aggiunto all’art. 27 del DPR n. 600 del 1973, il comma 3-ter, che stabilisce che “La ritenuta è operata a titolo di imposta e con l’aliquota dell’1,375 per cento (attualmente  con l’IRES al 24% 1,20%)  sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed ivi residenti, in relazione alle partecipazioni, agli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), del predetto testo unico e ai contratti di associazione in partecipazione di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), del medesimo testo unico, non relativi a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.“.

L’art. 26, comma 1 legge 7 luglio 2016 n. 122 (Legge europea 2015-2016) in attuazione della direttiva 2014/86/UE e della direttiva (UE) 2015/121 concernenti il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi), ha modificato:

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Attualmente

Dividendi ricevuti da una società madre residente fiscalmente in Italia da una società figlia residente fiscalmente nella UE

In base al comma 3-ter (Comma aggiunto, a decorrere dal 23 luglio 2016, dall’art. 26, comma 1 legge 7 luglio 2016 n. 122 (Legge europea 2015-2016) dell’art. 89 (Dividendi ed interessi) del Testo unico delle imposte sui redditi, non concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti in quanto esclusi dalla formazione del reddito della società (madre) ricevente per il 95 per cento del loro ammontare, limitatamente al 95 per cento della quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante, gli utili provenienti da una società (figlia) che

a) risiede ai fini fiscali in uno Stato membro dell’Unione europea, senza essere considerata, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residente al di fuori dell’Unione europea;

b) è soggetta, nello Stato di residenza, senza possibilità di fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, della direttiva 2011/96/UE o a qualsiasi altra imposta che sostituisca una delle imposte indicate.

Ad oggi, quindi, con l’IRES al 24%, il gravame fiscale per una società madre residente fiscalmente in Italia sui dividendi provenienti da una società figlia residente nella UE, che rispetti i requisiti di cui  al comma 3-ter dell’art. 89 (Dividendi ed interessi) del Testo unico delle imposte sui redditi   è del 1,2%.

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Dividendi erogati da una società figlia residente fiscalmente in Italia ad una società madre residente fiscalmente nella UE

Come abbiamo, visto in base al comma 3-ter dell’art. art. 27 del DPR n. 600 del 1973, una società figlia residente fiscalmente in Italia deve operare una ritenuta a titolo di imposta e con l’aliquota dell’1,20% sugli utili corrisposti ad una società madre  soggetta ad un’imposta sul reddito delle società in uno Stato membro dell’Unione europea.

L’art. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 dispone che:

Le società (madri) che detengono una partecipazione diretta non inferiore al 20 per cento del capitale della società (figlia) che distribuisce gli utili, hanno diritto, a richiesta, al rimborso della ritenuta di cui al comma 3-ter dell’art. 27 (Ritenuta sui dividendi) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (1,20% sugli utili corrisposti), se:

a) rivestono una delle forme previste  dall’allegato I, parte A, della direttiva 2011/96/UE;

b) risiedono, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell’Unione europea, senza essere considerate, ai sensi di una Convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residenti al di fuori dell’Unione europea;

c) sono soggette, nello Stato di residenza, senza fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, ad una delle a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, della direttiva 2011/96/UE;

d) la partecipazione sia detenuta ininterrottamente per almeno un anno.

A tal fine, ai sensi del comma 2 dell’dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973, deve essere prodotta:

  • una certificazione, rilasciata dalle competenti autorità fiscali dello Stato estero, che attesti che la società (madre) non residente possiede i requisiti indicati alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973;
  • nonché una dichiarazione della società che attesti la sussistenza del requisito indicato alla lettera d) del comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973.

Ove ricorrano le condizioni di cui al comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973, a richiesta della società beneficiaria dei dividendi (società madre) , i soggetti di cui all’art. 23  del DPR  n. 600/1973 possono non applicare la ritenuta di cui al comma 3-ter dell’art. 27 (Ritenuta sui dividendi) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. In questo caso, la documentazione di cui al comma 2 dell’dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973 deve essere acquisita entro la data del pagamento degli utili e conservata, unitamente alla richiesta, fino a quando non siano decorsi i termini per gli accertamenti relativi al periodo di imposta in corso alla data di pagamento dei dividendi e, comunque, fino a quando non siano stati definiti gli accertamenti stessi.

Con il provv. n.84404  del 10.7.2013 l’Agenzia delle Entrate ha approvato i modelli di domanda per il rimborso, l’esonero dall’imposta italiana in forza della direttiva del Consiglio 90/435/CEE del 23 luglio 1990 (direttiva “madre-figlia”).

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Attuazione in Bulgaria della Direttiva Madre/Figlia

In Bulgaria il regime fiscale delle Società è regolato dalla Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО).

In Bulgaria le Società  sono tassate con l’aliquota unica del 10% (cd. “Flat Tax”).

Il principio di prevalenza dei trattati internazionali ratificati dalla Repubblica di Bulgaria è regolato dalla disposizione dell’art. 13 della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО).

In assenza di un trattato internazionale, la legge riconosce il diritto al credito d’imposta ai soggetti passivi. Ai sensi del §1, articolo 12 del delle “Ulteriori Disposizioni” (Допълнителни разпоредби (ДР))  della  Legge sull’imposta sul reddito delle società “credito d’imposta” è il diritto, alle condizioni determinate da questa legge, di detrarre le imposte estere già pagate sugli utili o sul reddito.

Il diritto al credito d’imposta è concesso nei seguenti casi:

  • Quando si determina l’imposta sulle società o le tasse alternative, il credito d’imposta viene concesso per i pagamenti all’estero simili all’imposta sulle società o all’imposta imposta invece
  • Diritto al credito d’imposta per l’imposta riscossa all’estero sull’ammontare lordo dei proventi da dividendi, interessi, canoni, canoni per servizi tecnici e affitti

Il diritto al credito d’imposta nei casi descritti è determinato separatamente per:

  • Ogni paese; e
  • per ogni tipo di reddito.

Il credito d’imposta è limitato all’imposta bulgara che sarebbe dovuta sui relativi profitti e redditi.

Direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011, sul sistema comune di tassazione delle società madri e figlie di diversi Stati membri (Директива 2011/96/ЕС на Съвета от 30 ноември 2011 година относно общата система за данъчно облагане на дружества майки и дъщерни дружества от различни държави-членки)

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Dividendi ricevuti da una Società madre (дружество майка) residente fiscalmente in Bulgaria da una Società figlia (дъщерно дружество) con sede fiscale nella Unione Europea (Европейски Cъюз) 

Con la LEGGE DI MODIFICA ED INTEGRAZIONE DELLA NORMATIVA CONTABILE (ЗАКОН ЗА ИЗМЕНЕНИЕ И ДОПЪЛНЕНИЕ НА ЗАКОНА ЗА СЧЕТОВОДСТВОТО )pubblicata nella Gazzetta dello Stato (Държавен вестник), numero 69 del 2008, IN VIGORE DAL 01.01.2009 è stata notevolmente semplificata la normativa al riguardo del trattamento fiscale dei dividendi tra società fiscalmente residenti nell’Unione Europea.

Alla  fine del  primo comma dell’art. 27 (Reddito non riconosciuto a fini fiscali) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО)  è stato aggiunto “e da soggetti stranieri residenti fiscalmente in uno Stato membro della Comunità Europea o in altro Stato parte dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo”.

Quindi attualmente, il primo comma dell’art. 27 (Reddito non riconosciuto a fini fiscali) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО)  dispone che non sono riconosciuti a fini fiscali i redditi contabili derivanti da  ricavi derivanti dalla distribuzione di dividendi da parte di persone giuridiche residenti fiscalmente in uno Stato membro dell’Unione Europea o in un altro Stato parte dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo.

Nella Parte Seconda della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО) , è stato abrogato il Capo Diciotto  (artt. da 100 a 111) “Dividendi nella Comunità Europea”.

Quindi, in Bulgaria non ci sono imposte per le società per i proventi derivanti dalla distribuzione di dividendi da parte di Persone giuridiche estere fiscalmente residenti in uno stato membro dell’Unione Europea (Tasse 0%).

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Dividendi erogati da una Società figlia (дъщерно дружество) residente fiscalmente in Bulgaria ad una Società madre (дружество майка) residente fiscalmente nella Unione Europea (Европейски Cъюз) 

Il comma 12 dell’art. 195 (Imposta trattenuta sui redditi dei non residenti) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО) dispone che non si applica alcuna ritenuta sul reddito che rappresenta una distribuzione di utili o una restituzione di capitale ad una persona giuridica straniera di uno Stato membro dell’Unione Europea.
Per “Persona giuridica straniera di uno Stato membro dell’Unione Europea”  si intende qualsiasi persona giuridica straniera per la quale sono soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizioni:

a) la forma giuridica della persona giuridica straniera è conforme all’allegato n. 5 ((h) le società di diritto italiano denominate: “società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata” e le persone giuridiche pubbliche e private esercenti attività industriale e commerciale😉;
b) la persona giuridica estera è residente fiscale di uno Stato membro dell’Unione Europea, secondo la normativa fiscale pertinente e in virtù di un accordo volto ad evitare la doppia imposizione con un Paese terzo non è considerata residente fiscale in un altro paese al di fuori dell’Unione Europea;
c) la persona giuridica straniera è tassata con una delle imposte di cui all’allegato n. 6 ( imposta sul reddito delle persone giuridiche in Italia) , senza diritto all’esenzione fiscale, o con un’imposta identica o simile imposta in aggiunta o al posto di queste imposte.

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Società in Bulgaria e normativa sulle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc)

Occorre prestare  molta attenzione alla normativa sulle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) in quanto il reddito da esse conseguito, a determinate condizioni,  previste dalla  nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir,  deve essere imputato in capo al soggetto controllante residente:

  • in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili;
  • anche in caso di mancata percezione degli stessi, ovvero “per trasparenza” (criterio, tipicamente, utilizzato nei confronti dei soci di società di persone residenti).

Le disposizioni dell’articolo 167 Tuir , in base al primo comma comma dello stesso articolo, si applicano alle persone fisiche e ai soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c), nonché’, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), che controllano soggetti non residenti, come definiti ai commi 2 e 3.

Rientrano nella tassazione CFC le società controllate estere:

  • Residenti in Paesi UE;
  • Residenti in Paesi Extra-UE.

Infatti, l’articolo 167 Tuir, non contiene alcun riferimento ai “regimi fiscali privilegiati“. La disposizione, affinché operino le penalizzazioni fiscali, infatti, si limita a porre due condizioni:

  • bassa fiscalità e
  • incidenza non marginale dei passive income.

Per questo motivo si ritiene che possano rientrare nella disciplina menzionata anche le società UE.

Il secondo comma dell’articolo 167 Tuir stabilisce che si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, da parte di un soggetto di cui al comma 1;

b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili è detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, o tramite società  fiduciaria o interposta persona, da un soggetto di cui al comma 1.

Ricordiamo che l’articolo 2359 del codice civile stabilisce che sono considerate società controllate:

  1. le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
  2. le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
  3. le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

In base al comma 6 nella nuova formulazione dell’articolo 167 Tuirricorrendo le condizioni di applicabilità della disciplina del 167, il reddito realizzato dal soggetto controllato non residente è imputato ai soggetti di cui al comma 1, nel periodo d’imposta di questi ultimi in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto controllato non residente, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili del soggetto controllato non residente da essi detenuta, direttamente o indirettamente.

Dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 si configura un unico regime per le Cfc, indipendentemente dalla loro localizzazione, quando ricorrono congiuntamente due requisiti:

  1. l’impresa estera è assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia;
  2. oltre 1/3 dei proventi realizzati dall’impresa estera rientra nella categoria dei d. “passive income così come è definita in 7 punti contenuti nell’articolo 167, comma 4, Tuir.

Per quanto riguarda il primo requisito (il livello di tassazione dell’impresa estera),  non si fa  riferimento alla tassazione “nominale”, ma a quella “effettiva”.

Il testo della relazione illustrativa al D.Lgs. 142/2018, nel fare riferimento al confronto tra il tax rate estero e quello nazionale, riguardo a quest’ultimo precisa che il calcolo andrà compiuto rideterminando il reddito dell’impresa estera secondo le disposizioni fiscali italiane che sarebbero applicabili al reddito lordo risultante dal bilancio dell’impresa estera, e operando quindi un confrontoche riguarda, sul fronte della tassazione virtuale interna, l’imposta sul reddito delle società (Ires)”.

Quindi per quanto riguarda la verifica della tassazione effettiva questa dovrà essere compiuta avuto riguardo alla sola Ires.

Per verificare il livello di tassazione effettiva, occorreà effettuare un confronto tra il “tax rate effettivo estero” e il “tax rate virtuale domestico”, quest’ultimo calcolato determinando il reddito risultante dal bilancio d’esercizio redatto all’estero sulla base delle disposizioni fiscali italiane.

Il punto a) del quarto comma fa riferimento al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

In data 16/09/2016 il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha emanato il PROVVEDIMENTO N. PROT. 143239 , “Disposizioni in materia di imprese estere controllate. Criteri per determinare con modalità semplificata l’effettivo livello di tassazione di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR

I Criteri di determinazione della tassazione effettiva estera e della tassazione virtuale domestica sono fissati al punto 5 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Nel caso concreto va, quindi, esaminato il livello di tassazione effettiva della controllata in Bulgaria raffrontato, anche alla luce delle  direttive emanate con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entratecon il livello di tassazione IRES (attualmente al 24%)

Ora esaminando in concreto il caso di soggetti con sede in Bulgaria, con una tassazione “bulgara” al 10% e un’IRES al 24%, anche considerando che le specifiche disposizioni fiscali bulgare sono spesso più favorevoli delle italiane,  è altamente improbabile che,  rideterminando il reddito dell’impresa estera secondo le disposizioni fiscali italiane che sarebbero applicabili al reddito lordo risultante dal bilancio dell’impresa bulgara, questa non sia assoggettata ad una tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia.

Quindi, per soggetti con sede in Bulgaria, per il “nuovo” regime per le Cfc, non resta che considerare il secondo requisito (la prevalenza di proventi da “passive income).

L’articolo 167, comma 4, Tuir elenca le categorie che appartengono a tale definizione:

1) interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
2) canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
3) dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
4) redditi da leasing finanziario;
5) redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
6) proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
7) proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110 .

Con riferimento alle prestazioni di servizi di cui al punto 7, in riferimento ai “servizi infragruppo a basso valore aggiunto”, la norma richiama le indicazioni contenute nel  D.M. 14.05.2018, linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento, (vedi art.7 (2)).

In quanto alla disapplicazione del regime Cfc, la norma prevede che questa possa ricorrere laddove il contribuente dimostri – volendo, anche a mezzo interpello preventivo all’Agenzia delle Entrate – che l’impresa controllata estera svolge una “attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali”.

Una considerazione di rilievo da fare è quella al riguardo della “attività economica effettiva”. Nella precedente formulazione del 167 TUIR, il quinto comma,  (“la societa’ o altro ente non residente svolga un’effettiva attività’ industriale o commerciale, come sua principale attività’, nel mercato dello stato o territorio di insediamento“) si faceva riferimento ad una  “attività industriale e commerciale”. Nella nuova formulazione del quinto comma si parla di “attività economica effettiva”, quindi  si dovrà valutare l’adeguatezza della struttura organizzativa dell’impresa estera rispetto all’attività in concreto svolta.

Tassazione dei dividendi distribuiti da una Società Figlia residente in Bulgaria ad una Società Madre residente in Italia

In primis la Società figlia  residente fiscalmente in Bulgaria dichiarerà gli utili conseguiti e subirà su questi un’imposizione fiscale del 10%.

In base al comma 12 dell’art. 195 (Imposta trattenuta sui redditi dei non residenti) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО), la Società figlia  bulgara non applicherà alcuna ritenuta sui dividendi se la Società madre residente fiscalmente in Italia avrà i requisiti richiesti dal comma comma 12 dell’art. 195.

La Società madre residente fiscalmente in Italia,

se

la Società figlia  bulgara, nella quale deve essere detenuta una partecipazione diretta nel capitale non inferiore al 10 per cento, ininterrottamente per almeno un anno,

  • riveste una delle forme previste dall’allegato I, parte A, della direttiva 2011/96/UE(società di diritto bulgaro denominate «събирателно дружество», «командитно дружество», « Società a responsabilità limitata – Дружество с ограничена отговорност (OOD – ООД) o Società unipersonali a responsabilità limitata – Еднолично дружество с ограничена отговорност (EOOD -ЕООД)», «Società per azioni – Акционерно дружество (AD – АД)», «командитно дружество с акции», «неперсонифицирано дружество», «кооперации», «кооперативни съюзи», «държавни предприятия» costituite in conformità della legislazione bulgara e dedite ad attività commerciali;);
  • è soggetta, in Bulgaria, senza possibilità di fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, all’imposta sulle società (aкорпоративен данък) (vedi allegato I, parte B, della direttiva 2011/96/UE).

in base al comma 3-ter dell’art. 89 (Dividendi ed interessi) del Testo unico delle imposte sui redditi, godrà dell’esclusione dal reddito dell’esercizio in cui sono percepiti, per il 95 per cento del loro ammontare,  degli utili ricevuti dalla Società figlia  bulgara, limitatamente al 95 per cento della quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante.

Quindi la Società madre residente fiscalmente in Italia indicherà  nelle variazioni in diminuzione del Quadro RF del Modello Redditi Società di Capitali, nel rigo RF47, colonna 3, il 95 per cento del loro ammontare,  degli utili ricevuti dalla Società figlia  bulgara.

Ad oggi, quindi, con l’IRES al 24%, il gravame fiscale per una società madre residente fiscalmente in Italia sui dividendi provenienti da una società figlia residente in Bulgaria, che rispetti i requisiti di cui  al comma 3-ter dell’art. 89 (Dividendi ed interessi) del Testo unico delle imposte sui redditi   è del 1,2%.

Quindi il gravame fiscale totale per la società madre residente fiscalmente in Italia, tenendo conto delle tasse pagate dalla società figlia bulgara, sarà del 11,2%.

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Tassazione CFC

Se, invece trova applicazione la normativa sulle Controlled Foreign Companies (c.d. Cfc) regolamentata dalla nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir – Disposizioni in materia di imprese estere controllate, i redditi conseguiti dalla società figlia residente fiscalmente in Bulgaria saranno imputati alla società Madre residente fiscalmente in Italiana che esercita il controllo alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione della CFC, in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili diretta o indiretta.

La società Madre italiana dovrà compilare nel Modello Redditi Società di Capitali: il Quadro FC; Quadro RM Sez. I; Variazioni in diminuzione del Quadro RF nel rigo RF48. 

Il  quadro FC si compone di sei sezioni:

    • la sezione I, riservata all’indicazione dei dati identificativi della CFC;
    • la sezione II-A, riservata alla determinazione del reddito della CFC;
    • la sezione II-B, riservata alle perdite d’impresa non compensate dalla CFC;
    • la sezione III, riservata alla imputazione, ai soggetti partecipanti residenti, del reddito e delle imposte su tale reddito assolte all’estero a titolo definitivo dal soggetto controllato non residente;
    • la sezione IV, riservata al prospetto degli interessi passivi non deducibili;
    • la sezione V, riservata alle attestazioni richieste dall’art. 2, comma 2, del D.M. n. 429 del 2001

La  Società madre italiana dovrà riportare la quota di reddito ad esso imputata e quella dell’imposta pagata in Bulgaria dalla società figlia nella  sezione I del Quadro RM del Modello Redditi Società di Capitali.

I predetti redditi sono assoggettati a tassazione separata nel periodo d’imposta in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione della CFC con l’aliquota media applicata sul reddito complessivo netto e comunque non inferiore all’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle società (comma 8 dell’art. 167 del TUIR).

I versamenti delle imposte relative ai redditi del quadro RM devono essere effettuati entro i termini e con le modalità previsti per il versamento delle imposte sui redditi risultanti dalla presente dichiarazione. Per il versamento dell’imposta dovuta a saldo è stato istituito il codice tributo 2114 e per quello relativo al primo
acconto il codice tributo 2115.

Nelle variazioni in diminuzione del Quadro RF nel rigo RF48va indicato l’importo degli utili distribuiti da soggetti controllati non residenti fino a concorrenza dei redditi assoggettati a tassazione separata (quadro RM) ai sensi dell’art. 167, comma 10 , del TUIR (Gli utili distribuiti, in qualsiasi forma, dai soggetti controllati non residenti non concorrono alla formazione del reddito dei soggetti di cui al comma 1 fino a concorrenza dei redditi assoggettati a tassazione ai sensi del comma 8, anche nei periodi d’imposta precedenti.) e dell’art. 3, comma 4, del D.M. n. 429 del 2001, nonché ai sensi dell’art. 3, comma 3, del D.M. n. 268 del 2006.

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Direttiva Madre Figlia -Tassazione dei dividendi distribuiti da una Società Figlia residente in Italia ad una Società Madre residente in Bulgaria

Esaminiamo di seguito la tassazione dei dividendi distribuiti da una Società Figlia residente in Italia ad una Società Madre residente in Bulgaria.

Direttiva madre-figlia

L’Unione Europea, rispondendo all’esigenza, direttamente connessa al principio fondante dell’Unione Europea di garantire la libera circolazione dei capitali all’interno del mercato comune, di non ostacolare la formazione di gruppi societari transfrontalieri,   ha introdotto, per i gruppi di società di Stati membri diversi, disposizioni fiscali improntate alla massima neutralità fiscale, con l’obiettivo di eliminare la possibilità di doppia imposizione degli utili distribuiti in forma di dividendi dalle società figlie, stabilite in uno Stato membro, alle corrispondenti società madri, stabilite in un altro Stato membro, dovuta al simultaneo intervento di regimi tributari di due Stati differenti.

La   Direttiva 90/435/CEE , nota come direttiva madre-figlia, poi rifusa nella Direttiva 2011/96/UE , disciplina la tassazione degli utili distribuiti nei casi in cui, all’interno di un gruppo societario, società madre e società figlia appartengano a differenti Stati membri dell’Unione Europea.

Come vedremo, effetti della Direttiva sono:

• eliminare le ritenute in uscita sugli utili distribuiti dalla società figlia alla società madre;

• escludere la tassazione nello Stato di residenza della società madre degli utili distribuiti dalla società figlia.

In seguito la Direttiva 2011/96/UE è stata modificata dalla Direttiva 2014/86/UE e dalla Direttiva 2015/121/UE

In base all’art. 1 della Direttiva 2011/96/UE ogni Stato membro applica la direttiva in oggetto:

a) alla distribuzione degli utili percepiti da società di questo Stato membro e provenienti dalle loro filiali di altri Stati membri;

b) alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato membro a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali;

c) alla distribuzione degli utili percepiti da stabili organizzazioni di società di altri Stati membri situate in tale Stato membro e provenienti dalle loro società figlie di uno Stato membro diverso da quello in cui è situata la stabile organizzazione;

d) alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato membro a stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro di società del medesimo Stato membro di cui sono società figlie.

In base alla lettera a) del primo comma dell’art. 2,  ai fini dell’applicazione della Direttiva 2011/96/UE per «società di uno Stato membro» si intende  qualsiasi società:

i) che abbia una delle forme enumerate nell’allegato I, parte A;

ii) che, secondo la legislazione fiscale di uno Stato membro, sia considerata come avente il domicilio fiscale in tale Stato membro e, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione conclusa con uno Stato terzo, non sia considerata come avente tale domicilio fuori dell’Unione;

iii) che, inoltre, sia assoggettata, senza possibilità di opzione e senza esserne esentata, a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, o a qualsiasi altra imposta che venga a sostituire una delle imposte sopraindicate.

Il primo comma dell’art. 3 della Direttiva 2011/96/UE dispone che:

a) la qualità di società madre è riconosciuta:

i) almeno a una società di uno Stato membro che soddisfi le condizioni di cui all’articolo 2 e che detenga una partecipazione minima del 10 % nel capitale di una società di un altro Stato membro che soddisfi le medesime condizioni;

ii) alle stesse condizioni, ad una società di uno Stato membro che detenga nel capitale di una società dello stesso Stato membro una partecipazione minima del 10 %, parzialmente o totalmente attraverso una stabile organizzazione della prima società situata in un altro Stato membro;

b) «società figlia» la società nel cui capitale è detenuta la partecipazione indicata alla lettera a).

Con le dovute particolarità ed eccezioni che in questa sede non esamineremo per semplicità,  la Direttiva 2011/96/UE dispone che, in base:

  • alla lettera a) del primo comma dell’art. 4: quando una società madre riceve utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione della società figlia, lo Stato membro della società madre  si astiene dal sottoporre tali utili a imposizione;
  • all’art. 5: gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre sono esenti dalla ritenuta alla fonte:
  • all’art. 6 : lo Stato membro da cui dipende la società madre non può riscuotere ritenute alla fonte sugli utili che questa società riceve dalla sua società figlia.

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Attuazione in Italia della Direttiva Madre/Figlia

In attuazione della direttiva n 90/435/CEE relativa al regime fiscale applicabile alle società madri e figlie di Stati membri della Comunità economica europea, in Italia, è stato emanato il Decreto legislativo del 06/03/1993 n. 136 che ha introdotto:

  • nel Testo unico delle imposte sui redditi DPR n. 917 del 1986 l’Art. 96-bis (Dividendi distribuiti da società non residenti);
  • nel DPR n 600 del 1973
    • all’art. 27 il quarto comma;
    • l’art. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti).

Successivamente:

Il Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344, a norma dell’articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80 (Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale.)), modificando il Testo Unico delle imposte sui redditi (TUIR) del 22/12/1986 n. 917, ha riformato l’imposizione sul reddito delle società.

L’art. 2 del Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344, ha modificato, nel DPR n 600 del 1973

    • all’art. 27 il quarto comma;
    • l’art. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti).

L’art. 1, comma 67, della legge finanziaria 2008 ha aggiunto all’art. 27 del DPR n. 600 del 1973, il comma 3-ter, che stabilisce che “La ritenuta è operata a titolo di imposta e con l’aliquota dell’1,375 per cento (attualmente  con l’IRES al 24% 1,20%)  sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed ivi residenti, in relazione alle partecipazioni, agli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), del predetto testo unico e ai contratti di associazione in partecipazione di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), del medesimo testo unico, non relativi a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.“.

L’art. 26, comma 1 legge 7 luglio 2016 n. 122 (Legge europea 2015-2016) in attuazione della direttiva 2014/86/UE e della direttiva (UE) 2015/121 concernenti il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi), ha modificato:

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Attualmente

Dividendi ricevuti da una società madre residente fiscalmente in Italia da una società figlia residente fiscalmente nella UE

In base al comma 3-ter (Comma aggiunto, a decorrere dal 23 luglio 2016, dall’art. 26, comma 1 legge 7 luglio 2016 n. 122 (Legge europea 2015-2016) dell’art. 89 (Dividendi ed interessi) del Testo unico delle imposte sui redditi, non concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti in quanto esclusi dalla formazione del reddito della società (madre) ricevente per il 95 per cento del loro ammontare, limitatamente al 95 per cento della quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante, gli utili provenienti da una società (figlia) che

a) risiede ai fini fiscali in uno Stato membro dell’Unione europea, senza essere considerata, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residente al di fuori dell’Unione europea;

b) è soggetta, nello Stato di residenza, senza possibilità di fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, della direttiva 2011/96/UE o a qualsiasi altra imposta che sostituisca una delle imposte indicate.

Ad oggi, quindi, con l’IRES al 24%, il gravame fiscale per una società madre residente fiscalmente in Italia sui dividendi provenienti da una società figlia residente nella UE, che rispetti i requisiti di cui  al comma 3-ter dell’art. 89 (Dividendi ed interessi) del Testo unico delle imposte sui redditi   è del 1,2%.

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Dividendi erogati da una società figlia residente fiscalmente in Italia ad una società madre residente fiscalmente nella UE

Come abbiamo, visto in base al comma 3-ter dell’art. art. 27 del DPR n. 600 del 1973, una società figlia residente fiscalmente in Italia deve operare una ritenuta a titolo di imposta e con l’aliquota dell’1,20% sugli utili corrisposti ad una società madre  soggetta ad un’imposta sul reddito delle società in uno Stato membro dell’Unione europea.

L’art. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 dispone che:

Le società (madri) che detengono una partecipazione diretta non inferiore al 20 per cento del capitale della società (figlia) che distribuisce gli utili, hanno diritto, a richiesta, al rimborso della ritenuta di cui al comma 3-ter dell’art. 27 (Ritenuta sui dividendi) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (1,20% sugli utili corrisposti), se:

a) rivestono una delle forme previste  dall’allegato I, parte A, della direttiva 2011/96/UE;

b) risiedono, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell’Unione europea, senza essere considerate, ai sensi di una Convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residenti al di fuori dell’Unione europea;

c) sono soggette, nello Stato di residenza, senza fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, ad una delle a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, della direttiva 2011/96/UE;

d) la partecipazione sia detenuta ininterrottamente per almeno un anno.

A tal fine, ai sensi del comma 2 dell’dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973, deve essere prodotta:

  • una certificazione, rilasciata dalle competenti autorità fiscali dello Stato estero, che attesti che la società (madre) non residente possiede i requisiti indicati alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973;
  • nonché una dichiarazione della società che attesti la sussistenza del requisito indicato alla lettera d) del comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973.

Ove ricorrano le condizioni di cui al comma 1 dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973, a richiesta della società beneficiaria dei dividendi (società madre) , i soggetti di cui all’art. 23  del DPR  n. 600/1973 possono non applicare la ritenuta di cui al comma 3-ter dell’art. 27 (Ritenuta sui dividendi) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. In questo caso, la documentazione di cui al comma 2 dell’dell’art. 27-bis  del DPR  n. 600/1973 deve essere acquisita entro la data del pagamento degli utili e conservata, unitamente alla richiesta, fino a quando non siano decorsi i termini per gli accertamenti relativi al periodo di imposta in corso alla data di pagamento dei dividendi e, comunque, fino a quando non siano stati definiti gli accertamenti stessi.

Con il provv. n.84404  del 10.7.2013 l’Agenzia delle Entrate ha approvato i modelli di domanda per il rimborso, l’esonero dall’imposta italiana in forza della direttiva del Consiglio 90/435/CEE del 23 luglio 1990 (direttiva “madre-figlia”).

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Attuazione in Bulgaria della Direttiva Madre/Figlia

In Bulgaria il regime fiscale delle Società è regolato dalla Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО).

In Bulgaria le Società  sono tassate con l’aliquota unica del 10% (cd. “Flat Tax”).

Il principio di prevalenza dei trattati internazionali ratificati dalla Repubblica di Bulgaria è regolato dalla disposizione dell’art. 13 della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО).

In assenza di un trattato internazionale, la legge riconosce il diritto al credito d’imposta ai soggetti passivi. Ai sensi del §1, articolo 12 del delle “Ulteriori Disposizioni” (Допълнителни разпоредби (ДР))  della  Legge sull’imposta sul reddito delle società “credito d’imposta” è il diritto, alle condizioni determinate da questa legge, di detrarre le imposte estere già pagate sugli utili o sul reddito.

Il diritto al credito d’imposta è concesso nei seguenti casi:

  • Quando si determina l’imposta sulle società o le tasse alternative, il credito d’imposta viene concesso per i pagamenti all’estero simili all’imposta sulle società o all’imposta imposta invece
  • Diritto al credito d’imposta per l’imposta riscossa all’estero sull’ammontare lordo dei proventi da dividendi, interessi, canoni, canoni per servizi tecnici e affitti

Il diritto al credito d’imposta nei casi descritti è determinato separatamente per:

  • Ogni paese; e
  • per ogni tipo di reddito.

Il credito d’imposta è limitato all’imposta bulgara che sarebbe dovuta sui relativi profitti e redditi.

Direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011, sul sistema comune di tassazione delle società madri e figlie di diversi Stati membri (Директива 2011/96/ЕС на Съвета от 30 ноември 2011 година относно общата система за данъчно облагане на дружества майки и дъщерни дружества от различни държави-членки)

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Dividendi ricevuti da una Società madre (дружество майка) residente fiscalmente in Bulgaria da una Società figlia (дъщерно дружество) con sede fiscale nella Unione Europea (Европейски Cъюз) 

Con la LEGGE DI MODIFICA ED INTEGRAZIONE DELLA NORMATIVA CONTABILE (ЗАКОН ЗА ИЗМЕНЕНИЕ И ДОПЪЛНЕНИЕ НА ЗАКОНА ЗА СЧЕТОВОДСТВОТО )pubblicata nella Gazzetta dello Stato (Държавен вестник), numero 69 del 2008, IN VIGORE DAL 01.01.2009 è stata notevolmente semplificata la normativa al riguardo del trattamento fiscale dei dividendi tra società fiscalmente residenti nell’Unione Europea.

Alla  fine del  primo comma dell’art. 27 (Reddito non riconosciuto a fini fiscali) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО)  è stato aggiunto “e da soggetti stranieri residenti fiscalmente in uno Stato membro della Comunità Europea o in altro Stato parte dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo”.

Quindi attualmente, il primo comma dell’art. 27 (Reddito non riconosciuto a fini fiscali) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО)  dispone che non sono riconosciuti a fini fiscali i redditi contabili derivanti da  ricavi derivanti dalla distribuzione di dividendi da parte di persone giuridiche residenti fiscalmente in uno Stato membro dell’Unione Europea o in un altro Stato parte dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo.

Nella Parte Seconda della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО) , è stato abrogato il Capo Diciotto  (artt. da 100 a 111) “Dividendi nella Comunità Europea”.

Quindi, in Bulgaria non ci sono imposte per le società per i proventi derivanti dalla distribuzione di dividendi da parte di Persone giuridiche estere fiscalmente residenti in uno stato membro dell’Unione Europea (Tasse 0%).

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Dividendi erogati da una Società figlia (дъщерно дружество) residente fiscalmente in Bulgaria ad una Società madre (дружество майка) residente fiscalmente nella Unione Europea (Европейски Cъюз) 

Il comma 12 dell’art. 195 (Imposta trattenuta sui redditi dei non residenti) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО) dispone che non si applica alcuna ritenuta sul reddito che rappresenta una distribuzione di utili o una restituzione di capitale ad una persona giuridica straniera di uno Stato membro dell’Unione Europea.
Per “Persona giuridica straniera di uno Stato membro dell’Unione Europea”  si intende qualsiasi persona giuridica straniera per la quale sono soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizioni:

a) la forma giuridica della persona giuridica straniera è conforme all’allegato n. 5 ;
b) la persona giuridica estera è residente fiscale di uno Stato membro dell’Unione Europea, secondo la normativa fiscale pertinente e in virtù di un accordo volto ad evitare la doppia imposizione con un Paese terzo non è considerata residente fiscale in un altro paese al di fuori dell’Unione Europea;
c) la persona giuridica straniera è tassata con una delle imposte di cui all’allegato n. 6 , senza diritto all’esenzione fiscale, o con un’imposta identica o simile imposta in aggiunta o al posto di queste imposte.

Tassazione dei dividendi distribuiti da una Società Figlia residente in Italia ad una Società Madre residente in Bulgaria

In primis la Società figlia  residente fiscalmente in Italia dichiarerà gli utili conseguiti e subirà su questi un’imposizione fiscale del 24%.

In base al comma 3-ter dell’art. art. 27 del DPR n. 600 del 1973, la società figlia residente fiscalmente in Italia deve operare una ritenuta a titolo di imposta e con l’aliquota dell’1,20% sugli utili corrisposti alla Società madre  bulgara.

La Società madre  bulgara, in base allart. 27-bis (Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 potrà chiedere:

se

  • detiene una partecipazione diretta non inferiore al 20 per cento del capitale della società (figlia) italiana;
  • riveste una delle forme previste  dall’allegato I, parte A, della direttiva 2011/96/UE (società di diritto bulgaro denominate «събирателно дружество», «командитно дружество», « Società a responsabilità limitata – Дружество с ограничена отговорност (OOD – ООД) o Società unipersonali a responsabilità limitata – Еднолично дружество с ограничена отговорност (EOOD -ЕООД)», «Società per azioni – Акционерно дружество (AD – АД)», «командитно дружество с акции», «неперсонифицирано дружество», «кооперации», «кооперативни съюзи», «държавни предприятия» costituite in conformità della legislazione bulgara e dedite ad attività commerciali;);
  • è soggetta, in Bulgaria, senza fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, all’imposta sulle società (aкорпоративен данък) (vediallegato I, parte B, della direttiva 2011/96/UE);
  • la partecipazione nella società figlia residente fiscalmente in Italia  è detenuta ininterrottamente per almeno un anno.

La Società madre  bulgara, ai sensi del primo comma dell’art. 27 (Reddito non riconosciuto a fini fiscali) della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО) non subirà nessuna imposizione fiscale in Bulgaria  per i proventi derivanti dalla distribuzione di dividendi da parte di Persone giuridiche estere fiscalmente residenti in uno stato membro dell’Unione Europea (Tasse 0%).

Quindi il gravame fiscale totale per la società madre residente fiscalmente in Bulgaria, tenendo conto delle tasse pagate dalla società figlia italiana, sarà del 24%.

 

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Società in Bulgaria e normativa sulle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc)

Occorre prestare  molta attenzione alla normativa sulle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) in quanto il reddito da esse conseguito, a determinate condizioni,  previste dalla  nuova formulazione dell’articolo 167 Tuir,  deve essere imputato in capo al soggetto controllante residente:

  • in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili;
  • anche in caso di mancata percezione degli stessi, ovvero “per trasparenza” (criterio, tipicamente, utilizzato nei confronti dei soci di società di persone residenti).

Poniamo, nel caso in esame, che il soggetto controllante la Società Madre bulgara sia una persona fisica residente in Italia.

Le disposizioni dell’articolo 167 Tuir , in base al primo comma comma dello stesso articolo, si applicano alle persone fisiche e ai soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c), nonché’, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), che controllano soggetti non residenti, come definiti ai commi 2 e 3.

Rientrano nella tassazione CFC le società controllate estere:

  • Residenti in Paesi UE;
  • Residenti in Paesi Extra-UE.

Infatti, l’articolo 167 Tuir, non contiene alcun riferimento ai “regimi fiscali privilegiati“. La disposizione, affinché operino le penalizzazioni fiscali, infatti, si limita a porre due condizioni:

  • bassa fiscalità e
  • incidenza non marginale dei passive income.

Per questo motivo si ritiene che possano rientrare nella disciplina menzionata anche le società UE.

Il secondo comma dell’articolo 167 Tuir stabilisce che si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, da parte di un soggetto di cui al comma 1;

b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili è detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, o tramite società  fiduciaria o interposta persona, da un soggetto di cui al comma 1.

Ricordiamo che l’articolo 2359 del codice civile stabilisce che sono considerate società controllate:

  1. le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
  2. le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
  3. le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

In base al comma 6 nella nuova formulazione dell’articolo 167 Tuirricorrendo le condizioni di applicabilità della disciplina del 167, il reddito realizzato dal soggetto controllato non residente è imputato ai soggetti di cui al comma 1, nel periodo d’imposta di questi ultimi in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto controllato non residente, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili del soggetto controllato non residente da essi detenuta, direttamente o indirettamente.

Dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 si configura un unico regime per le Cfc, indipendentemente dalla loro localizzazione, quando ricorrono congiuntamente due requisiti:

  1. l’impresa estera è assoggettata a tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia;
  2. oltre 1/3 dei proventi realizzati dall’impresa estera rientra nella categoria dei d. “passive income così come è definita in 7 punti contenuti nell’articolo 167, comma 4, Tuir.

Per quanto riguarda il primo requisito (il livello di tassazione dell’impresa estera),  non si fa  riferimento alla tassazione “nominale”, ma a quella “effettiva”.

Il testo della relazione illustrativa al D.Lgs. 142/2018, nel fare riferimento al confronto tra il tax rate estero e quello nazionale, riguardo a quest’ultimo precisa che il calcolo andrà compiuto rideterminando il reddito dell’impresa estera secondo le disposizioni fiscali italiane che sarebbero applicabili al reddito lordo risultante dal bilancio dell’impresa estera, e operando quindi un confrontoche riguarda, sul fronte della tassazione virtuale interna, l’imposta sul reddito delle società (Ires)”.

Quindi per quanto riguarda la verifica della tassazione effettiva questa dovrà essere compiuta avuto riguardo alla sola Ires.

Per verificare il livello di tassazione effettiva, occorreà effettuare un confronto tra il “tax rate effettivo estero” e il “tax rate virtuale domestico”, quest’ultimo calcolato determinando il reddito risultante dal bilancio d’esercizio redatto all’estero sulla base delle disposizioni fiscali italiane.

Il punto a) del quarto comma fa riferimento al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

In data 16/09/2016 il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha emanato il PROVVEDIMENTO N. PROT. 143239 , “Disposizioni in materia di imprese estere controllate. Criteri per determinare con modalità semplificata l’effettivo livello di tassazione di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR

I Criteri di determinazione della tassazione effettiva estera e della tassazione virtuale domestica sono fissati al punto 5 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Nel caso concreto va, quindi, esaminato il livello di tassazione effettiva della controllata in Bulgaria raffrontato, anche alla luce delle  direttive emanate con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entratecon il livello di tassazione IRES (attualmente al 24%)

Ora esaminando in concreto il caso di soggetti con sede in Bulgaria, con una tassazione “bulgara” al 10% e un’IRES al 24%, anche considerando che le specifiche disposizioni fiscali bulgare sono spesso più favorevoli delle italiane,  è altamente improbabile che,  rideterminando il reddito dell’impresa estera secondo le disposizioni fiscali italiane che sarebbero applicabili al reddito lordo risultante dal bilancio dell’impresa bulgara, questa non sia assoggettata ad una tassazione “effettiva” inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta ove fosse stata residente in Italia.

Quindi, per soggetti con sede in Bulgaria, per il “nuovo” regime per le Cfc, non resta che considerare il secondo requisito (la prevalenza di proventi da “passive income).

L’articolo 167, comma 4, Tuir elenca le categorie che appartengono a tale definizione:

1) interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
2) canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
3) dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
4) redditi da leasing finanziario;
5) redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
6) proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
7) proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110 .

Con riferimento alle prestazioni di servizi di cui al punto 7, in riferimento ai “servizi infragruppo a basso valore aggiunto”, la norma richiama le indicazioni contenute nel  D.M. 14.05.2018, linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento, (vedi art.7 (2)).

In quanto alla disapplicazione del regime Cfc, la norma prevede che questa possa ricorrere laddove il contribuente dimostri – volendo, anche a mezzo interpello preventivo all’Agenzia delle Entrate – che l’impresa controllata estera svolge una “attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali”.

Una considerazione di rilievo da fare è quella al riguardo della “attività economica effettiva”. Nella precedente formulazione del 167 TUIR, il quinto comma,  (“la societa’ o altro ente non residente svolga un’effettiva attività’ industriale o commerciale, come sua principale attività’, nel mercato dello stato o territorio di insediamento“) si faceva riferimento ad una  “attività industriale e commerciale”. Nella nuova formulazione del quinto comma si parla di “attività economica effettiva”, quindi  si dovrà valutare l’adeguatezza della struttura organizzativa dell’impresa estera rispetto all’attività in concreto svolta.