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OCSE – Commentario agli Artt. 23 A e 23 B (Metodi per eliminare le doppie imposizioni) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale

COMMENTO AGLI ARTICOLI 23 A E 23 B RELATIVI AI METODI PER L’ELIMINAZIONE DELLE DOPPIE
TASSAZIONE

I. Osservazioni preliminari
A. La portata degli articoli
1. Questi articoli riguardano la cosiddetta doppia imposizione giuridica, quando lo stesso reddito o patrimonio è assoggettato a tassazione in capo alla stessa persona da più Stati.
(Modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)
2. Questo caso deve essere distinto in particolar modo dalla cosiddetta doppia imposizione economica, vale a dire quando due persone diverse sono tassabili rispetto allo stesso reddito o capitale. Se due Stati desiderano risolvere i problemi di doppia imposizione economica, devono farlo in negoziati bilaterali.
(Modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)
3. La doppia imposizione giuridica internazionale può verificarsi in tre casi:
a) laddove ogni Stato contraente sottopone la stessa persona a tassazione sul suo reddito o capitale mondiale (piena responsabilità concorrente a tassazione, vedere paragrafo 4sotto);
b) quando una persona è residente di uno Stato contraente (R)1 e ricava un reddito da, o possiede capitale in, l’altro Stato contraente (S o E) ed entrambi gli Stati impongono tasse su tale reddito o capitale (vedere paragrafo 5sotto);
c) quando ogni Stato contraente assoggetta la stessa persona, non residente di nessuno dei due Stati contraenti, a imposta sul reddito derivante da uno Stato contraente o sul capitale posseduto in tale Stato; ciò può verificarsi, ad esempio, nel caso in cui una persona non residente abbia una stabile organizzazione in uno Stato contraente (E) attraverso la quale ricava reddito o possiede capitale nell’altro Stato contraente (S) (concorrente limitata responsabilità fiscale, vedere paragrafo 11sotto).
(Modificato il 29 aprile 2000; vedere STORIA)
4. Il conflitto nel caso a) è ridotto a quello del caso b) in virtù dell’articolo 4. Ciò perché tale articolo definisce il termine “residente di uno Stato contraente” con riferimento all’assoggettamento a imposta di una persona ai sensi del diritto interno in ragione del suo domicilio, residenza, sede di direzione o di qualsiasi altro criterio di natura analoga (paragrafo 1 dell’articolo 4) e prevedendo norme speciali per il caso di

1 Nel Commentario agli articoli 23 A e 23 B, la lettera “R” indica lo Stato di residenza ai sensi della Convenzione, “S” lo Stato di origine o di situs e “E” lo Stato in cui è situata una stabile organizzazione.

doppia residenza per determinare quale dei due Stati è lo Stato di residenza
(R) ai sensi della Convenzione (paragrafi 2 e 3 dell’articolo 4).
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
4.1 L’articolo 4, tuttavia, si occupa solo di casi di piena responsabilità concorrente a tassazione. Il conflitto nel caso a) potrebbe quindi non essere risolto se la stessa voce di reddito è soggetta alla piena responsabilità a tassazione di due paesi ma in momenti diversi. Il seguente esempio illustra tale problema. Supponiamo che un residente dello Stato R1 derivi un beneficio imponibile da un’opzione azionaria per i dipendenti che viene concessa a tale persona. Lo Stato R1 tassa tale beneficio quando l’opzione viene concessa. La persona diventa successivamente residente dello Stato R2, che tassa il beneficio al momento del suo successivo esercizio. In tal caso, la persona è tassata da ciascun Stato in un momento in cui è residente di tale Stato e l’articolo 4 non affronta la questione poiché non vi è residenza concorrente nei due Stati.
(Aggiunto il 15 luglio 2005; vedi CRONOLOGIA)
4.2 Il conflitto in tale situazione sarà ridotto a quello del caso b) e risolto di conseguenza nella misura in cui i servizi di lavoro a cui si riferisce l’opzione sono stati resi in uno degli Stati contraenti in modo da essere tassabili da tale Stato ai sensi dell’articolo 15 perché è lo Stato in cui viene esercitata l’occupazione in questione. In effetti, in tal caso, lo Stato in cui i servizi sono stati resi sarà lo Stato della fonte ai fini dell’eliminazione della doppia imposizione da parte dell’altro Stato. Non importa che il primo Stato non imponga l’imposta allo stesso tempo (vedere paragrafo 32.8). Non ha importanza neanche che tale Stato ritenga di riscuotere l’imposta come Stato di residenza anziché come Stato di fonte (vedere l’ultima frase dell’art.paragrafo8).
(Aggiunto il 15 luglio 2005; vedi CRONOLOGIA)
4.3 Tuttavia, laddove i servizi di lavoro pertinenti non siano stati resi in nessuno dei due Stati, il conflitto non sarà di doppia imposizione tra fonte e residenza e, come confermato dalla frase “tranne nella misura in cui queste disposizioni consentono la tassazione da parte di tale altro Stato esclusivamente perché il reddito è anche reddito derivato da un residente di tale Stato” di cui al paragrafo 1 degli articoli 23 A e 23 B, qualsiasi doppia imposizione risultante sarà al di fuori dell’ambito di tali articoli. La procedura di mutuo accordo prevista dal paragrafo 3 dell’articolo 25 potrebbe essere utilizzata per gestire un caso del genere. Una possibile base per risolvere il caso sarebbe che le autorità competenti dei due Stati concordino che ciascuno Stato debba fornire un’agevolazione per quanto riguarda l’imposta basata sulla residenza riscossa dall’altro Stato sulla parte del beneficio che si riferisce ai servizi resi durante il periodo in cui il dipendente era residente di tale altro Stato. Pertanto, nell’esempio di cui sopra, se i servizi pertinenti fossero stati resi in un terzo Stato prima che la persona diventasse residente dello Stato R2, sarebbe logico che l’autorità competente dello Stato R2 accettasse di fornire un’agevolazione (attraverso il metodo del credito o dell’esenzione) per l’imposta statale R1 che è stata riscossa sulla parte del beneficio di lavoro dipendente relativa ai servizi resi nel terzo Stato poiché, al momento in cui tali servizi sono stati resi, il contribuente era residente nello Stato R1 e non nello Stato R2 ai fini della convenzione tra questi due Stati.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
5. Il conflitto nel caso b) può essere risolto mediante l’assegnazione del diritto di imposizione tra gli Stati contraenti. Tale assegnazione può essere effettuata mediante la rinuncia al diritto di imposizione da parte dello Stato della fonte o del sito (S) o della situazione della stabile organizzazione (E), o da parte dello Stato di residenza (R), o mediante una condivisione del diritto di imposizione tra i due Stati. Le disposizioni dei capitoli III e IV della Convenzione, combinate con le disposizioni dell’articolo 23 A o 23 B, regolano tale assegnazione.
(Modificato il 29 aprile 2000; vedere STORIA)
6. Per alcune voci di reddito o capitale, un diritto esclusivo di tassazione è concesso a uno degli Stati contraenti e l’articolo pertinente stabilisce che il reddito o il capitale in questione “sarà imponibile solo” in uno Stato contraente.1 Le parole “sarà imponibile solo” in uno Stato contraente impediscono all’altro Stato contraente di tassare, evitando così la doppia imposizione. Lo Stato a cui è concesso il diritto esclusivo di tassazione è normalmente lo Stato di cui il contribuente è residente ai sensi dell’articolo 4, ovvero lo Stato R, ma nell’articolo 192 il diritto esclusivo può essere concesso all’altro Stato contraente (S) di cui il contribuente non è residente ai sensi dell’articolo 4.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
7. Per altri elementi di reddito o di capitale, l’attribuzione del diritto di imposizione non è esclusiva, e l’articolo pertinente stabilisce poi che il reddito o il capitale in questione “possono essere tassati” nello Stato contraente (S o E) di cui il contribuente non è residente ai sensi dell’articolo 4. In tal caso, lo Stato di residenza (R) deve concedere un’agevolazione per evitare la doppia imposizione. I paragrafi 1 e 2 dell’articolo 23 A e il paragrafo 1 dell’articolo 23 B sono concepiti per concedere l’agevolazione necessaria.
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
8. Gli articoli 23 A e 23 B si applicano alla situazione in cui un residente dello Stato R ricava redditi o possiede capitali nell’altro Stato contraente E o S.

1 Vedere la prima frase del paragrafo 1 dell’articolo 7, il paragrafo 1 dell’articolo 8,
paragrafo 1 dell’articolo 12, paragrafi 3 e 5 dell’articolo 13, prima frase dell’articolo 13,
paragrafo 1 nonché paragrafi 2 e 3 dell’articolo 15, articolo 18, paragrafi 1 e
2 dell’articolo 19, del paragrafo 1 dell’articolo 21 e dei paragrafi 3 e 4 dell’articolo 22.
2 Vedere la lettera a) dei paragrafi 1 e 2 dell’articolo 19.

(non essendo lo Stato di residenza ai sensi della Convenzione) e che tale reddito o capitale, in conformità con la Convenzione, può essere tassato in tale altro Stato E o S. Gli articoli, pertanto, si applicano solo allo Stato di residenza enon prescrivono come l’altro Stato contraente E o S debba procedere.
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
9. Quando un residente dello Stato contraente R ricava un reddito dallo stesso Stato R tramite una stabile organizzazione che ha nell’altro Stato contraente E, lo Stato E può tassare tale reddito (ad eccezione del reddito da beni immobili situati nello Stato R) se è attribuibile a detta stabile organizzazione (paragrafo 1 dell’articolo 7 e paragrafo 2 dell’articolo 21). Anche in questo caso, lo Stato R deve concedere un’agevolazione ai sensi dell’articolo 23 A o dell’articolo 23 B per il reddito attribuibile alla stabile organizzazione situata nello Stato E, nonostante il fatto che il reddito in questione provenga originariamente dallo Stato R (vedere anche paragrafo 5 del Commento all’articolo 21). Tuttavia, qualora gli Stati contraenti convengano di riconoscere allo Stato R un diritto limitato di imposizione fiscale in quanto Stato di provenienza dei dividendi o degli interessi entro i limiti stabiliti nel paragrafo 2 degli articoli 10 e 11, i due Stati dovrebbero anche concordare un credito da riconoscere allo Stato E per l’imposta riscossa dallo Stato R, conformemente al paragrafo 2 dell’articolo 23 A o al paragrafo 1 dell’articolo 23 B.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
9.1 Tuttavia, laddove lo Stato R applichi il metodo dell’esenzione, potrebbe sorgere un problema per quanto riguarda la tassazione dei dividendi e degli interessi nello Stato di residenza come Stato della fonte: la combinazione degli articoli 7 e 23 A impedisce a tale Stato di imporre un’imposta su tale reddito, mentre se fosse versato a un residente dell’altro Stato, lo Stato R, essendo lo Stato della fonte dei dividendi o degli interessi, potrebbe imporre tali dividendi o interessi alle aliquote previste dal paragrafo 2 degli articoli 10 e 11. Gli Stati contraenti che ritengono questa posizione inaccettabile possono includere nelle loro convenzioni una disposizione in base alla quale lo Stato di residenza avrebbe il diritto, in quanto Stato della fonte dei dividendi o degli interessi, di imporre un’imposta su tale reddito alle aliquote previste dal paragrafo 2 degli articoli 10 e 11 nonostante il fatto che applichi il metodo dell’esenzione. Lo Stato in cui è situata la stabile organizzazione riconoscerebbe un credito per tale imposta in linea con le disposizioni del paragrafo 2 dell’articolo 23 A o del paragrafo 1 dell’articolo 23 B; Naturalmente, questo credito non verrebbe concesso nei casi in cui lo Stato in cui è situata la stabile organizzazione non tassa i dividendi o gli interessi attribuiti alla stabile organizzazione, in conformità con la propria legislazione nazionale.
(Aggiunto il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)
10. Qualora un residente dello Stato R ricavi un reddito da uno Stato terzo tramite una stabile organizzazione che ha nello Stato E, tale Stato E può tassare tale reddito.

reddito (ad eccezione del reddito derivante da beni immobili situati nello Stato terzo) se è attribuibile a tale stabile organizzazione (paragrafo 1 dell’articolo 7 e paragrafo 2 dell’articolo 21). Lo Stato R deve concedere un’esenzione ai sensi dell’articolo 23 A o dell’articolo 23 B per quanto riguarda il reddito attribuibile alla stabile organizzazione nello Stato E. La Convenzione non prevede alcuna disposizione che preveda un’esenzione da parte dello Stato contraente E per le imposte riscosse nello Stato terzo in cui il reddito è prodotto; tuttavia, ai sensi del paragrafo 3 dell’articolo 24, qualsiasi esenzione prevista dalle leggi nazionali dello Stato E (convenzioni sulla doppia imposizione escluse) per i residenti dello Stato E deve essere concessa anche a una stabile organizzazione nello Stato E di un’impresa dello Stato R (vedere paragrafi da 67 a 72 del Commentario all’articolo 24).
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
11. Il conflitto nel caso c) di paragrafo 3sopra è al di fuori dell’ambito della Convenzione in quanto, ai sensi dell’articolo 1, si applica solo alle persone residenti in uno o entrambi gli Stati. Può, tuttavia, essere risolto applicando la procedura di mutuo accordo (vedere anche paragrafo 10Sopra).
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
11.1 In alcuni casi, lo stesso reddito o capitale può essere tassato da ogni Stato contraente come reddito o capitale di uno dei suoi residenti. Ciò può accadere quando, ad esempio, uno degli Stati contraenti tassa il reddito mondiale di un’entità che è residente di quello Stato mentre l’altro Stato considera quell’entità fiscalmente trasparente e tassa i membri di quell’entità che sono residenti di quell’altro Stato sulla loro rispettiva quota di reddito. La frase “(tranne nella misura in cui queste disposizioni consentono la tassazione da parte di tale altro Stato esclusivamente perché il reddito è anche reddito derivato da un residente di tale Stato o perché il capitale è anche capitale posseduto da un residente di tale Stato)” chiarisce che in tali casi, entrambi gli Stati non sono reciprocamente obbligati a fornire un’esenzione per l’imposta dell’altro prelevata esclusivamente sulla base della residenza del contribuente e che pertanto ciascuno Stato è obbligato a fornire un’esenzione dalla doppia imposizione solo nella misura in cui la tassazione da parte dell’altro Stato è conforme alle disposizioni della Convenzione che consentono la tassazione del reddito o del capitale in questione come Stato della fonte o come Stato in cui vi è una stabile organizzazione a cui tale reddito o capitale è attribuibile, escludendo così la tassazione che sarebbe esclusivamente il risultato della residenza di una persona in tale altro Stato. Mentre questo risultato deriverebbe logicamente dalla formulazione degli articoli 23 A e 23 B anche in assenza di tale frase, l’aggiunta della frase rimuove qualsiasi dubbio al riguardo.
(Aggiunto il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)
11.2 I principi esposti nel paragrafo precedente sono illustrati dai seguenti esempi:
— Esempio A: Un’entità costituita nello Stato R costituisce un residente dello Stato R ed è pertanto tassata sul suo reddito mondiale in quello Stato.

Lo Stato S considera tale entità come fiscalmente trasparente e tassa i membri dell’entità sulla rispettiva quota di reddito derivante tramite l’entità. Tutti i membri dell’entità sono residenti nello Stato S. Tutto il reddito dell’entità costituisce profitti aziendali attribuibili a una stabile organizzazione situata nello Stato R. In tal caso, nel determinare l’imposta pagabile dall’entità, lo Stato R non sarà obbligato a fornire un’agevolazione ai sensi dell’articolo 23 A o 23 B rispetto al reddito dell’entità, poiché l’unica ragione per cui lo Stato S può tassare tale reddito in conformità alle disposizioni della Convenzione è la residenza dei membri dell’entità. Lo Stato S, d’altro canto, sarà tenuto a fornire un’esenzione ai sensi dell’articolo 23 A o 23 B rispetto all’intero reddito dell’entità, in quanto tale reddito può essere tassato nello Stato R in conformità alle disposizioni dell’articolo 7, indipendentemente dal fatto che lo Stato R ritenga che il reddito sia derivato da un’entità residente nello Stato R. Nel determinare l’importo dell’imposta sul reddito pagata nello Stato R ai fini della concessione di un’esenzione dalla doppia imposizione ai membri dell’entità ai sensi dell’articolo 23 B, lo Stato S dovrà tenere conto dell’imposta pagata dall’entità nello Stato R.
— Esempio B: Stessi fatti dell’esempio A, eccetto che il 30 percento del reddito derivante tramite l’entità è un interesse derivante nello Stato S attribuibile a una stabile organizzazione nello Stato R, mentre il resto del reddito è costituito da utili aziendali attribuibili alla stessa stabile organizzazione. In tal caso, verrà fornita un’esenzione dalla doppia imposizione rispetto agli utili aziendali diversi dagli interessi come descritto nell’esempio A. Nel caso degli interessi, tuttavia, lo Stato R sarà tenuto a fornire un credito all’entità ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 23 A o del paragrafo 1 dell’articolo 23 B per l’importo dell’imposta sugli interessi pagati nello Stato S da tutti i membri dell’entità senza superare il minore tra il 10 percento dell’importo lordo degli interessi (che è l’importo massimo dell’imposta che può essere pagato nello Stato S in conformità al paragrafo 2 dell’articolo 11) o l’imposta pagabile nello Stato R su tali interessi (ultima parte del paragrafo 2 dell’articolo 23 A o del paragrafo 1 dell’articolo 23 B). Lo Stato S, d’altro canto, sarà anche tenuto a fornire un’agevolazione ai sensi dell’articolo 23 A o 23 B ai membri dell’entità che sono residenti nello Stato S perché tale reddito può essere tassato dallo Stato R in conformità con le disposizioni del paragrafo 1 dell’articolo 7. Se lo Stato S applica il metodo di esenzione dell’articolo 23 A, ciò suggerisce che lo Stato S dovrà esentare la quota di interesse attribuibile ai membri che sono residenti nello Stato S (vedere il paragrafo 5 del Commentario all’articolo 21 eparagrafo 9 del Commentario agli articoli 23 A e 23 B). Se lo Stato S applica il metodo del credito dell’articolo 23 B, il credito dovrebbe essere applicabile solo alla parte dell’imposta pagabile nello Stato S che eccede la

importo dell’imposta che lo Stato S avrebbe il diritto di riscuotere ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 11 e che dovrebbe essere concesso un credito per l’importo dell’imposta pagata nello Stato R dopo la deduzione del credito che lo Stato R stesso deve concedere per l’imposta pagabile nello Stato S ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 11.
— Esempio C: Stessi fatti dell’esempio A, eccetto che tutto il reddito dell’entità deriva da beni immobili situati nello Stato S. In tal caso, nel determinare l’imposta dovuta dall’entità, lo Stato R sarà tenuto a fornire un’agevolazione ai sensi dell’articolo 23 A o 23 B rispetto all’intero reddito dell’entità, in quanto tale reddito può essere tassato nello Stato S in conformità alle disposizioni dell’articolo 6, indipendentemente dal fatto che lo Stato S ritenga che il reddito sia derivato dai membri che sono residenti nello Stato S. Lo Stato S, d’altro canto, non è tenuto a fornire un’agevolazione ai sensi dell’articolo 23 A o 23 B, perché l’unica ragione per cui lo Stato R può tassare il reddito in conformità alle disposizioni della Convenzione è la residenza dell’entità (il risultato sarebbe lo stesso anche se il reddito fosse attribuibile a una stabile organizzazione situata nello Stato R: vedere la prima frase diparagrafo 9del Commento agli articoli 23 A e 23 B).
— Esempio D: Stessi fatti dell’esempio A, eccetto che tutto il reddito dell’entità è costituito da interessi derivanti nello Stato S che non sono attribuibili a una stabile organizzazione. In tal caso, nel determinare l’imposta pagabile dall’entità, lo Stato R sarà tenuto a fornire un credito all’entità ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 23 A o del paragrafo 1 dell’articolo 23 B per l’importo dell’imposta sugli interessi pagati nello Stato S da tutti i membri dell’entità senza superare il minore tra il 10 percento dell’importo lordo degli interessi (che è l’importo massimo dell’imposta che può essere pagato nello Stato S in conformità al paragrafo 2 dell’articolo 11) o l’imposta pagabile nello Stato R su tali interessi (ultima parte del paragrafo 2 dell’articolo 23 A o del paragrafo 1 dell’articolo 23 B). Lo Stato S, d’altro canto, non sarà obbligato a fornire agevolazioni ai sensi dell’articolo 23 A o 23 B rispetto al reddito dell’entità poiché tale reddito non deriva dallo Stato R e non è attribuibile a una stabile organizzazione nello Stato R e l’unica ragione per cui lo Stato R può tassare il reddito è perché il reddito è anche un reddito derivante da un residente dello Stato R. Il paragrafo 1 dell’articolo 11 conferma il diritto di tassazione dello Stato R rispetto agli interessi come reddito derivante da un’entità residente dello Stato R.
— Esempio E: Stessi fatti dell’esempio D, eccetto che tutto il reddito dell’entità è costituito da interessi derivanti dallo Stato R. In tal caso, nel determinare l’imposta pagabile dall’entità, lo Stato R non sarà obbligato a fornire agevolazioni ai sensi dell’articolo 23 A o 23 B rispetto al reddito dell’entità, poiché l’unica ragione per cui lo Stato S può tassare tale reddito in conformità alle disposizioni della Convenzione è la residenza dei membri.

dell’entità. Lo Stato S, d’altro canto, sarà tenuto a fornire un credito ai membri ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 23 A o del paragrafo 1 dell’articolo 23 B per l’importo dell’imposta sugli interessi pagati nello Stato R dall’entità senza superare il minore tra il 10 percento dell’importo lordo degli interessi (che è l’importo massimo dell’imposta che può essere pagato nello Stato R in conformità al paragrafo 2 dell’articolo 11) o l’imposta pagabile nello Stato S su tali interessi (ultima parte del paragrafo 2 dell’articolo 23 A o del paragrafo 1 dell’articolo 23 B). Tuttavia, lo Stato S non sarà obbligato a fornire un’agevolazione ai sensi dell’articolo 23 A o 23 B per quanto riguarda l’imposta pagata nello Stato R in eccesso rispetto all’importo massimo dell’imposta che può essere pagata in conformità al paragrafo 2 dell’articolo 11, poiché l’interesse non è attribuibile a una stabile organizzazione nello Stato R e l’unica ragione per cui lo Stato R può imporre tale imposta aggiuntiva è perché il reddito è anche reddito derivante da un residente dello Stato R. Mentre il paragrafo 2 dell’articolo 11 e il paragrafo 3 dell’articolo 1 confermano il diritto dello Stato R di tassare l’interesse come interesse derivante dallo Stato R, lo Stato S ritiene che l’interesse sia di proprietà effettiva di un residente dello Stato S, il che spiega perché non tiene conto dell’imposta riscossa nello Stato R in eccesso del 10 per cento.
— Esempio F: Stessi fatti dell’esempio D, eccetto che tutto il reddito dell’entità è costituito da interessi derivanti da uno Stato terzo. In tal caso, nel determinare l’imposta dovuta dall’entità, lo Stato R non sarà obbligato a fornire un’agevolazione ai sensi dell’articolo 23 A o 23 B relativamente al reddito dell’entità, poiché l’unica ragione per cui lo Stato S può tassare tale reddito in conformità alle disposizioni della Convenzione è la residenza dei membri dell’entità. Lo Stato S non sarà inoltre tenuto a fornire agevolazioni ai sensi dell’articolo 23 A o 23 B in relazione al reddito dell’entità poiché tale reddito non deriva dallo Stato R e non è attribuibile a una stabile organizzazione nello Stato R e l’unica ragione per cui lo Stato R può tassare il reddito è perché il reddito è anche un reddito derivante da un residente dello Stato R. Il paragrafo 1 dell’articolo 21 conferma il diritto dello Stato R di tassare gli interessi come reddito derivante da un’entità residente dello Stato R. Il paragrafo 1 dell’articolo 21 conferma inoltre il diritto di tassazione dello Stato S in relazione agli interessi come reddito derivante dai membri dell’entità che sono residenti nello Stato S.
(Aggiunto il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)

B. Descrizione dei metodi per l’eliminazione della doppia imposizione
12. Nelle convenzioni esistenti, due principi guida sono seguiti per l’eliminazione della doppia imposizione da parte dello Stato di cui il contribuente è residente. Per semplicità, di seguito si fa riferimento solo all’imposta sul reddito; ma i principi si applicano ugualmente all’imposta sul capitale.
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)

1. Il principio di esenzione
13. In base al principio di esenzione, lo Stato di residenza R non tassa il reddito che, secondo la Convenzione, può essere tassato nello Stato E o S (né, naturalmente, il reddito che sarà tassabile solo nello Stato E o S; vedereparagrafo 6Sopra).
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
14. Il principio di esenzione può essere applicato attraverso due metodi principali:
a) il reddito che può essere tassato nello Stato E o S non viene preso in considerazione dallo Stato R ai fini della sua imposta; lo Stato R non ha il diritto di prendere in considerazione il reddito così esentato quando determina l’imposta da imporre sul resto del reddito; questo metodo è chiamato “esenzione totale”;
b) il reddito che può essere tassato nello Stato E o S non è tassato dallo Stato R, ma lo Stato R si riserva il diritto di prendere in considerazione tale reddito quando determina l’imposta da imporre sul resto del reddito; questo metodo è chiamato “esenzione con progressione”.
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)

2. Il principio del credito
15. In base al principio del credito, lo Stato di residenza R calcola la propria imposta sulla base del reddito complessivo del contribuente, compreso il reddito proveniente dall’altro Stato E o S che, secondo la Convenzione, può essere tassato in tale altro Stato (ma non compreso il reddito che sarà tassabile solo nello Stato S; vedereparagrafo 6 sopra). Consente quindi una detrazione dalla propria imposta per l’imposta pagata nell’altro Stato.
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)
16. Il principio del credito può essere applicato attraverso due metodi principali:
a) Lo Stato R consente la detrazione dell’importo totale dell’imposta pagata nell’altro Stato sul reddito che può essere tassato in quello Stato, questo metodo è chiamato “credito pieno”;
b) la detrazione accordata dallo Stato R per l’imposta pagata nell’altro Stato è limitata a quella parte della propria imposta che è appropriata al reddito che può essere tassato nell’altro Stato; questo metodo è chiamato “credito ordinario”.
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)
17. Fondamentalmente, la differenza tra i metodi è che i metodi di esenzione prendono in considerazione il reddito, mentre i metodi di credito prendono in considerazione le imposte.
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)

C. Funzionamento ed effetti dei metodi
18. Un esempio in cifre faciliterà la spiegazione degli effetti dei vari metodi. Supponiamo che il reddito totale sia di 100.000, di cui 80.000 derivano da uno Stato (Stato di residenza R) e 20.000 dall’altro Stato (Stato di fonte S). Supponiamo che nello Stato R l’aliquota d’imposta su un reddito di 100.000 sia del 35 percento e su un reddito di 80.000 sia del 30 percento. Supponiamo inoltre che nello Stato S l’aliquota d’imposta sia del 20 percento — caso (i) — o del 40 percento — caso (ii) — in modo che l’imposta pagabile su 20.000 sia rispettivamente di 4.000 nel caso (i) o di 8.000 nel caso (ii).
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)
19. Se il reddito totale del contribuente di 100.000 proviene dallo Stato R, la sua imposta sarebbe di 35.000. Se avesse un reddito dello stesso importo, ma derivato nel modo sopra esposto, e se non è prevista alcuna agevolazione nelle leggi nazionali dello Stato R e non esiste alcuna convenzione tra lo Stato R e lo Stato S, allora l’importo totale dell’imposta sarebbe, nel caso (i): 35.000 più 4.000 = 39.000, e nel caso (ii): 35.000 più 8.000 = 43.000.
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)

1. Metodi di esenzione
20. Con il metodo dell’esenzione, lo Stato R limita la propria imposizione a quella parte del reddito totale che, in conformità ai vari articoli della Convenzione, ha il diritto di tassare, vale a dire 80.000.

a) Esenzione totale
Lo Stato R impone una tassa su 80.000 all’aliquota d’imposta applicabile a 80.000, ovvero al 30 per cento.

reddito ovunque provenga (100.000), cioè al 35 per cento.

Caso (i) Caso (ii)
Imposta nello Stato R, 35% di 80.000 28.000 28.000
Più tasse nello Stato S 4.000 8.000
Totale tasse 32.000 36.000
Lo Stato R ha concesso un sussidio pari a 7.000 7.000
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)
21. In entrambi i casi, il livello di imposta nello Stato S non influisce sull’importo di imposta rinunciato dallo Stato R. Se l’imposta sul reddito dallo Stato S è inferiore nello Stato S rispetto all’agevolazione da concedere dallo Stato R — casi a (i), a (ii) e b (i) — allora il contribuente se la caverà meglio che se il suo reddito totale derivasse esclusivamente dallo Stato R. Nel caso opposto — caso b (ii) — il contribuente sarà in una situazione peggiore.
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
22. L’esempio mostra anche che l’agevolazione concessa quando lo Stato R applica il metodo dell’esenzione totale può essere superiore all’imposta riscossa nello Stato S, anche se le aliquote dell’imposta nello Stato S sono superiori a quelle dello Stato R. Ciò è dovuto al fatto che con il metodo dell’esenzione totale, non solo l’imposta dello Stato R sul reddito dello Stato S viene ceduta (35 per cento di 20.000 = 7.000; come con l’esenzione con progressione), ma anche l’imposta sul reddito rimanente (80.000) viene ridotta di un importo corrispondente alle differenze di aliquote ai due livelli di reddito nello Stato R (35 meno 30 = 5 per cento applicato a 80.000 = 4.000).
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)

2. Metodi di credito
23. Con il metodo del credito di imposta, lo Stato R conserva il diritto di tassare il reddito complessivo del contribuente, ma consente una detrazione dall’imposta così imposta.

a) Credito completo
Lo Stato R calcola l’imposta sul reddito totale di 100.000 all’aliquota del 35 per cento e consente la detrazione dell’imposta dovuta nello Stato S sul reddito di S.

Caso (i) Caso (ii)
Imposta nello Stato R, 35% di 100.000 35.000 35.000
meno tasse nello Stato S – 4.000 – 8.000
Imposta dovuta 31.000 27.000
Totale tasse 35.000 35.000
Lo Stato R ha concesso un sussidio pari a 4.000 8.000

b) Credito ordinario
Lo Stato R calcola l’imposta sul reddito totale di 100.000 all’aliquota del 35 percento e consente la detrazione dell’imposta dovuta nello Stato S sul reddito da S, ma in nessun caso consente più della quota di imposta nello Stato R attribuibile al reddito da S (detrazione massima). La detrazione massima sarebbe il 35 percento di 20.000 = 7.000.

Caso (i) Caso (ii)
Imposta nello Stato R, 35% di 100.000 35.000 35.000
meno tasse nello Stato S – 4.000
meno imposta massima – 7.000
Imposta dovuta 31.000 28.000
Totale tasse 35.000 36.000
Lo Stato R ha concesso un sussidio pari a 4.000 7.000
(Modificato il 23 luglio 1992; vedere STORIA)
24. Una caratteristica dei metodi di credito rispetto ai metodi di esenzione è che lo Stato R non è mai obbligato a consentire una detrazione superiore all’imposta dovuta nello Stato S.
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)
25. Qualora l’imposta dovuta nello Stato S sia inferiore all’imposta dello Stato R appropriata per il reddito dello Stato S (detrazione massima), il contribuente dovrà sempre pagare lo stesso importo di tasse che avrebbe dovuto pagare se fosse stato tassato solo nello Stato R, vale a dire come se il suo reddito complessivo derivasse esclusivamente dallo Stato R.
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)
26. Lo stesso risultato si ottiene quando l’imposta dovuta nello Stato S è più alta mentre lo Stato R applica il credito completo, almeno finché l’imposta totale dovuta allo Stato R è uguale o superiore all’importo dell’imposta dovuta nello Stato S.
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)
27. Laddove l’imposta dovuta nello Stato S sia più elevata e il credito sia limitato (credito ordinario), il contribuente non otterrà una detrazione per l’intera imposta pagata nello Stato S. In tal caso il risultato sarebbe meno favorevole al contribuente rispetto a se il suo intero reddito fosse stato generato nello Stato R e, in queste circostanze, il metodo del credito ordinario avrebbe lo stesso effetto del metodo dell’esenzione con progressione.

Tabella 23-1 Importo totale dell’imposta nei diversi casi sopra illustrati

A. Tutti i redditi derivanti dallo Stato R Totale imposta = 35.000
B. Reddito derivante da due Stati, vale a dire:
80.000 nello Stato R e 20.000 nello Stato S Imposta totale se l’imposta nello Stato S è
4.000 (caso (i)) 8.000 (caso (ii))
Nessuna convenzione (19)1 39.000 43.000
Esenzione totale (20a) 28.000 32.000
Esenzione con progressione (20b) 32.000 36.000
Punteggio pieno (23a) 35.000 35.000
Credito ordinario (23b) 35.000 36.000
1 I numeri tra parentesi si riferiscono ai paragrafi di questo Commento.

Tabella 23-2 Importo dell’imposta ceduta dallo Stato di residenza

Se la tassa nello Stato S è
4.000 (caso (i)) 8.000 (caso (ii))
Nessuna convenzione 0 0
Esenzione totale (20a)1 11.000 11.000
Esenzione con progressione (20b) 7.000 7.000
Punteggio pieno (23a) 4.000 8.000
Credito ordinario (23b) 4.000 7.000
1 I numeri tra parentesi si riferiscono ai paragrafi di questo Commento.

(Modificato il 23 luglio 1992; vedere STORIA)

D. I metodi proposti negli articoli
28. Nelle convenzioni concluse tra i paesi membri dell’OCSE sono stati seguiti entrambi i principi guida. Alcuni Stati hanno una preferenza per il primo, altri per l’altro. Teoricamente un singolo principio potrebbe essere ritenuto più auspicabile, ma, in base alle preferenze a cui si fa riferimento, ogni Stato è stato lasciato libero di fare la propria scelta.
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)
29. D’altro canto, si è ritenuto importante limitare il numero di metodi basati su ciascun principio guida da impiegare. In vista di questa limitazione, gli Articoli sono stati redatti in modo che i paesi membri siano lasciati liberi di scegliere tra due metodi:

— il metodo dell’esenzione con progressione (articolo 23 A), e
— il metodo ordinario del credito (articolo 23 B).
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)
30. Se due Stati contraenti adottano entrambi lo stesso metodo, sarà sufficiente inserire l’articolo pertinente nella convenzione. D’altro canto, se i due Stati contraenti adottano metodi diversi, entrambi gli articoli possono essere amalgamati in uno, e il nome dello Stato deve essere inserito in ciascuna parte appropriata dell’articolo, secondo il metodo adottato da quello Stato.
(Modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)
31. Gli Stati contraenti possono utilizzare una combinazione dei due metodi. Tale combinazione è effettivamente necessaria per uno Stato contraente R che generalmente adotta il metodo di esenzione nel caso di reddito che ai sensi degli articoli 10 e 11 può essere soggetto a un’imposta limitata nell’altro Stato contraente S. In tal caso, l’articolo 23 A prevede al paragrafo 2 un credito per l’imposta limitata riscossa nell’altro Stato contraente S (aggiustamenti ai paragrafi 1 e 2 dell’articolo 23 A possono, tuttavia, essere richiesti nel caso di distribuzioni da Real Estate Investment Trust (REIT) in cui disposizioni simili a quelle di cui ai paragrafi 67.1 a 67.7 del Commentario all’articolo 10 sono state adottate dagli Stati contraenti). Inoltre, gli Stati che in generale adottano il metodo di esenzione possono desiderare di escludere voci specifiche di reddito dall’esenzione e di applicare a tali voci il metodo del credito. In tal caso, il paragrafo 2 dell’articolo 23 A potrebbe essere modificato per includere queste voci di reddito.
(Modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
31.1 Un esempio in cui il paragrafo 2 potrebbe essere modificato in tal modo è quando uno Stato che adotta generalmente il metodo di esenzione ritiene che tale metodo non debba applicarsi a voci di reddito che beneficiano di un trattamento fiscale preferenziale nell’altro Stato in ragione di una misura fiscale che è stata introdotta in tale Stato dopo la data di firma della Convenzione. Al fine di includere queste voci di reddito, il paragrafo 2 potrebbe essere modificato come segue:
2. Quando un residente di uno Stato contraente ricava un elemento di reddito che
a) possono essere tassati nell’altro Stato contraente conformemente alle disposizioni degli articoli 10 e 11 (salvo nella misura in cui tali disposizioni consentano la tassazione da parte di tale altro Stato unicamente perché il reddito è anche reddito derivato da un residente di tale Stato), o
b) possono essere tassati nell’altro Stato contraente conformemente alle disposizioni della presente Convenzione (salvo nella misura in cui tali disposizioni consentano la tassazione da parte di tale altro Stato unicamente perché l’

reddito è anche il reddito derivante da un residente di tale Stato) ma che beneficia di un trattamento fiscale preferenziale in tale altro Stato in ragione di una misura fiscale
(i) che è stato introdotto nell’altro Stato contraente dopo la data della firma della Convenzione, e
(ii) per i quali tale Stato ha notificato alle autorità competenti dell’altro Stato contraente, prima che l’elemento di reddito sia così derivato e previa consultazione con tale altro Stato, che il presente paragrafo si applica,
il primo Stato menzionato deve consentire come deduzione dall’imposta sul reddito di tale residente un importo pari all’imposta pagata in tale altro Stato. Tale deduzione non deve tuttavia eccedere quella parte dell’imposta, come calcolata prima che la deduzione sia concessa, che è attribuibile a tale voce di reddito derivante da tale altro Stato.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
32. I due articoli sono redatti in modo generale e non forniscono norme dettagliate su come calcolare l’esenzione o il credito, lasciando questo compito alle leggi e alle prassi nazionali applicabili. Gli Stati contraenti che ritengono necessario risolvere un problema nella Convenzione stessa sono lasciati liberi di farlo nei negoziati bilaterali.
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)

E. Conflitti di qualificazione
32.1 Sia l’articolo 23 A che l’articolo 23 B richiedono che l’esenzione sia concessa, tramite il metodo dell’esenzione o del credito, a seconda dei casi, laddove un elemento di reddito o di capitale possa essere tassato dallo Stato di origine in conformità alle disposizioni della Convenzione. Pertanto, lo Stato di residenza ha l’obbligo di applicare il metodo dell’esenzione o del credito in relazione a un elemento di reddito o di capitale laddove la Convenzione autorizzi la tassazione di tale elemento da parte dello Stato di origine.
(Aggiunto il 29 aprile 2000; vedi STORIA)
32.2 L’interpretazione della frase “può essere assoggettato a tassazione nell’altro Stato contraente conformemente alle disposizioni della presente Convenzione”, utilizzata in entrambi gli articoli, è particolarmente importante quando si tratta di casi in cui lo Stato di residenza e lo Stato della fonte classificano lo stesso elemento di reddito o di capitale in modo diverso ai fini delle disposizioni della Convenzione.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
32.3 A tale riguardo, occorre considerare situazioni diverse. Laddove, a causa di differenze nella legislazione nazionale tra lo Stato di origine e lo Stato di residenza, si applichi la prima, relativamente a una determinata voce di reddito o

capitale, disposizioni della Convenzione diverse da quelle che lo Stato di residenza avrebbe applicato allo stesso elemento di reddito o capitale, il reddito è comunque tassato in conformità alle disposizioni della Convenzione, come interpretate e applicate dallo Stato della fonte. In tal caso, pertanto, i due articoli richiedono che l’esenzione dalla doppia imposizione sia concessa dallo Stato di residenza nonostante il conflitto di qualificazione risultante da queste differenze nel diritto interno.
(Aggiunto il 29 aprile 2000; vedi STORIA)
32.4 Questo punto può essere illustrato dal seguente esempio. Un’attività è svolta tramite una stabile organizzazione nello Stato E da una partnership costituita in quello Stato. Un partner, residente nello Stato R, aliena il suo interesse in quella partnership. Lo Stato E tratta la partnership come fiscalmente trasparente mentre lo Stato R la tratta come entità imponibile. Lo Stato E ritiene pertanto che l’alienazione della quota nella partnership sia, ai fini della sua Convenzione con lo Stato R, un’alienazione da parte del socio dei beni sottostanti l’attività svolta dalla partnership, che può essere tassata da tale Stato in conformità al paragrafo 1 o 2 dell’articolo 13. Lo Stato R, poiché tratta la partnership come un’entità imponibile, ritiene che l’alienazione della quota nella partnership sia simile all’alienazione di una quota in una società, che non potrebbe essere tassata dallo Stato E in ragione del paragrafo 5 dell’articolo 13. In tal caso, il conflitto di qualificazione deriva esclusivamente dal diverso trattamento delle partnership nelle leggi nazionali dei due Stati e lo Stato E deve essere considerato dallo Stato R come avente tassato il guadagno derivante dall’alienazione “in conformità alle disposizioni della Convenzione” ai fini dell’applicazione dell’articolo 23 A o dell’articolo 23 B. Lo Stato R deve pertanto concedere un’esenzione ai sensi dell’articolo 23 A o concedere un credito ai sensi dell’articolo 23 B indipendentemente dal fatto che, ai sensi della sua stessa legge nazionale, tratta l’utile derivante dall’alienazione come reddito derivante dalla cessione di azioni in un’entità societaria e che, se la qualificazione del reddito da parte dello Stato E fosse coerente con quella dello Stato R, lo Stato R non dovrebbe concedere agevolazioni ai sensi dell’articolo 23 A o dell’articolo 23 B. In tal caso non si verificherà pertanto alcuna doppia imposizione.
(Modificato il 28 gennaio 2003; vedere STORIA)
32.5 L’articolo 23 A e l’articolo 23 B, tuttavia, non richiedono che lo Stato di residenza elimini la doppia imposizione in tutti i casi in cui lo Stato della fonte ha imposto la propria imposta applicando a una voce di reddito una disposizione della Convenzione diversa da quella che lo Stato di residenza ritiene applicabile. Ad esempio, nell’esempio di cui sopra, se, ai fini dell’applicazione del paragrafo 2 dell’articolo 13, lo Stato E ritiene che la partnership abbia svolto attività tramite una sede fissa di attività, ma lo Stato R ritiene che il paragrafo 5 si applichi perché la partnership non aveva una sede fissa di attività nello Stato E, vi è in realtà una controversia sul fatto che lo Stato E abbia tassato

il reddito in conformità alle disposizioni della Convenzione. Lo stesso può essere detto se lo Stato E, quando applica il paragrafo 2 dell’articolo 13, interpreta la frase “che fa parte del patrimonio aziendale” in modo da includere determinati beni che non rientrerebbero nel significato di tale frase secondo l’interpretazione data dallo Stato R. Tali conflitti derivanti da una diversa interpretazione dei fatti o da una diversa interpretazione delle disposizioni della Convenzione devono essere distinti dai conflitti di qualificazione descritti nel paragrafo precedente in cui la divergenza non si basa su diverse interpretazioni delle disposizioni della Convenzione, ma su diverse disposizioni del diritto interno. Nel primo caso, lo Stato R può sostenere che lo Stato E non ha imposto la propria imposta in conformità alle disposizioni della Convenzione se ha applicato la propria imposta sulla base di ciò che lo Stato R considera un’interpretazione errata dei fatti o un’interpretazione errata della Convenzione. Gli Stati dovrebbero utilizzare le disposizioni dell’articolo 25 (Procedura amichevole), e in particolare il paragrafo 3 dello stesso, al fine di risolvere questo tipo di conflitto nei casi che altrimenti si tradurrebbero in una doppia imposizione non alleviata.
(Modificato il 28 gennaio 2003; vedere STORIA)
32.6 La frase “in conformità alle disposizioni della presente Convenzione, può essere tassato” deve essere interpretata anche in relazione ai possibili casi di doppia non imposizione che possono sorgere ai sensi dell’articolo 23 A. Quando lo Stato della fonte ritiene che le disposizioni della Convenzione gli impediscano di tassare un elemento di reddito o di capitale che altrimenti avrebbe avuto il diritto di tassare, lo Stato di residenza dovrebbe, ai fini dell’applicazione del paragrafo 1 dell’articolo 23 A, considerare che l’elemento di reddito non può essere tassato dallo Stato della fonte in conformità alle disposizioni della Convenzione, anche se lo Stato di residenza avrebbe applicato la Convenzione in modo diverso in modo da avere il diritto di tassare tale reddito se si fosse trovato nella posizione dello Stato della fonte. Pertanto, lo Stato di residenza non è tenuto dal paragrafo 1 a esentare l’elemento di reddito, un risultato che è coerente con la funzione fondamentale dell’articolo 23 che è quella di eliminare la doppia imposizione.
(Modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
32.7 Questa situazione può essere illustrata con riferimento a una variante dell’esempio descritto sopra. Un’attività è svolta tramite una sede fissa di attività nello Stato E da una partnership costituita in quello Stato e un socio, residente nello Stato R, aliena il suo interesse in quella partnership. Cambiando i fatti dell’esempio, tuttavia, ora si presume che lo Stato E tratti la partnership come un’entità imponibile mentre lo Stato R la tratta come fiscalmente trasparente; si presume inoltre che lo Stato R sia uno Stato che applica il metodo di esenzione. Lo Stato E, poiché tratta la partnership come un’entità aziendale, ritiene che l’alienazione dell’interesse nella partnership sia simile all’alienazione di una quota in una società, che non può tassare in base al paragrafo 5 di

Articolo 13. Lo Stato R, d’altro canto, ritiene che l’alienazione della quota nella partnership avrebbe dovuto essere tassabile dallo Stato E come un’alienazione da parte del socio dei beni sottostanti l’attività svolta dalla partnership a cui sarebbe stato applicabile il paragrafo 1 o 2 dell’articolo 13. Nel determinare se ha l’obbligo di esentare il reddito ai sensi del paragrafo 1 dell’articolo 23 A, lo Stato R dovrebbe comunque considerare che, dato il modo in cui le disposizioni della Convenzione si applicano congiuntamente al diritto interno dello Stato E, tale Stato non può tassare il reddito in conformità con le disposizioni della Convenzione. Lo Stato R non ha quindi alcun obbligo di esentare il reddito.
(Modificato il 28 gennaio 2003; vedere STORIA)

F. Discordanza temporale
32.8 Le disposizioni della Convenzione che consentono allo Stato di origine di tassare particolari voci di reddito o capitale non prevedono alcuna restrizione in merito al momento in cui tale imposta deve essere riscossa (vedere, ad esempio, il paragrafo 2.2 del Commentario all’Articolo 15). Poiché sia l’Articolo 23 A che l’Articolo 23 B richiedono che venga concessa un’esenzione quando una voce di reddito o capitale può essere tassata dallo Stato di origine in conformità alle disposizioni della Convenzione, ne consegue che tale esenzione deve essere fornita indipendentemente dal momento in cui l’imposta è riscossa dallo Stato di origine. Lo Stato di residenza deve pertanto fornire un’esenzione dalla doppia imposizione tramite il metodo del credito o dell’esenzione rispetto a tale voce di reddito o capitale anche se lo Stato di origine lo tassa in un anno precedente o successivo. Alcuni Stati, tuttavia, non seguono la formulazione dell’Articolo 23 A o 23 B nelle loro convenzioni bilaterali e collegano l’esenzione dalla doppia imposizione che concedono in base alle convenzioni fiscali a quanto previsto dalle loro leggi nazionali. Tuttavia, ci si aspetterebbe che questi paesi cercassero altre soluzioni (ad esempio, la procedura di mutuo accordo) per eliminare la doppia imposizione che potrebbe altrimenti verificarsi nei casi in cui lo Stato della fonte riscuote l’imposta in un anno fiscale diverso.
(Aggiunto il 15 luglio 2005; vedi CRONOLOGIA)

 

II. Commento alle disposizioni dell’articolo 23 A (metodo di esenzione)
Paragrafo 1

A. L’obbligo dello Stato di residenza di concedere l’esenzione
33. Nell’articolo è stabilito che lo Stato di residenza R esenta da imposta il reddito e il patrimonio che, in conformità alla Convenzione, “possono essere tassati” nell’altro Stato E o S.
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)
34. Lo Stato di residenza deve pertanto esentare i redditi e il capitale chepuò essere tassato dall’altro Stato in conformità alla Convenzione, indipendentemente dal fatto che il diritto di tassazione sia effettivamente esercitato da tale altro Stato. Questo metodo è considerato il più pratico poiché esonera lo Stato di residenza dall’intraprendere indagini sulla posizione fiscale effettiva nell’altro Stato.
(Modificato il 29 aprile 2000; vedere STORIA)
34.1 L’obbligo imposto allo Stato di residenza di esentare una determinata voce di reddito o di capitale dipende dal fatto che tale voce possa essere assoggettata a tassazione da parte dello Stato di origine in conformità alla Convenzione. Paragrafi 32.1A32.7sopra si discute su come questa condizione debba essere interpretata. Laddove la condizione sia soddisfatta, tuttavia, l’obbligo può essere considerato assoluto, fatte salve le eccezioni dei paragrafi 2 e 4 dell’articolo 23 A. Il paragrafo 2 affronta il caso, già menzionato inparagrafo 31 sopra, di voci di reddito che possono essere soggette solo a una tassazione limitata nello Stato di origine. Per tali voci di reddito, il paragrafo prevede il metodo del credito (vedereparagrafo 47di seguito). Il paragrafo 4 affronta il caso di determinati conflitti di qualificazione che darebbero luogo a una doppia non imposizione come conseguenza dell’applicazione della Convenzione se lo Stato di residenza fosse obbligato a concedere l’esenzione (vedereparagrafi 56.1A56.3sotto).
(Aggiunto il 29 aprile 2000; vedi STORIA)
35. Occasionalmente, gli Stati contraenti possono ritenere ragionevole in determinate circostanze, al fine di evitare la doppia non imposizione, fare un’eccezione all’obbligo assoluto dello Stato di residenza di concedere l’esenzione nei casi in cui non si applicherebbero né il paragrafo 3 né il paragrafo 4. Tale può essere il caso in cui non è prevista alcuna imposta su voci specifiche di reddito o capitale ai sensi delle leggi nazionali dello Stato di origine, o l’imposta non è effettivamente riscossa a causa di circostanze speciali quali la compensazione di perdite, un errore o la scadenza del termine legale. Per evitare tale doppia non imposizione di voci specifiche di reddito, gli Stati contraenti possono concordare di modificare l’articolo pertinente stesso (vedere il paragrafo 9 del Commentario all’articolo 15 e il paragrafo 12 della

Commento all’articolo 17; per il caso inverso in cui l’agevolazione nello Stato di origine è soggetta a tassazione effettiva nello Stato di residenza, vedere il paragrafo 20 del Commento all’articolo 10, il paragrafo 10 del Commento all’articolo 11, il paragrafo 6 del Commento all’articolo 12, il paragrafo 21 del Commento all’articolo 13 e il paragrafo 3 del Commento all’articolo 21). Si potrebbe anche fare un’eccezione alla regola generale, al fine di ottenere una certa reciprocità, quando uno degli Stati adotta il metodo dell’esenzione e l’altro il metodo del credito. Infine, un’altra eccezione alla regola generale può essere fatta quando uno Stato desidera applicare a voci specifiche di reddito il metodo del credito anziché l’esenzione (vedereparagrafo 31Sopra).
(Modificato il 29 aprile 2000; vedere STORIA)
36. Va inoltre notato che, come spiegato inparagrafi 11.1E11.2sopra, l’articolo 23 A non obbliga uno Stato contraente ad esentare il reddito o il capitale quando l’unica ragione per cui l’altro Stato contraente può tassare tale reddito o capitale conformemente alle disposizioni della Convenzione è perché tale altro Stato attribuisce tale reddito o capitale a un residente di tale altro Stato.
(Aggiunto il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)

B. Formulazione alternativa dell’articolo
37. Un effetto del metodo di esenzione così come è redatto nell’articolo è che il reddito imponibile o il capitale nello Stato di residenza viene ridotto dell’importo esentato in quello Stato. Se in uno Stato particolare l’importo del reddito determinato ai fini dell’imposta sul reddito viene utilizzato come misura per altri scopi, ad esempio i benefici sociali, l’applicazione del metodo di esenzione nella forma proposta può avere l’effetto che tali benefici possano essere concessi a persone che non dovrebbero riceverli. Per evitare tali conseguenze, l’articolo può essere modificato in modo che il reddito in questione sia incluso nel reddito imponibile nello Stato di residenza. Lo Stato di residenza deve, in tali casi, rinunciare a quella parte dell’imposta totale appropriata al reddito in questione. Questa procedura darebbe lo stesso risultato dell’articolo nella forma proposta. Gli Stati possono essere lasciati liberi di apportare tali modifiche nella stesura dell’articolo. Se uno Stato desidera redigere l’articolo come indicato sopra, il paragrafo 1 può essere redatto come segue:
Quando un residente di uno Stato contraente ricava redditi o possiede un patrimonio che, conformemente alle disposizioni della presente Convenzione, sono imponibili o possono essere assoggettati a imposta soltanto nell’altro Stato contraente, il primo Stato, fatte salve le disposizioni del paragrafo 2, ammette in deduzione dall’imposta sul reddito o dall’imposta sul patrimonio la quota dell’imposta sul reddito o dell’imposta sul patrimonio, rispettivamente, applicabile, a seconda dei casi, ai redditi ricavati o al patrimonio posseduto in detto altro Stato.

Se l’articolo fosse redatto in tal modo, il paragrafo 3 non sarebbe necessario e potrebbe essere omesso.
(Modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)

C. Problemi vari
38. L’articolo 23 A contiene il principio secondo cui lo Stato di residenza deve concedere l’esenzione, ma non fornisce norme dettagliate su come l’esenzione deve essere implementata. Ciò è coerente con il modello generale della Convenzione. Anche gli articoli da 6 a 22 stabiliscono norme che attribuiscono il diritto di tassazione in relazione ai vari tipi di reddito o capitale senza occuparsi, di norma, della determinazione del reddito o del capitale imponibile, delle detrazioni, dell’aliquota d’imposta, ecc. (vedere, tuttavia, l’articolo 24). L’esperienza ha dimostrato che possono sorgere molti problemi. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda l’articolo 23 A. Alcuni di essi sono trattati nei paragrafi seguenti. In assenza di una disposizione specifica nella Convenzione, sono applicabili le leggi nazionali di ciascun Stato contraente. Alcune convenzioni contengono un riferimento espresso alle leggi nazionali, ma ovviamente ciò non aiuterebbe laddove il metodo dell’esenzione non è utilizzato nelle leggi nazionali. In tali casi, gli Stati contraenti che si trovano ad affrontare tale problema dovrebbero stabilire norme per l’applicazione dell’articolo 23 A, se necessario, dopo aver consultato l’autorità competente dell’altro Stato contraente (paragrafo 3 dell’articolo 25).
(Modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)

1. Importo da esentare
39. L’importo del reddito da esentare da imposta da parte dello Stato di residenza è l’importo che, se non fosse per la Convenzione, sarebbe soggetto a imposta sul reddito nazionale secondo le leggi nazionali che disciplinano tale imposta. Può, pertanto, differire dall’importo del reddito soggetto a imposta da parte dello Stato di origine secondo le sue leggi nazionali.
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
40. Normalmente, la base per il calcolo dell’imposta sul reddito è il reddito netto totale, ovvero il reddito lordo meno le detrazioni ammissibili. Pertanto, è il reddito lordo derivante dallo Stato di origine meno eventuali detrazioni ammissibili (specificate o proporzionali) connesse a tale reddito che deve essere esentato.
(Sostituito l’11 luglio 1977; vedi STORIA)
41. I problemi derivano dal fatto che la maggior parte dei paesi prevede nelle rispettive leggi fiscali deduzioni aggiuntive dal reddito totale o

voci specifiche di reddito per arrivare al reddito soggetto a tassazione. Un esempio numerico può illustrare il problema:
a) Reddito nazionale (lordo meno spese ammissibili) 100
b) Reddito dall’altro Stato (lordo meno spese ammissibili) 100
c) Reddito totale 200

d) Deduzioni per altre spese previste dalle leggi dello Stato di residenza che non sono collegate a nessuno dei redditi di cui ai punti a o b, come premi assicurativi, contributi ad istituti di previdenza

-20

e) “Reddito netto 180
f) Assegni personali e familiari 30
g) Reddito soggetto a tassazione 150

La domanda è: quale importo dovrebbe essere esentato dalle tasse, ad esempio
— 100 (riga b), lasciando un importo imponibile di 50;
— 90 (metà della riga e, secondo il rapporto tra la riga b e la riga c), lasciando 60 (la riga f essendo interamente dedotta dal reddito domestico);
— 75 (metà della linea g, secondo il rapporto tra la linea b e la linea c), lasciando 75;
— o qualsiasi altro importo.
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
42. Un confronto tra le leggi e le pratiche dei paesi membri dell’OCSE mostra che l’importo da esentare varia notevolmente da paese a paese. La soluzione adottata da uno Stato dipenderà dalla politica seguita da quello Stato e dalla sua struttura fiscale. Può essere intenzione di uno Stato che i suoi residenti godano sempre del pieno beneficio delle loro indennità personali e familiari e di altre detrazioni. In altri Stati questi importi esenti da imposte sono ripartiti. In molti Stati le indennità personali o familiari fanno parte della scala progressiva, sono concesse come detrazione dalle imposte o sono addirittura sconosciute, lo stato di famiglia viene preso in considerazione da scale fiscali separate.
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
43. In considerazione dell’ampia varietà di politiche e tecniche fiscali nei diversi Stati per quanto riguarda la determinazione delle imposte, in particolare deduzioni, detrazioni e benefici simili, è preferibile non proporre una soluzione espressa e uniforme nella Convenzione, ma lasciare ogni Stato libero di applicare la propria legislazione e tecnica. Gli Stati contraenti che preferiscono che i problemi speciali siano risolti nella loro Convenzione sono, naturalmente, liberi di farlo nei negoziati bilaterali. Infine, si richiama l’attenzione sul fatto che il problema è importante anche per gli Stati che applicano il metodo del credito (vedereparagrafo 62sotto).
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)

2. Trattamento delle perdite
44. Diversi Stati, nell’applicare l’articolo 23 A, trattano le perdite subite nell’altro Stato allo stesso modo in cui trattano il reddito derivante da tale Stato: in quanto Stato di residenza (Stato R), non consentono la deduzione di una perdita subita da beni immobili o da una stabile organizzazione situata nell’altro Stato (E o S). A condizione che quest’altro Stato consenta il riporto di tale perdita, il contribuente non sarà svantaggiato in quanto gli viene semplicemente impedito di richiedere una doppia deduzione della stessa perdita, vale a dire nello Stato E (o S) e nello Stato R. Altri Stati possono, in quanto Stato di residenza R, consentire una perdita subita nello Stato E (o S) come deduzione dal reddito che valutano. In tal caso, lo Stato R dovrebbe essere libero di limitare l’esenzione ai sensi del paragrafo 1 dell’articolo 23 A per profitti o redditi realizzati successivamente nell’altro Stato E (o S) deducendo da tali profitti o redditi successivi l’importo delle perdite precedenti che il contribuente può riportare nello Stato E (o S). Poiché la soluzione dipende principalmente dalle leggi interne degli Stati contraenti e poiché le leggi dei paesi membri dell’OCSE differiscono sostanzialmente tra loro, nessuna soluzione può essere proposta nell’articolo stesso, lasciando agli Stati contraenti, se lo ritengono necessario, il compito di chiarire la questione sopra menzionata e altri problemi connessi alle perdite (vedereparagrafo 62di seguito per il metodo del credito) bilateralmente, sia nell’articolo stesso, sia mediante una procedura amichevole (paragrafo 3 dell’articolo 25).
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)

3. Tassazione del resto del reddito
45. Oltre all’applicazione delle aliquote progressive di cui si occupa ora il paragrafo 3 dell’articolo (cfr.paragrafi 55E56di seguito), alcuni problemi possono sorgere da specifiche disposizioni delle leggi fiscali. Pertanto, ad esempio, alcune leggi fiscali prevedono che la tassazione inizi solo se viene raggiunto o superato un importo minimo di reddito imponibile (soglia di esenzione fiscale). Il reddito totale prima dell’applicazione della Convenzione può chiaramente superare tale soglia di esenzione fiscale, ma in virtù dell’esenzione risultante dall’applicazione della Convenzione che porta a una deduzione del reddito esente da imposte dal reddito imponibile totale, il reddito imponibile rimanente può essere ridotto a un importo inferiore a tale soglia. Per i motivi menzionati inparagrafo 43sopra, non può essere proposta alcuna soluzione uniforme. Si può notare, tuttavia, che il problema non si porrà, se la formulazione alternativa del paragrafo 1 dell’articolo 23 A (come stabilito inparagrafo 37sopra) è adottato.
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
46. Alcuni Stati hanno introdotto sistemi speciali per l’imposizione fiscale sul reddito delle società (vedere paragrafi da 40 a 67 del Commentario all’articolo 10). Negli Stati

applicando un’imposta sulle società a tasso diviso (paragrafo 43 del suddetto Commentario), potrebbe sorgere il problema se il reddito da esentare debba essere dedotto dal reddito non distribuito (a cui si applica l’aliquota normale di imposta) o dal reddito distribuito (a cui si applica l’aliquota ridotta) o se il reddito da esentare debba essere attribuito in parte al reddito distribuito e in parte a quello non distribuito. Laddove, ai sensi delle leggi di uno Stato che applica l’imposta sulle società a tasso diviso, venga riscossa un’imposta supplementare nelle mani di una società madre sui dividendi che ha ricevuto da una società controllata nazionale ma che non ridistribuisce (sulla base del fatto che tale imposta supplementare è una compensazione per il beneficio di un’aliquota fiscale inferiore concessa alla controllata sulle distribuzioni), sorge il problema se tale imposta supplementare possa essere addebitata laddove la controllata paga i suoi dividendi da un reddito esente da imposta in virtù della Convenzione. Infine, un problema simile può sorgere in relazione alle imposte (précompte, Advance Corporation Tax) che vengono riscosse sugli utili distribuiti da una società per coprire il credito d’imposta attribuibile agli azionisti (vedere paragrafo 47 del Commentario all’articolo 10). La questione è se tali imposte speciali connesse alla distribuzione degli utili potrebbero essere riscosse nella misura in cui le distribuzioni sono effettuate su utili esenti da imposta. Spetta agli Stati contraenti risolvere tali questioni mediante negoziati bilaterali.
(Modificato il 23 luglio 1992; vedere STORIA)

Paragrafo 2
47. Negli articoli 10 e 11 il diritto di tassare dividendi e interessi è diviso tra lo Stato di residenza e lo Stato della fonte. In questi casi, lo Stato di residenza è lasciato libero di non tassare se lo desidera (vedere ad esempioparagrafi 72A78 di seguito) e di applicare il metodo dell’esenzione anche alle voci di reddito sopra menzionate. Tuttavia, laddove lo Stato di residenza preferisca avvalersi del suo diritto di tassare tali voci di reddito, non può applicare il metodo dell’esenzione per eliminare la doppia imposizione poiché rinuncerebbe in tal modo interamente al suo diritto di tassare il reddito in questione. Per lo Stato di residenza, l’applicazione del metodo del credito sembrerebbe normalmente fornire una soluzione soddisfacente. Inoltre, come già indicato inparagrafo 31sopra, gli Stati che in generale applicano il metodo dell’esenzione potrebbero voler applicare a voci specifiche di reddito il metodo del credito piuttosto che l’esenzione. Di conseguenza, il paragrafo è redatto in conformità con il metodo del credito ordinario. Il Commentario all’articolo 23 B di seguito si applica mutatis mutandis al paragrafo 2 dell’articolo 23 A.
(Modificato il 23 luglio 1992; vedere STORIA)
48. Nei casi di cui al comma precedente sono previste percentuali massime di imposta riservate allo Stato di provenienza. In tali casi

casi, l’aliquota d’imposta nello Stato di residenza sarà molto spesso superiore all’aliquota nello Stato di origine. La limitazione della detrazione che è stabilita nella seconda frase del paragrafo 2 e che è conforme al metodo ordinario del credito ha quindi conseguenze solo in un numero limitato di casi. Se, in tali casi, gli Stati contraenti preferiscono rinunciare alla limitazione e applicare il metodo del credito pieno, possono farlo eliminando la seconda frase del paragrafo 2.
(Modificato il 15 luglio 2014; vedere STORIA)

Dividendi da partecipazioni sostanziali di una società
49. L’effetto combinato dei paragrafi 1 e 2 dell’articolo 10 e dell’articolo 23 (articolo 23 A o 23 B, a seconda dei casi) è che allo Stato di residenza dell’azionista è consentito tassare i dividendi derivanti dall’altro Stato, ma che deve accreditare sulla propria imposta su tali dividendi l’imposta che è stata riscossa dallo Stato in cui i dividendi provengono a un’aliquota fissata ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 10. Questo regime si applica ugualmente quando il destinatario dei dividendi è una società madre che riceve dividendi da una controllata; in questo caso, l’imposta ritenuta nello Stato della controllata – e accreditata nello Stato della società madre – è limitata al 5 per cento dell’importo lordo dei dividendi mediante l’applicazione del sottoparagrafo a) del paragrafo 2 dell’articolo 10.
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
50. Tali disposizioni evitano efficacemente la doppia imposizione giuridica dei dividendi, ma non impediscono la tassazione ricorrente delle società sugli utili distribuiti alla società madre: prima a livello della controllata e poi di nuovo a livello della società madre. Tale tassazione ricorrente crea un ostacolo molto importante allo sviluppo degli investimenti internazionali. Molti Stati lo hanno riconosciuto e hanno inserito nelle loro legislazioni nazionali disposizioni volte a evitare tale ostacolo. Inoltre, disposizioni a tal fine sono frequentemente inserite nelle convenzioni contro le doppie imposizioni.
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
51. Il Comitato per gli Affari Fiscali ha preso in considerazione se sarebbe opportuno modificare l’Articolo 23 della Convenzione per risolvere questa questione. Sebbene molti Stati fossero favorevoli all’inserimento di tale disposizione nella Convenzione Modello, ciò ha incontrato molte difficoltà, derivanti dalle diverse opinioni degli Stati e dalla varietà di possibili soluzioni. Alcuni Stati, temendo l’evasione fiscale, hanno preferito mantenere la loro libertà di azione e risolvere la questione solo nelle loro leggi nazionali.
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)

52. Alla fine, è parso preferibile lasciare gli Stati liberi di scegliere la propria soluzione al problema. Per gli Stati che preferissero risolvere il problema nelle loro convenzioni, le soluzioni avrebbero seguito più frequentemente uno dei principi sottostanti:
a) Esenzione con progressione
Lo Stato di cui è residente la società madre esenta i dividendi che riceve dalla sua controllata nell’altro Stato, ma può comunque tener conto di tali dividendi nel calcolo dell’imposta dovuta dalla società madre sul reddito rimanente (tale disposizione sarà spesso favorita dagli Stati che applicano il metodo di esenzione specificato nell’articolo 23 A).
b) Credito per imposte sottostanti
Per quanto riguarda i dividendi percepiti dalla filiale, lo Stato di cui è residente la società madre riconosce il credito previsto dal paragrafo 2 dell’articolo 23 A o dal paragrafo 1 dell’articolo 23 B, a seconda dei casi, non solo per l’imposta sui dividendi in quanto tali, ma anche per l’imposta pagata dalla filiale sugli utili distribuiti (tale disposizione sarà spesso favorita dagli Stati che applicano come regola generale il metodo del credito specificato nell’articolo 23 B).
c) Assimilazione a una partecipazione in una controllata nazionale
I dividendi che la società madre riceve da una controllata estera sono trattati, nello Stato della società madre, allo stesso modo, ai fini fiscali, dei dividendi percepiti da una controllata residente in tale Stato.
(Sostituito l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
53. Quando lo Stato della società madre applica imposte sul capitale, una soluzione analoga dovrebbe essere applicata anche a tali imposte.
(Aggiunto l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
54. Inoltre, gli Stati sono liberi di stabilire i limiti e le modalità di applicazione di tali disposizioni (definizione e durata minima di detenzione delle azioni, quota dei dividendi considerata assorbita dalle spese amministrative o finanziarie) o di subordinare l’agevolazione concessa in base al regime speciale alla condizione che la filiale svolga un’attività economica effettiva nello Stato di cui è residente, o che ricavi la maggior parte dei suoi redditi da tale Stato o che sia assoggettata a una tassazione sostanziale sugli utili ivi realizzati.
(Aggiunto l’11 aprile 1977; vedi STORIA)

Paragrafo 3
55. Il Progetto di Convenzione del 1963 riservava espressamente l’applicazione della scala progressiva delle aliquote fiscali da parte dello Stato di residenza (ultima frase del paragrafo 1 dell’articolo 23 A) e la maggior parte delle convenzioni concluse tra i paesi membri dell’OCSE che adottano il metodo dell’esenzione seguono questo principio. Secondo il paragrafo 3 dell’articolo 23 A, lo Stato di residenza conserva il diritto di prendere in considerazione l’importo del reddito o del capitale esentato quando determina l’imposta da imporre sul resto del reddito o del capitale. La regola si applica anche quando il reddito esentato (o voci di capitale) e il reddito imponibile (o voci di capitale) spettano a quelle persone (ad esempio marito e moglie) i cui redditi (o voci di capitale) sono tassati congiuntamente secondo le leggi nazionali. Questo principio di progressione si applica al reddito o al capitale esentato in virtù del paragrafo 1 dell’articolo 23 A nonché al reddito o al capitale che in base a qualsiasi altra disposizione della Convenzione “sarà imponibile solo” nell’altro Stato contraente (vedereparagrafo 6 sopra). Questo è il motivo per cui, nella Convenzione modello del 1977, il principio di progressione è stato trasferito dal paragrafo 1 dell’articolo 23 A a un nuovo paragrafo 3 del suddetto articolo, e si è fatto riferimento all’esenzione “conformemente a qualsiasi disposizione della Convenzione”.
(Modificato il 23 luglio 1992; vedere STORIA)
56. Il paragrafo 3 dell’articolo 23 A riguarda solo lo Stato di residenza. La forma dell’articolo non pregiudica l’applicazione da parte dello Stato di fonte delle disposizioni delle sue leggi nazionali relative alla progressione.
(Aggiunto l’11 aprile 1977; vedi STORIA)

Paragrafo 4
56.1 Lo scopo di questo paragrafo è quello di evitare la doppia non imposizione a seguito di disaccordi tra lo Stato di residenza e lo Stato della fonte sui fatti di un caso o sull’interpretazione delle disposizioni della Convenzione. Il paragrafo si applica quando, da un lato, lo Stato della fonte interpreta i fatti di un caso o le disposizioni della Convenzione in modo tale che una voce di reddito o di capitale rientri in una disposizione della Convenzione che elimina il suo diritto di tassare tale voce o limita l’imposta che può imporre mentre, dall’altro lato, lo Stato di residenza adotta un’interpretazione diversa dei fatti o delle disposizioni della Convenzione e ritiene quindi che la voce possa essere tassata nello Stato della fonte in conformità con la Convenzione, il che, in assenza di questo paragrafo, porterebbe all’obbligo per lo Stato di residenza di concedere un’esenzione ai sensi delle disposizioni del paragrafo 1.
(Aggiunto il 29 aprile 2000; vedi STORIA)

56.2 Il paragrafo si applica solo nella misura in cui lo Stato di origine ha applicato le disposizioni della Convenzione per esentare una voce di reddito o di capitale o ha applicato le disposizioni del paragrafo 2 dell’articolo 10 o 11 a una voce di reddito. Il paragrafo non si applicherebbe pertanto laddove lo Stato di origine ritenga di poter tassare una voce di reddito o di capitale in conformità alle disposizioni della Convenzione ma laddove nessuna imposta sia effettivamente dovuta su tale reddito o capitale ai sensi delle disposizioni delle leggi nazionali dello Stato di origine. In tal caso, lo Stato di residenza deve esentare tale voce di reddito ai sensi delle disposizioni del paragrafo 1 perché l’esenzione nello Stato di origine non deriva dall’applicazione delle disposizioni della Convenzione ma, piuttosto, dalla legge nazionale dello Stato di origine (vedereparagrafo 34sopra). Allo stesso modo, quando gli Stati di origine e di residenza non sono d’accordonon solo per quanto riguarda la qualificazione del reddito ma anche per quanto riguarda l’importo di tale reddito, il paragrafo 4 si applica solo a quella parte del reddito che lo Stato della fonte esenta da imposta mediante l’applicazione della Convenzione o alla quale tale Stato applica il paragrafo 2 dell’articolo 10 o 11.
(Aggiunto il 29 aprile 2000; vedi STORIA)
56.3 I casi in cui si applica il paragrafo devono essere distinti dai casi in cui la qualificazione di una voce di reddito ai sensi del diritto interno dello Stato di origine interagisce con le disposizioni della Convenzione per impedire a tale Stato di tassare una voce di reddito o capitale in circostanze in cui la qualificazione di tale voce ai sensi del diritto interno dello Stato di residenza non avrebbe avuto lo stesso risultato. In un caso del genere, che è discusso inparagrafi 32.6 E32.7 sopra, il paragrafo 1 non impone un obbligo allo Stato di residenza di concedere l’esenzione perché la voce di reddito non può essere tassata nello Stato di origine in conformità con la Convenzione. Poiché il paragrafo 1 non si applica, le disposizioni del paragrafo 4 non sono richieste in tal caso per garantire il diritto di tassazione dello Stato di residenza.
(Aggiunto il 29 aprile 2000; vedi STORIA)

III. Commento alle disposizioni dell’articolo 23 B (metodo del credito)
Paragrafo 1

A. Metodi
57. L’articolo 23 B, basato sul principio del credito, segue il metodo ordinario del credito: lo Stato di residenza (R) ammette, in deduzione dalla propria imposta sul reddito o sul patrimonio del suo residente, un importo pari all’imposta pagata nell’altro Stato E (o S) sul reddito derivante da, o sul capitale posseduto, in, tale altro Stato.

Stato E (o S), ma la detrazione è limitata alla quota appropriata della propria imposta.
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)
58. Il metodo ordinario del credito è destinato ad applicarsi anche ad uno Stato che segue il metodo dell’esenzione ma deve concedere un credito, ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 23 A, per l’imposta riscossa ad aliquote limitate nell’altro Stato su dividendi e interessi (vedereparagrafo 47 sopra). La possibilità di qualche modifica come menzionato inparagrafi 47 E48 sopra (credito pieno) potrebbe, naturalmente, essere rilevante anche nel caso di dividendi e interessi pagati a un residente di uno Stato che ha adottato il metodo ordinario del credito (vedere ancheparagrafo 63sotto).
(Rinumerato e modificato l’11 aprile 1977; vedere STORIA)
59. L’obbligo imposto dall’articolo 23 B a uno Stato R di riconoscere un credito per l’imposta riscossa nell’altro Stato E (o S) su un elemento di reddito o di capitale dipende dal fatto che tale elemento possa essere tassato dallo Stato E (o S) in conformità con la Convenzione.Paragrafi 32.1A32.7sopra si discute su come questa condizione debba essere interpretata. Le voci di reddito che secondo il sottoparagrafo a) dei paragrafi 1 e 2 dell’articolo 19 “sono imponibili solo” nell’altro Stato sono fin dall’inizio esenti da imposta nello Stato R (vedereparagrafo 6sopra), e il Commentario all’Articolo 23 A si applica a tale reddito esentato. Per quanto riguarda la progressione, si fa riferimento al paragrafo 2 dell’Articolo (eparagrafo 79sotto).
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
60. L’articolo 23 B stabilisce le regole principali del metodo del credito, ma non fornisce regole dettagliate sul calcolo e sul funzionamento del credito. Ciò è coerente con il modello generale della Convenzione. L’esperienza ha dimostrato che possono sorgere molti problemi. Alcuni di essi sono trattati nei paragrafi seguenti. In molti Stati, le regole dettagliate sul credito per le imposte estere esistono già nelle loro leggi nazionali. Un certo numero di convenzioni, pertanto, contiene un riferimento alle leggi nazionali degli Stati contraenti e prevede inoltre che tali regole nazionali non influiscano sul principio stabilito nell’articolo 23 B. Laddove il metodo del credito non sia utilizzato nelle leggi nazionali di uno Stato contraente, tale Stato dovrebbe stabilire regole per l’applicazione dell’articolo 23 B, se necessario dopo aver consultato l’autorità competente dell’altro Stato contraente (paragrafo 3 dell’articolo 25).
(Aggiunto l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
61. L’importo dell’imposta estera per la quale deve essere riconosciuto un credito è l’imposta effettivamente pagata in conformità alla Convenzione nell’altro Stato contraente (escluso l’importo dell’imposta pagata in tale altro Stato esclusivamente perché il reddito o il capitale è anche reddito derivato da un residente di tale Stato o capitale

posseduto da un residente di quello Stato). Possono sorgere problemi, ad esempio quando tale imposta non è calcolata sul reddito dell’anno per il quale è riscossa, ma sul reddito di un anno precedente o sul reddito medio di due o più anni precedenti. Possono sorgere altri problemi in relazione a diversi metodi di determinazione del reddito o in relazione a cambiamenti nei tassi di cambio (svalutazione o rivalutazione). Tuttavia, tali problemi difficilmente potrebbero essere risolti da una disposizione espressa nella Convenzione.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
62. Secondo le disposizioni della seconda frase del paragrafo 1 dell’articolo 23 B, la detrazione che lo Stato di residenza (R) deve consentire è limitata a quella parte dell’imposta sul reddito che è appropriata al reddito derivante dallo Stato S o E (la cosiddetta “detrazione massima”). Tale detrazione massima può essere calcolata sia ripartindo l’imposta totale sul reddito totale in base al rapporto tra il reddito per il quale si deve riconoscere il credito e il reddito totale, sia applicando l’aliquota d’imposta per il reddito totale al reddito per il quale si deve riconoscere il credito. Infatti, nei casi in cui l’imposta nello Stato E (o S) è uguale o superiore all’imposta appropriata dello Stato R, il metodo del credito avrà lo stesso effetto del metodo dell’esenzione con progressione. Anche con il metodo del credito, possono sorgere problemi simili per quanto riguarda l’importo del reddito, l’aliquota d’imposta, ecc. come menzionato nel Commentario all’articolo 23 A (vedere in particolareparagrafi 39A41E44sopra). Per le stesse ragioni menzionate inparagrafi 42 E43 sopra, è preferibile anche che il metodo del credito non proponga una soluzione espressa e uniforme nella Convenzione, ma lasci ogni Stato libero di applicare la propria legislazione e tecnica. Ciò vale anche per alcuni ulteriori problemi che sono trattati di seguito.
(Aggiunto l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
63. La detrazione massima è normalmente calcolata come l’imposta sul reddito netto, vale a dire sul reddito dello Stato E (o S) meno le detrazioni ammissibili (specificate o proporzionali) connesse a tale reddito (vedereparagrafo 40sopra). Per tale motivo, la detrazione massima in molti casi può essere inferiore all’imposta effettivamente pagata nello Stato E (o S). Ciò può essere particolarmente vero nel caso in cui, ad esempio, un residente dello Stato R che deriva interessi dallo Stato S abbia preso in prestito fondi da una terza persona per finanziare il prestito che produce interessi. Poiché gli interessi dovuti su tale denaro preso in prestito possono essere compensati con gli interessi derivati dallo Stato S, l’importo del reddito netto soggetto a tassazione nello Stato R può essere molto piccolo, o potrebbe addirittura non esserci alcun reddito netto. Come spiegato nel paragrafo 7.1 del Commentario all’Articolo 11, il problema, in tal caso, non può essere risolto dallo Stato R, poiché verrà riscossa poca o nessuna imposta in

tale Stato. Una soluzione sarebbe quella di esentare tali interessi da imposta nello Stato S, come proposto nei paragrafi da 7 a 7.12 del Commentario all’Articolo 11.
(Modificato il 15 luglio 2014; vedere STORIA)
64. Se un residente dello Stato R ricava redditi di diverso tipo dallo Stato S, e quest’ultimo Stato, secondo le sue leggi fiscali, impone tasse solo su uno di questi elementi, la massima detrazione che lo Stato R deve consentire sarà normalmente quella parte della sua imposta che è appropriata solo per quell’elemento di reddito che è tassato nello Stato S. Tuttavia, sono possibili altre soluzioni, soprattutto in vista del seguente problema più ampio: il fatto che debba essere concesso un credito, ad esempio per diversi elementi di reddito su cui è riscossa un’imposta a aliquote diverse nello Stato S, o per redditi provenienti da diversi Stati, con o senza convenzioni, solleva la questione se la massima detrazione o il credito debbano essere calcolati separatamente per ogni elemento di reddito, o per ogni paese, o per tutti i redditi esteri che danno diritto al credito in base alle leggi nazionali e alle convenzioni. In un sistema di “credito complessivo”, tutto il reddito estero viene aggregato e il totale delle imposte estere viene accreditato sull’imposta nazionale appropriata al reddito estero totale.
(Aggiunto l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
65. Ulteriori problemi possono sorgere in caso di perdite. Un residente dello Stato R, che deriva un reddito dallo Stato E (o S), può avere una perdita nello Stato R, o nello Stato E (o S) o in uno Stato terzo. Ai fini del credito d’imposta, in generale, una perdita in un dato Stato sarà compensata con altri redditi dallo stesso Stato. Se una perdita subita al di fuori dello Stato R (ad esempio in una stabile organizzazione) possa essere dedotta da altri redditi, derivati o meno dallo Stato R, dipende dalle leggi nazionali dello Stato R. Qui possono sorgere problemi simili, come menzionato nel Commentario all’Articolo 23 A(paragrafo 44sopra). Quando il reddito totale deriva dall’estero e non si verifica alcun reddito, ma una perdita non superiore al reddito dall’estero, nello Stato R, allora l’imposta totale addebitata nello Stato R sarà appropriata al reddito dello Stato S e la massima detrazione che lo Stato R deve consentire sarà di conseguenza l’imposta addebitata nello Stato R. Sono possibili altre soluzioni.
(Aggiunto l’11 aprile 1977; vedi STORIA)
66. I problemi sopra menzionati dipendono molto dalle leggi e dalle pratiche nazionali e la soluzione deve, pertanto, essere lasciata a ogni Stato. In questo contesto, si può notare che alcuni Stati sono molto liberali nell’applicare il metodo del credito. Alcuni Stati stanno anche considerando o hanno già adottato la possibilità di riportare i crediti d’imposta non utilizzati. Gli Stati contraenti sono, naturalmente, liberi nelle negoziazioni bilaterali di modificare l’articolo per affrontare uno qualsiasi dei problemi sopra menzionati.
(Aggiunto l’11 aprile 1977; vedi STORIA)

67. Nelle cosiddette situazioni di “thin capitalisation”, la Convenzione modello consente allo Stato della società mutuataria, a determinate condizioni, di trattare un pagamento di interessi come una distribuzione di dividendi in conformità con la sua legislazione nazionale; la condizione essenziale è che il contribuente del prestito condivida effettivamente i rischi assunti dalla società mutuataria. Ciò dà origine a due conseguenze:
— la tassazione alla fonte di tali “interessi” al tasso dei dividendi (paragrafo 2 dell’articolo 10);
— l’inclusione di tale “interesse” negli utili imponibili della società prestatrice.
(Sostituito il 23 luglio 1992; vedi STORIA)
68. Se le condizioni pertinenti sono soddisfatte, lo Stato di residenza del prestatore sarebbe obbligato a concedere un’agevolazione per qualsiasi doppia imposizione giuridica o economica degli interessi come se il pagamento fosse in effetti un dividendo. Dovrebbe quindi concedere un credito per l’imposta effettivamente trattenuta su tali interessi nello Stato di residenza del mutuatario all’aliquota applicabile ai dividendi e, inoltre, se il prestatore è la società madre della società mutuataria, applicare a tali “interessi” qualsiasi ulteriore agevolazione ai sensi del suo regime madre/sussidiaria. Tale obbligo può comportare:
a) dal tenore letterale dell’articolo 23 della Convenzione, quando concede agevolazioni per i redditi definiti come dividendi nell’articolo 10 o per gli elementi di reddito trattati nell’articolo 10;
b) dal contesto della Convenzione, vale a dire da una combinazione degli articoli 9, 10, 11 e 23 e, se necessario, mediante la procedura amichevole:
— qualora l’interesse sia stato trattato nel paese di residenza della società mutuataria come un dividendo secondo norme conformi al paragrafo 1 dell’articolo 9 o al paragrafo 6 dell’articolo 11 e qualora lo Stato di residenza del prestatore concordi sul fatto che è stato trattato correttamente in tal modo ed è disposto ad applicare un adeguamento corrispondente;
— quando lo Stato di residenza del prestatore applica norme simili sulla sottocapitalizzazione e tratterebbe il pagamento come un dividendo in una situazione reciproca, vale a dire se il pagamento fosse effettuato da una società stabilita nel suo territorio a un residente nell’altro Stato contraente;
— in tutti gli altri casi in cui lo Stato di residenza del prestatore riconosce che era corretto per lo Stato di residenza del mutuatario trattare gli interessi come un dividendo.
(Sostituito il 23 luglio 1992; vedere HISTORSì))

69. Per quanto riguarda i dividendi derivanti da una partecipazione rilevante di una società, si fa riferimento aparagrafi 49A54Sopra.
(Rinumerato il 23 luglio 1992; vedi STORIA)
69.1 Possono sorgere problemi quando gli Stati contraenti trattano entità come le partnership in modo diverso. Supponiamo, ad esempio, che lo Stato in cui è costituita una partnership tratti tale partnership come una società e lo Stato di residenza di un partner la tratti come fiscalmente trasparente. Lo Stato della partnership può, fatte salve le disposizioni applicabili della Convenzione, tassare la partnership sul suo reddito quando tale reddito viene realizzato e, fatte salve le limitazioni del paragrafo 2 dell’articolo 10, può anche tassare la distribuzione degli utili da parte della partnership ai suoi partner non residenti. Lo Stato di residenza del partner, tuttavia, tasserà il partner solo sulla sua quota del reddito della partnership quando tale reddito viene realizzato dalla partnership.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
69.2 La prima questione che si pone in questo caso è se lo Stato di residenza del socio, che tassa il socio sulla sua quota di reddito della partnership, sia obbligato, ai sensi della Convenzione, a riconoscere un credito per l’imposta che viene riscossa sulla partnership nello Stato della partnership, che quest’ultimo Stato tratta come un’entità imponibile separata. La risposta a tale domanda deve essere affermativa nella misura in cui il reddito può essere tassato dallo Stato della partnership in conformità alle disposizioni della Convenzione che consentono la tassazione del reddito rilevante come Stato della fonte o come Stato in cui vi è una stabile organizzazione a cui tale reddito è attribuibile (vedere ancheparagrafi 11.1E11.2sopra). Nella misura in cui lo Stato di residenza del partner fluisce attraverso il reddito della partnership al partner allo scopo di tassare tale partner, deve adottare un approccio coerente e far fluire attraverso il partner l’imposta pagata dalla partnership (ma solo nella misura in cui tale imposta è pagata in conformità con le disposizioni della Convenzione che consentono la tassazione alla fonte) allo scopo di eliminare la doppia imposizione derivante dalla sua tassazione del partner. In altre parole, se lo status societario conferito alla partnership dallo Stato della fonte viene ignorato dallo Stato di residenza allo scopo di tassare il partner sulla sua quota di reddito, dovrebbe essere ignorato allo stesso modo ai fini del credito d’imposta estero.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
69.3 Un secondo problema che si pone in questo caso è la misura in cui lo Stato di residenza del partner deve riconoscere un credito per l’imposta riscossa dallo Stato della partnership sulla distribuzione, che non è tassata nello Stato di residenza. La risposta a tale domanda risiede in quest’ultimo fatto. Poiché la distribuzione non è tassata nello Stato di residenza del partner, non esiste semplicemente alcuna imposta in quello Stato su cui accreditare l’imposta riscossa dallo Stato

della partnership sulla distribuzione. Deve essere fatta una netta distinzione tra la generazione di utili e la distribuzione di tali utili e non ci si dovrebbe aspettare che lo Stato di residenza del partner accrediti l’imposta riscossa dallo Stato della partnership sulla distribuzione contro la propria imposta riscossa sulla generazione (vedere la prima frase diparagrafo 64Sopra).
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)

B. Osservazioni relative all’imposta sul capitale
70. Come è redatto il paragrafo 1, il credito deve essere concesso per l’imposta sul reddito solo contro l’imposta sul reddito e per l’imposta sul capitale solo contro l’imposta sul capitale. Di conseguenza, il credito per o contro l’imposta sul capitale sarà concesso solo se esiste un’imposta sul capitale in entrambi gli Stati contraenti.
(Rinumerato il 23 luglio 1992; vedi STORIA)
71. Nelle negoziazioni bilaterali, due Stati contraenti possono concordare che un’imposta denominata imposta sul capitale sia di natura strettamente correlata all’imposta sul reddito e possono, pertanto, desiderare di concedere un credito per essa rispetto all’imposta sul reddito e viceversa. Ci sono casi in cui, poiché uno Stato non impone un’imposta sul capitale o poiché entrambi gli Stati impongono imposte sul capitale solo su attività nazionali, non si verificherà alcuna doppia imposizione del capitale. In tali casi, è ovviamente sottinteso che il riferimento all’imposta sul capitale può essere eliminato. Inoltre, gli Stati possono ritenere auspicabile, indipendentemente dalla natura delle imposte ai sensi della convenzione, concedere un credito per l’importo totale dell’imposta nello Stato di origine o di sede rispetto all’importo totale dell’imposta nello Stato di residenza. Tuttavia, laddove una convenzione includa sia imposte sul capitale reale sia imposte sul capitale che sono per loro natura imposte sul reddito, gli Stati possono desiderare di concedere un credito rispetto all’imposta sul reddito solo per queste ultime imposte sul capitale. In tali casi, gli Stati sono liberi di modificare l’articolo proposto in modo da ottenere l’effetto desiderato.
(Rinumerato il 23 luglio 1992; vedi STORIA)

C. Risparmio fiscale
72. Alcuni Stati concedono diversi tipi di incentivi fiscali agli investitori stranieri allo scopo di attrarre investimenti stranieri. Quando lo Stato di residenza di un investitore straniero applica il metodo del credito, il beneficio dell’incentivo concesso da uno Stato di origine può essere ridotto nella misura in cui lo Stato di residenza, quando tassa il reddito che ha beneficiato dell’incentivo, consentirà una detrazione solo per l’imposta effettivamente pagata nello Stato di origine. Analogamente, se lo Stato di residenza applica il metodo dell’esenzione ma subordina l’applicazione di tale metodo a un certo livello di tassazione da parte dello Stato di origine, la concessione di una riduzione fiscale da parte dello Stato di origine può avere

effetto di negare all’investitore l’applicazione del metodo di esenzione nel suo Stato di residenza.
(Sostituito il 29 aprile 2000; vedi CRONOLOGIA)
73. Per evitare qualsiasi effetto del genere nello Stato di residenza, alcuni Stati che hanno adottato programmi di incentivi fiscali desiderano includere disposizioni, solitamente denominate disposizioni di “tax sparing”, nelle loro convenzioni. Lo scopo di queste disposizioni è consentire ai non residenti di ottenere un credito d’imposta estero per le imposte che sono state “risparmiate” nell’ambito del programma di incentivi dello Stato di origine o di garantire che tali imposte vengano prese in considerazione ai fini dell’applicazione di determinate condizioni che possono essere collegate ai sistemi di esenzione.
(Sostituito il 29 aprile 2000; vedi CRONOLOGIA)
74. Le disposizioni di risparmio fiscale costituiscono una deroga alle disposizioni degli articoli 23 A e 23 B. Le disposizioni di risparmio fiscale possono assumere forme diverse, come ad esempio:
a) lo Stato di residenza consentirà la detrazione dell’importo dell’imposta che lo Stato della fonte avrebbe potuto imporre in conformità alla sua legislazione generale o dell’importo limitato dalla Convenzione (ad esempio le limitazioni delle aliquote previste per dividendi e interessi negli articoli 10 e 11) anche se lo Stato della fonte ha rinunciato a tutto o a parte di tale imposta in base a disposizioni speciali per la promozione del suo sviluppo economico;
b) a fronte della riduzione dell’imposta da parte dello Stato di fonte, lo Stato di residenza accetta di consentire una detrazione dalla propria imposta di un importo (in parte fittizio) fissato ad un’aliquota più elevata;
c) lo Stato di residenza esenta i redditi che hanno beneficiato di agevolazioni fiscali nello Stato di provenienza.
(Sostituito il 29 aprile 2000; vedi CRONOLOGIA)
75. Un rapporto del 1998 del Committee of Fiscal Affairs, intitolato “Tax Sparing: a Reconsideration”,1 analizza le considerazioni di politica fiscale che sono alla base delle disposizioni di tax sparing e la loro stesura. Il rapporto identifica una serie di preoccupazioni che mettono in discussione l’utilità complessiva della concessione di agevolazioni fiscali. Tali preoccupazioni riguardano in particolare:
— il potenziale di abuso offerto dal risparmio fiscale;
— l’efficacia del risparmio fiscale come strumento di aiuti esteri per promuovere lo sviluppo economico del paese di origine; e

 

1 Riprodotto nel Volume II a pagina R(14)-1.

—preoccupazioni generali sul modo in cui il risparmio fiscale può incoraggiare gli Stati a ricorrere agli incentivi fiscali.
(Sostituito il 29 aprile 2000; vedi CRONOLOGIA)
76. L’esperienza ha dimostrato che il tax sparing è molto vulnerabile all’abuso da parte dei contribuenti, che può essere molto costoso in termini di mancati guadagni sia per lo Stato di residenza che per lo Stato di origine. Questo tipo di abuso è difficile da rilevare. Inoltre, anche quando viene rilevato, è difficile per lo Stato di residenza reagire rapidamente contro tale abuso. Il processo di rimozione o modifica delle disposizioni esistenti in materia di tax sparing per prevenire tali abusi è spesso lento e macchinoso.
(Sostituito il 29 aprile 2000; vedi CRONOLOGIA)
77. Inoltre, il tax sparing non è necessariamente uno strumento efficace per promuovere lo sviluppo economico. Una riduzione o eliminazione del beneficio dell’incentivo fiscale da parte dello Stato di residenza si verificherà, nella maggior parte dei casi, solo nella misura in cui i profitti vengono rimpatriati. Promuovendo il rimpatrio dei profitti, il tax sparing può quindi fornire un incentivo intrinseco agli investitori stranieri a impegnarsi in progetti di investimento a breve termine e un disincentivo a operare nello Stato di origine su base a lungo termine. Inoltre, i sistemi di credito d’imposta estero sono solitamente progettati in modo tale da consentire a un investitore straniero, nel calcolo del suo credito d’imposta estero, di compensare in una certa misura la riduzione delle imposte risultante da un particolare incentivo fiscale con le imposte più elevate pagate in quel o in un altro Paese in modo che, in definitiva, non vengano riscosse imposte aggiuntive dallo Stato di residenza a seguito dell’incentivo fiscale.
(Sostituito il 29 aprile 2000; vedi CRONOLOGIA)
78. Infine, l’integrazione accelerata delle economie nazionali ha reso molti segmenti delle basi imponibili nazionali sempre più mobili geograficamente. Questi sviluppi hanno indotto alcuni Stati ad adottare regimi fiscali che hanno come scopo primario l’erosione delle basi imponibili di altri paesi. Questi tipi di incentivi fiscali sono specificamente pensati per colpire servizi finanziari e di altro tipo altamente mobili che sono particolarmente sensibili alle differenze fiscali. Gli effetti potenzialmente dannosi di tali regimi possono essere aggravati dall’esistenza di disposizioni di tax sparing mal concepite nei trattati. Ciò è particolarmente vero quando uno Stato adotta un regime fiscale successivamente alla conclusione di trattati e adatta tale regime in modo da garantire che sia coperto dall’ambito della disposizione di tax sparing esistente.
(Sostituito il 29 aprile 2000; vedi CRONOLOGIA)
78.1 Il Comitato ha concluso che gli Stati membri non dovrebbero necessariamente astenersi dall’adottare disposizioni di tax sparing. Il Comitato ha espresso il parere, tuttavia, che il tax sparing dovrebbe essere preso in considerazione solo per quanto riguarda gli Stati

il cui livello economico è notevolmente inferiore a quello degli Stati membri dell’OCSE. Gli Stati membri dovrebbero utilizzare criteri economici oggettivi per definire gli Stati ammissibili al tax sparing. Laddove gli Stati accettino di inserire una disposizione di tax sparing, sono pertanto incoraggiati a seguire le linee guida stabilite nella sezione VI del rapporto sul tax sparing. L’uso di queste “migliori pratiche” ridurrà al minimo il potenziale di abuso di tali disposizioni assicurando che si applichino esclusivamente a investimenti genuini volti a sviluppare l’infrastruttura nazionale dello Stato di origine. Una disposizione restrittiva che si applichi agli investimenti reali scoraggerebbe anche una concorrenza fiscale dannosa per le attività geograficamente mobili.
(Aggiunto il 29 aprile 2000; vedi STORIA)

Paragrafo 2
79. Questo paragrafo è stato aggiunto per consentire allo Stato di residenza di conservare il diritto di prendere in considerazione l’importo del reddito o del capitale esentato in tale Stato quando determina l’imposta da imporre sul resto del reddito o del capitale. Il diritto così conservato si estende al reddito o al capitale che “sarà imponibile solo” nell’altro Stato. Il principio di progressione è quindi salvaguardato per lo Stato di residenza, non solo in relazione al reddito o al capitale che “può essere tassato” nell’altro Stato, ma anche per il reddito o il capitale che “sarà imponibile solo” in tale altro Stato. Il Commento al paragrafo 3 dell’Articolo 23 A in relazione allo Stato di origine si applica anche al paragrafo 2 dell’Articolo 23 B.
(Rinumerato il 23 luglio 1992; vedi STORIA)

Osservazioni sul commento
80. I Paesi Bassi sono in linea di principio favorevoli alla risoluzione delle situazioni sia di doppia imposizione che di doppia non imposizione dovute a conflitti di qualificazione tra Stati contraenti, poiché secondo i Paesi Bassi tali situazioni non sono previste dagli Stati contraenti e inoltre vanno contro l’oggetto e lo scopo di un trattato fiscale. Tuttavia, i Paesi Bassi non sono d’accordo con l’interpretazione data inparagrafi 32.4 E32.6 alla frase “in conformità alle disposizioni della presente Convenzione” negli articoli 23 A e 23 B della Convenzione, secondo cui nei casi di conflitti di qualificazione dovuti a differenze nella legislazione nazionale tra lo Stato di origine e lo Stato di residenza, di norma, la qualificazione data dallo Stato di origine prevarrebbe ai fini dell’applicazione da parte dello Stato di residenza dell’articolo 23 A o 23 B. I Paesi Bassi desiderano preservare il proprio diritto di subordinare una soluzione e le proprie modalità per un determinato conflitto di qualificazione alle circostanze dei casi in questione e al rapporto con lo Stato contraente interessato. I Paesi Bassi aderiranno pertanto a tale interpretazione in

paragrafi 32.4E32.6soltanto e nella misura in cui ciò sia esplicitamente confermato in uno specifico trattato fiscale, a seguito di un accordo reciproco tra autorità competenti ai sensi dell’articolo 25 della Convenzione o come politica unilaterale.
(Aggiunto il 29 aprile 2000; vedi STORIA)
81. Svizzerasi riserva il diritto di non applicare le norme stabilite nelparagrafo 32.3nei casi in cui un conflitto di qualificazione risulti da una modifica del diritto interno dello Stato di fonte successiva alla conclusione di una Convenzione.
(Modificato il 15 luglio 2014; vedere STORIA)
82. Gli Stati Uniti non sono d’accordo con la sentenza definitiva diparagrafo 11.1 del Commentario.
(Aggiunto il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)

Riserve sull’articolo
83. In linea con le sue riserve sui paragrafi 2 e 3 dell’articolo 1, la Franciasi riserva il diritto di non includere nel comma 1 degli articoli 23 A e 23 B le modifiche previste dall’aggiornamento del 2017 del Modello di Convenzione Fiscale relativo all’eliminazione delle doppie imposizioni in presenza di un soggetto fiscalmente trasparente.
(Aggiunto il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)
84. Lussemburgosi riserva il diritto di non includere nel paragrafo 1 le modifiche previste dall’aggiornamento del 2017 del Modello di Convenzione Fiscale.
(Aggiunto il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)
85. Gli Stati Uniti si riservano il diritto di non includere nel paragrafo 1 la frase tra parentesi “(tranne nella misura in cui queste disposizioni consentono la tassazione da parte di quell’altro Stato unicamente perché il reddito è anche reddito derivato da un residente di quello Stato o perché il capitale è anche capitale posseduto da un residente di quello Stato)”. Inoltre, gli Stati Uniti desiderano esprimere l’opinione che il paragrafo 1, che è stato aggiunto per affrontare la cosiddetta “doppia imposizione economica”, è incoerente conparagrafi 1E2del Commentario, che spiega che l’articolo 23 riguarda solo la cosiddetta “doppia imposizione giuridica”.
(Aggiunto il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)

STORIA
Titolo:Modificato quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. Nel progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il titolo recitava come segue:
“COMMENTO AGLI ARTICOLI 23 (A) E 23 (B) RELATIVI AI METODI PER EVITARE LA DOPPIA IMPOSIZIONE”
Paragrafo1:Modificato insieme al titolo del capitolo che lo precede quando il modello di Convenzione del 1977 è stato adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nel progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione del modello di Convenzione del 1977, il paragrafo 1 e i titoli precedenti recitano come segue:
“I. OSSERVAZIONE GENERALE
A. L’AMBITO DI APPLICAZIONE DEGLI ARTICOLI
1. Gli articoli trattano la cosiddetta doppia imposizione giuridica, quando lo stesso reddito o capitale è imponibile nelle mani della stessa persona da più di uno Stato.”
Paragrafo2:Modificato quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. Nel progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 2 recitava come segue:
“2. Questo caso deve essere distinto in particolar modo dalla cosiddetta doppia imposizione economica, vale a dire una tassazione dello stesso reddito o capitale nelle mani di due persone diverse entrambe soggette a imposta. Se due Stati desiderano risolvere in tal modo i problemi di doppia imposizione economica, devono farlo in negoziati bilaterali.”
Paragrafo 3:Modificato insieme alla nota a piè di pagina il 29 aprile 2000, eliminando i riferimenti ivi contenuti alla “base fissa”, dal rapporto intitolato “The 2000 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato di un altro rapporto intitolato “Issues Related to Article 14 of the OECD Model Tax Convention” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 27 gennaio 2000). Nel Modello di Convenzione del 1977 e fino al 29 aprile 2000, il paragrafo 3 e la sua nota a piè di pagina recitavano come segue:
“3. La doppia imposizione giuridica internazionale può verificarsi in tre casi:
a) quando ogni Stato contraente assoggetta la stessa persona a tassazione sul suo reddito o capitale mondiale (piena responsabilità concorrente all’imposta, cfr. paragrafo 4 di seguito);
b) quando una persona è residente di uno Stato contraente (R)1 e ricava un reddito o possiede un capitale nell’altro Stato contraente (S o E) ed entrambi gli Stati applicano un’imposta su tale reddito o capitale (cfr. paragrafo 5 di seguito);
c) quando ogni Stato contraente assoggetta la stessa persona, non residente di nessuno dei due Stati contraenti, a imposta sul reddito derivante da uno Stato contraente o sul capitale posseduto in tale Stato; ciò può verificarsi, ad esempio, nel caso in cui una persona non residente abbia una stabile organizzazione o una base fissa in uno Stato contraente (E) attraverso la quale ricava reddito o possiede capitale nell’altro Stato contraente (S) (concorrente limitata responsabilità fiscale, cfr. paragrafo 11 di seguito).
1 In tutto il Commentario agli articoli 23 A e 23 B, la lettera “R” indica lo Stato di residenza ai sensi della Convenzione, “S” lo Stato di origine o di situs e “E” lo Stato in cui è situata una stabile organizzazione o una base fissa.

Il paragrafo 3 è stato modificato in precedenza quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 3 recitava come segue:
“3. La doppia imposizione giuridica internazionale può verificarsi in tre casi:
a) quando ciascuno dei due Stati, in base alla propria legislazione fiscale interna, considera la stessa persona come avente la residenza nel proprio territorio;
b) quando ciascuno dei due Stati impone tasse sullo stesso reddito o capitale (limitata responsabilità fiscale in entrambi gli Stati), ad esempio quando una stabile organizzazione in uno Stato ricava reddito da beni immobili in un altro Stato, e nessuno dei due Stati è lo Stato di residenza del proprietario della stabile organizzazione;
c) quando una persona che ha la residenza in uno Stato ricava un reddito o possiede un capitale in un altro Stato ed entrambi gli Stati impongono tasse su tale reddito o capitale.”
Paragrafo4:Modificato il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “The 2017 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017. Nella Convenzione modello del 1977 e fino al 21 novembre 2017, il paragrafo 4 recitava come segue:
“4. Il conflitto nel caso a) è ridotto a quello del caso b) in virtù dell’articolo 4. Ciò perché tale articolo definisce il termine “residente di uno Stato contraente” con riferimento all’assoggettamento a imposta di una persona ai sensi del diritto interno in ragione del suo domicilio, residenza, sede di direzione o qualsiasi altro criterio di natura analoga (paragrafo 1 dell’articolo 4) ed elencando criteri speciali per il caso di doppia residenza per determinare quale dei due Stati sia lo Stato di residenza (R) ai sensi della Convenzione (paragrafi 2 e 3 dell’articolo 4).”
Il paragrafo 4 della bozza di Convenzione del 1963 è stato sostituito quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 4 della bozza di Convenzione del 1963 è stato eliminato e ne è stato aggiunto un nuovo paragrafo 4. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 4 recitava come segue:
“4. Gli Articoli non trattano i primi due casi. Il conflitto nel caso (a) può essere risolto in conformità con l’Articolo 4 sul domicilio fiscale. Il conflitto nel caso (b) è al di fuori dell’ambito delle Convenzioni, in quanto è limitato dall’Articolo 1 sull’ambito personale della Convenzione, alle persone che sono residenti di uno o entrambi gli Stati contraenti. Può, tuttavia, essere risolto applicando la procedura di mutuo accordo.”
Paragrafo 4.1: Aggiunto il 15 luglio 2005 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2005 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 15 luglio 2005, sulla base di un altro rapporto intitolato “Problemi fiscali transfrontalieri derivanti dai piani di stock option per i dipendenti” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 16 giugno 2004).
Paragrafo 4.2: Aggiunto il 15 luglio 2005 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2005 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 15 luglio 2005, sulla base di un altro rapporto intitolato “Problemi fiscali transfrontalieri derivanti dai piani di stock option per i dipendenti” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 16 giugno 2004).
Paragrafo 4.3: Modificato il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “The 2017 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017. Dopo il 15 luglio 2005 e fino al 21 novembre 2017, il paragrafo 4.3 recitava come segue:
“4.3 Tuttavia, laddove i servizi di impiego pertinenti non siano stati resi in nessuno dei due Stati, il conflitto non sarà di doppia imposizione tra fonte e residenza. La procedura di mutuo accordo potrebbe essere utilizzata per gestire un caso del genere. Un possibile

base per risolvere il caso sarebbe che le autorità competenti dei due Stati concordino che ciascuno Stato debba fornire un’agevolazione per quanto riguarda l’imposta basata sulla residenza che è stata riscossa dall’altro Stato sulla parte del beneficio che si riferisce ai servizi resi durante il periodo in cui il dipendente era residente di quell’altro Stato. Pertanto, nell’esempio di cui sopra, se i servizi pertinenti sono stati resi in un terzo Stato prima che la persona diventasse residente dello Stato R2, sarebbe logico che l’autorità competente dello Stato R2 accettasse di fornire un’agevolazione (attraverso il metodo del credito o dell’esenzione) per l’imposta dello Stato R1 che è stata riscossa sulla parte del beneficio di lavoro che si riferisce ai servizi resi nel terzo Stato poiché, al momento in cui tali servizi sono stati resi, il contribuente era residente dello Stato R1 e non dello Stato R2 ai fini della convenzione tra questi due Stati”.
Il paragrafo 4.3 è stato aggiunto il 15 luglio 2005 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2005 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 15 luglio 2005, sulla base di un altro rapporto intitolato “Problemi fiscali transfrontalieri derivanti dai piani di stock option per i dipendenti” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 16 giugno 2004).
Paragrafo5:Modificato il 29 aprile 2000, sopprimendo le parole “o la base fissa”, dala relazione intitolata “The 2000 Update to the Model Tax Convention”, adottata dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’Allegato di un’altra relazione intitolata “Issues Related to Article 14 of the OECD Model Tax Convention” (adottata dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 27 gennaio 2000). Nella Convenzione modello del 1977 e fino al 29 aprile 2000, il paragrafo 5 recitava come segue:
“5. Il conflitto nel caso b) può essere risolto mediante l’assegnazione del diritto di imposizione tra gli Stati contraenti. Tale assegnazione può essere effettuata mediante la rinuncia al diritto di imposizione da parte dello Stato della fonte o del sito (S) o della situazione della stabile organizzazione o della base fissa (E), o da parte dello Stato di residenza (R), o mediante una condivisione del diritto di imposizione tra i due Stati. Le disposizioni dei capitoli III e IV della Convenzione, combinate con le disposizioni dell’articolo 23 A o 23 B, regolano tale assegnazione.”
Il paragrafo 5 della bozza di Convenzione del 1963 è stato sostituito quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 5 della bozza di Convenzione del 1963 è stato eliminato e ne è stato aggiunto un nuovo paragrafo 5. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino a quando non è stata eliminata con l’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 5 recitava come segue:
“5. Il conflitto nel caso (c) può essere risolto mediante una rinuncia da parte dello Stato di residenza o dello Stato della fonte. A questo proposito, è da notare che, in una serie di articoli speciali della Convenzione, l’assegnazione del diritto di imposizione è stata data allo Stato di residenza o allo Stato della fonte.”
Paragrafo6:Modificato il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “The 2017 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017. Dopo il 17 luglio 2008 e fino al 21 novembre 2017, il paragrafo 6 e le relative note a piè di pagina recitano come segue:
“6. Per alcuni elementi di reddito o di capitale, un diritto esclusivo di tassazione è concesso a uno degli Stati contraenti e l’articolo pertinente stabilisce che il reddito o il capitale in questione “saranno imponibili solo” in uno Stato contraente.1Le parole “saranno imponibili solo” in uno Stato contraente impediscono all’altro Stato contraente di tassare, evitando così la doppia imposizione. Lo Stato a cui è concesso il diritto esclusivo di tassare è normalmente lo Stato di cui il contribuente è residente ai sensi dell’articolo 4, ovvero lo Stato R, ma in quattro articoli2 il diritto esclusivo può essere concesso all’altro Stato contraente (S) di cui il contribuente non è residente ai sensi dell’articolo 4.”

1 Vedere la prima frase del paragrafo 1 dell’articolo 7, i paragrafi 1 e 2 dell’articolo 8, paragrafo 1
dell’articolo 12, paragrafi 3 e 5 dell’articolo 13, prima frase del paragrafo 1 e
paragrafo 2 dell’articolo 15, articolo 18, paragrafi 1 e 2 dell’articolo 19, paragrafo 1 dell’articolo 19, paragrafo 2 dell’articolo 19, paragrafo 3 dell’articolo 19, paragrafo 4 dell’articolo 19, paragrafo 5 dell’articolo 19, paragrafo 6 dell’articolo 19, paragrafo 7 dell’articolo 19, paragrafo 8 dell’articolo 19, paragrafo 9 dell’articolo 19, paragrafo 1 dell’articolo 19
Articolo 21 e paragrafi 3 e 4 dell’articolo 22.
2 Vedere i paragrafi 1 e 2 dell’articolo 8, il paragrafo 3 dell’articolo 13, la lettera a) dell’articolo 13.
paragrafi 1 e 2 dell’articolo 19 e paragrafo 3 dell’articolo 22.
Il paragrafo 6 è stato modificato in precedenza il 17 luglio 2008, per rimuovere il riferimento all’articolo 14 nella nota a piè di pagina. Dopo il 28 gennaio 2003 e fino al 17 luglio 2008, la prima nota a piè di pagina del paragrafo 6 recitava come segue:
“1 Cfr. prima frase del paragrafo 1 dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2 dell’articolo 8, paragrafo 1
dell’articolo 12, dei paragrafi 3 e 5 dell’articolo 13, della prima frase del paragrafo 1 dell’articolo 14,
prima frase del paragrafo 1 e paragrafo 2 dell’articolo 15, articolo 18, paragrafi 1 e
2 dell’articolo 19, paragrafo 1 dell’articolo 21 e paragrafi 3 e 4 dell’articolo 22.”
La prima nota a piè di pagina del paragrafo 6 è stata precedentemente modificata il 28 gennaio 2003, sostituendo le parole “e 4 dell’articolo 13” con “e 5 dell’articolo 13” nella prima nota a piè di pagina del paragrafo, dal rapporto intitolato “The 2002 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 28 gennaio 2003. Dopo il 23 luglio 1992 e fino al 28 gennaio 2003, la prima nota a piè di pagina del paragrafo 6 recitava come segue:
“1 Cfr. prima frase del paragrafo 1 dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2 dell’articolo 8, paragrafo 1
dell’articolo 12, dei paragrafi 3 e 4 dell’articolo 13, della prima frase del paragrafo 1 dell’articolo 14,
prima frase del paragrafo 1 e paragrafo 2 dell’articolo 15, articolo 18, paragrafi 1 e
2 dell’articolo 19, paragrafo 1 dell’articolo 21 e paragrafi 3 e 4 dell’articolo 22.”
La prima nota a piè di pagina del paragrafo 6 era stata precedentemente modificata il 23 luglio 1992, eliminando il riferimento al paragrafo 2 dell’articolo 13, dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992. Nella Model Convention del 1977 e fino al 23 luglio 1992, la prima nota a piè di pagina del paragrafo 6 recitava come segue:
“1 Cfr. prima frase del paragrafo 1 dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2 dell’articolo 8, paragrafo 1
dell’articolo 12, paragrafi 2, 3 e 4 dell’articolo 13, prima frase del paragrafo 1 dell’articolo 13,
Articolo 14, prima frase del paragrafo 1 e paragrafo 2 dell’articolo 15, articolo 18,
paragrafi 1 e 2 dell’articolo 19, paragrafo 1 dell’articolo 21 e paragrafi 3 e 4 dell’articolo 19.
Articolo 22.”
Il paragrafo 6 della bozza di Convenzione del 1963 è stato sostituito quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 6 della bozza di Convenzione del 1963 è stato eliminato e ne è stato aggiunto un nuovo paragrafo 6. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 6 recitava come segue:
“6. Nel caso in cui lo Stato di origine rinunci al suo diritto di tassazione, l’articolo pertinente stabilisce che il reddito e il capitale in questione “saranno tassabili solo” nell’altro Stato. Di conseguenza, non si pone qui alcuna questione di doppia imposizione.”
Paragrafo7:Sostituito quando il Modello di Convenzione del 1977 fu adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 7 del Progetto di Convenzione del 1963 fu cancellato e ne fu aggiunto un nuovo. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione del Modello di Convenzione del 1977, il paragrafo 7 recitava come segue:
“7. Nel caso in cui lo Stato di origine non rinunci al suo diritto di tassazione, vale a dire quando l’articolo pertinente stabilisce che il reddito o il capitale “possono essere tassati” nello Stato di origine, lo Stato di residenza deve concedere un’agevolazione in modo da evitare la doppia imposizione. Pertanto, negli articoli presentati, il diritto di tassazione prioritaria nello Stato di origine è implicito e lo Stato di residenza è lasciato a fornire i mezzi con cui la doppia imposizione deve essere evitata.”
Paragrafo8:Sostituito quando il modello di Convenzione del 1977 fu adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 8 del progetto di Convenzione del 1963 fu modificato e rinumerato come paragrafo 12 (vedere la cronologia del paragrafo 12), il titolo

il precedente paragrafo 8 è stato modificato e spostato con esso ed è stato aggiunto un nuovo paragrafo 8.
Paragrafo9:Modificato il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “Aggiornamento 2017 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017. Dopo il 29 aprile 2000 e fino al 21 novembre 2017, il paragrafo 9 recitava come segue:
“9. Qualora un residente dello Stato contraente R ricavi un reddito dallo stesso Stato R tramite una stabile organizzazione che ha nell’altro Stato contraente E, lo Stato E può tassare tale reddito (ad eccezione del reddito derivante da beni immobili situati nello Stato R) se è attribuibile a detta stabile organizzazione (paragrafo 2 dell’articolo 21). Anche in questo caso, lo Stato R deve concedere un’agevolazione ai sensi dell’articolo 23 A o dell’articolo 23 B per il reddito attribuibile alla stabile organizzazione situata nello Stato E, nonostante il fatto che il reddito in questione provenga originariamente dallo Stato R (vedere paragrafo 5 del Commento all’articolo 21). Tuttavia, qualora gli Stati contraenti convengano di dare allo Stato R che applica il metodo dell’esenzione un diritto limitato di tassazione in quanto Stato di origine dei dividendi o degli interessi entro i limiti fissati nel paragrafo 2 dell’articolo 10 o 11 (vedere il paragrafo 5 del Commentario all’articolo 21), allora i due Stati dovrebbero anche concordare un credito da riconoscere allo Stato E per l’imposta riscossa dallo Stato R, sulla falsariga del paragrafo 2 dell’articolo 23 A o del paragrafo 1 dell’articolo 23 B.”
Il paragrafo 9 è stato precedentemente modificato il 29 aprile 2000, cancellando le parole “o una base fissa” e “o una base fissa”, dal rapporto intitolato “The 2000 Update to the OECD Model Tax Convention”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000 sulla base dell’allegato di un altro rapporto intitolato “Issues Related to Article 14 of the OECD Model Tax Convention” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 27 gennaio 2000). Nel Modello di Convenzione del 1977 e fino al 29 aprile 2000, il paragrafo 9 recitava come segue:
“9. Qualora un residente dello Stato contraente R ricavi un reddito dallo stesso Stato R tramite una stabile organizzazione o una base fissa che ha nell’altro Stato contraente E, lo Stato E può tassare tale reddito (ad eccezione del reddito derivante da beni immobili situati nello Stato R) se è attribuibile a detta stabile organizzazione o base fissa (paragrafo 2 dell’articolo 21). Anche in questo caso, lo Stato R deve concedere un’agevolazione ai sensi dell’articolo 23 A o dell’articolo 23 B per il reddito attribuibile alla stabile organizzazione o base fissa situata nello Stato E, nonostante il fatto che il reddito in questione provenga originariamente dallo Stato R (cfr. paragrafo 5 del Commentario all’articolo 21). Tuttavia, qualora gli Stati contraenti convengano di dare allo Stato R che applica il metodo dell’esenzione un diritto limitato di tassazione in quanto Stato di origine dei dividendi o degli interessi entro i limiti stabiliti nel paragrafo 2 degli articoli 10 o 11 (cfr. paragrafo 5 del Commentario all’articolo 21), allora i due Stati dovrebbero anche concordare un credito da riconoscere allo Stato E per l’imposta riscossa dallo Stato R, conformemente al paragrafo 2 dell’articolo 23 A o al paragrafo 1 dell’articolo 23 A.

Il paragrafo 9 della bozza di Convenzione del 1963 è stato sostituito quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 9 e il titolo precedente sono stati modificati e un nuovo paragrafo 9 è stato aggiunto. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 9 e il titolo precedente recitavano come segue:
“1. Il sistema di esenzione
9. Questo sistema implica che lo Stato al quale la Convenzione non ha conferito il diritto di tassare un certo reddito ometterà tale reddito quando determinerà l’importo che è soggetto all’imposta sul reddito in tale Stato.”

Paragrafo 9.1: Aggiunto il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “Aggiornamento 2017 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017. Il nuovo paragrafo 9.1 corrisponde in parte alle ultime tre frasi del paragrafo 5 del Commentario all’articolo 21, come formulato prima del 21 novembre 2017.
Paragrafo 10: Modificato il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “The 2017 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017. Dopo il 17 luglio 2008 e fino al 21 novembre 2017, il paragrafo 10 recitava come segue:
“10. Qualora un residente dello Stato R ricavi un reddito da uno Stato terzo tramite una stabile organizzazione che ha nello Stato E, tale Stato E può tassare tale reddito (ad eccezione del reddito derivante da beni immobili situati nello Stato terzo) se è attribuibile a tale stabile organizzazione (paragrafo 2 dell’articolo 21). Lo Stato R deve concedere un’esenzione ai sensi dell’articolo 23 A o dell’articolo 23 B in relazione al reddito attribuibile alla stabile organizzazione nello Stato E. Non vi è alcuna disposizione nella Convenzione che preveda un’esenzione da parte dello Stato contraente E per le imposte riscosse nello Stato terzo in cui il reddito deriva; tuttavia, ai sensi del paragrafo 3 dell’articolo 24, qualsiasi esenzione prevista dalle leggi nazionali dello Stato E (convenzioni sulla doppia imposizione escluse) per i residenti dello Stato E deve essere concessa anche a una stabile organizzazione nello Stato E di un’impresa dello Stato R (vedere paragrafi da 67 a 72 del Commento all’articolo 24).”
Il paragrafo 10 è stato precedentemente modificato il 17 luglio 2008, sostituendo il riferimento incrociato ai “paragrafi 49-54” del Commentario all’articolo 24 con i “paragrafi 67-72”, mediante la relazione intitolata “L’aggiornamento del 2008 del modello di Convenzione fiscale”, adottata dal Consiglio dell’OCSE il 17 luglio 2008. Dopo il 28 gennaio 2003 e fino al 17 luglio 2008, il paragrafo 10 era formulato come segue:
“10. Qualora un residente dello Stato R ricavi un reddito da uno Stato terzo tramite una stabile organizzazione che ha nello Stato E, tale Stato E può tassare tale reddito (ad eccezione del reddito derivante da beni immobili situati nello Stato terzo) se è attribuibile a tale stabile organizzazione (paragrafo 2 dell’articolo 21). Lo Stato R deve concedere un’esenzione ai sensi dell’articolo 23 A o dell’articolo 23 B in relazione al reddito attribuibile alla stabile organizzazione nello Stato E. Non vi è alcuna disposizione nella Convenzione che preveda un’esenzione da parte dello Stato contraente E per le imposte riscosse nello Stato terzo in cui il reddito deriva; tuttavia, ai sensi del paragrafo 3 dell’articolo 24, qualsiasi esenzione prevista dalle leggi nazionali dello Stato E (convenzioni sulla doppia imposizione escluse) per i residenti dello Stato E deve essere concessa anche a una stabile organizzazione nello Stato E di un’impresa dello Stato R (cfr. paragrafi da 49 a 54 del Commentario all’articolo 24).”
Il paragrafo 10 è stato precedentemente modificato il 28 gennaio 2003, sostituendo il riferimento incrociato al “paragrafo 4 dell’articolo 24” con il “paragrafo 3 dell’articolo 24”. Tale modifica riguardava l’attuazione della nuova designazione del paragrafo 2 dell’articolo 24 da parte del rapporto intitolato “La revisione della Convenzione modello”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992. Dopo il 29 aprile 2000 e fino al 28 gennaio 2003, il paragrafo 10 era formulato come segue:
“10. Qualora un residente dello Stato R ricavi un reddito da uno Stato terzo tramite una stabile organizzazione che ha nello Stato E, tale Stato E può tassare tale reddito (ad eccezione del reddito derivante da beni immobili situati nello Stato terzo) se è attribuibile a tale stabile organizzazione (paragrafo 2 dell’articolo 21). Lo Stato R deve concedere un’esenzione ai sensi dell’articolo 23 A o dell’articolo 23 B in relazione al reddito attribuibile alla stabile organizzazione nello Stato E. Non vi è alcuna disposizione nella Convenzione che preveda un’esenzione da parte dello Stato contraente E per le imposte riscosse nello Stato terzo in cui il reddito deriva; tuttavia, ai sensi del paragrafo 4 dell’articolo 24, qualsiasi esenzione prevista dalle leggi nazionali dello Stato E (convenzioni sulla doppia imposizione escluse) per i residenti dello Stato E deve essere concessa anche a una stabile organizzazione nello Stato E di un’impresa dello Stato R (cfr. paragrafi da 49 a 54 del Commentario all’articolo 24).”

Il paragrafo 10 è stato precedentemente modificato il 29 aprile 2000, cancellando le parole “o una base fissa” e “o una base fissa”, dal rapporto intitolato “The 2000 Update to the OECD Model Tax Convention”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato di un altro rapporto intitolato “Issues Related to Article 14 of the OECD Model Tax Convention” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000). Dopo il 23 luglio 1992 e fino al 29 aprile 2000, il paragrafo 10 recitava come segue:
“10. Qualora un residente dello Stato R ricavi un reddito da uno Stato terzo tramite una stabile organizzazione o una base fissa che ha nello Stato E, tale Stato E può tassare tale reddito (ad eccezione del reddito derivante da beni immobili situati nel terzo Stato) se è attribuibile a tale stabile organizzazione o base fissa (paragrafo 2 dell’articolo 21). Lo Stato R deve concedere un’esenzione ai sensi dell’articolo 23 A o dell’articolo 23 B in relazione al reddito attribuibile alla stabile organizzazione o alla base fissa nello Stato E. La Convenzione non prevede alcuna disposizione che preveda un’esenzione da parte dello Stato contraente E per le imposte riscosse nel terzo Stato in cui il reddito deriva; tuttavia, ai sensi del paragrafo 4 dell’articolo 24, qualsiasi esenzione prevista dalle leggi nazionali dello Stato E (convenzioni sulla doppia imposizione escluse) per i residenti dello Stato E deve essere concessa anche a una stabile organizzazione nello Stato E di un’impresa dello Stato R (cfr. paragrafi da 49 a 54 del Commentario all’articolo 24).”
Il paragrafo 10 è stato precedentemente modificato il 23 luglio 1992 dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992, sulla base del paragrafo 60 di un altro rapporto intitolato “Triangular Cases” (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992). Nel Modello di Convenzione del 1977 e fino al 23 luglio 1992, il paragrafo 10 recitava come segue:
“10. Qualora un residente dello Stato R ricavi un reddito da uno Stato terzo tramite una stabile organizzazione o una base fissa che ha nello Stato E, tale Stato E può tassare tale reddito (ad eccezione del reddito derivante da beni immobili situati nel terzo Stato) se è attribuibile a tale stabile organizzazione o base fissa (paragrafo 2 dell’articolo 21). Lo Stato R deve concedere un’esenzione ai sensi dell’articolo 23 A o dell’articolo 23 B in relazione al reddito attribuibile alla stabile organizzazione o alla base fissa nello Stato E. La Convenzione non prevede alcuna disposizione che preveda un’esenzione da parte dello Stato contraente E per le imposte riscosse nel terzo Stato in cui il reddito deriva; tuttavia, ai sensi del paragrafo 4 dell’articolo 24, qualsiasi esenzione prevista dalle leggi nazionali dello Stato E (convenzioni sulla doppia imposizione escluse) per i residenti dello Stato E deve essere concessa anche a una stabile organizzazione nello Stato E di un’impresa dello Stato R (cfr. paragrafi da 51 a 55 del Commentario all’articolo 24). I casi in cui sono coinvolti più di due Stati (casi triangolari) sollevano molti problemi in merito ai quali non solo la convenzione tra gli Stati R ed E, ma anche le convenzioni tra gli Stati R e/o E con lo Stato S possono entrare in gioco. Si potrebbe sostenere che una disposizione in una convenzione tra lo Stato R e lo Stato E che obblighi lo Stato E a concedere un credito o un’esenzione per il reddito derivante da uno Stato terzo comporta un trattamento più favorevole della stabile organizzazione rispetto a quello concesso dallo Stato E ai propri residenti, e che l’effetto dell’applicazione combinata delle leggi nazionali e di una o più convenzioni può persino comportare un doppio o multiplo sollievo. È quindi lasciato agli Stati contraenti risolvere la questione bilateralmente, sia in generale in una convenzione da concludere tra loro, sia tramite una procedura di mutuo accordo (articolo 25).”
Il paragrafo 10 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato sostituito quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 10 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 14 (vedere la cronologia del paragrafo 14) ed è stato aggiunto un nuovo paragrafo 10.
Paragrafo 11: Sostituita quando il modello di Convenzione del 1977 fu adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 11 della bozza di Convenzione del 1963 fu cancellato e ne fu aggiunto un nuovo. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata da

il Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 11 recitava come segue:
“11. Quando il sistema di esenzione è adottato nelle Convenzioni e allo Stato di residenza non è concesso il diritto di tassare, esso segue normalmente la forma descritta alla lettera (b).”
Paragrafo 11.1: Aggiunto il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “Aggiornamento 2017 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017.
Paragrafo 11.2: Aggiunto il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “Aggiornamento 2017 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017.
Paragrafo 12: Corrisponde al paragrafo 8 della bozza di Convenzione del 1963, come era formulata prima dell’11 aprile 1977. In quella data, il paragrafo 12 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 15 (vedere la cronologia del paragrafo 15) e il titolo precedente è stato modificato e spostato con esso quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 8 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 12 della Convenzione modello del 1977 e il titolo precedente è stato modificato e spostato con esso. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 8 e il titolo precedente recitavano come segue:
“B. Descrizione dei metodi per evitare la doppia imposizione
8. Uno studio della Convenzione conclusa tra i paesi membri dell’OCSE mostra che due principi guida sono seguiti per evitare la doppia imposizione. Per semplicità, di seguito si fa riferimento solo all’imposta sul reddito, ma i principi si applicano in modo simile all’imposta sul capitale.”
Paragrafo 13: Sostituito quando il modello di Convenzione del 1977 fu adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 13 del progetto di Convenzione del 1963 fu modificato e rinumerato come paragrafo 16 (vedere la cronologia del paragrafo 16) e fu aggiunto un nuovo paragrafo 13.
Paragrafo 14: Corrisponde al paragrafo 10 della bozza di Convenzione del 1963, come era formulata prima dell’11 aprile 1977. In quella data, il paragrafo 14 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 17 (vedere la cronologia del paragrafo 17) quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 10 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 14 della Convenzione modello del 1977. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 10 recitava come segue:
“10. Il sistema di esenzione si riscontra in due diverse forme:
a) Il reddito in questione può essere escluso del tutto, cosicché lo Stato interessato non ha il diritto di prendere in considerazione tale reddito quando determina l’aliquota d’imposta da imporre sul resto del reddito. In seguito, questo metodo è denominato “esenzione totale”.
b) Il reddito in questione viene escluso, ma lo Stato interessato conserva il diritto di prendere in considerazione tale reddito quando determina l’aliquota d’imposta da imporre sul resto del reddito. In seguito questo metodo è denominato “esenzione con progressione”.
Paragrafo 15: Corrisponde al paragrafo 12 del Progetto di Convenzione del 1963, come redatto prima dell’11 aprile 1977. In tale data, il paragrafo 15 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 18 (vedere la cronologia del paragrafo 18) e il titolo precedente è stato modificato e spostato con esso quando il Modello di Convenzione del 1977 è stato adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Allo stesso tempo, il paragrafo 12 di

la bozza di Convenzione del 1963 è stata modificata e rinumerata come paragrafo 15 della Convenzione modello del 1977 e il titolo precedente è stato modificato e spostato con essa. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 12 e il titolo precedente recitavano come segue:
“2. Il sistema creditizio
12. L’adozione di questo sistema implica che lo Stato che lo applica imponga l’imposta sulla base del reddito complessivo del contribuente, comprensivo del reddito proveniente da un altro Stato, e poi consenta una detrazione dalla propria imposta per l’imposta pagata in quell’altro Stato.”
Paragrafo 16: Corrisponde al paragrafo 13 della bozza di Convenzione del 1963, come era formulata prima dell’11 aprile 1977. In quella data, il paragrafo 16 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 19 (vedere la cronologia del paragrafo 19) quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 13 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 16 della Convenzione modello del 1977. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 13 recitava come segue:
“13. Il sistema creditizio si riscontra in diverse forme:
a) La detrazione accordata dallo Stato di residenza può essere limitata in modo che la detrazione non superi quella parte della propria imposta appropriata al reddito proveniente dall’altro Stato. In seguito questo metodo è denominato “credito ordinario”.
b) In alcune forme del sistema di credito lo Stato di residenza consente una detrazione dell’importo totale delle imposte pagate nello Stato di origine. Di seguito questo metodo è denominato “credito completo”.
c) Sono possibili ulteriori varianti del sistema di credito, ad esempio laddove lo Stato di residenza limiti la detrazione a un importo non superiore all’imposta che avrebbe imposto su tale reddito se il contribuente non avesse avuto altri redditi.”
Paragrafo 17: Corrisponde al paragrafo 14 del Progetto di Convenzione del 1963, come redatto prima dell’11 aprile 1977. In quella data, il paragrafo 17 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato modificato e incorporato nei paragrafi 20 e 23 (vedere la cronologia del paragrafo 20) e la Tabella I che seguiva il paragrafo 17 è stata modificata e spostata immediatamente dopo il paragrafo 23 (vedere la cronologia del paragrafo 23) quando il Modello di Convenzione del 1977 è stato adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 14 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 17 del Modello di Convenzione del 1977. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione del Modello di Convenzione del 1977, il paragrafo 14 recitava come segue:
“14. Fondamentalmente la differenza tra il sistema di esenzione e il sistema di credito è che il sistema di esenzione considera il reddito, il sistema di credito l’imposta sul reddito.”
Paragrafo 18: Corrisponde al paragrafo 15 della bozza di Convenzione del 1963, come era formulata prima dell’11 aprile 1977. In quella data, il paragrafo 18 della bozza di Convenzione del 1963 è stato cancellato quando il modello di Convenzione del 1977 è stato adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 15 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 18 e il titolo precedente è stato modificato e spostato con esso. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione del modello di Convenzione del 1977, il paragrafo 15 e il titolo precedente recitavano come segue:
“C.Le funzioni e gli effetti dei metodi

“15. Un esempio in cifre faciliterà la spiegazione degli effetti dei vari metodi. Supponiamo che il reddito sia di 100.000, 80.000 derivanti da uno Stato (lo Stato di residenza) e 20.000 derivanti dall’altro Stato (lo Stato di origine). Supponiamo che nello Stato di residenza l’aliquota d’imposta su un reddito di 100.000 sia del 35 percento e che l’aliquota d’imposta su un reddito di 80.000 sia del 30 percento. Supponiamo anche che nello Stato di origine l’aliquota d’imposta sia: (i) del 20 percento o
(ii) il 40 per cento, cosicché l’imposta da pagare è (i) il 20 per cento di 20.000 = 4.000 o
(ii) Il 40 per cento di 20.000 = 8.000.”
Il paragrafo 18 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato cancellato quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 18 recitava come segue:
“18. In base al sistema di esenzione, lo Stato di residenza limita la propria imposizione fiscale a quella parte del reddito totale che, in conformità con i vari articoli di una Convenzione, ha il diritto di tassare. Imporrà la tassa su quella parte del reddito o all’aliquota fiscale applicabile a quell’importo di reddito (esenzione totale) o all’aliquota fiscale applicabile al reddito totale ovunque provenga (esenzione con progressione). In entrambi i casi, il livello dell’imposta nello Stato di origine non avrebbe alcuna influenza sull’importo dell’imposta rinunciato dallo Stato di residenza.”
Paragrafo 19: Corrisponde al paragrafo 16 del Progetto di Convenzione del 1963, come formulato prima dell’11 aprile 1977. In quella data, il paragrafo 19 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato cancellato quando il Modello di Convenzione del 1977 è stato adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 16 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 19. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione del Modello di Convenzione del 1977, il paragrafo 16 recitava come segue:
“16. Se il reddito totale del contribuente di 100.000 deriva dallo Stato di residenza, la sua imposta sarebbe di 35.000. Se avesse un reddito dello stesso importo derivato nel modo sopra esposto e, se non ci fosse alcuna Convenzione tra lo Stato di residenza e lo Stato di origine, l’importo totale dell’imposta sarebbe, nel caso (i), 35.000 + 4.000 = 39.000 e, nel caso (ii), 35.000 + 8.000 = 43.000.”
Il paragrafo 19 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato cancellato quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 19 recitava come segue:
“19. Con il sistema di esenzione, se l’aliquota d’imposta nello Stato di origine fosse più bassa, il contribuente se la caverebbe meglio di un contribuente con lo stesso reddito totale derivante esclusivamente nello Stato di residenza. Negli esempi forniti, l’imposta nel caso di esenzione totale sarebbe di 28.000 e, nel caso di esenzione con progressione, di 32.000, rispetto a 35.000 se il reddito totale derivasse esclusivamente nello Stato di residenza.”
Paragrafo 20: Corrisponde alla prima frase e ai sottoparagrafi a) e b) del paragrafo 17 della bozza di Convenzione del 1963. Il paragrafo 20 della bozza di Convenzione del 1963 è stato eliminato quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 17 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e incorporato nei paragrafi 20 e 23 e la tabella che segue il paragrafo 17 è stata modificata e spostata immediatamente dopo il paragrafo 23 (vedere la cronologia del paragrafo 23). Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 17 recitava come segue:

“17. Se venisse conclusa una Convenzione tra i due Stati, basata su uno dei seguenti metodi, i rispettivi risultati in cifre sarebbero:
a) Esenzione totale:
L’imposta nello Stato di residenza sarebbe pari al 30 per cento di 80.000 = 24.000. L’importo totale dell’imposta dovuta sarebbe pertanto, nel caso (i), 24.000 + 4.000 = 28.000 e, nel caso (ii), 24.000 + 8.000 = 32.000.
b) Esenzione con progressione:
L’imposta nello Stato di residenza sarebbe pari al 35 per cento di 80.000 = 28.000. L’importo totale dell’imposta da pagare sarebbe pertanto, nel caso (i), 28.000 + 4.000 = 32.000 e, nel caso (ii), 28.000 + 8.000 = 36.000.
c) Credito ordinario:
Lo Stato di residenza calcolerebbe l’imposta sul reddito totale a un’aliquota del 35 per cento, ovvero 35.000. L’importo dell’imposta nello Stato di residenza corrispondente al reddito dello Stato di origine sarebbe il 35 per cento di 20.000 = 7.000 (credito massimo). Nel caso (i) l’imposta nello Stato di origine sarebbe di 4.000 e lo Stato di residenza consentirebbe una detrazione di tale importo poiché la questione della restrizione non si pone. L’imposta nello Stato di residenza sarebbe quindi di 35.000 – 4.000 = 31.000. L’importo totale dell’imposta sarebbe di 31.000 + 4.000 = 35.000. Nel caso (ii) l’imposta nello Stato di origine sarebbe di 8.000 e lo Stato di residenza consentirebbe una detrazione di soli 7.000, questo è l’importo del credito massimo. L’imposta nello Stato di residenza sarebbe quindi pari a 35.000 – 7.000 = 28.000. L’importo totale dell’imposta sarebbe pari a 28.000 + 8.000 = 36.000.
d) Credito completo:
Lo Stato di residenza calcolerebbe l’imposta sul reddito totale a un’aliquota del 35 percento, ovvero 35.000. Nel caso (i) l’imposta nello Stato di origine sarebbe di 4.000 e lo Stato di residenza consentirebbe una detrazione di tale importo. L’imposta nello Stato di residenza sarebbe quindi di 35.000 – 4.000 = 31.000 e l’importo totale dell’imposta sarebbe di 31.000 + 4.000 = 35.000. Nel caso (ii) l’imposta nello Stato di origine sarebbe di 8.000 e lo Stato di residenza consentirebbe una detrazione di tale importo. L’imposta nello Stato di residenza 8.000 = 35.000.”
Il paragrafo 20 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato cancellato quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 20 recitava come segue:
“20. Se l’aliquota d’imposta nello Stato di origine fosse più elevata, il risultato, nel caso di esenzione con progressione, sarebbe sfavorevole per il contribuente. Negli esempi forniti per il caso (ii) al paragrafo 15, la cifra sarebbe di 36.000, rispetto a 35.000 se il reddito totale fosse sorto nello Stato di residenza. Ma nel caso di esenzione totale, il risultato, nell’esempio fornito, sarebbe a favore del contribuente, vale a dire 32.000, rispetto a 35.000.”
Paragrafo 21: Sostituito quando il Modello di Convenzione del 1977 fu adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. A quel tempo, il paragrafo 21 della Bozza di Convenzione del 1963 fu eliminato e un nuovo paragrafo 21 fu aggiunto quando fu adottata la Convenzione modello del 1977. Nella Bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 21 recitava come segue:
“21. In base a queste forme di esenzione lo Stato di residenza rinuncerebbe all’imposta come segue:
a) Esenzione totale:
11.000 indipendentemente dal fatto che l’imposta nello Stato di origine sia pari a 4.000 o 8.000.

b) Esenzione con progressione:
7.000 indipendentemente dal fatto che l’imposta nello Stato di origine sia pari a 4.000 o 8.000.”
Paragrafo 22: Sostituito quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 22 della bozza di Convenzione del 1963 fu modificato e rinumerato come paragrafo 24 (vedere la cronologia del paragrafo 24) e fu aggiunto un nuovo paragrafo 22.
Paragrafo 23: Le tabelle che seguono il paragrafo 23 sono state spostate immediatamente dopo il paragrafo 27 (vedere la cronologia del paragrafo 27) il 23 luglio 1992 dal rapporto intitolato “La revisione della Convenzione modello”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992.
Il paragrafo 23 della bozza di Convenzione del 1963 è stato sostituito quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 23 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 25 (vedere la cronologia del paragrafo 25) ed è stato aggiunto un nuovo paragrafo 23. Allo stesso tempo, le Tabelle I e II che seguivano rispettivamente i paragrafi 17 e 28 sono state modificate e spostate immediatamente dopo il paragrafo 23. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, le Tabelle I e II, che in precedenza seguivano rispettivamente i paragrafi 17 e 28, recitavano come segue:

TABELLA I. IMPORTO TOTALE DELL’IMPOSTA NEI DIVERSI CASI SOPRA ILLUSTRATI

I. Tutti i redditi derivanti dallo Stato di residenza: tassa 35.000
II. Reddito derivante da due Stati, vale a dire 80.000 nello Stato di residenza e 20.000 nello Stato di provenienza. Imposta nello Stato di origine 4.000 (caso i) Imposta nello Stato di origine 8.000 (caso II)
Nessuna convenzione 39.000 43.000
UN) Esenzione totale 28.000 32.000
B) Esenzione con progressione 32.000 36.000
C) Credito ordinario 35.000 36.000
D) Credito completo 35.000 35.000

TABELLA II. IMPORTO DELL’IMPOSTA RIMBORSATA DALLO STATO DI RESIDENZA

Imposta nello Stato di origine Imposta nello Stato di origine
4.000 (caso i) 8.000 (caso II)
Nessuna convenzione 0 0
UN) Esenzione totale 11.000 11.000
B) Esenzione con progressione 7.000 7.000
C) Credito ordinario 4.000 7.000
D) Credito completo 4.000 8.000

Paragrafo 24: Corrisponde al paragrafo 22 del Progetto di Convenzione del 1963, come redatto prima dell’11 aprile 1977. In quella data, il paragrafo 24 del Progetto di Convenzione del 1963 era

modificato e rinumerato come paragrafo 27 (vedere la cronologia del paragrafo 27) quando il Modello di Convenzione del 1977 fu adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 22 del Progetto di Convenzione del 1963 fu modificato e rinumerato come paragrafo 24 del Modello di Convenzione del 1977. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione del Modello di Convenzione del 1977, il paragrafo 22 recitava come segue:
“22. Nel sistema di credito lo Stato di residenza conserva il diritto di tassare il reddito complessivo del contribuente, ma rispetto all’imposta così imposta consente una certa detrazione. Una caratteristica dei sistemi di credito descritti sopra è che lo Stato di residenza non è mai obbligato a consentire una detrazione maggiore dell’imposta pagata nello Stato di origine.”
Paragrafo 25: Corrisponde al paragrafo 23 del Progetto di Convenzione del 1963, come formulato prima dell’11 aprile 1977. In tale data, il paragrafo 25 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato cancellato e il paragrafo 23 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 25 quando il Modello di Convenzione del 1977 è stato adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione del Modello di Convenzione del 1977, il paragrafo 23 recitava come segue:
“23. Qualora l’imposta nello Stato di origine sia inferiore, il contribuente dovrà sempre pagare lo stesso importo di imposta che avrebbe dovuto pagare se fosse stato tassato esclusivamente nello Stato di residenza. [Nel caso (i) 35.000 — 4.000 + 4.000 = 35.000.]”
Il paragrafo 25 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato cancellato quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 25 recitava come segue:
“25. Se l’imposta nello Stato di origine fosse più elevata e lo Stato di residenza consentisse il credito completo, il contribuente dovrebbe pagare lo stesso importo di imposta come se fosse tassato esclusivamente nello Stato di residenza. [Nel caso (ii) 35.000 – 8.000 + 8.000 = 35.000.]”
Paragrafo 26: Corrisponde al paragrafo 28 del Progetto di Convenzione del 1963, come formulato prima dell’11 aprile 1977. In tale data, il paragrafo 26 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato cancellato quando il Modello di Convenzione del 1977 è stato adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 28 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 26 e il titolo precedente è stato spostato immediatamente prima del paragrafo 29. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione del Modello di Convenzione del 1977, il paragrafo 28 recitava come segue:
“28. Un sistema in cui lo Stato di residenza rinuncia alla parte della propria imposta appropriata al reddito proveniente dallo Stato di fonte — indipendentemente dall’imposta pagata nello Stato di fonte — produce lo stesso risultato di un sistema di esenzione con progressione.”
Il paragrafo 26 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato cancellato quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 26 recitava come segue:
“26. Nelle varie forme del sistema di credito sopra descritte, lo Stato di residenza non rinuncia mai a un importo della sua imposta superiore all’imposta riscossa nello Stato di origine. Ciò sottolinea una distinzione fondamentale tra il sistema di credito e quello di esenzione.”
Paragrafo 27: Le tabelle che seguono il paragrafo 27 corrispondono alle tabelle che seguivano il paragrafo 23, come erano scritte prima del 23 luglio 1992. Le tabelle sono state ricollocate da

il rapporto intitolato “La revisione della Convenzione modello”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992.
Il paragrafo 27 corrisponde al paragrafo 24 della bozza di Convenzione del 1963. Il paragrafo 27 della bozza di Convenzione del 1963 è stato eliminato quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 24 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 27. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 24 recitava come segue:
“24. Laddove l’imposta nello Stato di origine sia più elevata e la detrazione sia limitata alla parte appropriata dell’imposta imposta nello Stato di residenza, il contribuente non otterrà una detrazione per l’intero importo dell’imposta pagata nello Stato di origine. In tal caso, il risultato sarebbe meno favorevole per il contribuente rispetto a quello dell’intero reddito generato nello Stato di residenza. [Nel caso (ii) 35.000 — 7.000 + 8.000 = 36.000.]”
Il paragrafo 27 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato cancellato quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione del Modello di Convenzione del 1977, il paragrafo 27 recitava come segue:
“27. Negli esempi sopra menzionati lo Stato di residenza rinuncia ai seguenti importi di imposta:
a) Credito ordinario:
Dove l’imposta nello Stato di origine è di 4.000 4.000
Dove l’imposta nello Stato di origine è di 8.000 7.000

b) Credito completo:
Dove l’imposta nello Stato di origine è di 4.000 4.000
Dove l’imposta nello Stato di origine è di 8.000 7.000
Paragrafo 28: Corrisponde al paragrafo 29 del Progetto di Convenzione del 1963, come redatto prima dell’11 aprile 1977. In quella data, il paragrafo 28 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 26 (vedere la cronologia del paragrafo 26) e la Tabella II, che seguiva il paragrafo 28, è stata modificata e spostata immediatamente dopo il paragrafo 23 (vedere la cronologia del paragrafo 23) quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 29 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 28 della Convenzione modello del 1977 e il titolo precedente è stato spostato con esso. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 29 recitava come segue:
“29. Nelle Convenzioni concluse tra i Paesi membri dell’OCSE sono stati adottati entrambi i sistemi. Alcuni Stati hanno una preferenza per un sistema, altri hanno una preferenza per l’altro. Teoricamente un singolo sistema potrebbe essere ritenuto più desiderabile, ma, in base alle preferenze a cui si fa riferimento, ogni Stato è stato lasciato libero di fare la propria scelta. D’altro canto, si è ritenuto importante limitare all’interno di ciascun sistema il numero di metodi da impiegare.”
Paragrafo 29: Corrisponde in parte al paragrafo 29 del Progetto di Convenzione del 1963. Il paragrafo 29 del Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963), è stato modificato e incorporato nei paragrafi 28 e 29 (vedere la cronologia del paragrafo 28) quando il Modello di Convenzione del 1977 è stato adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il titolo che precede il paragrafo 29 è stato spostato immediatamente prima del paragrafo 28.

Paragrafo 30: Modificato quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. Nel progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 30 recitava come segue:
“30. In considerazione di questa limitazione, gli Articoli sono stati redatti in modo che i Paesi membri siano liberi di scegliere tra due metodi: il metodo dell’esenzione con progressione [Articolo 23(A)] e il metodo del credito ordinario [Articolo 23(B)]. Se due Stati contraenti adottano entrambi lo stesso metodo, sarà sufficiente che l’Articolo pertinente sia inserito nella Convenzione. D’altro canto, se i due Stati contraenti adottano metodi diversi, il nome dello Stato deve essere inserito ciascuno nell’Articolo appropriato, secondo il metodo adottato da quello Stato.”
Paragrafo 31: Modificato il 17 luglio 2008 dal rapporto intitolato “The 2008 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 17 luglio 2008, sulla base di un altro rapporto intitolato “Tax Treaty Issues Relating to REITs” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 giugno 2008). Nel Modello di Convenzione del 1977 e fino al 17 luglio 2008, il paragrafo 31 recitava come segue:
“31. Gli Stati contraenti possono utilizzare una combinazione dei due metodi. Tale combinazione è effettivamente necessaria per uno Stato contraente R che adotta generalmente il metodo di esenzione nel caso di reddito che ai sensi degli articoli 10 e 11 può essere soggetto a un’imposta limitata nell’altro Stato contraente S. In tal caso, l’articolo 23 A prevede al paragrafo 2 un credito per l’imposta limitata riscossa nell’altro Stato contraente S. Inoltre, gli Stati che in generale adottano il metodo di esenzione possono desiderare di escludere voci specifiche di reddito dall’esenzione e di applicare a tali voci il metodo del credito. In tal caso, il paragrafo 2 dell’articolo 23 A potrebbe essere modificato per includere queste voci di reddito.”
Il paragrafo 31 della bozza di Convenzione del 1963 è stato sostituito quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 31 della bozza di Convenzione del 1963 è stato eliminato e ne è stato aggiunto uno nuovo. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 31 recitava come segue:
“31. Forse potrebbe essere interessante aggiungere che, in circostanze particolari, entrambi i metodi potrebbero essere combinati con vantaggio. Pertanto, si noterà dal paragrafo 39 che il paragrafo 2 dell’articolo 23 (A) – l’articolo di esenzione – è redatto in conformità con il metodo del credito, e dai paragrafi da 47 a 51 che l’adozione del metodo di esenzione, rispetto al tipo di reddito ivi menzionato, eviterebbe le difficoltà che sorgono con il metodo del credito.”
Paragrafo 31.1: Modificato il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “The 2017 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017. Dopo il 28 gennaio 2003 e fino al 21 novembre 2017, il paragrafo 31.1 recitava come segue:
“31.1 Un esempio in cui il paragrafo 2 potrebbe essere modificato in tal modo è quando uno Stato che adotta generalmente il metodo di esenzione ritiene che tale metodo non debba applicarsi a voci di reddito che beneficiano di un trattamento fiscale preferenziale nell’altro Stato in ragione di una misura fiscale che è stata introdotta in tale Stato dopo la data di firma della Convenzione. Al fine di includere queste voci di reddito, il paragrafo 2 potrebbe essere modificato come segue:
2. Quando un residente di uno Stato contraente ricava un elemento di reddito che
a) conformemente alle disposizioni degli articoli 10 e 11, possono essere tassati nell’altro Stato contraente, o

b) conformemente alle disposizioni della presente Convenzione, può essere assoggettata a tassazione nell’altro Stato contraente ma che beneficia di un trattamento fiscale preferenziale in tale altro Stato a causa di una misura fiscale
(i) che è stato introdotto nell’altro Stato contraente dopo la data della firma della Convenzione, e
(ii) per i quali tale Stato ha notificato alle autorità competenti dell’altro Stato contraente, prima che l’elemento di reddito sia così derivato e previa consultazione con tale altro Stato, che il presente paragrafo si applica,
il primo Stato menzionato deve consentire come deduzione dall’imposta sul reddito di tale residente un importo pari all’imposta pagata in tale altro Stato. Tale deduzione non deve tuttavia eccedere quella parte dell’imposta, come calcolata prima che la deduzione sia data, che è attribuibile a tale voce di reddito derivata da tale altro Stato.”
Il paragrafo 31.1 è stato aggiunto il 28 gennaio 2003 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2002 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 28 gennaio 2003, sulla base di un altro rapporto intitolato “Limitazione del diritto ai benefici previsti dal trattato” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 7 novembre 2002).
Paragrafo 32: Sostituito quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 32 della bozza di Convenzione del 1963 fu modificato e incorporato nei paragrafi 33 e 34 (vedere la cronologia del paragrafo 33) e fu aggiunto un nuovo paragrafo 32. Allo stesso tempo, i titoli che precedevano il paragrafo 32 furono modificati e spostati immediatamente prima del paragrafo 33.
Paragrafo 32.1: Il paragrafo 32.1 e il titolo che lo precede sono stati aggiunti il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato I di un altro rapporto intitolato “Applicazione del modello di convenzione fiscale dell’OCSE alle società di persone” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999).
Paragrafo 32.2: Modificato il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “Aggiornamento 2017 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017. Dopo il 29 aprile 2000 e fino al 21 novembre 2017, il paragrafo 32.2 recitava come segue:
“32.2 L’interpretazione della frase “conformemente alle disposizioni della presente Convenzione, possono essere tassati”, utilizzata in entrambi gli articoli, è particolarmente importante quando si tratta di casi in cui lo Stato di residenza e lo Stato della fonte classificano lo stesso elemento di reddito o capitale in modo diverso ai fini delle disposizioni della Convenzione.”
Il paragrafo 32.2 è stato aggiunto il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato I di un altro rapporto intitolato “Applicazione del modello di convenzione fiscale dell’OCSE alle società di persone” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999).
Paragrafo 32.3: Aggiunto il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato I di un altro rapporto intitolato “Applicazione del modello di convenzione fiscale dell’OCSE alle società di persone” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999).
Paragrafo 32.4: Modificato il 28 gennaio 2003, sostituendo le parole “paragrafo 4 dell’articolo 13” nella sesta frase, con “paragrafo 5 dell’articolo 13”, dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2002 del modello di convenzione fiscale”, adottato dall’OCSE

Consiglio il 28 gennaio 2003. Dopo il 29 aprile 2000 e fino al 28 gennaio 2003, il paragrafo 32.4 recitava come segue:
“32.4 Questo punto può essere illustrato dal seguente esempio. Un’attività è svolta tramite una stabile organizzazione nello Stato E da una partnership costituita in quello Stato. Un partner, residente nello Stato R, aliena il suo interesse in quella partnership. Lo Stato E tratta la partnership come fiscalmente trasparente mentre lo Stato R la tratta come entità imponibile. Lo Stato E ritiene pertanto che l’alienazione della quota nella partnership sia, ai fini della sua Convenzione con lo Stato R, un’alienazione da parte del socio dei beni sottostanti l’attività svolta dalla partnership, che può essere tassata da tale Stato in conformità al paragrafo 1 o 2 dell’articolo 13. Lo Stato R, poiché tratta la partnership come un’entità imponibile, ritiene che l’alienazione della quota nella partnership sia simile all’alienazione di una quota in una società, che non potrebbe essere tassata dallo Stato E in ragione del paragrafo 4 dell’articolo 13. In tal caso, il conflitto di qualificazione deriva esclusivamente dal diverso trattamento delle partnership nelle leggi nazionali dei due Stati e lo Stato E deve essere considerato dallo Stato R come avente tassato il guadagno derivante dall’alienazione “in conformità alle disposizioni della Convenzione” ai fini dell’applicazione dell’articolo 23 A o dell’articolo 23 B. Lo Stato R deve pertanto concedere un’esenzione ai sensi dell’articolo 23 A o concedere un credito ai sensi dell’articolo 23 B indipendentemente dal fatto che, ai sensi della sua stessa legge nazionale, tratta il guadagno da alienazione come reddito derivante dalla cessione di azioni in un’entità aziendale e che, se la qualificazione del reddito da parte dello Stato E fosse coerente con quella dello Stato R, lo Stato R non dovrebbe concedere agevolazioni ai sensi dell’articolo 23 A o dell’articolo 23 B. In tal caso non si verificherà pertanto alcuna doppia imposizione”.
Il paragrafo 32.4 è stato aggiunto il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato I di un altro rapporto intitolato “Applicazione del modello di convenzione fiscale dell’OCSE alle società di persone” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999).
Paragrafo 32.5: Modificato il 28 gennaio 2003, sostituendo le parole “paragrafo 4” nella seconda frase, con “paragrafo 5”, dal rapporto intitolato “The 2002 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 28 gennaio 2003. Dopo il 29 aprile 2000 e fino al 28 gennaio 2003, il paragrafo 32.5 recitava come segue:
“32.5 L’articolo 23 A e l’articolo 23 B, tuttavia, non richiedono che lo Stato di residenza elimini la doppia imposizione in tutti i casi in cui lo Stato della fonte ha imposto la propria imposta applicando a una voce di reddito una disposizione della Convenzione diversa da quella che lo Stato di residenza ritiene applicabile. Ad esempio, nell’esempio di cui sopra, se, ai fini dell’applicazione del paragrafo 2 dell’articolo 13, lo Stato E ritiene che la partnership abbia svolto attività tramite una sede fissa di attività, ma lo Stato R ritiene che il paragrafo 4 si applichi perché la partnership non aveva una sede fissa di attività nello Stato E, vi è in realtà una controversia sul fatto che lo Stato E abbia tassato il reddito in conformità con le disposizioni della Convenzione. Lo stesso può essere detto se lo Stato E, quando applica il paragrafo 2 dell’articolo 13, interpreta la frase “che fa parte del patrimonio aziendale” in modo da includere determinati beni che non rientrerebbero nel significato di tale frase secondo l’interpretazione data dallo Stato R. Tali conflitti derivanti da una diversa interpretazione dei fatti o da una diversa interpretazione delle disposizioni della Convenzione devono essere distinti dai conflitti di qualificazione descritti nel paragrafo precedente in cui la divergenza non si basa su diverse interpretazioni delle disposizioni della Convenzione, ma su diverse disposizioni del diritto interno. Nel primo caso, lo Stato R può sostenere che lo Stato E non ha imposto la propria imposta in conformità con le disposizioni della Convenzione se ha applicato la propria imposta sulla base di quella che lo Stato R considera un’interpretazione errata della

fatti o un’interpretazione errata della Convenzione. Gli Stati dovrebbero utilizzare le disposizioni dell’articolo 25 (Procedura amichevole), e in particolare il paragrafo 3, al fine di risolvere questo tipo di conflitto in casi che altrimenti darebbero luogo a una doppia imposizione non alleviata”.
Il paragrafo 32.5 è stato aggiunto il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato I di un altro rapporto intitolato “Applicazione del modello di convenzione fiscale dell’OCSE alle società di persone” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999).
Paragrafo 32.6: Modificato il 17 luglio 2008 dal rapporto intitolato “The 2008 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 17 luglio 2008. Dopo il 29 aprile 2000 e fino al 17 luglio 2008, il paragrafo 32.6 recitava come segue:
“32.6 La frase “in conformità alle disposizioni della presente Convenzione, può essere tassato” deve essere interpretata anche in relazione a possibili casi di doppia non imposizione che possono sorgere ai sensi dell’Articolo 23 A. Qualora lo Stato di origine ritenga che le disposizioni della Convenzione gli impediscano di tassare un elemento di reddito o di capitale che altrimenti avrebbe tassato, lo Stato di residenza dovrebbe, ai fini dell’applicazione del paragrafo 1 dell’Articolo 23 A, considerare che l’elemento di reddito non può essere tassato dallo Stato di origine in conformità alle disposizioni della Convenzione, anche se lo Stato di residenza avrebbe applicato la Convenzione in modo diverso in modo da tassare tale reddito se si fosse trovato nella posizione dello Stato di origine. Pertanto, lo Stato di residenza non è tenuto dal paragrafo 1 a esentare l’elemento di reddito, un risultato che è coerente con la funzione fondamentale dell’Articolo 23 che è quella di eliminare la doppia imposizione.”
Il paragrafo 32.6 è stato aggiunto il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato I di un altro rapporto intitolato “Applicazione del modello di convenzione fiscale dell’OCSE alle società di persone” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999).
Paragrafo 32.7: Modificato il 28 gennaio 2003, sostituendo le parole “paragrafo 4 dell’articolo 13” nella quarta frase, con “paragrafo 5 dell’articolo 13”, dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2002 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 28 gennaio 2003. Dopo il 29 aprile 2000 e fino al 28 gennaio 2003, il paragrafo 32.7 recitava come segue:
“32.7 Questa situazione può essere illustrata con riferimento a una variante dell’esempio descritto sopra. Un’attività è svolta tramite una sede fissa di attività nello Stato E da una partnership costituita in tale Stato e un socio, residente nello Stato R, aliena il suo interesse in tale partnership. Cambiando i fatti dell’esempio, tuttavia, ora si presume che lo Stato E tratti la partnership come un’entità imponibile mentre lo Stato R la tratta come fiscalmente trasparente; si presume inoltre che lo Stato R sia uno Stato che applica il metodo di esenzione. Lo Stato E, poiché tratta la partnership come un’entità aziendale, ritiene che l’alienazione dell’interesse nella partnership sia simile all’alienazione di una quota in una società, che non può tassare in base al paragrafo 4 dell’articolo 13. Lo Stato R, d’altro canto, ritiene che l’alienazione dell’interesse nella partnership avrebbe dovuto essere tassabile dallo Stato E come un’alienazione da parte del socio delle attività sottostanti l’attività svolta dalla partnership a cui sarebbero stati applicabili i paragrafi 1 o 2 dell’articolo 13. Nel determinare se ha l’obbligo di esentare il reddito ai sensi del paragrafo 1 dell’articolo 23 A, lo Stato R dovrebbe tuttavia considerare che, dato il modo in cui le disposizioni della Convenzione si applicano congiuntamente al diritto interno dello Stato E, tale Stato non può tassare il reddito in conformità con

le disposizioni della Convenzione. Lo Stato R non ha quindi alcun obbligo di esentare il reddito.”
Il paragrafo 32.7 è stato aggiunto il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato I di un altro rapporto intitolato “Applicazione del modello di convenzione fiscale dell’OCSE alle società di persone” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999).
Paragrafo 32.8: Aggiunto insieme al titolo precedente il 15 luglio 2005 dalrapporto intitolato “Aggiornamento del 2005 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 15 luglio 2005, sulla base di un altro rapporto intitolato “Problemi fiscali transfrontalieri derivanti dai piani di stock option per i dipendenti” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 16 giugno 2004).
Paragrafo 33: Corrisponde a parte del paragrafo 32 della bozza di Convenzione del 1963. Il paragrafo 33 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 35 (vedere la cronologia del paragrafo 35) quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 32 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e incorporato nei paragrafi 33 e 34 della Convenzione modello del 1977 e i titoli precedenti sono stati modificati e spostati immediatamente prima del paragrafo 33. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 32 e i titoli precedenti recitano come segue:
“II. COMMENTI SULL’ARTICOLO 23 (A) (ESENZIONE)
Paragrafo 1
A. L’obbligo dello Stato di residenza di concedere l’esenzione
32. Nell’articolo è stabilito che lo Stato di residenza esenta da imposta il reddito e il capitale che, in conformità alla Convenzione, “possono essere tassati” nell’altro Stato. Lo Stato di residenza deve pertanto concedere l’esenzione indipendentemente dal fatto che il reddito o il capitale in questione siano effettivamente tassati nello Stato di origine. Ciò è in conformità con la maggior parte delle Convenzioni basate sul sistema di esenzione tra
Paesi membri dell’OCSE. È considerato il metodo più pratico poiché solleva lo Stato di residenza dall’intraprendere indagini onerose e dispendiose in termini di tempo sulla posizione fiscale effettiva nello Stato di origine.”
Paragrafo 34: Modificato il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “The 2000 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’Allegato I di un altro rapporto intitolato “The Application of the OECD Model Tax Convention to Partnerships” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999). Nel Modello di Convenzione del 1977 e fino al 29 aprile 2000, il paragrafo 34 recitava come segue:
“34. Lo Stato di residenza deve pertanto concedere l’esenzione indipendentemente dal fatto che il diritto di tassazione sia effettivamente esercitato dall’altro Stato. Questo metodo è considerato il più pratico poiché esonera lo Stato di residenza dall’intraprendere indagini sulla reale posizione fiscale nell’altro Stato.”
Il paragrafo 34 della Convenzione modello del 1977 corrispondeva a parte del paragrafo 32 della bozza di Convenzione del 1963. Il paragrafo 34 e il titolo precedente, come recitavano nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963), furono eliminati quando la Convenzione modello del 1977 fu adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 32 della bozza di Convenzione del 1963 fu modificato e incorporato nei paragrafi 33 e 34 (vedere la cronologia del paragrafo 33).
Il paragrafo 34 e il titolo precedente, come formulati nel progetto di Convenzione del 1963 e fino alla loro eliminazione avvenuta l’11 aprile 1977, quando fu adottata la Convenzione modello del 1977, recitano come segue:

“B. La riserva della progressione
34. Nella maggior parte delle Convenzioni concluse tra i Paesi membri dell’OCSE sulla base del sistema di esenzione, lo Stato di residenza conserva il diritto di prendere in considerazione l’importo del reddito o del capitale esentato quando determina l’aliquota d’imposta da imporre sul resto del reddito o del capitale. Una disposizione simile è quindi inserita nell’articolo.”
Paragrafo 34.1: Aggiunto il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato I di un altro rapporto intitolato “Applicazione del modello di convenzione fiscale dell’OCSE alle società di persone” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999).
Paragrafo 35: Modificato il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “The 2000 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’Allegato I di un altro rapporto intitolato “The Application of the OECD Model Tax Convention to Partnerships” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999). Dopo il 23 luglio 1992 e fino al 29 aprile 2000, il paragrafo 35 recitava come segue:
“35. Occasionalmente, gli Stati negoziatori possono ritenere ragionevole in determinate circostanze fare un’eccezione all’obbligo assoluto dello Stato di residenza di concedere l’esenzione. Tale potrebbe essere il caso, al fine di evitare la non tassazione, laddove ai sensi delle leggi nazionali dello Stato di origine non sia prevista alcuna imposta su voci specifiche di reddito o capitale, o l’imposta non sia effettivamente riscossa a causa di circostanze speciali quali la compensazione di perdite, un errore o la scadenza del termine legale. Per evitare la non tassazione di voci specifiche di reddito, gli Stati contraenti possono concordare di modificare l’articolo pertinente stesso (cfr. paragrafo 9 del Commentario all’articolo 15 e paragrafo 12 del Commentario all’articolo 17; per il caso inverso in cui l’esenzione nello Stato di origine è soggetta a tassazione effettiva nello Stato di residenza, cfr. paragrafo 20 del Commentario all’articolo 10, paragrafo 10 del Commentario all’articolo 11, paragrafo 6 del Commentario all’articolo 12, paragrafo 21 del Commentario all’articolo 13 e paragrafo 3 del Commentario all’articolo 21). Si potrebbe anche fare un’eccezione alla regola generale, al fine di ottenere una certa reciprocità, quando uno degli Stati adotta il metodo dell’esenzione e l’altro il metodo del credito. Infine, un’altra eccezione alla regola generale può essere fatta quando uno Stato desidera applicare a voci specifiche di reddito il metodo del credito anziché l’esenzione (cfr. paragrafo 31 sopra).”
Il paragrafo 35 era stato precedentemente modificato il 23 luglio 1992, sostituendo i riferimenti in esso contenuti al paragrafo 4 del Commentario all’articolo 15 e al paragrafo 5 del Commentario all’articolo 17 con riferimenti rispettivamente ai paragrafi 9 e 12, dal rapporto intitolato “La revisione della Convenzione modello”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992. Nella Convenzione modello del 1977 e fino al 23 luglio 1992, il paragrafo 35 recitava come segue:
“35. Occasionalmente, gli Stati negoziatori possono ritenere ragionevole in determinate circostanze fare un’eccezione all’obbligo assoluto dello Stato di residenza di concedere l’esenzione. Tale può essere il caso, al fine di evitare la non tassazione, quando ai sensi delle leggi nazionali dello Stato di origine non è prevista alcuna imposta su voci specifiche di reddito o capitale, o l’imposta non è effettivamente riscossa a causa di circostanze speciali come la compensazione di perdite, un errore o la scadenza del termine legale. Per evitare la non tassazione di voci specifiche di reddito, gli Stati contraenti possono concordare di modificare l’articolo pertinente stesso (cfr. paragrafo 4 del Commentario all’articolo 15 e paragrafo 5 del Commentario all’articolo 17; per il caso inverso in cui l’esenzione nello Stato di origine è soggetta a tassazione effettiva nello Stato di residenza, cfr. paragrafo 20 del Commentario all’articolo 10,

paragrafo 10 del Commentario all’articolo 11, paragrafo 6 del Commentario all’articolo 12, paragrafo 21 del Commentario all’articolo 13 e paragrafo 3 del Commentario all’articolo 21). Si potrebbe anche fare un’eccezione alla regola generale, al fine di ottenere una certa reciprocità, quando uno degli Stati adotta il metodo dell’esenzione e l’altro il metodo del credito. Infine, un’altra eccezione alla regola generale può essere fatta quando uno Stato desidera applicare a voci specifiche di reddito il metodo del credito anziché l’esenzione (cfr. paragrafo 31 sopra).”
Il paragrafo 35 della Convenzione modello del 1977 corrispondeva al paragrafo 33 della bozza di Convenzione del 1963. Il paragrafo 35 della bozza di Convenzione del 1963 è stato eliminato e il paragrafo 33 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 35 quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE il
11 aprile 1977. Nel progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 33 recitava come segue:
“33. Eccezionalmente, alcuni Stati partecipanti alle trattative potrebbero ritenere ragionevole, in determinate circostanze, discostarsi dalla disposizione relativa all’obbligo assoluto dello Stato di residenza di concedere l’esenzione. Tale potrebbe essere il caso in cui uno degli Stati adotta il metodo del credito e l’altro Stato il metodo dell’esenzione. Potrebbe anche essere il caso in cui la legislazione interna dello Stato di origine non consenta alle autorità fiscali di tale Stato di avvalersi di un diritto di imposizione fiscale conferitogli dalla Convenzione, ad esempio quando non impone un’imposta sul capitale. In tali casi spetta agli Stati partecipanti alle trattative concordare le necessarie modifiche alla disposizione menzionata.”
Il paragrafo 35 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato cancellato quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 35 recitava come segue:
“35. La disposizione relativa alla progressione, proposta nell’articolo, si riferisce solo allo Stato di residenza. Tuttavia, sorge una questione quando uno Stato di origine che applica una scala fiscale progressiva rinuncia al diritto di tassazione e il contribuente non residente ricava altri redditi da tale Stato. Principi diversi possono essere applicati da uno Stato di origine nel determinare la sua progressione. La sua legge fiscale interna può prevedere il calcolo della progressione sul reddito globale del contribuente o solo sul reddito totale derivante al contribuente nello Stato di origine.”
Paragrafo 36: Aggiunto il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “Aggiornamento 2017 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017.
Il paragrafo 36 è stato cancellato il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “The 2000 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’Allegato I di un altro rapporto intitolato “The Application of the OECD Model Tax Convention to Partnerships” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999). Nel Modello di Convenzione del 1977 e fino al 29 aprile 2000, il paragrafo 36 recitava come segue:
“36. Come già menzionato nel paragrafo 31 sopra, il metodo dell’esenzione non si applica a tali voci di reddito che secondo la Convenzione possono essere tassate nello Stato di residenza ma possono anche essere soggette a un’imposta limitata nell’altro Stato contraente. Per tali voci di reddito, il paragrafo 2 dell’articolo 23 A prevede il metodo del credito (cfr. paragrafo 47 di seguito).”
Il paragrafo 36 della bozza di Convenzione del 1963 è stato sostituito quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 36 della bozza di Convenzione del 1963 è stato eliminato e ne è stato aggiunto uno nuovo. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 36 recitava come segue:

“36. La forma dell’articolo non pregiudica l’applicazione da parte dello Stato di origine delle disposizioni della sua legislazione nazionale in materia di progressione. Se due Stati contraenti desiderano chiarire se, o in quale misura, lo Stato di origine avrà il diritto di utilizzare una progressione, sono lasciati liberi di farlo nei negoziati bilaterali.”
Paragrafo 37: Modificato, e il titolo precedente è stato rinumerato come “B”, quando il modello di Convenzione del 1977 è stato adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nel progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione del modello di Convenzione del 1977, il paragrafo 37 e il titolo precedente recitavano come segue:
“C. Formulazione alternativa dell’articolo
37. Un effetto del sistema di esenzione così come è redatto nell’articolo è che il reddito imponibile o il capitale nello Stato di residenza viene ridotto dell’importo che lo Stato di residenza esenta. Se in uno Stato particolare l’importo del reddito determinato ai fini dell’imposta sul reddito viene utilizzato come misura per altri scopi, ad esempio i benefici sociali, l’applicazione del sistema di esenzione nella forma proposta può avere l’effetto che tali benefici possano essere concessi a persone che non dovrebbero riceverli. Per evitare tali conseguenze, l’articolo può essere modificato in modo che il reddito in questione sia incluso nel reddito imponibile nello Stato di residenza. Lo Stato di residenza deve quindi in tali casi rinunciare a quella parte dell’imposta totale appropriata al reddito in questione. Questa procedura darebbe lo stesso risultato dell’articolo nella forma proposta. Gli Stati possono essere lasciati liberi di apportare tali modifiche nella stesura dell’articolo. Se uno Stato desidera redigere l’articolo come indicato sopra, il paragrafo 1 può essere redatto come segue:
“Quando un residente di uno Stato contraente ricava redditi o possiede un patrimonio che, conformemente alle disposizioni della presente Convenzione, sono imponibili nell’altro Stato contraente, il primo Stato, fatte salve le disposizioni del paragrafo 2, ammette in deduzione dall’imposta sul reddito o dall’imposta sul patrimonio quella quota dell’imposta sul reddito o dell’imposta sul patrimonio, rispettivamente, che è appropriata, a seconda dei casi, ai redditi ricavati o al patrimonio posseduto in detto altro Stato contraente.”
Paragrafo 38: Modificato il 22 luglio 2010 dal rapporto intitolato “The 2010 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 22 luglio 2010. Nella Convenzione modello del 1977 e fino al 22 luglio 2010, il paragrafo 38 recitava come segue:
“38. L’articolo 23 A contiene il principio secondo cui lo Stato di residenza deve concedere l’esenzione, ma non fornisce norme dettagliate su come l’esenzione deve essere implementata. Ciò è coerente con il modello generale della Convenzione. Anche gli articoli da 6 a 22 stabiliscono norme che attribuiscono il diritto di tassazione in relazione ai vari tipi di reddito o capitale senza occuparsi, di norma, della determinazione del reddito o del capitale imponibile, delle detrazioni, dell’aliquota d’imposta, ecc. (cfr., tuttavia, il paragrafo 3 dell’articolo 7 e l’articolo 24). L’esperienza ha dimostrato che possono sorgere molti problemi. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda l’articolo 23 A. Alcuni di essi sono trattati nei paragrafi seguenti. In assenza di una disposizione specifica nella Convenzione, sono applicabili le leggi nazionali di ciascun Stato contraente. Alcune convenzioni contengono un riferimento espresso alle leggi nazionali, ma ovviamente ciò non aiuterebbe laddove il metodo dell’esenzione non è utilizzato nelle leggi nazionali. In tali casi, gli Stati contraenti che si trovano ad affrontare tale problema dovrebbero stabilire norme per l’applicazione dell’articolo 23 A, se necessario, dopo aver consultato l’autorità competente dell’altro Stato contraente (paragrafo 3 dell’articolo 25).”
Il paragrafo 38 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato sostituito quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. A quel tempo,

il paragrafo 38 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 44 (vedere la cronologia del paragrafo 44) e il titolo precedente è stato modificato e spostato con esso. Allo stesso tempo, sono stati aggiunti un nuovo paragrafo 38 e il titolo precedente.
Paragrafo 39: Sostituito quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 39 della bozza di Convenzione del 1963 fu modificato e rinumerato come paragrafo 47 (vedere la cronologia del paragrafo 47) e il titolo precedente fu modificato e spostato con esso. Allo stesso tempo, furono aggiunti un nuovo paragrafo 39 e il titolo precedente.
Paragrafo 40: Sostituito quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. In quel periodo, il paragrafo 40 della bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) fu modificato e rinumerato come paragrafo 48 (vedere la cronologia del paragrafo 48) e fu aggiunto un nuovo paragrafo 40.
Paragrafo 41: Sostituito quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. In quel periodo, il paragrafo 41 della bozza di Convenzione del 1963 fu modificato e rinumerato come paragrafo 57 (vedere la cronologia del paragrafo 57), i titoli precedenti furono modificati e spostati con esso e fu aggiunto un nuovo paragrafo 41.
Paragrafo 42: Sostituito quando il modello di Convenzione del 1977 fu adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 42 del progetto di Convenzione del 1963 fu modificato e rinumerato come paragrafo 58 (vedere la cronologia del paragrafo 58) e fu aggiunto un nuovo paragrafo 42.
Paragrafo 43: Sostituì il paragrafo 43 della bozza di Convenzione del 1963 quando la Convenzione modello del 1977 fu adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. A quel tempo, il paragrafo 43 della bozza di Convenzione del 1963 fu cancellato e ne fu aggiunto un nuovo paragrafo 43. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 43 recitava come segue:
“43. Secondo l’articolo, la detrazione che lo Stato di residenza deve consentire non deve eccedere quella parte dell’imposta sul reddito che è appropriata al reddito derivante dallo Stato di origine. Se un residente di uno Stato deriva redditi di natura diversa dallo Stato di origine e quello Stato, secondo la sua legislazione fiscale, impone imposte solo su uno di questi redditi, la detrazione massima che lo Stato di residenza deve consentire sarà quella parte della sua imposta che è appropriata solo a quella voce di reddito che è tassata nello Stato di origine. Se un residente di uno Stato, che deriva redditi da un altro Stato, ha una perdita nel suo Stato di residenza – inferiore al reddito dall’estero – l’imposta totale addebitata nello Stato di residenza sarà appropriata al reddito dallo Stato di origine e la detrazione massima che lo Stato di residenza deve consentire sarà di conseguenza l’imposta addebitata in quello Stato.”
Paragrafo 44: Corrisponde al 38 della bozza di Convenzione del 1963. Il paragrafo 44 della bozza di Convenzione del 1963 è stato eliminato e il paragrafo 38 è stato modificato e rinumerato quando il modello di Convenzione del 1977 è stato adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Allo stesso tempo, il titolo che precede il paragrafo 38 è stato modificato e spostato con esso. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione del modello di Convenzione del 1977, il paragrafo 38 e il titolo precedente recitavano come segue:
“D. Trattamento speciale delle perdite
38. Laddove lo Stato di residenza consenta una deduzione dal reddito che valuta l’importo di una perdita subita nell’altro Stato, non dovrebbe esserci alcuna obiezione se, quando i profitti vengono realizzati successivamente nell’altro Stato, l’esenzione per gli anni successivi è opportunamente limitata. Gli Stati sono lasciati liberi in questo senso e,

se ritenuto necessario per chiarimenti, può fare riferimento a tale restrizione nell’articolo.”
Il paragrafo 44 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato cancellato quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 44 recitava come segue:
“44. L’Italia ha richiesto una modifica del metodo del credito. Il sistema fiscale italiano si basa prevalentemente sul principio della territorialità dell’imposta, vale a dire che, in linea di principio, qualsiasi reddito derivante dall’estero non è imponibile in Italia ai fini delle imposte impersonali o cedolari (vale a dire imposta sul reddito da beni mobili, imposta sul reddito da beni edificati, imposta sul reddito da terreni, ecc.) ma, quando imponibile, è addebitato all’imposta complementare progressiva o all’imposta sulle società. In considerazione di ciò, l’Italia desidera limitare il credito solo a quella parte dell’imposta pagata all’estero che eccede l’imposta impersonale o cedolaria italiana non addebitata in Italia. Si concorda che l’Italia può essere lasciata libera di applicare il metodo del credito con tale modifica.”
Paragrafo 45: Sostituito quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 45 della bozza di Convenzione del 1963 fu modificato e rinumerato come paragrafo 68 (vedere la cronologia del paragrafo 70) e il titolo precedente fu modificato e spostato con esso. Allo stesso tempo, furono aggiunti un nuovo paragrafo 45 e il titolo precedente.
Paragrafo 46: Modificato il 23 luglio 1992, sostituendo i riferimenti ai paragrafi da 36 a 65, 39 e 43 del Commentario all’articolo 10 con i riferimenti rispettivamente ai paragrafi da 40 a 67, 43 e 47, dal rapporto intitolato “La revisione della Convenzione modello”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992. Nella Convenzione modello del 1977 e fino al 23 luglio 1992, il paragrafo 46 recitava come segue:
“46. Alcuni Stati hanno introdotto sistemi speciali per tassare il reddito delle società (cfr. paragrafi da 36 a 65 del Commentario all’articolo 10). Negli Stati che applicano un’imposta sulle società a aliquota divisa (paragrafo 39 del suddetto Commentario), potrebbe sorgere il problema se il reddito da esentare debba essere dedotto dal reddito non distribuito (a cui si applica l’aliquota normale di imposta) o dal reddito distribuito (a cui si applica l’aliquota ridotta) o se il reddito da esentare debba essere attribuito in parte al reddito distribuito e in parte a quello non distribuito. Quando, ai sensi delle leggi di uno Stato che applica l’imposta sulle società a aliquota divisa, viene riscossa un’imposta supplementare nelle mani di una società madre sui dividendi che ha ricevuto da una società controllata nazionale ma che non ridistribuisce (sulla base del fatto che tale imposta supplementare è una compensazione per il beneficio di un’aliquota di imposta inferiore concessa alla controllata sulle distribuzioni), sorge il problema se tale imposta supplementare possa essere addebitata quando la controllata paga i suoi dividendi da un reddito esente da imposta in virtù della Convenzione. Infine, un problema simile può sorgere in relazione alle imposte (précompte, Advance Corporation Tax) che vengono riscosse sugli utili distribuiti da una società per coprire il credito d’imposta attribuibile agli azionisti (cfr. paragrafo 43 del Commentario all’articolo 10). La questione è se tali imposte speciali connesse alla distribuzione degli utili potrebbero essere riscosse nella misura in cui le distribuzioni sono effettuate su utili esenti da imposta. Spetta agli Stati contraenti risolvere tali questioni mediante negoziati bilaterali”.
Il paragrafo 46 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato sostituito quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 46 del Progetto di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 69 (vedere la cronologia del paragrafo 71) ed è stato aggiunto un nuovo paragrafo 46.

Paragrafo 47: Modificato il 23 luglio 1992, sostituendo i riferimenti ai paragrafi da 70 a 76 con riferimenti ai paragrafi da 72 a 78, dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992. Nella Model Convention del 1977 e fino al 23 luglio 1992, il paragrafo 47 recitava come segue:
“47. Negli articoli 10 e 11 il diritto di tassare dividendi e interessi è diviso tra lo Stato di residenza e lo Stato della fonte. In questi casi, lo Stato di residenza è lasciato libero di non tassare se lo desidera (cfr. ad esempio paragrafi da 70 a 76 di seguito) e di applicare il metodo dell’esenzione anche alle voci di reddito sopra menzionate. Tuttavia, laddove lo Stato di residenza preferisca avvalersi del suo diritto di tassare tali voci di reddito, non può applicare il metodo dell’esenzione per eliminare la doppia imposizione poiché rinuncerebbe in tal modo completamente al suo diritto di tassare il reddito in questione. Per lo Stato di residenza, l’applicazione del metodo del credito sembrerebbe normalmente fornire una soluzione soddisfacente. Inoltre, come già indicato nel paragrafo 31 di cui sopra, gli Stati che in generale applicano il metodo dell’esenzione potrebbero desiderare di applicare a voci di reddito specifiche il metodo del credito piuttosto che l’esenzione. Di conseguenza, il paragrafo è redatto in conformità con il metodo del credito ordinario. Il Commento all’articolo 23 B di seguito si applica mutatis mutandis al paragrafo 2 dell’articolo 23 A.”
Il paragrafo 47 della Convenzione modello del 1977 corrispondeva al paragrafo 39 della bozza di Convenzione del 1963. Il paragrafo 47 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 70 (vedere la cronologia del paragrafo 72) e il titolo precedente è stato spostato con esso quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 39 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 47 della Convenzione modello del 1977 e il titolo precedente è stato spostato con esso. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 39 recitava come segue:
“39. Negli articoli 10 e 11 il diritto di tassare dividendi e interessi è diviso tra lo Stato di residenza e lo Stato della fonte. Lo stesso vale anche per le royalties, per quanto riguarda Grecia, Lussemburgo, Portogallo e Spagna. Di conseguenza, non ci si può aspettare che la doppia imposizione in questi casi venga evitata mediante l’applicazione del metodo dell’esenzione, poiché questo metodo garantisce che lo Stato di residenza rinunci al suo diritto di tassare il reddito in questione, ma lo Stato di residenza è lasciato libero di applicare il metodo dell’esenzione se lo desidera. Per lo Stato di residenza, l’applicazione del metodo del credito sembrerebbe normalmente fornire una soluzione soddisfacente. Di conseguenza, il paragrafo è redatto in conformità con il metodo del credito ordinario. Se, tuttavia, un dato Stato contraente ha un sistema fiscale speciale (ad esempio la Svizzera) in cui il metodo del credito d’imposta non è ancora applicato e in cui sarebbe quindi difficile applicare tale metodo come previsto dal paragrafo 2 dell’articolo, tale Stato contraente può, in negoziati bilaterali, utilizzare altre misure al fine di alleviare la doppia imposizione menzionata in tale paragrafo 2.
Paragrafo 48: Modificato il 15 luglio 2014, eliminando il riferimento al paragrafo 63 alla fine del paragrafo, dal rapporto intitolato “The 2014 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 15 luglio 2014. Nel Modello di Convenzione del 1977 e fino al 15 luglio 2014, il paragrafo 48 recitava come segue:
“48. Nei casi di cui al paragrafo precedente, sono stabilite alcune percentuali massime per l’imposta riservata allo Stato della fonte. In tali casi, l’aliquota dell’imposta nello Stato di residenza sarà molto spesso superiore all’aliquota nello Stato della fonte. La limitazione della detrazione che è stabilita nella seconda frase del paragrafo 2 e che è conforme al metodo ordinario del credito è quindi di conseguenza solo in un numero limitato di casi. Se, in tali casi, gli Stati contraenti preferiscono rinunciare alla limitazione e applicare l’intera

metodo di accreditamento, possono farlo eliminando la seconda frase del paragrafo 2 (vedere anche il paragrafo 63 di seguito).”
Il paragrafo 48 della Convenzione modello del 1977 corrispondeva al paragrafo 40 della bozza di Convenzione del 1963. Il paragrafo 48 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 71 (vedere la cronologia del paragrafo 73) quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 40 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 48 della Convenzione modello del 1977. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 40 recitava come segue:
“40. Nei casi di cui al paragrafo precedente sono stabilite alcune percentuali massime per l’imposta riservata allo Stato di origine. In tali casi l’aliquota dell’imposta nello Stato di residenza sarà molto spesso superiore all’aliquota nello Stato naturalmente. Di conseguenza, una limitazione della detrazione conformemente al metodo ordinario del credito avrebbe solo un significato limitato. Se in tali casi gli Stati contraenti ritengono preferibile utilizzare il metodo del credito pieno, possono farlo eliminando la seconda frase del paragrafo.”
Paragrafo 49: Sostituito quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 49 della bozza di Convenzione del 1963 fu modificato e rinumerato come paragrafo 72 (vedere la cronologia del paragrafo 74) e furono aggiunti un nuovo paragrafo 49 e il titolo precedente.
Paragrafo 50: Sostituito quando il modello di Convenzione del 1977 fu adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 50 della bozza di Convenzione del 1963 fu modificato e incorporato nel paragrafo 73 (vedere la cronologia del paragrafo 75) e fu aggiunto un nuovo paragrafo 50.
Paragrafo 51: Sostituito quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977. In quel momento, il paragrafo 51 della bozza di Convenzione del 1963 fu modificato e incorporato nel paragrafo 73 (vedere la cronologia del paragrafo 75) e fu aggiunto un nuovo paragrafo 51.
Paragrafo 52: Sostituito quando il Modello di Convenzione del 1977 fu adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nello stesso momento, il paragrafo 52 del Progetto di Convenzione del 1963 e il titolo precedente furono eliminati e fu aggiunto un nuovo paragrafo 52. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione del Modello di Convenzione del 1977, il paragrafo 52 e il titolo precedente recitavano come segue:
“D. Credito speciale in relazione ai dividendi
52. Alcuni Stati che desiderano applicare il metodo del credito ammettono nelle loro Convenzioni, per quanto riguarda i dividendi ricevuti da società in altri Stati, il credito, non solo per l’importo dell’imposta direttamente riscossa sui dividendi in quegli altri Stati, ma anche per quella parte dell’imposta delle società che è appropriata per i dividendi. Gli Stati membri che applicano questo metodo sono lasciati liberi di farlo.”
Paragrafo 53: Aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977, l’11 aprile 1977.
Paragrafo 54: Aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977, l’11 aprile 1977.
Paragrafo 55: Modificato il 23 luglio 1992 dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992. Nella Convenzione modello del 1977 e fino al 23 luglio 1992, il paragrafo 55 recitava come segue:
“55. Il progetto di Convenzione del 1963 riservava espressamente l’applicazione della scala progressiva delle aliquote fiscali da parte dello Stato di residenza (ultima frase del paragrafo 1

dell’articolo 23 A) e la maggior parte delle convenzioni concluse tra i paesi membri dell’OCSE, che adottano il metodo dell’esenzione, seguono questo principio. Secondo il paragrafo 3 dell’articolo 23 A, come modificato, lo Stato di residenza conserva il diritto di prendere in considerazione l’importo del reddito o del capitale esentato quando determina l’imposta da imporre sul resto del reddito o del capitale. La regola si applica anche quando il reddito esentato (o voci di capitale) e il reddito imponibile (o voci di capitale) spettano a quelle persone (ad esempio marito e moglie) i cui redditi (o voci di capitale) sono tassati congiuntamente secondo le leggi nazionali. Questo principio di progressione si applica al reddito o al capitale esentato in virtù del paragrafo 1 dell’articolo 23 A nonché al reddito o al capitale che in base a qualsiasi altra disposizione della Convenzione “sarà imponibile solo” nell’altro Stato contraente (cfr. paragrafo 6 sopra). Questo è il motivo per cui il principio di progressione viene trasferito dal paragrafo 1 dell’articolo 23 A al nuovo paragrafo 3 del suddetto articolo, e si fa riferimento all’esenzione “conformemente a qualsiasi disposizione della Convenzione”.
Il paragrafo 55 e il titolo precedente sono stati aggiunti quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977.
Paragrafo 56: Aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977, l’11 aprile 1977.
Paragrafo 56.1: Aggiunto insieme al titolo che lo precede il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato I di un altro rapporto intitolato “Applicazione del modello di convenzione fiscale dell’OCSE alle società di persone” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999).
Paragrafo 56.2: Aggiunto il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato I di un altro rapporto intitolato “Applicazione del modello di convenzione fiscale dell’OCSE alle società di persone” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999).
Paragrafo 56.3: Aggiunto il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato I di un altro rapporto intitolato “Applicazione del modello di convenzione fiscale dell’OCSE alle società di persone” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999).
Paragrafo 57: Corrisponde al paragrafo 41 della bozza di Convenzione del 1963, come redatta prima dell’11 aprile 1977. In tale data, il paragrafo 41 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 57 e un nuovo paragrafo 57 è stato aggiunto quando il modello di Convenzione del 1977 è stato adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. In tale data, i titoli precedenti sono stati modificati e spostati con il paragrafo 41. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione del modello di Convenzione del 1977, il paragrafo 41 e i titoli precedenti recitavano come segue:
“III. Commenti sull’articolo 23(B) (Credito)
A. Metodi
41. L’articolo 23(B) che incorpora la disposizione sul credito, segue il metodo ordinario del credito: lo Stato di residenza consente, come deduzione dalla propria imposta sul reddito o sul capitale del suo residente, un importo pari all’imposta pagata nell’altro Stato sul reddito derivante da, o sul capitale posseduto in, tale altro Stato, ma la deduzione è limitata alla quota appropriata della propria imposta.”
Paragrafo 58: Corrisponde al paragrafo 42 del Progetto di Convenzione del 1963, come redatto prima dell’11 aprile 1977. In quella data, il paragrafo 42 del Progetto di Convenzione del 1963 era

modificato e rinumerato come paragrafo 58 quando il Modello di Convenzione del 1977 fu adottato dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nel Progetto di Convenzione del 1963 (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione del Modello di Convenzione del 1977, il paragrafo 42 recitava come segue:
“42. Il metodo ordinario del credito è destinato ad applicarsi, tra l’altro, ai dividendi e agli interessi laddove lo Stato di origine abbia un diritto limitato di tassazione, ma la possibilità di una certa modifica è menzionata nei paragrafi 39 e 40 di cui sopra.”
Paragrafo 59: Modificato il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “The 2017 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017. Dopo il 29 aprile 2000 e fino al 21 novembre 2017, il paragrafo 59 recitava come segue:
“59. L’obbligo imposto dall’articolo 23 B a uno Stato R di riconoscere un credito per l’imposta riscossa nell’altro Stato E (o S) su una voce di reddito o capitale dipende dal fatto che questa voce possa essere tassata dallo Stato E (o S) in conformità con la Convenzione. I paragrafi da 32.1 a 32.7 di cui sopra discutono come questa condizione dovrebbe essere interpretata. Le voci di reddito o capitale che secondo l’articolo 8, il paragrafo 3 dell’articolo 13, il sottoparagrafo a) dei paragrafi 1 e 2 dell’articolo 19 e il paragrafo 3 dell’articolo 22, “sono imponibili solo” nell’altro Stato, sono fin dall’inizio esenti da imposta nello Stato R (vedere paragrafo 6 di cui sopra), e il Commento all’articolo 23 A si applica a tale reddito e capitale esentati. Per quanto riguarda la progressione, si fa riferimento al paragrafo 2 dell’articolo (e al paragrafo 79 di seguito).”
Il paragrafo 59 è stato precedentemente modificato il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “The 2000 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’Allegato I di un altro rapporto intitolato “The Application of the OECD Model Tax Convention to Partnerships” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999). Dopo il 23 luglio 1992 e fino al 29 aprile 2000, il paragrafo 59 recitava come segue:
“59. Va notato che l’articolo 23 B si applica in uno Stato R solo a voci di reddito o capitale che, in conformità con la Convenzione, “possono essere tassate” nell’altro Stato E (o S). Le voci di reddito o capitale che, in base all’articolo 8, al paragrafo 3 dell’articolo 13, al sottoparagrafo a) dei paragrafi 1 e 2 dell’articolo 19 e al paragrafo 3 dell’articolo 22, “sono tassabili solo” nell’altro Stato, sono fin dall’inizio esenti da imposta nello Stato R (cfr. paragrafo 6 sopra), e il Commentario all’articolo 23 A si applica a tali redditi e capitali esentati. Per quanto riguarda la progressione, si fa riferimento al paragrafo 2 dell’articolo (e al paragrafo 79 di seguito).”
Il paragrafo 59 è stato precedentemente modificato il 23 luglio 1992, sostituendo il riferimento al paragrafo 77 con un riferimento al paragrafo 79, dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992. Nel Modello di Convenzione del 1977 e fino al 23 luglio 1992, il paragrafo 59 recitava come segue:
“59. Va notato che l’articolo 23 B si applica in uno Stato R solo a voci di reddito o capitale che, in conformità con la Convenzione, “possono essere tassate” nell’altro Stato E (o S). Le voci di reddito o capitale che, in base all’articolo 8, al paragrafo 3 dell’articolo 13, al sottoparagrafo a) dei paragrafi 1 e 2 dell’articolo 19 e al paragrafo 3 dell’articolo 22, “sono tassabili solo” nell’altro Stato, sono fin dall’inizio esenti da imposta nello Stato R (cfr. paragrafo 6 sopra), e il Commentario all’articolo 23 A si applica a tali redditi e capitali esentati. Per quanto riguarda la progressione, si fa riferimento al paragrafo 2 dell’articolo (e al paragrafo 77 di seguito).”
Il paragrafo 59 è stato aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977.
Paragrafo 60: Aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977, l’11 aprile 1977.

Paragrafo 61: Modificato il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “The 2017 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017. Nella Convenzione modello del 1977 e fino al 21 novembre 2017, il paragrafo 61 recitava come segue:
“61. L’importo dell’imposta estera per cui deve essere concesso un credito è l’imposta effettivamente pagata in conformità alla Convenzione nell’altro Stato contraente. Possono sorgere problemi, ad esempio quando tale imposta non è calcolata sul reddito dell’anno per il quale è riscossa, ma sul reddito di un anno precedente o sul reddito medio di due o più anni precedenti. Possono sorgere altri problemi in relazione a diversi metodi di determinazione del reddito o in relazione a variazioni nei tassi di cambio (svalutazione o rivalutazione). Tuttavia, tali problemi difficilmente potrebbero essere risolti da una disposizione espressa nella Convenzione.”
Il paragrafo 61 è stato aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977.
Paragrafo 62: Aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977, l’11 aprile 1977.
Paragrafo 63: Modificato il 15 luglio 2014 dal rapporto intitolato “The 2014 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 15 luglio 2014. Nella Convenzione modello del 1977 e fino al 15 luglio 2014, il paragrafo 63 recitava come segue:
“63. La detrazione massima è normalmente calcolata come imposta sul reddito netto, vale a dire sul reddito dello Stato E (o S) meno le detrazioni ammissibili (specificate o proporzionali) connesse a tale reddito (vedere paragrafo 40 sopra). Per tale motivo, la detrazione massima in molti casi può essere inferiore all’imposta effettivamente pagata nello Stato E (o S). Ciò può essere particolarmente vero nel caso in cui, ad esempio, un residente dello Stato R che deriva interessi dallo Stato S abbia preso in prestito fondi da una terza persona per finanziare il prestito che produce interessi. Poiché gli interessi dovuti su tale denaro preso in prestito possono essere compensati con gli interessi derivati dallo Stato S, l’importo del reddito netto soggetto a imposta nello Stato R può essere molto piccolo, o potrebbe addirittura non esserci alcun reddito netto. Questo problema potrebbe essere risolto utilizzando il metodo del credito completo nello Stato R come menzionato nel paragrafo 48 sopra. Un’altra soluzione sarebbe quella di esentare tali redditi da imposta nello Stato S, come proposto nel Commentario per quanto riguarda gli interessi sulle vendite a credito e sui prestiti concessi dalle banche (vedere paragrafo 15 del Commentario all’articolo 11).”
Il paragrafo 63 è stato aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977.
Paragrafo 64: Aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977, l’11 aprile 1977.
Paragrafo 65: Aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977, l’11 aprile 1977.
Paragrafo 66: Aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE adottò la Convenzione modello del 1977, l’11 aprile 1977.
Paragrafo 67: Ha sostituito il paragrafo 67 della Convenzione modello del 1977, come formulato prima del 23 luglio 1992. A quel tempo, il paragrafo 67 è stato rinumerato come paragrafo 69 (vedere la cronologia del paragrafo 69) e un nuovo paragrafo 67 è stato aggiunto dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992, sulla base del paragrafo 86 di un precedente rapporto intitolato “Thin Capitalisation” (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 26 novembre 1986).
Paragrafo 68: Sostituito il 23 luglio 1992 quando il paragrafo 68 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 70 (vedere la cronologia del paragrafo 70) ed è stato aggiunto un nuovo paragrafo 68, dal rapporto intitolato “La revisione della Convenzione modello”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992, sulla base di

paragrafo 86 di un precedente rapporto intitolato “Thin Capitalisation” (adottato dall’OCSEConsiglio il 26 novembre 1986). Contemporaneamente, il titolo che precede il paragrafo 68 è stato spostato con esso.
Paragrafo 69: Corrisponde al paragrafo 67 della Convenzione modello del 1977, come formulato prima del 23 luglio 1992. In tale data, il paragrafo 69 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 71 (vedere la cronologia del paragrafo 71) e il paragrafo 67 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 69 dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992.
Il paragrafo 67 è stato aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977.
Paragrafo 69.1: Modificato il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “The 2017 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017. Dopo il 29 aprile 2000 e fino al 21 novembre 2017, il paragrafo 69.1 recitava come segue:
“69.1. Possono sorgere problemi quando gli Stati contraenti trattano entità come le partnership in modo diverso. Supponiamo, ad esempio, che lo Stato di origine tratti una partnership come una società e lo Stato di residenza di un partner la tratti come fiscalmente trasparente. Lo Stato di origine può, fatte salve le disposizioni applicabili della Convenzione, tassare la partnership sul suo reddito quando tale reddito viene realizzato e, fatte salve le limitazioni del paragrafo 2 dell’articolo 10, può anche tassare la distribuzione degli utili da parte della partnership ai suoi partner non residenti. Lo Stato di residenza, tuttavia, tasserà il partner solo sulla sua quota del reddito della partnership quando tale reddito viene realizzato dalla partnership.”
Il paragrafo 69.1 è stato aggiunto il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato I di un altro rapporto intitolato “Applicazione del modello di convenzione fiscale dell’OCSE alle società di persone” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999).
Paragrafo 69.2: Modificato il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “The 2017 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017. Dopo il 29 aprile 2000 e fino al 21 novembre 2017, il paragrafo 69.2 recitava come segue:
“69.2 La prima questione che si pone in questo caso è se lo Stato di residenza, che tassa il socio sulla sua quota di reddito della partnership, sia obbligato, ai sensi della Convenzione, a riconoscere un credito per l’imposta che viene riscossa nello Stato della fonte sulla partnership, che quest’ultimo Stato tratta come un’entità imponibile separata. La risposta a tale domanda deve essere affermativa. Nella misura in cui lo Stato di residenza fluisce attraverso il reddito della partnership al socio allo scopo di tassarlo, deve adottare un approccio coerente e far fluire attraverso il socio l’imposta pagata dalla partnership allo scopo di eliminare la doppia imposizione derivante dalla sua tassazione del socio. In altre parole, se lo status societario conferito alla partnership dallo Stato della fonte viene ignorato dallo Stato di residenza ai fini della tassazione del socio sulla sua quota di reddito, dovrebbe essere ignorato allo stesso modo ai fini del credito d’imposta estero.”
Il paragrafo 69.2 è stato aggiunto il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato I di un altro rapporto intitolato “Applicazione del modello di convenzione fiscale dell’OCSE alle società di persone” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999).
Paragrafo 69.3: Modificato il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “Aggiornamento 2017 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017.

21 novembre 2017. Dopo il 29 aprile 2000 e fino al 21 novembre 2017, il paragrafo 69.3 recitava come segue:
“69.3 Una seconda questione che si pone in questo caso è la misura in cui lo Stato di residenza deve riconoscere un credito per l’imposta riscossa dallo Stato di origine sulla distribuzione, che non è tassata nello Stato di residenza. La risposta a tale domanda risiede in quest’ultimo fatto. Poiché la distribuzione non è tassata nello Stato di residenza, semplicemente non esiste alcuna imposta nello Stato di residenza contro cui accreditare l’imposta riscossa dallo Stato di origine sulla distribuzione. Deve essere fatta una netta distinzione tra la generazione di utili e la distribuzione di tali utili e non ci si dovrebbe aspettare che lo Stato di residenza accrediti l’imposta riscossa dallo Stato di origine sulla distribuzione contro la propria imposta riscossa sulla generazione (vedere la prima frase del paragrafo 64 sopra).”
Il paragrafo 69.3 è stato aggiunto il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base dell’allegato I di un altro rapporto intitolato “Applicazione del modello di convenzione fiscale dell’OCSE alle società di persone” (adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 20 gennaio 1999).
Paragrafo 70: Corrisponde al paragrafo 68 della Convenzione modello del 1977, come formulato prima del 23 luglio 1992. In tale data, il paragrafo 70 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 72 (vedere la cronologia del paragrafo 72) e il paragrafo 68 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 70, dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992. Nello stesso momento, il titolo che precede il paragrafo 70 è stato spostato con esso e il titolo che precede il paragrafo 68 è stato spostato con esso.
Il paragrafo 68 della Convenzione modello del 1977 corrispondeva al paragrafo 45 della bozza di Convenzione del 1963. Il paragrafo 45 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 68 e il titolo precedente è stato modificato e spostato con esso quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 45 e il titolo precedente recitavano come segue:
“B. Osservazioni relative all’imposta sul capitale
45. Le imposte sul capitale sono incluse nel presente articolo. Come è redatto il paragrafo 1, deve essere concesso un credito per l’imposta sul reddito solo contro l’imposta sul reddito e per l’imposta sul capitale solo contro l’imposta sul capitale. Di conseguenza, il credito per o contro l’imposta sul capitale sarà concesso solo se esiste un’imposta sul capitale in entrambi gli Stati contraenti.”
Paragrafo 71: Corrisponde al paragrafo 69 della Convenzione modello del 1977, come formulata prima del 23 luglio 1992. In tale data, il paragrafo 71 è stato rinumerato come paragrafo 73 (vedere la cronologia del paragrafo 73) e il paragrafo 69 è stato rinumerato come paragrafo 71 dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992.
Il paragrafo 69 della Convenzione modello del 1977 corrispondeva al paragrafo 46 della bozza di Convenzione del 1963. Il paragrafo 46 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 69 quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 46 recitava come segue:
“46. In base a negoziati bilaterali, due Stati contraenti possono concordare che un’imposta denominata imposta sul capitale sia di natura strettamente correlata all’imposta sul reddito e possono, pertanto, desiderare di concedere un credito per essa rispetto all’imposta sul reddito e viceversa. Ci saranno casi in cui, poiché uno Stato non impone un’imposta sul capitale o perché entrambi gli Stati

imporre imposte sul capitale solo su attività nazionali, non si verificherà alcuna doppia imposizione del capitale. In tali casi, è ovviamente sottinteso che il riferimento all’imposizione sul capitale può essere eliminato. Inoltre, gli Stati negoziatori potrebbero ritenere auspicabile, indipendentemente dalla natura delle imposte incluse nella Convenzione, consentire un credito per l’importo totale dell’imposta nello Stato di origine rispetto all’importo totale dell’imposta nello Stato di residenza. Tuttavia, laddove una Convenzione includa sia imposte sul capitale reale sia imposte sul capitale che sono per loro natura imposte sul reddito, gli Stati contraenti potrebbero voler consentire un credito sull’imposta sul reddito solo per le ultime imposte sul capitale menzionate. In tali casi, gli Stati contraenti sono liberi di modificare l’articolo proposto in modo da ottenere l’effetto desiderato”.
Paragrafo 72: Sostituito, insieme al titolo precedente, il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “The 2000 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base di un altro rapporto intitolato “Tax Sparing: a Reconsideration” (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 ottobre 1997). Dopo il 23 luglio 1992 e fino al 29 aprile 2000, il paragrafo 72 e il titolo precedente recitavano come segue:
“C. Il rapporto in casi particolari tra la tassazione nello Stato di origine e il metodo ordinario del credito
72. In certi casi uno Stato, specialmente un paese in via di sviluppo, può per ragioni particolari fare delle concessioni ai contribuenti, ad esempio agevolazioni fiscali per incoraggiare la produzione industriale. In modo simile, uno Stato può esentare dalle tasse certi tipi di reddito, ad esempio le pensioni ai soldati feriti in guerra.”
Il paragrafo 72 corrispondeva al paragrafo 70 della Convenzione modello del 1977, come era formulato prima del 23 luglio 1992. Il 23 luglio 1992, il paragrafo 72 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 74 (vedere la cronologia del paragrafo 74), il paragrafo 70 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 72 e il titolo che precede il paragrafo 70 è stato spostato con esso, dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992.
Il paragrafo 70 della Convenzione modello del 1977 corrispondeva al paragrafo 47 della bozza di Convenzione del 1963. Il paragrafo 47 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 70 e il titolo precedente è stato spostato con esso quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 47 recitava come segue:
“47. In certi casi uno Stato, in particolare uno Stato che è comunemente definito uno Stato industrialmente sottosviluppato, può per ragioni particolari fare delle concessioni ai contribuenti, ad esempio agevolazioni fiscali per incoraggiare la produzione industriale. In modo simile, uno Stato può desiderare di liberare dalla tassazione certi tipi di reddito, ad esempio pensioni ai soldati feriti in guerra.”
Paragrafo 73: Sostituito il 29 aprile 2000 quando il paragrafo 73 è stato eliminato e un nuovo paragrafo 73 è stato aggiunto dal rapporto intitolato “The 2000 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base di un altro rapporto intitolato “Tax Sparing: a Reconsideration” (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 ottobre 1997). Dopo il 23 luglio 1992 e fino al 29 aprile 2000, il paragrafo 73 recitava come segue:
“73. Quando tale Stato conclude una convenzione con uno Stato che applica il metodo dell’esenzione, non sorge alcuna restrizione dell’esenzione concessa ai contribuenti, perché tale altro Stato deve concedere l’esenzione indipendentemente dall’importo dell’imposta, se presente, imposta nello Stato di origine (cfr. paragrafo 34 sopra). Tuttavia, quando l’altro Stato applica il metodo del credito, la concessione può essere annullata nella misura in cui tale altro Stato consentirà una detrazione solo dell’imposta pagata nel

Stato di origine. In ragione delle concessioni, quell’altro Stato si assicura quello che può essere definito un guadagno non pattuito per il proprio Tesoro.”
Il paragrafo 73, come formulato dopo il 23 luglio 1992, corrispondeva al paragrafo 71 della Convenzione modello del 1977. Il 23 luglio 1992, il paragrafo 73 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 75 (vedere la cronologia del paragrafo 75) e il paragrafo 71 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 73, dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992.
Il paragrafo 71 della Convenzione modello del 1977 corrispondeva al paragrafo 48 della bozza di Convenzione del 1963. Il paragrafo 48 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 71 quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 48 recitava come segue:
“48. Quando tale Stato conclude una Convenzione con uno Stato che applica il sistema di esenzione, non sorge alcuna restrizione dell’esenzione concessa ai contribuenti, perché quell’altro Stato deve concedere l’esenzione indipendentemente dall’importo dell’imposta, se presente, imposta nello Stato di origine. Ma quando l’altro Stato applica il sistema di credito, la concessione viene annullata, in quanto quell’altro Stato consentirà una detrazione solo dell’imposta pagata nello Stato di origine. Inoltre, in ragione delle concessioni, quell’altro Stato assicura quello che può essere definito un guadagno non pattuito per il proprio Tesoro.”
Paragrafo 74: Sostituito il 29 aprile 2000 quando il paragrafo 74 è stato eliminato e un nuovo paragrafo 74 è stato aggiunto dal rapporto intitolato “The 2000 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base di un altro rapporto intitolato “Tax Sparing: a Reconsideration” (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 ottobre 1997). Dopo il 23 luglio 1992 e fino al 29 aprile 2000, il paragrafo 74 recitava come segue:
“74. Qualora i due Stati convengano che il beneficio delle concessioni accordate ai contribuenti nello Stato di origine non debba essere annullato, sarà necessaria una deroga al paragrafo 2 dell’articolo 23 A, o all’articolo 23 B.”
Il paragrafo 74, come formulato dopo il 23 luglio 1992, corrispondeva al paragrafo 72 della Convenzione modello del 1977. Il 23 luglio 1992, il paragrafo 74 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 76 (vedere la cronologia del paragrafo 76) e il paragrafo 72 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 74, dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992.
Il paragrafo 72 della Convenzione modello del 1977 corrispondeva al paragrafo 49 della bozza di Convenzione del 1963. Il paragrafo 49 della bozza di Convenzione del 1963 è stato modificato e rinumerato come paragrafo 72 quando la Convenzione modello del 1977 è stata adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, il paragrafo 49 recitava come segue:
“49. Qualora i due Stati contraenti concordino che il beneficio delle concessioni concesse ai contribuenti nello Stato di origine non debba essere annullato, sarà necessaria una deviazione dall’articolo 23(A) paragrafo 2 e dall’articolo 23(B).”
Paragrafo 75: Sostituito il 29 aprile 2000 quando il paragrafo 75 è stato cancellato e un nuovo paragrafo 75 è stato aggiunto dal rapporto intitolato “The 2000 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base di un altro rapporto intitolato “Tax Sparing: a Reconsideration” (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 ottobre 1997). Dopo il 23 luglio 1992 e fino al 29 aprile 2000, il paragrafo 75 recitava come segue:
“75. A questo scopo si possono usare diverse formule, come ad esempio:

a) lo Stato di residenza consentirà la detrazione dell’importo dell’imposta che lo Stato della fonte avrebbe potuto imporre in conformità alla sua legislazione generale o dell’importo limitato dalla Convenzione (ad esempio, limitazioni delle aliquote previste per dividendi e interessi negli articoli 10 e 11), anche se lo Stato della fonte, in quanto paese in via di sviluppo, ha rinunciato a tutto o a parte di tale imposta in base a disposizioni speciali per la promozione del suo sviluppo economico;
b) come contropartita del sacrificio fiscale che il paese in via di sviluppo fa riducendo in modo generale la propria imposta alla fonte, lo Stato di residenza accetta di consentire una detrazione dalla propria imposta di un importo (in parte fittizio) fissato ad un’aliquota più elevata;
c) lo Stato di residenza esenta i redditi che hanno beneficiato di agevolazioni fiscali nel Paese in via di sviluppo.
Gli Stati contraenti sono liberi di elaborare altre formule nel corso dei negoziati bilaterali.”
Il paragrafo 75, come formulato dopo il 23 luglio 1992, corrispondeva al paragrafo 73 della Convenzione modello del 1977. Il 23 luglio 1992, il paragrafo 75 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 77 (vedere la cronologia del paragrafo 77) e il paragrafo 73 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 75, dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992.
Il paragrafo 73 della Convenzione modello del 1977 corrispondeva ai paragrafi 50 e 51 della bozza di Convenzione del 1963. I paragrafi 50 e 51, così come erano formulati nella bozza di Convenzione del 1963, furono modificati e incorporati nel paragrafo 73 quando la Convenzione modello del 1977 fu adottata dal Consiglio dell’OCSE l’11 aprile 1977. Nella bozza di Convenzione del 1963 (adottata dal Consiglio dell’OCSE il 30 luglio 1963) e fino all’adozione della Convenzione modello del 1977, i paragrafi 50 e 51 recitavano come segue:
“50. Un metodo di deviazione potrebbe essere che, laddove sia in questione tale reddito “esentato dalle imposte”, potrebbe essere applicato il metodo dell’esenzione, come sottolineato nel paragrafo 48. Già, per coprire casi particolari, una deviazione dal metodo dell’esenzione, che incarna il metodo del credito, è stata proposta nel paragrafo 2 dell’articolo 23 (A), così che una deviazione in questo caso dal metodo del credito che incarna il metodo dell’esenzione potrebbe essere accettabile. Un’altra deviazione potrebbe essere l’adozione di ciò che è chiamato “credito di corrispondenza”. Questo metodo garantisce che lo Stato di residenza consenta come detrazione dalla propria imposta un importo corrispondente all’imposta che sarebbe stata pagata nello Stato di origine se non fosse stata concessa alcuna concessione da parte di tale Stato. Affinché il sistema dia risultati soddisfacenti, è necessario che lo Stato di origine sia in grado di notificare allo Stato di residenza l’importo dell’imposta che sarebbe stata pagata se non fosse stata concessa alcuna agevolazione.
51. In tali casi, gli Stati membri sono lasciati liberi di stabilire se si debbano effettuare deviazioni dal metodo ordinario del credito e, in caso affermativo, quale forma debbano assumere tali deviazioni e quali condizioni debbano essere soddisfatte prima delle deviazioni.
Paragrafo 76: Sostituito il 29 aprile 2000 quando il paragrafo 76 è stato eliminato e un nuovo paragrafo 76 è stato aggiunto dal rapporto intitolato “The 2000 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base di un altro rapporto intitolato “Tax Sparing: a Reconsideration” (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 ottobre 1997). Dopo il 23 luglio 1992 e fino al 29 aprile 2000, il paragrafo 76 recitava come segue:
“76. Se uno Stato contraente accetta di stimolare in particolare gli investimenti nell’altro Stato che è un paese in via di sviluppo, le disposizioni di cui sopra saranno generalmente accompagnate da garanzie per gli investitori, vale a dire, la Convenzione

limitare l’aliquota d’imposta che può essere imposta nello Stato di origine su dividendi, interessi e royalties.”
Il paragrafo 76, come formulato dopo il 23 luglio 1992, corrispondeva al paragrafo 74 della Convenzione modello del 1977. Il 23 luglio 1992, il paragrafo 76 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 78 (vedere la cronologia del paragrafo 78) e il paragrafo 74 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 76, dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992.
Il paragrafo 74 è stato aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977.
Paragrafo 77: Sostituito il 29 aprile 2000 quando il paragrafo 77 è stato eliminato e un nuovo paragrafo 77 è stato aggiunto dal rapporto intitolato “The 2000 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base di un altro rapporto intitolato “Tax Sparing: a Reconsideration” (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 ottobre 1997). Dopo il 23 luglio 1992 e fino al 29 aprile 2000, il paragrafo 77 recitava come segue:
“77. Inoltre, possono essere previste limitazioni o limiti temporali per l’applicazione dei vantaggi di cui alle formule a), ed eventualmente c), di cui sopra: il credito esteso (o l’esenzione) può essere concesso solo per incentivi applicati temporaneamente nei paesi in via di sviluppo, o solo per investimenti effettuati o contratti conclusi in futuro (ad esempio, dalla data di entrata in vigore della Convenzione) o per un periodo di tempo determinato.”
Il paragrafo 77, come formulato dopo il 23 luglio 1992, corrispondeva al paragrafo 75 della Convenzione modello del 1977. Il 23 luglio 1992, il paragrafo 77 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 79 (vedere la cronologia del paragrafo 79), il titolo che precede il paragrafo 77 è stato spostato con esso e il paragrafo 75 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 77, dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992.
Il paragrafo 75 è stato aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977.
Paragrafo 78: Sostituito il 29 aprile 2000 quando il paragrafo 77 è stato eliminato e un nuovo paragrafo 77 è stato aggiunto dal rapporto intitolato “The 2000 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base di un altro rapporto intitolato “Tax Sparing: a Reconsideration” (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 ottobre 1997). Dopo il 23 luglio 1992 e fino al 29 aprile 2000, il paragrafo 78 recitava come segue:
“78. Pertanto, esiste un numero considerevole di soluzioni a questo problema. Infatti, gli effetti concreti delle disposizioni in questione possono variare anche in funzione di altri fattori, come l’importo da includere nel reddito imponibile nello Stato di residenza (formule a) e b) di cui sopra); può trattarsi del reddito netto derivante (dopo la deduzione dell’imposta effettivamente pagata nello Stato della fonte), o del reddito netto maggiorato di un importo pari all’imposta effettivamente pagata nello Stato della fonte, o all’imposta che avrebbe potuto essere riscossa in conformità alla Convenzione (aliquote previste dagli articoli 10 e 11) o all’imposta che lo Stato di residenza accetta di consentire in deduzione.”
Il paragrafo 78, come formulato dopo il 23 luglio 1992, corrispondeva al paragrafo 76 della Convenzione modello del 1977. Il 23 luglio 1992, il paragrafo 76 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 78 dal rapporto intitolato “The Revision of the Model Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992.
Il paragrafo 76 è stato aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977.

Paragrafo 78.1: Aggiunto il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000, sulla base di un altro rapporto intitolato “Risparmio fiscale: una riconsiderazione” (adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 ottobre 1997).
Paragrafo 79: Corrisponde al paragrafo 77 della Convenzione modello del 1977, come formulato prima del 23 luglio 1992. In tale data, il paragrafo 77 della Convenzione modello del 1977 è stato rinumerato come paragrafo 79 e il titolo che precede il paragrafo 77 è stato spostato con esso, dal rapporto intitolato “La revisione della Convenzione modello”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 23 luglio 1992.
Il paragrafo 77 è stato aggiunto quando il Consiglio dell’OCSE ha adottato la Convenzione modello del 1977 l’11 aprile 1977.
Paragrafo 80: Aggiunto, insieme al titolo che lo precede, il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000.
Paragrafo 81: Modificato il 15 luglio 2014, modificandone il rinvio, dal rapporto intitolato “The 2014 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 15 luglio 2014. Dopo il 29 aprile 2000 e fino al 15 luglio 2014, il paragrafo 81 recitava come segue:
«81. La Svizzera si riserva il diritto di non applicare le norme stabilite al paragrafo 32 nei casi in cui un conflitto di qualificazione risulti da una modifica del diritto interno dello Stato di fonte successiva alla conclusione di una Convenzione.»
Il paragrafo 81 è stato aggiunto il 29 aprile 2000 dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000.
Paragrafo 82: Aggiunto il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “Aggiornamento 2017 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017.
Il paragrafo 82 e il titolo che lo precede sono stati eliminati il 17 luglio 2008 dal rapporto intitolato “The 2008 Update to the Model Tax Convention”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 17 luglio 2008. Dopo il 29 aprile 2000 e fino al 17 luglio 2008, il paragrafo 82 e il titolo che lo precede erano formulati come segue:
“Riserva sull’articolo
82. Il Portogallo si riserva la sua posizione sul paragrafo 4 dell’articolo 23 A.”
Il paragrafo 82 è stato aggiunto, insieme al titolo che lo precede, dal rapporto intitolato “Aggiornamento del 2000 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Comitato per gli affari fiscali dell’OCSE il 29 aprile 2000.
Paragrafo 83: Aggiunto insieme al titolo precedente il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “Aggiornamento 2017 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017.
Paragrafo 84: Aggiunto il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “Aggiornamento 2017 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017.
Paragrafo 85: Aggiunto il 21 novembre 2017 dal rapporto intitolato “Aggiornamento 2017 del modello di convenzione fiscale”, adottato dal Consiglio dell’OCSE il 21 novembre 2017.

OCSE – METODI PER ELIMINAZIONE DELLA DOPPIA IMPOSIZIONE – Capitolo V (METHODS FOR ELIMINATION OF DOUBLE TAXATION) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale

Per la soluzione delle problematiche di doppia imposizione il Capitolo V (METODI PER ELIMINARE LA DOPPIA IMPOSIZIONE) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale dell’OCSE (Model Tax Convention on Income and Capital) (Vedi: Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale 2017 (versione completa) – OECD Model Tax Convention on Income and Capital) prevede due metodi per eliminare la doppia tassazione:

  • Articolo 23 A Metodo dell’esenzione (Exemption Method)
  • Articolo 23 B Metodo del credito (Credit Method)

Le convenzioni non stabiliscono il metodo da adottare in quanto la scelta viene lasciata alla norma interna.

La normativa fiscale italiana prevede ambedue i metodi:

OCSE –  Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale
Capitolo V
METODI PER ELIMINAZIONE DELLA DOPPIA IMPOSIZIONE (METHODS FOR ELIMINATION OF DOUBLE TAXATION)

ARTICOLO 23 A METODO DI ESENZIONE (EXEMPTION METHOD)
1. Quando un residente di uno Stato contraente ricava redditi o possiede un capitale che può essere assoggettato a imposta nell’altro Stato contraente conformemente alle disposizioni della presente Convenzione (salvo nella misura in cui tali disposizioni consentono la tassazione da parte di tale altro Stato unicamente perché il reddito è anche reddito ricavato da un residente di tale Stato o perché il capitale è anche capitale posseduto da un residente di tale Stato), il primo Stato menzionato esenta da imposta tale reddito o capitale, fatte salve le disposizioni dei paragrafi 2 e 3.
2. Quando un residente di uno Stato contraente ricava elementi di reddito che possono essere tassati nell’altro Stato contraente conformemente alle disposizioni degli articoli 10 e 11 (salvo nella misura in cui tali disposizioni consentono la tassazione da parte di tale altro Stato unicamente perché il reddito è anche reddito derivato da un residente di tale Stato), il primo Stato menzionato deve consentire come deduzione dall’imposta sul reddito di tale residente un importo pari all’imposta pagata in tale altro Stato. Tale deduzione non deve tuttavia eccedere quella parte dell’imposta, come calcolata prima che la deduzione sia concessa, che è attribuibile a tali elementi di reddito derivati da tale altro Stato.
3. Qualora, in conformità a una qualsiasi disposizione della Convenzione, il reddito derivante o il capitale posseduto da un residente di uno Stato contraente sia esente da imposta in tale Stato, tale Stato può tuttavia, nel calcolare l’importo dell’imposta sul reddito o sul capitale rimanente di tale residente, tenere conto del reddito o del capitale esentato.
4. Le disposizioni del paragrafo 1 non si applica ai redditi conseguiti o al patrimonio posseduto da un residente di uno Stato contraente quando l’altro Stato contraente applica le disposizioni della presente Convenzione per esentare da imposta tali redditi o patrimonio o applica le disposizioni del paragrafo 2 dell’articolo 10 o 11 a tali redditi.

ARTICOLO 23 B METODO DI CREDITO (CREDIT METHOD)

1. Quando un residente di uno Stato contraente ricava redditi o possiede un capitale che può essere assoggettato a tassazione nell’altro Stato contraente conformemente alle disposizioni della presente Convenzione (salvo nella misura in cui tali disposizioni consentano la tassazione da parte di tale altro Stato unicamente perché il reddito è anche reddito ricavato da un residente di tale Stato o perché il capitale è anche capitale posseduto da un residente di tale Stato), il primo Stato menzionato consente:

a) a titolo di detrazione dall’imposta sul reddito di tale residente, un importo pari all’imposta sul reddito pagata in tale altro Stato;
b) a titolo di deduzione dall’imposta sul patrimonio di tale residente, un importo pari all’imposta sul patrimonio pagata in tale altro Stato.
In entrambi i casi, tale detrazione non può tuttavia eccedere la quota dell’imposta sul reddito o dell’imposta sul patrimonio, calcolata prima della detrazione, attribuibile, a seconda dei casi, al reddito o al patrimonio imponibile in detto altro Stato.
2. Qualora, in conformità a una qualsiasi disposizione della Convenzione, il reddito derivante o il capitale posseduto da un residente di uno Stato contraente sia esente da imposta in tale Stato, tale Stato può tuttavia, nel calcolare l’importo dell’imposta sul reddito o sul capitale rimanente di tale residente, tenere conto del reddito o del capitale esentato.

Il Commentario agli artt. 23 A e 23 B (traduzione:  OCSE – Commentario agli Artt. 23 A e 23 B (Metodi per eliminare le doppie imposizioni) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale)  (vedi: OECD-Model-Tax-Convention-on-Income-and-Capital-COMMENTARY ON ARTICLES 23 A AND 23 B) fornisce una serie di utili indicazioni.

Stabile organizzazione in Italia – Aspetti civilistici contabili e fiscali


Art. 5 del Modello OCSE di convenzione fiscale sul reddito e sul patrimonio

La   “Stabile organizzazione” – “Permanent Establishment” è uno standard internazionale ampiamente accettato, sancito dall’articolo 5 Permanent Establishment (Stabile organizzazione) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale dell’OCSE (Model Tax Convention on Income and Capital) (Vedi: Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale 2017 (versione completa) – OECD Model Tax Convention on Income and Capital)

ARTICOLO 5 STABILE ORGANIZZAZIONE

  1. Ai fini della presente Convenzione, il termine “stabile organizzazione” designa una sede fissa di affari attraverso la quale un’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività.
  2. Il termine “stabile organizzazione” comprende in particolare:

a) un luogo di direzione;

b) un ramo;

c) un ufficio;

d)una fabbrica;

e)un laboratorio, e

f) una miniera, un pozzo di petrolio o di gas, una cava o qualsiasi altro luogo di estrazione di risorse naturali.

  1. Un cantiere edile o un progetto di costruzione o di installazione costituisce una stabile organizzazione solo se la sua durata supera i dodici mesi.
  2. Nonostante le precedenti disposizioni del presente articolo, il termine “stabile organizzazione” non si considera includere:

a) l’utilizzazione di una struttura ai soli fini di deposito, esposizione o consegna di beni o merci appartenenti all’impresa;

b) la conservazione di beni o merci appartenenti all’impresa ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna;

c) il mantenimento di un magazzino di beni o merci appartenenti all’impresa ai soli fini della trasformazione da parte di un’altra impresa;

d) il mantenimento di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini di acquistare beni o merci o di raccogliere informazioni per l’impresa;

e) il mantenimento di una sede fissa di affari ai soli fini dello svolgimento, per l’impresa, di qualsiasi altra attività;

f) il mantenimento di una sede fissa di affari esclusivamente per una qualsiasi combinazione di attività menzionate nei sottoparagrafi da a) a e),

a condizione che tale attività o, nel caso di cui alla lettera f), l’attività complessiva della sede fissa di affari, abbia carattere preparatorio o ausiliario.

  1. 1 Il Paragrafo 4 non si applica ad una sede fissa di affari utilizzata o mantenuta da un’impresa se la stessa impresa o un’impresa strettamente correlata svolge attività commerciali nello stesso luogo o in un altro luogo nello stesso Stato contraente

a) tale luogo o altro luogo costituisce una stabile organizzazione per l’impresa o l’impresa strettamente collegata ai sensi delle disposizioni del presente articolo, o

b) l’attività complessiva risultante dalla combinazione delle attività svolte dalle due imprese nello stesso luogo, o dalla stessa impresa o da imprese strettamente collegate nei due luoghi, non ha carattere preparatorio o ausiliario,

a condizione che le attività commerciali svolte dalle due imprese nello stesso luogo, o dalla stessa impresa o da imprese strettamente collegate nei due luoghi, costituiscano funzioni complementari che fanno parte di un’attività commerciale coesa.

  1. Nonostante le disposizioni dei paragrafi1 e 2 ma fatte salve le disposizioni del paragrafo 6, quando una persona agisce in uno Stato contraente per conto di un’impresa e, così facendo, conclude abitualmente contratti o svolge abitualmente il ruolo principale che porta alla conclusione di contratti che vengono regolarmente conclusi senza modifiche sostanziali da parte dell’impresa, e tali contratti sono

a) in nome dell’impresa, o

b) per il trasferimento della proprietà o per la concessione del diritto di utilizzo di beni posseduti da tale impresa o che l’impresa ha il diritto di utilizzare, o

c) per la fornitura di servizi da parte di tale impresa,

si considera che tale impresa abbia una stabile organizzazione in tale Stato per quanto riguarda tutte le attività che tale persona intraprende per l’impresa, a meno che le attività di tale persona siano limitate a quelle menzionate nell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), paragrafo 4 che, se esercitato tramite una sede fissa di affari (diversa da una sede fissa di affari a cui al paragrafo 4.1 si applicherebbe), non renderebbe questa sede fissa di affari una stabile organizzazione ai sensi delle disposizioni di tale paragrafo.

  1. Il Paragrafo 5 non si applica quando la persona che agisce in uno Stato contraente per conto di un’impresa dell’altro Stato contraente svolge attività nel primo Stato menzionato come agente indipendente e agisce per l’impresa nel normale corso di tale attività. Tuttavia, quando una persona agisce esclusivamente o quasi esclusivamente per conto di una o più imprese a cui è strettamente correlata, tale persona non è considerata un agente indipendente ai sensi del presente paragrafo rispetto a tale impresa.
  2. Il fatto che una società residente di uno Stato contraente controlli o sia controllata da una società residente dell’altro Stato contraente, o svolga attività in tale altro Stato (sia che tramite una stabile organizzazione o in altro modo), non costituisce di per sé una stabile organizzazione dell’altra.
  3. Ai fini del presente articolo, una persona o un’impresa è strettamente correlata a un’impresa se, sulla base di tutti i fatti e le circostanze rilevanti, una ha il controllo dell’altra o entrambe sono sotto il controllo delle stesse persone o imprese. In ogni caso, una persona o un’impresa sarà considerata strettamente correlata a un’impresa se una possiede direttamente o indirettamente più del 50 per cento dell’interesse beneficiario nell’altra (o, nel caso di una società, più del 50 per cento del voto complessivo e del valore delle azioni della società o dell’interesse azionario beneficiario nella società) o se un’altra persona o impresa possiede direttamente o indirettamente più del 50 per cento dell’interesse beneficiario (o, nel caso di una società, più del 50 per cento del voto complessivo e del valore delle azioni della società o dell’interesse azionario beneficiario nella società) nella persona e nell’impresa o nelle due imprese

Lo schema dell’art. 5 del Modello di Convenzione dell’OCSE, paragrafo (o comma) 1 stabilisce che ai fini della convenzione, l’espressione stabile organizzazione designa una sede di affari (ogni locale, macchinario o installazione,  come ad esempio il server per l’e-commerce) fissa (l’impresa deve avere a disposizione un determinato spazio che sia utilizzato per la propria attività) in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività (l’attività necessita di essere permanente nel senso che non ci sia interruzione della sua operatività, ma le operazioni vengano svolte con regolarità).

L’art. 5 del Modello di Convenzione dell’OCSE al paragrafo 2 elenca una «Positive list» per la stabile organizzazione materiale ed al paragrafo 4 una«Negative list».

Il Commentario all’art. 5 del  Modello di Convenzioni OCSE (COMMENTARY ON ARTICLE 5-OF-THE-MODEL-TAX-CONVENTION) fornisce una serie di indicazioni per meglio individuare la presenza di una “stabile organizzazione materiale.

Il Commentario all’art. 5 del  Modello di Convenzioni OCSE (traduzione:  OCSE – Commentario ad Art. 5 (Stabile Organizzazione) (vedi: COMMENTARY ON ARTICLE 5-OF-THE-MODEL-TAX-CONVENTION) fornisce una serie di indicazioni per meglio individuare la presenza di una “stabile organizzazione materiale.

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Art. 162 (Stabile Organizzazione) del Testo unico del 22/12/1986 n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

Il concetto di stabile organizzazione viene individuato, nel nostro ordinamento, dall’art. 162 del TUIR

Sia l’articolo 5 Permanent Establishment (Stabile organizzazione) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale dell’OCSE che l’art. 162 del TUIR definiscono la stabile organizzazione come una sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività.

La stabile organizzazione comporta una presenza non occasionale nello Stato estero  con relativa realizzazione di un reddito derivante dall’attività economica nello Stato estero.

I Trattati contro le doppie imposizioni, infatti, di solito, prevedono una durata superiore ai sei o dodici mesi.

In base all’art. 162 del TUIR l‘espressione “stabile organizzazione” designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato.

All’interno dell’articolo si possono individuare due tipologie di stabile organizzazione:

  • “stabile organizzazione materiale” (S.O.M.), in virtù della presenza fisica di una sede fissa di affari dell’impresa;
  • “stabile organizzazione personale” (S.O.P.), in presenza di agenti non indipendenti che hanno il potere di concludere contratti in nome e per conto della società (vedi comma 6 art. 162 del TUIR)

Il comma 1 dell’art. 162 del TUIR prevede una definizione generale per individuare la “stabile organizzazione materiale” .
La presenza di una stabile organizzazione in un determinato territorio deve essere valutata sulla base di una serie di requisiti che la dottrina definisce come “elementi costitutivi della fattispecie”:

  • oggettivi – un luogo fisico ove individuarla (place of business test) e la sua fissità (fixed place) in quel luogo;
  • soggettivi – la disponibilità della S.O.M. da parte dell’impresa estera (right of use) e la permanenza della “stabile organizzazione materiale (permanence test);
  • funzionali – la connessione dell’istallazione all’esercizio dell’impresa estera (business connection test) e l’idoneità produttiva dell’istallazione stessa (carrying on of the business enterprise).

L’art. 162 del TUIR, analogamente da quanto disposto dall’art. 5 del Modello di Convenzione dell’OCSE, elenca per la stabile organizzazione materiale

    • una «Positive list» al paragrafo 2;
       L’espressione “stabile organizzazione” comprende in particolare:a) una sede di direzione;b) una succursale;c) un ufficio;d) un’officina;e) un laboratorio;f) una miniera, un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali, anche in zone situate al di fuori delle acque territoriali in cui, in conformità al diritto internazionale consuetudinario ed alla legislazione nazionale relativa all’esplorazione ed allo sfruttamento di risorse naturali, lo Stato può esercitare diritti relativi al fondo del mare, al suo sottosuolo ed alle risorse naturali.f-bis) una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso.(Comma modificato dal comma 1010 dell’art. 1 della Legge 205 del 27/12/2017)
  • una «Negative list» al paragrafo 4
    Fermi restando i commi da 1 a 3, la dizione “stabile organizzazione” non comprende:a) l’uso di una installazione ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all’impresa;b) la disponibilità di beni o merci appartenenti all’impresa immagazzinati ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna;c) la disponibilità di beni o merci appartenenti all’impresa immagazzinati ai soli fini della trasformazione da parte di un’altra impresa;d) la disponibilità di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini di acquistare beni o merci o di raccogliere informazioni per l’impresa;e) la disponibilità di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini dello svolgimento, per l’impresa, di ogni altra attività;f) la disponibilità di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini dell’esercizio combinato delle attività menzionate nelle lettere da a) ad e).(Comma modificato dal comma 1010 dell’art. 1 della Legge 205 del 27/12/2017)

Il comma 4-bis. dell’art. 162 del TUIR stabilisce che «Negative list» di cui al paragrafo 4  si applicano a condizione che le attività di cui alle lettere da a) a e) o, nei casi di cui alla lettera f), l’attività complessiva della sede fissa d’affari siano di carattere preparatorio o ausiliario.

Ulteriori specificazioni sono contenute nei successivi commi dell’art. 162 del TUIR (1)

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Aspetti civilistici

La Stabile Organizzazione non è un soggetto titolare di autonoma soggettività giuridica distinto dalla casa madre : è la medesima società non residente che opera in uno Stato Estero per il tramite della Stabile Organizzazione.

Da un punto di vista civilistico, con il termine stabile organizzazione si intende, quindi,  un soggetto che non ha autonomia giuridica rispetto alla casa madre, essendo più che altro la longa manu attraverso cui questa esercita la sua attività all’estero. Non avrà dunque necessità di un capitale sociale (anche se tipicamente la stabile organizzazione viene fornita di un fondo di dotazione adeguato allo scopo, soprattutto per problematiche fiscali), di organi gestori propri o di obblighi di redazione di bilancio. Per le passività della stabile organizzazione dunque risponde la casa madre con il proprio patrimonio.

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Aspetti fiscali

La nozione di Stabile Organizzazione ha una valenza esclusivamente fiscale e assume rilevanza con riferimento alla tassazione dei redditi prodotti nel territorio dello Stato Estero da un soggetto non ivi residente per il tramite della sua Stabile Organizzazione.

Dal punto di vista fiscale, quindi, la stabile organizzazione è un soggetto rilevante, tanto da avere un proprio numero identificativo estero (come la partita IVA o il codice fiscale).

La stabile organizzazione è

  • un autonomo centro di imputazione di ricavi e costi, e viene tassata nello Stato estero per i redditi ivi prodotti.
  • considerata come un soggetto fiscalmente residente nello Stato estero ai fini fiscali, e come tale è soggetto alle ordinarie regole sulle imposte sul reddito previste per i soggetti esercenti attività di impresa (ad esempio in Italia, le stabili organizzazioni di soggetti non residenti sono soggetti IRES tassate come le società di capitali italiane).

Dal punto di vista tributario, quindi, la Stabile Organizzazione dovrà scontare la tassazione nello Stato Estero dove opera, in quanto considerata autonomo soggetto d’imposta, ma anche nel Paese di residenza della Società Madre, andando a generare un fenomeno di doppia imposizione attenuato o eliminato tramite l’applicazione delle Convenzioni contro le Doppie Imposizioni.

Va posto in evidenza come l’erronea convinzione, da parte della Società Madre non residente, di non concretizzare nel territorio dello Stato italiano una ipotesi di Stabile Organizzazione, possa comportare gravi conseguenze, non solo ai fini tributari (in termine di imposte non corrisposte e di adempimenti omessi), ma anche ai fini penali (qualora il reddito attribuibile alla stessa stabile organizzazione superi determinate soglie).
Simmetricamente anche la società italiana che incorra nello stesso errore, con riferimento ad una attività svolta in uno Stato Estero, incorrerà in pesanti conseguenze anche in questo Stato, quindi, una attenta disamina è fondamentale per evitare di incorrere in sanzioni, anche pesanti per omessa tassazione dei redditi prodotti all’estero.

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Aspetti contabili

Laddove sia identificabile una Stabile Organizzazione, l’ordinamento le attribuisce un certo grado di autonomia, assoggettandola a particolari obblighi ed adempimenti come: la tenuta delle scritture contabili o la possibilità di essere sostituto d’imposta.
E’ da notare come, anche se posti in essere dalla Stabile Organizzazione obblighi e adempimenti, il soggetto giuridicamente obbligato a tali adempimenti è la Società Madre non residente in quanto, come si è detto, la Stabile Organizzazione non è un soggetto titolare di autonoma soggettività giuridica distinto dalla casa madre.

Dal punto di vista contabile i risultati dell’esercizio della Stabile Organizzazione (determinati in base alle regole dello stato di residenza fiscale di questa)

  • saranno compresi nel bilancio ordinario della Casa Madre
  • concorreranno a formare il risultato d’esercizio della Casa Madre
  • sconteranno, quindi,  la tassazione
  • nello Stato Estero dove opera la Stabile Organizzazione, considerata autonomo soggetto d’imposta, ma anche
  • nel Paese di residenza della Società Madre, andando a generare un fenomeno di doppia imposizione.

Il fenomeno della doppia imposizione generato dalla doppia tassazione dei risultati dell’esercizio della Stabile Organizzazione della Stabile Organizzazione sia nello Stato Estero dove questa opera, in quanto considerata autonomo soggetto d’imposta, sia nel Paese di residenza della Società Madre viene attenuato o eliminato

  • dall’applicazione delle Convenzioni intese ad evitare le Doppie Imposizioni;
  • dall’applicazione della legislazione fiscale del Paese di residenza della Società Madre ove questa riconosca un credito di imposta per i carichi tributari scontati all’estero.

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Convenzioni intese ad evitare le doppie imposizioni

L’applicazione delle Convenzioni intese ad evitare le Doppie Imposizioni attenua od elimina il fenomeno della doppia imposizione generato dalla tassazione della Stabile Organizzazione sia nello Stato Estero dove opera, in quanto considerata autonomo soggetto d’imposta, sia nel Paese di residenza della Società Madre.

Per la soluzione delle problematiche di doppia imposizione il Capitolo V (METODI PER ELIMINARE LA DOPPIA IMPOSIZIONE) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale dell’OCSE (Model Tax Convention on Income and Capital) (Vedi: Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale 2017 (versione completa) – OECD Model Tax Convention on Income and Capital) prevede due metodi per eliminare la doppia tassazione:

  • Articolo 23 A Metodo dell’esenzione (Exemption Method)
  • Articolo 23 B Metodo del credito (Credit Method)

Le convenzioni non stabiliscono il metodo da adottare in quanto la scelta viene lasciata alla norma interna.

La normativa fiscale italiana prevede ambedue i metodi:

È evidente che, a questo punto, ci si deve anche confrontare con la normativa dello  Stato Estero dove opera la Stabile Organizzazione , che, dal punto di vista fiscale, quindi, deve essere un soggetto rilevante, tanto da avere un proprio numero identificativo estero (come la partita IVA o il codice fiscale).

Alla pagina : Convenzioni per evitare le doppie imposizioni del sito Del “Dipartimento delle Finanze” del MEF è possibile reperire l’elenco delle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni  aggiornato al 1 luglio 2021.

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Art. 7 (Utili commerciali)  del Modello OCSE di convenzione fiscale sul reddito e sul patrimonio

L’articolo 7 (Utili commerciali – Business Profits) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale dell’OCSE (Model Tax Convention on Income and Capital) (Vedi: Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale 2017 (versione completa) – OECD Model Tax Convention on Income and Capital) regolamenta la tassazione dei redditi prodotti nel territorio dello Stato Estero da un soggetto non ivi residente per il tramite della sua Stabile Organizzazione.

Articolo 7 (Utili commerciali – Business Profits) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale dell’OCSE

1. Gli utili di un’impresa di uno Stato contraente sono imponibili solo in tale Stato, a meno che l’impresa non svolga la propria attività nell’altro Stato contraente tramite una stabile organizzazione ivi situata. Se l’impresa svolge la propria attività come sopra indicato, gli utili attribuibili alla stabile organizzazione conformemente alle disposizioni del paragrafo 2 possono essere tassati in tale altro Stato.

2. Ai fini del presente articolo e dell’articolo [23 A] [23 B], gli utili attribuibili in ogni Stato contraente alla stabile organizzazione di cui al paragrafo 1 sono gli utili che ci si potrebbe aspettare di realizzare, in particolare nei suoi rapporti con altre parti dell’impresa, se fosse un’impresa separata e indipendente impegnata nelle stesse o simili attività alle stesse o simili condizioni, tenendo conto delle funzioni svolte, dei beni utilizzati e dei rischi assunti dall’impresa tramite la stabile organizzazione e tramite le altre parti dell’impresa.

3. Qualora, conformemente al paragrafo 2, uno Stato contraente regoli gli utili attribuibili a una stabile organizzazione di un’impresa di uno degli Stati contraenti e assoggetta di conseguenza a tassazione gli utili dell’impresa che sono stati tassati nell’altro Stato, l’altro Stato, nella misura necessaria per eliminare la doppia imposizione su tali utili, effettuerà un’appropriata rettifica dell’importo dell’imposta applicata su tali utili. Nel determinare tale rettifica, le autorità competenti degli Stati contraenti si consulteranno, se necessario.

4. Quando gli utili includono voci di reddito trattate separatamente in altri articoli della presente Convenzione, le disposizioni di tali articoli non sono influenzate dalle disposizioni del presente articolo.

Il Commentario all’art. 7 del  Modello di Convenzioni OCSE (traduzione:  OCSE – Commentario ad Art. 7 (Utili Commerciali) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale) (vedi: COMMENTARY ON ARTICLE 7-OF-THE-MODEL-TAX-CONVENTION) fornisce una serie di utili indicazioni.

Vedi anche: OCSE – PROBLEMI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE – Modello di Convenzione Fiscale Attribuzione del Reddito alla Stabile Organizzazione –  OECD -ISSUES IN INTERNATIONAL TAXATION – Model Tax Convention Attribution of Income to Permanent Establishment

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Determinazione del reddito di una stabile organizzazione in Italia

Ai sensi della lett. e) del comma 1, dell’art. 23 del TUIR (Applicazione dell’imposta ai non residenti)  ai fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti dei non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato italiano i redditi d’impresa derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni.

Ai sensi del primo comma dell’art. 152 del TUIR (2) : Il reddito della stabile organizzazione in Italia è determinato in base agli utili e alle perdite ad essa riferibili, e secondo le disposizioni degli artt. da 81 a 116 le TUIR  (SEZIONE I (DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE) del CAPO II (DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE DELLE SOCIETA’ E DEGLI ENTI COMMERCIALI RESIDENTI), del TITOLO II (IMPOSTA SUL REDDITO DELLE SOCIETA’)), sulla base di un apposito rendiconto economico e patrimoniale, da redigersi secondo i principi contabili previsti per i soggetti residenti.

Ai sensi del secondo comma dell’art. 152 del TUIR ai fini della determinazione del reddito della stabile organizzazione questa si considera entità separata e indipendente.

Quindi, la stabile organizzazione  in Italia di un’impresa o un soggetto estero sarà soggetta ad autonoma tassazione in Italia in considerazione del fatto che è una entità fiscale separata dalla sua casa madre estera.

La stabile organizzazione è perciò tenuta al pagamento delle imposte dirette (IRES, l’imposta sul reddito delle società in Italia, ed IRAP, l’imposta Regionale sulle Attività Produttive) come un soggetto residente in Italia.

Entrambe le imposte vengono determinate in base al bilancio redatto secondo gli stessi principi contabili applicabili alle imprese residenti.

Ai sensi del terzo comma dell’art. 152 del TUIR i componenti di reddito attribuibili alle stabili organizzazioni relativamente alle transazioni e alle operazioni tra la stabile organizzazione e l’entità cui la medesima appartiene sono determinati ai sensi del comma 7 dell’art. 110 (Norme generali sulle valutazioni) del TUIR (norma di riferimento nell’ordinamento fiscale italiano in merito al “Transfer Pricing”) (A questo proposito vedi: Italia – Il Transfer Pricing – Normativa – Oneri Documentali – Modalità dichiarative)

Ai sensi del quarto comma dell’art. 152 del TUIR Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle società commerciali di tipo diverso da quelli regolati nel codice civile (2).

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Transazioni ed  operazioni tra la stabile organizzazione e la casa madre

Come abbiamo visto, ai sensi del terzo comma dell’art. 152 del TUIR i componenti di reddito attribuibili alle stabili organizzazioni relativamente alle transazioni ed alle operazioni tra la stabile organizzazione e la casa madre  a cui la stessa appartiene sono determinati ai sensi del comma 7 dell’art. 110 (Norme generali sulle valutazioni) del TUIR, e, quindi devono sottostare alle regole stabilite dalla legislazione italiana in merito al “Transfer Pricing”) (A questo proposito vedi: Italia – Il Transfer Pricing – Normativa – Oneri Documentali – Modalità dichiarative).

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Il fondo di dotazione della stabile organizzazione

Come abbiamo visto la stabile organizzazione non è un soggetto che non ha autonomia giuridica rispetto alla casa madre (concetto ribadito dalla prima parte del secondo comma dell’art. 152 del TUIR che, ai fini della determinazione del reddito,  considera questa un’entità separata e indipendente) e, quindi, non avrà necessità di un capitale sociale,  ma, tipicamente,  viene fornita di un fondo di dotazione adeguato allo scopo.

La seconda parte del secondo comma dell’art. 152 del TUIR stabilisce che: Il fondo di dotazione alla riferibile alla stabile organizzazione è determinato in piena conformità ai criteri definiti in sede OCSE, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati.

Per i metodi di calcolo del fondo di dotazione vedasi l’art. 7, comma 3 decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 147 (Disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese)

“Ai fini della disposizione di cui all’articolo 152, comma 2, secondo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, così come modificato dalla lettera b) del comma 1, del presente articolo, i metodi di calcolo del fondo di dotazione sono individuati con uno o più provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate, il primo dei quali da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Relativamente ai periodi di imposta iniziati prima dell’emanazione del provvedimento riguardante lo specifico settore di appartenenza, l’eventuale rettifica in aumento del reddito imponibile o del valore della produzione netta conseguente alla valutazione della congruità del fondo di dotazione ai sensi del citato articolo 152 non dà luogo all’applicazione di sanzioni.”

A questo proposito è stato emanato  il Provvedimento Agenzia delle Entrate 5 aprile 2016, Prot. n. 2016/ 49121, recante disposizioni che disciplinano metodi di calcolo del fondo di dotazione di cui all’art. 152, comma 2, secondo periodo, D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR), fiscalmente congruo delle stabili organizzazioni italiane di imprese bancarie non residenti.

Il Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate prot. n. 2017/165138 del 28 agosto 2017 si occupa della congruità del fondo ai fini fiscali e analizza il legame con la disciplina branch exemption, la quale permette l’esenzione degli utili e delle perdite, realizzati dalle stabili organizzazioni, dal reddito imponibile della casa madre che ha residenza in Italia, purché vengano rispettati determinati requisiti.

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Sintesi degli aspetti legati della determinazione del reddito della stabile organizzazione ai sensi dell’Art. 152 del TUIR

  • La stabile organizzazione si considera  ai fini fiscali un’entità separata e indipendente dalla casa madre;
  • Ogni transazione con la casa madre deve seguire le regole del transfer pricing;
  • Il fondo di dotazione è determinato in base ai criteri OCSE, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati.

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Modalità dichiarative dei redditi d’impresa derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato italiano mediante stabili organizzazioni

Il punto 2.4.3 della parte generale delle Istruzioni alla Dichiarazione dei redditi delle Società ed enti stabilisce che:

“Per le società e gli enti commerciali con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, il reddito della stabile organizzazione è determinato in base agli utili e alle perdite ad essa riferibili e secondo le disposizioni della Sezione I, del Capo II, del Titolo II del TUIR, sulla base di un apposito rendiconto economico e patrimoniale, da redigersi secondo i principi contabili previsti per i soggetti residenti aventi le medesime caratteristiche, salva quella della emissione di strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati di qualsiasi Stato membro dell’Unione europea ovvero diffusi tra il pubblico di cui all’articolo 116
testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (art. 152 del TUIR).
Ai fini della determinazione del reddito, la stabile organizzazione si considera entità separata e indipendente, svolgente le medesime o analoghe attività, in condizioni identiche o similari, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati.”

Quindi, se la società estera ha una stabile organizzazione in Italia e non vi sono altri redditi diversi da quello d’impresa imponibili in Italia, deve essere compilato il quadro RF del modello Redditi S.C.

Il reddito fiscale d’impresa prodotto in Italia dalla stabile organizzazione deve essere determinato apportando nel quadro RF le variazioni in aumento e in diminuzione previste dalla normativa fiscale italiana al risultato del Conto economico della stabile organizzazione.

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Stabile organizzazione in Italia sostituto di imposta

Le società estere possono assumere la veste di sostituti d’imposta  solo se sono dotate di una stabile organizzazione in Italia.

A  questo proposito con la  Risposta ad interpello n. 312/E/2019 l’Agenzia delle Entrate esprime il proprio parere secondo il quale:

“L’articolo 23, comma 1, del citato D.P.R. n. 600 del 1973 individua, in
modo tassativo, i soggetti obbligati a operare, in qualità di sostituti di imposta, le ritenute alla fonte sui redditi per i quali è prevista l’applicazione di dette ritenute.
Fra tali soggetti menziona gli “enti e le società indicati nell’articolo 87 (Soggetti passivi) (ora articolo 73), comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917” (TUIR).
L’articolo 73, comma 1, del TUIR, alla lettera d), indica testualmente “le società ed enti di ogni tipo compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato”.
Rientrano, pertanto, fra i soggetti che rivestono la qualifica di sostituti di imposta, anche i soggetti non residenti nel territorio dello Stato.
Tuttavia, come precisato nella circolare del Ministero delle Finanze 23 dicembre 1997, n. 326, paragrafo 3.1, gli enti e le società non residenti assumono la qualifica di sostituto d’imposta limitatamente ai redditi corrisposti da una loro stabile organizzazione o base fissa in Italia.
Le società non residenti, infatti, seppur ricomprese, sotto il profilo
soggettivo, fra i soggetti indicati al primo comma dell’articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973, in linea di principio, ne sono oggettivamente escluse in ragione della delimitazione territoriale della potestà tributaria dello Stato.

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IVA

I soggetti non residenti che hanno una stabile organizzazione in Italia devono presentare la dichiarazione di inizio attività utilizzando gli stessi modelli e con stesse modalità di presentazione dei soggetti residenti (Vedi: https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/iva-regole-generali-aliquote-esenzioni-pagamento/infogen-iva-regole-generali-aliquote-esenzioni-pagamento-imprese)

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Apertura di una stabile organizzazione in Italia da parte di una società estera

I passi da compiere per procedere all’apertura di una stabile organizzazione in Italia da parte di una società estera sono:

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(1) Art. 162 del TUIR  Stabile organizzazione.

In vigore dal 01/01/2023

Modificato da: Legge del 29/12/2022 n. 197 Articolo 1

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 169, ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, l’espressione “stabile organizzazione” designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attivita’ sul territorio dello Stato.

2. L’espressione “stabile organizzazione” comprende in particolare:

a) una sede di direzione;

b) una succursale;

c) un ufficio;

d) un’officina;

e) un laboratorio;

f) una miniera, un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali, anche in zone situate al di fuori delle acque territoriali in cui, in conformita’ al diritto internazionale consuetudinario ed alla legislazione nazionale relativa all’esplorazione ed allo sfruttamento di risorse naturali, lo Stato puo’ esercitare diritti relativi al fondo del mare, al suo sottosuolo ed alle risorse naturali.

f-bis) una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso.(1)

3. Un cantiere di costruzione o di montaggio o di installazione, ovvero l’esercizio di attivita’ di supervisione ad esso connesse, e’ considerato “stabile organizzazione” soltanto se tale cantiere, progetto o attivita’ abbia una durata superiore a tre mesi.

4. Fermi restando i commi da 1 a 3, la dizione “stabile organizzazione” non comprende:

a) l’uso di una installazione ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all’impresa;

b) la disponibilita’ di beni o merci appartenenti all’impresa immagazzinati ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna;

c) la disponibilita’ di beni o merci appartenenti all’impresa immagazzinati ai soli fini della trasformazione da parte di un’altra impresa;

d) la disponibilita’ di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini di acquistare beni o merci o di raccogliere informazioni per l’impresa;

e) la disponibilita’ di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini dello svolgimento, per l’impresa, di ogni altra attivita’;

f) la disponibilita’ di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini dell’esercizio combinato delle attivita’ menzionate nelle lettere da a) ad e).(1)

4-bis. Le disposizioni del comma 4 si applicano a condizione che le attivita’ di cui alle lettere da a) a e) o, nei casi di cui alla lettera f), l’attivita’ complessiva della sede fissa d’affari siano di carattere preparatorio o ausiliario.(1)

5. Il comma 4 non si applica ad una sede fissa d’affari che sia utilizzata o gestita da un’impresa se la stessa impresa o un’impresa strettamente correlata svolge la sua attivita’ nello stesso luogo o in un altro luogo nel territorio dello Stato e lo stesso luogo o l’altro luogo costituisce una stabile organizzazione per l’impresa o per l’impresa strettamente correlata in base alle previsioni del presente articolo, ovvero l’attivita’ complessiva risultante dalla combinazione delle attivita’ svolte dalle due imprese nello stesso luogo, o dalla stessa impresa o da imprese strettamente correlate nei due luoghi, non sia di carattere preparatorio o ausiliario, purche’ le attivita’ svolte dalle due imprese nello stesso luogo, o dalla stessa impresa, o dalle imprese strettamente correlate nei due luoghi, costituiscano funzioni complementari che siano parte di un complesso unitario di operazioni d’impresa.(1)

6. Ferme le disposizioni dei commi 1 e 2 e salvo quanto previsto dai commi 7, 7-ter e 7-quater (2), se un soggetto agisce nel territorio dello Stato per conto di un’impresa non residente e abitualmente conclude contratti o opera ai fini della conclusione di contratti senza modifiche sostanziali da parte dell’impresa e detti contratti sono in nome dell’impresa, oppure relativi al trasferimento della proprieta’, o per la concessione del diritto di utilizzo, di beni di tale impresa o che l’impresa ha il diritto di utilizzare, oppure relativi alla fornitura di servizi da parte di tale impresa, si considera che tale impresa abbia una stabile organizzazione nel territorio dello Stato in relazione a ogni attivita’ svolta dal suddetto soggetto per conto dell’impresa, a meno che le attivita’ di tale soggetto siano limitate allo svolgimento delle attivita’ di cui al comma 4 le quali, se esercitate per mezzo di una sede fissa di affari, non permetterebbero di considerare questa sede fissa una stabile organizzazione ai sensi delle disposizioni del medesimo comma 4.(1)

7. Il comma 6 non si applica quando il soggetto, che opera nel territorio dello Stato per conto di un’impresa non residente, svolge la propria attivita’ in qualita’ di agente indipendente e agisce per l’impresa nell’ambito della propria ordinaria attivita’. Tuttavia, quando un soggetto opera esclusivamente o quasi esclusivamente per conto di una o piu’ imprese alle quali e’ strettamente correlato, tale soggetto non e’ considerato un agente indipendente, ai sensi del presente comma, in relazione a ciascuna di tali imprese.(1)

7-bis. Ai soli fini del presente articolo, un soggetto e’ strettamente correlato ad un’impresa se, tenuto conto di tutti i fatti e di tutte le circostanze rilevanti, l’uno ha il controllo dell’altra ovvero entrambi sono controllati da uno stesso soggetto. In ogni caso, un soggetto e’ considerato strettamente correlato ad un’impresa se l’uno possiede direttamente o indirettamente piu’ del 50 per cento della partecipazione dell’altra o, nel caso di una societa’, piu’ del 50 per cento del totale dei diritti di voto e del capitale sociale, o se entrambi sono partecipati da un altro soggetto, direttamente o indirettamente, per piu’ del 50 per cento della partecipazione, o, nel caso di una societa’, per piu’ del 50 per cento del totale dei diritti di voto e del capitale sociale. (1)

7-ter. Ai fini del comma 7, al ricorrere delle condizioni di cui al comma 7-quater, si considera indipendente dal veicolo di investimento non residente il soggetto, residente o non residente anche operante tramite propria stabile organizzazione nel territorio dello Stato, che, in nome o per conto del veicolo di investimento non residente o di sue controllate, dirette o indirette, e anche se con poteri discrezionali, abitualmente concluda contratti di acquisto, di vendita o di negoziazione, o comunque contribuisca, anche tramite operazioni preliminari o accessorie, all’acquisto, alla vendita o alla negoziazione di strumenti finanziari, anche derivati e comprese le partecipazioni al capitale o al patrimonio, e di crediti.

7-quater. Le disposizioni del comma 7-ter si applicano a condizione che:

a) il veicolo di investimento non residente e le relative controllate siano residenti o localizzati in uno Stato o territorio compreso nell’elenco di cui all’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239;

b) il veicolo di investimento non residente rispetti i requisiti di indipendenza stabiliti dal decreto previsto dal comma 7-quinquies;

c) il soggetto residente o non residente, che svolge l’attivita’ nel territorio dello Stato in nome o per conto del veicolo di investimento non residente di cui alla lettera a), non ricopra cariche negli organi di amministrazione e di controllo del veicolo di investimento e di sue controllate, dirette o indirette, e non detenga una partecipazione ai risultati economici del veicolo d’investimento non residente superiore al 25 per cento. A tal fine si considerano anche le partecipazioni agli utili spettanti a soggetti appartenenti al medesimo gruppo di tale soggetto. Il decreto previsto dal comma 7-quinquies stabilisce le modalita’ di computo della partecipazione agli utili;

d) il soggetto residente, o la stabile organizzazione nel territorio dello Stato del soggetto non residente, che presta servizi nell’ambito di accordi con entita’ appartenenti al medesimo gruppo riceva, per l’attivita’ svolta nel territorio dello Stato, una remunerazione supportata dalla documentazione idonea di cui all’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. Con provvedimento dell’Agenzia delle entrate sono definite le linee guida per l’applicazione a tale remunerazione dell’articolo 110, comma 7.

7-quinquies. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le disposizioni di attuazione della disciplina dei commi 7-ter e 7-quater. (2)

8. Nonostante quanto previsto dal comma 7, non costituisce stabile organizzazione dell’impresa il solo fatto che la stessa eserciti nel territorio dello Stato la propria attivita’ per mezzo di un raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135 o di un mediatore marittimo di cui alla legge 12 marzo 1968, n. 478 che abbia i poteri per la gestione commerciale o operativa delle navi dell’impresa, anche in via continuativa. (1)

9. Il fatto che un’impresa non residente con o senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato controlli un’impresa residente, ne sia controllata, o che entrambe le imprese siano controllate da un terzo soggetto esercente o no attivita’ d’impresa non costituisce di per se’ motivo sufficiente per considerare una qualsiasi di dette imprese una stabile organizzazione dell’altra.

9-bis. Al ricorrere delle condizioni di cui al comma 7-quater, la sede fissa d’affari a disposizione di un’impresa residente che vi svolge la propria attivita’, utilizzando il proprio personale, non si considera, ai fini del comma 1, a disposizione del veicolo di investimento di cui alla lettera a) del comma 7-quater non residente per il solo fatto che l’attivita’ dell’impresa residente reca un beneficio al predetto veicolo. (2)

—————————

(1) Commi modificati dal comma 1010 dell’art. 1 della Legge 205 del 27/12/2017.

(2)  L’articolo 1, comma 255, della legge n. 197/2022 (legge di bilancio 2023), ha modificato il comma 6 e inserito i commi 7-ter, 7-quater, 7-quinquies e 9-bis.

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(2) Art. 152 del TUIR  Reddito di società ed enti commerciali non residenti derivante da attività svolte nel territorio dello Stato mediante stabile organizzazione. (ex art. 113)

In vigore dal 07/10/2015

Modificato da: Decreto legislativo del 14/09/2015 n. 147 Articolo 7

1. Per le società e gli enti commerciali con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, il reddito della stabile organizzazione è determinato in base agli utili e alle perdite ad essa riferibili, e secondo le disposizioni della Sezione I, del Capo II, del Titolo II, sulla base di un apposito rendiconto economico e patrimoniale, da redigersi secondo i principi contabili previsti per i soggetti residenti aventi le medesime caratteristiche, salva quella della emissione di strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati di qualsiasi Stato membro dell’Unione europea ovvero diffusi tra il pubblico di cui all’articolo 116 testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

2. Ai fini del comma 1, la stabile organizzazione si considera entità separata e indipendente, svolgente le medesime o analoghe attività, in condizioni identiche o similari, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati. Il fondo di dotazione alla stessa riferibile è determinato in piena conformità ai criteri definiti in sede OCSE, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati (1).

3. I componenti di reddito attribuibili alle stabili organizzazioni relativamente alle transazioni e alle operazioni tra la stabile organizzazione e l’entità cui la medesima appartiene sono determinati ai sensi dell’articolo 110, comma 7.

4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle società commerciali di tipo diverso da quelli regolati nel codice civile (2).

(1) Per i metodi di calcolo del fondo di dotazione vedasi l’art. 7, comma 3 decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 147.

(2) Articolo così sostituito dall’art. 7, comma 1, lett. b) decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 147. Per l’applicazione delle disposizioni contenute nel presente articolo vedasi l’art. 7, comma 4 del citato decreto legislativo n. 147 del 2015.

OCSE – Utili commerciali – Art. 7 (Business Profits) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale

L’articolo 7 (Utili commerciali – Business Profits) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale dell’OCSE (Model Tax Convention on Income and Capital) (Vedi: Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale 2017 (versione completa) – OECD Model Tax Convention on Income and Capital) regolamenta la tassazione dei redditi prodotti nel territorio dello Stato Estero da un soggetto non ivi residente per il tramite della sua Stabile Organizzazione.

Articolo 7 (Utili commerciali – Business Profits) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale dell’OCSE

1. Gli utili di un’impresa di uno Stato contraente sono imponibili solo in tale Stato, a meno che l’impresa non svolga la propria attività nell’altro Stato contraente tramite una stabile organizzazione ivi situata. Se l’impresa svolge la propria attività come sopra indicato, gli utili attribuibili alla stabile organizzazione conformemente alle disposizioni del paragrafo 2 possono essere tassati in tale altro Stato.

2. Ai fini del presente articolo e dell’articolo [23 A] [23 B], gli utili attribuibili in ogni Stato contraente alla stabile organizzazione di cui al paragrafo 1 sono gli utili che ci si potrebbe aspettare di realizzare, in particolare nei suoi rapporti con altre parti dell’impresa, se fosse un’impresa separata e indipendente impegnata nelle stesse o simili attività alle stesse o simili condizioni, tenendo conto delle funzioni svolte, dei beni utilizzati e dei rischi assunti dall’impresa tramite la stabile organizzazione e tramite le altre parti dell’impresa.

3. Qualora, conformemente al paragrafo 2, uno Stato contraente regoli gli utili attribuibili a una stabile organizzazione di un’impresa di uno degli Stati contraenti e assoggetta di conseguenza a tassazione gli utili dell’impresa che sono stati tassati nell’altro Stato, l’altro Stato, nella misura necessaria per eliminare la doppia imposizione su tali utili, effettuerà un’appropriata rettifica dell’importo dell’imposta applicata su tali utili. Nel determinare tale rettifica, le autorità competenti degli Stati contraenti si consulteranno, se necessario.

4. Quando gli utili includono voci di reddito trattate separatamente in altri articoli della presente Convenzione, le disposizioni di tali articoli non sono influenzate dalle disposizioni del presente articolo.

Il Commentario all’art. 7 del  Modello di Convenzioni OCSE (traduzione:  OCSE – Commentario ad Art. 7 (Utili Commerciali) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale) (vedi: COMMENTARY ON ARTICLE 7-OF-THE-MODEL-TAX-CONVENTION) fornisce una serie di utili indicazioni.

 

OCSE – Commentario ad Art. 7 (Utili Commerciali) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale

Commentario all’art. 7 del  Modello di Convenzioni OCSE 

COMMENTO ALL’ARTICOLO 7 RELATIVO ALLA TASSAZIONE DEGLI UTILI DELLE IMPRESE
I. Osservazioni preliminari
1. Questo articolo assegna diritti di imposizione fiscale in relazione agli utili aziendali di un’impresa di uno Stato contraente nella misura in cui tali utili non siano soggetti a norme diverse ai sensi di altri articoli della Convenzione. Incorpora il principio fondamentale secondo cui, a meno che un’impresa di uno Stato contraente non abbia una stabile organizzazione situata nell’altro Stato, gli utili aziendali di tale impresa non possono essere tassati da tale altro Stato a meno che tali utili non rientrino in categorie speciali di reddito per le quali altri articoli della Convenzione conferiscono diritti di imposizione fiscale a tale altro Stato.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
2. L’articolo 5, che include la definizione del concetto di stabile organizzazione, è quindi rilevante per determinare se gli utili aziendali di un’impresa di uno Stato contraente possano essere tassati nell’altro Stato. Tale articolo, tuttavia, non assegna di per sé diritti di imposizione: quando un’impresa di uno Stato contraente svolge attività nell’altro Stato contraente tramite una stabile organizzazione ivi situata, è necessario determinare quali siano, se presenti, gli utili che l’altro Stato può tassare. L’articolo 7 fornisce la risposta a tale domanda determinando che l’altro Stato può tassare gli utili attribuibili alla stabile organizzazione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
2.1 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
3. I principi alla base dell’articolo 7, e in particolare del paragrafo 2 dell’articolo, hanno una lunga storia. Quando l’OCSE ha esaminato per la prima volta quali criteri dovrebbero essere utilizzati nell’attribuzione degli utili a una stabile organizzazione, questa questione era stata precedentemente affrontata in un gran numero di convenzioni fiscali e in vari modelli sviluppati dalla Società delle Nazioni. I principi di entità separata e di libera concorrenza, su cui si basa il paragrafo 2, erano già stati incorporati in queste convenzioni e modelli e l’OCSE ha ritenuto che fosse sufficiente ribadire questi principi con alcuni lievi emendamenti e modifiche allo scopo principale di chiarimento.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
4. L’esperienza pratica ha tuttavia dimostrato che vi erano notevoli variazioni nell’interpretazione di questi principi generali e di altre disposizioni delle versioni precedenti dell’articolo 7. Questa mancanza di un’interpretazione comune ha creato problemi di doppia imposizione e di non imposizione. Nel corso del

anni, il Comitato per gli Affari Fiscali ha dedicato molto tempo e sforzi per cercare di garantire un’interpretazione e un’applicazione più coerenti delle norme dell’Articolo. Piccole modifiche alla formulazione dell’Articolo e una serie di modifiche al Commentario sono state apportate quando è stata adottata la Convenzione Modello Fiscale del 1977. Un rapporto che affrontava tale questione nel caso specifico delle banche è stato pubblicato nel 1984.1 Nel 1987, notando che la determinazione degli utili attribuibili a una stabile organizzazione poteva dare origine a una certa incertezza, il Comitato ha intrapreso una revisione della questione che ha portato all’adozione, nel 1993, del rapporto intitolato “Attribuzione del reddito alle stabili organizzazioni”2 e a successive modifiche al Commentario.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
5. Nonostante tale lavoro, le pratiche dei paesi OCSE e non OCSE in merito all’attribuzione degli utili alle stabili organizzazioni e l’interpretazione dell’articolo 7 da parte di tali paesi hanno continuato a variare notevolmente. Il Comitato ha riconosciuto la necessità di fornire maggiore certezza ai contribuenti: nel suo rapporto Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations3 (le “OECD Transfer Pricing Guidelines”), ha indicato che ulteriori lavori avrebbero affrontato l’applicazione del principio di libera concorrenza alle stabili organizzazioni. Tale lavoro ha prodotto, nel 2008, un rapporto intitolato Attribution of Profits to Permanent Establishments4 (il “Rapporto 2008”).
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
6. L’approccio sviluppato nel Rapporto del 2008 non era vincolato né dall’intento originale né dalla pratica storica e dall’interpretazione dell’Articolo 7. Invece, l’attenzione era rivolta alla formulazione dell’approccio più preferibile per attribuire profitti a una stabile organizzazione ai sensi dell’Articolo 7, date le operazioni e il commercio multinazionali odierni. Quando ha approvato il Rapporto del 2008, il Comitato ha ritenuto che le linee guida ivi incluse rappresentassero un approccio migliore per attribuire profitti a stabili organizzazioni rispetto a quanto fosse stato precedentemente disponibile. Ha anche riconosciuto, tuttavia, che vi erano differenze tra alcune delle conclusioni del

 

1 “La tassazione delle imprese bancarie multinazionali”, in Prezzi di trasferimento e imprese multinazionali: tre questioni fiscali, OCSE, Parigi, 1984.
2 Attribuzione del reddito alle stabili organizzazioni, Issues in International Taxation No. 5, OCSE, Parigi, 1994; riprodotto nel Volume II a pagina R(13)-1.
3 La versione originale di tale rapporto è stata approvata dal Consiglio dell’OCSE il
27 giugno 1995 e da allora è stato aggiornato più volte. Pubblicato dall’OCSE come Linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento per le imprese multinazionali e le amministrazioni fiscali.
4 Disponibile pressohttp://www.oecd.org/dataoecd/20/36/41031455.pdf.

Relazione del 2008 e l’interpretazione dell’articolo 7 precedentemente fornita nel presente Commento.
(Modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
7. Al fine di fornire la massima certezza su come i profitti debbano essere attribuiti alle stabili organizzazioni, il Comitato ha pertanto deciso che le conclusioni complete del Rapporto del 2008 debbano essere riflesse in una nuova versione dell’Articolo 7, insieme al Commentario di accompagnamento, da utilizzare nella negoziazione di futuri trattati e nella modifica dei trattati esistenti. Inoltre, al fine di fornire una maggiore certezza per l’interpretazione dei trattati che erano già stati conclusi sulla base della precedente formulazione dell’Articolo 7, il Comitato ha deciso che debba essere preparato anche un Commentario rivisto per quella precedente versione dell’Articolo, per tenere conto di quegli aspetti del rapporto che non erano in conflitto con il Commentario nella sua formulazione prima dell’adozione del Rapporto del 2008.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
8. La nuova versione dell’articolo, che ora compare nel Modello di Convenzione Fiscale, è stata adottata nel 2010. Allo stesso tempo, il Comitato ha adottato una versione rivista del Rapporto del 2008 al fine di garantire che le conclusioni di tale rapporto potessero essere lette in armonia con la nuova formulazione e la numerazione modificata di questa nuova versione dell’articolo. Mentre le conclusioni e le interpretazioni incluse nel rapporto rivisto che è stato così adottato nel 20101 (di seguito denominato “il Rapporto”) sono identiche a quelle del Rapporto del 2008, tale versione rivista tiene conto della stesura dell’articolo come si legge ora (l’Allegato al presente Commento include, per riferimento storico, il testo della precedente formulazione dell’articolo 7 e tale Commento rivisto, come si leggevano prima dell’adozione della versione attuale dell’articolo).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
9. La versione attuale dell’articolo riflette quindi l’approccio sviluppato nel Rapporto e deve essere interpretata alla luce delle linee guida in esso contenute. Il Rapporto affronta l’attribuzione degli utili sia alle stabili organizzazioni in generale (Parte I del Rapporto) sia, in particolare, alle stabili organizzazioni di imprese operanti nel settore finanziario, dove il commercio tramite una stabile organizzazione è diffuso (Parte II del Rapporto, che riguarda le stabili organizzazioni di banche, Parte III, che riguarda le stabili organizzazioni di imprese che svolgono commercio globale e Parte IV, che riguarda le stabili organizzazioni di imprese che svolgono attività assicurativa).
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)

1 Attribuzione degli utili alle stabili organizzazioni, OCSE, Parigi, 2010.

II. Commento alle disposizioni dell’articolo
Paragrafo 1
10. Il paragrafo 1 incorpora le norme per l’assegnazione dei diritti di imposizione sugli utili aziendali delle imprese di ogni Stato contraente. In primo luogo, stabilisce che, a meno che un’impresa di uno Stato contraente non abbia una stabile organizzazione situata nell’altro Stato, gli utili aziendali di tale impresa non possono essere tassati da tale altro Stato. In secondo luogo, stabilisce che se tale impresa svolge attività nell’altro Stato tramite una stabile organizzazione ivi situata, gli utili attribuibili alla stabile organizzazione, come determinato in conformità al paragrafo 2, possono essere tassati da tale altro Stato. Come spiegato di seguito, tuttavia, il paragrafo 4 limita l’applicazione di tali norme disponendo che l’articolo 7 non pregiudica l’applicazione di altri articoli della Convenzione che prevedono norme speciali per determinate categorie di utili (ad esempio quelli derivanti dall’esercizio di navi e aeromobili nel traffico internazionale) o per determinate categorie di reddito che possono anche costituire utili aziendali (ad esempio il reddito derivante da un’impresa in relazione alle attività personali di un artista o di uno sportivo).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
10.1 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
11. Il primo principio alla base del paragrafo 1, vale a dire che gli utili di un’impresa di uno Stato contraente non sono tassati nell’altro Stato a meno che l’impresa non svolga la sua attività in tale altro Stato tramite una stabile organizzazione ivi situata, ha una lunga storia e riflette il consenso internazionale secondo cui, come regola generale, finché un’impresa di uno Stato non ha una stabile organizzazione in un altro Stato, non dovrebbe essere correttamente considerata come partecipante alla vita economica di tale altro Stato in misura tale che l’altro Stato dovrebbe avere diritti di imposizione sui suoi utili.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
12. Il secondo principio, che si riflette nella seconda frase del paragrafo, è che il diritto di tassazione dello Stato in cui è situata la stabile organizzazione non si estende ai profitti che l’impresa può ricavare da tale Stato ma che non sono attribuibili alla stabile organizzazione. Questa è una questione su cui storicamente ci sono state divergenze di opinioni, alcuni paesi hanno da tempo perseguito un principio di “forza di attrazione” generale secondo cui redditi come altri profitti aziendali, dividendi, interessi e royalties derivanti da fonti nel loro territorio erano completamente tassabili da loro se il beneficiario aveva una stabile organizzazione in quel territorio, anche se tale reddito non era chiaramente attribuibile a tale stabile organizzazione. Mentre alcune convenzioni fiscali bilaterali

includono una norma antielusione limitata basata su un approccio di forza di attrazione ristretta che si applica solo ai profitti aziendali derivati da attività simili a quelle svolte da una stabile organizzazione, l’approccio generale di forza di attrazione descritto sopra è stato ora respinto nella prassi dei trattati fiscali internazionali. Il principio che è ora generalmente accettato nelle convenzioni sulla doppia imposizione si basa sulla visione secondo cui nel tassare i profitti che un’impresa estera deriva da un particolare paese, le autorità fiscali di quel paese dovrebbero esaminare le diverse fonti di profitto che l’impresa deriva dal loro paese e dovrebbero applicare a ciascuna il test della stabile organizzazione, soggetto alla possibile applicazione di altri articoli della Convenzione. Questa soluzione consente un’amministrazione e una conformità fiscale più semplici ed efficienti ed è più adatta al modo in cui l’attività viene comunemente svolta. L’organizzazione dell’attività moderna è altamente complessa. Esiste un numero considerevole di aziende, ciascuna delle quali è impegnata in un’ampia diversità di attività e svolge attività commerciali in molti paesi. Un’azienda può istituire una stabile organizzazione in un altro paese attraverso la quale svolge attività di produzione mentre una parte diversa della stessa azienda vende beni diversi in quell’altro paese tramite agenti indipendenti. Tale società può avere ragioni commerciali perfettamente valide per farlo: queste possono essere basate, ad esempio, sul modello storico della sua attività o sulla convenienza commerciale. Se il paese in cui è situata la stabile organizzazione volesse arrivare al punto di cercare di determinare e tassare l’elemento di profitto di ciascuna delle transazioni effettuate tramite agenti indipendenti, al fine di aggregare tale profitto con i profitti della stabile organizzazione, tale approccio interferirebbe seriamente con le normali attività commerciali e sarebbe contrario agli obiettivi della Convenzione.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
12.1 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
12.2 (Eliminato il 17 luglio 2008; vedi CRONOLOGIA)
13. Come indicato nella seconda frase del paragrafo 1, gli utili attribuibili alla stabile organizzazione sono determinati in conformità alle disposizioni del paragrafo 2, che fornisce il significato della frase “utili attribuibili alla stabile organizzazione” di cui al paragrafo 1. Poiché il paragrafo 1 concede diritti di imposizione allo Stato in cui è situata la stabile organizzazione solo per quanto riguarda gli utili attribuibili a tale stabile organizzazione, il paragrafo impedisce pertanto a tale Stato, fatta salva l’applicazione di altri articoli della

Convenzione, di tassare l’impresa dell’altro Stato contraente sugli utili che non sono attribuibili alla stabile organizzazione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
14. Lo scopo del paragrafo 1 è di limitare il diritto di uno Stato contraente di tassare gli utili aziendali delle imprese dell’altro Stato contraente. Come confermato dal paragrafo 3 dell’articolo 1, il paragrafo non limita il diritto di uno Stato contraente di tassare i propri residenti ai sensi delle disposizioni sulle società estere controllate presenti nel suo diritto interno, anche se tale imposta imposta a questi residenti può essere calcolata con riferimento alla parte degli utili di un’impresa che è residente dell’altro Stato contraente che è attribuibile alla partecipazione di questi residenti a tale impresa. L’imposta così riscossa da uno Stato sui propri residenti non riduce gli utili dell’impresa dell’altro Stato e non può, pertanto, essere considerata riscossa su tali utili (vedere anche il paragrafo 81 del Commentario all’articolo 1).
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)

Paragrafo 2
15. Il paragrafo 2 fornisce la regola di base per la determinazione degli utili attribuibili a una stabile organizzazione. Secondo il paragrafo, questi utili sono gli utili che la stabile organizzazione potrebbe aspettarsi di realizzare se fosse un’impresa separata e indipendente impegnata nelle stesse o simili attività alle stesse o simili condizioni, tenendo conto delle funzioni svolte, delle attività utilizzate e dei rischi assunti tramite la stabile organizzazione e tramite altre parti dell’impresa. Inoltre, il paragrafo chiarisce che questa regola si applica rispetto ai rapporti tra la stabile organizzazione e le altre parti dell’impresa.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
15.1 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
15.2 (Eliminato il 17 luglio 2008; vedi CRONOLOGIA)
15.3 (Eliminato il 17 luglio 2008; vedi CRONOLOGIA)
15.4 (Eliminato il 17 luglio 2008; vedi CRONOLOGIA)
16. L’approccio di base incorporato nel paragrafo ai fini della determinazione di quali siano gli utili attribuibili alla stabile organizzazione è pertanto quello di richiedere la determinazione degli utili in base alla finzione che la stabile organizzazione sia un’impresa separata e che tale impresa sia indipendente dal resto dell’impresa di cui fa parte, nonché da qualsiasi altra persona. La seconda parte di tale finzione

corrisponde al principio di libera concorrenza che è applicabile anche, ai sensi delle disposizioni dell’articolo 9, ai fini della rettifica degli utili delle imprese associate (vedere paragrafo 1 del Commento all’articolo 9).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
17. Il paragrafo 2 non cerca di allocare gli utili complessivi dell’intera impresa alla stabile organizzazione e alle sue altre parti, ma, invece, richiede che gli utili attribuibili a una stabile organizzazione siano determinati come se si trattasse di un’impresa separata. Gli utili possono quindi essere attribuiti a una stabile organizzazione anche se l’impresa nel suo complesso non ha mai realizzato utili. Al contrario, il paragrafo 2 può comportare che non vengano attribuiti utili a una stabile organizzazione anche se l’impresa nel suo complesso ha realizzato utili.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
17.1 (Rinumerato il 17 luglio 2008; vedi STORIA)
17.2 (Rinumerato il 17 luglio 2008; vedi STORIA)
17.3 (Rinumerato il 17 luglio 2008; vedi STORIA)
17.4 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
17.5 (Rinumerato il 17 luglio 2008; vedi STORIA)
17.6 (Rinumerato il 17 luglio 2008; vedi STORIA)
17.7 (Rinumerato il 17 luglio 2008; vedi STORIA)
18. Chiaramente, tuttavia, quando un’impresa di uno Stato contraente ha una stabile organizzazione nell’altro Stato contraente, il primo Stato ha interesse a che la direttiva del paragrafo 2 sia correttamente applicata dallo Stato in cui è situata la stabile organizzazione. Poiché tale direttiva si applica a entrambi gli Stati contraenti, lo Stato dell’impresa deve, in conformità con l’articolo 23 A o 23 B, eliminare la doppia imposizione sugli utili correttamente attribuibili alla stabile organizzazione (vedereparagrafo 27di seguito). In altre parole, se lo Stato in cui è ubicata la stabile organizzazione tenta di tassare gli utili che non sono attribuibili alla stabile organizzazione ai sensi dell’articolo 7, ciò potrebbe comportare una doppia imposizione di utili che dovrebbero essere tassati correttamente solo nello Stato dell’impresa.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
18.1 (Eliminato il 17 luglio 2008; vedi CRONOLOGIA)
18.2 (Eliminato il 17 luglio 2008; vedi CRONOLOGIA)
18.3 (Eliminato il 17 luglio 2008; vedi CRONOLOGIA)

19. Come indicato inparagrafi 8 E9 sopra, l’articolo 7, come attualmente formulato, riflette l’approccio sviluppato nella relazione adottata dal Comitato per gli affari fiscali nel 2010. La relazione si occupava principalmente dell’applicazione della finzione di impresa separata e indipendente che sta alla base del paragrafo 2 e lo scopo principale delle modifiche apportate a tale paragrafo in seguito all’adozione della relazione era di garantire che la determinazione degli utili attribuibili a una stabile organizzazione seguisse l’approccio proposto in tale relazione. La relazione fornisce quindi una guida dettagliata su come gli utili attribuibili a una stabile organizzazione dovrebbero essere determinati ai sensi delle disposizioni del paragrafo 2.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
20. Come spiegato nel Rapporto, l’attribuzione degli utili a una stabile organizzazione ai sensi del paragrafo 2 deriverà dal calcolo degli utili (o delle perdite) derivanti da tutte le sue attività, comprese le transazioni con imprese indipendenti, le transazioni con imprese associate (con applicazione diretta delle Linee guida OCSE sui prezzi di trasferimento) e le transazioni con altre parti dell’impresa. Questa analisi comporta due fasi descritte di seguito. L’ordine dell’elenco delle voci all’interno di ciascuna di queste due fasi non intende essere prescrittivo, in quanto le varie voci possono essere interconnesse (ad esempio, il rischio è inizialmente attribuito a una stabile organizzazione in quanto svolge le funzioni significative del personale rilevanti per l’assunzione di tale rischio, ma il riconoscimento e la caratterizzazione di una successiva transazione tra la stabile organizzazione e un’altra parte dell’impresa che gestisce il rischio può portare a un trasferimento del rischio e del capitale di supporto all’altra parte dell’impresa).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
21. Nella prima fase viene effettuata un’analisi funzionale e fattuale che porterà a:
— l’attribuzione alla stabile organizzazione, ove opportuno, dei diritti e degli obblighi derivanti dalle transazioni tra l’impresa di cui la stabile organizzazione fa parte e imprese distinte;
— l’identificazione delle funzioni significative delle persone rilevanti per l’attribuzione della proprietà economica dei beni e l’attribuzione della proprietà economica dei beni alla stabile organizzazione;
— l’identificazione delle funzioni significative del personale rilevanti ai fini dell’assunzione dei rischi e l’attribuzione dei rischi alla stabile organizzazione;
— l’identificazione delle altre funzioni della stabile organizzazione;

— il riconoscimento e la determinazione della natura di quei rapporti tra la stabile organizzazione e altre parti della stessa impresa che possono essere opportunamente riconosciuti, avendo superato il test di soglia di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a),paragrafo 26;E
— l’attribuzione del capitale in base alle attività e ai rischi attribuiti alla stabile organizzazione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
22. Nella seconda fase, tutte le transazioni con imprese associate attribuite alla stabile organizzazione vengono valutate in conformità alle linee guida delle Linee guida sui prezzi di trasferimento dell’OCSE e queste Linee guida vengono applicate per analogia alle transazioni tra la stabile organizzazione e le altre parti dell’impresa di cui fa parte. Il processo comporta la determinazione del prezzo su base di libera concorrenza di queste transazioni riconosciute tramite:
— la determinazione della comparabilità tra le transazioni e le transazioni non controllate, stabilita applicando direttamente i fattori di comparabilità delle Linee guida (caratteristiche della proprietà o dei servizi, circostanze economiche e strategie aziendali) o per analogia (analisi funzionale, termini contrattuali) alla luce delle particolari circostanze fattuali della stabile organizzazione; e
— l’applicazione per analogia di uno dei metodi delle Linee guida per giungere a una compensazione a condizioni di libera concorrenza per i rapporti tra la stabile organizzazione e le altre parti dell’impresa, tenendo conto delle funzioni svolte e delle attività e dei rischi attribuiti alla stabile organizzazione e alle altre parti dell’impresa.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
23. Ognuna di queste operazioni è analizzata più approfonditamente nel Rapporto, in particolare per quanto riguarda l’attribuzione degli utili alle stabili organizzazioni di imprese operanti nel settore finanziario, dove l’attività di negoziazione tramite una stabile organizzazione è diffusa (cfr. Parte II del Rapporto, che tratta delle stabili organizzazioni di banche; Parte III, che tratta delle stabili organizzazioni di imprese che svolgono attività di negoziazione a livello mondiale, e Parte IV, che tratta delle stabili organizzazioni di imprese che svolgono attività assicurativa).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
24. Il paragrafo 2 si riferisce specificamente ai rapporti tra la stabile organizzazione e le altre parti dell’impresa di cui la stabile organizzazione fa parte, al fine di sottolineare che la finzione di impresa separata e indipendente del paragrafo richiede che tali rapporti siano trattati allo stesso modo di transazioni simili che hanno luogo tra

imprese indipendenti. Tale riferimento specifico alle transazioni tra la stabile organizzazione e altre parti dell’impresa non limita tuttavia la portata del paragrafo. Quando una transazione che ha luogo tra l’impresa e un’impresa associata influisce direttamente sulla determinazione degli utili attribuibili alla stabile organizzazione (ad esempio l’acquisizione da parte della stabile organizzazione da un’impresa associata di beni che saranno venduti tramite la stabile organizzazione), il paragrafo 2 richiede inoltre che, ai fini del calcolo degli utili attribuibili alla stabile organizzazione, le condizioni della transazione siano modificate, se necessario, per riflettere le condizioni di una transazione simile tra imprese indipendenti. Supponiamo, ad esempio, che la stabile organizzazione situata nello Stato S di un’impresa dello Stato R acquisisca una proprietà da un’impresa associata dello Stato T. Se il prezzo previsto nel contratto tra le due imprese associate supera quello che sarebbe stato concordato tra imprese indipendenti, il paragrafo 2 dell’articolo 7 del trattato tra lo Stato R e lo Stato S autorizzerà lo Stato S ad adeguare gli utili attribuibili alla stabile organizzazione per riflettere quanto un’impresa separata e indipendente avrebbe pagato per tale proprietà. In tal caso, lo Stato R potrà anche adeguare gli utili dell’impresa dello Stato R ai sensi del paragrafo 1 dell’articolo 9 del trattato tra lo Stato R e lo Stato T, il che innescherà l’applicazione del corrispondente meccanismo di adeguamento del paragrafo 2 dell’articolo 9 di tale trattato.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
25. Le transazioni tra la stabile organizzazione e altre parti dell’impresa di cui fa parte non hanno conseguenze legali per l’impresa nel suo complesso. Ciò implica la necessità di un esame più approfondito di queste transazioni rispetto alle transazioni tra due imprese associate. Ciò implica anche un esame più approfondito della documentazione (nell’inevitabile assenza, ad esempio, di contratti legalmente vincolanti) che potrebbe altrimenti esistere.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
26. In genere non si intende imporre requisiti di documentazione più gravosi in relazione a tali transazioni rispetto a quelli applicati alle transazioni tra imprese associate. Inoltre, come nel caso della documentazione sui prezzi di trasferimento a cui si fa riferimento nelle Linee guida sui prezzi di trasferimento dell’OCSE, i requisiti non dovrebbero essere applicati in modo tale da imporre ai contribuenti costi e oneri sproporzionati rispetto alle circostanze. Tuttavia, considerando l’unicità della natura di una transazione, i paesi vorrebbero richiedere ai contribuenti di dimostrare chiaramente che sarebbe opportuno riconoscere la transazione. Pertanto, ad esempio, una registrazione contabile e una documentazione contemporanea che dimostri una transazione che trasferisce rischi, responsabilità e benefici economicamente significativi sarebbero utili

punto di partenza ai fini dell’attribuzione dei profitti. I contribuenti sono incoraggiati a preparare tale documentazione, in quanto potrebbe ridurre sostanzialmente il potenziale di controversie in merito all’applicazione dell’approccio. Le amministrazioni fiscali darebbero effetto a tale documentazione, nonostante la sua mancanza di effetto legale, nella misura in cui:
— la documentazione è coerente con la sostanza economica delle attività svolte all’interno dell’impresa, come risulta dall’analisi funzionale e fattuale;
— gli accordi documentati in relazione all’operazione, considerati nel loro complesso, non differiscono da quelli che sarebbero stati adottati da imprese indipendenti comparabili che si comportano in modo commercialmente razionale, o se lo fanno, la struttura così come presentata nella documentazione del contribuente non impedisce praticamente all’amministrazione fiscale di determinare un prezzo di trasferimento appropriato; e
— la gestione presentata nella documentazione del contribuente non viola i principi dell’approccio esposto nel rapporto, ad esempio pretendendo di trasferire i rischi in modo da separarli dalle funzioni.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
27. Le parole iniziali del paragrafo 2 e la frase “in ogni Stato contraente” indicano che il paragrafo 2 si applica non solo ai fini della determinazione degli utili che lo Stato contraente in cui è situata la stabile organizzazione può tassare in conformità all’ultima frase del paragrafo 1, ma anche per l’applicazione degli articoli 23 A e 23 B da parte dell’altro Stato contraente. Quando un’impresa di uno Stato svolge attività tramite una stabile organizzazione situata nell’altro Stato, il primo Stato menzionato deve esentare gli utili attribuibili alla stabile organizzazione (articolo 23 A) o riconoscere un credito per l’imposta riscossa dall’altro Stato su tali utili (articolo 23 B). Ai sensi di entrambi questi articoli, tale Stato deve pertanto determinare gli utili attribuibili alla stabile organizzazione al fine di fornire un’esenzione dalla doppia imposizione ed è tenuto a seguire le disposizioni del paragrafo 2 a tale scopo.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
28. La finzione di impresa separata e indipendente che è imposta dal paragrafo 2 è limitata alla determinazione degli utili attribuibili a una stabile organizzazione. Non si estende alla creazione di reddito nozionale per l’impresa che uno Stato contraente potrebbe tassare come tale ai sensi della sua legge nazionale sostenendo che tale reddito è coperto da un altro articolo della Convenzione che, in conformità con il paragrafo 4 dell’articolo 7, consente la tassazione di tale reddito nonostante il paragrafo 1 dell’articolo 7.

Supponiamo, ad esempio, che le circostanze di un caso particolare giustifichino la considerazione che la proprietà economica di un edificio utilizzato dalla stabile organizzazione debba essere attribuita alla sede centrale (vedere paragrafo 75 della Parte I della Relazione). In tal caso, il paragrafo 2 potrebbe richiedere la deduzione di una rendita nozionale nella determinazione degli utili della stabile organizzazione. Tale finzione, tuttavia, non potrebbe essere interpretata come creazione di reddito da beni immobili ai fini dell’articolo 6. In effetti, la finzione imposta dal paragrafo 2 non modifica la natura del reddito derivante dall’impresa; si applica semplicemente per determinare gli utili attribuibili alla stabile organizzazione ai fini degli articoli 7, 23 A e 23 B. Analogamente, il fatto che, ai sensi del paragrafo 2, un onere di interessi fittizio possa essere dedotto nel determinare gli utili attribuibili a una stabile organizzazione non significa che siano stati pagati interessi all’impresa di cui la stabile organizzazione fa parte ai fini dei paragrafi 1 e 2 dell’articolo 11. La finzione di impresa separata e indipendente non si estende all’articolo 11 e, ai fini di tale articolo, non si può ritenere che una parte di un’impresa abbia effettuato un pagamento di interessi a un’altra parte della stessa impresa. Chiaramente, tuttavia, se gli interessi pagati da un’impresa a una persona diversa sono pagati su un debito contratto in relazione a una stabile organizzazione dell’impresa e sono sostenuti da tale stabile organizzazione, questo pagamento di interessi reali può, ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 11, essere tassato dallo Stato in cui è ubicata la stabile organizzazione. Inoltre, laddove un trasferimento di attività tra una stabile organizzazione e il resto dell’impresa è considerato un’operazione ai fini del paragrafo 2 dell’articolo 7, l’articolo 13 non impedisce agli Stati di tassare i profitti o i guadagni derivanti da tale operazione, purché tale tassazione sia conforme all’articolo 7 (vedere i paragrafi 4, 8 e 10 del Commento all’articolo 13).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
29. Alcuni Stati ritengono che, come questione di politica, la finzione di impresa separata e indipendente che è imposta dal paragrafo 2 non dovrebbe essere limitata all’applicazione degli articoli 7, 23 A e 23 B, ma dovrebbe estendersi anche all’interpretazione e all’applicazione di altri articoli della Convenzione, in modo da garantire che le stabili organizzazioni siano, per quanto possibile, trattate allo stesso modo delle filiali. Questi Stati possono quindi considerare che gli oneri nozionali per le transazioni che, ai sensi del paragrafo 2, sono dedotti nel calcolo degli utili di una stabile organizzazione dovrebbero essere trattati, ai fini di altri articoli della Convenzione, allo stesso modo dei pagamenti che sarebbero effettuati da una filiale alla sua società madre. Questi Stati possono quindi desiderare di includere nei loro trattati fiscali disposizioni in base alle quali gli oneri per le transazioni interne dovrebbero essere riconosciuti ai fini degli articoli 6 e 11 (si noti, tuttavia, che l’imposta sarà riscossa in

conformemente a tali disposizioni solo nella misura prevista dal diritto interno). In alternativa, questi Stati potrebbero voler stabilire che non vengano riconosciute transazioni interne in circostanze in cui una transazione equivalente tra due imprese distinte darebbe origine a un reddito coperto dall’articolo 6 o 11 (in tal caso, tuttavia, sarà importante garantire che una quota appropriata delle spese relative a ciò che altrimenti sarebbe stato riconosciuto come transazione venga attribuita alla parte rilevante dell’impresa). Gli Stati che prendono in considerazione queste alternative dovrebbero, tuttavia, tenere conto del fatto che, a causa di considerazioni speciali applicabili agli oneri di interessi interni tra diverse parti di un’impresa finanziaria (ad esempio una banca), le transazioni che hanno comportato tali oneri sono state riconosciute da tempo, anche prima dell’adozione della presente versione dell’articolo.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
30. Il paragrafo 2 determina gli utili attribuibili a una stabile organizzazione ai fini della norma del paragrafo 1 che assegna i diritti di imposizione su tali utili. Una volta che gli utili attribuibili a una stabile organizzazione sono stati determinati conformemente al paragrafo 2 dell’articolo 7, spetta al diritto interno di ogni Stato contraente determinare se e come tali utili debbano essere tassati, purché vi sia conformità con i requisiti del paragrafo 2 e le altre disposizioni della Convenzione. Il paragrafo 2 non affronta la questione se le spese siano deducibili quando si calcola il reddito imponibile dell’impresa in uno degli Stati contraenti. Le condizioni per la deducibilità delle spese sono una questione da determinare dal diritto interno, fatte salve le disposizioni della Convenzione e, in particolare, il paragrafo 3 dell’articolo 24 (vedereparagrafi 33E34sotto).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
31. Pertanto, ad esempio, mentre le norme di diritto interno che ignorerebbero il riconoscimento di transazioni che dovrebbero essere riconosciute ai fini della determinazione degli utili attribuibili a una stabile organizzazione ai sensi del paragrafo 2 o che negherebbero la deduzione di spese non sostenute esclusivamente a beneficio della stabile organizzazione violerebbero chiaramente il paragrafo 2, le norme che impediscono la deduzione di determinate categorie di spese (ad esempio spese di intrattenimento) o che stabiliscono quando una spesa particolare dovrebbe essere dedotta non sono interessate dal paragrafo 2. Nel fare tale distinzione, tuttavia, potrebbero sorgere alcune difficili questioni come nel caso delle restrizioni di diritto interno basate sul momento in cui una spesa o un elemento di reddito viene effettivamente pagato. Poiché, ad esempio, un internal dealing non comporterà un effettivo trasferimento o pagamento tra due persone diverse, l’applicazione di tali restrizioni di diritto interno dovrebbe generalmente tenere conto della natura del

negoziazione e, pertanto, trattare il trasferimento o il pagamento in questione come se fosse stato effettuato tra due persone diverse.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
32. Le differenze tra le legislazioni nazionali dei due Stati in materia di questioni quali i tassi di ammortamento, i tempi di riconoscimento del reddito e le restrizioni alla deducibilità di determinate spese si tradurranno normalmente in un importo diverso di reddito imponibile in ciascuno Stato, anche se, ai fini della Convenzione, l’importo degli utili attribuibili alla stabile organizzazione sarà stato calcolato sulla base del paragrafo 2 in entrambi gli Stati (vedere anche i paragrafi da 39 a 43 del Commentario agli articoli 23 A e 23 B). Pertanto, anche se il paragrafo 2 si applica ugualmente allo Stato contraente in cui è situata la stabile organizzazione (ai fini del paragrafo 1) e all’altro Stato contraente (ai fini degli articoli 23 A o 23 B), è probabile che l’importo del reddito imponibile su cui un’impresa di uno Stato contraente sarà tassata nello Stato in cui l’impresa ha una stabile organizzazione sarà, per un dato periodo imponibile, diverso dall’importo del reddito imponibile rispetto al quale il primo Stato dovrà fornire un’agevolazione ai sensi degli articoli 23 A o 23 B. Inoltre, nella misura in cui la differenza deriva da variazioni della legislazione nazionale in merito ai tipi di spese deducibili, anziché da differenze temporali nel riconoscimento di tali spese, la differenza sarà permanente.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
33. Nel tassare gli utili attribuibili a una stabile organizzazione situata sul suo territorio, uno Stato contraente dovrà tuttavia tenere conto delle disposizioni del paragrafo 3 dell’articolo 24. Tale paragrafo richiede, tra le altre cose, che le spese siano deducibili alle stesse condizioni, indipendentemente dal fatto che siano sostenute ai fini di una stabile organizzazione situata in uno Stato contraente o ai fini di un’impresa di tale Stato. Come affermato nel paragrafo 40 del Commentario all’articolo 24:
Alle stabili organizzazioni deve essere accordato lo stesso diritto delle imprese residenti di dedurre le spese commerciali che sono, in generale, autorizzate dalla legge fiscale a essere dedotte dagli utili imponibili. Tali deduzioni dovrebbero essere consentite senza restrizioni diverse da quelle imposte anche alle imprese residenti.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
34. Il requisito imposto dal paragrafo 3 dell’articolo 24 è lo stesso indipendentemente dal modo in cui le spese sostenute da un’impresa a beneficio di una stabile organizzazione vengono prese in considerazione ai fini del paragrafo 2 dell’articolo 7. In alcuni casi, non sarà appropriato considerare che si sia verificata una negoziazione tra diverse parti dell’impresa. In

tali casi, le spese sostenute da un’impresa ai fini delle attività svolte dalla stabile organizzazione saranno direttamente dedotte nella determinazione degli utili della stabile organizzazione (ad esempio lo stipendio di un operaio edile locale assunto e pagato localmente per lavorare esclusivamente in un cantiere che costituisce una stabile organizzazione di un’impresa estera). In altri casi, le spese sostenute dall’impresa saranno attribuite a funzioni svolte da altre parti dell’impresa in tutto o in parte a beneficio della stabile organizzazione e un onere appropriato sarà dedotto nella determinazione degli utili attribuibili alla stabile organizzazione (ad esempio spese generali relative a funzioni amministrative svolte dalla sede centrale a beneficio della stabile organizzazione). In entrambi i casi, il paragrafo 3 dell’articolo 24 richiederà che, per quanto riguarda la stabile organizzazione, le spese siano deducibili alle stesse condizioni di quelle applicabili a un’impresa di tale Stato. Pertanto, qualsiasi spesa sostenuta dall’impresa direttamente o indirettamente a beneficio della stabile organizzazione non deve, ai fini fiscali, essere trattata meno favorevolmente di una spesa simile sostenuta da un’impresa di tale Stato. Tale regola si applicherà indipendentemente dal fatto che, ai fini del paragrafo 2 del presente articolo 7, la spesa sia attribuita direttamente alla stabile organizzazione (primo esempio) o sia attribuita a un’altra parte dell’impresa ma riflessa in un onere fittizio alla stabile organizzazione (secondo esempio).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
35. Il paragrafo 3 dell’articolo 5 stabilisce una norma speciale per una sede fissa di attività che sia un cantiere edile o un progetto di costruzione o installazione. Tale sede fissa di attività è una stabile organizzazione solo se dura più di dodici mesi. L’esperienza ha dimostrato che questi tipi di stabili organizzazioni possono dare origine a problemi speciali nell’attribuzione di profitti a loro ai sensi dell’articolo 7.
(Modificato il 15 luglio 2014; vedere STORIA)
36. Questi problemi sorgono principalmente quando i beni sono forniti o i servizi eseguiti dalle altre parti dell’impresa o da una parte correlata in relazione al cantiere o al progetto di costruzione o installazione. Mentre questi problemi possono sorgere con qualsiasi stabile organizzazione, sono particolarmente acuti per i cantieri e i progetti di costruzione o installazione. In queste circostanze, è necessario prestare molta attenzione al principio generale secondo cui i profitti sono attribuibili a una stabile organizzazione solo per quanto riguarda le attività svolte dall’impresa tramite tale stabile organizzazione.
(Modificato il 15 luglio 2014; vedere STORIA)

37. Ad esempio, laddove tali beni siano forniti dalle altre parti dell’impresa, gli utili derivanti da tale fornitura non derivano dalle attività svolte tramite la stabile organizzazione e non sono ad essa attribuibili. Analogamente, gli utili derivanti dalla fornitura di servizi (come pianificazione, progettazione, disegno di progetti o fornitura di consulenza tecnica) da parte delle parti dell’impresa che operano al di fuori dello Stato in cui si trova la stabile organizzazione non derivano dalle attività svolte tramite la stabile organizzazione e non sono ad essa attribuibili.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
38. L’articolo 7, nella sua formulazione prima del 2010, comprendeva il seguente paragrafo 3:
Nella determinazione degli utili di una stabile organizzazione, sono ammesse in deduzione le spese sostenute per gli scopi della stabile organizzazione, comprese le spese di direzione e le spese generali di amministrazione, sia nello Stato in cui è situata la stabile organizzazione sia altrove.
Sebbene tale paragrafo intendesse originariamente chiarire che il paragrafo 2 richiedeva che le spese sostenute direttamente o indirettamente a beneficio di una stabile organizzazione fossero prese in considerazione nella determinazione degli utili della stabile organizzazione, anche se tali spese erano state sostenute al di fuori dello Stato in cui era ubicata la stabile organizzazione, a volte era stato interpretato come una limitazione della deduzione delle spese che avevano beneficiato indirettamente la stabile organizzazione all’importo effettivo delle spese.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
39. Ciò era particolarmente vero per le spese generali e amministrative, espressamente menzionate in quel paragrafo. Nella versione precedente del paragrafo 2, come interpretata nel Commentario, ciò non costituiva generalmente un problema, poiché una quota delle spese generali e amministrative dell’impresa poteva di solito essere assegnata solo a una stabile organizzazione su base di costo.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
40. Tuttavia, come formulato ora, il paragrafo 2 richiede il riconoscimento e l’armamentodeterminazione del prezzo di mercato delle transazioni attraverso le quali una parte dell’impresa svolge funzioni a vantaggio della stabile organizzazione (ad esempio tramite la fornitura di assistenza nella gestione quotidiana). La deduzione di un onere di libera concorrenza per queste transazioni, in contrapposizione a una deduzione limitata all’importo delle spese, è richiesta dal paragrafo 2. Il precedente paragrafo 3 è stato pertanto eliminato per evitare che venga interpretato erroneamente come limitazione della deduzione all’importo delle spese stesse. Tale eliminazione non influisce sul requisito, ai sensi del paragrafo 2, che nel determinare gli utili attribuibili a una stabile organizzazione, tutti

le spese rilevanti dell’impresa, ovunque sostenute, siano prese in considerazione. A seconda delle circostanze, ciò avverrà tramite la deduzione di tutte o parte delle spese o tramite la deduzione di un onere di libera concorrenza nel caso di una negoziazione tra la stabile organizzazione e un’altra parte dell’impresa.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
40.1 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
40.2 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
40.3 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
41. L’articolo 7, come formulato prima del 2010, includeva anche una disposizione che consentiva l’attribuzione degli utili a una stabile organizzazione sulla base di una ripartizione degli utili totali dell’impresa tra le sue varie parti. Tale metodo, tuttavia, doveva essere applicato solo nella misura in cui la sua applicazione fosse stata consuetudinaria in uno Stato contraente e che il risultato fosse conforme ai principi dell’articolo 7. Per il Comitato, metodi diversi dalla ripartizione degli utili totali di un’impresa possono essere applicati anche nei casi più difficili. Il Comitato ha quindi deciso di eliminare tale disposizione perché la sua applicazione era diventata molto eccezionale e a causa delle preoccupazioni circa il fatto che fosse estremamente difficile garantire che il risultato della sua applicazione fosse conforme al principio di libera concorrenza.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
42. Allo stesso tempo, il Comitato ha anche deciso di eliminare un’altra disposizione che era presente nella versione precedente dell’articolo e secondo la quale gli utili da attribuire alla stabile organizzazione dovevano essere “determinati con lo stesso metodo anno per anno, a meno che non vi siano valide e sufficienti ragioni per procedere diversamente”. Tale disposizione, che intendeva garantire un trattamento continuo e coerente, era appropriata finché si accettava che gli utili attribuibili a una stabile organizzazione potessero essere determinati tramite metodi diretti o indiretti o persino sulla base di una ripartizione degli utili totali dell’impresa tra le sue varie parti. Il nuovo approccio elaborato dal Comitato, tuttavia, non consente l’applicazione di metodi così fondamentalmente diversi e pertanto evita la necessità di tale disposizione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
43. Un’ultima disposizione che è stata eliminata dall’articolo nello stesso momento prevedeva che “nessun utile può essere attribuito ad una stabile organizzazione in ragione del mero acquisto da parte di detta stabile organizzazione di beni o merci per l’impresa”. Il comma 4 d) dell’articolo 5, come formulato a quel tempo, riconosceva che quando un’impresa di uno Stato contraente

manteneva nell’altro Stato una sede fissa di affari esclusivamente allo scopo di acquistare beni per sé, la sua attività in tale sede non dovrebbe essere considerata come se avesse raggiunto un livello tale da giustificare la tassazione in tale altro Stato (le modifiche apportate all’articolo 5 nel 2017 hanno limitato la portata di tale eccezione). Tuttavia, laddove il comma 4 d) non fosse applicabile perché altre attività erano svolte dall’impresa tramite tale sede di affari, che pertanto costituiva una stabile organizzazione, era opportuno attribuire gli utili a tutte le funzioni svolte in tale sede. Infatti, se le attività di acquisto fossero state svolte da un’impresa indipendente, l’acquirente sarebbe stato remunerato a condizioni di libera concorrenza per i suoi servizi. Inoltre, poiché un’esenzione fiscale limitata alle attività di acquisto intraprese per l’impresa richiedeva che le spese sostenute ai fini dello svolgimento di tali attività fossero escluse dalla determinazione degli utili della stabile organizzazione, tale esenzione potrebbe sollevare problemi amministrativi. Il Comitato ha pertanto ritenuto che una disposizione in base alla quale nessun utile dovrebbe essere attribuito a una stabile organizzazione in ragione del mero acquisto di beni o merci per l’impresa non fosse coerente con il principio di libera concorrenza e non dovesse essere inclusa nell’articolo.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)

Paragrafo 3
44. La combinazione degli articoli 7 (che limita i diritti di imposizione dello Stato in cui è situata la stabile organizzazione) e 23 A e 23 B (che obbligano l’altro Stato a fornire un’esenzione dalla doppia imposizione) garantisce che non vi sia una doppia imposizione non esentata degli utili correttamente attribuibili alla stabile organizzazione. Questo risultato può richiedere che i due Stati risolvano le differenze basate su diverse interpretazioni del paragrafo 2 ed è importante che siano disponibili meccanismi per risolvere tutte tali differenze nella misura necessaria per eliminare la doppia imposizione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
45. Come già indicato, la necessità per i due Stati contraenti di raggiungere un’intesa comune per quanto riguarda l’applicazione del paragrafo 2 al fine di eliminare i rischi di doppia imposizione ha portato il Comitato a sviluppare una guida dettagliata sull’interpretazione di tale paragrafo. Questa guida è riflessa nel Rapporto, che attinge ai principi delle Linee guida sui prezzi di trasferimento dell’OCSE.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
46. I rischi di doppia imposizione saranno solitamente evitati perché il contribuente determinerà gli utili attribuibili alla stabile organizzazione nella

stesso modo in ogni Stato contraente e conformemente al paragrafo 2 come interpretato dalla relazione, il che garantirà lo stesso risultato ai fini degli articoli 7 e 23 A o 23 B (vedere, tuttavia,paragrafo66). Nella misura in cuiogni Stato concorda che il contribuente ha fatto ciò, dovrebbe astenersi dall’adeguare gli utili al fine di raggiungere un risultato diverso ai sensi del paragrafo 2. Ciò è illustrato nel seguente esempio.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
47. Esempio. Uno stabilimento di produzione situato nello Stato R di un’impresa dello Stato R ha trasferito beni per la vendita a una stabile organizzazione dell’impresa situata nello Stato S. Ai fini della determinazione degli utili attribuibili alla stabile organizzazione ai sensi del paragrafo 2, il Rapporto prevede che un’operazione debba essere riconosciuta e che un prezzo di libera concorrenza nozionale debba essere determinato per tale operazione. La documentazione dell’impresa, che è coerente con l’analisi funzionale e fattuale e che è stata utilizzata dal contribuente come base per il calcolo del suo reddito imponibile in ogni Stato, mostra che si è verificata un’operazione nella natura di una vendita di beni da parte dello stabilimento nello Stato R alla stabile organizzazione nello Stato S e che un prezzo di libera concorrenza nozionale di 100 è stato utilizzato per determinare gli utili attribuibili alla stabile organizzazione. Entrambi gli Stati concordano sul fatto che il riconoscimento dell’operazione e il prezzo utilizzato dal contribuente sono conformi ai principi del Rapporto e delle Linee guida sui prezzi di trasferimento dell’OCSE. In questo caso, entrambi gli Stati dovrebbero astenersi dall’adeguare gli utili sulla base del fatto che avrebbe dovuto essere utilizzato un prezzo di libera concorrenza diverso; finché c’è accordo sul fatto che il contribuente si è conformato al paragrafo 2, le amministrazioni fiscali di entrambi gli Stati non possono sostituire il loro giudizio a quello del contribuente in merito a quali siano le condizioni di libera concorrenza. In questo esempio, il fatto che lo stesso prezzo di libera concorrenza sia stato utilizzato in entrambi gli Stati e che entrambi gli Stati riconosceranno tale prezzo ai fini dell’applicazione della Convenzione garantirà che qualsiasi doppia imposizione relativa a tale operazione sarà eliminata ai sensi dell’articolo 23 A o 23 B.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
48. Nell’esempio precedente, entrambi gli Stati hanno concordato che il riconoscimento dell’operazione e il prezzo utilizzato dal contribuente erano conformi ai principi del Rapporto e delle Linee guida OCSE sui prezzi di trasferimento. Tuttavia, gli Stati contraenti potrebbero non sempre raggiungere tale accordo. In alcuni casi, il Rapporto e le Linee guida OCSE sui prezzi di trasferimento potrebbero consentire diverse interpretazioni del paragrafo 2 e, nella misura in cui una doppia imposizione risulterebbe altrimenti da queste diverse interpretazioni, è essenziale garantire che tale doppia imposizione venga eliminata. Il paragrafo 3 fornisce il meccanismo che garantisce tale risultato.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)

49. Ad esempio, come spiegato nei paragrafi da 105 a 171 della Parte I della Relazione,il paragrafo 2 consente approcci diversi per determinare, sulla base dell’attribuzione di capitale “libero” a una stabile organizzazione, la spesa per interessi attribuibile a tale stabile organizzazione. Il Comitato ha riconosciuto che ciò potrebbe creare problemi, in particolare per le istituzioni finanziarie. Ha concluso che in questo e in altri casi in cui i due Stati contraenti hanno interpretato il paragrafo 2 in modo diverso e non è possibile concludere che una delle due interpretazioni non sia conforme al paragrafo 2, è importante garantire che qualsiasi doppia imposizione che altrimenti deriverebbe da tale differenza venga eliminata.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
50. Il paragrafo 3 garantirà che questo risultato venga raggiunto. È importante notare, tuttavia, che i casi in cui sarà necessario ricorrere a tale paragrafo sono piuttosto limitati.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
51. In primo luogo, come spiegato inparagrafo 46sopra, laddove il contribuente abbia determinato gli utili attribuibili alla stabile organizzazione nello stesso modo in ogni Stato contraente ed entrambi gli Stati convengono che il contribuente ha proceduto in tal senso in conformità al paragrafo 2 come interpretato dalla relazione, non dovrebbero essere apportate rettifiche agli utili per raggiungere un risultato diverso ai sensi del paragrafo 2.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
52. In secondo luogo, il paragrafo 3 non intende in alcun modo limitare i rimedi già disponibili per garantire che ogni Stato contraente rispetti i propri obblighi ai sensi degli articoli 7 e 23 A o 23 B. Ad esempio, se la determinazione, da parte di uno Stato contraente, degli utili attribuibili a una stabile organizzazione situata in tale Stato non è conforme al paragrafo 2, il contribuente potrà utilizzare i rimedi giuridici nazionali disponibili e la procedura di mutuo accordo prevista dall’articolo 25 per affrontare il fatto che il contribuente non è stato tassato da tale Stato in conformità alla Convenzione. Analogamente, tali rimedi saranno disponibili anche se l’altro Stato non determina, ai fini dell’articolo 23 A o 23 B, gli utili attribuibili alla stabile organizzazione in conformità al paragrafo 2 e pertanto non rispetta le disposizioni del presente articolo.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
53. Tuttavia, qualora il contribuente non abbia determinato gli utili attribuibili alla stabile organizzazione conformemente al paragrafo 2, ciascuno Stato ha il diritto di procedere ad una rettifica al fine di garantire la conformità

con quel paragrafo. Quando uno Stato effettua un aggiustamento conformemente al paragrafo 2, quel paragrafo certamente consente all’altro Stato di effettuare un aggiustamento reciproco in modo da evitare qualsiasi doppia imposizione attraverso l’applicazione combinata del paragrafo 2 e dell’articolo 23 A o 23 B (vedereparagrafo 65di seguito). Tuttavia, potrebbe essere che la legge nazionale di quell’altro Stato (ad esempio lo Stato in cui si trova la stabile organizzazione) non gli consenta di apportare tale modifica o che tale Stato non abbia alcun incentivo a farlo da solo se l’effetto è quello di ridurre l’importo degli utili che era precedentemente imponibile in tale Stato. Potrebbe anche essere che, come indicato sopra, i due Stati contraenti adottino interpretazioni diverse del paragrafo 2 e non è possibile concludere che nessuna delle due interpretazioni non sia conforme al paragrafo 2.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
54. Tali preoccupazioni sono affrontate dal paragrafo 3. Il seguente esempio illustra l’applicazione di tale paragrafo.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
55. Esempio. Uno stabilimento di produzione situato nello Stato R di un’impresa dello Stato R ha trasferito beni per la vendita a una stabile organizzazione dell’impresa situata nello Stato S. Ai fini della determinazione degli utili attribuibili alla stabile organizzazione ai sensi del paragrafo 2, deve essere riconosciuta una transazione e deve essere determinato un prezzo di libera concorrenza nozionale per tale transazione. La documentazione dell’impresa, che è coerente con l’analisi funzionale e fattuale e che è stata utilizzata dal contribuente come base per il calcolo del suo reddito imponibile in ogni Stato, mostra che si è verificata una transazione nella natura di una vendita di beni da parte dello stabilimento nello Stato R alla stabile organizzazione nello Stato S e che è stato stabilito un prezzo nozionale di
90 è stato utilizzato per determinare gli utili attribuibili alla stabile organizzazione. Lo Stato S accetta l’importo utilizzato dal contribuente, ma lo Stato R ritiene che l’importo sia inferiore a quanto richiesto dalla sua legislazione nazionale e dal principio di libera concorrenza del paragrafo 2. Ritiene che il prezzo di libera concorrenza appropriato che avrebbe dovuto essere utilizzato sia 110 e adegua di conseguenza l’importo dell’imposta pagabile nello Stato R dopo aver ridotto l’importo dell’esenzione (articolo 23 A) o del credito (articolo 23 B) richiesto dal contribuente rispetto agli utili attribuibili alla stabile organizzazione. In tale situazione, poiché il prezzo della stessa transazione sarà stato determinato come 90 nello Stato S e 110 nello Stato R, gli utili di 20 potrebbero essere soggetti a doppia imposizione. Il paragrafo 3 affronterà tale situazione richiedendo allo Stato S, nella misura in cui vi sia effettivamente una doppia imposizione e che la rettifica effettuata dallo Stato R sia conforme al paragrafo 2, di fornire una rettifica corrispondente all’imposta pagabile nello Stato S sugli utili tassati in entrambi gli Stati.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)

56. Tuttavia, se lo Stato S non concorda sul fatto che l’adeguamento da parte dello Stato R fosse giustificato dal paragrafo 2, non riterrà di doverlo effettuare. In tal caso, la questione se lo Stato S debba effettuare l’adeguamento ai sensi del paragrafo 3 (se l’adeguamento da parte dello Stato R è giustificato ai sensi del paragrafo 2) o se lo Stato R debba astenersi dall’effettuare l’adeguamento iniziale (se non è giustificato ai sensi del paragrafo 2) sarà risolta tramite una procedura di mutuo accordo ai sensi del paragrafo 1 dell’articolo 25 utilizzando, se necessario, la disposizione arbitrale del paragrafo 5 dell’articolo 25 (poiché implica la questione se le azioni di uno o di entrambi gli Stati contraenti abbiano comportato o comporteranno per il contribuente una tassazione non conforme alla Convenzione). Attraverso tale procedura, i due Stati saranno in grado di concordare lo stesso prezzo di libera concorrenza, che può essere uno dei prezzi proposti dal contribuente e dai due Stati o uno diverso.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
57. Come mostra l’esempio inparagrafo 55,il paragrafo 3 affronta la preoccupazione che la Convenzione potrebbe non fornire una protezione adeguata contro la doppia imposizione in alcune situazioni in cui i due Stati contraenti adottano interpretazioni diverse del paragrafo 2 dell’articolo 7 e ogni Stato potrebbe essere considerato come tassante “in conformità” alla Convenzione. Il paragrafo 3 garantisce che in tal caso verrà fornita un’esenzione dalla doppia imposizione, il che è coerente con gli obiettivi generali della Convenzione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
58. Il paragrafo 3 condivide le caratteristiche principali del paragrafo 2 dell’articolo 9. In primo luogo, si applica a ciascun Stato rispetto a un aggiustamento effettuato dall’altro Stato. Si applica quindi reciprocamente indipendentemente dal fatto che l’aggiustamento iniziale sia stato effettuato dallo Stato in cui è situata la stabile organizzazione o dall’altro Stato. Inoltre, non si applica a meno che non vi sia un aggiustamento da parte di uno degli Stati.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
59. Come nel caso del paragrafo 2 dell’articolo 9, un adeguamento corrispondente non deve essere automaticamente effettuato ai sensi del paragrafo 3 semplicemente perché gli utili attribuiti alla stabile organizzazione sono stati adeguati da uno degli Stati contraenti. L’adeguamento corrispondente è richiesto solo se l’altro Stato ritiene che gli utili adeguati siano conformi al paragrafo 2. In altre parole, il paragrafo 3 non può essere invocato e non dovrebbe essere applicato quando gli utili attribuibili alla stabile organizzazione sono adeguati a un livello diverso da quello che sarebbero stati se fossero stati correttamente calcolati in conformità ai principi del paragrafo 2. Indipendentemente da quale Stato effettui l’adeguamento iniziale, l’altro Stato è tenuto a effettuare un adeguamento corrispondente appropriato solo se ritiene che l’

gli utili rettificati riflettono correttamente ciò che sarebbero stati gli utili se le transazioni della stabile organizzazione fossero state transazioni a condizioni di libera concorrenza. L’altro Stato è quindi impegnato a effettuare tale rettifica corrispondente solo se ritiene che la rettifica iniziale sia giustificata sia in linea di principio sia per quanto riguarda l’importo.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
59.1 In base alle leggi nazionali di alcuni paesi, un contribuente può essere autorizzato, in circostanze appropriate, a modificare una dichiarazione dei redditi precedentemente presentata per adeguare gli utili attribuibili a una stabile organizzazione al fine di riflettere un’attribuzione di utili che, a giudizio del contribuente, è conforme ai principi di entità separata e di libera concorrenza alla base dell’articolo 7. Laddove siano effettuati in buona fede, tali adeguamenti possono facilitare la corretta attribuzione degli utili a una stabile organizzazione conformemente al paragrafo 2. Tuttavia, può verificarsi una doppia imposizione, ad esempio, se tale adeguamento avviato dal contribuente aumenta gli utili attribuiti a una stabile organizzazione situata in uno Stato contraente ma non vi è alcun adeguamento corrispondente appropriato nell’altro Stato contraente. L’eliminazione di tale doppia imposizione rientra nell’ambito del paragrafo 3. Infatti, nella misura in cui sono state riscosse imposte sugli utili aumentati nel primo Stato menzionato, si può ritenere che tale Stato abbia adeguato gli utili attribuibili alla stabile organizzazione e abbia tassato gli utili che sono stati sottoposti a tassazione nell’altro Stato. In tali circostanze, l’articolo 25 consente alle autorità competenti degli Stati contraenti di consultarsi per eliminare la doppia imposizione; le autorità competenti possono pertanto, se necessario, ricorrere alla procedura amichevole per determinare se la rettifica iniziale soddisfa le condizioni del paragrafo 2 e, in tal caso, determinare l’importo della rettifica appropriata all’importo dell’imposta applicata sugli utili attribuibili alla stabile organizzazione in modo da eliminare la doppia imposizione.
(Aggiunto il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)
60. Il paragrafo 3 non specifica il metodo con cui deve essere effettuato un adeguamento corrispondente. Qualora l’adeguamento iniziale sia effettuato dallo Stato in cui è situata la stabile organizzazione, l’adeguamento previsto dal paragrafo 3 potrebbe essere concesso nell’altro Stato mediante l’adeguamento dell’importo del reddito che deve essere esentato ai sensi dell’articolo 23 A o del credito che deve essere concesso ai sensi dell’articolo 23 B. Qualora l’adeguamento iniziale sia effettuato da tale altro Stato, l’adeguamento previsto dal paragrafo 3 potrebbe essere effettuato dallo Stato in cui è situata la stabile organizzazione riaprendo la valutazione dell’impresa dell’altro Stato al fine di ridurre il reddito imponibile di un importo appropriato.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)

61. La questione dei cosiddetti “aggiustamenti secondari”, di cui si parla nel paragrafo 8 del Commentario all’articolo 9, non si pone nel caso di un aggiustamento ai sensi del paragrafo 3. Come indicato inparagrafo 28sopra, la determinazione degli utili attribuibili ad una stabile organizzazione è rilevante solo ai fini degli articoli 7 e 23 A e 23 B e non pregiudica l’applicazione degli altri articoli della Convenzione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
62. Come il paragrafo 2 dell’articolo 9, il paragrafo 3 lascia aperta la questione se debba esserci un periodo di tempo dopo la scadenza del quale uno Stato non sarebbe obbligato a effettuare un adeguamento appropriato degli utili attribuibili a una stabile organizzazione a seguito di una revisione al rialzo di tali utili nell’altro Stato. Alcuni Stati ritengono che l’impegno debba essere aperto, in altre parole, che per quanti anni lo Stato che effettua l’adeguamento iniziale sia andato indietro, l’impresa dovrebbe in equità essere assicurata di un adeguamento appropriato nell’altro Stato. Altri Stati ritengono che un impegno aperto di questo tipo sia irragionevole come questione di amministrazione pratica. Questo problema non è stato affrontato nel testo del paragrafo 2 dell’articolo 9 o del paragrafo 3, ma gli Stati contraenti sono lasciati liberi nelle convenzioni bilaterali di includere, se lo desiderano, disposizioni che riguardano la durata del periodo durante il quale uno Stato dovrebbe essere obbligato a effettuare un adeguamento appropriato (vedere su questo punto i paragrafi 39, 40 e 41 del Commentario all’articolo 25). Gli Stati contraenti possono anche voler affrontare questo problema attraverso una disposizione che limiti la durata di tempo durante la quale può essere effettuato un aggiustamento ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 7; tale soluzione evita la doppia imposizione che potrebbe altrimenti verificarsi quando non vi è alcun aggiustamento nell’altro Stato ai sensi del paragrafo 3 dell’articolo a seguito dell’aggiustamento del primo Stato ai sensi del paragrafo 2. Gli Stati contraenti che desiderano raggiungere tale risultato possono concordare bilateralmente di aggiungere il seguente paragrafo dopo il paragrafo 4:
5. Uno Stato contraente non deve apportare alcuna rettifica agli utili attribuibili a una stabile organizzazione di un’impresa di uno degli Stati contraenti dopo [periodo concordato bilateralmente] dalla fine dell’anno fiscale in cui gli utili sarebbero stati attribuibili alla stabile organizzazione. Le disposizioni del presente paragrafo non si applicano in caso di frode, grave negligenza o inadempimento intenzionale.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
63. Possono esserci casi in cui la rettifica iniziale effettuata da uno Stato non richiederà immediatamente una rettifica corrispondente all’importo dell’imposta applicata sugli utili nell’altro Stato (ad esempio quando la rettifica iniziale da parte di uno Stato degli utili attribuibili alla stabile organizzazione inciderà sulla determinazione dell’importo di una perdita attribuibile al resto dell’impresa).

nell’altro Stato). Le autorità competenti possono, conformemente alla seconda frase del paragrafo 3, determinare l’impatto futuro che la rettifica iniziale avrà sull’imposta che sarà pagabile nell’altro Stato prima che tale imposta venga effettivamente riscossa; in effetti, al fine di evitare il problema descritto nel paragrafo precedente, le autorità competenti possono voler utilizzare la procedura di mutuo accordo il prima possibile per determinare in quale misura una rettifica corrispondente potrebbe essere richiesta nell’altro Stato in una fase successiva.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
64. In caso di controversia tra le parti interessate in merito all’importo e alla natura dell’adeguamento appropriato, si dovrebbe attuare la procedura di mutuo accordo prevista dall’articolo 25, come nel caso di un adeguamento ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 9. In effetti, come mostrato nell’esempio inparagrafo 55sopra, se uno dei due Stati contraenti adegua gli utili attribuibili a una stabile organizzazione senza che l’altro Stato conceda un adeguamento corrispondente nella misura necessaria per evitare la doppia imposizione, il contribuente potrà utilizzare la procedura amichevole del paragrafo 1 dell’articolo 25 e, se necessario, la disposizione arbitrale del paragrafo 5 dell’articolo 25, per richiedere alle autorità competenti di concordare che l’adeguamento iniziale da parte di uno Stato o la mancata effettuazione di un adeguamento corrispondente da parte dell’altro Stato non sono conformi alle disposizioni della Convenzione (la disposizione arbitrale del paragrafo 5 dell’articolo 25 svolgerà un ruolo fondamentale nei casi in cui le autorità competenti non sarebbero altrimenti in grado di raggiungere un accordo, poiché garantirà che le questioni che impediscono un accordo siano risolte tramite arbitrato).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
65. Il paragrafo 3 si applica solo nella misura necessaria per eliminare la doppia imposizione degli utili derivanti dalla rettifica. Supponiamo, ad esempio, che lo Stato in cui è situata la stabile organizzazione regoli gli utili che il contribuente ha attribuito alla stabile organizzazione per riflettere il fatto che il prezzo di una transazione tra la stabile organizzazione e il resto dell’impresa non era conforme al principio di libera concorrenza. Supponiamo che anche l’altro Stato concordi sul fatto che il prezzo utilizzato dal contribuente non era a libera concorrenza. In tal caso, l’applicazione combinata del paragrafo 2 e dell’articolo 23 A o 23 B richiederà a tale altro Stato di attribuire alla stabile organizzazione, ai fini dell’esenzione dalla doppia imposizione, utili rettificati che rifletterebbero un prezzo di libera concorrenza. In tal caso, il paragrafo 3 sarà rilevante solo nella misura in cui gli Stati adotteranno interpretazioni diverse di quale dovrebbe essere il prezzo di libera concorrenza corretto.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)

66. Il paragrafo 3 si applica solo in relazione alle differenze nella determinazione degli utili attribuiti a una stabile organizzazione che comportano l’attribuzione della stessa parte degli utili a parti diverse dell’impresa conformemente all’articolo. Come già spiegato (vedereparagrafi 30E31sopra), l’articolo 7 non riguarda il calcolo del reddito imponibile, ma piuttosto l’attribuzione degli utili ai fini dell’assegnazione dei diritti di imposizione tra i due Stati contraenti. L’articolo serve quindi solo ad allocare entrate e spese ai fini dell’assegnazione dei diritti di imposizione e non pregiudica la questione di quali entrate siano imponibili e quali spese siano deducibili, che è una questione di diritto interno purché vi sia conformità con il paragrafo 2. Laddove gli utili attribuiti alla stabile organizzazione siano gli stessi in ogni Stato, l’importo che sarà incluso nel reddito imponibile su cui sarà riscossa l’imposta in ogni Stato per un dato periodo imponibile può essere diverso date le differenze nelle norme di diritto interno,
ad esempio per il riconoscimento del reddito e la deduzione delle spese. Poiché queste diverse norme di diritto interno si applicano solo agli utili attribuiti a ciascun Stato, esse non determinano, di per sé, una doppia imposizione ai fini del paragrafo 3.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
67. Inoltre, il paragrafo 3 non si applica per influenzare il calcolo dell’esenzione o del credito ai sensi dell’articolo 23 A o 23 B, salvo ai fini della fornitura di ciò che altrimenti sarebbe un’indisponibile esenzione dalla doppia imposizione per l’imposta pagata allo Stato contraente in cui è situata la stabile organizzazione sugli utili che sono stati attribuiti alla stabile organizzazione in tale Stato. Questo paragrafo non si applicherà pertanto laddove tali utili siano stati completamente esentati dall’altro Stato o laddove l’imposta pagata nel primo Stato menzionato sia stata completamente accreditata sull’imposta dell’altro Stato ai sensi della legislazione nazionale di tale altro Stato e in conformità con l’articolo 23 A o 23 B.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
68. Alcuni Stati potrebbero preferire che i casi contemplati dal paragrafo 3 siano risolti tramite la procedura di mutuo accordo (un inadempimento in tal senso innesca l’applicazione della disposizione arbitrale del paragrafo 5 dell’articolo 25) se uno Stato non accetta unilateralmente di effettuare un adeguamento corrispondente, senza che venga data alcuna deferenza alla posizione preferita dello Stato che effettua l’adeguamento in merito al prezzo o al metodo di libera concorrenza. Questi Stati preferirebbero pertanto una disposizione che dia sempre la possibilità a uno Stato di negoziare con lo Stato che effettua l’adeguamento in merito al prezzo o al metodo di libera concorrenza da applicare. Gli Stati che condividono tale opinione potrebbero preferire utilizzare la seguente versione alternativa del paragrafo 3:

Qualora, conformemente al paragrafo 2, uno Stato contraente rettifica gli utili attribuibili a una stabile organizzazione di un’impresa di uno degli Stati contraenti e tassa di conseguenza gli utili dell’impresa che sono stati sottoposti a tassazione nell’altro Stato, l’altro Stato contraente, nella misura necessaria ad eliminare la doppia imposizione su tali utili, procede ad una rettifica appropriata se concorda con la rettifica effettuata dal primo Stato; se l’altro Stato contraente non concorda in tal senso, gli Stati contraenti eliminano di comune accordo ogni doppia imposizione che ne deriva.
(Modificato il 15 luglio 2014; vedere STORIA)
69. Questa versione alternativa intende garantire che lo Stato a cui viene chiesto di effettuare una rettifica corrispondente possa sempre richiedere che ciò avvenga tramite la procedura di mutuo accordo. Questa versione differisce significativamente dal paragrafo 3 in quanto non crea un obbligo legale per tale Stato di accettare di effettuare una rettifica corrispondente, anche laddove ritenga che la rettifica effettuata dall’altro Stato sia stata effettuata in conformità al paragrafo 2. La disposizione darebbe sempre la possibilità a uno Stato di negoziare con l’altro Stato su quale sia il prezzo o il metodo di libera concorrenza più appropriato. Qualora lo Stato in questione non accetti unilateralmente di effettuare la rettifica corrispondente, questa versione del paragrafo 3 garantirebbe che il contribuente abbia il diritto di accedere alla procedura di mutuo accordo per risolvere il caso. Inoltre, laddove la procedura di mutuo accordo venga attivata in un caso del genere, la disposizione impone un obbligo legale reciproco agli Stati contraenti di eliminare la doppia imposizione tramite mutuo accordo, anche se non fornisce uno standard sostanziale per stabilire quale Stato ha l’obbligo di compromettere la propria posizione per raggiungere tale mutuo accordo. Se i due Stati contraenti non raggiungono un accordo per eliminare la doppia imposizione, entrambi saranno in violazione del loro obbligo di trattato. L’obbligo di eliminare tali casi di doppia imposizione tramite mutuo accordo è quindi più forte dello standard del paragrafo 2 dell’articolo 25, che richiede semplicemente alle autorità competenti di “sforzarsi” di risolvere un caso tramite mutuo accordo.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
70. Se gli Stati contraenti concordano bilateralmente di sostituire il paragrafo 3 con l’alternativa di cui sopra, le osservazioni formulate inparagrafi 66E67per quanto riguarda il paragrafo 3 si applicherà anche a tale disposizione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)

Paragrafo 4
71. Sebbene non sia stato ritenuto necessario nella Convenzione definire il termine “profitti”, si dovrebbe tuttavia comprendere che il termine, quando utilizzato in questo articolo e altrove nella Convenzione, ha un significato ampio, che include tutti i redditi derivanti dall’esercizio di un’impresa. Tale significato ampio corrisponde all’uso del termine fatto nelle leggi fiscali della maggior parte dei paesi membri dell’OCSE.
(Rinumerato il 22 luglio 2010; vedi STORIA)
72. In assenza del paragrafo 4, questa interpretazione del termine “profitti” avrebbe potuto dare origine a qualche incertezza circa l’applicazione della Convenzione. Se i profitti di un’impresa includono categorie di reddito che sono trattate separatamente in altri articoli della Convenzione, ad esempio i dividendi, si sarebbe posta la questione di quale articolo dovesse applicarsi a queste categorie di reddito, ad esempio nel caso dei dividendi, questo articolo o l’articolo 10.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
73. Nella misura in cui l’applicazione di questo articolo e dell’altro articolo pertinente determinerebbe lo stesso trattamento fiscale, la questione ha scarsa rilevanza pratica. Inoltre, altri articoli della Convenzione trattano specificamente questa questione in relazione ad alcuni tipi di reddito (ad esempio, il paragrafo 4 dell’articolo 6, il paragrafo 4 degli articoli 10 e 11, il paragrafo 3 della
Articolo 12, paragrafi 1 e 2 dell’articolo 17 e paragrafo 2 dell’articolo 21).
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
74. La questione, tuttavia, potrebbe sorgere rispetto ad altri tipi di reddito e pertanto è stato deciso di includere una regola di interpretazione che garantisca che gli articoli applicabili a specifiche categorie di reddito abbiano la precedenza sull’articolo 7. Da questa regola consegue che l’articolo 7 sarà applicabile agli utili aziendali che non appartengono a categorie di reddito coperte da questi altri articoli e, inoltre, ai redditi che, ai sensi del paragrafo 4 degli articoli 10 e 11, del paragrafo 3 dell’articolo 12 e del paragrafo 2 dell’articolo 21, rientrano nell’articolo 7. Questa regola, tuttavia, non disciplina il modo in cui il reddito sarà classificato ai fini del diritto interno; pertanto, se uno Stato contraente può tassare un elemento di reddito ai sensi di altri articoli della presente Convenzione, tale Stato può, ai propri fini fiscali interni, caratterizzare tale reddito come desidera (vale a dire come utili aziendali o come una specifica categoria di reddito) a condizione che il trattamento fiscale di tale elemento di reddito sia conforme alle disposizioni della Convenzione. Occorre inoltre rilevare che, qualora un’impresa di uno Stato contraente ricavi redditi da beni immobili tramite una stabile organizzazione situata nell’altro Stato, detto altro Stato non può assoggettare a tassazione tali redditi se derivano da beni immobili situati nel primo Stato o in uno Stato terzo (vedere paragrafo 4 della

Commento all’articolo 21 e ai paragrafi 9 e 10 del Commento agli articoli 23 A e 23 B).
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
75. È possibile che gli Stati contraenti concordino bilateralmente spiegazioni o definizioni speciali riguardanti il termine “profitti” al fine di chiarire la distinzione tra questo termine e, ad esempio, il concetto di dividendi. In particolare, potrebbe essere ritenuto opportuno farlo laddove in una convenzione in fase di negoziazione sia stata apportata una deviazione dalle definizioni negli articoli su dividendi, interessi e royalties.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
75.1 I programmi di scambio delle emissioni sono stati implementati in diversi paesi come parte di una strategia internazionale per affrontare il riscaldamento globale. In base a tali programmi, i permessi di emissione possono essere richiesti per svolgere determinate attività economiche che generano gas serra e possono essere riconosciuti crediti emessi rispetto a progetti di riduzione o rimozione delle emissioni in altri paesi. Dato il carattere multinazionale di determinati programmi di scambio delle emissioni (come il sistema di scambio delle emissioni dell’Unione europea), questi programmi presentano questioni specifiche ai sensi della Convenzione fiscale modello, in particolare il trattamento del reddito derivante dal rilascio e dallo scambio di permessi e crediti di emissione. Tali questioni sono esaminate nel rapporto del Comitato “Problemi di trattati fiscali relativi a permessi/crediti di emissione”.1 Come spiegato in tale rapporto, il reddito derivante dal rilascio o dallo scambio di permessi e crediti di emissione è generalmente coperto dall’articolo 7 e dall’articolo 13. In determinate circostanze, tuttavia, tale reddito può essere coperto dall’articolo 6, 8 o 21 (vedere il paragrafo 2.1 del Commento all’articolo 6 e il paragrafo 14.1 del Commento all’articolo 8).
(Aggiunto il 15 luglio 2014; vedi CRONOLOGIA)
76. Infine, occorre notare che due categorie di utili che in precedenza erano coperte da altri articoli della Convenzione sono ora coperte dall’articolo 7. In primo luogo, mentre la definizione di “royalties” nel paragrafo 2 dell’articolo 12 del progetto di Convenzione del 1963 e della Convenzione modello del 1977 includeva pagamenti “per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche”, il riferimento a tali pagamenti è stato successivamente eliminato da tale definizione al fine di garantire che i redditi derivanti dalla locazione di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche, compresi i redditi derivanti dalla locazione di container, rientrino nelle disposizioni dell’articolo 7 o dell’articolo 8 (vedere il paragrafo 9 del Commentario a tale articolo), a seconda dei casi, piuttosto che in quelle dell’articolo 12.

1 Riprodotto nel Volume II a pagina R(25)-1.

quelli dell’articolo 12, risultato che la Commissione per gli affari fiscali ritiene appropriato data la natura di tali redditi.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
77. In secondo luogo, prima del 2000, i redditi derivanti da servizi professionali e altre attività di carattere indipendente erano trattati in un articolo separato,
ovvero l’articolo 14. Le disposizioni di tale articolo erano simili a quelle applicabili agli utili aziendali, ma l’articolo 14 utilizzava il concetto di base fissa anziché quello di stabile organizzazione, poiché in origine si pensava che quest’ultimo concetto dovesse essere riservato alle attività commerciali e industriali. Tuttavia, non era sempre chiaro quali attività rientrassero nell’articolo 14 rispetto all’articolo 7. L’eliminazione dell’articolo 14 nel 2000 rifletteva il fatto che non vi erano differenze intenzionali tra i concetti di stabile organizzazione, come utilizzati nell’articolo 7, e di base fissa, come utilizzati nell’articolo 14, o tra il modo in cui gli utili venivano calcolati e le imposte venivano calcolate in base a quale articolo 7 o 14 si applicava. L’effetto della cancellazione dell’articolo 14 è che il reddito derivante da servizi professionali o altre attività di carattere indipendente è ora trattato ai sensi dell’articolo 7 come utili aziendali. Ciò è stato confermato dall’aggiunta, nell’articolo 3, di una definizione del termine “impresa” che prevede espressamente che tale termine includa servizi professionali o altre attività di carattere indipendente.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)

Osservazioni sul commento
78. Italiae il Portogallo ritengono essenziale tenere in considerazione che — indipendentemente dal significato attribuito alla quarta frase delparagrafo 77 — per quanto riguarda il metodo di calcolo delle imposte, gli ordinamenti nazionali non sono toccati dalla nuova formulazione del modello, vale a dire dall’eliminazione dell’articolo 14.
(Rinumerato il 22 luglio 2010; vedi STORIA)
79. (Eliminato il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)
80. (Eliminato il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)
81. (Eliminato il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)
82. Sveziadesidera chiarire che non ritiene che i diversi approcci per l’attribuzione del capitale “libero” inclusi nel Report Attribution of Profits to Permanent Organisations condurranno necessariamente a un risultato conforme al principio di libera concorrenza. Di conseguenza, la Svezia, quando esamina i fatti e le circostanze di ciascun caso, in molti casi non considererebbe che l’importo della detrazione degli interessi risultante dall’applicazione di questi approcci sia conforme al principio di libera concorrenza. Quando il

Qualora opinioni diverse sull’attribuzione del capitale “libero” comportino una doppia imposizione, si dovrà ricorrere alla procedura amichevole prevista dall’articolo 25.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
83. Con riferimento aparagrafi 27 E65,gli Stati Uniti desiderano chiarire come elimineranno la doppia imposizione derivante dall’applicazione del paragrafo 2 dell’articolo 7. Qualora un contribuente possa dimostrare all’autorità competente degli Stati Uniti che tale doppia imposizione non è stata eliminata dopo l’applicazione di meccanismi previsti dal diritto interno degli Stati Uniti, come l’utilizzo della limitazione del credito d’imposta estero creata da altre transazioni, gli Stati Uniti elimineranno tale doppia imposizione aggiuntiva.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
84. Tacchinonon condivide le opinioni espresse inparagrafo 28del Commento all’articolo 7.
(Aggiunto il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)

Riserve sull’articolo
85. Australiasi riserva il diritto di includere una disposizione che consenta l’applicazione della propria legislazione nazionale in relazione alla tassazione degli utili derivanti da qualsiasi forma di assicurazione.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
86. Australiasi riserva il diritto di includere una disposizione che chiarisca il proprio diritto di tassare una quota degli utili aziendali a cui un residente dell’altro Stato contraente ha diritto come beneficiario, laddove tali utili siano derivati da un fiduciario di un patrimonio fiduciario (diverso da alcuni fondi comuni di investimento che sono considerati società ai fini fiscali australiani) dallo svolgimento di un’attività in Australia tramite una stabile organizzazione.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
87. Coreae il Portogallo si riservano il diritto di tassare le persone che svolgono servizi professionali o altre attività di carattere indipendente se sono presenti sul loro territorio per un periodo o periodi superiori complessivamente a 183 giorni in un periodo di dodici mesi, anche se non dispongono di una stabile organizzazione (o di una base fissa) ai fini dello svolgimento di tali servizi o attività.
(Rinumerato il 22 luglio 2010; vedi STORIA)
88. Italia, il Portogallo e la Turchia si riservano il diritto di tassare le persone che svolgono servizi personali indipendenti ai sensi di un articolo separato che corrisponde all’articolo 14 così come era prima della sua eliminazione nel 2000. Nel caso della Turchia, il

la questione se includere o meno in tale articolo anche persone diverse dagli individui sarà decisa mediante negoziati bilaterali.
(Modificato il 15 luglio 2014; vedere STORIA)
89. Gli Stati Uniti si riservano il diritto di modificare l’articolo 7 per stabilire che, nell’applicazione dei paragrafi 1 e 2 dell’articolo, qualsiasi reddito o guadagno attribuibile a una stabile organizzazione durante la sua esistenza possa essere imponibile dallo Stato contraente in cui esiste la stabile organizzazione anche se i pagamenti sono differiti fino a dopo che la stabile organizzazione ha cessato di esistere. Gli Stati Uniti desiderano inoltre notare che si riservano il diritto di applicare tale norma anche ai sensi degli articoli 10, 11, 12, 13 e 21.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
90. Tacchinosi riserva il diritto di sottoporre il reddito derivante dalla locazione di container a una ritenuta alla fonte in tutti i casi. In caso di applicazione degli articoli 5 e 7 a tale reddito, la Turchia vorrebbe applicare la regola della stabile organizzazione ai casi di deposito semplice, deposito-agenzia e filiale operativa.
(Rinumerato il 22 luglio 2010; vedi STORIA)
91. Norvegiae gli Stati Uniti si riservano il diritto di trattare i redditi derivanti dall’uso, dalla manutenzione o dal noleggio di container utilizzati nel traffico internazionale ai sensi dell’articolo 8 allo stesso modo dei redditi derivanti dal trasporto marittimo e aereo.
(Rinumerato il 22 luglio 2010; vedi STORIA)
92. Australiae il Portogallo si riservano il diritto di proporre, nei negoziati bilaterali, una disposizione che stabilisca che, qualora le informazioni a disposizione dell’autorità competente di uno Stato contraente siano inadeguate per determinare gli utili da attribuire alla stabile organizzazione di un’impresa, l’autorità competente può applicare a tale impresa a tale scopo le disposizioni della legislazione fiscale di tale Stato, a condizione che tale legislazione venga applicata, nella misura in cui le informazioni a disposizione dell’autorità competente lo consentano, conformemente ai principi del presente articolo.
(Rinumerato il 22 luglio 2010; vedi STORIA)
93. Messicosi riserva il diritto di tassare nello Stato in cui è situata la stabile organizzazione i profitti aziendali derivanti dalla vendita di beni o merci effettuata direttamente dalla sua sede centrale situata nell’altro Stato contraente, a condizione che tali beni e merci siano dello stesso tipo o di tipo simile a quelli venduti tramite tale stabile organizzazione. Il governo del Messico applicherà questa norma solo come salvaguardia contro gli abusi e non come principio generale di “forza di attrazione”; pertanto, la norma non si applicherà

quando l’impresa dimostra che le vendite sono state effettuate per scopi diversi dall’ottenimento di un beneficio ai sensi della Convenzione.
(Rinumerato il 22 luglio 2010; vedi STORIA)
94. La Repubblica Ceca si riserva il diritto di aggiungere al paragrafo 3 una disposizione che limiti i possibili adeguamenti corrispondenti ai casi di buona fede.
(Aggiunto il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
95. Nuova Zelandasi riserva il diritto di utilizzare la versione precedente dell’articolo 7 tenendo conto delle sue osservazioni e riserve su tale versione (vale a dire la versione inclusa nel Modello di Convenzione Fiscale immediatamente prima dell’aggiornamento del 2010 del Modello di Convenzione Fiscale) perché non concorda con l’approccio riflesso nella Parte I del Rapporto 2010 Attribuzione degli utili alle stabili organizzazioni. Pertanto, non approva le modifiche al Commentario all’articolo apportate tramite tale aggiornamento.
(Aggiunto il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
96. Austria, Cile, Grecia, Messico, Repubblica Slovacca e Turchia si riservano il diritto di utilizzare la versione precedente dell’Articolo 7, vale a dire la versione che è stata inclusa nel Modello di Convenzione Fiscale immediatamente prima dell’aggiornamento del 2010 del Modello di Convenzione Fiscale. Pertanto, non approvano le modifiche al Commentario all’Articolo apportate tramite tale aggiornamento.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
97. Portogallosi riserva il diritto di continuare ad adottare nelle sue convenzioni il testo dell’articolo nella versione vigente prima del 2010, finché il suo diritto interno non sarà adattato per applicare il nuovo approccio.
(Aggiunto il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
98. Sloveniasi riserva il diritto di specificare che un eventuale adeguamento verrà effettuato ai sensi del paragrafo 3 solo se ritenuto giustificato.
(Aggiunto il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
99. Australiasi riserva il diritto di utilizzare la versione precedente dell’articolo 7 tenendo conto delle proprie osservazioni e riserve su tale versione (vale a dire la versione inclusa nel Modello di Convenzione fiscale immediatamente prima dell’aggiornamento del 2010 del Modello di Convenzione fiscale).
(Aggiunto il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)
100. Lettoniasi riserva il diritto di utilizzare la versione precedente dell’articolo 7, vale a dire la versione inclusa nel Modello di Convenzione fiscale immediatamente prima dell’aggiornamento del 2010 del Modello di Convenzione fiscale, fatte salve le sue posizioni su tale versione (vedere l’allegato alle posizioni delle economie non-OCSE sull’articolo 7).
(Aggiunto il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)

OCSE – Commentario ad Art. 5 (Stabile Organizzazione) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale

La   “Stabile organizzazione” – “Permanent Establishment” è uno standard internazionale ampiamente accettato, sancito dall’articolo 5 Permanent Establishment (Stabile organizzazione) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale dell’OCSE (Model Tax Convention on Income and Capital) (Vedi: Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale 2017 (versione completa) – OECD Model Tax Convention on Income and Capital)

ARTICOLO 5 STABILE ORGANIZZAZIONE

  1. Ai fini della presente Convenzione, il termine “stabile organizzazione” designa una sede fissa di affari attraverso la quale un’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività.
  2. Il termine “stabile organizzazione” comprende in particolare:

a) un luogo di direzione;

b) un ramo;

c) un ufficio;

d)una fabbrica;

e)un laboratorio, e

f) una miniera, un pozzo di petrolio o di gas, una cava o qualsiasi altro luogo di estrazione di risorse naturali.

  1. Un cantiere edile o un progetto di costruzione o di installazione costituisce una stabile organizzazione solo se la sua durata supera i dodici mesi.
  2. Nonostante le precedenti disposizioni del presente articolo, il termine “stabile organizzazione” non si considera includere:

a) l’utilizzazione di una struttura ai soli fini di deposito, esposizione o consegna di beni o merci appartenenti all’impresa;

b) la conservazione di beni o merci appartenenti all’impresa ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna;

c) il mantenimento di un magazzino di beni o merci appartenenti all’impresa ai soli fini della trasformazione da parte di un’altra impresa;

d) il mantenimento di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini di acquistare beni o merci o di raccogliere informazioni per l’impresa;

e) il mantenimento di una sede fissa di affari ai soli fini dello svolgimento, per l’impresa, di qualsiasi altra attività;

f) il mantenimento di una sede fissa di affari esclusivamente per una qualsiasi combinazione di attività menzionate nei sottoparagrafi da a) a e),

a condizione che tale attività o, nel caso di cui alla lettera f), l’attività complessiva della sede fissa di affari, abbia carattere preparatorio o ausiliario.

  1. 1 Il Paragrafo 4 non si applica ad una sede fissa di affari utilizzata o mantenuta da un’impresa se la stessa impresa o un’impresa strettamente correlata svolge attività commerciali nello stesso luogo o in un altro luogo nello stesso Stato contraente

a) tale luogo o altro luogo costituisce una stabile organizzazione per l’impresa o l’impresa strettamente collegata ai sensi delle disposizioni del presente articolo, o

b) l’attività complessiva risultante dalla combinazione delle attività svolte dalle due imprese nello stesso luogo, o dalla stessa impresa o da imprese strettamente collegate nei due luoghi, non ha carattere preparatorio o ausiliario,

a condizione che le attività commerciali svolte dalle due imprese nello stesso luogo, o dalla stessa impresa o da imprese strettamente collegate nei due luoghi, costituiscano funzioni complementari che fanno parte di un’attività commerciale coesa.

  1. Nonostante le disposizioni dei paragrafi1 e 2 ma fatte salve le disposizioni del paragrafo 6, quando una persona agisce in uno Stato contraente per conto di un’impresa e, così facendo, conclude abitualmente contratti o svolge abitualmente il ruolo principale che porta alla conclusione di contratti che vengono regolarmente conclusi senza modifiche sostanziali da parte dell’impresa, e tali contratti sono

a) in nome dell’impresa, o

b) per il trasferimento della proprietà o per la concessione del diritto di utilizzo di beni posseduti da tale impresa o che l’impresa ha il diritto di utilizzare, o

c) per la fornitura di servizi da parte di tale impresa,

si considera che tale impresa abbia una stabile organizzazione in tale Stato per quanto riguarda tutte le attività che tale persona intraprende per l’impresa, a meno che le attività di tale persona siano limitate a quelle menzionate nell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), paragrafo 4 che, se esercitato tramite una sede fissa di affari (diversa da una sede fissa di affari a cui al paragrafo 4.1 si applicherebbe), non renderebbe questa sede fissa di affari una stabile organizzazione ai sensi delle disposizioni di tale paragrafo.

  1. Il Paragrafo 5 non si applica quando la persona che agisce in uno Stato contraente per conto di un’impresa dell’altro Stato contraente svolge attività nel primo Stato menzionato come agente indipendente e agisce per l’impresa nel normale corso di tale attività. Tuttavia, quando una persona agisce esclusivamente o quasi esclusivamente per conto di una o più imprese a cui è strettamente correlata, tale persona non è considerata un agente indipendente ai sensi del presente paragrafo rispetto a tale impresa.
  2. Il fatto che una società residente di uno Stato contraente controlli o sia controllata da una società residente dell’altro Stato contraente, o svolga attività in tale altro Stato (sia che tramite una stabile organizzazione o in altro modo), non costituisce di per sé una stabile organizzazione dell’altra.
  3. Ai fini del presente articolo, una persona o un’impresa è strettamente correlata a un’impresa se, sulla base di tutti i fatti e le circostanze rilevanti, una ha il controllo dell’altra o entrambe sono sotto il controllo delle stesse persone o imprese. In ogni caso, una persona o un’impresa sarà considerata strettamente correlata a un’impresa se una possiede direttamente o indirettamente più del 50 per cento dell’interesse beneficiario nell’altra (o, nel caso di una società, più del 50 per cento del voto complessivo e del valore delle azioni della società o dell’interesse azionario beneficiario nella società) o se un’altra persona o impresa possiede direttamente o indirettamente più del 50 per cento dell’interesse beneficiario (o, nel caso di una società, più del 50 per cento del voto complessivo e del valore delle azioni della società o dell’interesse azionario beneficiario nella società) nella persona e nell’impresa o nelle due imprese

Il Commentario all’art. 5  (Permanent Establishment) del Modello di Convenzione OCSE fiscale sul reddito e sul capitale  (vedi: COMMENTARY ON ARTICLE 5-OF-THE-MODEL-TAX-CONVENTION) fornisce una serie di indicazioni per meglio individuare la presenza di una “stabile organizzazione materiale.

COMMENTO ALL’ARTICOLO 5 RELATIVO ALLA DEFINIZIONE DI STABILE ORGANIZZAZIONE
1. L’uso principale del concetto di stabile organizzazione è quello di determinare il diritto di uno Stato contraente di tassare gli utili di un’impresa dell’altro Stato contraente. Ai sensi dell’articolo 7, uno Stato contraente non può tassare gli utili di un’impresa dell’altro Stato contraente a meno che non svolga la propria attività tramite una stabile organizzazione ivi situata.
1.1 Prima del 2000, i redditi derivanti da servizi professionali e altre attività di carattere indipendente erano disciplinati da un articolo separato,cioèArticolo 14. Le disposizioni di tale articolo erano simili a quelle applicabili agli utili aziendali, ma utilizzava il concetto di base fissa anziché quello di stabile organizzazione, poiché in origine si pensava che quest’ultimo concetto dovesse essere riservato alle attività commerciali e industriali. L’eliminazione dell’articolo 14 nel 2000 rifletteva il fatto che non vi erano differenze intenzionali tra i concetti di stabile organizzazione, come utilizzati nell’articolo 7, e di base fissa, come utilizzati nell’articolo 14, o tra il modo in cui gli utili venivano calcolati e le imposte venivano calcolate in base a quale articolo 7 o 14 si applicava. L’eliminazione dell’articolo 14 significava quindi che la definizione di stabile organizzazione diventava applicabile a ciò che in precedenza costituiva una base fissa.
Paragrafo 1
2. Il paragrafo 1 fornisce una definizione generale del termine “stabile organizzazione” che ne evidenzia le caratteristiche essenziali di stabile organizzazione ai sensi della Convenzione,cioèun distinto “situs”, una “sede fissa di affari”. Il paragrafo definisce il termine “stabile organizzazione” come una sede fissa di affari, attraverso la quale l’attività di un’impresa è svolta in tutto o in parte. Questa definizione, pertanto, contiene le seguenti condizioni:
— l’esistenza di un “luogo di attività”,cioèuna struttura come locali o, in alcuni casi, macchinari o attrezzature;
— questo luogo di lavoro deve essere “fisso”,cioèdeve essere stabilito in un luogo distinto con un certo grado di permanenza;
— lo svolgimento dell’attività dell’impresa tramite questa sede fissa di attività. Ciò significa solitamente che le persone che, in un modo o nell’altro, dipendono dall’impresa (personale) svolgono l’attività dell’impresa nello Stato in cui è situata la sede fissa.
3. Si potrebbe forse sostenere che nella definizione generale si dovrebbe anche menzionare l’altra caratteristica di una stabile organizzazione a cui in passato è stata talvolta attribuita una certa importanza, vale a dire che l’organizzazione deve avere un carattere produttivo,cioècontribuire ai profitti dell’impresa. Nella definizione attuale questo percorso non è stato intrapreso. Nel quadro di un’organizzazione aziendale ben gestita è sicuramente assiomatico supporre che ogni parte contribuisca alla produttività del tutto. Non ne consegue, ovviamente, in ogni caso che poiché nel contesto più ampio dell’intera organizzazione, una particolare organizzazione ha un “carattere produttivo” ed è di conseguenza una stabile organizzazione alla quale gli utili possono essere correttamente attribuiti ai fini dell’imposta in un particolare territorio (vedere Commento al paragrafo 4).
4. Il termine “luogo di attività” comprende qualsiasi locale, struttura o installazione utilizzata per lo svolgimento dell’attività dell’impresa, indipendentemente dal fatto che siano utilizzati esclusivamente a tale scopo. Un luogo di attività può anche esistere laddove non siano disponibili o richiesti locali per lo svolgimento dell’attività dell’impresa e questa abbia semplicemente una certa quantità di spazio a sua disposizione. È irrilevante se i locali, le strutture o le installazioni siano di proprietà o affittati dall’impresa o siano altrimenti a sua disposizione. Un luogo di attività può quindi essere costituito da un piazzale in un mercato o da una certa area utilizzata in modo permanente in un deposito doganale (per esempioper lo stoccaggio di merci soggette a dazio). Ancora una volta, il luogo di attività può essere situato nelle strutture aziendali di un’altra impresa. Questo può essere il caso, ad esempio, quando l’impresa estera ha a sua disposizione costante determinati locali o una parte di essi di proprietà dell’altra impresa.
4.1 Come sopra indicato, il semplice fatto che un’impresa abbia a disposizione una certa quantità di spazio che viene utilizzato per attività commerciali è sufficiente a costituire un luogo di lavoro. Non è quindi richiesto alcun diritto legale formale a utilizzare tale luogo. Pertanto, ad esempio, potrebbe esistere una stabile organizzazione laddove un’impresa occupasse illegalmente una determinata sede in cui svolgeva la propria attività.
4.2 Sebbene non sia richiesto alcun diritto legale formale di utilizzare un luogo particolare affinché tale luogo costituisca una stabile organizzazione, la mera presenza di un’impresa in una particolare sede non significa necessariamente che tale sede sia a disposizione di tale impresa. Questi principi sono illustrati dai seguenti esempi in cui i rappresentanti di un’impresa sono presenti nei locali di un’altra impresa. Un primo esempio è quello di un venditore che visita regolarmente un cliente importante per prendere ordini e incontra il direttore degli acquisti nel suo ufficio per farlo. In tal caso, i locali del cliente non sono a disposizione dell’impresa per cui il venditore sta lavorando e pertanto non costituiscono una sede fissa di affari attraverso la quale viene svolta l’attività di tale impresa (a seconda delle circostanze, tuttavia, il paragrafo 5 potrebbe applicarsi per ritenere che esista una stabile organizzazione).
4.3 Un secondo esempio è quello di un dipendente di un’azienda a cui, per un lungo periodo di tempo, è consentito utilizzare un ufficio nella sede centrale di un’altra azienda (per esempiouna controllata di nuova acquisizione) al fine di garantire che quest’ultima società rispetti i propri obblighi derivanti dai contratti conclusi con la precedente società. In tal caso, il dipendente svolge attività connesse all’attività della precedente società e l’ufficio a sua disposizione presso la sede dell’altra società costituirà una stabile organizzazione del suo datore di lavoro, a condizione che l’ufficio sia a sua disposizione per un periodo di tempo sufficientemente lungo da costituire una “sede fissa di affari” (vedere paragrafi da 6 a 6.3) e che le attività che vi sono svolte vadano oltre le attività di cui al paragrafo 4 dell’articolo.
4.4 Un terzo esempio è quello di un’impresa di trasporto su strada che utilizzerebbe un molo di consegna presso il magazzino di un cliente ogni giorno per un certo numero di anni allo scopo di consegnare beni acquistati da tale cliente. In tal caso, la presenza dell’impresa di trasporto su strada al molo di consegna sarebbe così limitata che tale impresa non potrebbe considerare quel luogo come a sua disposizione in modo da costituire una stabile organizzazione di tale impresa.
4.5 Un quarto esempio è quello di un pittore che, per due anni, trascorre tre giorni alla settimana nel grande edificio per uffici del suo cliente principale. In quel caso, la presenza del pittore in quell’edificio per uffici dove sta svolgendo le funzioni più importanti della sua attività (cioè pittura) costituiscono una stabile organizzazione di quel pittore.
4.6 Le parole “attraverso cui” devono avere un significato ampio in modo da applicarsi a qualsiasi situazione in cui le attività commerciali siano svolte in una particolare sede che è a disposizione dell’impresa per tale scopo. Quindi, ad esempio, un’impresa impegnata nella pavimentazione di una strada sarà considerata come se svolgesse la propria attività “attraverso” la sede in cui tale attività ha luogo.
5. Secondo la definizione, il luogo di attività deve essere “fisso”. Quindi, nel modo normale, deve esserci un collegamento tra il luogo di attività e un punto geografico specifico. È irrilevante per quanto tempo un’impresa di uno Stato contraente operi nell’altro Stato contraente se non lo fa in un luogo distinto, ma ciò non significa che l’attrezzatura che costituisce il luogo di attività debba essere effettivamente fissata al terreno su cui sorge. È sufficiente che l’attrezzatura rimanga in un sito particolare (ma vedere il paragrafo 20 di seguito).
5.1 Laddove la natura delle attività commerciali svolte da un’impresa sia tale che tali attività siano spesso spostate tra sedi vicine, potrebbero esserci difficoltà nello stabilire se vi sia un unico “luogo di attività” (se sono occupati due luoghi di attività e sono soddisfatti gli altri requisiti dell’articolo 5, l’impresa avrà, ovviamente, due stabili organizzazioni). Come riconosciuto nei paragrafi 18 e 20 di seguito, un unico luogo di attività sarà generalmente considerato esistente quando, alla luce della natura dell’attività, una particolare sede all’interno della quale le attività vengono spostate può essere identificata come costituente un insieme coerente dal punto di vista commerciale e geografico rispetto a tale attività.
5.2 Questo principio può essere illustrato da esempi. Una miniera costituisce chiaramente un unico luogo di lavoro, anche se le attività commerciali possono spostarsi da una sede all’altra in quella che può essere una miniera molto grande, in quanto costituisce un’unica unità geografica e commerciale per quanto riguarda l’attività mineraria. Analogamente, un “hotel per uffici” in cui una società di consulenza affitta regolarmente uffici diversi può essere considerato un unico luogo di lavoro di tale società, poiché, in tal caso, l’edificio costituisce un tutto geograficamente e l’hotel è un unico luogo di lavoro per la società di consulenza. Per lo stesso motivo, una strada pedonale, un mercato all’aperto o una fiera in diverse parti della quale un commerciante allestisce regolarmente il suo stand rappresentano un unico luogo di lavoro per tale commerciante.
5.3 Al contrario, laddove non vi sia coerenza commerciale, il fatto che le attività possano essere svolte all’interno di un’area geografica limitata non dovrebbe comportare che tale area sia considerato come un unico luogo di lavoro. Ad esempio, quando un pittore lavora in successione con una serie di contratti non correlati per un certo numero di clienti non correlati in un grande edificio per uffici, in modo che non si possa dire che vi sia un unico progetto per la riverniciatura dell’edificio, l’edificio non dovrebbe essere considerato come un unico luogo di lavoro ai fini di tale lavoro. Tuttavia, nel diverso esempio di un pittore che, con un unico contratto, intraprende lavori in tutto un edificio per un singolo cliente, ciò costituisce un unico progetto per quel pittore e l’edificio nel suo complesso può quindi essere considerato come un unico luogo di lavoro ai fini di tale lavoro, poiché costituirebbe quindi un insieme coerente dal punto di vista commerciale e geografico.
5.4 Al contrario, un’area in cui le attività vengono svolte come parte di un singolo progetto che costituisce un insieme commerciale coerente può non avere la necessaria coerenza geografica per essere considerata come un unico luogo di lavoro. Ad esempio, quando un consulente lavora in diverse filiali in sedi separate ai sensi di un singolo progetto per la formazione dei dipendenti di una banca, ogni filiale dovrebbe essere considerata separatamente. Tuttavia, se il consulente si sposta da un ufficio all’altro all’interno della stessa filiale, dovrebbe essere considerato come se rimanesse nello stesso luogo di lavoro. La singola filiale possiede una coerenza geografica che è assente quando il consulente si sposta tra filiali in sedi diverse.
5.5 Chiaramente, una stabile organizzazione può essere considerata situata in uno Stato contraente solo se il luogo di attività pertinente è situato nel territorio di tale Stato. La questione se un satellite in orbita geostazionaria possa costituire una stabile organizzazione per l’operatore satellitare è in parte correlata a quanto il territorio di uno Stato si estende nello spazio. Nessun paese membro accetterebbe che la posizione di questi satelliti possa essere parte del territorio di uno Stato contraente ai sensi delle norme applicabili del diritto internazionale e potrebbe quindi essere considerata una stabile organizzazione ivi situata. Inoltre, l’area specifica su cui possono essere ricevuti i segnali di un satellite (l’“impronta” del satellite) non può essere considerata a disposizione dell’operatore del satellite in modo da rendere tale area un luogo di attività dell’operatore del satellite.
6. Poiché la sede di attività deve essere fissa, ne consegue anche che una stabile organizzazione può essere considerata esistente solo se la sede di attività ha un certo grado di permanenza, cioè se non è di natura puramente temporanea. Una sede di attività può tuttavia costituire una stabile organizzazione anche se esiste, in pratica, solo per un periodo di tempo molto breve perché la natura dell’attività è tale che verrà svolta solo per quel breve periodo di tempo. A volte è difficile stabilire se questo sia il caso. Mentre le pratiche seguite dai paesi membri non sono state coerenti per quanto riguarda i requisiti temporali, l’esperienza ha dimostrato che le stabili organizzazioni normalmente non sono state considerate esistenti in situazioni in cui un’attività era stata svolta in un paese tramite una sede di attività mantenuta per meno di sei mesi (al contrario, la pratica mostra che ci sono stati molti casi in cui una stabile organizzazione è stata considerata esistente quando la sede di attività è stata mantenuta per un periodo superiore a sei mesi). Un’eccezione è stata quando le attività erano di natura ricorrente; in tali casi, ciascun periodo di tempo durante il quale il luogo viene utilizzato deve essere considerato in combinazione con il numero di volte durante il quale quel luogo viene utilizzato (che può estendersi per un certo numero di anni). Un’altra eccezione è stata fatta quando le attività costituivano un’attività svolta esclusivamente in quel paese; in questa situazione, l’attività può avere una breve durata a causa della sua natura ma poiché è svolta interamente in quel paese, il suo collegamento con quel paese è più forte. Per facilitare l’amministrazione, i paesi potrebbero voler considerare queste pratiche quando affrontano disaccordi sul fatto che un particolare luogo di attività che esiste solo per un breve periodo di tempo costituisca una stabile organizzazione.
6.1 Come menzionato nei paragrafi 11 e 19, le interruzioni temporanee delle attività non causano la cessazione dell’esistenza di una stabile organizzazione. Analogamente, come discusso nel paragrafo 6, laddove un particolare luogo di attività sia utilizzato solo per periodi di tempo molto brevi ma tale utilizzo abbia luogo regolarmente per lunghi periodi di tempo, il luogo di attività non dovrebbe essere considerato di natura puramente temporanea.
6.2 Inoltre, potrebbero esserci casi in cui un determinato luogo di attività verrebbe utilizzato per periodi di tempo molto brevi da un certo numero di attività simili svolte dalla stessa persona o da persone collegate, nel tentativo di evitare che il luogo venga considerato utilizzato per scopi più che puramente temporanei da ciascuna attività specifica. Le osservazioni del paragrafo 18 sugli accordi intesi ad abusare del periodo di dodici mesi previsto dal paragrafo 3 si applicherebbero ugualmente a tali casi.
6.3 Quando un luogo di attività che, all’inizio, era stato concepito per essere utilizzato per un periodo di tempo così breve da non costituire una stabile organizzazione, ma è di fatto mantenuto per un periodo di tempo tale da non poter più essere considerato temporaneo, diventa un luogo di attività fisso e quindi — retrospettivamente — una stabile organizzazione. Un luogo di attività può anche costituire una stabile organizzazione sin dal suo inizio, anche se è esistito, in pratica, per un periodo di tempo molto breve, se come conseguenza di circostanze speciali (per esempio morte del contribuente, fallimento dell’investimento), è stata liquidata prematuramente.
7. Affinché un luogo di attività costituisca una stabile organizzazione, l’impresa che lo utilizza deve svolgere la propria attività interamente o parzialmente tramite esso. Come affermato nel paragrafo 3 di cui sopra, l’attività non deve essere di carattere produttivo. Inoltre, l’attività non deve essere permanente nel senso che non vi è interruzione delle operazioni, ma le operazioni devono essere svolte regolarmente.
8. Laddove beni materiali quali impianti, attrezzature industriali, commerciali o scientifiche (ICS), edifici o beni immateriali quali brevetti, procedure e beni simili, siano affittati o concessi in leasing a terzi tramite una sede fissa di attività mantenuta da un’impresa di uno Stato contraente nell’altro Stato, tale attività, in generale, renderà la sede di attività una stabile organizzazione. Lo stesso vale se il capitale è reso disponibile tramite una sede fissa di attività. Se un’impresa di uno Stato affitta o concede in leasing impianti, attrezzature ICS, edifici o beni immateriali a un’impresa dell’altro Stato senza mantenere per tale attività di affitto o leasing una sede fissa di attività nell’altro Stato, l’impianto locato, ICS attrezzature, edifici o beni immateriali, in quanto tali, non costituiranno una stabile organizzazione del locatore a condizione che il contratto sia limitato alla mera locazione delle attrezzature ICS, ecc. Ciò rimane vero anche quando, ad esempio, il locatore fornisce personale dopo l’installazione per far funzionare le attrezzature a condizione che la loro responsabilità sia limitata esclusivamente al funzionamento o alla manutenzione delle attrezzature ICS sotto la direzione, la responsabilità e il controllo del locatario. Se il personale ha responsabilità più ampie, ad esempio, la partecipazione alle decisioni relative al lavoro per cui le attrezzature vengono utilizzate, o se gestiscono, riparano, ispezionano e mantengono le attrezzature sotto la responsabilità e il controllo del locatore, l’attività del locatore può andare oltre la mera locazione delle attrezzature ICS e può costituire un’attività imprenditoriale. In tal caso potrebbe essere considerata esistente una stabile organizzazione se è soddisfatto il criterio di permanenza. Quando tale attività è collegata a, o è simile per natura a, quelle menzionate nel paragrafo 3, si applica il limite di tempo di dodici mesi. Altri casi devono essere determinati in base alle circostanze.
9. Il leasing di container è un caso particolare di leasing di attrezzature industriali o commerciali che, tuttavia, presenta caratteristiche specifiche. La questione di determinare le circostanze in cui un’impresa coinvolta nel leasing di container dovrebbe essere considerata come avente una stabile organizzazione in un altro Stato è discussa più ampiamente in un rapporto intitolato “The Taxation of Income Derived from the Leasing of Containers”.1
9.1 Un altro esempio in cui un’impresa non può essere considerata come se svolgesse la propria attività interamente o parzialmente tramite una sede aziendale è quello di un operatore di telecomunicazioni di uno Stato contraente che stipula un accordo di “roaming” con un operatore estero per consentire ai propri utenti di connettersi alla rete di telecomunicazioni dell’operatore estero. In base a tale accordo, un utente che si trova al di fuori della copertura geografica della rete domestica di tale utente può automaticamente effettuare e ricevere chiamate vocali, inviare e ricevere dati o accedere ad altri servizi tramite l’uso della rete estera. L’operatore di rete estera fattura quindi all’operatore della rete domestica di tale utente tale utilizzo. In base a un tipico accordo di roaming, l’operatore di rete domestica trasferisce semplicemente le chiamate alla rete dell’operatore estero e non gestisce o ha accesso fisico a tale rete. Per queste ragioni, qualsiasi luogo in cui si trovi la rete estera non può essere considerato a disposizione dell’operatore di rete domestica e non può, pertanto, costituire una stabile organizzazione di tale operatore.
10. L’attività di un’impresa è svolta principalmente dall’imprenditore o da persone che hanno un rapporto di lavoro retribuito con l’impresa (personale). Questo personale include dipendenti e altre persone che ricevono istruzioni dall’impresa (per esempio agenti dipendenti). I poteri di tale personale nei suoi rapporti con terzi sono irrilevanti. Non fa alcuna differenza se l’agente dipendente sia autorizzato o meno a concludere contratti se lavora presso la sede fissa di attività (vedere paragrafo 35 di seguito). Tuttavia, una stabile organizzazione può comunque esistere se il
1 Riprodotto nel Volume II della versione integrale del Modello di Convenzione fiscale dell’OCSE a pagina R(3)-1.l’attività dell’impresa è svolta principalmente tramite apparecchiature automatiche, mentre le attività del personale sono limitate all’installazione, al funzionamento, al controllo e alla manutenzione di tali apparecchiature. Se le macchine da gioco e i distributori automatici e simili installati da un’impresa di uno Stato nell’altro Stato costituiscano o meno una stabile organizzazione dipende quindi dal fatto che l’impresa svolga o meno un’attività commerciale oltre all’installazione iniziale delle macchine. Una stabile organizzazione non esiste se l’impresa si limita ad installare le macchine e poi le affitta ad altre imprese. Una stabile organizzazione può esistere, tuttavia, se l’impresa che installa le macchine le gestisce e le mantiene anche per proprio conto. Ciò si applica anche se le macchine sono gestite e mantenute da un agente dipendente dall’impresa.
11. Una stabile organizzazione inizia a esistere non appena l’impresa inizia a svolgere la propria attività tramite una sede fissa di attività. Ciò avviene una volta che l’impresa prepara, presso la sede di attività, l’attività per la quale la sede di attività deve servire in modo permanente. Il periodo di tempo durante il quale la sede fissa di attività stessa viene istituita dall’impresa non deve essere conteggiato, a condizione che tale attività differisca sostanzialmente dall’attività per la quale la sede di attività deve servire in modo permanente. La stabile organizzazione cessa di esistere con la cessione della sede fissa di attività o con la cessazione di qualsiasi attività tramite essa, ovvero quando tutti gli atti e le misure connesse alle precedenti attività della stabile organizzazione sono terminati (liquidazione delle transazioni commerciali correnti, manutenzione e riparazione delle strutture). Un’interruzione temporanea delle operazioni, tuttavia, non può essere considerata una chiusura. Se la sede fissa di attività è affittata a un’altra impresa, normalmente servirà solo le attività di tale impresa anziché quelle del locatore; in generale, la stabile organizzazione del locatore cessa di esistere, salvo che egli continui a svolgere un’attività imprenditoriale in proprio tramite la sede fissa di affari.
Paragrafo 2
12. Questo paragrafo contiene un elenco, non esaustivo, di esempi, ciascuno dei quali può essere considerato, prima facie, come costituente una stabile organizzazione. Poiché questi esempi devono essere visti sullo sfondo della definizione generale fornita nel paragrafo 1, si presume che gli Stati contraenti interpretino i termini elencati, “una sede di direzione”, “una succursale”, “un ufficio”, ecc. in modo tale che tali sedi di attività costituiscano stabili organizzazioni solo se soddisfano i requisiti del paragrafo 1.
13. Il termine “luogo di direzione” è stato menzionato separatamente perché non è necessariamente un “ufficio”. Tuttavia, laddove le leggi dei due Stati contraenti non contengano il concetto di “luogo di direzione” distinto da un “ufficio”, non sarà necessario fare riferimento al primo termine nella loro convenzione bilaterale.
14. Il sottoparagrafo f) prevede che le miniere, i pozzi di petrolio o di gas, le cave o qualsiasi altro luogo di estrazione di risorse naturali siano stabili organizzazioni. Il termine “qualsiasi altro luogo di estrazione delle risorse naturali” dovrebbe essere interpretato in senso lato. Include, ad esempio, tutti i luoghi di estrazione di idrocarburi, sia sulla terraferma che in mare aperto.
15. Il sottoparagrafo f) si riferisce all’estrazione di risorse naturali, ma non menziona l’esplorazione di tali risorse, sia onshore che offshore. Pertanto, ogniqualvolta il reddito derivante da tali attività sia considerato un utile aziendale, la questione se tali attività siano svolte tramite una stabile organizzazione è disciplinata dal paragrafo 1. Tuttavia, poiché non è stato possibile giungere a una visione comune sulle questioni fondamentali dell’attribuzione dei diritti di imposizione e della qualificazione del reddito derivante dalle attività di esplorazione, gli Stati contraenti possono concordare l’inserimento di disposizioni specifiche. Possono concordare, ad esempio, che un’impresa di uno Stato contraente, per quanto riguarda le sue attività di esplorazione di risorse naturali in un luogo o area nell’altro Stato contraente:
a) si considera che non abbia una stabile organizzazione in quell’altro Stato; o
b) si considera che svolga tali attività tramite una stabile organizzazione in tale altro Stato; o
c) si considera che svolga tali attività tramite una stabile organizzazione in tale altro Stato se tali attività durano più a lungo di un periodo di tempo specificato.
Gli Stati contraenti possono inoltre convenire di sottoporre i redditi derivanti da tali attività a qualsiasi altra norma.
Paragrafo3
16. Il paragrafo prevede espressamente che un cantiere edile o un progetto di costruzione o installazione costituisca una stabile organizzazione solo se dura più di dodici mesi. Nessuno di quegli elementi che non soddisfano questa condizione costituisce di per sé una stabile organizzazione, anche se al suo interno vi è un’installazione, ad esempio un ufficio o un’officina ai sensi del paragrafo 2, associata all’attività di costruzione. Tuttavia, laddove tale ufficio o officina sia utilizzato per una serie di progetti di costruzione e le attività ivi svolte vadano oltre quelle menzionate nel paragrafo 4, sarà considerato una stabile organizzazione se le condizioni dell’articolo sono altrimenti soddisfatte anche se nessuno dei progetti comporta un cantiere edile o un progetto di costruzione o installazione che duri più di dodici mesi. In tal caso, la situazione dell’officina o dell’ufficio sarà quindi diversa da quella di questi siti o progetti, nessuno dei quali costituirà una stabile organizzazione, e sarà importante garantire che solo i profitti correttamente attribuibili alle funzioni svolte tramite tale ufficio o officina, tenendo conto dei beni utilizzati e dei rischi assunti tramite tale ufficio o officina, siano attribuiti alla stabile organizzazione. Ciò potrebbe includere i profitti attribuibili alle funzioni svolte in relazione ai vari cantieri, ma solo nella misura in cui tali funzioni siano correttamente attribuibili all’ufficio.
17. Il termine “cantiere edile o progetto di costruzione o installazione” comprende non solo la costruzione di edifici, ma anche la costruzione di strade, ponti o canali, la ristrutturazione (che implica più di una semplice manutenzione o ridecorazione) di edifici, strade, ponti o canali, la posa di condotte e lo scavo e il dragaggio. Inoltre, il termine “progetto di installazione” non è limitato a un’installazione correlata a un progetto di costruzione; include anche l’installazione di nuove apparecchiature, come una macchina complessa, in un edificio esistente o all’esterno. La pianificazione in loco e la supervisione dell’erezione di un edificio sono coperte dal paragrafo 3. Gli Stati che desiderano modificare il testo del paragrafo per prevedere espressamente tale risultato sono liberi di farlo nelle loro convenzioni bilaterali.
18. Il test dei dodici mesi si applica a ogni singolo sito o progetto. Nel determinare da quanto tempo esiste il sito o il progetto, non si dovrebbe tenere conto del tempo trascorso in precedenza dall’appaltatore interessato su altri siti o progetti che sono totalmente estranei ad esso. Un cantiere dovrebbe essere considerato come un’unità singola, anche se è basato su diversi contratti, a condizione che formi un insieme coerente dal punto di vista commerciale e geografico. Fatta salva questa clausola, un cantiere costituisce un’unità singola anche se gli ordini sono stati effettuati da più persone (per esempio per una fila di case). La soglia dei dodici mesi ha dato luogo ad abusi; si è talvolta riscontrato che le imprese (principalmente appaltatori o subappaltatori che lavorano sulla piattaforma continentale o sono impegnati in attività connesse all’esplorazione e allo sfruttamento della piattaforma continentale) hanno suddiviso i loro contratti in più parti, ciascuna delle quali copre un periodo inferiore ai dodici mesi e attribuita a una società diversa, ma di proprietà dello stesso gruppo. A parte il fatto che tali abusi possono, a seconda delle circostanze, rientrare nell’applicazione di norme antielusione legislative o giudiziarie, i paesi interessati a tale questione possono adottare soluzioni nel quadro di negoziati bilaterali.
19. Un sito esiste dalla data in cui l’appaltatore inizia il suo lavoro, compresi eventuali lavori preparatori, nel paese in cui la costruzione deve essere avviata, per esempio se installa un ufficio di pianificazione per la costruzione. In generale, continua a esistere fino al completamento del lavoro o all’abbandono permanente. Un sito non dovrebbe essere considerato cessante quando il lavoro viene temporaneamente interrotto. Le interruzioni stagionali o altre interruzioni temporanee dovrebbero essere incluse nella determinazione della vita di un sito. Le interruzioni stagionali includono le interruzioni dovute al maltempo. L’interruzione temporanea potrebbe essere causata, ad esempio, dalla carenza di materiale o da difficoltà di manodopera. Quindi, ad esempio, se un appaltatore ha iniziato i lavori su una strada il 1° maggio, si è fermato il 1° novembre a causa delle cattive condizioni meteorologiche o della mancanza di materiali ma ha ripreso i lavori il 1° febbraio dell’anno successivo, completando la strada il 1° giugno, il suo progetto di costruzione dovrebbe essere considerato una stabile organizzazione perché sono trascorsi tredici mesi tra la data in cui ha iniziato i lavori (1° maggio) e la data in cui li ha finalmente terminati (1° giugno dell’anno successivo). Se un’impresa (appaltatore generale) che ha intrapreso l’esecuzione di un progetto completo subappalta parti di tale progetto ad altre imprese (subappaltatori), il periodo trascorso da un subappaltatore che lavora nel cantiere deve essere considerato come tempo trascorso dall’appaltatore generale nel progetto di costruzione. Il subappaltatore stesso ha una stabile organizzazione nel sito se le sue attività lì durano più di dodici mesi.
19.1 Nel caso di partnership fiscalmente trasparenti, il test dei dodici mesi viene applicato a livello della partnership per quanto riguarda le sue attività. Se il periodo di tempo trascorsocsul sito da parte dei soci e dei dipendenti della partnership supera i dodici mesi, l’impresa svolta dalla partnership sarà pertanto considerata come avente una stabile organizzazione. Ogni socio sarà quindi considerato come avente una stabile organizzazione ai fini della tassazione della sua quota degli utili aziendali derivati dalla partnership indipendentemente dal tempo trascorso da lui stesso sul sito.
20. La natura stessa di un progetto di costruzione o installazione può essere tale che l’attività dell’appaltatore debba essere trasferita continuamente o almeno di tanto in tanto, man mano che il progetto procede. Questo sarebbe il caso, ad esempio, quando vengono costruite strade o canali, dragati corsi d’acqua o posate condotte. Analogamente, quando parti di una struttura sostanziale come una piattaforma offshore vengono assemblate in varie località all’interno di un paese e spostate in un’altra località all’interno del paese per l’assemblaggio finale, ciò fa parte di un singolo progetto. In tali casi, il fatto che la forza lavoro non sia presente per dodici mesi in una particolare località è irrilevante. Le attività svolte in ogni particolare luogo fanno parte di un singolo progetto e tale progetto deve essere considerato una stabile organizzazione se, nel complesso, dura più di dodici mesi.
Paragrafo4
21. Questo paragrafo elenca una serie di attività commerciali che sono considerate eccezioni alla definizione generale di cui al paragrafo 1 e che non sono stabili organizzazioni, anche se l’attività è svolta tramite una sede fissa di affari. La caratteristica comune di queste attività è che sono, in generale, attività preparatorie o ausiliarie. Ciò è stabilito esplicitamente nel caso dell’eccezione menzionata nel sottoparagrafo e), che in realtà equivale a una limitazione generale dell’ambito della definizione contenuta nel paragrafo 1. Inoltre, il sottoparagrafo f) prevede che le combinazioni di attività menzionate nei sottoparagrafi da a) a e) nella stessa sede fissa di affari non siano considerate una stabile organizzazione, a condizione che l’attività complessiva della sede fissa di affari risultante da questa combinazione sia di carattere preparatorio o ausiliario. Pertanto, le disposizioni del paragrafo 4 sono concepite per impedire che un’impresa di uno Stato sia tassata nell’altro Stato, se svolge in tale altro Stato attività di carattere puramente preparatorio o ausiliario.
22. Il sottoparagrafo a) si riferisce solo al caso in cui un’impresa acquisisce l’uso di strutture per immagazzinare, esporre o consegnare i propri beni o merci. Il sottoparagrafo b) si riferisce allo stock di merci stesso e stabilisce che lo stock, in quanto tale, non deve essere considerato una stabile organizzazione se è mantenuto allo scopo di immagazzinare, esporre o consegnare. Il sottoparagrafo c) riguarda il caso in cui uno stock di beni o merci appartenente a un’impresa viene elaborato da una seconda impresa, per conto o per conto della prima impresa menzionata. Il riferimento alla raccolta di informazioni nel sottoparagrafo d) intende includere il caso dell’ufficio stampa che non ha altro scopo se non quello di agire come uno dei tanti “tentacoli” dell’ente madre; esentare tale ufficio significa non fare altro che estendere il concetto di “mero acquisto”.
23. Il sottoparagrafo e) stabilisce che una sede fissa di affari attraverso la quale l’impresa esercita esclusivamente un’attività che ha per l’impresa un carattere preparatorio o ausiliario, non è considerata una stabile organizzazione. La formulazione di questo sottoparagrafo rende superfluo produrre un elenco esaustivo di eccezioni. Inoltre, questo sottoparagrafo fornisce un’eccezione generalizzata alla definizione generale del paragrafo 1 e, se letto insieme a tale paragrafo, fornisce un test più selettivo, con cui determinare cosa costituisce una stabile organizzazione. In misura considerevole limita tale definizione ed esclude dal suo ambito piuttosto ampio una serie di forme di organizzazioni aziendali che, sebbene siano svolte tramite una sede fissa di affari, non dovrebbero essere trattate come stabili organizzazioni. È riconosciuto che tale sede di affari può ben contribuire alla produttività dell’impresa, ma i servizi che svolge sono così lontani dall’effettiva realizzazione di profitti che è difficile allocare qualsiasi profitto alla sede fissa di affari in questione. Sono esempi di sedi fisse di affari utilizzate esclusivamente per fini pubblicitari, di fornitura di informazioni, di ricerca scientifica o di gestione di un contratto di brevetto o di know-how, se tali attività hanno carattere preparatorio o ausiliario.
24. Spesso è difficile distinguere tra attività che hanno un carattere preparatorio o ausiliario e quelle che non ne hanno. Il criterio decisivo è se l’attività della sede fissa di affari di per sé costituisca o meno una parte essenziale e significativa dell’attività dell’impresa nel suo complesso. Ogni singolo caso dovrà essere esaminato in base ai suoi meriti. In ogni caso, una sede fissa di affari il cui scopo generale è identico allo scopo generale dell’intera impresa, non esercita un’attività preparatoria o ausiliaria. Laddove, ad esempio, la manutenzione di brevetti e know-how sia lo scopo di un’impresa, una sede fissa di affari di tale impresa che esercita tale attività non può ottenere i benefici del sottoparagrafo e). Una sede fissa di affari che ha la funzione di gestire un’impresa o anche solo una parte di un’impresa o di un gruppo dell’impresa non può essere considerata come se svolgesse un’attività preparatoria o ausiliaria, poiché tale attività di gestione supera tale livello. Se le imprese con ramificazioni internazionali istituiscono un cosiddetto “ufficio di gestione” negli Stati in cui hanno filiali, stabili organizzazioni, agenti o licenziatari, tale ufficio con funzioni di supervisione e coordinamento per tutti i reparti dell’impresa situati nella regione interessata, si riterrà normalmente che esista una stabile organizzazione, poiché l’ufficio di gestione può essere considerato un ufficio ai sensi del paragrafo 2. Quando una grande impresa internazionale ha delegato tutte le funzioni di gestione ai suoi uffici di gestione regionali in modo che le funzioni della sede centrale dell’impresa siano limitate alla supervisione generale (cosiddette imprese policentriche), gli uffici di gestione regionali devono persino essere considerati una “sede di gestione” ai sensi del sottoparagrafo a) del paragrafo 2. La funzione di gestione di un’impresa, anche se copre solo una determinata area delle operazioni dell’impresa, costituisce una parte essenziale delle operazioni commerciali dell’impresa e pertanto non può in alcun modo essere considerata un’attività che ha un carattere preparatorio o ausiliario ai sensi del sottoparagrafo e) del paragrafo 4.
25. Una stabile organizzazione potrebbe anche essere costituita se un’impresa mantiene una sede fissa di affari per la consegna di pezzi di ricambio ai clienti per macchinari forniti a tali clienti, dove, inoltre, esegue la manutenzione o la riparazione di tali macchinari, poiché ciò va oltre la pura consegna menzionata nel sottoparagrafo a) del paragrafo 4. Poiché queste organizzazioni di assistenza post-vendita svolgono una parte essenziale e significativa dei servizi di un’impresa nei confronti dei suoi clienti, le loro attività non sono meramente ausiliarie. Il sottoparagrafo e) si applica solo se l’attività della sede fissa di affari è limitata a un’attività preparatoria o ausiliaria. Ciò non si verificherebbe se, ad esempio, la sede fissa di affari non solo fornisse informazioni, ma fornisse anche progetti ecc. sviluppati appositamente per gli scopi del singolo cliente. Né si verificherebbe se un istituto di ricerca si occupasse della produzione.
26. Inoltre, il sottoparagrafo e) chiarisce che le attività della sede fissa di affari devono essere svolte per l’impresa. Una sede fissa di affari che fornisce servizi non solo alla propria impresa ma anche direttamente ad altre imprese, ad esempio ad altre società di un gruppo a cui appartiene la società proprietaria della sede fissa, non rientrerebbe nell’ambito del sottoparagrafo e).
26.1 Un altro esempio è quello di strutture quali cavi o condotte che attraversano il territorio di un paese. A parte il fatto che il reddito derivante dal proprietario o gestore di tali strutture dal loro utilizzo da parte di altre imprese è coperto dall’articolo 6 laddove esse costituiscano beni immobili ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 6, potrebbe sorgere la questione se il paragrafo 4 si applichi a esse. Qualora tali strutture siano utilizzate per trasportare beni appartenenti ad altre imprese, il sottoparagrafo a), che è limitato alla consegna di beni o merci appartenenti all’impresa che utilizza la struttura, non sarà applicabile per quanto riguarda il proprietario o gestore di tali strutture. Anche il sottoparagrafo e) non sarà applicabile per quanto riguarda tale impresa poiché il cavo o la conduttura non sono utilizzati esclusivamente per l’impresa e il loro utilizzo non è di carattere preparatorio o ausiliario data la natura dell’attività di tale impresa. La situazione è diversa, tuttavia, quando un’impresa possiede e gestisce un cavo o una conduttura che attraversa il territorio di un paese esclusivamente allo scopo di trasportare la propria proprietà e tale trasporto è meramente incidentale all’attività di tale impresa, come nel caso di un’impresa che si occupa di raffinazione del petrolio e che possiede e gestisce una conduttura che attraversa il territorio di un paese esclusivamente per trasportare il proprio petrolio alla propria raffineria situata in un altro paese. In tal caso, il sottoparagrafo a) sarebbe applicabile. Un’ulteriore questione è se il cavo o la conduttura possano anche costituire una stabile organizzazione per il cliente dell’operatore del cavo o della conduttura, cioè  l’impresa i cui dati, energia o proprietà vengono trasmessi o trasportati da un luogo all’altro. In tal caso, l’impresa sta semplicemente ottenendo servizi di trasmissione o trasporto forniti dall’operatore del cavo o della condotta e non ha il cavo o la condotta a sua disposizione. Di conseguenza, il cavo o la condotta non possono essere considerati una stabile organizzazione di tale impresa.
27. Come già menzionato al paragrafo 21 sopra, il paragrafo 4 è concepito per prevedere eccezioni alla definizione generale del paragrafo 1 per quanto riguarda i luoghi di lavoro fissi. cattività che sono impegnate in attività aventi carattere preparatorio o ausiliario. Pertanto, secondo il sottoparagrafo f) del paragrafo 4, il fatto che una sede fissa di affari combini una qualsiasi delle attività menzionate nei sottoparagrafi da a) a e) del paragrafo 4 non significa di per sé che esista una stabile organizzazione. Finché l’attività combinata di tale sede fissa di affari è meramente preparatoria o ausiliaria, una stabile organizzazione dovrebbe essere considerata non esistente. Tali combinazioni non dovrebbero essere considerate in modo rigido, ma dovrebbero essere considerate alla luce delle circostanze particolari. Il criterio “carattere preparatorio o ausiliario” deve essere interpretato nello stesso modo stabilito per lo stesso criterio del sottoparagrafo e) (vedere paragrafi 24 e 25 sopra). Gli Stati che desiderano consentire qualsiasi combinazione degli elementi menzionati nei sottoparagrafi da a) a e), indipendentemente dal fatto che il criterio del carattere preparatorio o ausiliario di tale combinazione sia soddisfatto o meno, sono liberi di farlo eliminando le parole “fornito” a “carattere” nel sottoparagrafo f).
27.1 Il sottoparagrafo f) non ha alcuna importanza nel caso in cui un’impresa mantenga diverse sedi fisse di attività ai sensi dei sottoparagrafi da a) a e) a condizione che siano separate l’una dall’altra localmente e organizzativamente, poiché in tal caso ogni sede di attività deve essere considerata separatamente e isolatamente per decidere se esiste una stabile organizzazione. Le sedi di attività non sono “separate organizzativamente” quando ciascuna svolge in uno Stato contraente funzioni complementari come la ricezione e lo stoccaggio di merci in un luogo, la distribuzione di tali merci tramite un altro, ecc. Un’impresa non può frammentare un’attività operativa coesa in diverse piccole operazioni per sostenere che ciascuna è semplicemente impegnata in un’attività preparatoria o ausiliaria.
28. Le sedi fisse di affari menzionate nel paragrafo 4 non possono essere considerate come stabili organizzazioni fintantoché le loro attività sono limitate alle funzioni che sono il prerequisito per presumere che la sede fissa di affari non sia una stabile organizzazione. Ciò sarà il caso anche se i contratti necessari per l’istituzione e lo svolgimento dell’attività sono conclusi dai responsabili stessi delle sedi. I dipendenti delle sedi di affari ai sensi del paragrafo 4 che sono autorizzati a concludere tali contratti non dovrebbero essere considerati agenti ai sensi del paragrafo 5. Un caso emblematico sarebbe un istituto di ricerca il cui direttore è autorizzato a concludere i contratti necessari per il mantenimento dell’istituto e che esercita tale autorità nell’ambito delle funzioni dell’istituto. Una stabile organizzazione, tuttavia, esiste se la sede fissa di affari che esercita una qualsiasi delle funzioni elencate nel paragrafo 4 dovesse esercitarle non solo per conto dell’impresa a cui appartiene, ma anche per conto di altre imprese. Se, ad esempio, un’agenzia pubblicitaria mantenuta da un’impresa dovesse anche impegnarsi nella pubblicità per altre imprese, sarebbe considerata una stabile organizzazione dell’impresa da cui è mantenuta.
29. Se una sede fissa di affari ai sensi del paragrafo 4 non è considerata una stabile organizzazione, questa eccezione si applica anche alla cessione di beni mobili facenti parte della proprietà aziendale della sede di affari al termine dell’attività dell’impresa in tale installazione (vedere paragrafo 11 sopra e paragrafo 2 della presente decisione).Articolo 13). Poiché, ad esempio, l’esposizione di merci è esclusa ai sensi dei sottoparagrafi a) e b), la vendita di merci al termine di una fiera o di un convegno è coperta da questa eccezione. L’eccezione non si applica, ovviamente, alle vendite di merci non effettivamente esposte alla fiera o al convegno.
30. Una sede fissa di affari utilizzata sia per attività che rientrano nella categoria delle eccezioni (paragrafo 4) sia per altre attività sarebbe considerata un’unica stabile organizzazione e soggetta a imposta per quanto riguarda entrambi i tipi di attività. Questo sarebbe il caso, ad esempio, di un negozio mantenuto per la consegna di merci impegnato anche nella vendita.
Paragrafo5
31. È un principio generalmente accettato che un’impresa dovrebbe essere considerata come avente una stabile organizzazione in uno Stato se, in determinate condizioni, c’è una persona che agisce per essa, anche se l’impresa potrebbe non avere una sede fissa di affari in quello Stato ai sensi dei paragrafi 1 e 2. Questa disposizione intende dare a quello Stato il diritto di tassare in tali casi. Pertanto, il paragrafo 5 stabilisce le condizioni in base alle quali un’impresa è considerata avere una stabile organizzazione rispetto a qualsiasi attività di una persona che agisce per essa. Il paragrafo è stato riformulato nella Convenzione modello del 1977 per chiarire l’intenzione della disposizione corrispondente della bozza di Convenzione del 1963 senza alterarne la sostanza, a parte un’estensione delle attività escluse della persona.
32. Le persone le cui attività possono creare una stabile organizzazione per l’impresa sono i cosiddetti agenti dipendenti cioè persone, dipendenti o meno dell’impresa, che non sono agenti indipendenti rientranti nel paragrafo 6. Tali persone possono essere sia individui che società e non devono necessariamente essere residenti, né avere una sede di attività nello Stato in cui agiscono per l’impresa. Non sarebbe stato nell’interesse delle relazioni economiche internazionali prevedere che il mantenimento di una persona dipendente avrebbe portato a una stabile organizzazione per l’impresa. Tale trattamento deve essere limitato alle persone che, in considerazione dell’ambito della loro autorità o della natura della loro attività, coinvolgono l’impresa in una determinata misura in attività commerciali nello Stato interessato. Pertanto, il paragrafo 5 procede sulla base del fatto che solo le persone aventi l’autorità di concludere contratti possono portare a una stabile organizzazione per l’impresa che li mantiene. In tal caso, la persona ha sufficiente autorità per vincolare la partecipazione dell’impresa all’attività commerciale nello Stato interessato. L’uso del termine “stabile organizzazione” in questo contesto presuppone, ovviamente, che tale persona faccia uso di tale autorità ripetutamente e non solo in casi isolati.
32.1 Inoltre, la frase “autorità di concludere contratti a nome dell’impresa” non limita l’applicazione del paragrafo a un agente che stipula contratti letteralmente a nome dell’impresa; il paragrafo si applica ugualmente a un agente che conclude contratti che sono vincolanti per l’impresa anche se tali contratti non sono effettivamente a nome dell’impresa. La mancanza di coinvolgimento attivo da parte di un’impresa nelle transazioni può essere indicativa di una concessione di autorità a un agente. Ad esempio, un agente può essere considerato in possesso di effettiva autorità di concludere contratti quando sollecita e riceve (ma non finalizza formalmente) ordini che vengono inviati direttamente a un magazzino da cui vengono consegnate le merci e dove l’impresa estera approva regolarmente le transazioni.
33. L’autorità di concludere contratti deve riguardare i contratti relativi alle operazioni che costituiscono l’attività propria dell’impresa. Sarebbe irrilevante, ad esempio, se la persona avesse l’autorità di assumere dipendenti per l’impresa per assistere l’attività di quella persona per l’impresa o se la persona fosse autorizzata a concludere, in nome dell’impresa, contratti simili relativi solo alle operazioni interne. Inoltre, l’autorità deve essere esercitata abitualmente nell’altro Stato; se questo sia o meno il caso dovrebbe essere determinato sulla base delle realtà commerciali della situazione. Una persona autorizzata a negoziare tutti gli elementi e i dettagli di un contratto in un modo vincolante per l’impresa può essere considerata esercitare tale autorità “in quello Stato”, anche se il contratto è firmato da un’altra persona nello Stato in cui è situata l’impresa o se alla prima persona non è stato formalmente conferito un potere di rappresentanza. Il semplice fatto, tuttavia, che una persona abbia assistito o anche partecipato a trattative in uno Stato tra un’impresa e un cliente non sarà sufficiente, di per sé, per concludere che la persona ha esercitato in quello Stato un’autorità di concludere contratti in nome dell’impresa. Il fatto che una persona abbia assistito o addirittura partecipato a tali negoziazioni potrebbe, tuttavia, essere un fattore rilevante nel determinare le funzioni esatte svolte da tale persona per conto dell’impresa. Poiché, in virtù del paragrafo 4, il mantenimento di una sede fissa di attività esclusivamente per gli scopi elencati in tale paragrafo non è ritenuto costituire una stabile organizzazione, una persona le cui attività sono limitate a tali scopi non crea nemmeno una stabile organizzazione.
33.1 Il requisito che un agente debba esercitare “abitualmente” un’autorità per concludere contratti riflette il principio di base dell’articolo 5 secondo cui la presenza che un’impresa mantiene in uno Stato contraente dovrebbe essere più che semplicemente transitoria se l’impresa deve essere considerata come se mantenesse una stabile organizzazione, e quindi una presenza imponibile, in quello Stato. L’entità e la frequenza dell’attività necessarie per concludere che l’agente sta “abitualmente esercitando” l’autorità contraente dipenderanno dalla natura dei contratti e dall’attività del principale. Non è possibile stabilire un test di frequenza preciso. Tuttavia, gli stessi tipi di fattori considerati nel paragrafo 6 sarebbero rilevanti per effettuare tale determinazione.
34. Quando sono soddisfatti i requisiti di cui al paragrafo 5, si ha una stabile organizzazione dell’impresa nella misura in cui la persona agisce per quest’ultima, cioè non solo nella misura in cui tale persona esercita il potere di concludere contratti in nome dell’impresa.
35. Ai sensi del paragrafo 5, solo le persone che soddisfano le condizioni specifiche possono creare una stabile organizzazione; tutte le altre persone sono escluse. Tuttavia, si dovrebbe tenere presente che il paragrafo 5 fornisce semplicemente un test alternativo per stabilire se un’impresa ha una stabile organizzazione in uno Stato. Se può essere dimostrato che l’impresa ha una stabile organizzazione ai sensi dei paragrafi 1 e 2 (fatto salvo quanto previsto dal paragrafo 4), non è necessario dimostrare che il responsabile sia una persona che rientrerebbe nel paragrafo 5.
Paragrafo6
36. Laddove un’impresa di uno Stato contraente svolga rapporti commerciali tramite un mediatore, un commissionario generale o qualsiasi altro agente di status indipendente, non può essere tassata nell’altro Stato contraente in relazione a tali rapporti se l’agente agisce nel normale corso della sua attività (vedere paragrafo 32 sopra). Sebbene sia ragionevole che tale agente, che rappresenta un’impresa separata, non possa costituire una stabile organizzazione dell’impresa estera, il paragrafo 6 è stato inserito nell’articolo per motivi di chiarezza ed enfasi.
37. Una persona rientrerà nell’ambito del paragrafo 6,cioèegli non costituisce una stabile organizzazione dell’impresa per conto della quale agisce solo se:
a) è indipendente dall’impresa sia giuridicamente che economicamente, e
b) agisce nell’ambito della normale attività aziendale quando agisce per conto dell’impresa.
38. Se una persona è indipendente dall’impresa rappresentata dipende dall’entità degli obblighi che questa persona ha nei confronti dell’impresa. Laddove le attività commerciali della persona per l’impresa siano soggette a istruzioni dettagliate o a un controllo completo da parte di quest’ultima, tale persona non può essere considerata indipendente dall’impresa. Un altro criterio importante sarà se il rischio imprenditoriale debba essere sopportato dalla persona o dall’impresa che la persona rappresenta.
38.1 In relazione al test di dipendenza legale, si dovrebbe notare che il controllo che una società madre esercita sulla sua controllata nella sua qualità di azionista non è rilevante in una considerazione della dipendenza o meno della controllata nella sua qualità di agente per la società madre. Ciò è coerente con la regola del paragrafo 7 dell’articolo 5. Tuttavia, come indica il paragrafo 41 del Commentario, la controllata può essere considerata un agente dipendente della sua società madre mediante l’applicazione degli stessi test che vengono applicati alle società non collegate.
38.2 Nel determinare se un agente può essere considerato indipendente, occorre tenere presenti le seguenti considerazioni.
38.3 Un agente indipendente sarà in genere responsabile nei confronti del suo mandante per i risultati del suo lavoro, ma non soggetto a un controllo significativo per quanto riguarda il modo in cui tale lavoro viene svolto. Non sarà soggetto a istruzioni dettagliate dal mandante per quanto riguarda la condotta del lavoro. Il fatto che il mandante faccia affidamento sulle competenze e conoscenze speciali dell’agente è un’indicazione di indipendenza.
38.4 Le limitazioni alla portata degli affari che possono essere condotti dall’agente influenzano chiaramente l’ambito dell’autorità dell’agente. Tuttavia, tali limitazioni non sono rilevanti per la dipendenza, che è determinata dalla considerazione della misura in cui l’agente esercita la libertà nella conduzione degli affari per conto del principale nell’ambito dell’autorità conferita dall’accordo.
38.5 Può essere una caratteristica del funzionamento di un accordo che un agente fornisca informazioni sostanziali a un mandante in relazione all’attività svolta ai sensi dell’accordo. Questo non è di per sé un criterio sufficiente per determinare che l’agente è dipendente, a meno che le informazioni non siano fornite nel corso della ricerca dell’approvazione da parte del mandante per il modo in cui l’attività deve essere condotta. La fornitura di informazioni che è semplicemente intesa a garantire il regolare svolgimento dell’accordo e la continuazione di buoni rapporti con il mandante non è un segno di dipendenza.
38.6 Un altro fattore da considerare nel determinare lo status di indipendenza è il numero di mandanti rappresentati dall’agente. Lo status di indipendenza è meno probabile se le attività dell’agente vengono svolte interamente o quasi interamente per conto di una sola impresa per tutta la durata dell’attività o per un lungo periodo di tempo. Tuttavia, questo fatto non è di per sé determinante. Tutti i fatti e le circostanze devono essere presi in considerazione per determinare se le attività dell’agente costituiscono un’attività autonoma condotta da lui in cui sopporta il rischio e riceve una ricompensa attraverso l’uso delle sue capacità e conoscenze imprenditoriali. Quando un agente agisce per un certo numero di mandanti nel normale corso della sua attività e nessuno di questi è predominante in termini di attività svolta dall’agente, può esistere una dipendenza legale se i mandanti agiscono di concerto per controllare gli atti dell’agente nel corso della sua attività per loro conto.
38.7 Non si può dire che le persone agiscano nel normale corso della propria attività se, al posto dell’impresa, tali persone svolgono attività che, economicamente, appartengono alla sfera dell’impresa piuttosto che a quella delle proprie operazioni commerciali. Laddove, ad esempio, un commissionario non solo vende i beni o le merci dell’impresa a proprio nome, ma agisce anche abitualmente, in relazione a tale impresa, come agente permanente avente l’autorità di concludere contratti, egli sarebbe ritenuto, rispetto a questa particolare attività, una stabile organizzazione, poiché agisce in tal modo al di fuori del normale corso della propria attività commerciale o imprenditoriale (vale a dire quella di un commissionario), a meno che le sue attività non siano limitate a quelle menzionate alla fine del paragrafo 5.
38.8 Nel decidere se determinate attività rientrino o meno nel normale corso degli affari di un agente, si esaminerebbero le attività commerciali abitualmente svolte nell’ambito del commercio dell’agente come broker, commissionario o altro agente indipendente, piuttosto che le altre attività commerciali svolte da tale agente. Mentre il confronto dovrebbe normalmente essere effettuato con le attività abitualmente svolte nel commercio dell’agente, altri test complementari possono in determinate circostanze essere utilizzati contemporaneamente o in alternativa, ad esempio quando le attività dell’agente non sono correlate a un commercio comune.
39. Secondo la definizione del termine “stabile organizzazione”, una compagnia assicurativa di uno Stato può essere tassata nell’altro Stato per la sua attività assicurativa, se ha una sede fissa di attività ai sensi del paragrafo 1 o se svolge attività tramite una persona ai sensi del paragrafo 5. Poiché le agenzie di compagnie assicurative straniere a volte non soddisfano nessuno dei requisiti di cui sopra, è concepibile che queste società svolgano attività su larga scala in uno Stato senza essere tassate in quello Stato sui loro profitti derivanti da tale attività. Per ovviare a questa possibilità, varie convenzioni concluse dai paesi membri dell’OCSE includono una disposizione che stabilisce che le compagnie di assicurazione di uno Stato sono considerate come aventi una stabile organizzazione nell’altro Stato se riscuotono premi in quell’altro Stato tramite un agente ivi stabilito — diverso da un agente che costituisce già una stabile organizzazione in virtù del paragrafo 5 — o assicurano rischi situati in quel territorio tramite tale agente. La decisione se una disposizione in tal senso debba o meno essere inclusa in una convenzione dipenderà dalla situazione fattuale e giuridica prevalente negli Stati contraenti interessati. Spesso, quindi, una tale disposizione non verrà contemplata. Alla luce di questo fatto, non è sembrato opportuno inserire una disposizione in tal senso nella Convenzione modello.
Paragrafo7
40. È generalmente accettato che l’esistenza di una società controllata non costituisce, di per sé, tale società controllata una stabile organizzazione della sua società madre. Ciò deriva dal principio secondo cui, ai fini della tassazione, tale società controllata costituisce un’entità giuridica indipendente. Anche il fatto che l’attività commerciale o imprenditoriale svolta dalla società controllata sia gestita dalla società madre non costituisce la società controllata una stabile organizzazione della società madre.
41. Tuttavia, una società madre può essere ritenuta, ai sensi delle norme dei paragrafi 1 o 5 dell’articolo, avere una stabile organizzazione in uno Stato in cui una sussidiaria ha una sede di attività. Pertanto, qualsiasi spazio o locale appartenente alla sussidiaria che sia a disposizione della società madre (vedere paragrafi 4, 5 e 6 sopra) e che costituisca una sede fissa di attività attraverso la quale la società madre svolge la propria attività costituirà una stabile organizzazione della società madre ai sensi del paragrafo 1, fatti salvi i paragrafi 3 e 4 dell’articolo (vedere ad esempio l’esempio nel paragrafo 4.3 sopra). Inoltre, ai sensi del paragrafo 5, una società madre sarà considerata come avente una stabile organizzazione in uno Stato per quanto riguarda tutte le attività che la sua controllata intraprende per essa se la controllata ha, ed esercita abitualmente, in quello Stato l’autorità di concludere contratti a nome della società madre (vedere paragrafi 32, 33 e 34 sopra), a meno che tali attività non siano limitate a quelle di cui al paragrafo 4 dell’articolo o a meno che la controllata non agisca nel normale corso della sua attività come agente indipendente a cui si applica il paragrafo 6 dell’articolo.
41.1 Gli stessi principi si applicano a qualsiasi società facente parte di un gruppo multinazionale, cosicché si può ritenere che tale società abbia una stabile organizzazione in uno Stato in cui ha a disposizione (vedere paragrafi 4, 5 e 6 sopra) e utilizza locali appartenenti a un’altra società del gruppo, o se la prima società è ritenuta avere una stabile organizzazione ai sensi del paragrafo 5 dell’articolo (vedere paragrafi 32, 33 e 34 sopra). La determinazione dell’esistenza di una stabile organizzazione ai sensi delle norme dei paragrafi 1 o 5 dell’articolo deve, tuttavia, essere effettuata separatamente per ciascuna società del gruppo. Pertanto, l’esistenza in uno Stato di una stabile organizzazione la costituzione di una società del gruppo non avrà alcuna rilevanza nel determinare se un’altra società del gruppo abbia a sua volta una stabile organizzazione in quello Stato.
42. Sebbene i locali appartenenti a una società che fa parte di un gruppo multinazionale possano essere messi a disposizione di un’altra società del gruppo e possano, fatte salve le altre condizioni dell’articolo 5, costituire una stabile organizzazione di tale altra società se l’attività di tale altra società è svolta attraverso tale luogo, è importante distinguere tale caso dalla situazione frequente in cui una società che fa parte di un gruppo multinazionale fornisce servizi (per esempioservizi di gestione) a un’altra società del gruppo nell’ambito della propria attività svolta in locali diversi da quelli di tale altra società e avvalendosi del proprio personale. In tal caso, il luogo in cui tali servizi vengono forniti non è a disposizione di quest’ultima società e non è l’attività di tale società che viene svolta tramite tale luogo. Tale luogo non può, pertanto, essere considerato una stabile organizzazione della società alla quale i servizi vengono forniti. In effetti, il fatto che le attività proprie di una società in una determinata sede possano apportare un vantaggio economico all’attività di un’altra società non significa che quest’ultima società svolga la propria attività tramite tale sede: è chiaro che una società che si limita ad acquistare parti prodotte o servizi forniti da un’altra società in un paese diverso non avrebbe una stabile organizzazione per questo motivo, anche se può trarre vantaggio dalla produzione di tali parti o dalla fornitura di tali servizi.
Commercio elettronico
42.1 Si è discusso se il semplice utilizzo in operazioni di commercio elettronico di apparecchiature informatiche in un paese possa costituire una stabile organizzazione. Tale questione solleva una serie di questioni in relazione alle disposizioni dell’articolo.
42.2 Mentre un luogo in cui un’impresa gestisce apparecchiature automatizzate può costituire una stabile organizzazione nel paese in cui si trova (vedere di seguito), è necessario fare una distinzione tra apparecchiature informatiche, che possono essere installate in un luogo in modo da costituire una stabile organizzazione in determinate circostanze, e i dati e il software utilizzati o archiviati su tali apparecchiature. Ad esempio, un sito Web Internet, che è una combinazione di software e dati elettronici, non costituisce di per sé una proprietà materiale. Pertanto, non ha una posizione che può costituire un “luogo di lavoro” in quanto non vi è alcuna “struttura come locali o, in determinati casi, macchinari o attrezzature” (vedere paragrafo 2 sopra) per quanto riguarda il software e i dati che costituiscono tale sito Web. D’altro canto, il server su cui è archiviato il sito Web e tramite il quale è accessibile è un’apparecchiatura che ha una posizione fisica e tale posizione può quindi costituire una “sede fissa di lavoro” dell’impresa che gestisce tale server.
42.3 La distinzione tra un sito web e il server su cui il sito web è archiviato e utilizzato è importante poiché l’impresa che gestisce il server può essere diversa dall’impresa che svolge attività tramite il sito web. Ad esempio, è comune per il sito web attraverso il quale un’impresa svolge la propria attività di essere ospitato sul server di un Internet Service Provider (ISP). Sebbene le tariffe pagate all’ISP in base a tali accordi possano essere basate sulla quantità di spazio su disco utilizzato per archiviare il software e i dati richiesti dal sito web, questi contratti in genere non comportano che il server e la sua ubicazione siano a disposizione dell’impresa (vedere il paragrafo 4 sopra), anche se l’impresa è stata in grado di determinare che il suo sito web dovrebbe essere ospitato su un server specifico in una posizione specifica. In tal caso, l’impresa non ha nemmeno una presenza fisica in tale posizione poiché il sito web non è tangibile. In questi casi, non si può ritenere che l’impresa abbia acquisito una sede aziendale in virtù di tale accordo di hosting. Tuttavia, se l’impresa che svolge la propria attività tramite un sito web ha il server a propria disposizione, ad esempio possiede (o affitta) e gestisce il server su cui il sito web è archiviato e utilizzato, il luogo in cui si trova tale server potrebbe costituire una stabile organizzazione dell’impresa se sono soddisfatti gli altri requisiti dell’articolo.
42.4 Le apparecchiature informatiche in una determinata sede possono costituire una stabile organizzazione solo se soddisfano il requisito di essere fisse. Nel caso di un server, ciò che è rilevante non è la possibilità che il server venga spostato, ma se venga effettivamente spostato. Per costituire una sede fissa di attività, un server dovrà essere situato in un determinato luogo per un periodo di tempo sufficiente a diventare fisso ai sensi del paragrafo 1.
42.5 Un altro problema è se si possa dire che l’attività di un’impresa è svolta interamente o parzialmente in un luogo in cui l’impresa ha a disposizione apparecchiature come un server. La questione se l’attività di un’impresa è svolta interamente o parzialmente tramite tali apparecchiature deve essere esaminata caso per caso, tenendo conto se si può affermare che, grazie a tali apparecchiature, l’impresa ha a disposizione strutture in cui vengono svolte le funzioni aziendali dell’impresa.
42.6 Laddove un’impresa gestisca apparecchiature informatiche in una particolare sede, può esistere una stabile organizzazione anche se non è richiesto personale di tale impresa in quella sede per il funzionamento delle apparecchiature. La presenza di personale non è necessaria per considerare che un’impresa svolga in tutto o in parte la propria attività in una sede quando non è richiesto personale per svolgere attività commerciali in quella sede. Questa conclusione si applica al commercio elettronico nella stessa misura in cui si applica rispetto ad altre attività in cui le apparecchiature funzionano automaticamente,
per esempio apparecchiature di pompaggio automatiche utilizzate nello sfruttamento delle risorse naturali.
42.7 Un altro problema riguarda il fatto che non si può considerare che esista una stabile organizzazione laddove le operazioni di commercio elettronico svolte tramite apparecchiature informatiche in una determinata sede in un paese siano limitate alle attività preparatorie o ausiliarie coperte dal paragrafo 4. La questione se particolari attività svolte in tale sede rientrino nel paragrafo 4 deve essere esaminata caso per caso tenendo conto delle varie funzioni svolte dall’impresa tramite tali apparecchiature. Esempi di attività che sarebbero generalmente considerate preparatorie o ausiliarie includono:
— fornendo un collegamento di comunicazione, molto simile a una linea telefonica, tra fornitori e clienti;
— pubblicità di beni o servizi;
— trasmettere informazioni tramite un server mirror per motivi di sicurezza ed efficienza;
— raccolta di dati di mercato per l’impresa;
— fornire informazioni.
42.8 Tuttavia, laddove tali funzioni costituiscano di per sé una parte essenziale e significativa dell’attività commerciale dell’impresa nel suo complesso, o laddove altre funzioni principali dell’impresa siano svolte tramite l’attrezzatura informatica, queste andrebbero oltre le attività contemplate dal paragrafo 4 e se l’attrezzatura costituisse una sede fissa di attività dell’impresa (come discusso nei paragrafi da 42.2 a 42.6 sopra), si avrebbe una stabile organizzazione.
42.9 Ciò che costituisce le funzioni principali per una particolare impresa dipende chiaramente dalla natura dell’attività svolta da tale impresa. Ad esempio, alcuni ISP operano nel settore della gestione dei propri server allo scopo di ospitare siti web o altre applicazioni per altre imprese. Per questi ISP, la gestione dei propri server al fine di fornire servizi ai clienti è una parte essenziale della loro attività commerciale e non può essere considerata preparatoria o ausiliaria. Un altro esempio è quello di un’impresa (talvolta definita “e-tailer”) che svolge l’attività di vendita di prodotti tramite Internet. In tal caso, l’impresa non opera nel settore della gestione dei server e il semplice fatto che possa farlo in una determinata sede non è sufficiente per concludere che le attività svolte in tale sede siano più che preparatorie e ausiliarie. Ciò che deve essere fatto in tal caso è esaminare la natura delle attività svolte in tale sede alla luce dell’attività svolta dall’impresa. Se queste attività sono meramente preparatorie o ausiliarie all’attività di vendita di prodotti su Internet (ad esempio, la sede è utilizzata per gestire un server che ospita un sito web che, come spesso accade, è utilizzato esclusivamente per la pubblicità, la visualizzazione di un catalogo di prodotti o la fornitura di informazioni a potenziali clienti), si applicherà il paragrafo 4 e la sede non costituirà una stabile organizzazione. Se, tuttavia, le funzioni tipiche relative a una vendita sono svolte in tale sede (ad esempio, la conclusione del contratto con il cliente, l’elaborazione del pagamento e la consegna dei prodotti sono eseguite automaticamente tramite l’apparecchiatura ivi situata), queste attività non possono essere considerate meramente preparatorie o ausiliarie.
42.10 Un ultimo problema è se il paragrafo 5 possa applicarsi per ritenere che un ISP costituisca una stabile organizzazione. Come già notato, è comune per gli ISP fornire il servizio di hosting dei siti web di altre aziende sui propri server. Potrebbe quindi sorgere il problema se il paragrafo 5 possa applicarsi per ritenere che tali ISP costituiscano stabili organizzazioni delle aziende che svolgono commercio elettronico tramite siti web gestiti tramite i server di proprietà e gestiti da questi ISP. Mentre questo potrebbe essere il caso in circostanze molto insolite, il paragrafo 5 generalmente non essere applicabile perché gli ISP non costituiranno un agente delle imprese a cui appartengono i siti web, perché non avranno l’autorità di concludere contratti in nome di queste imprese e non concluderanno regolarmente tali contratti o perché costituiranno agenti indipendenti che agiscono nel normale corso della loro attività, come dimostrato dal fatto che ospitano i siti web di molte imprese diverse. È anche chiaro che poiché il sito web attraverso il quale un’impresa svolge la sua attività non è di per sé una “persona” come definito nell’articolo 3, il paragrafo 5 non può essere applicato per ritenere che esista una stabile organizzazione in virtù del fatto che il sito web è un agente dell’impresa ai fini di tale paragrafo.
La tassazione dei servizi
42.11 L’effetto combinato di questo articolo e dell’articolo 7 è che gli utili derivanti da servizi svolti nel territorio di uno Stato contraente da un’impresa dell’altro Stato contraente non sono imponibili nel primo Stato menzionato se non sono attribuibili a una stabile organizzazione ivi situata (purché non siano coperti da altri articoli della Convenzione che consentirebbero tale imposizione). Questo risultato, in base al quale questi utili sono imponibili solo nell’altro Stato, è supportato da varie considerazioni politiche e amministrative. È coerente con il principio dell’articolo 7 secondo cui finché un’impresa di uno Stato non istituisce una stabile organizzazione in un altro Stato, non dovrebbe essere considerata come partecipante alla vita economica di tale Stato in misura tale da rientrare nella giurisdizione fiscale di tale altro Stato. Inoltre, la fornitura di servizi dovrebbe, come regola generale, fatta salva qualche eccezione per alcuni tipi di servizi (per esempioquelle contemplate dagli articoli 8 e 17) siano trattate allo stesso modo delle altre attività commerciali e, pertanto, la stessa soglia di tassazione della stabile organizzazione dovrebbe applicarsi a tutte le attività commerciali, compresa la prestazione di servizi indipendenti.
42.12 Una delle considerazioni amministrative sopra menzionate è che l’estensione dei casi in cui sarebbe consentita la tassazione alla fonte degli utili derivanti da servizi svolti nel territorio di uno Stato contraente da un’impresa dell’altro Stato contraente aumenterebbe la conformità e l’onere amministrativo delle imprese e delle amministrazioni fiscali. Ciò sarebbe particolarmente problematico rispetto ai servizi forniti a consumatori non commerciali, che non avrebbero bisogno di essere divulgati all’amministrazione fiscale del paese di origine ai fini della richiesta di una detrazione delle spese aziendali. Poiché le norme che sono state in genere concepite a tale scopo si basano sulla quantità di tempo trascorso in uno Stato, sia le amministrazioni fiscali che le imprese dovrebbero tenere conto del tempo trascorso in un paese dal personale delle imprese di servizi e queste imprese affronterebbero il rischio di avere una stabile organizzazione in circostanze impreviste nei casi in cui non sarebbero in grado di determinare in anticipo per quanto tempo il personale sarebbe presente in un determinato paese (per esempioin situazioni in cui tale presenza verrebbe estesa a causa di difficoltà impreviste o su richiesta di un cliente). Questi casi creano particolari difficoltà di conformità in quanto richiedono a un’impresa di conformarsi retroattivamente a una serie di requisiti amministrativi associati a una stabile organizzazione. Questi Le preoccupazioni riguardano la necessità di tenere libri e registri, la tassazione dei dipendenti (ad esempio la necessità di effettuare detrazioni alla fonte in un altro paese) e altri requisiti fiscali diversi dalle imposte sul reddito.
42.13 Inoltre, la tassazione alla fonte degli utili derivanti da servizi svolti nel territorio di uno Stato contraente da un’impresa dell’altro Stato contraente che non ha una sede fissa di attività nel primo Stato menzionato creerebbe difficoltà in merito alla determinazione degli utili da tassare e alla riscossione dell’imposta pertinente. Nella maggior parte dei casi, l’impresa non avrebbe i registri contabili e le attività tipicamente associati a una stabile organizzazione e non ci sarebbe alcun agente dipendente che potrebbe soddisfare i requisiti di informazione e riscossione. Inoltre, mentre è una caratteristica comune del diritto interno degli Stati tassare gli utili derivanti da servizi svolti nel loro territorio, ciò non rappresenta necessariamente una politica ottimale del trattato fiscale.
42.14 Alcuni Stati, tuttavia, sono restii ad adottare il principio di tassazione della residenza esclusiva per i servizi che non sono attribuibili a una stabile organizzazione situata nel loro territorio ma che vengono svolti in tale territorio. Questi Stati propongono modifiche all’articolo al fine di preservare i diritti di tassazione alla fonte, in determinate circostanze, rispetto ai profitti derivanti da tali servizi. Gli Stati che ritengono che ulteriori diritti di tassazione alla fonte debbano essere assegnati ai sensi di un trattato rispetto ai servizi svolti nel loro territorio si basano su vari argomenti a sostegno della loro posizione.
42.15 Questi Stati potrebbero considerare che i profitti derivanti da servizi svolti in un dato Stato dovrebbero essere tassabili in quello Stato sulla base dei principi politici generalmente accettati per determinare quando i profitti aziendali dovrebbero essere considerati come aventi la loro fonte all’interno di una giurisdizione. Essi ritengono che, dall’angolo esclusivo della pura questione politica di dove hanno origine i profitti aziendali, lo Stato in cui vengono svolti i servizi dovrebbe avere il diritto di tassare anche quando questi servizi non sono attribuibili a una stabile organizzazione come definito nell’articolo 5. Essi noteranno che la legislazione nazionale di molti Paesi prevede la tassazione dei servizi svolti in questi Paesi anche in assenza di una stabile organizzazione (anche se i servizi svolti in periodi di tempo molto brevi potrebbero non essere sempre tassati nella pratica).
42.16 Questi Stati sono preoccupati del fatto che alcune imprese di servizi non richiedano una sede fissa sul loro territorio per potervi svolgere un livello sostanziale di attività commerciali e ritengono pertanto che questi diritti aggiuntivi siano appropriati.
42.17 Inoltre, questi Stati ritengono che, anche se la tassazione degli utili delle imprese svolte da non residenti che non sono attribuibili a una stabile organizzazione solleva alcune difficoltà amministrative e di conformità, queste difficoltà non giustificano l’esenzione dalla tassazione degli utili di tutti i servizi svolti sul loro territorio da tali imprese. Coloro che sostengono tale punto di vista possono fare riferimento a meccanismi già in atto in alcuni Stati per garantire la tassazione dei servizi svolti in tali Stati ma non attribuibili a stabili organizzazioni (tali meccanismi si basano sui requisiti per i contribuenti residenti di segnalare, ed eventualmente trattenere l’imposta sui, pagamenti a non residenti per i servizi svolti in tali Stati).
42.18 Tuttavia, va notato che tutti gli Stati membri concordano sul fatto che uno Stato non dovrebbe avere diritti di tassazione alla fonte sul reddito derivante dalla fornitura di servizi svolti da un non residente al di fuori di tale Stato. In base alle convenzioni fiscali, i profitti derivanti dalla vendita di beni che sono semplicemente importati da un residente di un paese e che non sono né prodotti né distribuiti tramite una stabile organizzazione in tale paese non sono tassabili in tale paese e lo stesso principio dovrebbe applicarsi nel caso dei servizi. Il semplice fatto che il pagatore del corrispettivo per i servizi sia un residente di uno Stato, o che tale corrispettivo sia sostenuto da una stabile organizzazione situata in tale Stato o che il risultato dei servizi sia utilizzato all’interno dello Stato non costituisce un nesso sufficiente per giustificare l’assegnazione dei diritti di tassazione del reddito a tale Stato.
42.19 Un’altra questione fondamentale su cui c’è un accordo generale riguarda la determinazione dell’importo su cui dovrebbe essere riscossa l’imposta. Nel caso di servizi non lavorativi (e fatte salve possibili eccezioni come l’articolo 17) dovrebbero essere tassati solo i profitti derivanti dai servizi. Pertanto, le disposizioni che a volte sono incluse nelle convenzioni bilaterali e che consentono a uno Stato di tassare l’importo lordo dei compensi pagati per determinati servizi se il pagatore dei compensi è un residente di quello Stato non sembrano fornire un modo appropriato di tassare i servizi. In primo luogo, poiché queste disposizioni non sono limitate ai servizi svolti nello Stato di origine, hanno l’effetto di consentire a uno Stato di tassare le attività commerciali che non hanno luogo in quello Stato. In secondo luogo, queste norme consentono la tassazione dei pagamenti lordi per i servizi anziché dei profitti da essi derivanti.
42.20 Inoltre, gli Stati membri concordano che è opportuno, per motivi di conformità e per altri motivi, non consentire a uno Stato di tassare i profitti derivanti da servizi prestati nel loro territorio in determinate circostanze (per esempio quando tali servizi vengono forniti in un arco di tempo molto breve).
42.21 Il Comitato ha pertanto ritenuto che fosse importante circoscrivere le circostanze in cui gli Stati che non concordano con la conclusione del paragrafo 42.11 di cui sopra potrebbero, se lo desiderano, prevedere che gli utili derivanti da servizi svolti nel territorio di uno Stato contraente da un’impresa dell’altro Stato contraente siano assoggettati a tassazione da tale Stato anche se non vi è una stabile organizzazione, come definita nell’articolo 5, a cui gli utili sono attribuibili.
42.22 Chiaramente, tale tassazione non dovrebbe estendersi ai servizi svolti al di fuori del territorio di uno Stato e dovrebbe applicarsi solo ai profitti derivanti da tali servizi piuttosto che ai pagamenti per essi. Inoltre, dovrebbe esserci un livello minimo di presenza in uno Stato prima che tale tassazione sia consentita.
42.23 Di seguito è riportato un esempio di una disposizione che sarebbe conforme a tali requisiti; gli Stati sono liberi di concordare bilateralmente di includere tale disposizione nei loro trattati fiscali:
Nonostante le disposizioni dei paragrafi 1, 2 e 3, quando un’impresa di uno Stato contraente presta servizi nell’altro Stato contraente
a) tramite un individuo che è presente in quell’altro Stato per un periodo o periodi superiori in totale a 183 giorni in un periodo di dodici mesi, e più
oltre il 50 per cento dei ricavi lordi attribuibili alle attività commerciali attive dell’impresa durante questo periodo o periodi derivano dai servizi prestati in quell’altro Stato tramite quella persona, o
b) per un periodo o periodi superiori complessivamente a 183 giorni in un qualsiasi periodo di dodici mesi, e tali servizi sono svolti per lo stesso progetto o per progetti collegati tramite una o più persone presenti e che svolgono tali servizi in tale altro Stato
le attività svolte in quell’altro Stato nell’esecuzione di tali servizi si considerano svolte tramite una stabile organizzazione dell’impresa situata in quell’altro Stato, a meno che tali servizi non siano limitati a quelli menzionati nel paragrafo 4 che, se eseguiti tramite una sede fissa di affari, non renderebbero tale sede fissa di affari una stabile organizzazione ai sensi delle disposizioni di tale paragrafo. Ai fini del presente paragrafo, i servizi eseguiti da un individuo per conto di un’impresa non si considerano eseguiti da un’altra impresa tramite tale individuo, a meno che tale altra impresa non supervisioni, diriga o controlli il modo in cui tali servizi sono eseguiti dall’individuo.
42.24 Tale disposizione alternativa costituisce un’estensione della definizione di stabile organizzazione che consente la tassazione del reddito derivante da servizi forniti da imprese svolte da non residenti, ma lo fa in conformità con i principi descritti nel paragrafo 42.22. I paragrafi seguenti esaminano vari aspetti della disposizione alternativa; è chiaro che tali paragrafi non sono rilevanti nel caso di trattati che non includono tale disposizione e non consentono, pertanto, di individuare una stabile organizzazione semplicemente perché sono state soddisfatte le condizioni descritte in tale disposizione.
42.25 La disposizione ha l’effetto di ritenere che esista una stabile organizzazione laddove altrimenti non ne esisterebbe una secondo la definizione fornita nel paragrafo 1 e gli esempi del paragrafo 2. Pertanto si applica nonostante tali paragrafi. Come nel caso del paragrafo 5 dell’articolo, la disposizione fornisce una base supplementare in base alla quale un’impresa può essere ritenuta avere una stabile organizzazione in uno Stato; potrebbe applicarsi, ad esempio, quando un consulente fornisce servizi per un lungo periodo in un paese ma in sedi diverse che non soddisfano le condizioni del paragrafo 1 per costituire una o più stabili organizzazioni. Se si può dimostrare che l’impresa ha una stabile organizzazione ai sensi dei paragrafi 1 e 2 (soggetto alle disposizioni del paragrafo 4), non è necessario applicare la disposizione per trovare una stabile organizzazione. Poiché la disposizione crea semplicemente una stabile organizzazione quando altrimenti non ne esisterebbe nessuna, non fornisce una definizione alternativa del concetto di stabile organizzazione e ovviamente non può limitare la portata della definizione del paragrafo 1 e degli esempi del paragrafo 2.
42.26 La disposizione si applica anche nonostante il paragrafo 3. Pertanto, un’impresa può essere considerata come avente una stabile organizzazione perché esegue servizi in un paese per i periodi di tempo previsti nel paragrafo suggerito anche se le varie sedi in cui tali servizi vengono eseguiti non costituiscono una stabile organizzazione. stabilimenti ai sensi del paragrafo 3. Il seguente esempio illustra tale risultato. Un lavoratore autonomo residente in uno Stato contraente fornisce servizi ed è presente nell’altro Stato contraente per più di 183 giorni durante un periodo di dodici mesi, ma i suoi servizi vengono svolti per periodi di tempo uguali in un luogo che non è un cantiere edile (e non sono in relazione a un progetto di costruzione o installazione) nonché in due cantieri edili non correlati che durano ciascuno meno del periodo di tempo previsto nel paragrafo 3. Mentre il paragrafo 3 considererebbe i due siti non costituenti stabilimenti stabili, il paragrafo proposto, che si applica nonostante il paragrafo 3, considererebbe l’impresa svolta da tale persona come avente uno stabilimento stabile (poiché il soggetto è un lavoratore autonomo, si deve presumere che il test del 50 percento dei ricavi lordi sarà soddisfatto rispetto alla sua impresa).
42.27 Un altro esempio è quello di una grande impresa edile che porta avanti un singolo progetto di costruzione in un paese. Se il progetto viene portato avanti in un singolo sito, la disposizione non dovrebbe avere un impatto significativo fintantoché il periodo richiesto affinché il sito costituisca una stabile organizzazione non sia sostanzialmente diverso dal periodo richiesto affinché la disposizione si applichi. Gli Stati che desiderano utilizzare la disposizione alternativa possono quindi prendere in considerazione di fare riferimento agli stessi periodi di tempo in tale disposizione e nel paragrafo 3 dell’articolo 5; se nella disposizione alternativa viene utilizzato un periodo più breve, ciò ridurrà, in pratica, l’ambito di applicazione del paragrafo 3.
42.28 La situazione, tuttavia, potrebbe essere diversa se il progetto, o progetti collegati, vengono realizzati in parti diverse di un paese. Se i singoli siti in cui viene realizzato un singolo progetto non durano abbastanza a lungo da costituire ciascuno di essi una stabile organizzazione (vedere, tuttavia, il paragrafo 20 sopra), una stabile organizzazione sarà comunque considerata esistente se sono soddisfatte le condizioni della disposizione alternativa. Tale risultato è coerente con lo scopo della disposizione, che è quello di sottoporre a tassazione alla fonte le imprese straniere che sono presenti in un paese per un periodo di tempo sufficientemente lungo nonostante il fatto che la loro presenza in una particolare sede in quel paese non sia sufficientemente lunga da rendere quella sede una sede fissa di attività dell’impresa. Alcuni Stati, tuttavia, potrebbero ritenere che il paragrafo 3 debba prevalere sulla disposizione alternativa e potrebbero voler modificare la disposizione di conseguenza.
42.29 Il paragrafo suggerito si applica solo ai servizi. Altri tipi di attività che non costituiscono servizi sono pertanto esclusi dal suo ambito. Quindi, ad esempio, il paragrafo non si applicherebbe a un’impresa straniera che svolge attività di pesca nelle acque territoriali di uno Stato e ricava entrate dalla vendita del suo pescato (in alcuni trattati, tuttavia, attività come la pesca e l’estrazione di petrolio possono essere coperte da disposizioni specifiche).
42.30 La disposizione si applica ai servizi svolti da un’impresa. Pertanto, i servizi devono essere forniti dall’impresa a terzi. Chiaramente, la disposizione non potrebbe avere l’effetto di ritenere che un’impresa abbia una stabile organizzazione semplicemente perché i servizi sono forniti a tale impresa. Ad esempio, i servizi potrebbero essere forniti da un individuo al suo datore di lavoro senza che tale datore di lavoro svolga alcun servizio (per esempioun dipendente che fornisce servizi di produzione a un’impresa che vende prodotti fabbricati). Un altro esempio sarebbe quello in cui i dipendenti di una un’impresa fornisce servizi in un paese a un’impresa associata seguendo istruzioni dettagliate e la stretta supervisione di quest’ultima impresa; in tal caso, supponendo che i servizi in questione non siano a vantaggio di terzi, quest’ultima impresa non esegue essa stessa alcun servizio a cui potrebbe applicarsi la disposizione.
42.31 Inoltre, la disposizione si applica solo ai servizi svolti in uno Stato da un’impresa estera. Non importa se i servizi in questione siano forniti o meno a un residente dello Stato; ciò che conta è che i servizi siano svolti nello Stato tramite un individuo presente in quello Stato.
42.32 La disposizione alternativa non specifica che i servizi devono essere forniti “tramite dipendenti o altro personale assunto dall’impresa”, un’espressione che a volte si ritrova nei trattati bilaterali. Prevede semplicemente che i servizi devono essere svolti da un’impresa. Come spiegato nel paragrafo 10, l’attività di un’impresa (che, nel contesto del paragrafo, includerebbe i servizi svolti in uno Stato contraente) “è svolta principalmente dall’imprenditore o da persone che hanno un rapporto di lavoro retribuito con l’impresa (personale). Questo personale include dipendenti e altre persone che ricevono istruzioni dall’impresa (per esempioagenti dipendenti).” Ai fini della disposizione alternativa, i soggetti attraverso i quali un’impresa fornisce servizi saranno pertanto i soggetti di cui al paragrafo 10, fatta salva l’eccezione inclusa nell’ultima frase di tale disposizione (vedere paragrafo 42.43 di seguito).
42.33 La disposizione alternativa si applicherà in due diverse serie di circostanze. Il sottoparagrafo a) esamina la durata della presenza dell’individuo attraverso il quale un’impresa ricava la maggior parte dei suoi ricavi in un modo che è simile a quello del sottoparagrafo 2 a) dell’articolo 15; il sottoparagrafo b) esamina la durata delle attività degli individui attraverso i quali i servizi sono svolti.
42.34 Il sottoparagrafo a) riguarda principalmente la situazione di un’impresa condotta da un singolo individuo. Copre tuttavia anche il caso di un’impresa che, durante il periodo o i periodi rilevanti, ricava la maggior parte dei suoi ricavi da servizi forniti da un singolo individuo. Tale estensione è necessaria per evitare un trattamento diverso tra, ad esempio, un caso in cui i servizi sono forniti da un individuo e un caso in cui servizi simili sono forniti da una società le cui azioni sono tutte possedute dall’unico dipendente di tale società.
42.35 Il comma può applicarsi in diverse situazioni in cui un’impresa fornisce servizi tramite un individuo, come quando i servizi sono forniti da un’impresa individuale, dal socio di una partnership, dal dipendente di una società ecc. Le condizioni principali sono che
— l’individuo attraverso il quale vengono eseguiti i servizi deve essere presente in uno Stato per un periodo o periodi superiori complessivamente a 183 giorni in un periodo di dodici mesi, e
— più del 50 per cento dei ricavi lordi attribuibili alle attività commerciali attive dell’impresa durante il periodo o i periodi di presenza derivano dai servizi prestati in quello Stato tramite quella persona.
42.36 La prima condizione si riferisce ai giorni di presenza di un individuo. Poiché la formulazione è identica a quella del comma 2 a) dell’articolo 15, i principi applicabili al computo dei giorni di presenza ai fini di tale ultimo comma sono applicabili anche al computo dei giorni di presenza ai fini del paragrafo suggerito.
42.37 Ai fini della seconda condizione, secondo cui più del 50 per cento dei ricavi lordi attribuibili alle attività commerciali attive dell’impresa durante il periodo o i periodi rilevanti devono essere derivati dai servizi svolti in tale Stato tramite tale individuo, i ricavi lordi attribuibili alle attività commerciali attive dell’impresa rappresenterebbero ciò che l’impresa ha addebitato o dovrebbe addebitare per le sue attività commerciali attive, indipendentemente da quando avverrà la fatturazione effettiva o dalle norme di diritto interno relative a quando tali ricavi dovrebbero essere presi in considerazione ai fini fiscali. Tali attività commerciali attive non sono limitate alle attività correlate alla fornitura di servizi. I ricavi lordi attribuibili alle “attività commerciali attive” escluderebbero chiaramente i redditi da attività di investimento passive, tra cui, ad esempio, la ricezione di interessi e dividendi dall’investimento di fondi in eccedenza. Tuttavia, gli Stati potrebbero preferire utilizzare un test diverso, come ad esempio “il 50 per cento degli utili aziendali dell’impresa durante questo periodo o periodi deriva dai servizi” o “i servizi rappresentano la parte più importante delle attività aziendali dell’impresa”, al fine di identificare un’impresa che ricava la maggior parte dei suoi ricavi dai servizi svolti da un individuo sul proprio territorio.
42.38 Gli esempi seguenti illustrano l’applicazione del sottoparagrafo a) (supponendo che la disposizione alternativa sia stata inclusa in un trattato tra gli Stati R e S):
— Esempio 1: W, residente nello Stato R, è un consulente che svolge la sua attività commerciale a proprio nome (cioè tale impresa è un’impresa individuale). Tra il 2 febbraio 00 e il 1° febbraio 01, è presente nello Stato S per un periodo o periodi di 190 giorni e durante tale periodo tutti i ricavi delle sue attività commerciali derivano da servizi che svolge nello Stato S. Poiché il sottoparagrafo a) si applica in tale situazione, tali servizi si considerano svolti tramite una stabile organizzazione nello Stato S.
— Esempio 2: X, residente nello Stato R, è uno dei due azionisti e dipendenti di XCO, una società residente nello Stato R che fornisce servizi di ingegneria. Tra il 20 dicembre 00 e il 19 dicembre 01, X è presente nello Stato S per un periodo o periodi di 190 giorni e durante tale periodo, il 70 percento di tutti i ricavi lordi di XCO attribuibili alle attività commerciali attive derivano dai servizi che
X svolge la sua attività nello Stato S. Poiché in tale situazione si applica il comma a), tali servizi si considerano svolti tramite una stabile organizzazione di XCO nello Stato S.
— Esempio 3: X e Y, residenti nello Stato R, sono i due soci di X&Y, una partnership costituita nello Stato R che fornisce servizi legali. Ai fini fiscali, lo Stato R considera le partnership come entità trasparenti. Tra il 15 luglio 00 e il 14 luglio 01, Y è presente nello Stato S per un periodo o periodi di 240 giorni e durante tale periodo, il 55 percento di tutti i compensi di X&Y attribuibili alla società attiva di X&Y le attività commerciali derivano dai servizi che Y svolge nello Stato S. In tale situazione si applica il comma a) e, ai fini della tassazione di X e Y, i servizi svolti da Y si considerano svolti tramite una stabile organizzazione nello Stato S.
—Esempio 4: Z, residente nello Stato R, è uno dei 10 dipendenti di ACO, una società residente nello Stato R che fornisce servizi di contabilità. Tra il 10 aprile 00 e il 9 aprile 01, Z è presente nello Stato S per un periodo o periodi di 190 giorni e durante tale periodo, il 12 percento di tutti i ricavi lordi di ACO attribuibili alle sue attività commerciali attive deriva dai servizi che Z esegue nello Stato S. Il sottoparagrafo a) non si applica in tale situazione e, a meno che il sottoparagrafo b) non si applichi ad ACO, la disposizione alternativa non riterrà che ACO abbia una stabile organizzazione nello Stato S.
42.39 Il sottoparagrafo b) affronta la situazione di un’impresa che esegue servizi in uno Stato contraente in relazione a un progetto particolare (o per progetti collegati) e che li esegue tramite uno o più individui per un periodo di tempo sostanziale. Il periodo o i periodi a cui si fa riferimento nel sottoparagrafo si applicano in relazione all’impresa e non agli individui. Non è quindi necessario che siano gli stessi individui a eseguire i servizi e siano presenti per tutto il periodo. Finché, in un dato giorno, l’impresa esegue i suoi servizi tramite almeno un individuo che lo fa ed è presente nello Stato, quel giorno sarebbe incluso nel periodo o nei periodi a cui si fa riferimento nel sottoparagrafo. Chiaramente, tuttavia, quel giorno verrà conteggiato come un singolo giorno indipendentemente dal numero di individui che eseguono tali servizi per l’impresa durante quel giorno.
42.40 Il riferimento a un’“impresa … che esegue questi servizi per lo stesso progetto” dovrebbe essere interpretato dalla prospettiva dell’impresa che fornisce i servizi. Pertanto, un’impresa può avere due progetti diversi per fornire servizi a un singolo cliente (per esempio fornire consulenza fiscale e fornire formazione in un ambito non correlato a quello fiscale) e, sebbene questi possano essere correlati a un singolo progetto del cliente, non si deve considerare che i servizi siano svolti per lo stesso progetto.
42.41 Il riferimento a “progetti collegati” intende coprire i casi in cui i servizi sono forniti nel contesto di progetti separati svolti da un’impresa, ma questi progetti hanno una coerenza commerciale (vedere paragrafi 5.3 e 5.4 sopra). La determinazione se i progetti sono collegati dipenderà dai fatti e dalle circostanze di ciascun caso, ma i fattori che sarebbero generalmente rilevanti a tale scopo includono:
— se i progetti sono coperti da un unico contratto quadro;
— qualora i progetti siano coperti da contratti diversi, se tali contratti diversi siano stati conclusi con la stessa persona o con persone collegate e se la conclusione dei contratti aggiuntivi sarebbe stata ragionevolmente prevista al momento della conclusione del primo contratto;
— se la natura del lavoro svolto nei diversi progetti è la stessa;
—se i servizi forniti nei diversi progetti sono forniti dagli stessi individui.
42.42 Il sottoparagrafo b) richiede che durante i periodi rilevanti, l’impresa fornisca servizi tramite individui che forniscono tali servizi in quell’altro Stato. A tale scopo, un periodo durante il quale gli individui forniscono servizi significa un periodo durante il quale i servizi sono effettivamente forniti, che normalmente corrisponderebbe ai giorni lavorativi di tali individui. Un’impresa che accetta di mantenere personale disponibile nel caso in cui un cliente abbia bisogno dei servizi di tale personale e addebita al cliente costi di standby per rendere disponibile tale personale sta fornendo servizi tramite gli individui rilevanti anche se sono inattivi durante i giorni lavorativi in cui rimangono disponibili.
42.43 Come indicato nel paragrafo 42.32, ai fini della disposizione alternativa, gli individui attraverso i quali un’impresa fornisce servizi saranno gli individui di cui al paragrafo 10 di cui sopra. Se, tuttavia, un individuo fornisce i servizi per conto di un’impresa, l’eccezione inclusa nell’ultima frase della disposizione chiarisce che i servizi svolti da tale individuo saranno presi in considerazione per un’altra impresa solo se il lavoro di tale individuo è svolto sotto la supervisione, la direzione o il controllo di quest’ultima impresa. Pertanto, ad esempio, laddove una società che ha accettato per contratto di fornire servizi a terzi fornisce tali servizi tramite i dipendenti di un’impresa separata (per esempio un’impresa che fornisce servizi esternalizzati), i servizi svolti tramite questi dipendenti non saranno presi in considerazione ai fini dell’applicazione del comma b) alla società che ha stipulato il contratto per fornire servizi a terzi. Questa regola si applica indipendentemente dal fatto che l’impresa separata sia associata o indipendente dalla società che ha stipulato il contratto.
42.44 Gli esempi seguenti illustrano l’applicazione del sottoparagrafo b) (supponendo che la disposizione alternativa sia stata inclusa in un trattato tra gli Stati R e S):
— Esempio 1: X, una società residente nello Stato R, ha concordato con la società Y di svolgere indagini geologiche in varie località nello Stato S dove la società Y possiede diritti di esplorazione. Tra il 15 maggio 00 e il 14 maggio 01, queste indagini vengono svolte per 185 giorni lavorativi da dipendenti di X nonché da lavoratori autonomi a cui X ha subappaltato parte del lavoro ma che lavorano sotto la direzione, la supervisione o il controllo di X. Poiché il sottoparagrafo b) si applica in tale situazione, questi servizi si considerano svolti tramite una stabile organizzazione di X nello Stato S.
— Esempio 2: Y, residente nello Stato T, è uno dei due azionisti e dipendenti di WYCO, una società residente nello Stato R che fornisce servizi di formazione. Tra il 10 giugno 00 e il 9 giugno 01, Y esegue servizi nello Stato S in base a un contratto che WYCO ha concluso con una società residente nello Stato S per formare i dipendenti di tale società. Questi servizi vengono eseguiti nello Stato S per 185 giorni lavorativi. Durante il periodo di presenza di Y nello Stato S, i ricavi da questi servizi rappresentano il 40 percento dei ricavi lordi di WYCO dalle sue attività commerciali attive. Mentre il sottoparagrafo a) non si applica in quanto situazione, si applica il comma b) e tali servizi si considerano svolti tramite una stabile organizzazione di WYCO nello Stato S.
—Esempio 3: ZCO, residente nello Stato R, ha esternalizzato alla società OCO, residente nello Stato S, il supporto tecnico che fornisce telefonicamente ai propri clienti. OCO gestisce un call center per diverse società simili a ZCO. Nel periodo dal 1° gennaio 00 al 31 dicembre 00, i dipendenti di OCO forniscono supporto tecnico a vari clienti di ZCO. Poiché i dipendenti di OCO non sono sotto la supervisione, la direzione o il controllo di ZCO, non si può ritenere, ai fini del sottoparagrafo b), che ZCO stia eseguendo servizi nello Stato S tramite questi dipendenti. Inoltre, mentre i servizi forniti dai dipendenti di OCO ai vari clienti di ZCO sono simili, questi sono forniti in base a contratti diversi conclusi da ZCO con clienti non correlati: questi servizi non possono, pertanto, essere considerati resi per gli stessi progetti o progetti collegati.
42.45 Le soglie di 183 giorni previste nella disposizione alternativa possono dare origine allo stesso tipo di abuso descritto nel paragrafo 18 di cui sopra. Come indicato in tale paragrafo, possono essere applicate norme antielusione legislative o giudiziarie per prevenire tali abusi. Tuttavia, alcuni Stati potrebbero preferire affrontarli includendo una disposizione specifica nell’articolo. Tale disposizione potrebbe essere redatta secondo le seguenti linee:
Ai fini del paragrafo [x], quando un’impresa di uno Stato contraente che presta servizi nell’altro Stato contraente è, durante un periodo di tempo, associata a un’altra impresa che presta servizi sostanzialmente simili in quell’altro Stato per lo stesso progetto o per progetti collegati tramite uno o più individui che, durante quel periodo, sono presenti e prestano tali servizi in quello Stato, la prima impresa menzionata sarà considerata, durante quel periodo di tempo, prestatrice di servizi nell’altro Stato per quello stesso progetto o per progetti collegati tramite tali individui. Ai fini della frase precedente, un’impresa sarà associata a un’altra impresa se una è controllata direttamente o indirettamente dall’altra, o entrambe sono controllate direttamente o indirettamente dalle stesse persone, indipendentemente dal fatto che tali persone siano o meno residenti di uno degli Stati contraenti.
42.46 Secondo la disposizione, le attività svolte nell’altro Stato dalle persone fisiche di cui al sottoparagrafo a) o b) attraverso le quali i servizi sono prestati dall’impresa durante il periodo o i periodi di cui a tali sottoparagrafi sono considerate svolte tramite una stabile organizzazione che l’impresa ha in quell’altro Stato. L’impresa è pertanto considerata avere una stabile organizzazione in quell’altro Stato ai fini di tutte le disposizioni della Convenzione (inclusi, ad esempio, il paragrafo 5 dell’articolo 11 e il paragrafo 2 dell’articolo 15) e gli utili derivanti dalle attività svolte nell’altro Stato nella fornitura di tali servizi sono attribuibili a tale stabile organizzazione e sono pertanto imponibili in quello Stato ai sensi dell’articolo 7.
42.47 Considerando che le attività svolte nell’esecuzione dei servizi rilevanti devono essere svolte tramite una stabile organizzazione che l’impresa ha in una Parte contraente Stato, la disposizione consente l’applicazione dell’articolo 7 e, pertanto, la tassazione, da parte di tale Stato, degli utili attribuibili a tali attività. Come regola generale, è importante garantire che siano tassati solo gli utili derivanti dalle attività svolte nell’esecuzione dei servizi; sebbene possano esserci alcune eccezioni, sarebbe dannoso per il commercio transfrontaliero di servizi se i pagamenti ricevuti per tali servizi fossero tassati indipendentemente dalle spese dirette o indirette sostenute allo scopo di eseguire tali servizi.
42.48 Questa disposizione alternativa non si applicherà se i servizi svolti sono limitati a quelli menzionati nel paragrafo 4 dell’articolo 5 che, se svolti tramite una sede fissa di attività, non renderebbero tale sede fissa di attività una stabile organizzazione ai sensi delle disposizioni di tale paragrafo. Poiché la disposizione si riferisce all’esecuzione di servizi da parte dell’impresa e ciò non coprirebbe i servizi forniti all’impresa stessa, la maggior parte delle disposizioni del paragrafo 4 non sembrerebbe essere pertinente. Può darsi, tuttavia, che i servizi svolti siano esclusivamente di carattere preparatorio o ausiliario (per esempio la fornitura di informazioni a potenziali clienti quando questa è semplicemente propedeutica allo svolgimento delle normali attività commerciali dell’impresa (vedere paragrafo 23 sopra) e in tal caso è logico non considerare che la prestazione di tali servizi costituisca una stabile organizzazione.
Osservazioni sul commento
43. Per quanto riguarda il paragrafo 26.1, la Germania si riserva la propria posizione sulla questione se e in quali circostanze l’acquisizione di un diritto di disposizione sulla capacità di trasporto di condotte o sulla capacità di impianti tecnici, linee e cavi per la trasmissione di energia elettrica o di comunicazioni (inclusa la distribuzione di programmi radiofonici e televisivi) di proprietà di una terza parte non correlata potrebbe comportare la cessione della condotta, del cavo o della linea come sede fissa di attività.
44. La Repubblica Ceca e la Repubblica Slovacca aggiungerebbero al paragrafo 25 la loro opinione secondo cui quando un’impresa ha istituito un ufficio (ad esempio un ufficio di rappresentanza commerciale) in un paese e i dipendenti che lavorano in tale ufficio sono sostanzialmente coinvolti nella negoziazione di contratti per l’importazione di prodotti o servizi in tale paese, l’ufficio nella maggior parte dei casi non rientrerà nel paragrafo 4 dell’articolo 5. Un coinvolgimento sostanziale nelle negoziazioni esiste quando le parti essenziali del contratto, ad esempio il tipo, la qualità e la quantità di beni e i tempi e i termini di consegna, sono determinati dall’ufficio. Queste attività costituiscono una parte separata e indispensabile delle attività commerciali dell’impresa estera e non sono semplicemente attività di carattere ausiliario o preparatorio.
45. Per quanto riguarda il paragrafo 38, il Messico ritiene che il principio di libera concorrenza debba essere preso in considerazione anche nel determinare se un agente abbia o meno uno status indipendente ai fini del paragrafo 6 dell’articolo e desidera, quando necessario, aggiungere una formulazione alle sue convenzioni per chiarire che è in questo modo che il paragrafo deve essere interpretato.
45.1 [Eliminato]
45.2 Italiae il Portogallo ritengono essenziale tenere presente che — indipendentemente dal significato attribuito alla terza frase del paragrafo 1.1 — per quanto riguarda il metodo di calcolo delle imposte, i sistemi nazionali non sono interessati dalla nuova formulazione del modello, cioè con l’eliminazione dell’articolo 14.
45.3 La Repubblica Ceca ha espresso una serie di spiegazioni e riserve sul rapporto sulle “Problematiche derivanti dall’articolo 5 del modello di convenzione fiscale dell’OCSE”. In particolare, la Repubblica Ceca non concorda con l’interpretazione menzionata nei paragrafi 5.3 (prima parte del paragrafo) e 5.4 (prima parte del paragrafo). Secondo la sua politica, questi esempi potrebbero anche essere considerati costituenti una stabile organizzazione se i servizi sono forniti sul suo territorio per un periodo di tempo sostanziale.
45.4 Per quanto riguarda il paragrafo 17, la Repubblica Ceca adotta un’interpretazione più restrittiva del termine “progetto di installazione” e pertanto lo limita a un’installazione e a un assemblaggio correlati a un progetto di costruzione. Inoltre, la Repubblica Ceca aderisce a un’interpretazione secondo cui le attività di supervisione saranno automaticamente coperte dal paragrafo 3 dell’articolo 5 solo se sono svolte dall’appaltatore edile. Altrimenti, saranno coperte da esso, ma solo se sono espressamente menzionate in questa disposizione speciale. Nel caso di un progetto di installazione non correlato a un progetto di costruzione e nel caso in cui l’attività di supervisione sia svolta da un’impresa diversa dall’appaltatore edile e non sia espressamente menzionata nel paragrafo 3 dell’articolo 5, allora queste attività sono automaticamente soggette alle norme relative alla tassazione del reddito derivante dalla fornitura di altri servizi.
45.5 In relazione ai paragrafi da 42.1 a 42.10, il Regno Unito ritiene che un server utilizzato da un commerciante al dettaglio online, da solo o insieme a siti web, non possa di per sé costituire una stabile organizzazione.
45.6 Chile e la Grecia non aderiscono a tutte le interpretazioni dei paragrafi da 42.1 a 42.10.
45.7 Germania non concorda con l’interpretazione dell’“esempio del pittore” nel paragrafo 4.5 che considera incompatibile con il principio enunciato nella prima frase del paragrafo 4.2, non dando quindi luogo a una stabile organizzazione ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della Convenzione modello. Per quanto riguarda l’esempio descritto nel paragrafo 5.4, la Germania richiederebbe che il consulente abbia la disponibilità degli uffici utilizzati oltre alla sua mera presenza durante le attività di formazione.
45.8 Germania riserva la sua posizione in merito all’ambito e ai limiti di applicazione delle linee guida di cui alle frasi 2 e da 5 a 7 del paragrafo 6, ritenendo che per consentire l’assunzione di una sede fissa di attività, il grado necessario di permanenza richieda un certo periodo minimo di presenza durante l’anno interessato, indipendentemente dalla natura ricorrente o diversa di un’attività. La Germania non concorda in particolare con il criterio del nesso economico, come descritto nella frase 6 del paragrafo 6, per giustificare un’eccezione ai requisiti di presenza qualificante e durata.
45.9 Germania, per quanto riguarda il paragrafo 33.1 (con riferimento ai paragrafi 32 e 6), attribuisce maggiore importanza al requisito della durata minima della rappresentanza dell’impresa ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 5, della Convenzione modello in assenza di residenza e/o sede fissa di attività dell’agente nel paese di origine. La Germania, pertanto, in questi casi adotta una visione particolarmente restrittiva sull’applicabilità dei fattori menzionati nel paragrafo 6.
45.10 Italia desidera chiarire che, con riferimento ai paragrafi 33, 41, 41.1 e 42, la sua giurisprudenza non deve essere ignorata nell’interpretazione dei casi rientranti nei paragrafi sopra citati.
45.11 Portogallo desidera riservarsi il diritto di non seguire la posizione espressa nei paragrafi da 42.1 a 42.10.
Riserve sull’articolo
Paragrafo1
46. Australia si riserva il diritto di considerare un’impresa come avente una stabile organizzazione in uno Stato se svolge attività relative alle risorse naturali o gestisce attrezzature sostanziali in quello Stato con un certo grado di continuità, o una persona — che agisce in quello Stato per conto dell’impresa — produce o trasforma in quello Stato beni o merci appartenenti all’impresa.
47. Considerati i problemi particolari nell’applicazione delle disposizioni della Convenzione modello all’esplorazione e allo sfruttamento degli idrocarburi offshore e alle attività connesse, Canada, Danimarca, Irlanda, Norvegia e Regno Unito si riservano il diritto di inserire in un articolo speciale disposizioni relative a tali attività.
48. Chile si riserva il diritto di considerare un’impresa come avente una stabile organizzazione in determinate circostanze in cui vengono forniti servizi.
49. La Repubblica Ceca e la Repubblica Slovacca, pur concordando con il requisito della “sede fissa di attività” di cui al paragrafo 1, si riservano il diritto di proporre nei negoziati bilaterali disposizioni specifiche che chiariscano l’applicazione di tale principio alle modalità di esecuzione dei servizi per un periodo di tempo sostanziale.
50. Grecia si riserva il diritto di considerare un’impresa come avente una stabile organizzazione in Grecia se l’impresa svolge attività di pianificazione, supervisione o consulenza in relazione a un cantiere edile o a un progetto di costruzione o installazione di durata superiore a sei mesi, se l’impresa utilizza in Grecia attrezzature o macchinari scientifici per più di tre mesi nell’esplorazione o nell’estrazione di risorse naturali o se l’impresa realizza più di un progetto separato, ciascuno di durata inferiore a sei mesi, nello stesso periodo di tempo (cioè entro un anno solare).
51. Grecia si riserva il diritto di inserire disposizioni speciali relative alle attività offshore.
52. Messico si riserva il diritto di tassare le persone che svolgono servizi professionali o altre attività di carattere indipendente se sono presenti in Messico per un periodo o periodi che superano complessivamente i 183 giorni in un qualsiasi periodo di dodici mesi.
53. Nuova Zelanda si riserva il diritto di inserire disposizioni che considerano esistente una stabile organizzazione se, per più di sei mesi, un’impresa svolge attività relative all’esplorazione o allo sfruttamento di risorse naturali o utilizza o noleggia attrezzature sostanziali.
54. Turchia si riserva il diritto di considerare una persona come avente una stabile organizzazione in Turchia se la persona svolge servizi professionali e altre attività di carattere indipendente, tra cui attività di pianificazione, supervisione o consulenza, con un certo grado di continuità, direttamente o tramite i dipendenti di un’impresa separata.
Paragrafo 2
55. Canada e il Cile si riservano il diritto nel comma 2 f) di sostituire le parole “di estrazione” con le parole “relativo all’esplorazione o allo sfruttamento”.
56. Grecia si riserva il diritto di includere il paragrafo 2 dell’articolo 5 così come redatto nel progetto di Convenzione del 1963.
Paragrafo 3
57. Australia, Cile, Grecia, Corea, Nuova Zelanda, Portogallo e Turchia si riservano la propria posizione sul paragrafo 3 e ritengono che qualsiasi cantiere o progetto di costruzione o installazione che duri più di sei mesi debba essere considerato una stabile organizzazione.
58. Australia si riserva il diritto di considerare un’impresa come avente una stabile organizzazione in uno Stato se svolge in quello Stato attività di supervisione o consulenza per più di 183 giorni in un periodo di dodici mesi in relazione a un cantiere edile o a un progetto di costruzione o installazione in quello Stato.
59. Corea si riserva la possibilità di tassare un’impresa che esercita attività di vigilanza per più di sei mesi in relazione ad un cantiere edile o ad un progetto di costruzione o di installazione di durata superiore a sei mesi.
60. Slovenia si riserva il diritto di includere nel comma 3 dell’articolo anche le attività di vigilanza o di consulenza connesse.
61. Messico e la Repubblica Slovacca si riservano il diritto di tassare un’impresa che svolge attività di vigilanza per più di sei mesi in relazione a un cantiere edile o a un progetto di costruzione, montaggio o installazione.
62. Messico e la Repubblica Slovacca si riservano la propria posizione sul paragrafo 3 e ritengono che qualsiasi cantiere o progetto di costruzione, assemblaggio o installazione che duri più di sei mesi debba essere considerato una stabile organizzazione.
63. Polonia e la Slovenia si riservano il diritto di sostituire “progetto di costruzione o installazione” con “progetto di costruzione, assemblaggio o installazione”.
64. Portogallo si riserva il diritto di considerare un’impresa come avente una stabile organizzazione in Portogallo se l’impresa svolge un’attività consistente nella pianificazione, supervisione, consulenza, qualsiasi lavoro ausiliario o qualsiasi altra attività in relazione a un cantiere edile o a un progetto di costruzione o installazione di durata superiore a sei mesi, se tali attività o lavori durano anch’essi più di sei mesi.
65. Gli Stati Uniti si riservano il diritto di aggiungere “una piattaforma di perforazione o una nave utilizzata per l’esplorazione di risorse naturali” alle attività coperte dal test della soglia di dodici mesi di cui al paragrafo 3.
Paragrafo4
66. Chile si riserva il diritto di modificare il paragrafo 4 eliminando il sottoparagrafo f) e sostituendo il sottoparagrafo e) con il testo corrispondente del Progetto di Convenzione modello fiscale del 1963.
67. Messico si riserva il diritto di escludere il comma f) del paragrafo 4 dell’articolo per considerare che una stabile organizzazione potrebbe esistere laddove una sede fissa di affari sia mantenuta per qualsiasi combinazione di attività menzionate nei commi da a) a e) del paragrafo 4.
Paragrafo6
68. Slovenia si riserva il diritto di modificare il paragrafo 6 per chiarire che un agente le cui attività sono svolte interamente o quasi interamente per conto di una singola impresa non sarà considerato un agente con status indipendente.

Black List dell’Unione Europea aggiornata alla decisione dell’8 ottobre 2024 

Proposto per la prima volta dalla Commissione nel gennaio 2016 l’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali è stato continuamente aggiornato (Evoluzione della lista UE (scheda informativa) Inglese)

Il processo di monitoraggio segue una serie di linee guida procedurali concordate nel febbraio 2018.

Senza modificare il processo di monitoraggio dinamico, nel marzo 2019 il Consiglio ha deciso di limitare gli aggiornamenti dell’elenco a due volte l’anno a partire dal 2020, per concedere agli Stati membri dell’UE tempo sufficiente per modificare la legislazione nazionale ove necessario.

All’indirizzo https://www.consilium.europa.eu/it/policies/eu-list-of-non-cooperative-jurisdictions/timeline-eu-list-of-non-cooperative-jurisdictions/ è possibile consultare la Cronistoria – Lista UE delle giurisdizioni non cooperative

Con decisione dell’8 ottobre 2024 il Consiglio UE ha aggiornato la Black List dell’Unione Europea, individuati sulla base delle indagini portate avanti dalla Commissione UE.

La scelta della nuova lista dei paradisi fiscali è stata stilata esaminando la posizione di numerosi Paesi alla luce dei seguenti criteri:

  • trasparenza fiscale e scambio di informazioni;
  • presenza di regimi fiscali privilegiati e non necessità dei requisiti di sostanza economica delle attività;
  • sistemi con imposizione inconsistente o uguale a zero.

Di seguito vengono indicati i nuovi Paesi della Black List UE:

  1. Samoa americane
  2. Anguilla
  3. Figi
  4. Guam
  5. Palau
  6. Panama
  7. Russia
  8. Samoa
  9. Trinidad e Tobago
  10. Isole Vergini degli Stati Uniti
  11. Vanuatu

Tra queste: Anguilla,  Panama, Russia, Samoa, e Vanuatu figurano nell’ELENCO AGGIORNATO AL 16 MAGGIO 2024 DEGLI STATI CHE HANNO ADERITO AL COMMON REPORTING STANDARD (CRS) : scambio automatico di informazioni tra le autorità fiscali sulle attività finanziarie detenute dai contribuenti

Quindi le giurisdizioni che figurano nella Black List UE al 8 ottobre 2024 che non hanno aderito al CRS sono:

      1. Samoa americane;
      2. Figi;
      3. Guam;
      4. Palau;
      5. Trinidad e Tobago
      6. Isole Vergini degli Stati Uniti.

Aliquote dell’imposta sulle società nel mondo 2024

  • Nel 2024, 13 paesi hanno apportato modifiche alle aliquote fiscali sul reddito delle società:
    • Otto paesi (Barbados, Bielorussia, Repubblica Ceca, Figi, Gibilterra, Islanda , Marocco e Slovenia) hanno aumentato le aliquote fiscali,
    • mentre cinque paesi ( Austria , Capo Verde, Ruanda, Swaziland e Repubblica araba siriana) hanno ridotto le aliquote fiscali sulle società.
  • I paesi con le aliquote fiscali societarie più elevate al mondo sono Comore (50 percento), Porto Rico (37,5 percento) e Suriname (36 percento), mentre i paesi con le aliquote fiscali societarie più basse sono Turkmenistan (8 percento), Barbados, Emirati Arabi Uniti e Ungheria (tutti al 9 percento).
    Quindici giurisdizioni non impongono un’imposta societaria.
  • Cinque paesi con aliquote fiscali statutarie sulle società inferiori al 15% (Bulgaria, Ungheria, Irlanda , Liechtenstein e Barbados) hanno implementato le norme relative all‘imposta minima qualificata integrativaQualified Domestic Minimum Top-up Tax (QDMTT) previste dall’Accordo del Secondo Pilastro (Pillar Two agreement) dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE ) – Organisation for Co-operation and Economic Development (OECD), aumentando l’aliquota effettiva dell’imposta sulle società al 15% per le grandi società.
  • A partire dal 2024, 28 paesi hanno adottato sia la regola sull’inclusione del reddito (IIR) – income inclusion rule (IIR) che la Qualified Domestic Minimum Top-up Tax (QDMTT), tre paesi (Cipro, Giappone e Repubblica di Corea ) hanno adottato solo la income inclusion rule (IIR) e cinque paesi (Barbados, Gibilterra, Slovacchia, Svizzera e Zimbabwe) hanno adottato solo la QDMTT. Trenta paesi stanno pianificando di adottare la regola sui profitti sottotassati (UTPR) entro la fine del 2025.
  • L’aliquota media mondiale dell’imposta sul reddito delle società (worldwide average statutory corporate income tax rate), misurata in 181 giurisdizioni, è del 23,51 percento. Quando ponderata in base al PIL, l’aliquota media statutaria è del 25,67 percento.
  • L’Asia ha il tasso medio regionale più basso al 19,74 percento, mentre il Sud America ha il tasso medio regionale più alto al 28,38 percento. Tuttavia, ponderato in base al PIL, l’Europa ha il tasso medio regionale più basso al 24,39 percento e il Sud America ha il più alto al 32,67 percento.
  • L’aliquota media più elevata per le aziende negli Stati membri dell’UE è del 21,27%, nei paesi OCSE del 23,85% e nel G7 del 27,15%.
  • Considerando l’imposta minima globale, l’aliquota media dell’Europa sale al 20,53%, quella del Nord America al 25,84%, quella dell’OCSE al 24,08% e quella degli Stati membri dell’UE al 21,77%.
  • L’aliquota media statutaria dell’imposta sulle società a livello mondiale è costantemente diminuita dal 1980, per poi stabilizzarsi negli ultimi anni.
  • Dal 1980, l’aliquota media dell’imposta sulle società è diminuita in ogni regione.

Introduzione

Nel 1980, le aliquote dell’imposta sulle società in tutto il mondo erano in media del 40,11% e del 46,52% se ponderate con il PIL.  Da allora, i paesi hanno riconosciuto l’impatto che le elevate aliquote dell’imposta sulle società hanno sulle decisioni di investimento delle imprese; nel 2022, la media è ora del 23,37% e del 25,43 se ponderata in base al PIL, per 180 giurisdizioni fiscali separate.

I cali sono stati osservati in tutte le principali regioni del mondo, comprese le maggiori economie. Negli Stati Uniti, il Tax Cuts and Jobs Act del 2017 ha portato l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società del paese dalla quarta più alta al mondo più vicino al centro della distribuzione.

I paesi asiatici ed europei tendono ad avere aliquote dell’imposta sul reddito delle società inferiori rispetto ai paesi di altre regioni e molti paesi in via di sviluppo hanno aliquote dell’imposta sul reddito delle società superiori alla media mondiale.

Oggi, la maggior parte dei paesi ha aliquote dell’imposta sulle società inferiori al 30%.

Notevoli variazioni dell’aliquota dell’imposta sulle società nel 2024

Tredici paesi hanno modificato le aliquote fiscali obbligatorie sulle società nel 2024. Otto paesi hanno aumentato le aliquote massime sulle società: Marocco (dal 32% al 33%), Bielorussia (dal 20% al 25%), Repubblica Ceca (dal 19% al 21%), Gibilterra (dal 12,5% al ​​15%), Islanda (dal 20% al 21%), Slovenia (dal 19% al 22%), Barbados (dal 5,5% al ​​9%) e Figi (dal 20% al 25%).

Cinque paesi in tre continenti (Cabo Verde, Ruanda, Swaziland, Repubblica araba siriana e Austria) hanno ridotto le loro aliquote fiscali aziendali nel 2024. Le riduzioni delle aliquote fiscali sono variate da appena 1 punto percentuale in Austria e Capo Verde a 3 punti percentuali nella Repubblica araba siriana.

Inoltre, nel 2024, cinque Paesi con aliquote fiscali statutarie sulle società inferiori al 15% (Bulgaria, Ungheria, Irlanda, Liechtenstein e Barbados) hanno implementato il QDMTT dalle norme del Secondo Pilastro, aumentando l’aliquota fiscale effettiva per le grandi aziende al 15%.

Modifiche significative dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle società nel 2024

Country 2023 Tax Rate 2024 Tax Rate 2024 Tax Rate Accounting for Global Minimum Tax Change from 2023 to 2024
Africa
Cabo Verde 22% 21% 21% -1.02 ppt
Morocco 32% 33% 33% +1 ppt
Rwanda 30% 28% 28% -2 ppt
Swaziland 27,5% 25% 25% -2.5 ppt
Asia
Syrian Arab Republic 28% 25% 25% -3 ppt
Europe
Austria 24% 23% 23% -1 ppt
Belarus 20% 25% 25% +5 ppt
Bulgaria 10% 10% 15% 0 ppt/+5 ppt
Czechia 19% 21% 21% +2 ppt
Gibraltar 12,5% 15% 15% +2.5 ppt
Hungary 9% 9% 15% 0 ppt/+6 ppt
Iceland 20% 21% 21% +1 ppt
Ireland 12,5% 12,5% 15% 0 ppt/+2.5 ppt
Liechtenstein 12,5% 12,5% 15% 0 ppt/+2.5 ppt
Slovenia 19% 22% 22% +3 ppt
North America
Barbados 6% 9% 15% +3.5 ppt /+9.5 ppt
Fiji 20 25 25 +5 ppt

Modifiche programmate dell’aliquota dell’imposta sulle società nell’OCSE e in giurisdizioni selezionate

Tra i paesi OCSE, Estonia e Lituania hanno annunciato che implementeranno modifiche alle loro aliquote statutarie dell’imposta sul reddito delle società nel 2025. Inoltre, Marocco e Slovenia hanno promulgato modifiche alle loro imposte statutarie sul reddito delle società che avranno luogo nei prossimi anni.

  • In Estonia , l’imposta sul reddito delle società aumenterà dal 20% nel 2024 al 22% nel 2025.
  • In Lituania , l’imposta sul reddito delle società aumenterà dal 15% nel 2024 al 16% nel 2025.
  • In Marocco , l’imposta massima sul reddito delle società è stata aumentata dal 31% al 35% per le società con un reddito imponibile superiore a 100 milioni di MAD (9,9 milioni di USD). Tuttavia, questo aumento sarà introdotto in tre anni, con un aumento di un punto percentuale ogni anno. Per l’anno fiscale 2024, l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società applicabile è del 33 percento.
  • In Slovenia , l’imposta massima sul reddito delle società è stata aumentata temporaneamente, dal 19% al 22%, per cinque anni, fino al 2028. Questa imposta quinquennale è destinata a finanziare gli sforzi di ricostruzione dopo le grandi inondazioni verificatesi nell’agosto 2023.

L’impatto dell’imposta minima globale -Global Minimum Tax

Oltre 140 paesi hanno già concordato una serie di regole per una Global Minimum Tax del 15 percento, come parte dell’accordo fiscale globale del 2021 coordinato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE ) – Organisation for Co-operation and Economic Development (OECD)

L’imposta minima globale, nota anche come Pilastro Due – Pillar Two (vedi: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/qanda_21_3564) , include tre regole principali. La prima è un’imposta minima nazionale qualificata, che i paesi potrebbero utilizzare per rivendicare il primo diritto a tassare gli utili attualmente tassati al di sotto dell’aliquota minima effettiva del 15 percento. La seconda è una regola di inclusione del reddito, che determina quando il reddito estero di una società dovrebbe essere incluso nel reddito imponibile della società madre. Quando l’aliquota fiscale effettiva di una società scende al di sotto del 15 percento, sarebbero dovute imposte aggiuntive nella sua giurisdizione di origine. La terza regola del Pilastro Due è la regola degli utili sottotassati, che consentirebbe a un paese di aumentare le tasse su una società se un’altra entità correlata in una giurisdizione diversa fosse tassata al di sotto dell’aliquota effettiva del 15 percento. Se più paesi applicano un’imposta integrativa simile, l’utile imponibile verrebbe suddiviso in base all’ubicazione delle attività materiali e dei dipendenti.

Queste norme modello stanno incentivando i paesi di tutto il mondo a introdurre per la prima volta un’imposta sul reddito delle società.

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno introdotto un’imposta federale sul reddito delle società del 9% nel 2023, imporranno ora un’imposta minima integrativa del 15% sulle grandi società multinazionali che operano nel paese a partire dal 1° gennaio 2025.

Le Bermuda hanno anche introdotto un’imposta minima del 15 percento sul reddito delle società. Negli ultimi anni, il governo delle Bermuda ha esteso un’esenzione fiscale concessa alle società delle Bermuda fino a marzo 2035. Questa esenzione dovrebbe proteggere le società da qualsiasi nuova imposta promulgata sul reddito o sulle plusvalenze fino a marzo 2035. Tuttavia, a dicembre 2023, le Bermuda hanno introdotto un’imposta sul reddito delle società del 15 percento sulle società multinazionali con un fatturato annuo di 750 milioni di euro o più, in vigore dal 2025.

Inoltre, nel maggio 2023, i governi di Guernsey, Jersey e dell’Isola di Man hanno concordato un approccio interno congiunto al Pilastro Due a partire dal 2025.

Alla fine del 2022, l’UE ha anche adottato la propria direttiva del Pilastro Due. L’UE obbliga gli Stati membri con più di 12 gruppi multinazionali nell’ambito di applicazione ad attuare la regola sull’inclusione del reddito (IIR) a partire dal 31 dicembre 2023 e la regola sui profitti sottotassati – UnderTaxed Profits Rule (UTPR)  a partire dal 31 dicembre 2024. Gli Stati membri con non più di 12 gruppi multinazionali nell’ambito di applicazione possono scegliere di rinviare l’attuazione di entrambe le norme per sei anni ai sensi dell’articolo 50 della direttiva.

A partire dal 2024, 28 paesi hanno adottato sia la regola sull’inclusione del reddito (IIR) – income inclusion rule (IIR) che la Qualified Domestic Minimum Top-up Tax (QDMTT), tre paesi (Cipro, Giappone e Repubblica di Corea) hanno adottato solo la regola sull’inclusione del reddito (IIR) – income inclusion rule (IIR) e cinque paesi (Barbados, Gibilterra, Slovacchia, Svizzera e Zimbabwe) hanno adottato solo la Qualified Domestic Minimum Top-up Tax (QDMTT). Trenta paesi stanno pianificando di adottare la regola sui profitti sottotassati – UnderTaxed Profits Rule (UTPR)   entro la fine del 2025 e più di 47 paesi sono destinati ad adottare almeno le regole Qualified Domestic Minimum Top-up Tax (QDMTT) entro il 2026.

Tuttavia, mentre i paesi cercano modi per implementare l’imposta minima globale, si stanno anche prendendo in considerazione nuove misure qualificate , credito d’imposta rimborsabili, incentivi per le imprese multinazionali autorizzate dal quadro normativo a continuare a competere per gli investimenti.

Le aliquote dell’imposta sulle società nel mondo

Centoquaranta tre delle 225 giurisdizioni separate esaminate nel 2024 hanno aliquote fiscali aziendali pari o inferiori al 25 percento. Centoventicinque hanno aliquote superiori al 20 percento ma inferiori o pari al 30 percento. L’aliquota media tra le 225 giurisdizioni è del 23,51 percento. Gli Stati Uniti hanno l’82 ° più alto tasso di imposta sulle società con un’aliquota statutaria federale e statale combinata del 25,63 percento.

I 20 paesi con le aliquote fiscali statutarie più elevate sul reddito delle società abbracciano quasi ogni regione, anche se in modo diseguale. Mentre otto dei primi 20 paesi sono in Africa, l’Oceania compare solo una volta e l’Europa due volte. Delle restanti giurisdizioni, quattro sono in Nord America e cinque sono in Sud America.

Lo stato attuale delle aliquote fiscali aziendali in tutto il mondo mostra come i Paesi in Africa e Sud America tendono ad avere aliquote fiscali aziendali più elevate rispetto alle giurisdizioni asiatiche ed europee. Le aliquote fiscali aziendali di Oceania e Nord America tendono ad essere vicine alla media mondiale.

Le 20 aliquote fiscali sul reddito delle società più alte al mondo, 2024

Country Continent Tax Rate
Comoros* Africa 50%
Puerto Rico North America 37,5%
Suriname South America 36%
Argentina South America 35%
Chad Africa 35%
Colombia South America 35%
Cuba North America 35%
Equatorial Guinea Africa 35%
Malta Europe 35%
Sudan Africa 35%
Sint Maarten (Dutch part) North America 34,5%
American Samoa Oceania 34%
Brazil South America 34%
Venezuela (Bolivarian Republic of) South America 34%
Cameroon Africa 33%
Saint Kitts and Nevis North America 33%
Morocco Africa 32%
Mozambique Africa 32%
Namibia Africa 32%
Portugal Europe 31,5%

*L’aliquota normale dell’imposta sulle società è del 35 percento, che si applica sia alle società comoriane che alle società straniere che derivano reddito di fonte comoriana. Tuttavia, le imprese industriali e commerciali pubbliche o quelle in cui lo Stato o determinate istituzioni pubbliche sono partecipanti sono soggette a un’aliquota dell’imposta sulle società del 50 percento se il loro fatturato supera i 500 milioni di franchi comoriani; vedere Bloomberg Tax, “Country Guides: Comoros”, https://www.bloomberglaw.com/product/tax/document/25590833704.

Fonte: OCSE, “Corporate income tax statutory and targeted small business rates”, aggiornato a settembre 2024; PwC, “Worldwide Tax Summaries – Corporate Taxes”, 2024, https://taxsummaries.pwc.com/; Bloomberg Tax, “Country Guides – Corporate Tax Rates”, consultato a novembre 2024, https://www.bloomberglaw.com/product/tax/toc_view_menu/3380; e analizzati individualmente, vedere Tax Foundation, “worldwide-corporate-tax-rates,” GitHub, https://github.com/TaxFoundation/worldwide-corporate-tax-rates.

Le 20 aliquote fiscali sul reddito delle società più basse al mondo, 2024 (escluse le giurisdizioni con un’aliquota dell’imposta sul reddito delle società pari a zero percento.)

All’altro estremo dello spettro, dei 20 paesi con le aliquote fiscali societarie statutarie più basse diverse da zero, 18 applicano aliquote pari o inferiori al 15 percento. Nove paesi hanno aliquote statutarie del 10 percento, cinque sono piccole nazioni europee (Andorra, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Kosovo e Macedonia). Gli unici due membri dell’OCSE rappresentati tra i 20 paesi in fondo alla classifica sono Ungheria e Irlanda. L’Ungheria ha ridotto la sua aliquota fiscale sul reddito delle società dal 19 al 9 percento nel 2017. L’Irlanda ha la sua aliquota del 12,5 percento in vigore dal 2003. Nel 2024, dei 18 paesi con aliquote fiscali societarie inferiori al 15 percento, cinque (Bulgaria, Ungheria, Irlanda, Liechtenstein e Barbados) hanno implementato il QDMTT dalle regole del Pilastro Due, aumentando la loro aliquota fiscale effettiva sulle società al 15 percento.

All’estremità opposta dello spettro, i 20 paesi con le aliquote dell’imposta sulle società legali diverse da zero più basse applicano tutte aliquote pari o inferiori al 15%. Nove paesi hanno tassi legali del 10%, cinque sono piccole nazioni europee (Andorra, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Kosovo e Macedonia). Gli unici due membri dell’OCSE rappresentati tra gli ultimi 20 paesi sono l’Ungheria e l’Irlanda. L’Ungheria ha ridotto la sua aliquota dell’imposta sul reddito delle società dal 19 al 9% nel 2017. L’Irlanda è nota per la sua bassa aliquota del 12,5%, in vigore dal 2003.

Country Continent Tax Rate Tax Rate Accounting for Global Minimum Tax
Turkmenistan Asia 8% 8%
Barbados North America 9% 15%
Hungary Europe 9% 15%
United Arab Emirates Asia 9% 9%
Andorra Europe 10% 10%
Bosnia and Herzegovina Europe 10% 10%
Bulgaria Europe 10% 15%
Republic of Kosovo Europe 10% 10%
Kyrgyzstan Asia 10% 10%
Paraguay South America 10% 10%
Qatar Asia 10% 10%
The former Yugoslav Republic of Macedonia Europe 10% 10%
Timor-Leste Oceania 10% 10%
China, Macao Special Administrative Region Asia 12% 12%
Republic of Moldova Europe 12% 12%
Cyprus Europe 12,5% 12,5%
Ireland Europe 12,5% 15%
Liechtenstein Europe 12,5% 15%
Albania* Europe 15% 15%
Georgia* Asia 15% 15%

Nota: sono escluse le giurisdizioni con un’aliquota dell’imposta sul reddito delle società pari a zero percento.

*A parte Albania e Georgia, ci sono altri 12 paesi con un’aliquota dell’imposta sul reddito delle società pari al 15 percento che non sono mostrati in questa tabella.

Fonte: OCSE, “Corporate income tax statutory and targeted small business rates”; PwC, “Worldwide Tax Summaries – Corporate Taxes”; Bloomberg Tax, “Country Guides – Corporate Tax Rates”; e ricercato singolarmente, vedere Tax Foundation, “worldwide-corporate-tax-rates”.

Paesi senza imposta generale sul reddito delle società, 2024

Delle 225 giurisdizioni esaminate, 16 attualmente non impongono un’imposta generale sul reddito delle società. Ad eccezione degli Emirati Arabi Uniti, tutte queste giurisdizioni sono piccole nazioni insulari. Una manciata, come le Isole Cayman e le Bermuda, sono ben note per la loro mancanza di tasse societarie.

Country Continent
Anguilla North America
Bahamas North America
Bahrain* Asia
Belize* North America
Bermuda North America
British Virgin Islands North America
Cayman Islands North America
Guernsey Europe
Isle of Man Europe
Jersey Europe
Saint Barthelemy North America
Tokelau Oceania
Turks and Caicos Islands North America
Vanuatu Oceania
Wallis and Futuna Islands Oceania

Nota: *Il Bahrein non ha un’imposta generale sul reddito delle società, ma ha un’imposta mirata sul reddito delle società sulle società petrolifere, che può arrivare fino al 46 percento. Vedere Bloomberg Tax, “Country Guides – Corporate Tax Rates”, consultato a novembre 2024, https://www.bloomberglaw.com/product/tax/toc_view_menu/3380. In Belize, l’aliquota dell’imposta sulle società è del 40 percento, ma poiché questa aliquota si applica solo all’industria petrolifera, l’aliquota dell’imposta sulle società in Belize è stata inclusa in questo database come 0 percento per garantire la coerenza del trattamento in tutte le giurisdizioni. Vedere OCSE, “Corporate Tax Statistics 2024”, novembre 2024, https://doi.org/10.1787/9c27d6e8-en.

Fonte: OCSE, “Corporate income tax statutari e aliquote mirate per le piccole imprese”; PwC, “Worldwide Tax Summaries – Corporate Taxes”; Bloomberg Tax, “Guide per Paese – Aliquote fiscali aziendali”.
Fonti: OCSE, “Tabella II.1. Aliquota fiscale statutaria sul reddito delle società” e “Aliquote fiscali statutarie sul reddito delle società”; PwC, “Sintesi fiscali mondiali – Imposte sulle società”; Bloomberg Tax, “Guide per Paese – Aliquote fiscali aziendali”.

Variazione regionale delle aliquote dell’imposta sulle società

Le aliquote fiscali aziendali possono variare notevolmente a seconda della regione. Il Sud America ha la più alta aliquota fiscale aziendale media statutaria tra tutte le regioni, pari al 28,38 percento. L’Asia ha la più bassa aliquota fiscale aziendale media statutaria tra tutte le regioni, pari al 19,74 percento.

In base al PIL, il Sud America ha l’aliquota media più alta dell’imposta sulle società, pari al 32,67%, mentre l’Europa ha quella più bassa, pari al 24,39%.

In generale, le nazioni più grandi e industrializzate tendono ad avere aliquote fiscali sul reddito delle società più elevate rispetto alle nazioni più piccole. Il G7, che è composto dalle sette nazioni più ricche del mondo, ha un’aliquota fiscale statutaria media sul reddito delle società del 27,15 percento e un’aliquota media ponderata del 26,63 percento. Gli stati membri dell’OCSE hanno un’aliquota fiscale statutaria media sul reddito delle società del 23,85 percento e un’aliquota del 26,12 percento ponderata in base al PIL. I BRICS hanno un’aliquota statutaria media sul reddito delle società del 27,20 percento e un’aliquota fiscale statutaria media ponderata sul reddito delle società del 26,22 percento.

Quando si tiene conto dell’imposta minima globale, non ci sono cambiamenti significativi nelle medie ponderate delle regioni analizzate. Tuttavia, quando si confrontano le medie non ponderate, sia l’Europa (20,53%) che il Nord America (25,84%) hanno aliquote medie leggermente più elevate quando si tiene conto dell’imposta minima globale rispetto a quando non si tiene conto dell’imposta minima globale (rispettivamente 20,18% e 25,59%). Inoltre, quando si tiene conto dell’imposta minima globale, l’aliquota media OCSE aumenta dal 23,85% al ​​24,08%, mentre la media dell’Unione Europea aumenta dal 21,27% al 21,77%.

Aliquota media dell’imposta sulle società per regione o gruppo, 2024

Region Average Rate Average Rate Accounting for Global Minimum Tax Average Rate Weighted by GDP Average Rate Accounting for Global Minimum Tax Weighted by GDP Number of Countries Covered
Africa 27% 27% 28% 28% 51
Asia 20% 20% 25% 25% 47
Europe 20% 21% 24% 25% 39
North America 26% 26% 26% 26% 24
Oceania 24% 24% 30% 30% 8
South America 28% 28% 33% 33% 12
G7 27% 27% 27% 27% 7
OECD 24% 24% 26% 26% 38
BRICS 27% 27% 26% 26% 5
European Union 21% 22% 25% 25% 27
G20 27% 27% 26,5% 27% 19
World 24% 24% 26% 26% 181

Nota: i calcoli del PIL provengono dal Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti, “International Macroeconomics Data Set”.
Fonte: OCSE, “Corporate income tax statutari e aliquote mirate per le piccole imprese”; PwC, “Worldwide Tax Summaries – Corporate Taxes”; Bloomberg Tax, “Country Guides – Corporate Tax Rates”; e alcune giurisdizioni analizzate individualmente, vedere Tax Foundation, “worldwide-corporate-tax-rates”.

Aliquote massime dell’imposta sulle società previste dalla legge e attuazione del secondo pilastro in tutto il mondo, 2024

Solo tre giurisdizioni fiscali impongono un’imposta sul reddito delle società a aliquote statutarie superiori al 35 percento. [19] Il grafico seguente mostra una distribuzione delle aliquote dell’imposta sul reddito delle società tra 225 giurisdizioni nel 2024. Una pluralità di paesi (125 in totale) impone un’aliquota superiore al 20 percento e inferiore o pari al 30 percento. Diciassette giurisdizioni hanno un’aliquota statutaria dell’imposta sulle società superiore al 30 percento e inferiore o pari al 35 percento. Ottanta giurisdizioni hanno un’aliquota statutaria dell’imposta sulle società inferiore o pari al 20 percento e 205 giurisdizioni hanno un’aliquota statutaria dell’imposta sulle società inferiore o pari al 30 percento.

Negli ultimi 44 anni, le aliquote fiscali aziendali sono costantemente diminuite su base globale. Nel 1980, l’aliquota fiscale statutaria media non ponderata a livello mondiale era del 40,18%. Oggi, l’aliquota statutaria media si attesta al 23,51%, ovvero una riduzione del 41%, e al 23,62% tenendo conto dell’imposta minima globale.

Nonostante un calo generale delle aliquote fiscali aziendali in tutto il mondo, anche i paesi OCSE e non OCSE sono diventati più dipendenti dalle entrate derivanti dalle imposte sul reddito delle società. Una causa di questo cambiamento è stato uno spostamento nelle giurisdizioni incluse.  In secondo luogo, l’impatto negativo sulle entrate del calo delle aliquote fiscali aziendali è stato generalmente compensato dalla riduzione o dall’abolizione delle politiche di agevolazione fiscale.

L’aliquota media ponderata statutaria è rimasta più alta della media semplice in questo periodo. Prima della riforma fiscale statunitense del 2017, gli Stati Uniti erano in gran parte responsabili del mantenimento di una media ponderata più alta, data la loro aliquota fiscale relativamente elevata, nonché il loro contributo significativo al PIL globale. La figura 4 mostra l’impatto significativo che la modifica dell’aliquota societaria statunitense ha avuto sulla media ponderata mondiale. L’aliquota media ponderata statutaria dell’imposta sul reddito delle società è scesa dal 46,66 percento nel 1980 al 25,67 percento (25,7 percento tenendo conto dell’imposta minima globale) nel 2024, rappresentando una riduzione del 45 percento nei 44 anni esaminati.

Nel corso del tempo, sempre più paesi hanno iniziato a tassare le società con aliquote pari o inferiori al 30%, con gli Stati Uniti che hanno seguito questa tendenza con le loro modifiche fiscali alla fine del 2017. Il cambiamento più significativo si è verificato tra il 1990 e il 2000, con il 49% dei paesi che hanno imposto un’aliquota legale inferiore al 30% nel 2000 e solo il 27% dei paesi nel set di dati che ha imposto un’aliquota legale inferiore al 30% nel 1990. Questa tendenza è continuata tra il 2000 e il 2010, con il 79% dei paesi che ha imposto un’aliquota legale inferiore al 30% nel 2010. Attualmente, il 91% dei paesi impone un’aliquota legale inferiore al 30%.

Le aliquote fiscali per le società comprese tra il 20% e il 25% sono diventate le più comuni.

Tutte le regioni hanno visto un calo netto delle aliquote statutarie medie tra il 1980 e il 2024. La media è diminuita di più in Europa, con la media del 1980 del 44,6 percento scesa al 20,18 percento (20,53 percento tenendo conto dell’imposta minima globale), un calo del 55 percento. Il Sud America ha visto il calo più piccolo, con la media in calo solo del 23 percento, dal 36,66 percento nel 1980 al 28,38 percento nel 2024.

In Sud America si sono verificati due periodi, dal 1990 al 2000 e dal 2010 al 2024, durante i quali l’aliquota media legale è aumentata leggermente, di meno di 0,5 punti percentuali, sebbene l’aliquota media sia diminuita nell’intero periodo di 44 anni.

Le aliquote fiscali statutarie massime medie mondiali e regionali sono diminuite negli ultimi quattro decenni a causa del passaggio dei paesi a tipologie fiscali più efficienti. Tuttavia, si sono stabilizzate negli ultimi anni. Delle 225 giurisdizioni in tutto il mondo, solo otto hanno aumentato le loro aliquote fiscali massime sul reddito delle società nel 2024, mentre cinque giurisdizioni a bassa tassazione hanno aumentato le loro aliquote fiscali effettive sulle società implementando l’imposta minima globale, una tendenza che potrebbe invertirsi nei prossimi anni poiché più paesi implementeranno l’imposta minima globale.

Aliquote fiscali societarie nel Mondo del 2024

Aliquote massime dell’imposta sulle società previste  ed attuazione del secondo pilastro in tutto il mondo, 2024

ISO 3 Continent Country Corporate Tax Rate Tax Rate Accounting for Global Minimum Tax Joined the Pillar Two Statement Income Inclusion Rule (IIR) Undertaxed Profits Rule (UTPR) Qualified Domestic Minimum Top-up Tax (QDMTT)
ABW NO Aruba 22% 22% No No No No
AFG AS Afghanistan 20% 20% No No No No
AGO AF Angola 25% 25% Yes No No No
AIA NO Anguilla 0% 0% No No No No
ALA EU Aland Islands 20% 20% No No No No
ALB EU Albania 15% 15% Yes No No No
AND EU Andorra 10% 10% No No No No
ARE AS United Arab Emirates 9% 9% Yes No No No
ARG SA Argentina 35% 35% Yes No No No
ARM AS Armenia 18% 18% Yes No No No
ASM OC American Samoa 34% 34% No No No No
ATG NO Antigua and Barbuda 25% 25% No No No No
AUS OC Australia 30% 30% Yes Yes No Yes
AUT EU Austria 23% 23% Yes Yes No Yes
AZE AS Azerbaijan 20% 20% Yes No No No
BDI AF Burundi 30% 30% No No No No
BEL EU Belgium 25% 25% Yes Yes No Yes
BEN AF Benin 30% 30% No No No No
BES NO Bonaire, Sint Eustatius and Saba 25,8% 25,8% No No No No
BFA AF Burkina Faso 27,5% 27,5% No No No No
BGD AS Bangladesh 27,5% 27,5% No No No No
BGR EU Bulgaria 10% 15% Yes Yes No Yes
BHR AS Bahrain 0% 0% Yes No No No
BHS NO Bahamas 0% 0% Yes No No No
BIH EU Bosnia and Herzegovina 10% 10% Yes No No No
BLM NO Saint Barthelemy 0% 0% No No No No
BLR EU Belarus 25% 25% No No No No
BLZ NO Belize 0% 0% No No No No
BMU NO Bermuda 0% 0% Yes No No No
BOL SA Plurinational State of Bolivia 25% 25% No No No No
BRA SA Brazil 34% 34% Yes No No No
BRB NO Barbados 9% 15% Yes No No Yes
BRN AS Brunei Darussalam 18,5% 18,5% No No No No
BTN AS Bhutan 25% 25% No No No No
BWA AF Botswana 22% 22% No No No No
CAF AF Central African Republic 30% 30% No No No No
CAN NO Canada 26% 26% Yes Yes No Yes
CHE EU Switzerland 20% 20% Yes No No Yes
CHL SA Chile 27% 27% Yes No No No
CHN AS China 25% 25% Yes No No No
CIV AF Cote d’Ivoire 25% 25% No No No No
CMR AF Cameroon 33% 33% Yes No No No
COD AF Democratic Republic of the Congo 30% 30% Yes No No No
COG AF Congo 28% 28% Yes No No No
COK OC Cook Islands 20% 20% No No No No
COL SA Colombia 35% 35% Yes No No No
COM AF Comoros 50% 50% No No No No
CPV AF Cabo Verde 21% 21% Yes No No No
CRI NO Costa Rica 30% 30% Yes No No No
CUB NO Cuba 35% 35% No No No No
CUW NO Curacao 22% 22% No No No No
CYM NO Cayman Islands 0% 0% Yes No No No
CYP EU Cyprus 12,5% 12,5% No Yes No No
CZE EU Czechia 21% 21% Yes Yes No Yes
DEU EU Germany 30% 30% Yes Yes No Yes
DJI AF Djibouti 25% 25% No No No No
DMA NO Dominica 25% 25% No No No No
DNK EU Denmark 22% 22% Yes Yes No Yes
DOM NO Dominican Republic 27% 27% Yes No No No
DZA AF Algeria 26% 26% No No No No
ECU SA Ecuador 25% 25% No No No No
EGY AF Egypt 22,5% 22,5% Yes No No No
ERI AF Eritrea 30% 30% No No No No
ESP EU Spain 25% 25% Yes Yes No Yes
EST EU Estonia 20% 20% Yes No No No
ETH AF Ethiopia 30% 30% No No No No
FIN EU Finland 20% 20% Yes Yes No Yes
FJI OC Fiji 25% 25% No No No No
FLK SA Falkland Islands (Malvinas) 26% 26% No No No No
FRA EU France 26% 26% Yes Yes No Yes
FRO EU Faroe Islands 18% 18% No No No No
FSM OC Federated States of Micronesia 30% 30% No No No No
GAB AF Gabon 30% 30% No No No No
GBR EU United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland 25% 25% Yes Yes No Yes
GEO AS Georgia 15% 15% Yes No No No
GGY EU Guernsey 0% 0% Yes No No No
GHA AF Ghana 25% 25% No No No No
GIB EU Gibraltar 15% 15% Yes No No Yes
GIN AF Guinea 25% 25% No No No No
GMB AF Gambia 27% 27% No No No No
GNB AF Guinea-Bissau 25% 25% No No No No
GNQ AF Equatorial Guinea 35% 35% No No No No
GRC EU Greece 22% 22% Yes Yes No Yes
GRD NO Grenada 28% 28% No No No No
GRL NO Greenland 26,5% 26,5% Yes No No No
GTM NO Guatemala 25% 25% No No No No
GUM OC Guam 21% 21% No No No No
GUY SA Guyana 25% 25% No No No No
HKG AS China, Hong Kong Special Administrative Region 16,5% 16,5% Yes No No No
HND NO Honduras 30% 30% Yes No No No
HRV EU Croatia 18% 18% Yes Yes No Yes
HTI NO Haiti 30% 30% No No No No
HUN EU Hungary 9% 15% Yes Yes No Yes
IDN AS Indonesia 22% 22% Yes No No No
IMN EU Isle of Man 0% 0% Yes No No No
IND AS India 30% 30% Yes No No No
IRL EU Ireland 12,5% 15% Yes Yes No Yes
IRN AS Islamic Republic of Iran 25% 25% No No No No
IRQ AS Iraq 15% 15% No No No No
ISL EU Iceland 21% 21% Yes No No No
ISR AS Israel 23% 23% Yes No No No
ITA EU Italy 28% 28% Yes Yes No Yes
JAM NO Jamaica 25% 25% Yes No No No
JEY EU Jersey 0% 0% Yes No No No
JOR AS Jordan 20% 20% Yes No No No
JPN AS Japan 30% 30% Yes Yes No No
KAZ AS Kazakhstan 20% 20% Yes No No No
KEN AF Kenya 30% 30% No No No No
KGZ AS Kyrgyzstan 10% 10% No No No No
KHM AS Cambodia 20% 20% No No No No
KIR OC Kiribati 30% 30% No No No No
KNA NO Saint Kitts and Nevis 33% 33% No No No No
KOR AS Republic of Korea 26,4% 26,4% Yes Yes No No
KWT AS Kuwait 15% 15% No No No No
LAO AS Lao People’s Democratic Republic 20% 20% No No No No
LBN AS Lebanon 17% 17% No No No No
LBR AF Liberia 25% 25% Yes No No No
LBY AF Libya 20% 20% No No No No
LCA NO Saint Lucia 30% 30% No No No No
LIE EU Liechtenstein 12,5% 15% Yes Yes No Yes
LKA AS Sri Lanka 30% 30% No No No No
LSO AF Lesotho 25% 25% No No No No
LTU EU Lithuania 15% 15% Yes No No No
LUX EU Luxembourg 25% 25% Yes Yes No Yes
LVA EU Latvia 20% 20% Yes No No No
MAC AS China, Macao Special Administrative Region 12% 12% No No No No
MAF NO Saint Martin (French Part) 20% 20% No No No No
MAR AF Morocco 33% 33% No No No No
MCO EU Monaco 25% 25% No No No No
MDA EU Republic of Moldova 12% 12% No No No No
MDG AF Madagascar 20% 20% No No No No
MDV AS Maldives 15% 15% No No No No
MEX NO Mexico 30% 30% Yes No No No
MKD EU The former Yugoslav Republic of Macedonia 10% 10% Yes No No No
MLI AF Mali 30% 30% No No No No
MLT EU Malta 35% 35% Yes No No No
MMR AS Myanmar 22% 22% No No No No
MNE EU Montenegro 15% 15% Yes No No No
MNG AS Mongolia 25% 25% Yes No No No
MNP OC Northern Mariana Islands 21% 21% No No No No
MOZ AF Mozambique 32% 32% No No No No
MRT AF Mauritania 25% 25% No No No No
MSR NO Montserrat 30% 30% No No No No
MUS AF Mauritius 15% 15% Yes No No No
MWI AF Malawi 30% 30% No No No No
MYS AS Malaysia 24% 24% Yes No No No
NAM AF Namibia 32% 32% Yes No No No
NCL OC New Caledonia 30% 30% No No No No
NER AF Niger 30% 30% No No No No
NGA AF Nigeria 30% 30% No No No No
NIC NO Nicaragua 30% 30% No No No No
NIU OC Niue 30% 30% No No No No
NLD EU Netherlands 25,8% 25,8% Yes Yes No Yes
NOR EU Norway 22% 22% Yes Yes No Yes
NPL AS Nepal 25% 25% No No No No
NRU OC Nauru 25% 25% No No No No
NZL OC New Zealand 28% 28% Yes No No No
OMN AS Oman 15% 15% Yes No No No
PAK AS Pakistan 29% 29% No No No No
PAN NO Panama 25% 25% Yes No No No
PER SA Peru 29,5% 29,5% Yes No No No
PHL AS Philippines 25% 25% No No No No
PNG OC Papua New Guinea 30% 30% Yes No No No
POL EU Poland 19% 19% Yes No No No
PRI NO Puerto Rico 37,5% 37,5% No No No No
PRT EU Portugal 31,5% 31,5% Yes Yes No Yes
PRY SA Paraguay 10% 10% Yes No No No
PSE AS State of Palestine 15% 15% No No No No
PYF OC French Polynesia 25% 25% No No No No
QAT AS Qatar 10% 10% Yes No No No
ROU EU Romania 16% 16% Yes Yes No Yes
RUS EU Russian Federation 20% 20% No No No No
RWA AF Rwanda 28% 28% No No No No
SAU AS Saudi Arabia 20% 20% Yes No No No
SDN AF Sudan 35% 35% No No No No
SEN AF Senegal 30% 30% Yes No No No
SGP AS Singapore 17% 17% Yes No No No
SHN AF Saint Helena 25% 25% No No No No
SLB OC Solomon Islands 30% 30% No No No No
SLE AF Sierra Leone 25% 25% Yes No No No
SLV NO El Salvador 30% 30% No No No No
SMR EU San Marino 17% 17% No No No No
SRB EU Serbia 15% 15% Yes No No No
SSD AF South Sudan 30% 30% No No No No
STP AF Sao Tome and Principe 25% 25% No No No No
SUR SA Suriname 36% 36% No No No No
SVK EU Slovakia 21% 21% Yes No No Yes
SVN EU Slovenia 22% 22% Yes Yes No Yes
SWE EU Sweden 20,6% 20,6% Yes Yes No Yes
SWZ AF Swaziland 25% 25% Yes No No No
SXM NO Sint Maarten (Dutch part) 34,5% 34,5% No No No No
SYC AF Seychelles 25% 25% No No No No
SYR AS Syrian Arab Republic 25% 25% No No No No
TCA NO Turks and Caicos Islands 0% 0% No No No No
TCD AF Chad 35% 35% No No No No
TGO AF Togo 27% 27% No No No No
THA AS Thailand 20% 20% Yes No No No
TJK AS Tajikistan 18% 18% No No No No
TKL OC Tokelau 0% 0% No No No No
TKM AS Turkmenistan 8% 8% No No No No
TLS OC Timor-Leste 10% 10% No No No No
TON OC Tonga 25% 25% No No No No
TTO NO Trinidad and Tobago 30% 30% Yes No No No
TUN AF Tunisia 15% 15% Yes No No No
TUR AS Turkey 25% 25% Yes Yes No Yes
TWN AS Taiwan 20% 20% No No No No
TZA AF United Republic of Tanzania 30% 30% No No No No
UGA AF Uganda 30% 30% No No No No
UKR EU Ukraine 18% 18% Yes No No No
URY SA Uruguay 25% 25% Yes No No No
USA NO United States of America 26% 26% Yes No No No
UZB AS Uzbekistan 15% 15% Yes No No No
VCT NO Saint Vincent and the Grenadines 28% 28% No No No No
VEN SA Bolivarian Republic of Venezuela 34% 34% No No No No
VGB NO British Virgin Islands 0% 0% Yes No No No
VIR NO United States Virgin Islands 23,1% 23,1% No No No No
VNM AS Viet Nam 20% 20% Yes Yes No Yes
VUT OC Vanuatu 0% 0% No No No No
WLF OC Wallis and Futuna Islands 0% 0% No No No No
WSM OC Samoa 27% 27% No No No No
XKX EU Republic of Kosovo 10% 10% No No No No
YEM AS Yemen 20% 20% No No No No
ZAF AF South Africa 27% 27% Yes Yes No Yes
ZMB AF Zambia 30% 30% Yes No No No
ZWE AF Zimbabwe 25% 25% No No No Yes

Fonte: https://taxfoundation.org/data/all/global/corporate-tax-rates-by-country-2024/

Deducibilità  nei  limiti  del loro  valore  normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali

La LEGGE 29 dicembre 2022, n. 197 – “Legge di Bilancio 2023”  (art. 1 commi da 84 a 86) ha introdotto le disposizioni in materia di deducibilità  nei  limiti  del loro  valore  normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali ( giurisdizioni  individuate  nell’allegato  I  alla  lista  UE   delle giurisdizioni  non  cooperative  a   fini   fiscali,   adottata   con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea).

LEGGE 29 dicembre 2022, n. 197 – “Legge di Bilancio 2023”  (art. 1 commi da 84 a 86)

  1. All’articolo 110 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, recante norme generali sulle valutazioni, dopo il comma  9  sono aggiunti i seguenti:  

  « 9-bis. Le spese e gli altri componenti negativi  derivanti  da operazioni, che  hanno  avuto  concreta  esecuzione,  intercorse  con imprese  residenti  ovvero  localizzate  in  Paesi  o  territori  non cooperativi a fini fiscali sono ammessi in deduzione nei  limiti  del loro  valore  normale,  determinato  ai  sensi  dell’articolo  9 (Art. 9 comma 3 del TUIR: Per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo piu’ prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle
mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe
professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi
soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in
vigore.).  Si considerano Paesi o territori non cooperativi a  fini  fiscali  le giurisdizioni  individuate  nell’allegato  I  alla  lista  UE   delle giurisdizioni  non  cooperative  a   fini   fiscali,   adottata   con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea.    

9-ter. Le disposizioni del comma 9-bis non si applicano  quando  le imprese residenti in Italia forniscono la  prova  che  le  operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico  e  che le stesse hanno avuto concreta  esecuzione.  Le  spese  e  gli  altri componenti  negativi  deducibili  ai  sensi  del  primo  periodo  del presente comma e ai sensi del comma 9-bis sono separatamente indicati nella  dichiarazione  dei  redditi.   L’Amministrazione,   prima   di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento  d’imposta  o  di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito  avviso con il quale e’ concessa al medesimo la possibilita’ di fornire,  nel termine di novanta giorni, le prove di  cui  al  primo  periodo.  Ove l’Amministrazione non ritenga idonee le  prove  addotte,  deve  darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento. A  tale  fine,  il contribuente puo’  interpellare  l’Agenzia  delle  entrate  ai  sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212..    

9-quater. Le disposizioni dei commi 9-bis e 9-ter non si  applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti  cui  risulti applicabile l’articolo 167, concernente disposizioni  in  materia  di imprese estere controllate.  

  9-quinquies. Le disposizioni dei commi 9-bis e 9-ter  si  applicano anche alle prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Paesi o territori individuati ai sensi dello stesso comma 9-bis ».  

  1. All‘articolo  8,  comma  3-bis,  del  decreto  legislativo  18dicembre 1997, n. 471, in materia di violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni, le parole: «  comma  11  »sono sostituite dalle seguenti: « comma 9-ter ».  
  2. . All’articolo 31-ter, comma 1, lettera a), secondo periodo,  del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, in materia  di  accordi  preventivi  per  le   imprese   con   attivita’ internazionale, le  parole:  «  comma  10  »  sono  sostituite  dalle seguenti: « comma 9-bis ».

Come abbiamo visto  ai sensi del novellato articolo 110 (Norme generali sulle valutazioni), comma 9-bis e seguenti del TUIR Tuir, le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni, che hanno avuto concreta esecuzione, intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali (giurisdizioni  individuate  nell’allegato  I  alla  lista  UE   delle giurisdizioni  non  cooperative  a   fini   fiscali,   adottata   con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea) sono ammessi in deduzione nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 9 del Tuir.

L’Art. 9 comma 3 del TUIR recita: “Per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo piu’ prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.”

Il comma 9-quinquies del novellato articolo 110 (Norme generali sulle valutazioni) del TUIR dispone che le disposizioni in oggetto si applicano anche alle prestazioni di servizi rese da professionisti domiciliati in Paesi o territori non collaborativi.

Il comma 9-ter dell’articolo 110 del TUIR prevede che le disposizioni del comma 9-bis non si applicano  quando  le imprese residenti in Italia forniscono la  prova

  • che  le  operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico  e 
  • che le stesse hanno avuto concreta  esecuzione. 

Le norme generali sulle valutazioni erano contenute nell’art. 76 del TUIR in una precedente versione in vigore fino al 31/12/2003.

Nello specifico il comma 7-bis.  non ammetteva  in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati ed il comma 7-ter  prevedeva che le disposizioni di cui al comma 7-bis non si applicano quando le imprese residenti in Italia fornivano  la prova che le operazioni poste in essere

  • rispondevano ad un effettivo interesse economico e
  • che le stesse avevano  avuto concreta esecuzione

Successivamente, dal 01/01/2004 Le norme generali sulle valutazioni sono state inserite nell’art.110 del TUIR ed i commi d’interesse sono diventati  10 e 11, abrogati, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, dall’art. 1, comma 142, lett. a) legge 28 dicembre 2015 n. 208).

Con RISOLUZIONE N.46/E del 16 marzo 2004 l’amministrazione è stata chiamata ad esprimersi sulla disapplicazione delle disposizioni di cui all’articolo 76, comma 7-bis, sulla base delle condizioni previste dal successivo comma 7-ter

Nella RISOLUZIONE N.46/E del 16 marzo 2004 si legge: “il
contribuente interessato a disapplicare l’articolo 110, comma 10, è ammesso a dimostrare la sussistenza di un effettivo interesse economico all’effettuazione di ciascuna operazione intrattenuta con detti fornitori.
Dovrà pertanto acquisire e conservare tutti i documenti utili per poter risalire alla logica economica sottesa alla scelta di instaurare rapporti commerciali con un fornitore residente in un paese a fiscalità privilegiata.
E’ utile sottolineare come tale scelta imprenditoriale deve essere sorretta da una valida giustificazione di tipo economico a beneficio della specifica attivitàimprenditoriale, connessa – in modo particolare – con l’entità del prezzo praticato, la qualità dei prodotti forniti e la tempistica e puntualità della consegna.

Il comma 9-ter dell’articolo 110 del TUIR prevede che le  spese  e  gli  altri componenti  negativi

  • derivanti  da operazioni che  hanno  avuto  concreta  esecuzione,
  • intercorse  con imprese  residenti  ovvero  localizzate  in  Paesi  o  territori  non cooperativi ai fini fiscali, 
  • deducibili nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 9 del Tuir

devono essere separatamente indicati nella  dichiarazione  dei  redditi.

Il comma 9-quater dell’articolo 110 del TUIR prevede che le disposizioni dei commi 9-bis e 9-ter non si  applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti  cui  risulti applicabile l’articolo 167, concernente disposizioni  in  materia  di imprese estere controllate (Controlled Foreign Companies (CFC).  

Proposto per la prima volta dalla Commissione nel gennaio 2016 l’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali è stato continuamente aggiornato (Evoluzione della lista UE (scheda informativa) Inglese)

Il processo di monitoraggio segue una serie di linee guida procedurali concordate nel febbraio 2018.

Senza modificare il processo di monitoraggio dinamico, nel marzo 2019 il Consiglio ha deciso di limitare gli aggiornamenti dell’elenco a due volte l’anno a partire dal 2020, per concedere agli Stati membri dell’UE tempo sufficiente per modificare la legislazione nazionale ove necessario.

All’indirizzo https://www.consilium.europa.eu/it/policies/eu-list-of-non-cooperative-jurisdictions/timeline-eu-list-of-non-cooperative-jurisdictions/ è possibile consultare la Cronistoria – Lista UE delle giurisdizioni non cooperative

Con decisione dell’8 ottobre 2024 il Consiglio UE ha aggiornato la Black List dell’Unione Europea, individuati sulla base delle indagini portate avanti dalla Commissione UE.

La scelta della nuova lista dei paradisi fiscali è stata stilata esaminando la posizione di numerosi Paesi alla luce dei seguenti criteri:

  • trasparenza fiscale e scambio di informazioni;
  • presenza di regimi fiscali privilegiati e non necessità dei requisiti di sostanza economica delle attività;
  • sistemi con imposizione inconsistente o uguale a zero.

Di seguito vengono indicati i nuovi Paesi della Black List UE:

  1. Samoa americane
  2. Anguilla
  3. Figi
  4. Guam
  5. Palau
  6. Panama
  7. Russia
  8. Samoa
  9. Trinidad e Tobago
  10. Isole Vergini degli Stati Uniti
  11. Vanuatu

Tra queste: Anguilla,  Panama, Russia, Samoa, e Vanuatu figurano nell’ELENCO AGGIORNATO AL 16 MAGGIO 2024 DEGLI STATI CHE HANNO ADERITO AL COMMON REPORTING STANDARD (CRS) : scambio automatico di informazioni tra le autorità fiscali sulle attività finanziarie detenute dai contribuenti

Quindi le giurisdizioni che figurano nella Black List UE al 8 ottobre 2024 che non hanno aderito al CRS sono:

      1. Samoa americane;
      2. Figi;
      3. Guam;
      4. Palau;
      5. Trinidad e Tobago
      6. Isole Vergini degli Stati Uniti.

Nazioni a cui l’Italia fornisce informazioni Common Reporting Standard (CRS) (Elenco aggiornato al 24 Gennaio 2025)

Nazioni a cui l’Italia fornisce informazioni  Common Reporting Standard (CRS) (Elenco aggiornato al 24 Gennaio 2025)

Albania CRS MCAA activated
Andorra EU Agreement
Antigua and Barbuda CRS MCAA activated
Argentina CRS MCAA activated
Armenia CRS MCAA activated – Effective for taxable periods starting on or after 01 January 2021
Aruba CRS MCAA activated
Australia CRS MCAA activated
Austria EU Directive 2014/107/UE
Azerbaijan CRS MCAA activated
Barbados CRS MCAA activated
Belgium EU Directive 2014/107/UE
Belize CRS MCAA activated
Bonaire, Saint Eustatius and Saba CRS MCAA activated
Brazil CRS MCAA activated
Bulgaria EU Directive 2014/107/UE
Canada CRS MCAA activated
Chile CRS MCAA activated – Effective for taxable periods starting on or after 01 January 2017
China CRS MCAA activated – Effective for taxable periods starting on or after 01 January 2017
Colombia CRS MCAA activated
Cook Islands CRS MCAA activated
Costa Rica CRS MCAA activated
Croatia EU Directive 2014/107/UE
Curaçao CRS MCAA activated
Cyprus EU Directive 2014/107/UE
Czechia EU Directive 2014/107/UE
Denmark EU Directive 2014/107/UE
Ecuador CRS MCAA activated
Estonia EU Directive 2014/107/UE
Faroe Islands CRS MCAA activated
Finland EU Directive 2014/107/UE
France EU Directive 2014/107/UE
Georgia CRS MCAA activated
Germany EU Directive 2014/107/UE
Ghana CRS MCAA activated
Gibraltar CRS MCAA activated
Greece EU Directive 2014/107/UE
Greenland CRS MCAA activated
Grenada CRS MCAA activated
Guernsey CRS MCAA activated
Hong Kong, China Bilateral CAA – First exchange in 2018
Hungary EU Directive 2014/107/UE
Iceland CRS MCAA activated
India CRS MCAA activated
Indonesia CRS MCAA activated
Ireland EU Directive 2014/107/UE
Isle of Man CRS MCAA activated
Israel CRS MCAA activated – Effective for taxable periods starting on or after 01 January 2017
Jamaica CRS MCAA activated – Effective for taxable periods starting on or after 01 January 2020
Japan CRS MCAA activated
Jersey CRS MCAA activated
Kazakhstan CRS MCAA activated
Kenya CRS MCAA activated – Effective for taxable periods starting on or after 01 January 2021 (DTY)
Korea CRS MCAA activated
Latvia EU Directive 2014/107/UE
Liechtenstein EU Agreement
Lithuania EU Directive 2014/107/UE
Luxembourg EU Directive 2014/107/UE
Malaysia CRS MCAA activated
Maldives CRS MCAA activated
Malta EU Directive 2014/107/UE
Mauritius CRS MCAA activated
Mexico CRS MCAA activated
Moldova CRS MCAA activated
Monaco EU Agreement
Netherlands EU Directive 2014/107/UE
New Zealand CRS MCAA activated
Nigeria CRS MCAA activated
Norway CRS MCAA activated
Pakistan CRS MCAA activated
Panama CRS MCAA activated
Peru CRS MCAA activated – Effective for taxable periods starting on or after 01 January 2019
Poland EU Directive 2014/107/UE
Portugal EU Directive 2014/107/UE
Romania EU Directive 2014/107/UE
Russia CRS MCAA activated
Saint Kitts and Nevis CRS MCAA activated
Saint Lucia CRS MCAA activated
San Marino EU Agreement
Saudi Arabia CRS MCAA activated
Seychelles CRS MCAA activated
Singapore CRS MCAA activated
Slovak Republic EU Directive 2014/107/UE
Slovenia EU Directive 2014/107/UE
South Africa CRS MCAA activated
Spain EU Directive 2014/107/UE
Sweden EU Directive 2014/107/UE
Switzerland EU Agreement
Thailand CRS MCAA activated
Türkiye CRS MCAA activated – Effective for taxable periods starting on or after 01 January 2019
Ukraine CRS MCAA activated
United Kingdom CRS MCAA activated
Uruguay CRS MCAA activated