Generalmente sono designati come “paradisi fiscali” territori sovrani e Paesi che usano la leva fiscale e altre misure di politica economica per attrarre capitali e investimenti nel settore finanziario e dei servizi.
Attualmente sul web si trovano molti siti che promettono l‘apertura, senza mettere mai fisicamente piede nel paese e per modiche cifre, di società “offshore” prive di reale costrutto anche in “Paradisi Fiscali” situati nelle parti più disparate del globo.
Aprire una “società offshore” in un così detto “Paradiso Fiscale” è un’operazione da valutare con molta attenzione perchè a fronte di alcuni possibili vantaggi può comportare notevoli rischi se non si procede in maniera seria e ponderata.
Basti considerare il fenomeno dell’ esterovestizione
Per inquadrare concretamente le possibili conseguenze si potrà incorrere in:
- Sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi
- Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471 – Art.1
Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive, si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare delle imposte dovute ……
- Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471 – Art.5
Nel caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul valore aggiunto si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare del tributo dovuto per il periodo d’imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione. ……..
- Reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto
- Decreto legislativo del 10/03/2000 n. 74- Art.5
E’ punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa e’ superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.
Con il termine esterovestizione (foreign dressed companies) si intede indicare una società o un gruppo societario che utilizzando tecniche di pianficazione fiscale aggressiva, costituisce società o stabili organizzazioni all’estero. Generalmente in Stati a più basso livello di tassazione, al fine di evadere le imposte nello Stato in cui sono residenti.
Quindi in caso di esterovestizione siamo in presenza ad un fenomeno di evasione fiscale.
Ai sensi dell’articolo 73, comma 3, Tuir una società di capitali è considerata fiscalmente residente in Italia quando per la maggior parte del periodo d’imposta (183 gg.) ha mantenuto
- la sede legale
- o la sede dell’amministrazione
- o l’oggetto principale
nel territorio dello Stato.
Come si vede, tali criteri sono fra loro alternativi, è sufficiente il realizzarsi di uno solo di essi affinché una società estera venga considerata fiscalmente residente in Italia e sottoposta a tassazione in Italia, in base del noto principio della tassazione su base mondiale dei redditi (c.d. worldwide principle, principio che l’Italia, così come la maggior parte dei Paesi occidentali, ha adottato nel proprio diritto tributario).
L’Amministrazione finanziaria italiana applica il principio secondo il quale i redditi del soggetto considerato fiscalmente residente in Italia sono soggetti a tassazione diretta dal fisco italiano indipendentemente dal luogo ove tali redditi sono stati prodotti.
Ai fini dell’esterovestizione, le disposizioni dettate per le società dall’art. 73 T.U.I.R. attribuiscono particolare rilevanza non solo al dato formale della sede legale della società, situata in Italia, ma anche a quelli sostanziali, relativi
- all’ubicazione nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione
- od allo svolgimento, in Italia, dell’oggetto principale dell’impresa.
Per quanto attiene l’oggetto principale dell’impresa si devono considerare i commi 4 e 5 dell’art. 73 del T.U.I.R.:
4. L’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente e’ determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività’ essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.
5. In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente e’ determinato in base all’attività’ effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti.
Per quanto attiene all’ubicazione nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione occorrerà fare riferimento alla situazione di fatto e individuare il luogo dove effettivamente gli amministratori della società esercitano l’attività amministrativa in modo stabile.
Posto che il criterio della sede legale ha natura prettamente formale, per stabilire se una società estera è fiscalmente residente in Italia occorre analizzare, da un punto di vista sostanziale, i criteri di collegamento con il territorio dello Stato:
- sede dell’amministrazione
- e oggetto principale.
L’onere della prova grava sull’Amministrazione finanziaria che, nell’ambito della propria attività ispettiva, dovrà dimostrare che la società è fittiziamente estera.
Ora spesso si vive nell’errata convinzione che basti costituire una società in un “Paradiso fiscale” per poter ususruire dei suoi “vantaggi“.
Invertendo il ragionamento, perchè una società sia considerata “estera” come si può sostenere che l’amministrazione è condotta dall’estero, quando, ed è quasi sempre la “normalità“ nel caso di “società offshore” situate in “Paradisi Fiscali” lontanissimi, l’imprenditore/amministratore non si è mai recato in loco?
Basti pensare ai “paradisi fiscali” situati nel Pacifico.
Anche sulla base del consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, per individuare la residenza fiscale di una società o di un ente estero, occorre fare riferimento al criterio della “sede effettiva”.
La sede dell’amministrazione, contrapposta alla sede legale, coincide con la “sede effettiva” dell’impresa estera, intesa come il luogo dove:
- hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente;
- si convocano le assemblee.
La sede effettiva può essere definita come quel luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente, il luogo ove si concretizzano gli atti produttivi e negoziali dell’ente, nonché i rapporti economici che il medesimo intrattiene con i terzi.
Per determinare il luogo della sede dell’attività economica di una società occorre prendere in considerazione un complesso di fattori:
- la sede statutaria;
- il luogo dell’amministrazione centrale;
- il luogo di riunione dei dirigenti societari;
- il luogo in cui si adotta la politica generale di tale società.
Possono rilevare anche altri elementi:
- il luogo di riunione delle assemblee generali;
- di tenuta dei documenti amministrativi e contabili;
- di svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie e bancarie (a proposito di questo punto basti considerare che le operazioni bancarie, nel caso di “Paradisi fiscali” posizionati oltre oceano, sono quasi sempre svolte tramite servizi “online”).
Per una disamina completa del fenomeno dell’esterovestizione non si può prescindere da un’attenta lettura dei commi 5-bis e 5-ter dell’art. 73 del T.U.I.R. introdotti dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223,(Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche’ interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale). art.35, commi 13 e 14, convertito, con modificazioni, nella l. 4.8.2006, n. 248.
5-bis. Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 (a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato; b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;), se, in alternativa:
a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.
5-ter. Ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis, rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Ai medesimi fini, per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari di cui all’articolo 5, comma 5.
Il comma 5-bis con la dicitura “salvo prova contraria” introduce una sostanziale inversione dell’onere della prova sulla esistenza nel territorio dello Stato estero della sede dell’amministrazione di società il cui controllo risulti riconducibile, anche in via indiretta, a soggetti italiani.
Quindi , in sintesi, ai sensi del comma 5-bis la società estera che detiene partecipazioni di controllo di società italiane si considera, salvo prova contraria, “esterovestita” se, in alternativa, siamo in presenza di una delle seguenti fattispecie:
- è controllata, anche indirettamente da soggetti residenti in Italia;
- è amministrata da soggetti residenti residenti in Italia.
Questo può essere il caso di “società offshore” posizionate in “Paradisi Fiscali” al solo fine di sfruttare la loro legislazione fiscale favorevole nella tassazione di capital gains.
Il comma 5-bis ha introdotto una presunzione relativa che il contribuente può superare, dimostrando che si tratti di una collocazione sostanziale e non puramente formale.
Dovrà essere il contribuente a portare prove a proprio favore per dimostrare l’effettiva attività svolta all’estero e che che trattasi di una collocazione sostanziale e non puramente formale.
Quindi, in sintesi, nel caso di una titolarità in una società situata in un “Paradiso fiscale” si dovrà fare riferimento al criterio della “sede effettiva”, intesa come il luogo dove:
- hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente;
- si convocano le assemblee.
Nel caso in cui, poi, che la società situata in un “Paradiso fiscale” detenga quote di controllo di una società italiana, nei casi previsti dal comma 5-bis dellìart. 73 del TUIR si dovrà poter dimostrare che si tratta di una collocazione sostanziale e non puramente formale
Per tutte queste ragioni ci limiteremo a considerare i “Paradisi Fiscali” più vicini a noi e facilmente raggiungibili, partendo da quelli situati in Europa per arrivare a quelli situati nell’Atlantico, dove sarà più agevole da un punto di vista sostanziale, soddisfare i criteri di collegamento con il territorio dello Stato:
- sede dell’amministrazione
- e oggetto principale;
- collocazione sostanziale e non puramente formale.
Le dipendenze della corona sono tre territori insulari nelle isole britanniche che sono possedimenti autonomi della corona britannica : la giurisdizione (Bailiwick) di Guernsey , la giurisdizione (Bailiwick) di Jersey, ambedue situate nel Canale della Manica (Isole del Canale), e l’isola di Man nel Mare d’Irlanda al largo della costa nord-occidentale dell’Inghilterra.. Non fanno parte del Regno Unito (UK) né sono territori britannici d’oltremare . Hanno lo status di “territori per i quali il Regno Unito è responsabile”, piuttosto che stati sovrani.
Nella giurisdizione (Bailiwick) di Guernsey , nella giurisdizione (Bailiwick) di Jersey e nell’isola di Man i capital gains non sono tassati.
La giurisdizione (Bailiwick) di Guernsey , la giurisdizione (Bailiwick) di Jersey e l’isola di Man, con alcune eccezioni, hanno imposte sulle società pari allo 0%.
Le Isole Cayman sono un territorio britannico d’oltremare autonomo e il più grande per popolazione. Il territorio di 264 chilometri quadrati (102 miglia quadrate) comprende le tre isole di Grand Cayman , Cayman Brac e Little Cayman , che si trovano a sud di Cuba e a nord-est dell’Honduras , tra la Giamaica e la penisola messicana dello Yucatán . La capitale è George Town a Grand Cayman, che è la più popolosa delle tre isole.
Le Isole Cayman sono considerate parte della zona geografica dei Caraibi occidentali e delle Grandi Antille . Il territorio è un importante centro finanziario offshore mondiale per le imprese internazionali e le persone facoltose, in gran parte a causa del fatto che lo stato non applica tasse su alcun reddito guadagnato o immagazzinato.
Con un PIL pro capite di $ 91.392, le Isole Cayman hanno il più alto tenore di vita dei Caraibi. Nelle Isole Cayman risiedono immigrati provenienti da oltre 130 paesi e territori.
Senza tassazione diretta, le isole sono un fiorente centro finanziario offshore. Più di 99.000 società attive sono state registrate nelle Isole Cayman a partire dal 2016, tra cui quasi 300 banche, 750 assicuratori e 10.500 fondi comuni di investimento. Una borsa valori è stata aperta nel 1997. Le industrie del turismo e dei servizi finanziari creano una maggioranza significativa del prodotto interno lordo (PIL). L’industria del turismo si rivolge al mercato del lusso e si rivolge principalmente ai visitatori del Nord America. I Caymaniani godono di uno dei più alti rendimenti pro capite e uno dei più alti standard di vita al mondo.
Nelle Isole Cayman
- non sono previste imposte sulle società
- non sono previste imposte sui capital gains
- viene mantenuta una relativa privacy aziendale.
Reddito aziendale, plusvalenze, buste paga o altre imposte dirette non sono imposte alle società nelle Isole Cayman.
Le Isole Vergini Britanniche sono un territorio d’oltremare del Regno Unito. Fanno parte dell’arcipelago delle Isole Vergini nel Mar delle Antille ripartito tra Regno Unito e Stati Uniti d’America.
Le Isole Vergini Britanniche sono un arcipelago di 40 isole, 15 delle quali abitate fra cui Tortola, Anegada e Virgin Gorda. Il capoluogo è la cittadina di Road Town, situata sull’isola di Tortola.
Il capo dello Stato è il sovrano del Regno Unito (attualmente re Carlo III), che esercita le sue funzioni tramite un governatore; a quest’ultimo spettano, su mandato del sovrano, alcuni incarichi tra i quali quello della nomina del primo ministro.
Nelle Isole Vergini britanniche (BVI)
- non sono previste imposte sulle società
- non sono previste imposte sui capital gains
- non è prevista alcuna ritenuta d’acconto
- viene mantenuto l’anonimato aziendale.
Anguilla è un territorio britannico d’oltremare nei Caraibi. È una delle Isole Sottovento più settentrionali delle Piccole Antille, situata a est di Porto Rico e delle Isole Vergini e direttamente a nord di Saint Martin. Nel 1980 Anguilla si è separata formalmente da Saint Kitts e Nevis diventando un territorio britannico d’oltremare separato.
Sempre più imprenditori si stanno riversando sull’isola per registrare le loro International Business Company (IBC) principalmente per politiche fiscali favorevoli e per un’elevata Privacy aziendale.
Per una Anguilla International Business Company (IBC)
- non sono previste imposte sulle società
- non sono previste imposte sui capital gains
- viene mantenuto l’anonimato aziendale.
Bermuda è un territorio d’oltremare britannico nel Nord Atlantico, costituito da un una catena di isole che comprende circa trecento isolotti, scogli e affioramenti corallini, venti dei quali abitati, dette le Bermude.
Il capoluogo è Hamilton, situato nella Grande Bermuda.
Le Bermude non impongono tasse su profitti delle Società, reddito, dividendi o plusvalenze.
Le Bahamas sono considerate un paradiso fiscale data la mancanza di:
- imposta sul reddito;
- imposta sulle plusvalenze;
- imposta di successione;
- imposta sulle società;
- ritenuta d’acconto su dividendi, interessi, royalties.
Il Belize è uno Stato indipendente dell’America centro-settentrionale che si estende per 22966 km² con una popolazione di 377968 abitanti (stimati nel luglio 2016. La sua capitale è Belmopan.
Confina a nord con il Messico, a est si affaccia sul mar dei Caraibi e sul golfo dell’Honduras, a sud e ovest confina con il Guatemala.
Un tempo colonia con il nome di Honduras Britannico, è indipendente dal 1981 ma è amministrativamente uno dei quindici reami del Commonwealth e il suo capo di Stato è il sovrano del Regno Unito re Carlo III.
Il Belize è conosciuto anche come “la strategica backdoor degli Stati Uniti” e “un piccolo USA”. È l’unico paese dell’area dell’America centrale la cui principale lingua ufficiale è l’inglese. Inoltre, è l’unico posto al mondo che ha una Comunità caraibica (CARICOM), un’Area di libero scambio americana (FTAA).
Per una Belize International Business Company (IBC)
- non sono previste imposte sulle società
- non sono previste imposte sui capital gains
- viene mantenuto l’anonimato aziendale.
Ora sono da fare, necessariamente, delle considerazioni che implicano le normative internazionali e nazionali.
Tutte queste giurisdizioni sono ricomprese nell’ELENCO DEGLI STATI CHE HANNO ADERITO AL CRS AGGIORNATO AL 22 novembre 2022.
Da considerare, al proposito, che un forte “colpo” ai Paradisi fiscali è stato inferto, dal 2014, anno delle sua introduzione, proprio dal CRS. Il Common Reporting Standard (CRS); è uno standard informativo, sviluppato dall’OCSE, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD) ), per lo scambio automatico di informazioni, (Automatic Exchange Of Information (AEOI)), a livello globale, tra le autorità fiscali, rivolto a facilitare i controlli anti-evasione, sulle attività finanziarie detenute dai contribuenti .
(Vedi: http://www.oecd.org/tax/automatic-exchange/)
Introdotto nell’Unione Europea dalla Direttiva 2014/107/UE (DAC 2), questo standard di raccolta e condivisione di dati sui conti esteri, secondo la lista aggiornata al 10 Dicembre 2020, vede impegnati, 110 Stati.
La pagina RAPPORTI DI SCAMBIO ATTIVATI PER INFORMAZIONI CRS (Ultimo aggiornamento: dicembre 2020) del sito OCSE( (Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD)) mostra tutte le relazioni di scambio bilaterali attualmente in essere per lo scambio automatico di informazioni CRS ai sensi dell’articolo 6 della convenzione multilaterale e del CRS MCAA (Multilateral Competent Authority Agreement), nonché nel quadro dell’UE. Inoltre, alcune giurisdizioni hanno concluso accordi bilaterali per lo scambio di informazioni CRS nell’ambito di trattati fiscali bilaterali o accordi sullo scambio di informazioni fiscali.
A partire da ottobre 2022, sono oltre 4900 i rapporti di scambio bilaterali attivati rispetto a oltre 110 giurisdizioni impegnate nel CRS.
Per l’Italia risultano attive 75 relazioni di scambio bilaterali.
Guernsey, Jersey, Isola di Man, Anguilla, le Isole Cayman, le Isole Vergini Britanniche, Bermuda, Bahamas e Belize figurano tra le giurisdizioni di cui all’Allegato D del Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze 28 dicembre 2015 che forniranno alle autorità italiane le informazioni di cui all’art. 3 del Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze 28 dicembre 2015 recante l’attuazione della legge 18 giugno 2015, n. 95 e della direttiva 2014/107/UE del Consiglio, del 9 dicembre 2014, recante modifica della direttiva 2011/16/UE riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale.
L’Art. 3. Obblighi di comunicazione del Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze 28 dicembre 2015 prevede che:
“1. Con riferimento ai periodi di imposta a decorrere dal 1° gennaio 2016, secondo la tempistica riportata, per ciascuna giurisdizione oggetto di comunicazione, nell’allegato «C» al presente decreto vigente alla data del 15 maggio di ciascun anno, le istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione trasmettono all’Agenzia delle entrate le seguenti informazioni:
a) in relazione ad ogni conto oggetto di comunicazione:
1) il nome, l’indirizzo, la giurisdizione o le giurisdizioni di residenza, il NIF o i NIF di ciascuna persona oggetto di comunicazione nonche’, nel caso di persone fisiche, la data e il luogo di nascita per ciascuna persona oggetto di comunicazione che e’ titolare di conto e, nel caso di un’entita’ non finanziaria passiva che e’ titolare di conto e che, dopo l’applicazione delle procedure di adeguata verifica in materia fiscale di cui all’allegato «A», e’ identificata come avente una o piu’ persone che esercitano il controllo che sono persone oggetto di comunicazione, il nome, l’indirizzo, la giurisdizione o le giurisdizioni di residenza e il NIF o i NIF dell’entita’ e il nome, l’indirizzo, la giurisdizione o le giurisdizioni di residenza, il NIF o i NIF e la data e il luogo di nascita di ogni persona che esercita il controllo che e’ una persona oggetto di comunicazione;
2) il numero di conto o, se assente, altra sequenza identificativa del rapporto di conto;
3) la denominazione e il codice fiscale dell’istituzione finanziaria italiana tenuta alla comunicazione;
4) il saldo o il valore del conto, compreso, nel caso di un contratto di assicurazione per il quale e’ misurabile un valore maturato o di un contratto di rendita, il valore maturato o il valore di riscatto, alla fine del pertinente anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione alla clientela ovvero, se il conto e’ stato chiuso nel corso di tale anno o periodo, la chiusura del conto;
b) nel caso di un conto di custodia, oltre alle informazioni elencate nella lettera a):
1) l’importo totale lordo degli interessi, l’importo totale lordo dei dividendi, nonche’ l’importo totale lordo degli altri redditi generati in relazione alle attivita’ detenute nel conto in ogni caso pagati o accreditati sul conto o in relazione al conto nel corso dell’anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione alla clientela;
2) gli introiti totali lordi derivanti dalla vendita o dal riscatto delle attivita’ finanziarie pagati o accreditati sul conto nel corso dell’anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione alla clientela in relazione al quale l’istituzione finanziaria italiana tenuta alla comunicazione ha agito in qualita’ di custode, intermediario, intestatario o altrimenti come agente per il titolare del conto;
c) nel caso di un conto di deposito, oltre alle informazioni elencate nella lettera a), l’importo totale lordo degli interessi pagati o accreditati sul conto nel corso dell’anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione alla clientela;
d) nel caso di conti diversi da quelli di cui alle lettere b) e c), oltre alle informazioni elencate nella lettera a), l’importo totale lordo pagato o accreditato al titolare del conto in relazione al conto nel corso dell’anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione alla clientela con riferimento al quale l’istituzione finanziaria italiana tenuta alla comunicazione agisce in qualita’ di incaricata dal debitore o dal beneficiario effettivo o in nome proprio, compreso l’importo complessivo di eventuali pagamenti di riscatto effettuati al titolare del conto nel corso dell’anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione alla clientela.
2. In deroga a quanto disposto dal comma 1, non sussiste l’obbligo di comunicare il NIF se quest’ultimo non e’ rilasciato dalla giurisdizione oggetto di comunicazione o se tale giurisdizione non richiede la comunicazione del NIF.
3. In deroga a quanto disposto dal comma 1, per i conti preesistenti non sussiste l’obbligo di comunicare il NIF o i NIF o la data di nascita o il luogo di nascita se tali dati non sono gia’ conservati presso l’istituzione finanziaria italiana tenuta alla comunicazione e sempreche’ la stessa non sia stata obbligata a raccoglierli in esecuzione di obblighi normativi o regolamentari. In ogni caso al fine di acquisire il NIF o i NIF, la data di nascita e il luogo di nascita, le istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione contattano, almeno una volta all’anno, il titolare del conto nel periodo compreso tra l’anno in cui il rispettivo conto e’ stato identificato come conto oggetto di comunicazione e la fine del decimo anno successivo a quello in cui e’ avvenuta tale identificazione.
4. Per adempiere gli obblighi di cui al comma 1, le istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione determinano l’importo e la qualificazione dei pagamenti effettuati sulla base delle definizioni e qualificazioni giuridiche previste dalla legislazione tributaria italiana.
5. Le informazioni trasmesse all’Agenzia delle entrate indicano la valuta con la quale sono denominati gli importi comunicati.
6. Il termine per la trasmissione all’Agenzia delle entrate delle informazioni relative all’anno solare precedente e’ il 30 giugno di ciascun anno. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le modalita’ di trasmissione e il termine di scadenza per il primo invio di dati.
7. L’Agenzia delle entrate trasmette le informazioni di cui al comma 1 riguardanti i residenti in ciascuna giurisdizione oggetto di comunicazione all’autorita’ competente della giurisdizione considerata entro il 30 settembre dell’anno successivo a quello cui si riferiscono le informazioni.”
Proposto per la prima volta dalla Commissione nel gennaio 2016 l’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali è stato continuamente aggiornato (c.d. Black List UE) (Evoluzione della lista UE (scheda informativa) Inglese)
Il processo di monitoraggio segue una serie di linee guida procedurali concordate nel febbraio 2018.
Senza modificare il processo di monitoraggio dinamico, nel marzo 2019 il Consiglio ha deciso di limitare gli aggiornamenti dell’elenco a due volte l’anno a partire dal 2020, per concedere agli Stati membri dell’UE tempo sufficiente per modificare la legislazione nazionale ove necessario.
La lista dei Paesi Black List, rappresenta un elenco di Paesi in cui:
- è in vigore un regime fiscale privilegiato, la cui caratteristica principale sta nell’avere un livello di tassazione molto basso oppure nullo:
- non è stato previsto alcun meccanismo di scambio di informazioni fiscali con altri Paesi.
I ministri delle finanze dell’Unione Europea aggiornano costantemente la Black List delle giurisdizioni fiscali non cooperative sulla base di un intenso processo di analisi e di dialogo guidato dalla Commissione. L’elenco si è dimostrato altamente efficace, poiché molti paesi hanno modificato la propria legislazione e i propri sistemi fiscali per conformarsi alle norme internazionali. La Commissione ha valutato 92 paesi sulla base di tre criteri:
- Trasparenza fiscale;
- Buona governance;
- Attività economica reale.
Oltre a questi criteri è stata verificata anche l’esistenza di un’aliquota dell’imposta sulle società pari a zero.
Anguilla, Bahamas e le Isole Vergini Britanniche figurano nell’elenco delle giurisdizioni fiscali non cooperative adottato dal Consiglio dell’Unione Europea il 14 febbraio 2023.
La LEGGE 29 dicembre 2022, n. 197 – “Legge di Bilancio 2023” (art. 1 commi da 84 a 86) ha introdotto disposizioni in materia di deducibilità nei limiti del loro valore normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali ( giurisdizioni individuate nell’allegato I alla lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali, adottata con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea).
Vedi: Deducibilità nei limiti del loro valore normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali
Guernsey, Jersey, Isola di Man, Anguilla, le Isole Cayman, le Isole Vergini Britanniche, Bermuda, Bahamas e Belize sono incluse nella Black List “italiana” di cui al DM 4 maggio 1999 che serve ad attivare l’inversione dell’onere della prova riguardo all’effettiva residenza fiscale dei cittadini italiani emigrati nei Paesi indicati nella lista (Ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis del TUIR, introdotto dall’articolo 10 della legge n. 448 del 23 dicembre 1998, si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori individuati dall’art. 1 (Individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato) del Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze).
Vedi: Black List – Art. 2, comma 2-bis del TUIR – Presunzione residenza cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori individuati dall’art. 1 del Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze
Guernsey, Jersey, Isola di Man, Anguilla, le Isole Cayman, le Isole Vergini Britanniche, Bermuda, Bahamas e Belize sono incluse anche nel Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001 (individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127 -bis, comma 4, (Soppresso da: Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1) del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”))
Da considerare che il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze (Individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127-bis, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”)) non trova più applicazione per l’individuazione delle CFC in quanto l’art. 127-bis è stato soppresso dal Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1 e che la materia delle CFC è ora regolamentata dall’art. 167 del TU (Disposizioni in materia di imprese estere controllate. (ex art 127-bis)).
La lista di cui al Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze è richiamata dal Decreto-legge del 01/07/2009 n. 78, art. 12 Contrasto ai paradisi fiscali:
“………………….
2. In deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attivita’ di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 10 maggio 1999, n. 107, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 novembre 2001, n. 273, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tale caso, le sanzioni previste dall’articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono raddoppiate.
2-bis. Per l’accertamento basato sulla presunzione di cui al comma 2, i termini di cui all’ articolo 43, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e all’ articolo 57, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono raddoppiati.
2-ter. Per le violazioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’ articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni, riferite agli investimenti e alle attività di natura finanziaria di cui al comma 2, i termini di cui all’ articolo 20 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, sono raddoppiati…………”
La lista di cui al Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze rileva anche ai fini della Presunzione legale somme detenute all’estero costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia.
Nel caso di asset
- detenuti in paradisi fiscali individuati dal decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, senza tener conto delle limitazioni ivi previste;
- in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167 (l‘articolo 4, comma 1, dl 167/1990, ha posto l’obbligo per i residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività’ estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, di indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi (Quadro RW));
opera la presunzione legale per la quale le somme detenute all’estero siano state costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia e pertanto l’Agenzia delle Entrate potrà contestare le imposte evase su tali importi (comma 2, art. 12 D.L. n. 78/2009.
Vedi: Black List – Art. 12 D.L. n. 78/2009 (Contrasto ai paradisi fiscali) – Presunzione legale somme detenute all’estero costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia
In base al comma 2-bis dell’art. 12 del Decreto-legge del 01/07/2009 n. 78 trova riscontro il raddoppio dei termini di accertamento basato sulla presunzione di cui al comma 2, per cui i termini di cui all’ articolo 43, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (l’avviso di accertamento puo’ essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata), e successive modificazioni, e all’ articolo 57, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla l’avviso di accertamento dell’imposta a norma del primo comma dell’articolo 55 puo’ essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata), e successive modificazioni, sono raddoppiati.
Quindi Nel caso di asset
- detenuti in paradisi fiscali individuati dal decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, senza tener conto delle limitazioni ivi previste;
- in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167 (l‘articolo 4, comma 1, dl 167/1990, ha posto l’obbligo per i residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività’ estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, di indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi (Quadro RW));
l’avviso di accertamento puo’ essere notificato entro il 31 dicembre del quattordicesimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
La lista di cui al Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze rappresenta anche la lista di riferimento per la compilazione del quadro RW per quanto riguarda la detenzione di attività patrimoniali e finanziarie in paesi non collaborativi.
L‘articolo 4, comma 1, dl 167/1990, ha posto l’obbligo per i residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività’ estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, di indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi (Quadro RW).
i sensi dell’articolo 5, comma 2, del D.L. 167/1990 la violazione dell’obbligo di dichiarazione di investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati.
La violazione di cui sopra relativa alla detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 (individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001 (individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127 -bis, comma 4, (Soppresso da: Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1) del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”)), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. Nel caso in cui la dichiarazione prevista dall’articolo 4, comma 1, sia presentata entro novanta giorni dal termine, si applica la sanzione di euro 258.
Quindi qualora le attività estere di natura finanziaria siano detenute in “paradisi fiscali”, la sanzione è raddoppiata rispetto ai valori ordinari.
I soggetti passivi Iva hanno dovuto comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle operazioni effettuate fino all’anno 2016 con operatori economici con sede, residenza o domicilio negli Stati o territori a fiscalità privilegiata (cosiddetti “Paesi black list“) individuati dal decreto 4 maggio 1999 del Ministro delle Finanze e dal decreto 21 novembre 2001 del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Dal 2017 l’obbligo di comunicazione è stato soppresso (articolo 4, comma 4 del decreto legge del 22/10/2016 n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016 n. 225).