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Tassazione e modalità dichiarative delle plusvalenze da cessione di partecipazioni societarie realizzate dalle Società Semplici

Le plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni societarie realizzate dalle Società Semplici sono ricomprese tra i Redditi Diversi di cui allarticolo 67 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

L’art. 67 del TUIR stabilisce che sono Redditi Diversi, se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice (quindi, alle Società Semplici si applica l’art. 67 del TUIR, per cui sono Redditi Diversi le  plusvalenze di natura finanziaria realizzate dalle Società Semplici), ….:

“……………

c) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso (Sono cessioni a titolo oneroso: compravendita, conferimento in società, datio in solutum, costituzione o cessione di diritto d’usufrutto. Donazione e successione, non costituendo cessioni a titolo oneroso, non danno origine a Redditi Diversi.) di partecipazioni qualificate. Costituisce cessione di partecipazioni qualificate la cessione di azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e di ogni altra partecipazione al capitale od al patrimonio delle società di cui all’articolo 5, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera c), e dei soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d), nonché la cessione di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, qualora le partecipazioni, i diritti o titoli ceduti rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni……………..

c-bis) le plusvalenze, diverse da quelle imponibili ai sensi della lettera c) (partecipazioni non qualificate), realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società di cui all’articolo 5, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera c), e dei soggetti di cui all’articolo 73, nonché di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni. ………..

……………………”

La base imponibile è determinata in base alle disposizioni dell’art. 68 del TUIR [1] .

Con il Decreto legislativo del 21/11/1997 n. 461 (Riordino della disciplina tributaria dei redditi di capitale e dei redditi diversi, a norma dell’articolo 3, comma 160, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. (N.D.R.: “Per le modalità di versamento delle imposte sostitutive di cui al DLG n. 461 del 1997 vedi DM 23 luglio 1998, in G.U. 28 luglio 1998 n. 174 e DM 6 agosto 1998, in G.U. 8 agosto 1998 n. 184.”)) si è avuta una complessiva riorganizzazione della tassazione dei redditi diversi di natura finanziaria.

L’art.5 del Decreto legislativo del 21/11/1997 n. 461 (Vedi versione In vigore dal 01/07/1998) ha introdotto un’imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi diversi di cui alle lettere da c)-bis a c-quinquies) del comma 1 dell’articolo 81 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Vedi versione In vigore dal 01/01/1997).
Da tener presente che all’epoca l’art.81 del TUIR (Vedi versione In vigore dal 01/01/1997disciplinava i Redditi Diversi,  successivamente  disciplinati dall’art.67 del testo unico delle imposte sui redditi, in base all’art.1 del Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 (Riforma dell’imposizione sul reddito delle società, a norma dell’articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80).

L’Art.81 del TUIR, nella versione In vigore dal 01/01/1997, primo comma, definiva Redditi Diversi:

  • alla lettera c) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali qualificate;
  • alla lettera c)-bis le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali non qualificate.

Quindi l’imposta sostitutiva, introdotta dall’art. 5 del Decreto legislativo del 21/11/1997 n. 461, sulle plusvalenze e sugli altri redditi diversi di cui alle lettera  c)-bis, riguardava solo le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali non qualificate.

Ai sensi della lettera c) del primo comma dell’art. 67 del TUIR, costituisce cessione di partecipazioni qualificate: la cessione di azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e di ogni altra partecipazione al capitale od al patrimonio delle società di cui all’articolo 5, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera c), e dei soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d), nonché la cessione di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, qualora le partecipazioni, i diritti o titoli ceduti rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. Per i diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite partecipazioni si tiene conto delle percentuali potenzialmente ricollegabili alle predette partecipazioni. La percentuale di diritti di voto e di partecipazione è determinata tenendo conto di tutte le cessioni effettuate nel corso di dodici mesi, ancorché’ nei confronti di soggetti diversi. Tale disposizione si applica dalla data in cui le partecipazioni, i titoli ed i diritti posseduti rappresentano una percentuale di diritti di voto o di partecipazione superiore alle percentuali suindicate.

Il primo comma dell’art. 3 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, ha portato (dal 1° luglio 2014) al 26% l’imposta sostitutiva, introdotta dall’art.5 del Decreto legislativo del 21/11/1997 n. 461, sulle plusvalenze e sugli altri redditi diversi di cui alle lettera  c)-bis (plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali non qualificate).

Il comma 1000 dell’art.1 della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di Bilancio 2018) [2] ha modificato l’art.5 del Decreto legislativo del 21/11/1997 n. 461 parificando il trattamento fiscale delle  plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali qualificate a quello previsto per quelle non qualificate, quindi, le plusvalenze da cessione di partecipazioni societarie realizzate dalle Società Semplici, percepite a partire dal primo gennaio 2019,  sono soggette ad imposta sostitutiva del 26% a prescindere dalla quota di partecipazione posseduta (partecipazione qualificata e non qualificata).

Regime Dichiarativo

Per dichiarare le plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni societarie, qualificate e non di cui all’art. 67, comma 1, lett. c) e c-bis), del TUIR, realizzate dalle Società Semplici, percepite a partire dal primo gennaio 2019, assoggettate ad imposta sostitutiva del 26%, va utilizzata la Sezione II-A del Quadro RT del Modello SP (Società di Persone).

Vedi: Istruzioni Ministeriali al Modello SP

Per quanto riguarda i criteri di determinazione della base imponibile l’art. 68, comma 6, del TUIR, prevede che le plusvalenze di cui all’art. 67, comma 1, lett. c) e c-bis) , del TUIR (plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali qualificate e non qualificate) sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito (ovvero la somma o il valore normale dei beni rimborsati) ed il costo (ovvero il valore d’acquisto), aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione, comprese le spese notarili, le commissioni d’intermediazione, ecc., ad eccezione degli interessi passivi.

Il costo di acquisto dei titoli partecipativi deve intendersi comprensivo anche dei versamenti, in denaro o in natura, a fondo perduto o in conto capitale, nonché della rinuncia ai crediti vantati nei confronti della società da parte dei soci o partecipanti.

Per le partecipazioni nelle società indicate dall’art. 5 del TUIR l’art. 68, comma 6, del TUIR, stabilisce che il costo è aumentato o diminuito dei redditi e delle perdite imputate al socio e dal costo si scomputano, fino a concorrenza dei redditi già imputati, gli utili distribuiti al socio. In caso di rideterminazione del valore delle partecipazioni ai sensi dell’art. 5 della legge n. 448 del 2001 e dell’art. 2 del d.l. n. 282 del 2002, e successive modificazioni, il contribuente può utilizzare il valore rideterminato della partecipazione in luogo del costo o del valore di acquisto.

Il comma 5 dell’art. 68, del TUIR prevede che plusvalenze di cui all’art. 67, comma 1, lett.  c-bis) , del TUIR (plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali non qualificate), diverse da quelle di cui al comma 4, e c-ter) del comma 1 dell’art. 67 del TUIR sono sommate algebricamente alle relative minusvalenze, nonché ai redditi ed alle perdite di cui alla lettera c-quater) e alle plusvalenze ed altri proventi di cui alla lettera c-quinquies) del comma 1 dello stesso art. 67 del TUIR ; se l’ammontare complessivo delle minusvalenze e delle perdite è superiore all’ammontare complessivo delle plusvalenze e degli altri redditi, l’eccedenza può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze e dagli altri redditi dei periodi d’imposta successivi ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale le minusvalenze e le perdite sono state realizzate.

Ai fini del pagamento dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze di cui all’art. 67, comma 1, lett.  c-bis) , del TUIR (plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali non qualificate), deve essere utilizzato il codice tributo “1100”. Il medesimo codice va utilizzato anche per il pagamento dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze di cui alla lett. c) (plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali  qualificate) realizzate dal 1° gennaio 2019.

L’art. 5, comma 1, lett. c) e d), del Decreto legislativo del 29/11/2018 n. 142 (Attuazione della direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016, recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno e come modificata dalla direttiva (UE) 2017/952 del Consiglio del 29 maggio 2017, recante modifica della direttiva (UE) 2016/1164 relativamente ai disallineamenti da ibridi con i paesi terzi.), ha modificato i commi 4 e 4-bis dell’art. 68 del TUIR. Ai sensi dell’art. 13, comma 6, del  Decreto legislativo del 29/11/2018 n. 142 , tali modifiche si applicano alle plusvalenze realizzate a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018.

Il comma 4 dell’art. 68, del TUIR prevede che plusvalenze di cui all’art. 67, comma 1, lett.  c-bis) , del TUIR realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all‘articolo 47-bis, comma 1 del TUIR, salvo la dimostrazione, anche a seguito dell’esercizio dell’interpello secondo le modalità del comma 3 dell’articolo 47-bis del TUIR (Ai fini del comma 2, il contribuente può interpellare l’amministrazione ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212.), del rispetto della condizione indicata nella lettera b) del comma 2 del medesimo articolo (b) dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al comma 1.), concorrono a formare il reddito per il loro intero ammontare. La disposizione del periodo precedente non si applica alle partecipazioni, ai titoli e agli strumenti finanziari emessi da società i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati.

Le plusvalenze di cui ai periodi precedenti sono sommate algebricamente alle relative minusvalenze; se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze l’eccedenza è riportata in deduzione integralmente dall’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale le minusvalenze sono state realizzate.

Qualora il contribuente intenda far valere la sussistenza della condizione indicata nella lettera b) del comma 2 dell’articolo 47-bis del TUIR (b) dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al comma 1.), ma non abbia presentato l’istanza di interpello prevista dal comma 3 del medesimo articolo ovvero, avendola presentata, non abbia ricevuto risposta favorevole, la percezione di plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui allarticolo 47-bis, comma 1, del TUIR deve essere segnalata nella dichiarazione dei redditi da parte del socio residente; nei casi di mancata o incompleta indicazione nella dichiarazione dei redditi si applica la sanzione amministrativa prevista dall’articolo 8, comma 3-ter, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (una sanzione amministrativa pari al dieci per cento dei dividendi e delle plusvalenze conseguiti dal soggetto residente e non indicati, con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000 euro). Ai fini del presente comma, la condizione indicata nell’articolo 47-bis, comma 2, lettera b)(b) dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al comma 1.), deve sussistere, ininterrottamente, sin dal primo periodo di possesso; tuttavia, per i rapporti detenuti da più di cinque periodi di imposta e oggetto di realizzo con controparti non appartenenti allo stesso gruppo del dante causa, è sufficiente che tale condizione sussista, ininterrottamente, per i cinque periodi d’imposta anteriori al realizzo stesso. Ai fini del precedente periodo si considerano appartenenti allo stesso gruppo i soggetti residenti o non residenti nel territorio dello Stato tra i quali sussiste un rapporto di controllo ai sensi del comma 2 dell’articolo 167 del TUIR (Disposizioni in materia di imprese estere controllate) ovvero che, ai sensi del medesimo comma 2, sono sottoposti al comune controllo da parte di altro soggetto residente o non residente nel territorio dello Stato.

Il comma 4-bis dell’art. 68, del TUIR prevede che per le plusvalenze realizzate su partecipazioni in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all‘articolo 47-bis, comma 1, del TUIR, per i quali sussiste la condizione di cui al comma 2, lettera a), del medesimo articolo (a) il soggetto non residente svolga un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali), al cedente controllante, ai sensi del comma 2 dell’articolo 167 del TUIR, residente nel territorio dello Stato, ovvero alle cedenti residenti sue controllate, spetta un credito d’imposta ai sensi dell’articolo 165 del TUIR (Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero) in ragione delle imposte assolte dall’impresa o ente partecipato sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione, in proporzione delle partecipazioni cedute e nei limiti dell’imposta italiana relativa a tali plusvalenze. La detrazione del credito d’imposta di cui al periodo precedente spetta per l’ammontare dello stesso non utilizzato dal cedente ai sensi dell’articolo 47, comma 4, del TUIR; tale ammontare, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, e’ computato in aumento del reddito complessivo. Se nella dichiarazione e’ stato omesso soltanto il computo del credito d’imposta in aumento del reddito complessivo, si può procedere di ufficio alla correzione anche in sede di liquidazione dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione dei redditi.

Per dichiarare le plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni societarie, qualificate e non di cui all’art. 67, comma 1, lett. c) e c-bis), del TUIR, di imprese od enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all‘articolo 47-bis, comma 1 del TUIR, realizzate dalle Società Semplici, percepite a partire dal primo gennaio 2019, che concorrono a formare il reddito per il loro intero ammontare, va utilizzata la Sezione IV del Quadro RT del Modello SP (Società di Persone).

La Sezione V del Quadro RT del Modello SP (Società di Persone) è dedicata alle minusvalenze non compensate nell’anno.

Vedi: Istruzioni Ministeriali al Modello SP

L’imponibile risultante ai fini dell’IRPEF  di cui al rigo RT87 
costituisce l’ammontare  da riportare nel quadro RN (dedicato al reddito della Società da imputare ai soci), nel rigo RN7 – Plusvalenze, colonna 1, del Modello SP.

Vedi: Istruzioni Ministeriali al Modello SP

Regime del Risparmio Amministrato

L’articolo 6 (Opzione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva su ciascuna plusvalenza o altro reddito diverso realizzato.) del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 ( (Riordino della disciplina tributaria dei redditi di capitale e dei redditi diversi, a norma dell’articolo 3, comma 160, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.), ha introdotto, accanto al Regime Dichiarativo, il Regime del Risparmio Amministrato con cui  Il contribuente ha la facoltà di optare per l’applicazione dell’imposta sostitutiva (26%) di cui all’art.5 del Decreto legislativo del 21/11/1997 n. 461 su ciascuna delle  plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni societarie (inizialmente solo le non qualificate di cui alla lettera  c-bis) del comma 1 dell’articolo 81 del TUIR (Ora vedi art. 67 del TUIR), ora, a seguito della modifica apportata  dal comma 1001, dell’Art. 1 della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di Bilancio 2018) [2], anche le qualificate di cui alla lettera  c))a condizione che i titoli, quote o certificati siano in custodia o in amministrazione presso banche e società di intermediazione mobiliare e altri soggetti individuati in appositi decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministro delle finanze.

In seguito all’emanazione del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 è stato emanato il decreto legislativo 16 giugno 1998, n. 201 che ha apportato disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.

La Società Semplice, seguendo le regole fiscali delle persone fisiche, può  optare per il Regime del Risparmio Amministrato.

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 l’opzione di cui al comma 1 (applicazione dell’imposta sostitutiva (26%) di cui all’art.5 del Decreto legislativo del 21/11/1997 n. 461 su ciascuna delle  plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni societarie) è esercitata con comunicazione sottoscritta contestualmente al conferimento dell’incarico e dell’apertura del deposito o conto corrente o, per i rapporti in essere, anteriormente all’inizio del periodo d’imposta.
L’opzione ha effetto per tutto il periodo d’imposta e può essere revocata entro la scadenza di ciascun anno solare, con effetto per il periodo d’imposta successivo.

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 gli intermediari applicano l’imposta sostitutiva  di cui all’art. 5 del Decreto legislativo del 21/11/1997 n. 461 del 26% (primo comma dell’art. 3 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89)  su ciascuna plusvalenza, differenziale positivo o provento percepito dal contribuente.
Qualora gli intermediari non siano in possesso dei dati e delle informazioni necessarie per l’applicazione dell’imposta sostitutiva di cui al comma 1 sulle plusvalenze e gli altri redditi ivi indicati, devono richiederle all’investitore/contribuente, anteriormente all’effettuazione delle operazioni; il contribuente comunica all’intermediario incaricato dell’applicazione dell’imposta i dati e le informazioni richieste, consegnando, anche in copia, la relativa documentazione, o, in mancanza, una dichiarazione sostitutiva in cui attesti i predetti dati ed informazioni.
Gli intermediari sospendono l’esecuzione delle operazioni a cui sono tenuti in relazione al rapporto, fino a che non ottengono i dati e le informazioni necessarie all’applicazione dell’imposta. Nel caso di inesatta comunicazione, il recupero dell’imposta sostitutiva non applicata o applicata in misura inferiore è effettuato esclusivamente a carico del contribuente con applicazione della sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento dell’ammontare della maggiore imposta sostitutiva dovuta.

Ai sensi del comma 5 dell’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, qualora siano realizzate minusvalenze, perdite o differenziali negativ igli intermediari computano in deduzione, fino a loro concorrenza, l’importo delle predette minusvalenze, perdite o differenziali negativi dalle plusvalenze, differenziali positivi o proventi realizzati nelle successive operazioni poste in essere nell’ambito del medesimo rapporto, nello stesso periodo d’imposta e nei successivi ma non oltre il quarto. Qualora sia revocata l’opzione o sia chiuso il rapporto di custodia, amministrazione o deposito o siano rimborsate o cedute anche parzialmente le quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio, le minusvalenze, perdite o differenziali negativi possono essere portati in deduzione, non oltre il quarto periodo d’imposta successivo a quello del realizzo, dalle plusvalenze, proventi e differenziali positivi realizzati nell’ambito di altro rapporto di cui al comma 1, intestato agli stessi soggetti intestatari del rapporto o deposito di provenienza, ovvero portate in deduzione ai sensi del comma 5 dell’art. 68 del TUIR ( originariamente comma 4 dell’articolo 82 del testo unico delle imposte sui redditi (l’art.82 è stato sostituito dall’art. 68 dall’art.1 del Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 (Riforma dell’imposizione sul reddito delle società, a norma dell’articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80).
Gli intermediari rilasciano al contribuente apposita certificazione dalla quale risultino i dati e le informazioni necessarie a consentire la deduzione delle predette minusvalenze, perdite o differenziali negativi.

Nel caso del Regime del Risparmio Amministrato:

  • richiede che i titoli o le quote  siano in custodia, amministrazione o in deposito presso le banche o altri soggetti autorizzati;
  • la tassazione viene effettuata su ciascuna delle  plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni societarie, qualificate e non, con il sistema dell’imposta sostitutiva del 26%;
  • l’intermediario assume la veste di sostituto d’imposta;
  • l’investitore/contribuente incassa i proventi al netto della ritenuta subita;
  • l’investitore/contribuente è esonerato da ulteriori obblighi di natura sostanziale e formale poiché sono gli stessi intermediari finanziari a dover segnalare all’Agenzia delle Entrate il rapporto di amministrazione.

 

[1] Art. 68 del Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 

“…………………………………………

4. Le plusvalenze realizzate mediante la cessione dei contratti stipulati con associanti non residenti che non soddisfano le condizioni di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo, nonché le plusvalenze di cui alle lettere c) e c-bis) del comma 1 dell’articolo 67 realizzate mediante la cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli e strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), e contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), emessi o stipulati da imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, comma 1, salvo la dimostrazione, anche a seguito dell’esercizio dell’interpello secondo le modalità del comma 3 dello stesso articolo 47-bis, del rispetto della condizione indicata nella lettera b) del comma 2 del medesimo articolo, concorrono a formare il reddito per il loro intero ammontare. La disposizione del periodo precedente non si applica alle partecipazioni, ai titoli e agli strumenti finanziari emessi da società i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati. Le plusvalenze di cui ai periodi precedenti sono sommate algebricamente alle relative minusvalenze; se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze l’eccedenza e’ riportata in deduzione integralmente dall’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale le minusvalenze sono state realizzate.

Qualora il contribuente intenda far valere la sussistenza della condizione indicata nella lettera b) del comma 2 dell’articolo 47-bis, ma non abbia presentato l’istanza di interpello prevista dal comma 3 del medesimo articolo ovvero, avendola presentata, non abbia ricevuto risposta favorevole, la percezione di plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, comma 1, deve essere segnalata nella dichiarazione dei redditi da parte del socio residente; nei casi di mancata o incompleta indicazione nella dichiarazione dei redditi si applica la sanzione amministrativa prevista dall’articolo 8, comma 3-ter, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. Ai fini del presente comma, la condizione indicata nell’articolo 47-bis, comma 2, lettera b), deve sussistere, ininterrottamente, sin dal primo periodo di possesso; tuttavia, per i rapporti detenuti da più di cinque periodi di imposta e oggetto di realizzo con controparti non appartenenti allo stesso gruppo del dante causa, e’ sufficiente che tale condizione sussista, ininterrottamente, per i cinque periodi d’imposta anteriori al realizzo stesso. Ai fini del precedente periodo si considerano appartenenti allo stesso gruppo i soggetti residenti o non residenti nel territorio dello Stato tra i quali sussiste un rapporto di controllo ai sensi del comma 2 dell’articolo 167 ovvero che, ai sensi del medesimo comma 2, sono sottoposti al comune controllo da parte di altro soggetto residente o non residente nel territorio dello Stato.

4-bis. Per le plusvalenze realizzate su partecipazioni in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, comma 1, per i quali sussiste la condizione di cui al comma 2, lettera a), del medesimo articolo, al cedente controllante, ai sensi del comma 2 dell’articolo 167, residente nel territorio dello Stato, ovvero alle cedenti residenti sue controllate, spetta un credito d’imposta ai sensi dell’articolo 165 in ragione delle imposte assolte dall’impresa o ente partecipato sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione, in proporzione delle partecipazioni cedute e nei limiti dell’imposta italiana relativa a tali plusvalenze. La detrazione del credito d’imposta di cui al periodo precedente spetta per l’ammontare dello stesso non utilizzato dal cedente ai sensi dell’articolo 47, comma 4; tale ammontare, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, è computato in aumento del reddito complessivo. Se nella dichiarazione è stato omesso soltanto il computo del credito d’imposta in aumento del reddito complessivo, si può procedere di ufficio alla correzione anche in sede di liquidazione dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione dei redditi.

5. Le plusvalenze di cui alle lettere c) e c-bis), diverse da quelle di cui al comma 4, e c-ter) del comma 1 dell’articolo 67 sono sommate algebricamente alle relative minusvalenze, nonché ai redditi ed alle perdite di cui alla lettera c-quater) e alle plusvalenze ed altri proventi di cui alla lettera c-quinquies) del comma 1 dello stesso articolo 67; se l’ammontare complessivo delle minusvalenze e delle perdite è superiore all’ammontare complessivo delle plusvalenze e degli altri redditi, l’eccedenza può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze e dagli altri redditi dei periodi d’imposta successivi ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale le minusvalenze e le perdite sono state realizzate.

6. Le plusvalenze indicate nelle lettere c), c-bis) e c-ter) del comma 1 dell’articolo 67 sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito ovvero la somma od il valore normale dei beni rimborsati ed il costo od il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione, compresa l’imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi. Nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione, nonché, per i titoli esenti da tale imposta, il valore normale alla data di apertura della successione. Nel caso di acquisto per donazione si assume come costo il costo del donante. Per le azioni, quote o altre partecipazioni acquisite sulla base di aumento gratuito del capitale il costo unitario è determinato ripartendo il costo originario sul numero complessivo delle azioni, quote o partecipazioni di compendio. Per le partecipazioni nelle società indicate dall’articolo 5, il costo è aumentato o diminuito dei redditi e delle perdite imputate al socio e dal costo si scomputano, fino a concorrenza dei redditi già imputati, gli utili distribuiti al socio. Per le valute estere cedute a termine si assume come costo il valore della valuta al cambio a pronti vigente alla data di stipula del contratto di cessione. Il costo o valore di acquisto è documentato a cura del contribuente. Per le valute estere prelevate da depositi e conti correnti, in mancanza della documentazione del costo, si assume come costo il valore della valuta al minore dei cambi mensili accertati ai sensi dell’articolo 110, comma 9, nel periodo d’imposta in cui la plusvalenza è realizzata. Le minusvalenze sono determinate con gli stessi criteri stabiliti per le plusvalenze.

6-bis. Le plusvalenze di cui alle lettere c) e c-bis) del comma 1, dell’articolo 67 derivanti dalla cessione di partecipazioni al capitale in società di cui all’articolo 5, escluse le società semplici e gli enti ad esse equiparati, e all’articolo 73, comma 1, lettera a), costituite da non più di sette anni, possedute da almeno tre anni, ovvero dalla cessione degli strumenti finanziari e dei contratti indicati nelle disposizioni di cui alle lettere c) e c-bis) relativi alle medesime società, rispettivamente posseduti e stipulati da almeno tre anni, non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti qualora e nella misura in cui, entro due anni dal loro conseguimento, siano reinvestite in società di cui all’articolo 5 e all’articolo 73, comma 1, lettera a), che svolgono la medesima attività, mediante la sottoscrizione del capitale sociale o l’acquisto di partecipazioni al capitale delle medesime, sempreché’ si tratti di società costituite da non più di tre anni.

6-ter. L’importo dell’esenzione prevista dal comma 6-bis non può in ogni caso eccedere il quintuplo del costo sostenuto dalla società le cui partecipazioni sono oggetto di cessione, nei cinque anni anteriori alla cessione, per l’acquisizione o la realizzazione di beni materiali ammortizzabili, diversi dagli immobili, e di beni immateriali ammortizzabili, nonché per spese di ricerca e sviluppo.

………………………………………..”.

[2 Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di Bilancio 2018)

Art.1
comma 999. All’articolo 68 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 3 e’ abrogato;
b) al comma 5, le parole: « Le plusvalenze di cui alle lettere
c-bis) » sono sostituite dalle seguenti: « Le plusvalenze di cui alle
lettere c) e c-bis) »;
c) al comma 7, la lettera b) e’ abrogata.
comma 1000. All’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, primo periodo, le parole: «I redditi di cui alle
lettere da c-bis) a c-quinquies) » sono sostituite dalle seguenti: «I
redditi di cui alle lettere da c) a c-quinquies) »;
b) al comma 2, secondo periodo, le parole: « non qualificati » sono
soppresse;
c) al comma 3, il primo periodo e’ soppresso ed il secondo periodo
e’ sostituito dal seguente: « Con uno o piu’ decreti del Ministero
dell’economia e delle finanze possono essere previsti particolari
adempimenti ed oneri di documentazione per la determinazione dei
redditi soggetti all’imposta sostitutiva di cui al comma 2»;
d) al comma 4, il secondo periodo e’ soppresso.
comma 1001. All’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: « ai sensi delle lettere c-bis) e c-ter)
del comma 1» sono sostituite dalle seguenti: « ai sensi delle lettere
c), c-bis) e c-ter) del comma 1»;
b) il comma 8 e’ abrogato.
comma 1002. All’articolo 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, primo periodo, le parole: « lettere da c-bis) a
c-quinquies) » sono sostituite dalle seguenti: « lettere da c) a
c-quinquies) » e al secondo periodo, le parole: « non qualificati »
sono soppresse;
b) al comma 3, lettera d), le parole: « , con esclusione delle
ritenute sugli utili derivanti dalle partecipazioni in societa’
estere qualificate ai sensi della lettera c) del comma 1
dell’articolo 67 del testo unico delle imposte sui redditi » sono
soppresse;
c) il comma 14 e’ abrogato.

Dividendi corrisposti ad una Società Semplice – Regime della Trasparenza Pura 

Il Regime della Trasparenza Pura 

Ai sensi dell’art. 32-quater (Modifiche al regime fiscale degli utili distribuiti a società semplici) del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 (successivamente modificato dall’art. 28 del Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23 (Decreto liquidità)), i dividendi percepiti a partire dal 1° gennaio 2020 corrisposti ad una Società Semplice si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale.

Questo Regime della Trasparenza Pura  opera solo per gli utili delle azioni e strumenti finanziari similari, italiani ed esteri.

Gli altri redditi della Società Semplice, se non assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o imposta sostitutiva,  concorrono a formare il reddito complessivo della Società Semplice, imputato pro quota ai soci esistenti alla chiusura del periodo d’imposta (Regime della Trasparenza Opaca).

Con Risposta n. 486/2022 ad istanza di interpello, così si esprime l’Agenzia delle Entrate: “In altri termini, ai fini fiscali, i dividendi distribuiti alla società semplice si considerano percepiti direttamente dai soci nel momento in cui sono corrisposti alla società semplice. In tale momento, quindi, i dividendi sono assoggettati a tassazione, in capo a ciascun socio, e secondo il regime fiscale proprio di ognuno di essi, come se ciascun socio avesse percepito i medesimi dividendi direttamente dalla società emittente.
Tale nuova modalità di imputazione dei dividendi ai soci della società semplice comporta, in primo luogo, che gli stessi non concorrono a formare il reddito complessivo della società semplice e comporta, altresì, che la tassazione dei dividendi prescinde dalla loro distribuzione in favore dei soci (tassazione per imputazione).

Quindi,  i dividendi corrisposti alla Società Semplice sono  imputati per trasparenza direttamente ai suoi soci,  come se le partecipazioni da cui provengono gli utili siano possedute dai soci stessi e la Società Semplice non esistesse, e tassati direttamente in capo ai suoi soci con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale a cui il socio è sottoposto.

Ciò comporta, sempre ai sensi dell’art. 32-quater  del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 che se il socio della Società Semplice è:

Ai sensi del comma 1-bis dell’art. 32-quater  del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 resta fermo il regime fiscale applicabile agli utili provenienti da imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati ai sensi dell’articolo 47-bis, comma 1, del TUIR.
Quindi, se il dividendo proviene da una società a fiscalità privilegiata concorre alla formazione del reddito dei soci residenti della Società Semplice nella misura del 100%, salvo l’applicabilità delle esimenti di cui all’articolo 47-bis, comma 1, del TUIR.

La Società Semplice, per i dividendi percepiti in Regime di Trasparenza Pura, non è considerata sostituto d’imposta.

Dalle istruzioni al modello CUPE (A decorrere dal 1° gennaio 2020, i dividendi corrisposti alle società semplici si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale ai sensi dell’art. 32-quater del D.L. n. 124 del 2019, come modificato dall’art. 28 del D.L. n. 23 del 2020. Sulla base delle informazioni ricevute dalla società semplice, l’emittente o l’intermediario che svolgono l’attività di sostituto di imposta dovranno compilare la certificazione indicando i dati dei soci delle società semplici, che percepiscono dividendi sui quali non è stata applicata la ritenuta o l’imposta sostitutiva) e dalle istruzioni al Quadro SK del modello 770 (A decorrere dal 1° gennaio 2020, i dividendi corrisposti alle società semplici si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale ai sensi dell’art. 32-quater del D.L. n. 124 del 2019, come modificato dall’art. 28 del D.L. n. 23 del 2020. Sulla base delle informazioni ricevute dalla società semplice, l’emittente o l’intermediario che svolgono l’attività di sostituto di imposta dovranno compilare il quadro indicando
i dati dei soci delle società semplici, che percepiscono dividendi sui quali non è stata applicata la ritenuta o l’imposta sostitutiva) si evince che  Sostituti d’imposta sono solo gli intermediari o, in mancanza, l’emittente i quali:

  • operano la ritenuta d’imposta nei confronti dei soci persone fisiche residenti non imprenditori o di quelli esenti da Ires o dei non residenti;
  • rilasciano il CUPE direttamente al socio della società semplice, se non viene operata la ritenuta d’imposta.
  • compilano i quadro SI ed SK del MODELLO 770.

Con riferimento  agli adempimenti dichiarativi e certificativi la Società emittente (Vedi: Risposta n. 486/2022 ad istanza di interpello), sulla base delle informazioni ricevute dalla Società Semplice:

  • dovrà compilare il Modello 770 relativo al periodo di imposta in cui sono stati erogati i dividendi alla Società Semplice, inserendo
    • nel quadro SI il dato complessivo dei dividendi pagati nel periodo di imposta
    • nel quadro SK, i dati relativi ai soggetti non residenti nel territorio dello Stato nei cui confronti gli utili sono assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta, anche se in misura convenzionale
  • potrà rilasciare la Certificazione relativa agli Utili e agli altri Proventi Equiparati (CUPE) ai Soci non residenti che hanno percepito utili assoggettati alla ritenuta alla fonte a titolo d’imposta per consentire agli stessi di ottenere nel Paese di residenza, ove previsto, il credito d’imposta relativo alle imposte pagate in Italia.

    Nel caso in cui fra l’Italia e il Paese di residenza del percettore sia in vigore una Convenzione contro la doppia imposizione, l’eliminazione della stessa avverrà secondo le modalità ivi previste.

Dividendi di fonte estera percepiti da una Società Semplice

Con l’art. 28 del Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23 (Decreto liquidità) che ha modificato l’art. 32-quater (Modifiche al regime fiscale degli utili distribuiti a società semplici) del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 (stabilendo che:  al comma 1, dopo le parole “di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,”  le parole “dalle società e dagli enti residenti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e c),” sono sostituite dalle parole “dalle società e dagli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b), c) e d) (la lettera d) ricomprende le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato)”,  si è esteso  Il Regime della Trasparenza Pura, previsto dall’l’art. 32-quater del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 ai dividendi in capo alle società semplici che provengono da partecipazioni estere, al pari quindi di quelli provenienti da partecipazioni italiane.


I dividendi di fonte estera possono essere percepiti dalla Società Semplice:

  • per il tramite di un intermediario residente: l’intermediario residente opera la  ritenuta a titolo d’imposta (al netto delle imposte assolte all’estero, c.d. Netto Frontiera: Per “netto frontiera”, quindi, si deve intendere l’importo effettivamente corrisposto al beneficiario finale) sulla parte di utile imputabile a persone fisiche residenti non imprenditori ed effettua la segnalazione nominativa nel Quadro SK del modello 770.
    Questa procedura è prevista:

    • Se le azioni o quote estere sono in deposito o amministrazione presso l’intermediario;
    • Se le azioni o quote estere non sono in deposito o amministrazione presso l’intermediario, ma l’intermediario ha ricevuto «specifico incarico a cura del contribuente». Per l’intervento dell’intermediario è sufficiente, quindi, che il contribuente (nel caso per il tramite della società semplice) le conferisca l’incarico di operare la ritenuta in sede di percezione del dividendo (Questa possibilità è ammessa dalla circolare 19/E del 27/06/2014, par. 9, secondo la quale i sostituti d’imposta che intervengono nella riscossione dei redditi derivanti da attività finanziarie estere applicano le ritenute alla fonte e le imposte sostitutive «dietro specifico incarico a cura del contribuente».);
  • direttamente dalla Società emittente non residente, senza l’intervento di un intermediario residente.
    In questo caso possiamo rifarci a quanto evidenziato nella Risposta ad interpello n. 312/E/2019, in tema di adempimenti del sostituto di imposta
    (datore di lavoro) da parte di soggetto estero non residente : “L’articolo 23, comma 1, del citato D.P.R. n. 600 del 1973 individua, in modo tassativo, i soggetti obbligati a operare, in qualità di sostituti di imposta, le ritenute alla fonte sui redditi per i quali è prevista l’applicazione di dette ritenute.Fra tali soggetti menziona gli “enti e le società indicati nell’articolo 87 (ora articolo 73), comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917” (TUIR).
     L’articolo 73, comma 1, del TUIR, alla lettera d), indica testualmente “le società ed enti di ogni tipo compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato”.
    Rientrano, pertanto, fra i soggetti che rivestono la qualifica di sostituti di imposta, anche i soggetti non residenti nel territorio dello Stato.
    Tuttavia, come precisato nella circolare del Ministero delle Finanze 23 dicembre 1997, n. 326, paragrafo 3.1 (le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato ……per i redditi corrisposti da loro sedi fisse in Italia), gli enti e le società non residenti assumono la qualifica di sostituto d’imposta limitatamente ai redditi corrisposti da una loro stabile organizzazione o base fissa in Italia.
    Le società non residenti, infatti, seppur ricomprese, sotto il profilo soggettivo, fra i soggetti indicati al primo comma dell’articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973, in linea di principio, ne sono oggettivamente escluse in ragione della delimitazione territoriale della potestà tributaria dello Stato. Ne consegue che, stante l’assenza di stabile organizzazione in Italia, l’istante, non rivestendo il ruolo di sostituto d’imposta, non è tenuta ad applicare le ritenute sui corrispettivi erogati al proprio dipendente in Italia.
    Quindi, per stabilire se la Società emittente non residente deve assumere il ruolo di sostituto d’imposta  bisogna verificare se questa ha o non ha in Italia una stabile organizzazione:

    • nel caso di la Società emittente non residente abbia in Italia una stabile organizzazione essa assumerà il ruolo di sostituto d’imposta;
    • nel caso di la Società emittente non residente non abbia in Italia una stabile organizzazione essa assumerà il ruolo di sostituto d’imposta ed i percipienti, non subendo le ritenute, dovranno assolvere le imposte in autoliquidazione nella propria dichiarazione dei redditi con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale. 

La Società Semplice non rappresenta uno schermo protettivo perfetto del patrimonio conferito

Se è vero che in una una Società Semplice si ha la non sequestrabilità e la non pignorabilità della quota di una socio da parte del suo creditore particolare (Vedi: Non sequestrabilità e non pignorabilità della quota di una Società Semplice), la Società Semplice, non rappresenta uno schermo protettivo perfetto del patrimonio conferito.

Al creditore particolare del socio di una Società Semplice è dedicato l’art. 2270 del codice civile:
“Il creditore particolare del socio, finché dura la società, può
far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e
compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo nella
liquidazione.
Se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i
suoi crediti, il creditore particolare del socio può inoltre
chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore.
La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo
che sia deliberato lo scioglimento della società.”

Quindi, il creditore particolare del socio di una Società Semplice ha la possibilità di:

  • far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore;
  • dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del socio suo debitore;
  • compiere atti conservativi sulla quota spettante al socio suo debitore (ovvero evitare che la quota venga ceduta a terzi).

Come abbiamo visto il secondo comma dell’art. 2270 del codice civile prevede che il creditore particolare del socio di una Società Semplice, se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, può chiedere in ogni tempo la liquidazione   della quota del suo debitore. La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.

La richiesta di liquidazione della quota del socio debitore comporta che la società dovrà entro 3 mesi dalla domanda corrispondere al creditore una somma di denaro pari al valore della quota del socio debitore, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.
In quest’ultimo caso il creditore particolare del socio avrà solo diritto ad ottenere le somme di pertinenza del socio rivenienti dalla liquidazione della società.

La Società Semplice, quindi, non rappresenta uno schermo protettivo perfetto del patrimonio conferito dal socio, poiché, come abbiamo visto,  ai sensi dell’art. 2270 del codice civile, nel caso in cui il socio abbia dei debiti di carattere personale, il creditore particolare del socio, dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, può chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del socio suo debitore,

Non sequestrabilità e non pignorabilità della quota di una Società Semplice

Per prima cosa, occorre evidenziare che, per garantire la protezione patrimoniale attraverso la costituzione di una Società Semplice occorre costituirla  prima che vi siano pericoli di aggressione da parte di terzi.

L’art. 2740 c.c. (Responsabilità patrimoniale) dispone che: “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri“.

Secondo l’ordinamento giuridico italiano un creditore può recuperare la somma che gli spetta rivalendosi sui beni mobili, immobili e immateriali, come le partecipazioni sociali.

Quindi, di regola, il creditore particolare del socio può agire con:

  • il pignoramento della quota societaria: Disciplinato dall’art. 2471 del codice civile, è uno strumento con cui il creditore può soddisfare il credito vantato nei confronti del debitore mediante appunto il pignoramento della quota di una società, il creditore può rivolgersi direttamente al tribunale competente (quello dove si trova la sede della società) per chiedere ed ottenere il pignoramento delle quote di partecipazione.
    Il pignoramento delle quote di partecipazione non riguarda solo i creditori privati, ma anche tutte le agenzie di riscossione, come l’Agenzia delle Entrate e Riscossioni.
    Il pignoramento, è l’atto iniziale della procedura esecutiva, si esegue mediante notificazione al debitore e alla società. Successivamente si procede con l’iscrizione nel registro delle imprese (CCIA), che può essere effettuata dal creditore o dall’ufficiale giudiziario.
    Il giudice, accertato l’effettivo diritto del creditore, decreta con ordinanza la vendita.
    A questo punto vi profilano, allora, diverse possibilità:

    • le parti si accordano, il debitore paga il suo credito, anche ratealmente, e la quota rimane nelle sue mani
    • il creditore acquista la quota, diviene il nuovo proprietario della stessa ed entra nella società
    • non vi è alcun tipo di intesa tra creditore, società e debitore e la quota non è liberamente trasferibile. Si procede così con la vendita all’incanto della quota. La vendita resta priva di effetto se entro 10 giorni dall’aggiudicazione la società presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. La società gode, infatti, di una sorta di diritto di prelazione che le consente, al fine di evitare l’ingresso di terze persone sconosciute e, magari, poco gradite, di inserire un soggetto scelto dalla compagine.
  • accanto al pignoramento si può avere il sequestro della quota sociale (art. 2471 bis c.c.):  procedura cautelare che impedisce al proprietario di disporne al fine di garantire il futuro creditore.

A determinante condizioni (Il contratto sociale deve prevedere l’intrasferibilità delle quote sociali, salvo il consenso unanime dei soci) le quote di una Società Semplice (SS) non sono soggette a sequestro o pignoramento,  quindi,   i beni conferiti dal socio non possono essere soggetti ad aggressione da parte del creditore particolare del socio.

Tutto verte intorno all’art. 2252 (Modificazioni del contratto sociale) del codice civile, che prevede che se non è convenuto diversamente, il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci.

Come abbiamo visto, il contratto sociale di una Società Semplice è basato sulla fiducia personale, sul c.d. “intuitus personae”,  dandosi particolare rilevanza alle qualità personali dei soggetti contraenti.
Il trasferimento della quota di una Società Semplice rimane assoggettato al consenso unanime di tutti i soci in quanto comporta la modifica della compagine soggettiva, identificata nell’atto costitutivo e caratterizzata dalla scelta personale e fiduciaria dei singoli soci.
Questo comporta la necessità del consenso unanime dei soci esistenti per l’introduzione di nuovi soci, così come non potrebbero essere sostituiti i soci esistenti, se non con l’unanimità dei soci.
Pertanto, nella Società Semplice il cui statuto preveda limiti alla libera circolazione delle partecipazioni, non è possibile ottenere l’esecuzione forzata della quota di uno o più soci, durante la vita della società.
Questo può far sì che la Società Semplice (SS) sia utilizzata come uno strumento di protezione del patrimonio (come abbiamo visto prima le Società Semplici possono avere come oggetto, in via esclusiva, la gestione di beni immobili non strumentali all’esercizio dell’impresa, di beni mobili registrati, o di quote di partecipazione in società).

L’orientamento consolidato della giurisprudenza di merito ritiene che si debba escludere la sequestrabilità, da parte dei creditori particolari del socio, della quota di una società di persone durante societate  poiché il sequestro ed il conseguente pignoramento, da parte del creditore personale del socio, comporterebbero la possibilità di espropriazione della quota di una società di persone  e porterebbero, quindi, all’attuazione di una modificazione del rapporto sociale, dovuta alla sostituzione del creditore procedente o di un terzo al socio esecutato, modifica che confliggerebbe con l’esigenza di rispettare il principio dell’intuitus personae (Tribunale di Rimini, 12.05.2016; Corte d’Appello di Milano, 23.03.1999; Tribunale di Trani, 23.02.2007; Tribunale di Roma, 17.05.2004; Tribunale di Monza, 05.12.2000; Tribunale di Milano, 1912.1996; Tribunale di Ravenna, 12.04.1994; Tribunale di Benevento, 24.09.1991).

La Corte di Cassazione Civ. Sez. I, con la sentenza del 07.11.2002, n. 15605 è intervenuta in tema di pignoramento di quote di società di persone ne ha stabilito l’ammissibilità per il solo caso in cui l’atto costitutivo preveda la loro libera trasferibilità, salva sempre la necessità di salvaguardare gli eventuali patti di prelazione parimenti contenuti nel contratto sociale.

La Suprema Corte, nella citata sentenza del 07.11.2002, n. 15605, si è così espressa:Non vi sono pertanto ostacoli ad annoverare anche le quote sociali tra i beni che possono essere oggetto di espropriazione forzata (art. 2910 c.c., in relazione all’art. 2740 dello stesso codice) e di misure cautelari dirette a salvaguardare la garanzia patrimoniale del debitore (art. 2905, c.c.).
5.1 – Ciò, del resto, è espressamente riconosciuto per le quote della società a responsabilità limitata (art. 2480 c.c.). Le quote delle società di persone non possono tuttavia, quanto meno in linea di principio, essere espropriate finché dura la società a beneficio dei creditori particolari dei soci. Di qui il dubbio, sciolto in senso negativo dalla sentenza impugnata, che esse possano, in detto periodo, essere oggetto a sequestro conservativo, attesa la strumentalità di tale misura cautelare rispetto all’espropriazione (retro, p. 3).
Il principio non è enunciato espressamente in alcuna disposizione di legge, ma si desume con sicurezza dalla disciplina complessiva delle società personali, tradizionalmente ispirata all’esigenza che i rapporti fra i soci siano caratterizzati da un elemento fiduciario (il c.d. intuitus personae), il quale implica che, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, le partecipazione sociale può essere trasferita solo con il consenso di tutti i soci, ovvero di quelli che rappresentano la maggioranza del capitale sociale (artt. 2252, 2284, 2322 c.c.). L’espropriazione della quota, comportando l’inserimento nella compagine sociale di un nuovo soggetto, prescindendo dalla volontà degli altri soci, introdurrebbe un elemento di “novità” incompatibile con i caratteri di tale tipo di società.
S’intende allora perché il legislatore, quando ha ritenuto di consentire ai creditori particolari del socio di soddisfarsi sui beni rappresentati dalla quota di partecipazione del loro debitore, abbia previsto la possibilità di richiedere (non già l’espropriazione, ma) la liquidazione della quota che, pur intaccando il patrimonio della società, non determina alcuna variazione nella composizione della compagine sociale.”

Considerazione da fare è che la protezione patrimoniale efficace è quella realizzata in via preventiva: regola base  della protezione patrimoniale è agire in tempi non sospetti.

Ovviamente è sospetto  un conferimento di data posteriore al sorgere dei debiti.

É ovvio che viene attenzionato il conferimento  finalizzato a perseguire scopi illegali da parte di soggetti prossimi all’insolvenza, falliti, gravati da ingenti debiti tributari.

Anche se non risulta specificamente regolata l’invalidità del contratto costitutivo di Società Semplice, nel silenzio della legge, si ritiene applicabile la disciplina generale dei contratti:

  • sia per l’individuazione delle cause di nullità (ai sensi dell’art. 1418 del codice civile);
  • sia per quelle di annullabilità (ai sensi dell’art. 1425 del codice civile).

La creazione di una Società Semplice ed i relativi conferimenti  possono essere finalizzati a frodare i creditori pregressi (sottraendo garanzia patrimoniale in violazione dell’art. 2740 c.c. (Responsabilità patrimoniale), tale disposizione ha carattere imperativo con la conseguenza, che la sua violazione è colpita da nullità assoluta ex art 1418 c.1 cc. (Cause di nullità del contratto)

Può sussistere anche  un rischio penale, come nei casi di:

In tema di protezione dei beni (blindatura patrimoniale“) dai creditori, la differenza tra utilizzo legittimo e illegittimo di una Società Semplice  è dato anche dalla tempistica: la dotazione patrimoniale deve essere di data anteriore al sorgere dei debiti.

Sempre in tema di protezione dei beni non si può prescindere dalle azioni che il creditore particolare del socio può compiere (art. 2270 del codice civile):

  • far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore;
  • dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, chiedere la liquidazione della quota del socio suo debitore;
  • compiere atti conservativi sulla quota spettante al socio suo debitore (ovvero evitare che la quota venga ceduta a terzi).

Il secondo comma dell’art. 2270 del codice civile prevede che il creditore particolare del socio di una Società Semplice, se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, può chiedere in ogni tempo la liquidazione   della quota del suo debitore. La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.

La richiesta di liquidazione della quota del socio debitore comporta che la società dovrà entro 3 mesi dalla domanda corrispondere al creditore una somma di denaro pari al valore della quota del socio debitore, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.
In quest’ultimo caso il creditore particolare del socio avrà solo diritto ad ottenere le somme di pertinenza del socio rivenienti dalla liquidazione della società.

Società Semplice ed azione revocatoria ordinaria

L’azione revocatoria (le cui condizioni sono stabilite nell’art. 2901 c.c. ) è un mezzo legale di conservazione della garanzia patrimoniale,  uno strumento giudiziale attraverso il quale un creditore (revocante) può chiedere ed ottenere, ad esito di un giudizio che segue il rito civile ordinario (quindi soggetto ad una fase istruttoria estremamente lunga ed articolata), che uno o più atti di disposizione patrimoniale, posti in essere dal proprio debitore e coi quali il debitore arrechi pregiudizio alle sue ragioni,  siano “revocati”, ossia non producano effetti giuridici nei suoi confronti.

Il primo comma dell’ art. 2901 c.c,  prevede che per la revocabilità di un qualsiasi “atto di disposizione del patrimonio” devono coesistere contemporaneamente due necessarie condizioni (l’onere della prova grava sul creditore (revocante):

  1. che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore (c.d. scientia damni, consistente nella consapevolezza, da parte del debitore, di arrecare con il proprio atto dispositivo un pregiudizio irreparabile al creditore) o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;
  2. che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione (c.d. consilium fraudis, ossia l’esistenza di un accordo tra il debitore ed il terzo, beneficiario dell’atto di disposizione patrimoniale, conclusa nonostante il terzo fosse a conoscenza  del pregiudizio irreparabile arrecato al creditore).

Come abbiamo visto il primo comma dell’ art. 2901 c.c, prevede anche il caso di un credito, solo futuro e meramente ipotetico, non ancora esistente al momento della “disposizione patrimoniale”  (atto anteriore al sorgere del credito).
In questo caso l’onere della prova che grava sul creditore (revocante)  è ancora più stringente,
Il revocante dovrà dimostrare che l’atto sia stato dolosamente preordinato al solo fine di pregiudicarne il soddisfacimento del futuro credito e che, quindi:

  • il debitore, al momento della disposizione patrimoniale, fosse effettivamente a conoscenza dell’esistenza di una potenziale pretesa creditoria, ancorché non ancora azionata dal creditore;
  • l’atto di disposizione patrimoniale fosse in via esclusiva preordinato al fine di pregiudicare il soddisfacimento del credito;
  •  il terzo beneficiario della disposizione sia stato partecipe della dolosa preordinazione.

Il debitore aggredito da azione revocatoria potrà difendersi dimostrando che, con il proprio atto dispositivo, intendeva perseguire scopi leciti, previsti e tutelati dall’ordinamento giuridico, differenti rispetto al solo  fine di pregiudicarne il soddisfacimento del credito attuale o potenziale,

Il negozio giuridico di costituzione di una Società Semplice è sempre soggetto all’azione revocatoria ordinaria ( Ai sensi dell’art. 2903 c.c., l’azione revocatoria ordinaria (le cui condizioni sono stabilite nell’art. 2901 c.c.) si prescrive nel termine di 5 anni dal compimento dell’atto pregiudizievole da parte del debitore.), quindi non può essere utilizzato in frode dei creditori.

Analoga argomentazione vale per i conferimenti di beni mobili o immobili che i soci operino a favore della Società Semplice.

Come abbiamo visto l’azione revocatoria ordinaria si prescrive in 5 anni dalla data della disposizione patrimoniale. Trascorso detto periodo di tempo  il creditore, che non ha notificato al debitore uno specifico atto di citazione ai sensi dell’art. 2901 c.c.,  perderà ogni titolo per agire.

Azioni che il creditore particolare del socio può compiere

Al creditore particolare del socio di una Società Semplice è dedicato l’art. 2270 del codice civile:
“Il creditore particolare del socio, finché dura la società, può
far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e
compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo nella
liquidazione.
Se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i
suoi crediti, il creditore particolare del socio può inoltre
chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore.
La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo
che sia deliberato lo scioglimento della società.”

Quindi, il creditore particolare del socio di una Società Semplice ha la possibilità di:

  • far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore;
  • dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del socio suo debitore;
  • compiere atti conservativi sulla quota spettante al socio suo debitore (ovvero evitare che la quota venga ceduta a terzi).

Quindi, in vigenza della società, il creditore particolare del socio può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore.

Dato che il creditore particolare del socio potrà chiedere il pignoramento degli utili solo dopo l’approvazione del rendiconto, i soci possono comunque decidere, all’unanimità, di non distribuire gli utili e di rifinanziare così la società:
La scelta di non distribuire gli utili e di rifinanziare così la società non è sindacabile da parte del creditore particolare del socio.

La richiesta di liquidazione della quota del socio debitore comporta che la società dovrà entro 3 mesi dalla domanda corrispondere al creditore una somma di denaro pari al valore della quota del socio debitore, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.
In quest’ultimo caso il creditore particolare del socio avrà solo diritto ad ottenere le somme di pertinenza del socio rivenienti dalla liquidazione della società.

La Società Semplice non rappresenta uno schermo protettivo perfetto del patrimonio conferito

La Società Semplice, quindi, non rappresenta uno schermo protettivo perfetto del patrimonio conferito dal socio, poiché, come abbiamo visto,  ai sensi dell’art. 2270 del codice civile, nel caso in cui il socio abbia dei debiti di carattere personale, il creditore particolare del socio, dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, può chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del socio suo debitore,

La Società Semplice (SS)

Come vedremo in dettaglio, la Società Semplice  (SS):

  • può avere come oggetto sociale solo l’esercizio di attività economiche non commerciali:
    • non vi è l’obbligo di tenere i libri e le altre scritture contabili (salvo l’obbligo di rendiconto);
    • non vi è l’obbligo di pubblicare  bilanci (Può operare nel più completo anonimato verso i terzi sui conti societari);
    • La Società Semplice, avente come oggetto sociale la gestione statica di partecipazioni, se nel corso del periodo di imposta non ha conseguito alcun reddito, in quanto non ha ricevuto dividendi e non trasferito partecipazioni, non è tenuta a presentare la dichiarazione dei redditi;
    • le Società Semplici Holding non sono tenute alle comunicazioni all’Archivio dei rapporti finanziari tenuto presso l’Anagrafe tributaria
    • non può essere soggetta al fallimento ed alle altre procedure concorsuali;
    • non applicabilità della normativa in merito ad Irap (Imposta Regionale sulle Attività Produttive), società di comodo e ISA (Indici sintetici di affidabilità)
  • si può costituire senza forme particolari (tranne quelle richieste dalla natura dei beni conferiti, come nel caso di immobili);
  • deve essere inscritta nella sezione speciale del Registro delle Imprese ma solo con finalità di pubblicità/notizia;
  • non è dotata di personalità giuridica, ma di autonomia patrimoniale imperfetta;
  • i soci assumono una responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni societarie, ma consente di individuare alcuni soci che in nessun caso rispondono delle obbligazioni sociali (art. 2267 cod. civ);
  • l’amministrazione della società, salvo diversa pattuizione e indicazione nell’atto costitutivo, spetta a ciascun socio in modo disgiunto;
  • si caratterizza per uno stretto legame tra la persona del socio e le quote sociali, cosicché queste ultime (a determinate condizioni: il contratto sociale non deve prevedere la libera trasferibilità della quota) non risultano assoggettabili a procedure esecutive o cautelari (pignoramenti o sequestri);
  • consente una gestione del patrimonio serena e separata rispetto alla persona del socio e, per questo, è uno dei migliori strumenti di “segregazione patrimoniale” attualmente esistenti nel panorama giuridico italiano;
  • è flessibile, nel senso che il suo statuto ed il contratto sociale possono sempre essere modificati e che può sempre ricevere beni in conferimento dai soci, anche dopo la sua costituzione;
  • la Società Semplice è un’entità fiscalmente trasparente. Il reddito complessivo della società, determinato in capo alla medesima, viene attribuito ai soci che lo dichiarano in modo proporzionale alle quote di partecipazione possedute. 

La Società Semplice  (SS) è regolata dagli artt. dal 2251 al 2290 del codice civile

La Società Semplice (SS) può avere come oggetto sociale solo l’esercizio di attività economiche non commerciali

La Società Semplice (SS) rappresenta il modello base delle società di persone (Società semplici, Snc, Sas).
Una delle sue principali caratteristiche riguarda il fatto che può avere per oggetto esclusivamente l’esercizio di attività economiche lucrative non commerciali (art. 2249, secondo comma, del codice civile).

A norma dell’art. 2195 del codice civile un imprenditore commerciale è chi esercita professionalmente una o più delle seguenti attività:

  • attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi
  • attività intermediaria nella circolazione dei beni
  • attività di trasporto per terra, o per acqua o per aria
  • attività bancaria o assicurativa
  • altre attività ausiliarie delle precedenti.

Una parte della dottrina afferma che la definizione data dall’art. 2195 del codice civile non è esaustiva e che si possano definire “commerciali” gli imprenditori ad esclusione di quelli “agricoli” così come definiti dallart. 2135 del codice civile.

In base alla normativa fiscale (articolo 55 del TUIRper esercizio di imprese commerciali si intende l‘esercizio per professione abituale, ancorché’ non esclusiva:

  • delle attività indicate nell’art. 2195 del codice civile e
  • delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’art. 32 (Reddito agrario) del TUIR che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma d’impresa.
  • Sono inoltre considerati redditi d’impresa:
    • i redditi derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nellart. 2195 c.c.;
    • i redditi derivanti dall’attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne;
    • i redditi dei terreni, per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 32 del TUIR, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa.

Una presunzione assoluta della mancanza di commercialità è data dal secondo periodo della lettera d), comma 1 dell’articolo 87 del TUIR che prevede senza possibilità di prova contraria che si presume che il requisito della commercialità non sussista
relativamente alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività dell’impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa.

Ai fini fiscali, la Società Semplice (SS), non essendo una società che ha natura commerciale, non produce reddito d’impresa.

In passato si riteneva che la Società Semplice, stante l’impossibilità di un utilizzo per l’esercizio di un’attività commerciale, potesse trovare impiego esclusivamente per lo svolgimento di un’attività agricola.
Il Decreto del Presidente della Repubblica  31 marzo 1975, n. 136  ha ammesso lo svolgimento di attività di organizzazione e revisione contabile alle aziende costituite in forma di Società Semplice.
L’art. 29 della Legge 27 dicembre 1997 n. 449, ha previsto la trasformazione di società commerciali, aventi ad oggetto, in via esclusiva, la gestione di beni immobili non strumentali all’esercizio dell’impresa, di beni mobili registrati, o di quote di partecipazione in società, in società semplici.
Questo ha aperto la via ad un orientamento che vede la Società Semplice come uno strumento idoneo per l’organizzazione ed il governo di patrimoni familiari.

La Società Semplice (SS), quindi,  può essere costituita per l’esercizio di:

  • Attività agricola;
  • Esercizio di professioni intellettuali in forma societaria;
  • Esercizio di attività sportive dilettantistica;
  • Gestione proprietà mobiliari e immobiliari.

La Società Semplice (SS) si caratterizza per essere una società di natura non commerciale e, quindi, per :

  •  l’esclusione dell’obbligo di tenere i libri e le altre scritture contabili (salvo l’obbligo di rendiconto);
  • non essere soggetta al fallimento ed alle altre procedure concorsuali.

La Società Semplice, avente come oggetto sociale la gestione statica di partecipazioni, se nel corso del periodo di imposta non ha conseguito alcun reddito, in quanto non ha ricevuto dividendi e non trasferito partecipazioni, non è tenuta a presentare la dichiarazione dei redditi. Questo in quanto: “Le società semplici rappresentano una particolare tipologia di società di persone: infatti, ai sensi dell’art. 2249 del codice civile non possono avere per oggetto sociale l’esercizio di un’attività commerciale, di conseguenza non producono reddito d’impresa. A differenza delle società di persone commerciali, il cui reddito da qualsiasi fonte provenga è considerato reddito d’impresa in forza della presunzione assoluta contenuta nel terzo comma dell’art. 6 del Tuir, il reddito delle società semplici mantiene la natura della categoria in cui lo stesso è classificabile. Pertanto, al pari delle persone fisiche, la società semplice consegue diverse tipologie di reddito (con esclusione, come detto, del reddito d’impresa) che concorrono poi alla formazione del reddito complessivo (art. 8 del Tuir), imputato per trasparenza ai propri soci proporzionalmente alla rispettiva quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione (art. 5 del Tuir). Dal punto di vista degli adempimenti contabili, inoltre, le società semplici, diversamente dalle altre società di persone, non rientrano tra i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili, elencati nell’art. 13 DPR n. 600/73, né sono tenute alla redazione e conservazione del bilancio (art. 6, comma 4, DPR n. 600/73).” (Interpello DRE Piemonte 7.4.2017 n. 901-171/2017).

le Società Semplici Holding non sono tenute alle comunicazioni all’Archivio dei rapporti finanziari tenuto presso l’Anagrafe tributaria (2019-07-04-Interpello-della-DRE-Piemonte-n.-901-3842019)

Responsabilità per le obbligazioni sociali (Art. 2267) ed  amministrazione in una Società Semplice

Secondo la disciplina del Codice civile, nelle società di persone  ogni socio illimitatamente responsabile e quindi, nella Società Semplice, ogni socio  è amministratore della società (art. 2257 del codice civile). Tuttavia, l’atto costitutivo può  prevedere che l’amministrazione sia riservata solo ad alcuni soci, dando così luogo alla distinzione fra soci amministratori e soci non amministratori.

Quindi, nella Società Semplice (SS)

  • i soci assumono una responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni societarie (art. 2267 del codice civile), ma è da tener presente che, comunque,  l’autonomia patrimoniale imperfetta, della Società Semplice impedisce un’assoluta confusione tra i debiti sociali e quelli dei soci che rispondono soltanto in via sussidiaria delle obbligazioni sociali.
    È da tener presente che l’art. 2267 c.c.  dispone che per le obbligazioni sociali rispondono  personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci. Quindi, nelle società semplici l’amministrazione è preclusa ex lege ai soci limitatamente responsabili.  È possibile che siano previsti patti di esclusione o di limitazione della responsabilità dei  soci che non hanno agito in qualità di amministratore, ma, mai può essere esclusa la responsabilità di tutti i soci.
    Ai sensi dell’art. 2267 c.c., secondo comma,  il  patto che esclude o di limita  a responsabilità dei  soci che non hanno agito in qualità di amministratore deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in mancanza, la limitazione della responsabilità o l’esclusione della solidarietà non è opponibile a coloro che non ne hanno avuto conoscenza.
    L’art. 2268 del codice civile prevede l’escussione preventiva del patrimonio sociale in quanto Il socio richiesto del pagamento di debiti sociali può domandare, anche se la società è in liquidazione, la preventiva escussione del patrimonio sociale, indicando i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi;
  • l’amministrazione della società, salvo diversa pattuizione ed indicazione nell’atto costitutivo, spetta a ciascun socio in modo disgiunto (art. 2257 del codice civile).
    Nella Società Semplice (SS) è possibile la nomina di un amministratore esterno, ma è evidente, per quanto detto prima, che in caso di nomina di nomina di un amministratore esterno, non può essere esclusa la responsabilità di tutti i soci.
    Con la Massima 78/2022, il Consiglio notarile di Firenze si è espresso nel senso che: “Nelle società semplici è legittima la nomina ad amministratore di un soggetto estraneo alla compagine sociale purché non siano previsti patti di esclusione o di limitazione della responsabilità di tutti i soci.
    Il Consiglio notarile di Firenze motiva il suo parere considerando che nel momento in cui la riforma del diritto societario ha permesso la partecipazione delle società di capitali nelle società di persone, anche nell’ipotesi estrema di una società di persone per intero partecipata da società di capitali, viene necessariamente meno il legame inscindibile tra amministratore e socio; senza trascurare anche il fatto che “quando il legislatore ha voluto vietare l’attribuzione dell’amministrazione a un estraneo lo ha fatto espressamente”.

Ai sensi dell’art. 2259 (Revoca della facoltà di amministrare) del codice civile:
La revoca dell’amministratore nominato con il contratto sociale non
ha effetto se non ricorre una giusta causa.
L’amministratore nominato con atto separato è revocabile secondo
le norme sul mandato.
La revoca per giusta causa può in ogni caso essere chiesta giudizialmente da ciascun socio.

Forma del contratto sociale di una Società Semplice

Nella Società Semplice (SS), ai sensi dell’art. 2251 del codice civile il contratto sociale non è soggetto a forme speciali, salve quelle richieste dalla natura dei beni conferiti.
L’art. 1350 del codice civile prevede gli atti che devono farsi, sotto pena di nullità, per atto pubblico o per scrittura privata, ad esempio, è necessaria la forma scritta a pena di nullità in caso di conferimento di diritti reali immobiliari.

Quindi, è richiesta necessariamente la forma scritta del contratto sociale quando:

  • si conferiscano beni immobili o altri diritti reali immobiliari;
  • si conferisca il semplice godimento degli stessi a tempo indeterminato o comunque per un periodo  eccedente i nove anni.

Quindi, la costituzione di una Società Semplice può avvenire senza il rispetto di particolari formalismi (salvo quelli richiesti dalla natura dei beni conferiti), non necessitando dell’atto pubblico,  motivo per cui la Società Semplice può essere costituita mediante scrittura privata autenticata.

Ai sensi dell’art. 2252 del codice civile, se non è convenuto diversamente, il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci.

Compagine sociale di una Società Semplice

Per la costituzione della società semplice, occorrono almeno due soci, siano essi:

  • persone fisiche;
  • società di persone;
  • società di capitali;
  • enti, quali associazioni e fondazioni.

Conferimenti in una Società Semplice

L’obbligo di conferimento è essenziale per l’acquisto  della qualità di socio.

Ai sensi dell’art. 2253 del codice civileil socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale.

Nessuna limitazione è posta all’autonomia negoziale delle parti per quanto riguarda i beni conferibili nelle società di persone (Società semplici, Snc, Sas) (diversamente da quanto avviene per le società di capitali).

Quindi, nella Società Semplice (SS), può essere conferita ogni entità (bene o servizio) suscettibile di valutazione economica ed utile al conseguimento dell’oggetto sociale.

Possono, quindi, essere conferiti in una Società Semplice (SS):

  • denaro;
  • immobili;
  • macchine,
  • materie prime o lavorate);
  • crediti (È da tener presente, che ai sensi dell’art. 2255 c.c.,  Il socio che ha conferito un credito risponde della insolvenza del debitore, nei limiti indicati dall’art. 1267 per il caso di
    assunzione convenzionale della garanzia);
  • aziende, pur se gravate da debiti (in proprietà o in godimento);
  • prestazioni di garanzia (fideiussioni e avalli).

I conferimenti dei soci formano il patrimonio iniziale della Società Semplice (SS), che diviene proprietaria di quanto conferito.
Ai sensi dell’art. 2256 del codice civile beni sociali non possono essere utilizzati per fini estranei a quello della società, salvo che vi sia il consenso di tutti i soci. La violazione di tale divieto espone il socio al risarcimento dei danni e all’esclusione dalla società.

Iscrizione del contratto sociale di  una Società Semplice nel Registro delle Imprese

Non essendo previste forme particolari per la costituzione forme particolari (tranne quelle richieste dalla natura dei beni conferiti, come nel caso di immobili) (tranne quelle richieste dalla natura dei beni conferiti, come nel caso di immobili), l’onere di iscrizione della stessa al Registro delle imprese, non incombe sul Notaio rogante, ma compete agli amministratori.

Gli amministratori della Società Semplice (SS) devono richiedere l’iscrizione del contratto sociale entro 30 giorni dalla stipula presso il registro delle imprese tenuto presso la Camera di commercio che risulta essere territorialmente competente, ovvero nella circoscrizione di competenza in cui ha sede la società, si attua nell’apposita sezione speciale (art. 2, primo comma, del DPR 14/12/1999 n° 558ed ha effetti di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, fatta eccezione per quelle esercenti attività agricola la cui registrazione produce, altresì, effetti dichiarativi, efficacia di pubblicità legale. Le modalità di iscrizione in base all’art. 18 del D.P.R. n° 581/1995.
La mancata iscrizione di tale tipo di società è priva di conseguenze sia sull’esistenza, sia sulla disciplina ad essa applicabile, salva l’impossibilità per la società di avvalersi dell’efficacia dichiarativa della pubblicità.
Un aspetto da tener presente, se si decide di non iscrivere la Società Semplice nel Registro delle Imprese, è che le banche operativamente non aprono rapporti finanziari (conti correnti) con società che non sono iscritte nel Registro delle Imprese.

Ripartizione degli utili e delle perdite in una Società Semplice

Ai sensi dell’art. 2262 del codice civile, salvo patto contrario, ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili dopo l’approvazione del rendiconto.
Le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si
presumono proporzionali ai conferimenti. Se il valore dei
conferimenti non è determinato dal contratto, esse si presumono
eguali (Art. 2263, primo comma, c.c.)
Tutti i soci hanno diritto di partecipare agli utili e hanno il dovere di partecipare alle perdite.
Tuttavia vi è la  libertà di determinare, anche in modo non proporzionale, le percentuali di ripartizione di utili e perdite rispetto alle  partecipazioni dei singoli soci. L’unico limite è dato dal divieto del patto leonino (art. 2265 c.c.) che considera  nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite.

criteri legali di ripartizione degli utili o delle perdite in una Società Semplice (SS) sono:

  • se il contratto non dispone diversamente, utili e perdite spettano ai soci proporzionalmente ai conferimenti;
  • se il valore dei conferimenti non è determinato, utili e perdite vengono ripartiti in parti uguali;
  • se è determinata solo la partecipazione di ciascun socio negli utili, nella stessa misura si deve determinare la partecipazione alle perdite.

Trasferimento della quota sociale di una Società Semplice

Come abbiamo visto, se non è convenuto diversamenteil contratto sociale di una Società Semplice può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci (art. 2252 C.C.).
Il contratto sociale di una società di persone è basato sulla fiducia personale, sul c.d. “intuitus personae”,  dandosi particolare rilevanza alle qualità personali dei soggetti contraenti.
Nella Società Semplice la quota rappresenta la misura della partecipazione del socio ai diritti ed agli obblighi relativi al rapporto sociale. Il socio è insostituibile e rappresenta una componente imprescindibile per il corretto funzionamento della società.
Il trasferimento della quota di una Società Semplice rimane assoggettato al consenso unanime di tutti i soci in quanto comporta la modifica della compagine soggettiva, identificata nell’atto costitutivo e caratterizzata dalla scelta personale e fiduciaria dei singoli soci.

Come vedremo in seguito, per avere la non sequestrabilità e non pignorabilità della quota di una Società Semplice,  il contratto sociale non deve prevedere la libera trasferibilità della quota.

Un accordo scritto che regolamenta una Società Semplice deve contenere:

  • I dati dei soci
  • La ragione sociale
  • La sede legale
  • L’oggetto sociale
  • La natura, l’ammontare e l’attribuzione dei conferimenti
  • L’organizzazione amministrativa
  • La durata della società
  • Le norme sulla distribuzione degli utili/perdite
  • Le preclusioni sul trasferimento delle partecipazioni
  • Le regole per la rescissione o lo scioglimento

Morte di uno dei soci di una Società Semplice

Ai sensi dellart. 2284 del codice civile, e per quanto detto in tema di trasferibilità quota sociale di una Società Semplice: “Salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società, ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano.

Cause di scioglimento della Società Semplice (SS)

L’art. 2272 del codice civile prevede le cause di scioglimento della Società Semplice (SS):

  • decorso del termine di durata;
  • conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di conseguirlo;
  • decisione di tutti i soci;
  • venire meno della pluralità dei soci, non ricostituita entro sei mesi;
  • altre cause previste nell’atto costitutivo o nei patti sociali.

Al verificatasi di una di queste cause di scioglimento, la Società Semplice (SS) entra in  liquidazione e deve provvedere al pagamento di tutti i creditori sociali e alla distribuzione fra i soci dell’eventuale residuo attivo.
Terminato il procedimento di liquidazione, la Società Semplice (SS) viene cancellata dalla sezione speciale del Registro delle Imprese e la cancellazione ne determina l’estinzione definitiva.

Da tener presente che il secondo comma dell’art. 2270 del codice civile prevede che il creditore particolare del socio di una Società Semplice, se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, può chiedere in ogni tempo la liquidazione   della quota del suo debitore. La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.

La richiesta di liquidazione della quota del socio debitore comporta che la società dovrà entro 3 mesi dalla domanda corrispondere al creditore una somma di denaro pari al valore della quota del socio debitore, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.
In quest’ultimo caso il creditore particolare del socio avrà solo diritto ad ottenere le somme di pertinenza del socio rivenienti dalla liquidazione della società.

Non sequestrabilità e non pignorabilità della quota di una Società Semplice  (il contratto sociale non deve prevedere la libera trasferibilità della quota)

Occorre evidenziare che, per garantire la protezione patrimoniale occorre costituire la Società Semplice prima che vi siano pericoli di aggressione da parte di terzi.

L’art. 2740 c.c. (Responsabilità patrimoniale) dispone che: “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri“.

Secondo l’ordinamento giuridico italiano un creditore può recuperare la somma che gli spetta rivalendosi sui beni mobili, immobili e immateriali, come le partecipazioni sociali.

Quindi, di regola, il creditore particolare del socio può agire con:

  • il pignoramento della quota societaria: Disciplinato dall’art. 2471 del codice civile, è uno strumento con cui il creditore può soddisfare il credito vantato nei confronti del debitore mediante appunto il pignoramento della quota di una società, il creditore può rivolgersi direttamente al tribunale competente (quello dove si trova la sede della società) per chiedere ed ottenere il pignoramento delle quote di partecipazione.
    Il pignoramento delle quote di partecipazione non riguarda solo i creditori privati, ma anche tutte le agenzie di riscossione, come l’Agenzia delle Entrate e Riscossioni.
    Il pignoramento, è l’atto iniziale della procedura esecutiva, si esegue mediante notificazione al debitore e alla società. Successivamente si procede con l’iscrizione nel registro delle imprese (CCIA), che può essere effettuata dal creditore o dall’ufficiale giudiziario.
    Il giudice, accertato l’effettivo diritto del creditore, decreta con ordinanza la vendita.
    A questo punto vi profilano, allora, diverse possibilità:

    • le parti si accordano, il debitore paga il suo credito, anche ratealmente, e la quota rimane nelle sue mani
    • il creditore acquista la quota, diviene il nuovo proprietario della stessa ed entra nella società
    • non vi è alcun tipo di intesa tra creditore, società e debitore e la quota non è liberamente trasferibile. Si procede così con la vendita all’incanto della quota. La vendita resta priva di effetto se entro 10 giorni dall’aggiudicazione la società presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. La società gode, infatti, di una sorta di diritto di prelazione che le consente, al fine di evitare l’ingresso di terze persone sconosciute e, magari, poco gradite, di inserire un soggetto scelto dalla compagine.
  • accanto al pignoramento si può avere il sequestro della quota sociale (art. 2471 bis c.c.):  procedura cautelare che impedisce al proprietario di disporne al fine di garantire il futuro creditore.

A determinante condizioni (Il contratto sociale deve prevedere l’intrasferibilità delle quote sociali, salvo il consenso unanime dei soci) le quote di una Società Semplice (SS) non sono soggette a sequestro o pignoramento,  quindi,   i beni conferiti dal socio non possono essere soggetti ad aggressione da parte del creditore particolare del socio.

Tutto verte intorno all’art. 2252 (Modificazioni del contratto sociale) del codice civile, che prevede che se non è convenuto diversamente, il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci.

Come abbiamo visto, il contratto sociale di una Società Semplice è basato sulla fiducia personale, sul c.d. “intuitus personae”,  dandosi particolare rilevanza alle qualità personali dei soggetti contraenti.
Il trasferimento della quota di una Società Semplice rimane assoggettato al consenso unanime di tutti i soci in quanto comporta la modifica della compagine soggettiva, identificata nell’atto costitutivo e caratterizzata dalla scelta personale e fiduciaria dei singoli soci.
Questo comporta la necessità del consenso unanime dei soci esistenti per l’introduzione di nuovi soci, così come non potrebbero essere sostituiti i soci esistenti, se non con l’unanimità dei soci.
Pertanto, nella Società Semplice il cui statuto preveda limiti alla libera circolazione delle partecipazioni, non è possibile ottenere l’esecuzione forzata della quota di uno o più soci, durante la vita della società.
Questo può far sì che la Società Semplice (SS) sia utilizzata come uno strumento di protezione del patrimonio (come abbiamo visto prima le Società Semplici possono avere come oggetto, in via esclusiva, la gestione di beni immobili non strumentali all’esercizio dell’impresa, di beni mobili registrati, o di quote di partecipazione in società).

L’orientamento consolidato della giurisprudenza di merito ritiene che si debba escludere la sequestrabilità, da parte dei creditori particolari del socio, della quota di una società di persone durante societate  poiché il sequestro ed il conseguente pignoramento, da parte del creditore personale del socio, comporterebbero la possibilità di espropriazione della quota di una società di persone  e porterebbero, quindi, all’attuazione di una modificazione del rapporto sociale, dovuta alla sostituzione del creditore procedente o di un terzo al socio esecutato, modifica che confliggerebbe con l’esigenza di rispettare il principio dell’intuitus personae (Tribunale di Rimini, 12.05.2016; Corte d’Appello di Milano, 23.03.1999; Tribunale di Trani, 23.02.2007; Tribunale di Roma, 17.05.2004; Tribunale di Monza, 05.12.2000; Tribunale di Milano, 1912.1996; Tribunale di Ravenna, 12.04.1994; Tribunale di Benevento, 24.09.1991).

La Corte di Cassazione Civ. Sez. I, con la sentenza del 07.11.2002, n. 15605 è intervenuta in tema di pignoramento di quote di società di persone ne ha stabilito l’ammissibilità per il solo caso in cui l’atto costitutivo preveda la loro libera trasferibilità, salva sempre la necessità di salvaguardare gli eventuali patti di prelazione parimenti contenuti nel contratto sociale.

La Suprema Corte, nella citata sentenza del 07.11.2002, n. 15605, si è così espressa:Non vi sono pertanto ostacoli ad annoverare anche le quote sociali tra i beni che possono essere oggetto di espropriazione forzata (art. 2910 c.c., in relazione all’art. 2740 dello stesso codice) e di misure cautelari dirette a salvaguardare la garanzia patrimoniale del debitore (art. 2905, c.c.).
5.1 – Ciò, del resto, è espressamente riconosciuto per le quote della società a responsabilità limitata (art. 2480 c.c.). Le quote delle società di persone non possono tuttavia, quanto meno in linea di principio, essere espropriate finché dura la società a beneficio dei creditori particolari dei soci. Di qui il dubbio, sciolto in senso negativo dalla sentenza impugnata, che esse possano, in detto periodo, essere oggetto a sequestro conservativo, attesa la strumentalità di tale misura cautelare rispetto all’espropriazione (retro, p. 3).
Il principio non è enunciato espressamente in alcuna disposizione di legge, ma si desume con sicurezza dalla disciplina complessiva delle società personali, tradizionalmente ispirata all’esigenza che i rapporti fra i soci siano caratterizzati da un elemento fiduciario (il c.d. intuitus personae), il quale implica che, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, le partecipazione sociale può essere trasferita solo con il consenso di tutti i soci, ovvero di quelli che rappresentano la maggioranza del capitale sociale (artt. 2252, 2284, 2322 c.c.). L’espropriazione della quota, comportando l’inserimento nella compagine sociale di un nuovo soggetto, prescindendo dalla volontà degli altri soci, introdurrebbe un elemento di “novità” incompatibile con i caratteri di tale tipo di società.
S’intende allora perché il legislatore, quando ha ritenuto di consentire ai creditori particolari del socio di soddisfarsi sui beni rappresentati dalla quota di partecipazione del loro debitore, abbia previsto la possibilità di richiedere (non già l’espropriazione, ma) la liquidazione della quota che, pur intaccando il patrimonio della società, non determina alcuna variazione nella composizione della compagine sociale.”

Le quote di partecipazione di una società di persone, che per disposizione dell’atto costitutivo siano trasferibili con il (solo) consenso del cedente e del cessionario, salvo il diritto di prelazione in favore degli altri soci, possono essere sottoposte a sequestro conservativo. Possono, inoltre, essere espropriate a beneficio dei creditori particolari del socio, anche prima dello scioglimento della società.

La Corte di Cassazione Civ. Sez. 3, con la sentenza del 17.01.2023, n. 1228, si è così espressa: “ Non è in discussione la non espropriabilità della quota della società in nome collettivo del socio debitore da parte del creditore prima dello scioglimento della società (salvo che l’atto costitutivo preveda la libera trasferibilità con il solo consenso di cedente e cessionario – Cass. 7 novembre 2002, n. 15605)

Considerazione da fare è che la protezione patrimoniale efficace è quella realizzata in via preventiva: regola base  della protezione patrimoniale è agire in tempi non sospetti.

Ovviamente è sospetto  un conferimento di data posteriore al sorgere dei debiti.

É ovvio che viene attenzionato il conferimento  finalizzato a perseguire scopi illegali da parte di soggetti prossimi all’insolvenza, falliti, gravati da ingenti debiti tributari.

Anche se non risulta specificamente regolata l’invalidità del contratto costitutivo di Società Semplice, nel silenzio della legge, si ritiene applicabile la disciplina generale dei contratti:

  • sia per l’individuazione delle cause di nullità (ai sensi dell’art. 1418 del codice civile);
  • sia per quelle di annullabilità (ai sensi dell’art. 1425 del codice civile).

La creazione di una Società Semplice ed i relativi conferimenti  possono essere finalizzati a frodare i creditori pregressi (sottraendo garanzia patrimoniale in violazione dell’art. 2740 c.c. (Responsabilità patrimoniale), tale disposizione ha carattere imperativo con la conseguenza, che la sua violazione è colpita da nullità assoluta ex art 1418 c.1 cc. (Cause di nullità del contratto)

Può sussistere anche  un rischio penale, come nei casi di:

In tema di protezione dei beni (blindatura patrimoniale“) dai creditori, la differenza tra utilizzo legittimo e illegittimo di una Società Semplice  è dato anche dalla tempistica: la dotazione patrimoniale deve essere di data anteriore al sorgere dei debiti.

Sempre in tema di protezione dei beni non si può prescindere dalle azioni che il creditore particolare del socio può compiere (art. 2270 del codice civile):

  • far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore;
  • dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, chiedere la liquidazione della quota del socio suo debitore;
  • compiere atti conservativi sulla quota spettante al socio suo debitore (ovvero evitare che la quota venga ceduta a terzi).

Società Semplice ed azione revocatoria ordinaria

L’azione revocatoria (le cui condizioni sono stabilite nell’art. 2901 c.c. ) è un mezzo legale di conservazione della garanzia patrimoniale,  uno strumento giudiziale attraverso il quale un creditore (revocante) può chiedere ed ottenere, ad esito di un giudizio che segue il rito civile ordinario (quindi soggetto ad una fase istruttoria estremamente lunga ed articolata), che uno o più atti di disposizione patrimoniale, posti in essere dal proprio debitore e coi quali il debitore arrechi pregiudizio alle sue ragioni,  siano “revocati”, ossia non producano effetti giuridici nei suoi confronti.

Il primo comma dell’ art. 2901 c.c,  prevede che per la revocabilità di un qualsiasi “atto di disposizione del patrimonio” devono coesistere contemporaneamente due necessarie condizioni (l’onere della prova grava sul creditore (revocante):

  1. che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore (c.d. scientia damni, consistente nella consapevolezza, da parte del debitore, di arrecare con il proprio atto dispositivo un pregiudizio irreparabile al creditore) o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;
  2. che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione (c.d. consilium fraudis, ossia l’esistenza di un accordo tra il debitore ed il terzo, beneficiario dell’atto di disposizione patrimoniale, conclusa nonostante il terzo fosse a conoscenza  del pregiudizio irreparabile arrecato al creditore).

Come abbiamo visto il primo comma dell’ art. 2901 c.c, prevede anche il caso di un credito, solo futuro e meramente ipotetico, non ancora esistente al momento della “disposizione patrimoniale”  (atto anteriore al sorgere del credito).
In questo caso l’onere della prova che grava sul creditore (revocante)  è ancora più stringente,
Il revocante dovrà dimostrare che l’atto sia stato dolosamente preordinato al solo fine di pregiudicarne il soddisfacimento del futuro credito e che, quindi:

  • il debitore, al momento della disposizione patrimoniale, fosse effettivamente a conoscenza dell’esistenza di una potenziale pretesa creditoria, ancorché non ancora azionata dal creditore;
  • l’atto di disposizione patrimoniale fosse in via esclusiva preordinato al fine di pregiudicare il soddisfacimento del credito;
  •  il terzo beneficiario della disposizione sia stato partecipe della dolosa preordinazione.

Il debitore aggredito da azione revocatoria potrà difendersi dimostrando che, con il proprio atto dispositivo, intendeva perseguire scopi leciti, previsti e tutelati dall’ordinamento giuridico, differenti rispetto al solo  fine di pregiudicarne il soddisfacimento del credito attuale o potenziale,

Il negozio giuridico di costituzione di una Società Semplice è sempre soggetto all’azione revocatoria ordinaria ( Ai sensi dell’art. 2903 c.c., l’azione revocatoria ordinaria (le cui condizioni sono stabilite nell’art. 2901 c.c.) si prescrive nel termine di 5 anni dal compimento dell’atto pregiudizievole da parte del debitore.), quindi non può essere utilizzato in frode dei creditori.

Analoga argomentazione vale per i conferimenti di beni mobili o immobili che i soci operino a favore della Società Semplice.

Come abbiamo visto l’azione revocatoria ordinaria si prescrive in 5 anni dalla data della disposizione patrimoniale. Trascorso detto periodo di tempo  il creditore, che non ha notificato al debitore uno specifico atto di citazione ai sensi dell’art. 2901 c.c.,  perderà ogni titolo per agire.

Azioni che il creditore particolare del socio può compiere

Al creditore particolare del socio di una Società Semplice è dedicato l’art. 2270 del codice civile:
“Il creditore particolare del socio, finché dura la società, può
far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e
compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo nella
liquidazione.
Se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i
suoi crediti, il creditore particolare del socio può inoltre
chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore.
La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo
che sia deliberato lo scioglimento della società.”

Quindi, il creditore particolare del socio di una Società Semplice ha la possibilità di:

  • far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore;
  • dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del socio suo debitore;
  • compiere atti conservativi sulla quota spettante al socio suo debitore (ovvero evitare che la quota venga ceduta a terzi).

Quindi, in vigenza della società, il creditore particolare del socio può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore.

Dato che il creditore particolare del socio potrà chiedere il pignoramento degli utili solo dopo l’approvazione del rendiconto, i soci possono comunque decidere, all’unanimità, di non distribuire gli utili e di rifinanziare così la società:
La scelta di non distribuire gli utili e di rifinanziare così la società non è sindacabile da parte del creditore particolare del socio.

Come abbiamo visto il secondo comma dell’art. 2270 del codice civile prevede che il creditore particolare del socio di una Società Semplice, se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, può chiedere in ogni tempo la liquidazione   della quota del suo debitore. La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.

La richiesta di liquidazione della quota del socio debitore comporta che la società dovrà entro 3 mesi dalla domanda corrispondere al creditore una somma di denaro pari al valore della quota del socio debitore, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.
In quest’ultimo caso il creditore particolare del socio avrà solo diritto ad ottenere le somme di pertinenza del socio rivenienti dalla liquidazione della società.

La Società Semplice non rappresenta uno schermo protettivo perfetto del patrimonio conferito

La Società Semplice, quindi, non rappresenta uno schermo protettivo perfetto del patrimonio conferito dal socio, poiché, come abbiamo visto,  ai sensi dell’art. 2270 del codice civile, nel caso in cui il socio abbia dei debiti di carattere personale, il creditore particolare del socio, dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, può chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del socio suo debitore,

Aspetti Fiscali

Lart.5 del TUIR dispone che:
I redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.
Le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al

valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente dall’atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all’inizio del periodo d’imposta; se il valore dei conferimenti non risulta determinato, le quote si presumono uguali.

Quindi, ai fini delle imposte sui redditi la Società Semplice è un’entità fiscalmente trasparente

La  Società Semplice determina un reddito complessivo che scaturisce dalla somma delle diverse categorie di reddito previste nell’ambito del Testo unico delle imposte sui redditi, attenendosi in pratica a  le regole fiscali, per quanto concerne la determinazione del reddito complessivo, uguali a quelle di una persona fisica.

Dato che, ai sensi dell’art. 2249, secondo comma, del codice civile, alla Società Semplice è precluso l’esercizio di attività commerciali,  i redditi potenzialmente realizzabili dalle Società Semplici sono quelli:

  • Fondiari;
  • Di capitale;
  • Di lavoro autonomo;
  • Redditi diversi.