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Progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) dell’OCSE/G20 – Pilastro 2 – Global minimum tax – Direttiva n. 2022/2523

Il progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) dell’OCSE/G20 mira a creare un unico insieme di norme fiscali internazionali basate sul consenso per affrontare la BEPS e quindi proteggere le basi imponibili offrendo al contempo maggiore certezza e prevedibilità ai contribuenti. Affrontare le sfide fiscali sollevate dalla digitalizzazione è stata una priorità assoluta del quadro inclusivo OCSE/G20 in BEPS dal 2015 con la pubblicazione del BEPS Action 1 Report. Su richiesta del G20, il Quadro inclusivo ha continuato a lavorare sulla questione, presentando una relazione intermedia nel marzo 2018.

Affrontare le sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione dell’economia è stata una priorità assoluta del progetto BEPS e del quadro inclusivo dal 2015 con la pubblicazione del rapporto BEPS Action 1. Su richiesta del G20, il Quadro inclusivo ha continuato a lavorare sulla questione, presentando una relazione intermedia nel marzo 2018.

Nel gennaio 2019, i membri del quadro inclusivo OCSE/G20 sulla BEPS (OECD/G20 Inclusive Framework on BEPS) hanno concordato di esaminare proposte in due pilastri, che potrebbero costituire la base per un una soluzione consensuale alle sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione:

  • il Pillar oneprimo pilastro è incentrato sul nesso e sull’allocazione degli utili;
  • il Pillar twosecondo pilastro è incentrato su un’imposta minima globale intesa ad affrontare i rimanenti problemi di BEPS.

Il Primo Pilastro mira ad adattare il sistema fiscale internazionale ai nuovi modelli di business attraverso una revisione coerente e simultanea dell’allocazione degli utili e delle regole di nesso. Intende espandere i diritti di tassazione delle giurisdizioni di mercato (che, per alcuni modelli di business, è la giurisdizione in cui si trova l’utente) dove esiste una partecipazione attiva e sostenuta di un’impresa all’economia di quella giurisdizione attraverso attività in o a distanza diretto a tale giurisdizione. Il Primo Pilastro mira inoltre a migliorare significativamente la certezza fiscale introducendo meccanismi innovativi di prevenzione e risoluzione delle controversie. Gli elementi chiave del Primo Pilastro possono essere raggruppati in tre componenti:

  • Un nuovo diritto di tassazione per le giurisdizioni di mercato su una quota dell’utile residuo calcolato a livello di gruppo (o segmento) multinazionale (importo A).

  • Un rendimento fisso per attività di marketing e distribuzione di base definite che si svolgono fisicamente in una giurisdizione di mercato, in linea con il principio di libera concorrenza (Importo B).

  • Miglioramento dei processi di certezza fiscale per migliorare la certezza fiscale attraverso meccanismi innovativi di prevenzione e risoluzione delle controversie (componente Certezza fiscale).

Tax Challenges Arising from the Digitalisation of the Economy – Global Anti-Base Erosion Model Rules (Pillar Two) – Sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione dell’economia – Regole del modello globale anti-erosione della base imponibile (secondo pilastro)

Il secondo pilastro affronta le restanti sfide BEPS ed è progettato per garantire che le grandi imprese che operano a livello internazionale paghino un livello minimo di tasse indipendentemente da dove hanno sede o dalle giurisdizioni in cui operano. Lo fa attraverso una serie di regole interconnesse che cercano di (i) garantire una tassazione minima evitando la doppia imposizione o la tassazione in assenza di profitto economico, (ii) far fronte ai diversi modelli di sistemi fiscali delle giurisdizioni nonché ai diversi modelli operativi delle imprese, (iii) garantire la trasparenza e condizioni di parità e (iv ) ridurre al minimo i costi amministrativi e di conformità.

  • Il meccanismo principale per raggiungere questo risultato è la regola di inclusione del reddito (IIR) insieme alla regola sui pagamenti sottotassati (UTPR) che funge da backstop (insieme, le “regole GloBE”). Il funzionamento dell’IIR è, per alcuni aspetti, basato sui principi delle regole delle società estere controllate tradizionali (CFC) e innesca un’inclusione a livello dell’azionista laddove il reddito di un’entità estera controllata è tassato al di sotto dell’aliquota fiscale minima effettiva. È completata da una regola di switch-over (SOR) che rimuove gli ostacoli del trattato dalla sua applicazione a determinate strutture di filiali e si applica laddove un trattato sull’imposta sul reddito obbliga altrimenti uno Stato contraente a utilizzare il metodo dell’esenzione. L’UTPR è una regola secondaria e si applica solo laddove un’Entità Costituente non sia già soggetta ad una IIR. L’UTPR è tuttavia una parte fondamentale del set di regole in quanto funge da back-stop per l’IIR, garantisce condizioni di parità e affronta i rischi di inversione che potrebbero altrimenti verificarsi.

  • La regola soggetta a tassazione (STTR) integra queste regole. Si tratta di una norma basata su un trattato che mira ai rischi per i paesi di origine posti dalle strutture BEPS relative ai pagamenti infragruppo che sfruttano le basse aliquote nominali di tassazione nell’altra giurisdizione contraente (che è la giurisdizione del beneficiario).

Il punto focale del Pillar Two (secondo pilastro) è l’introduzione di una aliquota fiscale minima globale del 15%.
L’obiettivo è

  • ridurre l’incentivo per le imprese multinazionali ad operare in giurisdizioni a bassa o nulla fiscalità;
  • porre un limite alla concorrenza fiscale tra Stati;
  • favorire la sostenibilità dell’imposta sul reddito delle società come principale fonte di entrate pubbliche.

Le disposizioni concernenti il Pillar Two si applicheranno solo ai gruppi multinazionali con un fatturato consolidato totale di almeno 750 milioni di euro.

I meccanismi di funzionamento del secondo pilastro sono:

  • un set di disposizioni da implementare a livello di normative nazionali, denominate GloBE (Global Anti-Base Erosion Model Rules) che  prevedono un sistema coordinato di tassazione che impone un’imposta aggiuntiva (top-up tax) sugli utili realizzati in una giurisdizione ogniqualvolta l’aliquota fiscale effettiva, determinata su base giurisdizionale, è inferiore all’aliquota minima. La “regola di inclusione del reddito” (Income Inclusion Rule – IIR) impone un’imposta aggiuntiva in capo alla casa-madre allorquando essa detiene partecipazioni in società controllate situate in giurisdizioni ove l’aliquota fiscale effettiva (Effective Tax Rate – ETR) è inferiore al 15%;
  •  la c.d. “regola dei pagamenti sottotassati” (Undertaxed Payment Rule – UTPR) che ha lo scopo di negare detrazioni o impedire rettifiche sugli utili che non sono soggetti al livello minimo di tassazione ai sensi della”regola di inclusione del reddito” (Income Inclusion Rule – IIR);
  •  un meccanismo di salvaguardia (Subject To Tax Rule – STTR) che consente alle giurisdizioni della fonte di imporre un’imposta alla fonte limitata su determinati pagamenti intercompany soggetti a un’imposta inferiore a un’aliquota minima. Il meccanismo di salvaguardia (Subject To Tax Rule – STTR) è parte integrante
    del raggiungimento di un consenso sul Pillar Two per i paesi in via di sviluppo. L’aliquota minima per la STTR sarà del 9%.

La Direttiva n. 2022/2523 del Consiglio del 14 dicembre 2022 garantisce un livello di imposizione fiscale minimo globale (global minimum tax) per i gruppi multinazionali di imprese e i gruppi nazionali su larga scala nell’Unione. Gli Stati membri dovranno dare attuazione alle nuove norme entro il 31 dicembre 2023. Le norme si applicheranno ai gruppi di imprese multinazionali e ai gruppi nazionali su larga scala nell’UE con ricavi finanziari complessivi superiori a 750 milioni di euro l’anno con la società madre o una controllata in uno Stato membro UE.

Se l’aliquota effettiva minima non è imposta dal paese in cui è ubicata la controllata, sono previste disposizioni che consentono allo Stato membro della società madre di applicare un’imposta complementare.

La direttiva garantisce inoltre un’imposizione effettiva nel caso in cui la società madre sia situata al di fuori dell’UE in un paese a bassa imposizione che non applica norme equivalenti.

Direttiva AIFM (Alternative Investment Fund Managers) Direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’ 8 giugno 2011 , sui gestori di fondi di investimento alternativi

Direttiva AIFM (Alternative Investment Fund Managers) Direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’ 8 giugno 2011 , sui gestori di fondi di investimento alternativi

La Direttiva AIFM (Alternative Investment Fund Managers) Direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’ 8 giugno 2011 , sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010 ha lo scopo di creare un quadro regolamentare e di vigilanza armonizzato ed efficace per i gestori dei cosiddetti FIA (Fondi di Investimento Alternativi), qualsiasi fondo europeo o estero che non sia un OICVM (Organismo di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari)) a livello europeo.

La Direttiva AIFM (Alternative Investment Fund Managers)  intende fornire criteri regolamentari solidi e armonizzati per tutti i gestori FIA (cosiddetti GEFIA (1))  nel campo d’applicazione della direttiva e migliorare la trasparenza delle attività dei GEFIA e dei FIA da loro gestiti nei confronti degli investitori e delle pubbliche autorità.

La Direttiva AIFM (Alternative Investment Fund Managers):

  • si applica ai gestori di fondi di investimento che gestiscono e/o commercializzano fondi di investimento alternativi (“FIA“),  fondi di investimento diversi dai fondi UCITS (undertakings for the collective investment in transferable securities (in italiano OICVM, ossia organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari)), nell’Unione Europea.  Tra i soggetti a cui si applicano le previsioni della Direttiva AIFM rientrano i gestori;
    • di fondi immobiliari;
    • di fondi di private equity; di fondi di venture capital;
    • di fondi infrastrutturali;
    • di fondi speculativi;
  • disciplina solo i gestori di fondi di investimento alternativi (“GEFIA“) lasciando invece alla regolamentazione nazionale di ciascuno stato membro dell’Unione Europea (“Stato Membro“) tanto la disciplina dei FIA quanto la disciplina in materia di vigilanza dei gestori;
  •  fissa regole comuni in materia di:
    • autorizzazione;
    • funzionamento;
    • trasparenza.

La Commissione Europea ha emanato il Regolamento delegato (UE) n. 231/2013  del 19 dicembre 2012 , che integra la direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (Direttiva AIFM (Alternative Investment Fund Managers) per quanto riguarda deroghe, condizioni generali di esercizio, depositari, leva finanziaria, trasparenza e sorveglianza (Regolamento AIFM) destinato a dare attuazione ad alcune previsioni della Direttiva AIFM.

In data 22 ottobre 2020 la Commissione europea ha posto in pubblica consultazione il documento intitolato “Public consultation on the review of the Alternative Investment Fund Managers Directive (AIFMD)”.

La revisione della Direttiva AIFM (Alternative Investment Fund Managers) punta a rafforzare il mercato dei FIA e al contempo a tutelare gli investitori e a garantire la stabilità del sistema finanziario. La Commissione, pertanto, si rivolge a tutti i portatori di interesse, tra cui gestori di fondi, imprese di investimento, distributori di FIA, investitori e relative associazioni di tutela,  e tiene in considerazione anche la tutela degli investitori secondo la Direttiva MiFID II (Direttiva 204/65/UE).

Infatti, tra i principali punti su cui si concentra la consultazione si evidenziano:

– il miglioramento dell’utilità del passaporto AIFM e la competitività complessiva dei FIA europei;

– l’ambito di applicazione della licenza di GEFIA e la sua potenziale estensione ai GEFIA più piccoli;

– la protezione degli investitori, tenendo conto delle differenze tra investitori al dettaglio e investitori professionali;

– obblighi di informazione e requisiti specifici che potrebbero essere aggiunti, modificati o rimossi;

– la parità di condizioni, con particolare riferimento al trattamento equo dei FIA non UE, garantendo agli investitori una scelta più ampia e, al contempo, assicurando che i GEFIA UE non siano esposti a concorrenza sleale o siano comunque svantaggiati;

– i modelli di reporting di vigilanza forniti dal GEFIA, con particolare attenzione all’aumento delle attività dei FIA nel mercato del credito;

– le norme relative agli investimenti in imprese private;

– la partecipazione ai settori dell’investimento responsabile.

La Commissione Europea, inoltre, non esclude che al termine della presente consultazione, sulla base dei feedback ricevuti, possa essere sottoposta a revisione anche la Direttiva 2009/65/CE sugli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (cd. Direttiva OICVM). Sul punto la Commissione solleva la questione di un’unica licenza per gestori di fondi di investimento alternativi e di OICVM, nonché la necessità di metriche armonizzate per il calcolo della leva finanziaria e la rendicontazione su l’utilizzo di strumenti di gestione della liquidità.

(1) Società autorizzata alla gestione di FIA in Italia (SGR, Sicaf, Sicav), in uno Stato della UE diverso dall’Italia (Gefia UE), ovvero in uno Stato non appartenente alla UE (Gefia non UE).

Regolamento Prospetto relativo al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di titoli in un mercato regolamentato

Regolamento Prospetto relativo al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di titoli in un mercato regolamentato

Il Regolamento (UE) 2017/1129 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 giugno 2017 relativo al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di titoli in un mercato regolamentato (Regolamento Prospetto) ha abrogato la previgente Direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE (Direttiva Prospetto) ed è divenuto applicabile a decorrere dal 21 luglio 2019.

Il Regolamento (UE) 2017/1129 (cosiddetto “regolamento prospetto“) stabilisce i requisiti relativi alla redazione, all’approvazione e alla diffusione del prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica di titoli o la loro ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato che ha sede o opera in uno Stato membro.

L’introduzione del Regolamento Prospetto si inserisce nell’ambito del processo di completamento dell’Unione dei mercati dei capitali (Capital Markets Union – piano per sbloccare i fondi per la crescita dell’Europa – Vedi: COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI,  COM(2015) 468 final, del 30.9.2015, Piano di azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali)

Finalità dell’Unione dei mercati dei capitali (Capital Markets Union) sono:

  • assicurare una maggiore omogeneità delle regole applicabili nei diversi Stati membri, al fine di aiutare le imprese a raccogliere capitali da fonti di finanziamento differenti all’interno dell’Unione Europea;
  • rendere più efficiente il funzionamento dei mercati;
  • ridurre la frammentazione dei mercati finanziari;
  • diversificare le fonti di finanziamento;
  • rafforzare i flussi di capitale transfrontalieri;
  • agevolare la raccolta sui mercati.

I prospetti sono documenti obbligatori per legge che contengono tutte le informazioni su una determinata società. Sulla base di tali informazioni gli investitori possono decidere se investire nelle diverse tipologie di titoli emessi dalla società. Pertanto, il prospetto deve garantire che gli investitori siano ben informati sui prodotti in cui stanno investendo, senza comunque costituire, specie per le piccole e medie imprese (PMI), un ostacolo di fatto all’accesso ai mercati finanziari a causa delle pratiche amministrative da assolvere e dei costi elevati da sostenere.

Il nuovo Regolamento Prospetto introduce un certo numero di novità rispetto alle disposizioni della previgente Direttiva Prospetto, sebbene l’impianto generale e i principali elementi strutturali della disciplina rimangono sostanzialmente i medesimi. Cambia  l’utilizzo dello strumento legislativo del regolamento europeo. direttamente applicabile negli Stati membri, senza necessità di adozione di norme nazionali di recepimento, assicurando una maggiore armonizzazione della normativa tra gli Stati membri dell’Unione Europea rispetto alla direttiva in quanto, in assenza di un quadro normativo dettagliato direttamente applicabile in tutti gli Stati membri, si moltiplicano nella prassi le divergenze applicative tra gli Stati membri

l regolamento prevede per tutti i tipi di emittenti norme di informativa uniformi e adeguate alle specifiche esigenze e rende il prospetto uno strumento più pertinente per informare i potenziali investitori.

Le norme si concentrano in maniera particolare su quattro tipi di emittenti:

  1. emittenti già quotati in un mercato regolamentato o in un mercato di crescita per le PMI, che vogliono raccogliere ulteriori capitali mediante un’emissione secondaria;
  2. piccole e media imprese;
  3. emittenti frequenti di tutti i tipi di titoli;
  4. emittenti di titoli diversi dai titoli di capitale.

Le principali novità sono:

  • nel nuovo Regolamento Prospetto sono stati introdotti criteri per la predisposizione dei fattori di rischio, volti ad una più agevole individuazione dei rischi maggiormente rilevanti (non presenti nella Direttiva Prospetto);
  • il suo contenuto della nota di sintesi  è stato completamente ridisegnato e semplificato rispetto alla Direttiva Prospetto. Inoltre, qualora debba essere predisposto un documento contenente le informazioni chiave, Key Information Document (KID) per i titoli oggetto del prospetto, tale documento può sostituire integralmente la nota di sintesi);
  • il Regolamento Prospetto ha esteso l’applicazione del formato semplificato, applicabile nella precedente normativa soltanto ai titoli “wholesale” (titoli con taglio minimo di 100.000 euro), anche ai prospetti relativi a titoli con taglio minimo inferiore, qualora siano ammessi a negoziazione esclusivamente in un mercato regolamentato a cui solo gli investitori qualificati possono avere accesso);
  • incentivare l’uso del “passaporto” transfrontaliero (meccanismo transfrontaliero che facilita il funzionamento efficace del mercato interno per una vasta gamma di titoli) per i prospetti approvati, introdotto dalla precedente direttiva. Il Regolamento Prospetto prevede, infatti, la possibilità di utilizzare il meccanismo transfrontaliero anche solamente per documento di registrazione in altri Stati membri come parte costitutiva di un prospetto approvato da una diversa autorità competente, novità particolarmente rilevante che permetterà agli emittenti di poter utilizzare il medesimo documento di registrazione in tutti gli Stati membri in cui offrono dei titoli.

L’Unione Europea con il  Regolamento (UE) 2017/1129 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 giugno 2017 relativo al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di titoli in un mercato regolamentato (Regolamento Prospetto) ha adottato un nuovo schema di norme, che esentano chi emette titoli, dall’obbligo di redigere un prospetto informativo se l’offerta è al di sotto di una certa soglia.

Trattandosi di un regolamento e non di una direttiva, non sono più necessari adempimenti aggiuntivi, ma il regolamento è entrato automaticamente in vigore all’interno dei sistemi legislativi nazionali, eliminando in questo modo il rischio di incongruenze.

Le soglie, sono state decise da ogni nazione rispettando l’articolo 3.2 del regolamento, che prevedono un margine di discrezionalità per le esenzioni tra uno e 8 milioni di euro.

L’Italia, la Francia, il Regno Unito, la Danimarca e la Finlandia hanno optato per la soglia più alta di 8 milioni di euro, scelta che può favorire lo sviluppo delle STO perché questa soluzione si adatta particolarmente bene alla media delle startup focalizzate sul mondo delle criptomonete; tutto questo consente loro un modus operandi più semplice ai per acquisire finanziamenti all’interno dei loro paesi d’origine, ma, dal momento che non c’è bisogno di un prospetto, la raccolta fondi dovrà essere limitata per ora al paese d’origine.

In virtù dell’art. 15 (Prospetto UE della crescita) del Regolamento Prospetto  le società europee che non rientrano nelle soglie per l’esenzione e che volessero emettere security token potranno farlo utilizzando una nuova forma di prospetto semplificato, che prende il nome di “Prospetto di crescita”, processo  diretto e dai costi contenuti se paragonato alla media dei prospetti altrimenti necessari.

L’art. 15, primo comma (Prospetto UE della crescita) del Regolamento Prospetto recita:

 “In caso di offerta pubblica di titoli, i soggetti seguenti possono scegliere di redigere un prospetto UE della crescita in base al regime di informativa proporzionato di cui al presente articolo purché non abbiano titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato:

a)

PMI;

b)

emittenti, diversi dalle PMI, i cui titoli sono o saranno negoziati in un mercato di crescita per le PMI, a condizione che tali emittenti abbiano una capitalizzazione di borsa media inferiore a 500 000 000 EUR sulla base delle quotazioni di fine anno dei tre precedenti anni civili;

c)

emittenti, diversi da quelli di cui alle lettere a) e b), ove le offerte al pubblico di titoli abbiano un corrispettivo totale nell’Unione che non supera 20 000 000 EUR, calcolato su un periodo di 12 mesi, e a condizione che tali emittenti non abbiano titoli negoziati in un MTF e durante l’esercizio precedente abbiano avuto in media fino a 499 dipendenti;

d)

offerenti di titoli emessi da emittenti di cui alle lettere a) e b)

La definizione di PMI ai sensi del Regolamento Prospetto  è data dalla lettera f dell’art.  2 (Definizioni)

f) «piccole e medie imprese» o PMI:

i) società che in base al loro più recente bilancio annuale o consolidato soddisfino almeno due dei tre criteri seguenti: numero medio di dipendenti nel corso dell’esercizio inferiore a 250, totale dello stato patrimoniale non superiore a 43 000 000 EUR e fatturato netto annuale non superiore a 50 000 000 EUR; oppure

 

ii) piccole e medie imprese quali definite all’articolo 4, paragrafo 1, punto 13, della direttiva 2014/65/UE;

L’articolo 4, paragrafo 1, punto 13, della Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014 , relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE definisce «piccola o media impresa»: un’impresa che ha una capitalizzazione di borsa media inferiore a 200 000 000 EUR sulla base delle quotazioni di fine anno dei tre precedenti anni civili.

Il processo per l’ottenimento del certificato di approvazione che attesti che il prospetto è stato emesso nel rispetto delle nuove è diventato più semplice.

Trattandosi di un regolamento e non di una direttiva, a, una volta che un prospetto di crescita di una STO è approvato in uno stato UE, questo sarà valido per ogni offerta di Security Token all’interno della stessa UE. Riportiamo l’art. 24 (Validità dell’approvazione di un prospetto a livello dell’Unione) del Regolamento Prospetto:

“1.   Fatto salvo l’articolo 37, qualora l’offerta pubblica di titoli o l’ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato avvengano in uno o più Stati membri, o in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di origine, il prospetto approvato dallo Stato membro di origine e gli eventuali supplementi sono validi per l’offerta pubblica o per l’ammissione alla negoziazione in un numero qualsiasi di Stati membri ospitanti, purché l’ESMA e l’autorità competente di ciascuno Stato membro ospitante ne ricevano notifica a norma dell’articolo 25. Le autorità competenti degli Stati membri ospitanti non assoggettano ad alcuna approvazione o ad altra procedura amministrativa i prospetti e i supplementi approvati dalle autorità competenti degli altri Stati membri, e le condizioni definitive.

2.   Se un fatto nuovo significativo, errore o imprecisione rilevanti sopravvengono o sono rilevati nell’arco di tempo di cui all’articolo 23, paragrafo 1, l’autorità competente dello Stato membro di origine esige la pubblicazione di un supplemento da approvare secondo le modalità di cui all’articolo 20, paragrafo 1. L’ESMA e l’autorità competente dello Stato membro ospitante possono informare l’autorità competente dello Stato membro di origine della necessità di nuove informazioni.”

Markets in financial instruments  Directive (MiFID) (MiFID II)- Markets in Financial Instruments Regulation (MiFIR)

L‘Unione Europea ha stabilito una serie completa di norme sui servizi e le attività di investimento con l’obiettivo di promuovere i mercati finanziari che sono

  • giusto
  • trasparente
  • efficiente
  • integrato

La prima serie di norme adottata dall’UE ha contribuito ad aumentare la competitività dei mercati finanziari creando un mercato unico per i servizi e le attività di investimento. Hanno inoltre assicurato un elevato grado di protezione armonizzata per gli investitori in strumenti finanziari, come azioni, obbligazioni o derivati.

Tuttavia, dopo la crisi finanziaria del 2008 è diventato chiaro che era necessario un quadro normativo più solido

  • rafforzare ulteriormente la protezione degli investitori
  • affrontare lo sviluppo di nuove piattaforme e attività commerciali

La Markets in financial instruments  Directive (MiFID)  è la direttiva sui mercati degli strumenti finanziari (Direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio). In vigore dal 31 gennaio 2007 al 2 gennaio 2018, è una pietra miliare della regolamentazione dei mercati finanziari dell’UE.

La MiFID prevede:

  • requisiti di conduzione degli affari e organizzativi per le imprese di investimento;
  • requisiti autorizzativi per i mercati regolamentati;
  • rendicontazione regolamentare per evitare abusi di mercato;
  • obbligo di trasparenza commerciale per le azioni; e
  • norme sull’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari.

Ha regolamentato:

  • la prestazione di servizi di investimento in strumenti finanziari da parte di banche e imprese di investimento
  • la gestione di borse valori tradizionali e sedi di negoziazione alternative

La MiFID, mentre ha creato concorrenza tra questi servizi e ha portato più scelta e prezzi più bassi per gli investitori, tuttavia, sulla scia della crisi finanziaria, sono emerse carenze.

Il 20 ottobre 2011 la Commissione Europea ha adottato una proposta legislativa per la revisione della MiFID che si è concretizzata in una Direttiva rivista e in un nuovo Regolamento .

Dopo oltre due anni di dibattito, il Parlamento Europeo e il Consiglio hanno adottato la Direttiva sui Mercati degli Strumenti Finanziari che abroga la Direttiva 2004/39/CE e il Regolamento sui Mercati degli Strumenti Finanziari, comunemente denominati MiFID II e MiFIR l’Unione Europea, pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’UE il 12 giugno 2014.

Quindi, nel giugno 2014 la Commissione Europea ha adottato nuove regole di revisione del framework MiFID.

Si tratta

di una direttiva: Markets in Financial Instruments Directive (MiFID II) (Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE)

di un regolamento: Markets in Financial Instruments Regulation (MiFIR) (Regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sui mercati degli strumenti finanziari e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 )

La MiFID II mira a rafforzare le regole sui mercati mobiliari tramite

  • garantire che gli scambi organizzati avvengano su piattaforme regolamentate
  • introducendo regole sul trading algoritmico e ad alta frequenza
  • migliorare la trasparenza e il controllo dei mercati finanziari, compresi i mercati dei derivati, e affrontare alcune carenze nei mercati dei derivati ​​su materie prime
  • rafforzare la protezione degli investitori e migliorare le regole di condotta degli affari nonché le condizioni di concorrenza nella negoziazione e nella compensazione di strumenti finanziari

Le regole MiFID riviste rafforzano anche la protezione degli investitori introducendo requisiti sull’organizzazione e sulla condotta degli attori in questi mercati.

Il MiFIR stabilisce i requisiti in materia

  • comunicazione al pubblico di dati sull’attività di negoziazione
  • divulgazione dei dati sulle transazioni a regolatori e autorità di vigilanza
  • negoziazione obbligatoria di derivati ​​su sedi organizzate
  • rimozione delle barriere tra sedi di negoziazione e fornitori di servizi di compensazione per garantire una maggiore concorrenza
  • specifiche azioni di vigilanza in materia di strumenti finanziari e posizioni in derivati

La MiFID II e la MiFIR sono diventate applicabili a partire dal 3 gennaio 2018.

MiFID II e MiFIR garantiscono mercati più equi, più sicuri e più efficienti e facilitano una maggiore trasparenza per tutti i partecipanti . Nuovi requisiti di reporting e test aumentano la quantità di informazioni disponibili e riducono l’uso di dark pool e trading OTC (1). Le norme che disciplinano le negoziazioni ad alta frequenza impongono una serie rigorosa di requisiti organizzativi alle imprese di investimento e alle sedi di negoziazione e le disposizioni che disciplinano l’accesso non discriminatorio alle controparti centrali (CCP) (2) , alle sedi di negoziazione e ai parametri di riferimento sono concepite per aumentare la concorrenza.

La tutela degli investitori è rafforzata attraverso l’introduzione di nuovi requisiti in materia di governance dei prodotti e consulenza indipendente in materia di investimenti, l’estensione delle regole esistenti ai depositi strutturati e il miglioramento dei requisiti in diversi settori, tra cui la responsabilità degli organi di gestione, incentivi, informazioni e reporting ai clienti, cross-selling (tattica di vendita utilizzata per convincere i clienti ad acquistare di più), remunerazione del personale e best execution.

(1) Over-the-counter (OTC) si riferisce al processo di negoziazione dei titoli tramite una rete di broker-dealer anziché su una borsa centralizzata. Il trading over-the-counter può coinvolgere azioni, strumenti di debito e derivati , che sono contratti finanziari il cui valore deriva da un’attività sottostante come una merce .

In alcuni casi, i titoli potrebbero non soddisfare i requisiti per essere quotati in una borsa valori standard come la Borsa di New York (NYSE). Invece, questi titoli possono essere negoziati over-the-counter.

Tuttavia, il trading over-the-counter può includere azioni quotate in borsa e azioni non quotate. Le azioni che non sono quotate su una borsa valori e negoziate tramite OTC sono in genere chiamate titoli azionari over-the-counter o azioni OTC.

(2) Le controparti centrali (CCP) sono entità che si interpongono tra le controparti di una transazione finanziaria per garantire le loro prestazioni. In seguito alla crisi finanziaria, il loro ruolo e la loro importanza sistemica sono aumentati in modo significativo.

Direttiva UE 2017/1852 – La procedura di mutuo accordo – Risoluzione delle controversie fiscali in materia di doppia imposizione tra gli Stati dell’UE – Attuazione in Italia

Direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio, del 10 ottobre 2017, sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione europea – Attuazione in Italia

Il Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 (Gazzetta Ufficiale n. 146 del 10 giugno 2020), emanato in attuazione della direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio, del 10 ottobre 2017, sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione europeastabilisce le norme relative alle procedure
amichevoli o ad altre procedure di risoluzione delle controversie tra l’Autorità competente italiana e le Autorità competenti degli altri Stati membri dell’Unione europea che derivano dall’interpretazione e dall’applicazione degli Accordi e delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio di cui l’Italia è parte e della Convenzione 90/436/CEE, del 23 luglio 1990, relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate. Il Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 stabilisce inoltre i diritti e gli obblighi dei soggetti interessati quando emergono tali controversie.

La doppia imposizione si verifica quando due o più Stati rivendicano il diritto di tassare lo stesso reddito o utile di un’impresa o di una persona fisica. L’origine potrebbe risiedere, ad esempio, in un disallineamento fra la normativa nazionale di giurisdizioni diverse o in un’interpretazione divergente della stessa disposizione di un trattato fiscale bilaterale.
Fino all’emanazione della direttiva (UE) 2017/1852 era in vigore solo una convenzione multilaterale (Convenzione 90/436/CEE, del 23 luglio 1990che conferiva alle autorità fiscali la possibilità di sottoporre la controversia ad arbitrato.
 Il contribuente
  • non disponeva  dei mezzi per avviare il procedimento autonomamente;
  • né le autorità fiscali erano tenute a raggiungere un accordo finale.

Prima dell’introduzione della direttiva (UE) 2017/1852, l’obbligo di ottenere un risultato era previsto solo da alcuni trattati contro la doppia imposizione conclusi dall’Italia, come quelli con Croazia e Slovenia, e dalla Convenzione 90/436/CEE sull’arbitrato, il cui ambito di applicazione è limitato problemi relativi ai prezzi di trasferimento (transfer pricing).

Infatti, l’ambito delle procedure previste dalla direttiva (UE) 2017/1852 non è più limitato alle sole questioni di transfer pricing e allocazione degli utili, ma si estende piuttosto a qualsiasi controversia che porti alla doppia imposizione. Ad esempio, ciò includerebbe la valutazione delle stabili organizzazioni nascoste, lo stato di titolarità effettiva in relazione a dividendi, pagamenti di interessi e royalty e la qualifica della residenza fiscale.

Ai fini della direttiva (UE) 2017/1852, per “doppia imposizione” si intende l’applicazione da parte di due o più Stati membri delle imposte contemplate da un accordo o convenzione sullo stesso reddito o capitale imponibile, qualora comporti:
  • un onere fiscale aggiuntivo;
  • un aumento delle imposte dovute;
  •  l’annullamento o la riduzione delle perdite che potrebbero essere utilizzati per compensare gli utili imponibili.

Come chiarito dalle note esplicative del Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 , la doppia imposizione si riferisce al caso in cui il reddito sia tassato più volte sia sullo stesso soggetto (es. Doppia imposizione legale) sia su soggetti diversi (es. Doppia imposizione economica).

Con l’art. 3 della direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio, del 10 ottobre 2017, sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione europea, viene riconosciuta ai soggetti interessati la possibilità di presentare un “reclamo”, relativo ad una questione controversa in materia di doppia imposizione, all’autorità competente di ciascuno degli Stati membri interessanti, chiedendone la risoluzione.

  • i contribuenti coinvolti in controversie fiscali derivanti da accordi o convenzioni fiscali bilaterali che dispongono l’eliminazione della doppia imposizione possono ora avviare un procedimento di accordo reciproco con cui gli Stati membri in questione devono tentare di risolvere la controversia in via amichevole entro 2 anni;
  • se al termine di questo periodo non si è reperita una soluzione, il contribuente può chiedere l’istituzione di una commissione consultiva destinata a pronunciare un parere. La commissione consultiva, composta da 3 membri indipendenti nominati dagli Stati membri interessati e rappresentanti delle autorità competenti in questione, è tenuta a esprimere un parere entro 6 mesi, cui gli Stati membri devono attenersi, salvo nel caso in cui concordino una soluzione diversa entro 6 mesi dal parere.;
  • Il contribuente che ha accettato la decisione finale e ha rinunciato al diritto ai mezzi di impugnazione a livello nazionale, se la decisione non è attuata, entro 60 giorni dalla notifica,  può chiedere l’attuazione dinanzi al giudice nazionale..
Gli Stati membri sono tenuti a pubblicare, integralmente o in sintesi, la decisione finale, che deve essere comunicata ai contribuenti.
La direttiva (UE) 2017/1852 si applica a qualsiasi reclamo presentato dal 1° luglio 2019 relativo a questioni controverse riguardanti il reddito o il capitale percepito in un esercizio fiscale che ha inizio il 1° gennaio 2018 o in data successiva.
Le autorità competenti possono inoltre concordare di applicare la direttiva (UE) 2017/1852 a qualsiasi reclamo presentato prima del 1° luglio 2019 relativo a questioni controverse riguardanti il reddito o il capitale percepito in un esercizio fiscale precedente al 1° gennaio 2018.
Come abbiamo visto la direttiva (UE) 2017/1852 è stata recepita in Italia con il Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 che prevede le norme interne per l’applicazione delle nuove procedure. Le disposizioni del Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 sono entrate in vigore il 25 giugno 2020 e si applicano ai reclami presentati a partire dal 1 ° luglio 2019 su questioni controversie relative a periodi d’imposta che iniziano il 1 ° gennaio 2018 o successivamente.

Inoltre, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato il Provvedimento  Prot. n. 381180/2020 del 16 dicembre 2020 recante “Modalità e procedure operative per l’attuazione delle disposizioni del Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49  di attuazione della direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio, del 10 ottobre 2017, sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione europea.

Le procedure previste dal Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 possono essere avviate dalla persona interessata da una questione contestata che può innescare una tassazione aggiuntiva, determinando così una doppia imposizione internazionale.

Ai fini dell’applicazione del Provvedimento  Prot. n. 381180/2020 del 16 dicembre 2020:

a) Per “questione controversa” deve intendersi la questione che ha dato luogo alla controversia sorta tra l’Autorità competente italiana e le Autorità competenti degli altri Stati membri dell’Unione europea in merito all’interpretazione e all’applicazione degli Accordi e delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio di cui l’Italia è parte e della Convenzione 90/436/CEE del 23 luglio 1990 relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate;

b) Per “competente ufficio dell’Agenzia delle entrate” o anche “l’Ufficio” deve intendersi l’Ufficio Risoluzione e prevenzione controversie internazionali, Settore Controllo, Direzione Centrale Grandi Contribuenti, Divisione Contribuenti, via Giorgione n. 106, 00147 Roma;

c) Per “procedura amichevole” deve intendersi la procedura avviata su richiesta del soggetto interessato al fine della risoluzione di una questione controversa, che si conclude con il raggiungimento ovvero il mancato raggiungimento di un accordo da parte dell’Autorità competente italiana e le Autorità competenti degli altri Stati membri;

d) Per “risoluzione unilaterale della questione controversa” deve intendersi qualunque decisione adottata dalla Autorità competente italiana, mediante provvedimenti amministrativi o a seguito di provvedimenti giurisdizionali, che consenta di risolvere la questione controversa senza il coinvolgimento delle Autorità competenti degli altri Stati membri;

e) Per “data di conclusione dell’accordo” deve intendersi la data del verbale della riunione o di altro documento sottoscritto e/o scambiato anche a mezzo posta elettronica ordinaria, tra l’Autorità competente italiana e l’Autorità competente dello Stato membro interessato da cui risulta il raggiungimento ovvero il mancato raggiungimento di un accordo su come risolvere la questione controversa;

f) Per “Commissione consultiva” deve intendersi la Commissione istituita su richiesta del soggetto interessato al fine di adottare una decisione sull’accettazione dell’istanza di apertura di procedura amichevole ovvero di esprimere un parere su come risolvere la questione controversa in caso di mancato raggiungimento di un accordo da parte dell’Autorità competente italiana e le Autorità competenti degli altri Stati membri;

g) Per “Commissione per la risoluzione alternativa delle controversie” deve intendersi la Commissione istituita dalle Autorità competenti degli Stati membri interessati in luogo della Commissione consultiva al fine di esprimere un parere su come risolvere la questione controversa in caso di mancato raggiungimento di un accordo da parte dell’Autorità competente italiana e le Autorità competenti degli altri Stati membri;

h) Per “procedura di risoluzione delle controversie” deve intendersi l’eventuale procedura arbitrale avviata su richiesta del soggetto interessato che si conclude con un parere reso dalla Commissione consultiva o dalla Commissione per la risoluzione alternativa delle controversie su come risolvere la questione controversa in caso di mancato raggiungimento di un accordo da parte dell’Autorità competente italiana e le Autorità competenti degli altri Stati membri;

i) Per “Decreto” deve intendersi il Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 di attuazione della direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio, del 10 ottobre 2017, sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione europea.

Accesso alla procedura amichevole

Per accedere alla procedura amichevole i soggetti interessati presentano un’istanza di apertura di procedura amichevole relativa a una questione controversa

  • al competente ufficio dell’Agenzia delle entrate
  • e alle Autorità competenti degli altri Stati membri
    interessati.

L’istanza e’ presentata entro tre anni

  • dalla data del perfezionamento della prima notifica dell’atto o di altro documento equivalente
  • ovvero dalla data in cui e’ stato adottato il provvedimento o si verifica la misura che ha originato o potrebbe originare la questione controversa.

In caso di presentazione dell’istanza di procedura amichevole a seguito di consegna di processo verbale di constatazione il periodo di tre anni decorre dalla notifica del relativo avviso di accertamento.

La presentazione dell’istanza di apertura di procedura amichevole non e’ preclusa dalle procedure amministrative tributarie che comportano la definitivita’ dell’imposta e non richiede la preventiva instaurazione delle procedure contenziose nazionali.

L’istanza di apertura di procedura amichevole non puo’ essere presentata qualora sulla questione controversa sia intervenuta

La presentazione dell’istanza di apertura di procedura amichevole non preclude al soggetto interessato il ricorso ai mezzi di impugnazione previsti dall’ordinamento nazionale, in conformita’ delle disposizioni normative interne.

In caso di presentazione di ricorso sulla questione controversa alla commissione tributaria competente da parte del soggetto interessato, il processo puo’ essere sospeso ai sensi dell’articolo 39, comma 1-ter, lettera b), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e, in tal caso, la riscossione e’ sospesa ai sensi dell’articolo 15, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Nell’ipotesi in cui il processo sia sospeso i termini di cui all’articolo 6, comma 1 o i termini di cui all’articolo 7, commi 1 o 2, iniziano a decorrere dalla data della sospensione medesima.

L’istanza di apertura di procedura amichevole deve includere le informazioni riportate nell’art. 3, comma 9, del Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49.

L’Ufficio, entro due mesi dal ricevimento dell’istanza, comunica al soggetto interessato ovvero al domiciliatario nazionale, anche a mezzo posta elettronica ordinaria, l’avvenuta ricezione dell’istanza.

L’Ufficio procede all’esame dell’istanza e della relativa documentazione e, qualora lo ritenga necessario a fini istruttori, può formulare richiesta, tramite posta elettronica
certificata o raccomandata, nazionale o internazionale, di informazioni supplementari specifiche entro tre mesi dalla data di ricevimento dell’istanza.

Il soggetto interessato risponde entro tre mesi dalla data di ricezione della richiesta. Le informazioni supplementari fornite in una lingua diversa da quella italiana devono essere corredate da una traduzione ufficiale in lingua italiana. Il soggetto interessato trasmette contemporaneamente copia della risposta alle Autorità
competenti degli altri Stati membri interessati.

Uno degli aspetti più rilevanti dettagliati dal Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 riguarda la possibilità di avviare un’istanza di apertura di procedura amichevole anche nel caso in cui il contribuente abbia omesso di presentare ricorso contro l’atto amministrativo innescante la questione contestata o abbia risolto la questione contestata con l’Agenzia delle Entrate a titolo di pre -Procedura giudiziale (stragiudiziale) di liquidazione fiscale (es. accertamento con adesione ). Si tratta di un aspetto innovativo in quanto supera la precedente posizione mantenuta dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 21 del 5 giugno 2012 (Composizione delle controversie fiscali internazionali. Le procedure amichevoli), secondo la quale anche procedure extragiudiziali di liquidazione fiscale precluderebbero la possibilità per il contribuente di risolvere la doppia tassazione attraverso una Procedura Amichevole ai sensi di una convenzione contro la doppia imposizione e / o della Convenzione 90/436/CEE sull’arbitrato.

Dopo aver ricevuto l’istanza presentata dal contribuente per avviare una Procedura Amichevole, l’Agenzia delle Entrate può decidere di risolvere unilateralmente la questione in controversia senza avviare la procedura.

In caso contrario, l’Agenzia delle Entrate è tenuta ad accettare la richiesta entro sei mesi dal suo ricevimento o, in alternativa, a respingerla. In caso di rigetto del reclamo, la persona interessata può presentare ricorso dinanzi al tribunale tributario competente contro il rigetto emesso dall’Agenzia delle Entrate.

Se la richiesta viene accettata, l’Agenzia delle Entrate e l’autorità competente dell’altro Stato membro interessato si adopereranno (ovvero non sono vincolate) a risolvere la questione in controversia entro due anni dalla data dell’ultima notifica della decisione che accetta la richiesta da parte di uno degli Stati membri. Il periodo di due anni potrebbe essere prorogato di un anno previa giustificazione scritta dell’Agenzia delle Entrate o dell’autorità competente dell’altro Stato membro interessato.

Nel caso sia stato avviato un procedimento per una delle condotte penali di cui al Titolo II (Delitti) del Decreto Legislativo 10 marzo 2000 n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto) in relazione alle stesse materie oggetto della Procedura Amichevole (es. Dichiarazione dei redditi infedele o omessa, omessa Pagamenti IVA, evasione fiscale fraudolenta) e le indagini penali siano svolte contemporaneamente alla procedura di risoluzione delle controversie, l’Agenzia delle Entrate può sospendere la procedura dalla data di accettazione del reclamo presentato dal soggetto interessato fino alla data dell’esito del procedimento penale.

Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha facoltà di negare l’accesso alle procedure di risoluzione delle controversie

In ogni caso, una Procedura Amichevole viene risolta

  • se interviene una sentenza definitiva ( sentenza passata in giudicato ) sulla questione in controversia
  • quando il contribuente e l’Agenzia delle Entrate hanno eseguito una transazione giudiziaria ( conciliazione giudiziale ).

Svolgimento della procedura amichevole

La procedura amichevole si conclude entro due anni dalla data in cui è stata effettuata l’ultima notifica della decisione di accoglimento dell’istanza da parte di uno degli Stati membri. Qualora tale termine sia stato prorogato di un anno ai sensi dell’articolo 7, comma 2 del Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49, l’Ufficio ne dà tempestiva comunicazione al soggetto interessato
ovvero al domiciliatario nazionale, tramite posta elettronica certificata o raccomandata nazionale o internazionale

Conclusione della procedura amichevole

In caso di raggiungimento dell’accordo tra l’Autorità competente italiana e l’Autorità competente dello Stato membro interessato, l’Ufficio comunica al soggetto interessato ovvero al domiciliatario nazionale a mezzo posta elettronica certificata o raccomandata, nazionale o internazionale, la decisione adottata entro trenta giorni dalla data di conclusione dell’accordo

Il soggetto interessato entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui sopra comunica la volontà di accettare la decisione raggiunta dalle Autorità competenti. Entro lo stesso termine e con le stesse modalità il soggetto interessato comunica la rinuncia, anche parziale, al contenzioso, ove instaurato, e ad altri mezzi di impugnazione. Le suddette comunicazioni sono inviate all’Ufficio nonché alla Direzione regionale ovvero alla
Direzione provinciale ovvero al Centro Operativo di Pescara dell’Agenzia delle entrate competente per ciascuno periodo d’imposta.

In caso di mancato accordo tra l’Autorità competente italiana e l’Autorità competente dello Stato membro interessato, l’Ufficio comunica al soggetto interessato ovvero al domiciliatario nazionale a mezzo posta elettronica certificata o raccomandata, nazionale o internazionale, i motivi generali del mancato raggiungimento dell’accordo.

Istituzione della Commissione consultiva

Ai fini della risoluzione della controversia, il contribuente può chiedere l’istituzione di una commissione consultiva quando, tra l’altro, le autorità competenti non hanno raggiunto un accordo reciproco entro due anni (o tre anni in caso di proroga) e avvia l’arbitrato fase, al termine della quale le autorità competenti sono tenute a risolvere la questione controversa

Il soggetto interessato può presentare all’Ufficio e alla Autorità competente degli altri Stati membri interessati una richiesta di istituire la Commissione consultiva nei casi previsti dall’articolo 9, comma 3, del Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49.

Ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49, la Commissione consultiva e’ istituita nei seguenti casi:

a) quando l’istanza di apertura di procedura amichevole e’ stata rigettata da almeno una, ma non da tutte le Autorita’ competenti degli altri Stati membri interessati;

b) quando l’istanza di apertura di procedura amichevole e’ stata rigettata da tutte le Autorita’ competenti degli Stati membri interessati ed e’ stata emessa una sentenza favorevole al soggetto interessato, a seguito del ricorso da esso presentato nel caso di cui al comma 1 dell’articolo 8 del Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 (Ricorso da parte dei soggetti interessati avverso la decisione di rigetto) presso il tribunale competente di uno degli Stati membri interessati avverso la decisione di rigetto da parte dell’Autorita’ competente di detto Stato membro;

c) quando le Autorita’ competenti degli Stati membri interessati hanno accolto l’istanza di apertura di procedura amichevole ma non sono riuscite a raggiungere un accordo su come risolvere la questione controversa mediante procedura amichevole entro il termine di cui all’articolo 7, commi 1 o 2 del Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49.

Nel caso di cui al comma 3, lettera a)  dell’articolo 9 del Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 il soggetto interessato puo’ presentare la richiesta di istituire una Commissione consultiva solo se:

a) ai sensi dell’ordinamento interno dello Stato membro in cui e’ stata emessa la decisione di rigetto non puo’ essere presentato ricorso avverso tale decisione;

b) non esiste un contenzioso pendente;

c) il soggetto interessato ha formalmente rinunciato, mediante una dichiarazione scritta, a presentare ricorso avverso la decisione di rigetto.

La richiesta di istituire la Commissione consultiva è presentata per iscritto entro il termine previsto dall’art. 9, comma 5, del Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49, ossia, entro cinquanta giorni dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 6, comma 1, del Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 (decisione in merito all’accoglimento o al rigetto dell’istanza di apertura di procedura amichevole) o all’articolo 7, comma 5, del Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 (decisione adottata) o entro cinquanta giorni dalla pronuncia della decisione del tribunale competente di cui al comma 3 lettera b) dell’articolo 9, comma 3, del Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 (ricorso presentato dinanzi al tribunale competente di uno dei uno Stato membro interessato contro la decisione di rigetto dell’autorità competente di quello Stato membro).

La commissione consultiva esprime un parere indipendente su come risolvere la questione controversa entro sei mesi (con possibilità di proroga per ulteriori tre mesi) dalla data di costituzione.

L’esito della fase di arbitrato non è vincolante per l’Agenzia delle Entrate e per l’autorità competente dell’altro Stato membro interessato. Le autorità competenti, infatti, possono concordare una diversa soluzione della questione controversa entro sei mesi dalla notifica del parere della commissione consultiva.

Tuttavia, se l’Agenzia delle Entrate e l’autorità competente dell’altro Stato membro interessato non raggiungono un accordo su una possibile soluzione della questione controversa, sono vincolate al parere della commissione consultiva.

In alternativa all’istituzione della commissione consultiva, le autorità competenti degli Stati membri possono concordare di istituire una commissione alternativa di risoluzione delle controversie, anche sotto forma di comitato permanente, per esprimere un parere su come risolvere la questione controversa. In quest’ultimo caso, le autorità competenti possono fornire procedure o tecniche alternative di risoluzione delle controversie per risolvere la questione in modo vincolante, inclusa la procedura di arbitrato con “offerta finale”.

La procedura di risoluzione delle controversie in corso si conclude senza soluzione della questione in questione se interviene una sentenza definitiva ( sentenza passata in giudicato ) sulla questione in controversia o quando il contribuente e l’Agenzia delle Entrate hanno eseguito una transazione giudiziaria ( conciliazione giudiziale).

Esecuzione delle decisioni prese dalle autorità competenti

L’articolo 19 del Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 stabilisce le regole applicabili per dare esecuzione alle decisioni adottate dalle autorità competenti nell’ambito della Procedura Amichevole o della fase arbitrale.

Qualora l’accordo raggiunto nella Procedura Amichevoleo in fase di arbitrato determini una variazione del relativo reddito imponibile o delle imposte dovute dall’interessato , l’Agenzia delle Entrate provvede al rimborso o allo sgravio delle imposte indebite, ovvero alla riscossione delle imposte dovute. Ciò si applicherebbe anche se il contribuente si fosse avvalso di rimedi legali interni (es. Accertamento con adesione ) e, quindi, il rimborso, lo sgravio o la riscossione farebbero riferimento a imposte divenute definitive in base alla legge italiana.

Eventuali maggiori imposte dovute per effetto del ricalcolo ai sensi della decisione presa dalle autorità competenti saranno assoggettate a

  • sanzioni nazionali, salvo che le maggiori imposte dovute siano già state liquidate secondo le disposizioni di legge italiana (es. Accertamento con adesione );
  •  interessi di mora dalla data in cui viene presa la decisione.

In ogni caso l’Agenzia delle Entrate terrà conto degli importi già pagati dal contribuente.

Laddove la questione controversa fosse già stata risolta nell’ambito di una procedura di transazione interna, il rimborso delle sanzioni pagate in eccesso dal contribuente in base alla procedura di transazione rispetto alle sanzioni effettivamente applicabili in base alla decisione delle autorità competenti è consentito su presentazione di apposita istanza dalla persona interessata e solo se la richiesta fiscale originale avanzata dall’Agenzia delle Entrate è stata completamente annullata. Viceversa, laddove l’accordo stipulato tra le autorità competenti non comporti l’annullamento integrale del credito / accertamento originario (ovvero il credito / accertamento fiscale è solo parzialmente accolto), non è consentito alcun rimborso delle sanzioni eccedenti pagate dal contribuente.

Le decisioni prese dalle autorità competenti ai sensi delle procedure previste dal Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 sono attuate se

  • l’interessato accetta per iscritto la decisione definitiva concordata dalle autorità competenti entro sessanta giorni dalla notifica di tale decisione;
  • nel contempo rinuncia ad altri rimedi legali in relazione alla questione controversa oggetto del contratto.

In caso di contenzioso pendente, l’interessato deve fornire prova, entro sessanta giorni dalla notifica della decisione definitiva, del ritiro, anche parziale, del contenzioso pendente e della rinuncia ad altri rimedi legali. Le decisioni prese dalle autorità competenti e accettate dalla persona interessata consentono all’Agenzia delle Entrate di procedere alla riscossione / rimborso di qualsiasi importo dovuto / indebito dal contribuente.