Attualmente sul web si trovano molti siti che promettono l‘apertura, anche a distanza e per modiche cifre, di società “offshore” prive di reale costrutto anche in “Paradisi Fiscali” situati nelle parti più disparate del globo.
Niente di più pericoloso se si considera la normativa italiana in merito e le possibili, in alcuni casi quasi certe, conseguenze sanzonatorie, non solo monetarie, ma anche penali.
Per inquadrare concretamente le possibili conseguenze:
- Sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi
- Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471 – Art.1
Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive, si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare delle imposte dovute …… - Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471 – Art.5
Nel caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul valore aggiunto si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare del tributo dovuto per il periodo d’imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione. ……..
- Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471 – Art.1
- Reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto
- Decreto legislativo del 10/03/2000 n. 74- Art.5
E’ punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa e’ superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.
- Decreto legislativo del 10/03/2000 n. 74- Art.5
Cosideriamo il fenomeno dell’ esterovestizione
Con il termine esterovestizione (foreign dressed companies) si intede indicare una società o un gruppo societario che utilizzando tecniche di pianficazione fiscale internazionale, costituisce società o stabili organizzazioni all’estero. Generalmente in Stati a più basso livello di tassazione, al fine di evadere le imposte nello Stato in cui sono residenti.
Quindi in caso di esterovestizione siamo in presenza ad un fenomeno di evasione fiscale.
Ai sensi dell’articolo 73, comma 3, Tuir una società di capitali è considerata fiscalmente residente in Italia quando per la maggior parte del periodo d’imposta (183 gg.) ha mantenuto
- la sede legale
- o la sede dell’amministrazione
- o l’oggetto principale
nel territorio dello Stato.
Come si vede, tali criteri sono fra loro alternativi, è sufficiente il realizzarsi di uno solo di essi affinché la società o l’ente vengano sottoposti a tassazione in Italia, in base del noto principio della tassazione su base mondiale dei redditi (c.d. worldwide principle, principio che l’Italia, così come la maggior parte dei Paesi occidentali, ha adottato nel proprio diritto tributario).
L’Amministrazione finanziaria italiana applica il principio secondo il quale i redditi del soggetto residente sono soggetti a tassazione diretta dal fisco italiano indipendentemente dal luogo ove tali redditi sono stati prodotti.
Ai fini dell’esterovestizione, le disposizioni dettate per le società dall’art. 73 T.U.I.R. attribuiscono particolare rilevanza non solo al dato formale della sede legale della società, situata in Italia, ma anche a quelli sostanziali, relativi
- all’ubicazione nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione
- od allo svolgimento, in Italia, dell’oggetto principale dell’impresa.
Per quanto attiene l’oggetto principale dell’impresa si devono considerare i commi 4 e 5 dell’art. 73 del T.U.I.R.:
4. L’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente e’ determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività’ essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.
5. In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente e’ determinato in base all’attività’ effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti.
Per quanto attiene all’ubicazione nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione occorrerà fare riferimento alla situazione di fatto e individuare il luogo dove effettivamente gli amministratori della società esercitano l’attività amministrativa in modo stabile.
L’articolo 4, paragrafo 3 (1) , modello di Convenzione OCSE (2017 update), per evitare fenomeni di doppia imposizione, prevede che, nell’ipotesi in cui una società sia considerata residente in due diversi Stati, la residenza fiscale della persona giuridica sarà individuata sulla base di un accordo tra le autorità competenti (denominato mutual agreement), che dovrà tenere conto:
- del luogo di direzione effettiva (place of effective management);
- del luogo di costituzione (the place where it is incorporated or otherwise constituted);
- di ogni altro fattore rilevante (any other relevant factors).
L’Italia, formulando specifiche osservazioni all’articolo 4, paragrafo 3, del modello Ocse di Convenzione (Commentaries on the articles of the Model of Tax Convention), Observations on the Commentary (2), ha introdotto una particolare riserva per effetto della quale, nel determinare la residenza fiscale di una società, oltre alla “sede della direzione effettiva”, dovrà essere attribuita estrema rilevanza anche al luogo nel quale viene svolta l’attività principale dell’impresa.
In base a quanto previsto dall’articolo 4, paragrafo 3, del Modello OCSE (3. Quando, in base alle disposizioni del paragrafo 1, una persona diversa da un individuo è residente di entrambi gli Stati contraenti, si considera residente solo del Stato in cui si trova la sua sede di direzione effettiva) e dalla sentenza n. 136/1998 della Corte di cassazione, la sede effettiva della società deve considerarsi:
“il luogo in cui la società svolge la sua prevalente attività direttiva ed amministrativa per l’esercizio dell’impresa, cioè il centro effettivo dei suoi interessi, dove la società vive ed opera, dove si trattano gli affari e dove i diversi fattori dell’impresa vengono organizzati e coordinati per l’esplicazione ed il raggiungimento dei fini sociali”.
Quindi, posto che il criterio della sede legale ha natura prettamente formale per stabilire se una società estera è fiscalmente residente in Italia, occorre analizzare, da un punto di vista sostanziale, i criteri di collegamento con il territorio dello Stato:
- sede dell’amministrazione
- e oggetto principale.
L’onere della prova grava sull’Amministrazione finanziaria che, nell’ambito della propria attività ispettiva, dovrà dimostrare che la società è fittiziamente estera.
Ora spesso si vive nell’errata convinzione che basti costituire una società all’estero per poter ususruire dei suoi “vantaggi“.
Invertendo il ragionamento, perchè una società sia considerata “estera” come si può sostenere che l’amministrazione è condotta dall’estero, quando, ed è quasi sempre la “normalità“, l’imprenditore/amministratore non si è mai recato in loco?
Basti pensare ai “paradisi fiscali” situati oltre oceano.
Anche sulla base del consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, per individuare la residenza fiscale di una società o di un ente estero, occorre fare riferimento al criterio della “sede effettiva”.
La sede dell’amministrazione, contrapposta alla sede legale, coincide con la “sede effettiva” dell’impresa estera, intesa come il luogo dove:
- hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente;
- si convocano le assemblee.
La sede effettiva può essere definita come quel luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente, il luogo ove si concretizzano gli atti produttivi e negoziali dell’ente, nonché i rapporti economici che il medesimo intrattiene con i terzi.
Per determinare il luogo della sede dell’attività economica di una società occorre prendere in considerazione un complesso di fattori:
- la sede statutaria;
- il luogo dell’amministrazione centrale;
- il luogo di riunione dei dirigenti societari;
- il luogo in cui si adotta la politica generale di tale società.
Possono rilevare anche altri elementi:
- il luogo di riunione delle assemblee generali;
- di tenuta dei documenti amministrativi e contabili;
- di svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie e bancarie.
La Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 6476 del 9 marzo 2021 ha ribadito che se le decisioni concrete che riguardano la direzione e la gestione delle attività di impresa vengono adottate in Italia, anche la società che ha fissato la residenza all’estero va considerata fiscalmente residente nel territorio dello Stato.
La Corte si esprime in merito stabilendo che:
“Merita, invece, condivisione la seconda censura, con la
quale l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione dell’art. 73 del
d.lgs. n. 917 del 1986 per non avere la Commissione regionale
attribuito rilevanza, al fine di ritenere la società verificata
assoggettabile al regime fiscale italiano ai sensi dell’art. 73 del
d.lgs. n. 917 del 1986, al fatto, emerso dall’accertamento, che le
decisioni fondamentali di management necessarie alla sua gestione
venissero assunte in Italia.
Invero, come recentemente ribadito da questa Corte, al fine di
stabilire se il reddito prodotto da una società possa essere
sottoposto a tassazione in Italia, assume rilevanza decisiva il fatto
che l’adozione delle decisioni riguardanti la direzione e la gestione
dell’attività di impresa avvenga nel territorio italiano, nonostante la
società abbia localizzato la propria residenza fiscale all’estero
(Cass. Sez. 5 , 21/6/2019, n. 16697; Cass. Sez. 5, del 7/2/2013, n. 2869; Cass. Sez. 5, 21/12/2018, n. 33234).
Tale ricostruzione è coerente con la lettera dell’art. 73, comma 3, del d.lgs. n. 917 del 1986, ai sensi del quale «ai fini delle
imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che
per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o
la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio
della Stato».
Questa Corte ha, infatti, precisato che la nozione di «sede
dell’amministrazione», in quanto contrapposta alla «sede legale»,
deve ritenersi coincidente con quella di «sede effettiva» (di matrice
civilistica), intesa come il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e si convocano le
assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per
l’accentramento – nei rapporti interni e con i terzi – degli organi e
degli uffici societari in vista del compimento degli affari e
dell’impulso dell’attività dell’ente (in tal senso, Cass. Sez. 5
21/6/2019, n. 16697, con ampia motivazione che il Collegio
condivide, nonché Cass. n. 3604 del 1984; Cass. n. 5359 del 1988;
Cass. n. 497 del 1997; Cass. n. 7037 del 2004; Cass. n. 6021 del
2009; Cass. Sez. 6-3, 28/1/2014, n. 1813).
Sulla stessa linea si è posta la Corte di giustizia nella sentenza Causa C-73/06 del 28 giugno 2007, Planzer Luxembourg Sàrl, in cui è stato
affermato che la nozione di sede dell’attività economica «indica il
luogo in cui vengono adottate le decisioni essenziali concernenti la
direzione generale della società e in cui sono svolte le funzioni di
amministrazione centrale di quest’ultima (punto 60)».
E’ stato, inoltre, chiarito che la fattispecie della
esterovestizione, tesa ad accordare prevalenza al dato fattuale
dello svolgimento dell’attività direttiva presso un territorio diverso
da quello in cui ha sede legale la società, non contrasta con la
libertà di stabilimento.
Se ne trae conferma dalla sentenza della Corte di Giustizia 12 settembre 2006, C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (richiamata da Cass. Sez. 5 , 21/6/2019, n.16697, cit.), la quale, con riferimento al fenomeno dellalocalizzazione all’estero della residenza fiscale di una società, ha stabilito che la circostanza che una società sia stata creata in unoStato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per sé sola un abuso di tale libertà; tuttavia, una misuranazionale che restringa la libertà di stabilimento è ammessa se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad escludere la normativa dello Stato membro interessato.”
Ma, per una disamina completa del fenomeno dell’esterovestizione non si può prescindere da un’attenta lettura dei commi 5-bis e 5-ter dell’art. 73 del T.U.I.R. introdotti dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223,(Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche’ interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale). art.35, commi 13 e 14, convertito, con modificazioni, nella l. 4.8.2006, n. 248.
5-bis. Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa:
a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.
5-ter. Ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis, rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Ai medesimi fini, per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari di cui all’articolo 5, comma 5.
Il comma 5-bis con la dicitura “salvo prova contraria” introduce una sostanziale inversione dell’onere della prova sulla esistenza nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione di società estere il cui controllo risulti riconducibile, anche in via indiretta, a soggetti italiani.
Quindi , in sintesi, ai sensi del comma 5-bis la società estera si considera, salvo prova contraria, “esterovestita” se, in alternativa, siamo in presenza di una delle seguenti fattispecie:
- è controllata, anche indirettamente da soggetti residenti in Italia;
- è amministrata da soggetti residenti residenti in Italia.
Il comma 5-bis ha introdotto una presunzione relativa che il contribuente può superare, dimostrando che si tratti di una collocazione sostanziale e non puramente formale.
Dovrà essere il contribuente a portare prove a proprio favore per dimostrare l’effettiva attività svolta all’estero.
l’Agenzia delle entrate, con la circolare 28/E/2006, punto 8,SOCIETA’ ED ENTI ESTEROVESTITI (Art. 35, commi 13 e 14) (3), tratta delle norme introdotte dal D.L. 223/2006 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche’ interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale).
La circolare ha precisato che in applicazione della norma in oggetto, il soggetto estero si considera, ad ogni effetto, residente nel territorio dello Stato e quindi soggetto a tutti gli obblighi strumentali e sostanziali che l’ordinamento prevede per le società e gli enti residenti
Il contribuente, per vincere la presunzione, dovrà dimostrare, con
argomenti adeguati e convincenti, che la sede di direzione effettiva della società non è in Italia, bensì all’estero. Tali argomenti e prove dovranno dimostrare che, nonostante i citati presupposti di applicabilità della norma, esistono elementi di fatto, situazioni od
atti, idonei a dimostrare un concreto radicamento della direzione effettiva nello Stato estero.
Ad esempio, sotto il profilo sostanziale, dovrà essere provato che:
- Gli insediamenti produttivi/commerciali all’estero sono effettivi ed esistono delle ragioni imprenditoriali sottese agli stessi;
- Esiste autonomia gestionale dei soggetti preposti all’attività di impresa all’estero (c.d. country manager).
Con la raccomandazione 2012/772/Ue la Commissione Europea si è espressa sulla pianificazione fiscale aggressiva.
Esprimendosi sulla Norma generale antiabuso la Commissione (punto 4.2 della raccomandazione 2012/772/Ue) ha definito: «Una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni che sia stata posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti un vantaggio fiscale deve essere ignorata. Le autorità nazionali devono trattare tali costruzioni a fini fiscali facendo riferimento alla loro «sostanza economica».
Punto 4.4 : Ai fini del punto 4.2 una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43809/2015, relativa alla contestazione di esterovestizione di una struttura societaria di gruppo collocata in Lussemburgo titolare di alcuni marchi ha sottolineato tre concetti:
- la costruzione di puro artificio;
- la finalità prevalente di elusione;
- la libertà di scelta fra carichi fiscali diversi.
Secondo i supremi giudici il vantaggio fiscale è indebito non perché l’imprenditore sfrutta le opportunità offerte dal mercato o da una più conveniente legislazione fiscale, ma lo è solo se è ottenuto mediante costruzioni non aderenti alla realtà.
Con la Sentenza 15 marzo 2022 n. 8297 la Corte di cassazione è tornata ad occuparsi dell’esterovestizione. Richiamando un proprio consolidato orientamento, a Corte ha precisato:
“Questa Corte infatti ha più volte affermato che in tema di imposte sui redditi ricorre l’ipotesi di esterovestizione allorché una società, la quale ha nel territorio dello Stato la sede dell’amministazlone da intendersi come luogo in cui si svolge in concreto la direzione e gestione dell’attività di impresa e dal quale promanano le relative decisioni, localizzi la propria residenza fiscale all’estero al solo fine di fruire di una legisiazone tributaria pia vantaggiosa (Cass., 21 giugno 2019, n. 16697).
Sul tema dell’esterovestizione è ritornata a giudicare la Corte di cassazione con la Sentenza n.26538 del 08/09/2022, nella quale gli Ermellini hanno confermato che sussiste l’esterovestizione di una società in presenza di una struttura di puro artificio e della quale riportiamo un estratto:
“La questione involge, più in particolare, l’esatta individuazione dei parametri normativi di riferimento ai fini della individuazione della soggettività passiva nello Stato di una società avente sede in altro Paese.
Il legislatore, sul punto, ha, in primo luogo, stabilito, con l’art. 73, comma 3, che, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.
Il parametro di riferimento, quindi, è previsto dal legislatore sulla base di diversi criteri di collegamento effettivo con il territorio dello Stato, individuati facendo riferimento al dato formale della sede ovvero agli ulteriori criteri sostanziali che tengono conto o della peculiare attività economica prevalentemente esercitata per conseguire lo scopo sociale ovvero del luogo da cui promanano gli impulsi volitivi inerenti l’attività di gestione dell’ente.
Pertanto, il profilo di riferimento, al fine di concretizzare la valutazione della soggettività passiva dell’ente nel territorio dello Stato è costituito, in siffatte ipotesi, dalla esistenza di un rapporto tra il soggetto giuridico ed il territorio di riferimento.”
Altro aspetto da considerare è la rilevanza IVA dell’esterovestizione. L’art. 4 DPR 633/1972 prevede che tutte le attività imprenditoriali svolte in Italia sono ivi assoggettate ad imposizione.
Sulla base della normativa attualmente vigente si può ipotizzare che tutte le operazioni che la potenziale esterovestita ha posto in essere invece di essere ipotetiche operazioni intracomunitarie o territorialmente non rilevanti siano da sottoporre ad IVA in Italia.
Ne consegue che tutte le suddette operazioni potrebbero essere ricondotte a cessioni e/o prestazioni nazionali soggette ad IVA, con il corollario di conseguenti sanzioni amministrative e penali.
Vanno attentamente valutate le eventuali conseguenze, sotto il profilo penale tributario, che l’estorovestizione comporta e se si è in presenza di un’evasione fiscale internazionale o di una mera elusione fiscale.
Tale aspetto assume particolare evidenza nella considerazione che le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie, restando possibile solo l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie.
Ai sensi dell’articolo 10-bis L. 212/2000 (Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale), configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti.
Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi fiscali determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.
Nella maggior parte dei casi la fattispecie penalmente rilevante nei casi in cui venga accertata l’esistenza di una società esterovestita è il delitto di omessa presentazione in Italia delle dichiarazioni fiscali relative alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto (7) .
In sintesi, quando l’impresa ha sede all’estero, ma la maggior parte dell’attività si svolge in Italia, in presenza di una fittizia localizzazione all’estero della residenza fiscale, con, di fatto, attività svolta in italia, la dichiarazione dei redditi va fatta in Italia, altrimenti, al superamento del limite di cui al comma 1 dell‘articolo 5 D.Lgs. n. 74/2000 si configura il reato di evasione fiscale (E’ punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa e’ superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.1-bis.).
(1) 3. Where by reason of the provisions of paragraph 1 a person other than an individual is a resident of both Contracting States, then it shall be deemed to be a resident only of the State in which its place of effective management is situated. the competent authorities of the Contracting States shall endeavour to determine by mutual agreement the Contracting State of which such person shall be deemed to be a resident for the purposes of the Convention, having regard to its place of effective management, the place where it is incorporated or otherwise constituted and any other relevant factors. – Se, in virtù delle disposizioni del paragrafo 1, una persona diversa da una persona fisica è residente di entrambi gli Stati contraenti, essa si considera residente solo dello Stato in cui è situata la sua sede effettiva. le autorità competenti degli Stati contraenti si adoperano per determinare di comune accordo lo Stato contraente di cui tale persona è considerata residente ai fini della Convenzione, tenuto conto della sua sede della direzione effettiva, del luogo in cui è costituita o altrimenti costituito e qualsiasi altro fattore rilevante.
(2) 25. As regards paragraphs 24 and 24.1, Italy holds the view that the place where the main and substantial activity of the entity is carried on is also to be taken into account when determining the place of effective management of a person other than an individual. – Per quanto riguarda i paragrafi 24 e 24.1, l’Italia ritiene che il luogo in cui viene svolta l’attività principale e sostanziale dell’entità debba essere preso in considerazione anche nel determinare la sede della direzione effettiva di un soggetto diverso da un individuo.
(3) (…….. Gli elementi di collegamento con il territorio dello Stato individuati dalla norma sono astrattamente idonei a sorreggere la presunzione di esistenza nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione delle società in esame. Si tratta, infatti, di elementi già valorizzati nella esperienza interpretativa e applicativa, sia a livello internazionale che nazionale. Essi si ispirano sia a criteri
di individuazione dell’effective place of management and control elaborati in sede OCSE, sia ad alcuni indirizzi giurisprudenziali.
La norma prevede, in definitiva, l’inversione, a carico del contribuente, dell’onere della prova, dotando l’ordinamento di uno strumento che solleva l’amministrazione finanziaria dalla necessità di provare l’effettiva sede della amministrazione di entità che presentano elementi di collegamento con il territorio dello Stato molteplici e significativi. In tale ottica la norma persegue l’obiettivo di migliorare l’efficacia dell’azione di contrasto nei confronti di pratiche elusive, facilitando il compito del verificatore nell’accertamento degli elementi di fatto per la determinazione della residenza effettiva delle società. In particolare, essa intende porre un freno al fenomeno delle cosiddette esterovestizioni, consistenti nella localizzazione della residenza fiscale delle società in Stati esteri al prevalente scopo di sottrarsi agli obblighi fiscali previsti dall’ordinamento di appartenenza; a tal fine la norma valorizza gli aspetti certi, concreti e sostanziali della fattispecie, in luogo di quelli formali, in conformità al principio della “substance over form” utilizzato in campo internazionale.
…………………
8.3 Prova contraria
Il contribuente, per vincere la presunzione, dovrà dimostrare, con
argomenti adeguati e convincenti, che la sede di direzione effettiva della società non è in Italia, bensì all’estero. Tali argomenti e prove dovranno dimostrare che, nonostante i citati presupposti di applicabilità della norma, esistono elementi di fatto, situazioni od
atti, idonei a dimostrare un concreto radicamento della direzione effettiva nello Stato estero.
…………………)
(4) 30 – Ai punti 74 e 75 della sentenza Halifax e a. (C‑255/02, EU:C:2006:121), la Corte ha dichiarato che l’accertamento di una pratica abusiva in materia di IVA richiede, da un lato, che le operazioni di cui trattasi, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva IVA e della normativa nazionale di trasposizione abbiano come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da dette disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale delle operazioni di cui trattasi si limita all’ottenimento di tale vantaggio fiscale.
(5) 30 In tale contesto, va ricordato che, affinché una normativa nazionale venga considerata come diretta ad evitare le frodi e gli abusi, il suo scopo specifico dev’essere quello di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate a fruire indebitamente di un’agevolazione fiscale (v., in tal senso, sentenze del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 55, nonché del 5 luglio 2012, SIAT, C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 40).
31 Pertanto, una presunzione generale di frode e di abuso non può giustificare né un provvedimento fiscale che pregiudichi gli obiettivi di una direttiva, né un provvedimento fiscale che pregiudichi l’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato (sentenze del 26 settembre 2000, Commissione/Belgio, C‑478/98, EU:C:2000:497, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata, nonché del 5 luglio 2012, SIAT, C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 38).
32 Per verificare se un’operazione persegue un obiettivo di frode e di abuso, le autorità nazionali competenti non possono limitarsi ad applicare criteri generali predeterminati, ma devono procedere, caso per caso, a un esame complessivo dell’operazione interessata. L’introduzione di un provvedimento fiscale di portata generale che escluda automaticamente talune categorie di contribuenti dall’agevolazione fiscale, senza che l’amministrazione finanziaria sia tenuta a fornire il benché minimo principio di prova o di indizio di frode e abuso, eccederebbe quanto necessario per evitare le frodi e gli abusi (v., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2017, Euro Park Service, C‑14/16, EU:C:2017:177, punti 55 e 56).
(6) 42 In secondo luogo, riguardo alla questione se lo scopo essenziale di un’operazione si limiti all’ottenimento di tale vantaggio fiscale, si deve ricordare che, in materia di IVA, la Corte ha già dichiarato che, quando il soggetto passivo ha la scelta tra due operazioni, non è obbligato a scegliere quella che implica un maggiore pagamento di IVA, ma, al contrario, ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di ridurre la sua contribuzione fiscale (v., in particolare, sentenze Halifax e a., C‑255/02, EU:C:2006:121, punto 73; Part Service, C‑425/06, EU:C:2008:108, punto 47, nonché Weald Leasing, C‑103/09, EU:C:2010:804, punto 27). I soggetti passivi sono generalmente liberi di scegliere le strutture organizzative e le modalità operative che ritengano più idonee per le loro attività economiche nonché al fine di limitare i loro oneri fiscali (sentenza RBS Deutschland Holdings, C‑277/09, EU:C:2010:810, punto 53).
(7) Articolo 5 D.Lgs. n. 74/2000 – Omessa dichiarazione.
- 1. E’ punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa e’ superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.1-bis. E’ punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate e’ superiore ad euro cinquantamila.2. Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.