Dividendi corrisposti ad una Società Semplice – Regime della Trasparenza Pura 

Il Regime della Trasparenza Pura 

Ai sensi dell’art. 32-quater (Modifiche al regime fiscale degli utili distribuiti a società semplici) del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 (successivamente modificato dall’art. 28 del Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23 (Decreto liquidità)), i dividendi percepiti a partire dal 1° gennaio 2020 corrisposti ad una Società Semplice si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale.

Questo Regime della Trasparenza Pura  opera solo per gli utili delle azioni e strumenti finanziari similari, italiani ed esteri.

Gli altri redditi della Società Semplice, se non assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o imposta sostitutiva,  concorrono a formare il reddito complessivo della Società Semplice, imputato pro quota ai soci esistenti alla chiusura del periodo d’imposta (Regime della Trasparenza Opaca).

Con Risposta n. 486/2022 ad istanza di interpello, così si esprime l’Agenzia delle Entrate: “In altri termini, ai fini fiscali, i dividendi distribuiti alla società semplice si considerano percepiti direttamente dai soci nel momento in cui sono corrisposti alla società semplice. In tale momento, quindi, i dividendi sono assoggettati a tassazione, in capo a ciascun socio, e secondo il regime fiscale proprio di ognuno di essi, come se ciascun socio avesse percepito i medesimi dividendi direttamente dalla società emittente.
Tale nuova modalità di imputazione dei dividendi ai soci della società semplice comporta, in primo luogo, che gli stessi non concorrono a formare il reddito complessivo della società semplice e comporta, altresì, che la tassazione dei dividendi prescinde dalla loro distribuzione in favore dei soci (tassazione per imputazione).

Quindi,  i dividendi corrisposti alla Società Semplice sono  imputati per trasparenza direttamente ai suoi soci,  come se le partecipazioni da cui provengono gli utili siano possedute dai soci stessi e la Società Semplice non esistesse, e tassati direttamente in capo ai suoi soci con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale a cui il socio è sottoposto.

Ciò comporta, sempre ai sensi dell’art. 32-quater  del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 che se il socio della Società Semplice è:

Ai sensi del comma 1-bis dell’art. 32-quater  del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 resta fermo il regime fiscale applicabile agli utili provenienti da imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati ai sensi dell’articolo 47-bis, comma 1, del TUIR.
Quindi, se il dividendo proviene da una società a fiscalità privilegiata concorre alla formazione del reddito dei soci residenti della Società Semplice nella misura del 100%, salvo l’applicabilità delle esimenti di cui all’articolo 47-bis, comma 1, del TUIR.

La Società Semplice, per i dividendi percepiti in Regime di Trasparenza Pura, non è considerata sostituto d’imposta.

Dalle istruzioni al modello CUPE (A decorrere dal 1° gennaio 2020, i dividendi corrisposti alle società semplici si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale ai sensi dell’art. 32-quater del D.L. n. 124 del 2019, come modificato dall’art. 28 del D.L. n. 23 del 2020. Sulla base delle informazioni ricevute dalla società semplice, l’emittente o l’intermediario che svolgono l’attività di sostituto di imposta dovranno compilare la certificazione indicando i dati dei soci delle società semplici, che percepiscono dividendi sui quali non è stata applicata la ritenuta o l’imposta sostitutiva) e dalle istruzioni al Quadro SK del modello 770 (A decorrere dal 1° gennaio 2020, i dividendi corrisposti alle società semplici si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale ai sensi dell’art. 32-quater del D.L. n. 124 del 2019, come modificato dall’art. 28 del D.L. n. 23 del 2020. Sulla base delle informazioni ricevute dalla società semplice, l’emittente o l’intermediario che svolgono l’attività di sostituto di imposta dovranno compilare il quadro indicando
i dati dei soci delle società semplici, che percepiscono dividendi sui quali non è stata applicata la ritenuta o l’imposta sostitutiva) si evince che  Sostituti d’imposta sono solo gli intermediari o, in mancanza, l’emittente i quali:

  • operano la ritenuta d’imposta nei confronti dei soci persone fisiche residenti non imprenditori o di quelli esenti da Ires o dei non residenti;
  • rilasciano il CUPE direttamente al socio della società semplice, se non viene operata la ritenuta d’imposta.
  • compilano i quadro SI ed SK del MODELLO 770.

Con riferimento  agli adempimenti dichiarativi e certificativi la Società emittente (Vedi: Risposta n. 486/2022 ad istanza di interpello), sulla base delle informazioni ricevute dalla Società Semplice:

  • dovrà compilare il Modello 770 relativo al periodo di imposta in cui sono stati erogati i dividendi alla Società Semplice, inserendo
    • nel quadro SI il dato complessivo dei dividendi pagati nel periodo di imposta
    • nel quadro SK, i dati relativi ai soggetti non residenti nel territorio dello Stato nei cui confronti gli utili sono assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta, anche se in misura convenzionale
  • potrà rilasciare la Certificazione relativa agli Utili e agli altri Proventi Equiparati (CUPE) ai Soci non residenti che hanno percepito utili assoggettati alla ritenuta alla fonte a titolo d’imposta per consentire agli stessi di ottenere nel Paese di residenza, ove previsto, il credito d’imposta relativo alle imposte pagate in Italia.

    Nel caso in cui fra l’Italia e il Paese di residenza del percettore sia in vigore una Convenzione contro la doppia imposizione, l’eliminazione della stessa avverrà secondo le modalità ivi previste.

Dividendi di fonte estera percepiti da una Società Semplice

Con l’art. 28 del Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23 (Decreto liquidità) che ha modificato l’art. 32-quater (Modifiche al regime fiscale degli utili distribuiti a società semplici) del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 (stabilendo che:  al comma 1, dopo le parole “di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,”  le parole “dalle società e dagli enti residenti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e c),” sono sostituite dalle parole “dalle società e dagli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b), c) e d) (la lettera d) ricomprende le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato)”,  si è esteso  Il Regime della Trasparenza Pura, previsto dall’l’art. 32-quater del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 ai dividendi in capo alle società semplici che provengono da partecipazioni estere, al pari quindi di quelli provenienti da partecipazioni italiane.


I dividendi di fonte estera possono essere percepiti dalla Società Semplice:

  • per il tramite di un intermediario residente: l’intermediario residente opera la  ritenuta a titolo d’imposta (al netto delle imposte assolte all’estero, c.d. Netto Frontiera: Per “netto frontiera”, quindi, si deve intendere l’importo effettivamente corrisposto al beneficiario finale) sulla parte di utile imputabile a persone fisiche residenti non imprenditori ed effettua la segnalazione nominativa nel Quadro SK del modello 770.
    Questa procedura è prevista:

    • Se le azioni o quote estere sono in deposito o amministrazione presso l’intermediario;
    • Se le azioni o quote estere non sono in deposito o amministrazione presso l’intermediario, ma l’intermediario ha ricevuto «specifico incarico a cura del contribuente». Per l’intervento dell’intermediario è sufficiente, quindi, che il contribuente (nel caso per il tramite della società semplice) le conferisca l’incarico di operare la ritenuta in sede di percezione del dividendo (Questa possibilità è ammessa dalla circolare 19/E del 27/06/2014, par. 9, secondo la quale i sostituti d’imposta che intervengono nella riscossione dei redditi derivanti da attività finanziarie estere applicano le ritenute alla fonte e le imposte sostitutive «dietro specifico incarico a cura del contribuente».);
  • direttamente dalla Società emittente non residente, senza l’intervento di un intermediario residente.
    In questo caso possiamo rifarci a quanto evidenziato nella Risposta ad interpello n. 312/E/2019, in tema di adempimenti del sostituto di imposta
    (datore di lavoro) da parte di soggetto estero non residente : “L’articolo 23, comma 1, del citato D.P.R. n. 600 del 1973 individua, in modo tassativo, i soggetti obbligati a operare, in qualità di sostituti di imposta, le ritenute alla fonte sui redditi per i quali è prevista l’applicazione di dette ritenute.Fra tali soggetti menziona gli “enti e le società indicati nell’articolo 87 (ora articolo 73), comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917” (TUIR).
     L’articolo 73, comma 1, del TUIR, alla lettera d), indica testualmente “le società ed enti di ogni tipo compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato”.
    Rientrano, pertanto, fra i soggetti che rivestono la qualifica di sostituti di imposta, anche i soggetti non residenti nel territorio dello Stato.
    Tuttavia, come precisato nella circolare del Ministero delle Finanze 23 dicembre 1997, n. 326, paragrafo 3.1 (le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato ……per i redditi corrisposti da loro sedi fisse in Italia), gli enti e le società non residenti assumono la qualifica di sostituto d’imposta limitatamente ai redditi corrisposti da una loro stabile organizzazione o base fissa in Italia.
    Le società non residenti, infatti, seppur ricomprese, sotto il profilo soggettivo, fra i soggetti indicati al primo comma dell’articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973, in linea di principio, ne sono oggettivamente escluse in ragione della delimitazione territoriale della potestà tributaria dello Stato. Ne consegue che, stante l’assenza di stabile organizzazione in Italia, l’istante, non rivestendo il ruolo di sostituto d’imposta, non è tenuta ad applicare le ritenute sui corrispettivi erogati al proprio dipendente in Italia.
    Quindi, per stabilire se la Società emittente non residente deve assumere il ruolo di sostituto d’imposta  bisogna verificare se questa ha o non ha in Italia una stabile organizzazione:

    • nel caso di la Società emittente non residente abbia in Italia una stabile organizzazione essa assumerà il ruolo di sostituto d’imposta;
    • nel caso di la Società emittente non residente non abbia in Italia una stabile organizzazione essa assumerà il ruolo di sostituto d’imposta ed i percipienti, non subendo le ritenute, dovranno assolvere le imposte in autoliquidazione nella propria dichiarazione dei redditi con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale. 

Modello ed Istruzioni 770 2023

l modello 770/2023 (anno d’imposta 2022) deve essere utilizzato dai sostituti d’imposta, comprese le Amministrazioni dello Stato, per comunicare in via telematica all’Agenzia delle Entrate le ritenute operate su:

  • redditi di lavoro dipendente e assimilati
  • redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi
  • dividendi, proventi e redditi di capitale, ricomprendendo le ritenute su pagamenti relativi a bonifici disposti per il recupero del patrimonio edilizio e per interventi di risparmio energetico (art. 25 del D.L. n. 78 del 31 maggio 2010)
  • locazioni brevi inserite all’interno della CU (articolo 4, del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96)
  • somme liquidate a seguito di pignoramento presso terzi (art. 21, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, come modificato dall’art. 15, comma 2, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102) e somme liquidate a titolo di indennità di esproprio e di somme percepite a seguito di cessioni volontarie nel corso di procedimenti espropriativi, nonché di somme comunque dovute per effetto di acquisizioni coattive conseguenti a occupazioni d’urgenza.

L’invio del modello 770 è possibile a condizione che il sostituto abbia trasmesso – nei diversi termini previsti dall’art. 4 del D.P.R. 22 luglio 1998 n. 322 (16 marzo 2023 ovvero il 31 ottobre 2023) – la Certificazione unica e, qualora richiesto, la Certificazione degli utili.

Istruzioni aggiornate il 13 luglio 2023. Motivi dell’aggiornamento – pdf

La Società Semplice non rappresenta uno schermo protettivo perfetto del patrimonio conferito

Se è vero che in una una Società Semplice si ha la non sequestrabilità e la non pignorabilità della quota di una socio da parte del suo creditore particolare (Vedi: Non sequestrabilità e non pignorabilità della quota di una Società Semplice), la Società Semplice, non rappresenta uno schermo protettivo perfetto del patrimonio conferito.

Al creditore particolare del socio di una Società Semplice è dedicato l’art. 2270 del codice civile:
“Il creditore particolare del socio, finché dura la società, può
far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e
compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo nella
liquidazione.
Se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i
suoi crediti, il creditore particolare del socio può inoltre
chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore.
La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo
che sia deliberato lo scioglimento della società.”

Quindi, il creditore particolare del socio di una Società Semplice ha la possibilità di:

  • far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore;
  • dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del socio suo debitore;
  • compiere atti conservativi sulla quota spettante al socio suo debitore (ovvero evitare che la quota venga ceduta a terzi).

Come abbiamo visto il secondo comma dell’art. 2270 del codice civile prevede che il creditore particolare del socio di una Società Semplice, se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, può chiedere in ogni tempo la liquidazione   della quota del suo debitore. La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.

La richiesta di liquidazione della quota del socio debitore comporta che la società dovrà entro 3 mesi dalla domanda corrispondere al creditore una somma di denaro pari al valore della quota del socio debitore, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.
In quest’ultimo caso il creditore particolare del socio avrà solo diritto ad ottenere le somme di pertinenza del socio rivenienti dalla liquidazione della società.

La Società Semplice, quindi, non rappresenta uno schermo protettivo perfetto del patrimonio conferito dal socio, poiché, come abbiamo visto,  ai sensi dell’art. 2270 del codice civile, nel caso in cui il socio abbia dei debiti di carattere personale, il creditore particolare del socio, dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, può chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del socio suo debitore,

Non sequestrabilità e non pignorabilità della quota di una Società Semplice

Per prima cosa, occorre evidenziare che, per garantire la protezione patrimoniale attraverso la costituzione di una Società Semplice occorre costituirla  prima che vi siano pericoli di aggressione da parte di terzi.

L’art. 2740 c.c. (Responsabilità patrimoniale) dispone che: “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri“.

Secondo l’ordinamento giuridico italiano un creditore può recuperare la somma che gli spetta rivalendosi sui beni mobili, immobili e immateriali, come le partecipazioni sociali.

Quindi, di regola, il creditore particolare del socio può agire con:

  • il pignoramento della quota societaria: Disciplinato dall’art. 2471 del codice civile, è uno strumento con cui il creditore può soddisfare il credito vantato nei confronti del debitore mediante appunto il pignoramento della quota di una società, il creditore può rivolgersi direttamente al tribunale competente (quello dove si trova la sede della società) per chiedere ed ottenere il pignoramento delle quote di partecipazione.
    Il pignoramento delle quote di partecipazione non riguarda solo i creditori privati, ma anche tutte le agenzie di riscossione, come l’Agenzia delle Entrate e Riscossioni.
    Il pignoramento, è l’atto iniziale della procedura esecutiva, si esegue mediante notificazione al debitore e alla società. Successivamente si procede con l’iscrizione nel registro delle imprese (CCIA), che può essere effettuata dal creditore o dall’ufficiale giudiziario.
    Il giudice, accertato l’effettivo diritto del creditore, decreta con ordinanza la vendita.
    A questo punto vi profilano, allora, diverse possibilità:

    • le parti si accordano, il debitore paga il suo credito, anche ratealmente, e la quota rimane nelle sue mani
    • il creditore acquista la quota, diviene il nuovo proprietario della stessa ed entra nella società
    • non vi è alcun tipo di intesa tra creditore, società e debitore e la quota non è liberamente trasferibile. Si procede così con la vendita all’incanto della quota. La vendita resta priva di effetto se entro 10 giorni dall’aggiudicazione la società presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. La società gode, infatti, di una sorta di diritto di prelazione che le consente, al fine di evitare l’ingresso di terze persone sconosciute e, magari, poco gradite, di inserire un soggetto scelto dalla compagine.
  • accanto al pignoramento si può avere il sequestro della quota sociale (art. 2471 bis c.c.):  procedura cautelare che impedisce al proprietario di disporne al fine di garantire il futuro creditore.

A determinante condizioni (Il contratto sociale deve prevedere l’intrasferibilità delle quote sociali, salvo il consenso unanime dei soci) le quote di una Società Semplice (SS) non sono soggette a sequestro o pignoramento,  quindi,   i beni conferiti dal socio non possono essere soggetti ad aggressione da parte del creditore particolare del socio.

Tutto verte intorno all’art. 2252 (Modificazioni del contratto sociale) del codice civile, che prevede che se non è convenuto diversamente, il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci.

Come abbiamo visto, il contratto sociale di una Società Semplice è basato sulla fiducia personale, sul c.d. “intuitus personae”,  dandosi particolare rilevanza alle qualità personali dei soggetti contraenti.
Il trasferimento della quota di una Società Semplice rimane assoggettato al consenso unanime di tutti i soci in quanto comporta la modifica della compagine soggettiva, identificata nell’atto costitutivo e caratterizzata dalla scelta personale e fiduciaria dei singoli soci.
Questo comporta la necessità del consenso unanime dei soci esistenti per l’introduzione di nuovi soci, così come non potrebbero essere sostituiti i soci esistenti, se non con l’unanimità dei soci.
Pertanto, nella Società Semplice il cui statuto preveda limiti alla libera circolazione delle partecipazioni, non è possibile ottenere l’esecuzione forzata della quota di uno o più soci, durante la vita della società.
Questo può far sì che la Società Semplice (SS) sia utilizzata come uno strumento di protezione del patrimonio (come abbiamo visto prima le Società Semplici possono avere come oggetto, in via esclusiva, la gestione di beni immobili non strumentali all’esercizio dell’impresa, di beni mobili registrati, o di quote di partecipazione in società).

L’orientamento consolidato della giurisprudenza di merito ritiene che si debba escludere la sequestrabilità, da parte dei creditori particolari del socio, della quota di una società di persone durante societate  poiché il sequestro ed il conseguente pignoramento, da parte del creditore personale del socio, comporterebbero la possibilità di espropriazione della quota di una società di persone  e porterebbero, quindi, all’attuazione di una modificazione del rapporto sociale, dovuta alla sostituzione del creditore procedente o di un terzo al socio esecutato, modifica che confliggerebbe con l’esigenza di rispettare il principio dell’intuitus personae (Tribunale di Rimini, 12.05.2016; Corte d’Appello di Milano, 23.03.1999; Tribunale di Trani, 23.02.2007; Tribunale di Roma, 17.05.2004; Tribunale di Monza, 05.12.2000; Tribunale di Milano, 1912.1996; Tribunale di Ravenna, 12.04.1994; Tribunale di Benevento, 24.09.1991).

La Corte di Cassazione Civ. Sez. I, con la sentenza del 07.11.2002, n. 15605 è intervenuta in tema di pignoramento di quote di società di persone ne ha stabilito l’ammissibilità per il solo caso in cui l’atto costitutivo preveda la loro libera trasferibilità, salva sempre la necessità di salvaguardare gli eventuali patti di prelazione parimenti contenuti nel contratto sociale.

La Suprema Corte, nella citata sentenza del 07.11.2002, n. 15605, si è così espressa:Non vi sono pertanto ostacoli ad annoverare anche le quote sociali tra i beni che possono essere oggetto di espropriazione forzata (art. 2910 c.c., in relazione all’art. 2740 dello stesso codice) e di misure cautelari dirette a salvaguardare la garanzia patrimoniale del debitore (art. 2905, c.c.).
5.1 – Ciò, del resto, è espressamente riconosciuto per le quote della società a responsabilità limitata (art. 2480 c.c.). Le quote delle società di persone non possono tuttavia, quanto meno in linea di principio, essere espropriate finché dura la società a beneficio dei creditori particolari dei soci. Di qui il dubbio, sciolto in senso negativo dalla sentenza impugnata, che esse possano, in detto periodo, essere oggetto a sequestro conservativo, attesa la strumentalità di tale misura cautelare rispetto all’espropriazione (retro, p. 3).
Il principio non è enunciato espressamente in alcuna disposizione di legge, ma si desume con sicurezza dalla disciplina complessiva delle società personali, tradizionalmente ispirata all’esigenza che i rapporti fra i soci siano caratterizzati da un elemento fiduciario (il c.d. intuitus personae), il quale implica che, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, le partecipazione sociale può essere trasferita solo con il consenso di tutti i soci, ovvero di quelli che rappresentano la maggioranza del capitale sociale (artt. 2252, 2284, 2322 c.c.). L’espropriazione della quota, comportando l’inserimento nella compagine sociale di un nuovo soggetto, prescindendo dalla volontà degli altri soci, introdurrebbe un elemento di “novità” incompatibile con i caratteri di tale tipo di società.
S’intende allora perché il legislatore, quando ha ritenuto di consentire ai creditori particolari del socio di soddisfarsi sui beni rappresentati dalla quota di partecipazione del loro debitore, abbia previsto la possibilità di richiedere (non già l’espropriazione, ma) la liquidazione della quota che, pur intaccando il patrimonio della società, non determina alcuna variazione nella composizione della compagine sociale.”

Considerazione da fare è che la protezione patrimoniale efficace è quella realizzata in via preventiva: regola base  della protezione patrimoniale è agire in tempi non sospetti.

Ovviamente è sospetto  un conferimento di data posteriore al sorgere dei debiti.

É ovvio che viene attenzionato il conferimento  finalizzato a perseguire scopi illegali da parte di soggetti prossimi all’insolvenza, falliti, gravati da ingenti debiti tributari.

Anche se non risulta specificamente regolata l’invalidità del contratto costitutivo di Società Semplice, nel silenzio della legge, si ritiene applicabile la disciplina generale dei contratti:

  • sia per l’individuazione delle cause di nullità (ai sensi dell’art. 1418 del codice civile);
  • sia per quelle di annullabilità (ai sensi dell’art. 1425 del codice civile).

La creazione di una Società Semplice ed i relativi conferimenti  possono essere finalizzati a frodare i creditori pregressi (sottraendo garanzia patrimoniale in violazione dell’art. 2740 c.c. (Responsabilità patrimoniale), tale disposizione ha carattere imperativo con la conseguenza, che la sua violazione è colpita da nullità assoluta ex art 1418 c.1 cc. (Cause di nullità del contratto)

Può sussistere anche  un rischio penale, come nei casi di:

In tema di protezione dei beni (blindatura patrimoniale“) dai creditori, la differenza tra utilizzo legittimo e illegittimo di una Società Semplice  è dato anche dalla tempistica: la dotazione patrimoniale deve essere di data anteriore al sorgere dei debiti.

Sempre in tema di protezione dei beni non si può prescindere dalle azioni che il creditore particolare del socio può compiere (art. 2270 del codice civile):

  • far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore;
  • dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, chiedere la liquidazione della quota del socio suo debitore;
  • compiere atti conservativi sulla quota spettante al socio suo debitore (ovvero evitare che la quota venga ceduta a terzi).

Il secondo comma dell’art. 2270 del codice civile prevede che il creditore particolare del socio di una Società Semplice, se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, può chiedere in ogni tempo la liquidazione   della quota del suo debitore. La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.

La richiesta di liquidazione della quota del socio debitore comporta che la società dovrà entro 3 mesi dalla domanda corrispondere al creditore una somma di denaro pari al valore della quota del socio debitore, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.
In quest’ultimo caso il creditore particolare del socio avrà solo diritto ad ottenere le somme di pertinenza del socio rivenienti dalla liquidazione della società.

Società Semplice ed azione revocatoria ordinaria

L’azione revocatoria (le cui condizioni sono stabilite nell’art. 2901 c.c. ) è un mezzo legale di conservazione della garanzia patrimoniale,  uno strumento giudiziale attraverso il quale un creditore (revocante) può chiedere ed ottenere, ad esito di un giudizio che segue il rito civile ordinario (quindi soggetto ad una fase istruttoria estremamente lunga ed articolata), che uno o più atti di disposizione patrimoniale, posti in essere dal proprio debitore e coi quali il debitore arrechi pregiudizio alle sue ragioni,  siano “revocati”, ossia non producano effetti giuridici nei suoi confronti.

Il primo comma dell’ art. 2901 c.c,  prevede che per la revocabilità di un qualsiasi “atto di disposizione del patrimonio” devono coesistere contemporaneamente due necessarie condizioni (l’onere della prova grava sul creditore (revocante):

  1. che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore (c.d. scientia damni, consistente nella consapevolezza, da parte del debitore, di arrecare con il proprio atto dispositivo un pregiudizio irreparabile al creditore) o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;
  2. che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione (c.d. consilium fraudis, ossia l’esistenza di un accordo tra il debitore ed il terzo, beneficiario dell’atto di disposizione patrimoniale, conclusa nonostante il terzo fosse a conoscenza  del pregiudizio irreparabile arrecato al creditore).

Come abbiamo visto il primo comma dell’ art. 2901 c.c, prevede anche il caso di un credito, solo futuro e meramente ipotetico, non ancora esistente al momento della “disposizione patrimoniale”  (atto anteriore al sorgere del credito).
In questo caso l’onere della prova che grava sul creditore (revocante)  è ancora più stringente,
Il revocante dovrà dimostrare che l’atto sia stato dolosamente preordinato al solo fine di pregiudicarne il soddisfacimento del futuro credito e che, quindi:

  • il debitore, al momento della disposizione patrimoniale, fosse effettivamente a conoscenza dell’esistenza di una potenziale pretesa creditoria, ancorché non ancora azionata dal creditore;
  • l’atto di disposizione patrimoniale fosse in via esclusiva preordinato al fine di pregiudicare il soddisfacimento del credito;
  •  il terzo beneficiario della disposizione sia stato partecipe della dolosa preordinazione.

Il debitore aggredito da azione revocatoria potrà difendersi dimostrando che, con il proprio atto dispositivo, intendeva perseguire scopi leciti, previsti e tutelati dall’ordinamento giuridico, differenti rispetto al solo  fine di pregiudicarne il soddisfacimento del credito attuale o potenziale,

Il negozio giuridico di costituzione di una Società Semplice è sempre soggetto all’azione revocatoria ordinaria ( Ai sensi dell’art. 2903 c.c., l’azione revocatoria ordinaria (le cui condizioni sono stabilite nell’art. 2901 c.c.) si prescrive nel termine di 5 anni dal compimento dell’atto pregiudizievole da parte del debitore.), quindi non può essere utilizzato in frode dei creditori.

Analoga argomentazione vale per i conferimenti di beni mobili o immobili che i soci operino a favore della Società Semplice.

Come abbiamo visto l’azione revocatoria ordinaria si prescrive in 5 anni dalla data della disposizione patrimoniale. Trascorso detto periodo di tempo  il creditore, che non ha notificato al debitore uno specifico atto di citazione ai sensi dell’art. 2901 c.c.,  perderà ogni titolo per agire.

Azioni che il creditore particolare del socio può compiere

Al creditore particolare del socio di una Società Semplice è dedicato l’art. 2270 del codice civile:
“Il creditore particolare del socio, finché dura la società, può
far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e
compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo nella
liquidazione.
Se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i
suoi crediti, il creditore particolare del socio può inoltre
chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore.
La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo
che sia deliberato lo scioglimento della società.”

Quindi, il creditore particolare del socio di una Società Semplice ha la possibilità di:

  • far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore;
  • dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del socio suo debitore;
  • compiere atti conservativi sulla quota spettante al socio suo debitore (ovvero evitare che la quota venga ceduta a terzi).

Quindi, in vigenza della società, il creditore particolare del socio può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore.

Dato che il creditore particolare del socio potrà chiedere il pignoramento degli utili solo dopo l’approvazione del rendiconto, i soci possono comunque decidere, all’unanimità, di non distribuire gli utili e di rifinanziare così la società:
La scelta di non distribuire gli utili e di rifinanziare così la società non è sindacabile da parte del creditore particolare del socio.

La richiesta di liquidazione della quota del socio debitore comporta che la società dovrà entro 3 mesi dalla domanda corrispondere al creditore una somma di denaro pari al valore della quota del socio debitore, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.
In quest’ultimo caso il creditore particolare del socio avrà solo diritto ad ottenere le somme di pertinenza del socio rivenienti dalla liquidazione della società.

La Società Semplice non rappresenta uno schermo protettivo perfetto del patrimonio conferito

La Società Semplice, quindi, non rappresenta uno schermo protettivo perfetto del patrimonio conferito dal socio, poiché, come abbiamo visto,  ai sensi dell’art. 2270 del codice civile, nel caso in cui il socio abbia dei debiti di carattere personale, il creditore particolare del socio, dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, può chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del socio suo debitore,

La Società Semplice (SS)

Come vedremo in dettaglio, la Società Semplice  (SS):

  • può avere come oggetto sociale solo l’esercizio di attività economiche non commerciali:
    • non vi è l’obbligo di tenere i libri e le altre scritture contabili (salvo l’obbligo di rendiconto);
    • non vi è l’obbligo di pubblicare  bilanci (Può operare nel più completo anonimato verso i terzi sui conti societari);
    • La Società Semplice, avente come oggetto sociale la gestione statica di partecipazioni, se nel corso del periodo di imposta non ha conseguito alcun reddito, in quanto non ha ricevuto dividendi e non trasferito partecipazioni, non è tenuta a presentare la dichiarazione dei redditi;
    • le Società Semplici Holding non sono tenute alle comunicazioni all’Archivio dei rapporti finanziari tenuto presso l’Anagrafe tributaria
    • non può essere soggetta al fallimento ed alle altre procedure concorsuali;
    • non applicabilità della normativa in merito ad Irap (Imposta Regionale sulle Attività Produttive), società di comodo e ISA (Indici sintetici di affidabilità)
  • si può costituire senza forme particolari (tranne quelle richieste dalla natura dei beni conferiti, come nel caso di immobili);
  • deve essere inscritta nella sezione speciale del Registro delle Imprese ma solo con finalità di pubblicità/notizia;
  • non è dotata di personalità giuridica, ma di autonomia patrimoniale imperfetta;
  • i soci assumono una responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni societarie, ma consente di individuare alcuni soci che in nessun caso rispondono delle obbligazioni sociali (art. 2267 cod. civ);
  • l’amministrazione della società, salvo diversa pattuizione e indicazione nell’atto costitutivo, spetta a ciascun socio in modo disgiunto;
  • si caratterizza per uno stretto legame tra la persona del socio e le quote sociali, cosicché queste ultime (a determinate condizioni: il contratto sociale non deve prevedere la libera trasferibilità della quota) non risultano assoggettabili a procedure esecutive o cautelari (pignoramenti o sequestri);
  • consente una gestione del patrimonio serena e separata rispetto alla persona del socio e, per questo, è uno dei migliori strumenti di “segregazione patrimoniale” attualmente esistenti nel panorama giuridico italiano;
  • è flessibile, nel senso che il suo statuto ed il contratto sociale possono sempre essere modificati e che può sempre ricevere beni in conferimento dai soci, anche dopo la sua costituzione;
  • la Società Semplice è un’entità fiscalmente trasparente. Il reddito complessivo della società, determinato in capo alla medesima, viene attribuito ai soci che lo dichiarano in modo proporzionale alle quote di partecipazione possedute. 

La Società Semplice  (SS) è regolata dagli artt. dal 2251 al 2290 del codice civile

La Società Semplice (SS) può avere come oggetto sociale solo l’esercizio di attività economiche non commerciali

La Società Semplice (SS) rappresenta il modello base delle società di persone (Società semplici, Snc, Sas).
Una delle sue principali caratteristiche riguarda il fatto che può avere per oggetto esclusivamente l’esercizio di attività economiche lucrative non commerciali (art. 2249, secondo comma, del codice civile).

A norma dell’art. 2195 del codice civile un imprenditore commerciale è chi esercita professionalmente una o più delle seguenti attività:

  • attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi
  • attività intermediaria nella circolazione dei beni
  • attività di trasporto per terra, o per acqua o per aria
  • attività bancaria o assicurativa
  • altre attività ausiliarie delle precedenti.

Una parte della dottrina afferma che la definizione data dall’art. 2195 del codice civile non è esaustiva e che si possano definire “commerciali” gli imprenditori ad esclusione di quelli “agricoli” così come definiti dallart. 2135 del codice civile.

In base alla normativa fiscale (articolo 55 del TUIRper esercizio di imprese commerciali si intende l‘esercizio per professione abituale, ancorché’ non esclusiva:

  • delle attività indicate nell’art. 2195 del codice civile e
  • delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’art. 32 (Reddito agrario) del TUIR che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma d’impresa.
  • Sono inoltre considerati redditi d’impresa:
    • i redditi derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nellart. 2195 c.c.;
    • i redditi derivanti dall’attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne;
    • i redditi dei terreni, per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 32 del TUIR, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa.

Una presunzione assoluta della mancanza di commercialità è data dal secondo periodo della lettera d), comma 1 dell’articolo 87 del TUIR che prevede senza possibilità di prova contraria che si presume che il requisito della commercialità non sussista
relativamente alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività dell’impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa.

Ai fini fiscali, la Società Semplice (SS), non essendo una società che ha natura commerciale, non produce reddito d’impresa.

In passato si riteneva che la Società Semplice, stante l’impossibilità di un utilizzo per l’esercizio di un’attività commerciale, potesse trovare impiego esclusivamente per lo svolgimento di un’attività agricola.
Il Decreto del Presidente della Repubblica  31 marzo 1975, n. 136  ha ammesso lo svolgimento di attività di organizzazione e revisione contabile alle aziende costituite in forma di Società Semplice.
L’art. 29 della Legge 27 dicembre 1997 n. 449, ha previsto la trasformazione di società commerciali, aventi ad oggetto, in via esclusiva, la gestione di beni immobili non strumentali all’esercizio dell’impresa, di beni mobili registrati, o di quote di partecipazione in società, in società semplici.
Questo ha aperto la via ad un orientamento che vede la Società Semplice come uno strumento idoneo per l’organizzazione ed il governo di patrimoni familiari.

La Società Semplice (SS), quindi,  può essere costituita per l’esercizio di:

  • Attività agricola;
  • Esercizio di professioni intellettuali in forma societaria;
  • Esercizio di attività sportive dilettantistica;
  • Gestione proprietà mobiliari e immobiliari.

La Società Semplice (SS) si caratterizza per essere una società di natura non commerciale e, quindi, per :

  •  l’esclusione dell’obbligo di tenere i libri e le altre scritture contabili (salvo l’obbligo di rendiconto);
  • non essere soggetta al fallimento ed alle altre procedure concorsuali.

La Società Semplice, avente come oggetto sociale la gestione statica di partecipazioni, se nel corso del periodo di imposta non ha conseguito alcun reddito, in quanto non ha ricevuto dividendi e non trasferito partecipazioni, non è tenuta a presentare la dichiarazione dei redditi. Questo in quanto: “Le società semplici rappresentano una particolare tipologia di società di persone: infatti, ai sensi dell’art. 2249 del codice civile non possono avere per oggetto sociale l’esercizio di un’attività commerciale, di conseguenza non producono reddito d’impresa. A differenza delle società di persone commerciali, il cui reddito da qualsiasi fonte provenga è considerato reddito d’impresa in forza della presunzione assoluta contenuta nel terzo comma dell’art. 6 del Tuir, il reddito delle società semplici mantiene la natura della categoria in cui lo stesso è classificabile. Pertanto, al pari delle persone fisiche, la società semplice consegue diverse tipologie di reddito (con esclusione, come detto, del reddito d’impresa) che concorrono poi alla formazione del reddito complessivo (art. 8 del Tuir), imputato per trasparenza ai propri soci proporzionalmente alla rispettiva quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione (art. 5 del Tuir). Dal punto di vista degli adempimenti contabili, inoltre, le società semplici, diversamente dalle altre società di persone, non rientrano tra i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili, elencati nell’art. 13 DPR n. 600/73, né sono tenute alla redazione e conservazione del bilancio (art. 6, comma 4, DPR n. 600/73).” (Interpello DRE Piemonte 7.4.2017 n. 901-171/2017).

le Società Semplici Holding non sono tenute alle comunicazioni all’Archivio dei rapporti finanziari tenuto presso l’Anagrafe tributaria (2019-07-04-Interpello-della-DRE-Piemonte-n.-901-3842019)

Responsabilità per le obbligazioni sociali (Art. 2267) ed  amministrazione in una Società Semplice

Secondo la disciplina del Codice civile, nelle società di persone  ogni socio illimitatamente responsabile e quindi, nella Società Semplice, ogni socio  è amministratore della società (art. 2257 del codice civile). Tuttavia, l’atto costitutivo può  prevedere che l’amministrazione sia riservata solo ad alcuni soci, dando così luogo alla distinzione fra soci amministratori e soci non amministratori.

Quindi, nella Società Semplice (SS)

  • i soci assumono una responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni societarie (art. 2267 del codice civile), ma è da tener presente che, comunque,  l’autonomia patrimoniale imperfetta, della Società Semplice impedisce un’assoluta confusione tra i debiti sociali e quelli dei soci che rispondono soltanto in via sussidiaria delle obbligazioni sociali.
    È da tener presente che l’art. 2267 c.c.  dispone che per le obbligazioni sociali rispondono  personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci. Quindi, nelle società semplici l’amministrazione è preclusa ex lege ai soci limitatamente responsabili.  È possibile che siano previsti patti di esclusione o di limitazione della responsabilità dei  soci che non hanno agito in qualità di amministratore, ma, mai può essere esclusa la responsabilità di tutti i soci.
    Ai sensi dell’art. 2267 c.c., secondo comma,  il  patto che esclude o di limita  a responsabilità dei  soci che non hanno agito in qualità di amministratore deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in mancanza, la limitazione della responsabilità o l’esclusione della solidarietà non è opponibile a coloro che non ne hanno avuto conoscenza.
    L’art. 2268 del codice civile prevede l’escussione preventiva del patrimonio sociale in quanto Il socio richiesto del pagamento di debiti sociali può domandare, anche se la società è in liquidazione, la preventiva escussione del patrimonio sociale, indicando i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi;
  • l’amministrazione della società, salvo diversa pattuizione ed indicazione nell’atto costitutivo, spetta a ciascun socio in modo disgiunto (art. 2257 del codice civile).
    Nella Società Semplice (SS) è possibile la nomina di un amministratore esterno, ma è evidente, per quanto detto prima, che in caso di nomina di nomina di un amministratore esterno, non può essere esclusa la responsabilità di tutti i soci.
    Con la Massima 78/2022, il Consiglio notarile di Firenze si è espresso nel senso che: “Nelle società semplici è legittima la nomina ad amministratore di un soggetto estraneo alla compagine sociale purché non siano previsti patti di esclusione o di limitazione della responsabilità di tutti i soci.
    Il Consiglio notarile di Firenze motiva il suo parere considerando che nel momento in cui la riforma del diritto societario ha permesso la partecipazione delle società di capitali nelle società di persone, anche nell’ipotesi estrema di una società di persone per intero partecipata da società di capitali, viene necessariamente meno il legame inscindibile tra amministratore e socio; senza trascurare anche il fatto che “quando il legislatore ha voluto vietare l’attribuzione dell’amministrazione a un estraneo lo ha fatto espressamente”.

Ai sensi dell’art. 2259 (Revoca della facoltà di amministrare) del codice civile:
La revoca dell’amministratore nominato con il contratto sociale non
ha effetto se non ricorre una giusta causa.
L’amministratore nominato con atto separato è revocabile secondo
le norme sul mandato.
La revoca per giusta causa può in ogni caso essere chiesta giudizialmente da ciascun socio.

Forma del contratto sociale di una Società Semplice

Nella Società Semplice (SS), ai sensi dell’art. 2251 del codice civile il contratto sociale non è soggetto a forme speciali, salve quelle richieste dalla natura dei beni conferiti.
L’art. 1350 del codice civile prevede gli atti che devono farsi, sotto pena di nullità, per atto pubblico o per scrittura privata, ad esempio, è necessaria la forma scritta a pena di nullità in caso di conferimento di diritti reali immobiliari.

Quindi, è richiesta necessariamente la forma scritta del contratto sociale quando:

  • si conferiscano beni immobili o altri diritti reali immobiliari;
  • si conferisca il semplice godimento degli stessi a tempo indeterminato o comunque per un periodo  eccedente i nove anni.

Quindi, la costituzione di una Società Semplice può avvenire senza il rispetto di particolari formalismi (salvo quelli richiesti dalla natura dei beni conferiti), non necessitando dell’atto pubblico,  motivo per cui la Società Semplice può essere costituita mediante scrittura privata autenticata.

Ai sensi dell’art. 2252 del codice civile, se non è convenuto diversamente, il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci.

Compagine sociale di una Società Semplice

Per la costituzione della società semplice, occorrono almeno due soci, siano essi:

  • persone fisiche;
  • società di persone;
  • società di capitali;
  • enti, quali associazioni e fondazioni.

Conferimenti in una Società Semplice

L’obbligo di conferimento è essenziale per l’acquisto  della qualità di socio.

Ai sensi dell’art. 2253 del codice civileil socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale.

Nessuna limitazione è posta all’autonomia negoziale delle parti per quanto riguarda i beni conferibili nelle società di persone (Società semplici, Snc, Sas) (diversamente da quanto avviene per le società di capitali).

Quindi, nella Società Semplice (SS), può essere conferita ogni entità (bene o servizio) suscettibile di valutazione economica ed utile al conseguimento dell’oggetto sociale.

Possono, quindi, essere conferiti in una Società Semplice (SS):

  • denaro;
  • immobili;
  • macchine,
  • materie prime o lavorate);
  • crediti (È da tener presente, che ai sensi dell’art. 2255 c.c.,  Il socio che ha conferito un credito risponde della insolvenza del debitore, nei limiti indicati dall’art. 1267 per il caso di
    assunzione convenzionale della garanzia);
  • aziende, pur se gravate da debiti (in proprietà o in godimento);
  • prestazioni di garanzia (fideiussioni e avalli).

I conferimenti dei soci formano il patrimonio iniziale della Società Semplice (SS), che diviene proprietaria di quanto conferito.
Ai sensi dell’art. 2256 del codice civile beni sociali non possono essere utilizzati per fini estranei a quello della società, salvo che vi sia il consenso di tutti i soci. La violazione di tale divieto espone il socio al risarcimento dei danni e all’esclusione dalla società.

Iscrizione del contratto sociale di  una Società Semplice nel Registro delle Imprese

Non essendo previste forme particolari per la costituzione forme particolari (tranne quelle richieste dalla natura dei beni conferiti, come nel caso di immobili) (tranne quelle richieste dalla natura dei beni conferiti, come nel caso di immobili), l’onere di iscrizione della stessa al Registro delle imprese, non incombe sul Notaio rogante, ma compete agli amministratori.

Gli amministratori della Società Semplice (SS) devono richiedere l’iscrizione del contratto sociale entro 30 giorni dalla stipula presso il registro delle imprese tenuto presso la Camera di commercio che risulta essere territorialmente competente, ovvero nella circoscrizione di competenza in cui ha sede la società, si attua nell’apposita sezione speciale (art. 2, primo comma, del DPR 14/12/1999 n° 558ed ha effetti di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, fatta eccezione per quelle esercenti attività agricola la cui registrazione produce, altresì, effetti dichiarativi, efficacia di pubblicità legale. Le modalità di iscrizione in base all’art. 18 del D.P.R. n° 581/1995.
La mancata iscrizione di tale tipo di società è priva di conseguenze sia sull’esistenza, sia sulla disciplina ad essa applicabile, salva l’impossibilità per la società di avvalersi dell’efficacia dichiarativa della pubblicità.
Un aspetto da tener presente, se si decide di non iscrivere la Società Semplice nel Registro delle Imprese, è che le banche operativamente non aprono rapporti finanziari (conti correnti) con società che non sono iscritte nel Registro delle Imprese.

Ripartizione degli utili e delle perdite in una Società Semplice

Ai sensi dell’art. 2262 del codice civile, salvo patto contrario, ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili dopo l’approvazione del rendiconto.
Le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si
presumono proporzionali ai conferimenti. Se il valore dei
conferimenti non è determinato dal contratto, esse si presumono
eguali (Art. 2263, primo comma, c.c.)
Tutti i soci hanno diritto di partecipare agli utili e hanno il dovere di partecipare alle perdite.
Tuttavia vi è la  libertà di determinare, anche in modo non proporzionale, le percentuali di ripartizione di utili e perdite rispetto alle  partecipazioni dei singoli soci. L’unico limite è dato dal divieto del patto leonino (art. 2265 c.c.) che considera  nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite.

criteri legali di ripartizione degli utili o delle perdite in una Società Semplice (SS) sono:

  • se il contratto non dispone diversamente, utili e perdite spettano ai soci proporzionalmente ai conferimenti;
  • se il valore dei conferimenti non è determinato, utili e perdite vengono ripartiti in parti uguali;
  • se è determinata solo la partecipazione di ciascun socio negli utili, nella stessa misura si deve determinare la partecipazione alle perdite.

Trasferimento della quota sociale di una Società Semplice

Come abbiamo visto, se non è convenuto diversamenteil contratto sociale di una Società Semplice può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci (art. 2252 C.C.).
Il contratto sociale di una società di persone è basato sulla fiducia personale, sul c.d. “intuitus personae”,  dandosi particolare rilevanza alle qualità personali dei soggetti contraenti.
Nella Società Semplice la quota rappresenta la misura della partecipazione del socio ai diritti ed agli obblighi relativi al rapporto sociale. Il socio è insostituibile e rappresenta una componente imprescindibile per il corretto funzionamento della società.
Il trasferimento della quota di una Società Semplice rimane assoggettato al consenso unanime di tutti i soci in quanto comporta la modifica della compagine soggettiva, identificata nell’atto costitutivo e caratterizzata dalla scelta personale e fiduciaria dei singoli soci.

Come vedremo in seguito, per avere la non sequestrabilità e non pignorabilità della quota di una Società Semplice,  il contratto sociale non deve prevedere la libera trasferibilità della quota.

Un accordo scritto che regolamenta una Società Semplice deve contenere:

  • I dati dei soci
  • La ragione sociale
  • La sede legale
  • L’oggetto sociale
  • La natura, l’ammontare e l’attribuzione dei conferimenti
  • L’organizzazione amministrativa
  • La durata della società
  • Le norme sulla distribuzione degli utili/perdite
  • Le preclusioni sul trasferimento delle partecipazioni
  • Le regole per la rescissione o lo scioglimento

Morte di uno dei soci di una Società Semplice

Ai sensi dellart. 2284 del codice civile, e per quanto detto in tema di trasferibilità quota sociale di una Società Semplice: “Salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società, ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano.

Cause di scioglimento della Società Semplice (SS)

L’art. 2272 del codice civile prevede le cause di scioglimento della Società Semplice (SS):

  • decorso del termine di durata;
  • conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di conseguirlo;
  • decisione di tutti i soci;
  • venire meno della pluralità dei soci, non ricostituita entro sei mesi;
  • altre cause previste nell’atto costitutivo o nei patti sociali.

Al verificatasi di una di queste cause di scioglimento, la Società Semplice (SS) entra in  liquidazione e deve provvedere al pagamento di tutti i creditori sociali e alla distribuzione fra i soci dell’eventuale residuo attivo.
Terminato il procedimento di liquidazione, la Società Semplice (SS) viene cancellata dalla sezione speciale del Registro delle Imprese e la cancellazione ne determina l’estinzione definitiva.

Da tener presente che il secondo comma dell’art. 2270 del codice civile prevede che il creditore particolare del socio di una Società Semplice, se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, può chiedere in ogni tempo la liquidazione   della quota del suo debitore. La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.

La richiesta di liquidazione della quota del socio debitore comporta che la società dovrà entro 3 mesi dalla domanda corrispondere al creditore una somma di denaro pari al valore della quota del socio debitore, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.
In quest’ultimo caso il creditore particolare del socio avrà solo diritto ad ottenere le somme di pertinenza del socio rivenienti dalla liquidazione della società.

Non sequestrabilità e non pignorabilità della quota di una Società Semplice  (il contratto sociale non deve prevedere la libera trasferibilità della quota)

Occorre evidenziare che, per garantire la protezione patrimoniale occorre costituire la Società Semplice prima che vi siano pericoli di aggressione da parte di terzi.

L’art. 2740 c.c. (Responsabilità patrimoniale) dispone che: “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri“.

Secondo l’ordinamento giuridico italiano un creditore può recuperare la somma che gli spetta rivalendosi sui beni mobili, immobili e immateriali, come le partecipazioni sociali.

Quindi, di regola, il creditore particolare del socio può agire con:

  • il pignoramento della quota societaria: Disciplinato dall’art. 2471 del codice civile, è uno strumento con cui il creditore può soddisfare il credito vantato nei confronti del debitore mediante appunto il pignoramento della quota di una società, il creditore può rivolgersi direttamente al tribunale competente (quello dove si trova la sede della società) per chiedere ed ottenere il pignoramento delle quote di partecipazione.
    Il pignoramento delle quote di partecipazione non riguarda solo i creditori privati, ma anche tutte le agenzie di riscossione, come l’Agenzia delle Entrate e Riscossioni.
    Il pignoramento, è l’atto iniziale della procedura esecutiva, si esegue mediante notificazione al debitore e alla società. Successivamente si procede con l’iscrizione nel registro delle imprese (CCIA), che può essere effettuata dal creditore o dall’ufficiale giudiziario.
    Il giudice, accertato l’effettivo diritto del creditore, decreta con ordinanza la vendita.
    A questo punto vi profilano, allora, diverse possibilità:

    • le parti si accordano, il debitore paga il suo credito, anche ratealmente, e la quota rimane nelle sue mani
    • il creditore acquista la quota, diviene il nuovo proprietario della stessa ed entra nella società
    • non vi è alcun tipo di intesa tra creditore, società e debitore e la quota non è liberamente trasferibile. Si procede così con la vendita all’incanto della quota. La vendita resta priva di effetto se entro 10 giorni dall’aggiudicazione la società presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. La società gode, infatti, di una sorta di diritto di prelazione che le consente, al fine di evitare l’ingresso di terze persone sconosciute e, magari, poco gradite, di inserire un soggetto scelto dalla compagine.
  • accanto al pignoramento si può avere il sequestro della quota sociale (art. 2471 bis c.c.):  procedura cautelare che impedisce al proprietario di disporne al fine di garantire il futuro creditore.

A determinante condizioni (Il contratto sociale deve prevedere l’intrasferibilità delle quote sociali, salvo il consenso unanime dei soci) le quote di una Società Semplice (SS) non sono soggette a sequestro o pignoramento,  quindi,   i beni conferiti dal socio non possono essere soggetti ad aggressione da parte del creditore particolare del socio.

Tutto verte intorno all’art. 2252 (Modificazioni del contratto sociale) del codice civile, che prevede che se non è convenuto diversamente, il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci.

Come abbiamo visto, il contratto sociale di una Società Semplice è basato sulla fiducia personale, sul c.d. “intuitus personae”,  dandosi particolare rilevanza alle qualità personali dei soggetti contraenti.
Il trasferimento della quota di una Società Semplice rimane assoggettato al consenso unanime di tutti i soci in quanto comporta la modifica della compagine soggettiva, identificata nell’atto costitutivo e caratterizzata dalla scelta personale e fiduciaria dei singoli soci.
Questo comporta la necessità del consenso unanime dei soci esistenti per l’introduzione di nuovi soci, così come non potrebbero essere sostituiti i soci esistenti, se non con l’unanimità dei soci.
Pertanto, nella Società Semplice il cui statuto preveda limiti alla libera circolazione delle partecipazioni, non è possibile ottenere l’esecuzione forzata della quota di uno o più soci, durante la vita della società.
Questo può far sì che la Società Semplice (SS) sia utilizzata come uno strumento di protezione del patrimonio (come abbiamo visto prima le Società Semplici possono avere come oggetto, in via esclusiva, la gestione di beni immobili non strumentali all’esercizio dell’impresa, di beni mobili registrati, o di quote di partecipazione in società).

L’orientamento consolidato della giurisprudenza di merito ritiene che si debba escludere la sequestrabilità, da parte dei creditori particolari del socio, della quota di una società di persone durante societate  poiché il sequestro ed il conseguente pignoramento, da parte del creditore personale del socio, comporterebbero la possibilità di espropriazione della quota di una società di persone  e porterebbero, quindi, all’attuazione di una modificazione del rapporto sociale, dovuta alla sostituzione del creditore procedente o di un terzo al socio esecutato, modifica che confliggerebbe con l’esigenza di rispettare il principio dell’intuitus personae (Tribunale di Rimini, 12.05.2016; Corte d’Appello di Milano, 23.03.1999; Tribunale di Trani, 23.02.2007; Tribunale di Roma, 17.05.2004; Tribunale di Monza, 05.12.2000; Tribunale di Milano, 1912.1996; Tribunale di Ravenna, 12.04.1994; Tribunale di Benevento, 24.09.1991).

La Corte di Cassazione Civ. Sez. I, con la sentenza del 07.11.2002, n. 15605 è intervenuta in tema di pignoramento di quote di società di persone ne ha stabilito l’ammissibilità per il solo caso in cui l’atto costitutivo preveda la loro libera trasferibilità, salva sempre la necessità di salvaguardare gli eventuali patti di prelazione parimenti contenuti nel contratto sociale.

La Suprema Corte, nella citata sentenza del 07.11.2002, n. 15605, si è così espressa:Non vi sono pertanto ostacoli ad annoverare anche le quote sociali tra i beni che possono essere oggetto di espropriazione forzata (art. 2910 c.c., in relazione all’art. 2740 dello stesso codice) e di misure cautelari dirette a salvaguardare la garanzia patrimoniale del debitore (art. 2905, c.c.).
5.1 – Ciò, del resto, è espressamente riconosciuto per le quote della società a responsabilità limitata (art. 2480 c.c.). Le quote delle società di persone non possono tuttavia, quanto meno in linea di principio, essere espropriate finché dura la società a beneficio dei creditori particolari dei soci. Di qui il dubbio, sciolto in senso negativo dalla sentenza impugnata, che esse possano, in detto periodo, essere oggetto a sequestro conservativo, attesa la strumentalità di tale misura cautelare rispetto all’espropriazione (retro, p. 3).
Il principio non è enunciato espressamente in alcuna disposizione di legge, ma si desume con sicurezza dalla disciplina complessiva delle società personali, tradizionalmente ispirata all’esigenza che i rapporti fra i soci siano caratterizzati da un elemento fiduciario (il c.d. intuitus personae), il quale implica che, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, le partecipazione sociale può essere trasferita solo con il consenso di tutti i soci, ovvero di quelli che rappresentano la maggioranza del capitale sociale (artt. 2252, 2284, 2322 c.c.). L’espropriazione della quota, comportando l’inserimento nella compagine sociale di un nuovo soggetto, prescindendo dalla volontà degli altri soci, introdurrebbe un elemento di “novità” incompatibile con i caratteri di tale tipo di società.
S’intende allora perché il legislatore, quando ha ritenuto di consentire ai creditori particolari del socio di soddisfarsi sui beni rappresentati dalla quota di partecipazione del loro debitore, abbia previsto la possibilità di richiedere (non già l’espropriazione, ma) la liquidazione della quota che, pur intaccando il patrimonio della società, non determina alcuna variazione nella composizione della compagine sociale.”

Le quote di partecipazione di una società di persone, che per disposizione dell’atto costitutivo siano trasferibili con il (solo) consenso del cedente e del cessionario, salvo il diritto di prelazione in favore degli altri soci, possono essere sottoposte a sequestro conservativo. Possono, inoltre, essere espropriate a beneficio dei creditori particolari del socio, anche prima dello scioglimento della società.

La Corte di Cassazione Civ. Sez. 3, con la sentenza del 17.01.2023, n. 1228, si è così espressa: “ Non è in discussione la non espropriabilità della quota della società in nome collettivo del socio debitore da parte del creditore prima dello scioglimento della società (salvo che l’atto costitutivo preveda la libera trasferibilità con il solo consenso di cedente e cessionario – Cass. 7 novembre 2002, n. 15605)

Considerazione da fare è che la protezione patrimoniale efficace è quella realizzata in via preventiva: regola base  della protezione patrimoniale è agire in tempi non sospetti.

Ovviamente è sospetto  un conferimento di data posteriore al sorgere dei debiti.

É ovvio che viene attenzionato il conferimento  finalizzato a perseguire scopi illegali da parte di soggetti prossimi all’insolvenza, falliti, gravati da ingenti debiti tributari.

Anche se non risulta specificamente regolata l’invalidità del contratto costitutivo di Società Semplice, nel silenzio della legge, si ritiene applicabile la disciplina generale dei contratti:

  • sia per l’individuazione delle cause di nullità (ai sensi dell’art. 1418 del codice civile);
  • sia per quelle di annullabilità (ai sensi dell’art. 1425 del codice civile).

La creazione di una Società Semplice ed i relativi conferimenti  possono essere finalizzati a frodare i creditori pregressi (sottraendo garanzia patrimoniale in violazione dell’art. 2740 c.c. (Responsabilità patrimoniale), tale disposizione ha carattere imperativo con la conseguenza, che la sua violazione è colpita da nullità assoluta ex art 1418 c.1 cc. (Cause di nullità del contratto)

Può sussistere anche  un rischio penale, come nei casi di:

In tema di protezione dei beni (blindatura patrimoniale“) dai creditori, la differenza tra utilizzo legittimo e illegittimo di una Società Semplice  è dato anche dalla tempistica: la dotazione patrimoniale deve essere di data anteriore al sorgere dei debiti.

Sempre in tema di protezione dei beni non si può prescindere dalle azioni che il creditore particolare del socio può compiere (art. 2270 del codice civile):

  • far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore;
  • dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, chiedere la liquidazione della quota del socio suo debitore;
  • compiere atti conservativi sulla quota spettante al socio suo debitore (ovvero evitare che la quota venga ceduta a terzi).

Società Semplice ed azione revocatoria ordinaria

L’azione revocatoria (le cui condizioni sono stabilite nell’art. 2901 c.c. ) è un mezzo legale di conservazione della garanzia patrimoniale,  uno strumento giudiziale attraverso il quale un creditore (revocante) può chiedere ed ottenere, ad esito di un giudizio che segue il rito civile ordinario (quindi soggetto ad una fase istruttoria estremamente lunga ed articolata), che uno o più atti di disposizione patrimoniale, posti in essere dal proprio debitore e coi quali il debitore arrechi pregiudizio alle sue ragioni,  siano “revocati”, ossia non producano effetti giuridici nei suoi confronti.

Il primo comma dell’ art. 2901 c.c,  prevede che per la revocabilità di un qualsiasi “atto di disposizione del patrimonio” devono coesistere contemporaneamente due necessarie condizioni (l’onere della prova grava sul creditore (revocante):

  1. che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore (c.d. scientia damni, consistente nella consapevolezza, da parte del debitore, di arrecare con il proprio atto dispositivo un pregiudizio irreparabile al creditore) o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;
  2. che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione (c.d. consilium fraudis, ossia l’esistenza di un accordo tra il debitore ed il terzo, beneficiario dell’atto di disposizione patrimoniale, conclusa nonostante il terzo fosse a conoscenza  del pregiudizio irreparabile arrecato al creditore).

Come abbiamo visto il primo comma dell’ art. 2901 c.c, prevede anche il caso di un credito, solo futuro e meramente ipotetico, non ancora esistente al momento della “disposizione patrimoniale”  (atto anteriore al sorgere del credito).
In questo caso l’onere della prova che grava sul creditore (revocante)  è ancora più stringente,
Il revocante dovrà dimostrare che l’atto sia stato dolosamente preordinato al solo fine di pregiudicarne il soddisfacimento del futuro credito e che, quindi:

  • il debitore, al momento della disposizione patrimoniale, fosse effettivamente a conoscenza dell’esistenza di una potenziale pretesa creditoria, ancorché non ancora azionata dal creditore;
  • l’atto di disposizione patrimoniale fosse in via esclusiva preordinato al fine di pregiudicare il soddisfacimento del credito;
  •  il terzo beneficiario della disposizione sia stato partecipe della dolosa preordinazione.

Il debitore aggredito da azione revocatoria potrà difendersi dimostrando che, con il proprio atto dispositivo, intendeva perseguire scopi leciti, previsti e tutelati dall’ordinamento giuridico, differenti rispetto al solo  fine di pregiudicarne il soddisfacimento del credito attuale o potenziale,

Il negozio giuridico di costituzione di una Società Semplice è sempre soggetto all’azione revocatoria ordinaria ( Ai sensi dell’art. 2903 c.c., l’azione revocatoria ordinaria (le cui condizioni sono stabilite nell’art. 2901 c.c.) si prescrive nel termine di 5 anni dal compimento dell’atto pregiudizievole da parte del debitore.), quindi non può essere utilizzato in frode dei creditori.

Analoga argomentazione vale per i conferimenti di beni mobili o immobili che i soci operino a favore della Società Semplice.

Come abbiamo visto l’azione revocatoria ordinaria si prescrive in 5 anni dalla data della disposizione patrimoniale. Trascorso detto periodo di tempo  il creditore, che non ha notificato al debitore uno specifico atto di citazione ai sensi dell’art. 2901 c.c.,  perderà ogni titolo per agire.

Azioni che il creditore particolare del socio può compiere

Al creditore particolare del socio di una Società Semplice è dedicato l’art. 2270 del codice civile:
“Il creditore particolare del socio, finché dura la società, può
far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e
compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo nella
liquidazione.
Se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i
suoi crediti, il creditore particolare del socio può inoltre
chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore.
La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo
che sia deliberato lo scioglimento della società.”

Quindi, il creditore particolare del socio di una Società Semplice ha la possibilità di:

  • far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore;
  • dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del socio suo debitore;
  • compiere atti conservativi sulla quota spettante al socio suo debitore (ovvero evitare che la quota venga ceduta a terzi).

Quindi, in vigenza della società, il creditore particolare del socio può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore.

Dato che il creditore particolare del socio potrà chiedere il pignoramento degli utili solo dopo l’approvazione del rendiconto, i soci possono comunque decidere, all’unanimità, di non distribuire gli utili e di rifinanziare così la società:
La scelta di non distribuire gli utili e di rifinanziare così la società non è sindacabile da parte del creditore particolare del socio.

Come abbiamo visto il secondo comma dell’art. 2270 del codice civile prevede che il creditore particolare del socio di una Società Semplice, se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, può chiedere in ogni tempo la liquidazione   della quota del suo debitore. La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.

La richiesta di liquidazione della quota del socio debitore comporta che la società dovrà entro 3 mesi dalla domanda corrispondere al creditore una somma di denaro pari al valore della quota del socio debitore, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.
In quest’ultimo caso il creditore particolare del socio avrà solo diritto ad ottenere le somme di pertinenza del socio rivenienti dalla liquidazione della società.

La Società Semplice non rappresenta uno schermo protettivo perfetto del patrimonio conferito

La Società Semplice, quindi, non rappresenta uno schermo protettivo perfetto del patrimonio conferito dal socio, poiché, come abbiamo visto,  ai sensi dell’art. 2270 del codice civile, nel caso in cui il socio abbia dei debiti di carattere personale, il creditore particolare del socio, dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio del socio (debitore) per il soddisfacimento del proprio credito, può chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del socio suo debitore,

Aspetti Fiscali

Lart.5 del TUIR dispone che:
I redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.
Le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al

valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente dall’atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all’inizio del periodo d’imposta; se il valore dei conferimenti non risulta determinato, le quote si presumono uguali.

Quindi, ai fini delle imposte sui redditi la Società Semplice è un’entità fiscalmente trasparente

La  Società Semplice determina un reddito complessivo che scaturisce dalla somma delle diverse categorie di reddito previste nell’ambito del Testo unico delle imposte sui redditi, attenendosi in pratica a  le regole fiscali, per quanto concerne la determinazione del reddito complessivo, uguali a quelle di una persona fisica.

Dato che, ai sensi dell’art. 2249, secondo comma, del codice civile, alla Società Semplice è precluso l’esercizio di attività commerciali,  i redditi potenzialmente realizzabili dalle Società Semplici sono quelli:

  • Fondiari;
  • Di capitale;
  • Di lavoro autonomo;
  • Redditi diversi.

ROYALTIES – Art. 12 Modello OCSE

MODEL CONVENTION WITH RESPECT TO TAXES ON INCOME AND ON CAPITAL

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Article 12

ROYALTIES

1. Royalties arising in a Contracting State and beneficially owned by a resident of the other Contracting State shall be taxable only in that other State.

2. The term “royalties” as used in this Article means payments of any kind received as a consideration for the use of, or the right to use, any copyright of literary, artistic or scientific work including cinematograph films, any patent, trade mark, design or model, plan, secret formula or process, or for information concerning industrial, commercial or scientific experience.

3. The provisions of paragraph 1 shall not apply if the beneficial owner of the royalties, being a resident of a Contracting State, carries on business in the other Contracting State in which the royalties arise through a permanent establishment situated therein and the right or property in respect of which the royalties are paid is effectively connected with such permanent establishment. In such case the provisions of Article 7 shall apply.

4. Where, by reason of a special relationship between the payer and the beneficial owner or between both of them and some other person, the amount of the royalties, having regard to the use, right or information for which they are paid, exceeds the amount which would have been agreed upon by the payer and the beneficial owner in the absence of such relationship, the provisions of this Article shall apply only to the last-mentioned amount. In such case, the excess part of the payments shall remain taxable according to the laws of each Contracting State, due regard being had to the other
provisions of this Convention.

Disciplina relativa alle Plusvalenze esenti di cui all’articolo 87 del TUIR (c.d. participation exemption (pex))

La disciplina relativa alle Plusvalenze esenti di cui all’articolo 87 del TUIR (c.d. participation exemption (PEX)) è un istituto  introdotto dalla lettera c dell’art.4 della  legge delega del 7 aprile 2003, n. 80 (Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale), cui è stata data attuazione con l’art.1 del decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, in linea con quanto previsto in ambito europeo, al fine di assicurare la simmetria di trattamento fiscale tra plusvalenze e minusvalenze realizzate in occasione del trasferimento delle partecipazioni .

 La ratio su cui si fonda l’istituto della partecipation exemption (PEX) è evitare, laddove le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni societarie emergono al momento della produzione degli utili, la duplicazione di tassazione del reddito societario in capo alla società ed in capo al partecipante.

La partecipation exemption (PEX) è un particolare regime che consente, al verificarsi di alcuni requisiti,  indicati agli articoli 58  (Plusvalenze) e 87 (Plusvalenze esenti) del DPR n. 917/86 (in caso di mancato rispetto di detti requisiti la plusvalenza resta imponibile, e deve essere assoggettata al “regime ordinario” di tassazione) , di non far concorrere alla formazione del reddito imponibile (non imponibilità parziale ai fini delle imposte dirette (IRES e IRPEF)) una parte delle plusvalenze realizzate in seguito dalla cessione di partecipazioni societarie, nella misura:

La Circolare del 04/08/2004 n. 36 – Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso ha fornito i primi chiarimenti riguardanti il regime di esenzione delle plusvalenze derivanti dal realizzo delle partecipazioni previsto dall’articolo 4 della legge delega del 7 aprile 2003, n. 80 , cui è stata data attuazione con il decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344. In particolare, si forniscono delucidazioni in merito agli effetti che derivano dalle operazioni straordinarie sulla partecipation exemption. La circolare distingue i requisiti soggettivi (periodo di detenzione della partecipazione e sua classificazione nel primo bilancio successivo all’acquisto), da quelli oggettivi (residenza della partecipata in un Paese non black list e sua commercialità).
1. PREMESSA
2. Presupposti di applicazione
2.1. Ambito soggettivo
2.2. Ambito oggettivo
2.2.1. Partecipazioni in società ed enti
2.2.2. Strumenti finanziari e contratti assimilati alle
partecipazioni
2.2.2.1. Strumenti finanziari similari alle azioni
2.2.2.2. Contratti di associazione in partecipazione e di
cointeressenza agli utili
2.2.3. Casi particolari
2.2.3.1. Azioni proprie
2.2.3.2. Diritto di usufrutto, diritti d’opzione e
obbligazioni convertibili
2.2.3.3. Quote dei Fondi comuni d’investimento e di
partecipazione alle SICAV
2.2.3.4. Pronti contro termine e prestito titoli
2.2.3.5. Titoli e strumenti finanziari dei non residenti
2.3. Requisiti di applicazione
2.3.1. Periodo minimo di possesso
2.3.2. Iscrizione tra le immobilizzazioni finanziarie
2.3.3. Residenza fiscale
2.3.4. Esercizio di impresa commerciale
2.3.5. Società holding
2.3.6. Operazioni straordinarie
2.3.6.1. Effetti sui requisiti “soggettivi” delle operazioni
che interessano la partecipante
2.3.6.1.1. Conferimento
2.3.6.1.2. Fusione e scissione
2.3.6.2. Effetti sui requisiti “soggettivi” delle operazioni
che interessano la partecipata
2.3.6.3. Effetti sui requisiti “oggettivi” delle operazioni
che interessano la partecipante
2.3.6.4. Effetti sui requisiti “oggettivi” delle operazioni
che interessano la partecipata
2.3.6.4.1. Fusione
2.3.6.4.2. Scissione
2.3.7. Consolidato nazionale e participation exemption
3. Quantificazione delle plusvalenze esenti
4. Riserve di capitale
5. Recesso ed esclusione del socio, riscatto, riduzione di capitale
esuberante, liquidazione della partecipazione
5.1. Soggetti IRES
5.2. Soggetti IRPEF imprenditori
5.3. Soggetti IRPEF non imprenditori
6. Minusvalenze di iscrizione e di realizzo della partecipazione
7. Entrata in vigore e regime transitorio
7.1. Svalutazioni operate ante riforma
7.2. Partecipazioni già possedute all’entrata in vigore della
riforma

La Circolare del 16/03/2005 n. 10 – Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso tratta della  disciplina relativa alle Plusvalenze esentiparticipation exemption (PEX)) al paragrafo 5:
5. PARTECIPATION EXEMPTION
5.1 CESSIONE DI PARTECIPAZIONI ACQUISTATE IN LEASING
5.2 PARTECIPANTE CHE PASSA DALLA CONTABILITA’ SEMPLIFICATA A QUELLA ORDINARIA
5.3 FABBRICATI UTILIZZATI PROMISCUAMENTE
5.4 MOMENTO DI RILEVANZA DEI REQUISITI PER LE HOLDING
5.5 REQUISITO DI COMMERCIALITA’
5.6 APPLICABILITA’ DELLA PARTECIPATION EXEMPTION ALLE SOCIETA’ IN LIQUIDAZIONE – REQUISITO DELLA COMMERCIALITA’

La Circolare del 13/02/2006 n. 6 – Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso tratta della  disciplina relativa alle Plusvalenze esentiparticipation exemption (PEX)) al paragrafo 5:
5 PARTICIPATION EXEMPTION
5.1 Tassazione rateizzata delle plusvalenze
5.2 Plusvalenze nell’ambito di cessione di azienda
5.3 Costo fiscale delle partecipazioni in caso di scissione della
partecipata
5.4 Conferimento ex art. 175 del TUIR e pex: applicabilità della norma antielusiva generale

Circolare del 29/03/2013 n. 7 – Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa Ulteriori chiarimenti in tema di participation exemption – articolo 87 del TUIR:

Premessa
1. Esercizio di impresa commerciale
1.1 Periodo di riferimento triennale ai fini del requisito della commercialità
2. Il requisito della commercialità per l’impresa in fase di start up
2.1. Fase di start up seguita dall’attività commerciale
2.2. Fase di start up ancora in atto
2.3. Fase di inattività
3. Rapporto tra start up e requisito della commercialità
3.1 Concessionarie di lavori pubblici
3.2. Imprese operanti nel settore energetico
4. Immobiliari di gestione e principio di “prevalenza”
5. Esercizio congiunto di attività commerciale e non
6. Participation exemption e società di comodo
7. Sussistenza dei requisiti di esenzione nell’ipotesi di holding
7.1. Holding estere black list: requisiti di esenzione
8. Mancanza del requisito di cui alla lettera c ) dell’articolo 87 del TUIR
9. Holding period triennale
10. Ininterrotto possesso in caso di costituzione di diritti reali di garanzia su partecipazioni
11. Partecipazioni da considerare cedute in via prioritaria

Articolo 87 (Plusvalenze esenti) del DPR n. 917/86

“1. Non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti nella misura del 95 per cento le plusvalenze realizzate e determinate ai sensi dell’articolo 86, commi 1, 2 e 3 relativamente ad azioni o quote di partecipazioni in società ed enti indicati nell’articolo 5 (società in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato), escluse le società semplici e gli enti alle stesse equiparate, e nell’articolo 73 (le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato, Enti pubblici o privati residenti che abbiano o meno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, compresi i trust, Società ed enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato, relativamente ai redditi delle stabili organizzazioni), comprese quelle non rappresentate da titoli, con i seguenti requisiti:

a) ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente;
b) classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;
c) residenza fiscale o localizzazione dell’impresa o ente partecipato in Stati o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, comma 1, o, alternativamente, la dimostrazione, anche a seguito dell’esercizio dell’interpello di cui allo stesso articolo 47-bis, comma 3, della sussistenza della condizione di cui al comma 2, lettera b), del medesimo articolo. Qualora il contribuente intenda far valere la sussistenza di tale ultima condizione ma non abbia presentato la predetta istanza di interpello ovvero, avendola presentata, non abbia ricevuto risposta favorevole, la percezione di plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, comma 1, deve essere segnalata nella dichiarazione dei redditi da parte del socio residente; nei casi di mancata o incompleta indicazione nella dichiarazione dei redditi si applica la sanzione amministrativa prevista dall’articolo 8, comma 3-ter, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. Ai fini della presente lettera, la condizione indicata nell’articolo 47-bis, comma 2, lettera b), deve sussistere, ininterrottamente, sin dal primo periodo di possesso; tuttavia, per i rapporti detenuti da più di cinque periodi di imposta e oggetto di realizzo con controparti non appartenenti allo stesso gruppo del dante causa, è sufficiente che tale condizione sussista, ininterrottamente, per i cinque periodi d’imposta anteriori al realizzo stesso. Ai fini del precedente periodo si considerano appartenenti allo stesso gruppo i soggetti residenti o meno nel territorio dello Stato tra i quali sussiste un rapporto di controllo ai sensi del comma 2 dell’articolo 167 ovvero che, ai sensi del medesimo comma 2, sono sottoposti al comune controllo da parte di altro soggetto residente o meno nel territorio dello Stato;
d) esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’articolo 55. Senza possibilità di prova contraria si presume che questo requisito non sussista relativamente alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività dell’impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa. Si considerano direttamente utilizzati nell’esercizio d’impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui la società partecipata svolge l’attività agricola.
1-bis. Le cessioni delle azioni o quote appartenenti alla categoria delle immobilizzazioni finanziarie e di quelle appartenenti alla categoria dell’attivo circolante vanno considerate separatamente con riferimento a ciascuna categoria.
2. Il requisito di cui al comma 1, lettera c), deve sussistere, ininterrottamente, sin dal primo periodo di possesso; tuttavia, per i rapporti detenuti da più di cinque periodi di imposta e oggetto di realizzo con controparti non appartenenti allo stesso gruppo del dante causa, è sufficiente che tale condizione sussista, ininterrottamente, per i cinque periodi d’imposta anteriori al realizzo stesso. Ai fini del precedente periodo si considerano appartenenti allo stesso gruppo i soggetti residenti o meno nel territorio dello Stato tra i quali sussiste un rapporto di controllo ai sensi del comma 2 dell’articolo 167 ovvero che, ai sensi del medesimo comma 2, sono sottoposti al comune controllo da parte di altro soggetto residente o non residente nel territorio dello Stato. Il requisito di cui al comma 1, lettera d), deve sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore al realizzo stesso.
3. L‘esenzione di cui al comma 1 si applica, alle stesse condizioni ivi previste, alle plusvalenze realizzate e determinate ai sensi dell’articolo 86, commi 1, 2 e 3, relativamente alle partecipazioni al capitale o al patrimonio, ai titoli e agli strumenti finanziari similari alle azioni ai sensi dell’articolo 44, comma 2, lettera a) ed ai contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b). Concorrono in ogni caso alla formazione del reddito per il loro intero ammontare gli utili relativi ai contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), che non soddisfano le condizioni di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a) , ultimo periodo.
4. Fermi rimanendo quelli di cui alle lettere a), b) e c), il requisito di cui alla lettera d) del comma 1 non rileva per le partecipazioni in società i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati. Alle plusvalenze realizzate mediante offerte pubbliche di vendita si applica l’esenzione di cui ai commi 1 e 3 indipendentemente dal verificarsi del requisito di cui alla predetta lettera d).
5. Per le partecipazioni in società la cui attività consiste in via esclusiva o prevalente nell’assunzione di partecipazioni, i requisiti di cui alle lettere c) e d) del comma 1 si riferiscono alle società indirettamente partecipate e si verificano quando tali requisiti sussistono nei confronti delle partecipate che rappresentano la maggior parte del valore del patrimonio sociale della partecipante.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle plusvalenze di cui all’articolo 86, comma 5-bis (Nelle ipotesi dell’articolo 47, commi 5 e 7, costituiscono plusvalenze le somme o il valore normale dei beni ricevuti a titolo di ripartizione del capitale e delle riserve di capitale per la parte che eccede il valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni.).

Articolo 58 (Plusvalenze) del DPR n. 917/86

1. Per le plusvalenze derivanti da cessione delle aziende, le disposizioni del comma 4 dell’articolo 86 non si applicano quando è richiesta la tassazione separata a norma del comma 2 dell’articolo 17. Il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda stessa; l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa. I criteri di cui al periodo precedente si applicano anche qualora, a seguito dello scioglimento, entro cinque anni dall’apertura della successione, della società esistente tra gli eredi, la predetta azienda resti acquisita da uno solo di essi.
2. Le plusvalenze di cui all’articolo 87 non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti limitatamente al 60 per cento del loro ammontare.
3. Le plusvalenze dei beni relativi all’impresa concorrono a formare il reddito anche se i beni vengono destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore o a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.

Soggetti  che possono usufruire della disciplina relativa alle Plusvalenze esenti

Quindi possono usufruire della disciplina relativa alle Plusvalenze esenti di cui all’articolo 87 del TUIR (c.d. participation exemption (PEX)) in qualità di cedenti esercenti reddito di impresa:

  •  Soggetti passivi IRES di cui all’articolo 73 del DPR n. 917/86. Vale a dire:
    • Società per azioni ed in accomandita per azioni;
    • Società a responsabilità limitata;
    • Enti pubblici o privati residenti che abbiano o meno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, compresi i trust;
    • Società ed enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato, relativamente ai redditi delle stabili organizzazioni;
  • Società di persone (società in nome collettivo, in accomandita semplice e ad esse assimilate – sono escluse le società semplici in quanto non possono esercitare un’attività commerciale);
  • Persone fisiche titolari di reddito d’impresa per effetto del rinvio alle disposizioni contenute nell’articolo 87 operato dall’articolo 58, comma 2, del DPR n. 917/86.

La disciplina relativa alle Plusvalenze esenti di cui all’articolo 87 del TUIR (c.d. participation exemption (PEX)) non si applica per le cessioni di partecipazioni detenute da soggetti in contabilità semplificata.  La Circolare del 16/03/2005 n. 10, al punto 5.2 PARTECIPANTE CHE PASSA DALLA CONTABILITA’ SEMPLIFICATA A QUELLA ORDINARIA, si è così espressa: “La circolare 36/E del 2004 ha chiarito che il regime della participation exemption non può essere applicato per le plusvalenze realizzate a seguito
della cessione di partecipazioni detenute in regime d’impresa dai
contribuenti c.d. “minori”, i quali determinano il reddito ai sensi
dell’articolo 66 del TUIR. Gli stessi, infatti, non essendo tenuti agli
obblighi di redazione del bilancio previsti per i soggetti in contabilità
ordinaria, non possono accedere al regime in esame, data l’impossibilità di riscontrare la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge e, in particolare, quello della classificazione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni finanziarie. In quella sede, richiamando quanto affermato nella circolare 19 dicembre 1997, n. 320/E, è stato precisato che l’espresso riferimento al bilancio deve intendersi nel senso che il regime in parola si applica solo ai soggetti che conseguono la plusvalenza in regime di contabilità ordinaria, mentre la cessione di partecipazioni detenute in regime d’impresa in contabilità semplificata ai sensi dell’articolo 66 del TUIR, darà sempre luogo a plusvalenze interamente tassabili ovvero a minusvalenze interamente deducibili. Allorquando la
partecipante dovesse optare per il regime della contabilità ordinaria, pertanto, avrebbe la possibilità, stante il tenore letterale della
disposizione contenuta nell’articolo 87, comma 1, lettera b), ed in
conformità con quanto affermato dalla relazione ministeriale al riguardo, di iscrivere nel “primo bilancio” le partecipazioni tra le immobilizzazioni finanziarie. Infatti, sia l’articolo 87, comma 1, lettera b), che prevede la classificazione tra le immobilizzazioni nel primo bilancio chiuso “durante il periodo di possesso”, sia la citata relazione ministeriale, secondo cui “l’iscrizione della partecipazione nel primo bilancio chiuso nel periodo di possesso tra il circolante dell’attivo patrimoniale preclude qualunque possibilità di applicazione delle disposizioni (…)” non contengono alcun
esplicito riferimento al primo periodo di possesso, facendo riferimento genericamente al “periodo di possesso”. In conclusione, se nel primo bilancio chiuso dopo l’esercizio dell’opzione per la contabilità ordinaria la partecipante dovesse iscrivere la partecipazione tra le immobilizzazioni, verrebbe soddisfatto il requisito di cui alla lettera b) del comma 1 del citato articolo 87 del TUIR. Resta, naturalmente, ferma la facoltà dell’Amministrazione finanziaria di sindacare, ai sensi dell’articolo 37-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973, l’elusività di tale iscrizione, anche con riguardo ad atti e fatti precedenti la stessa.”

Plusvalenze esenti

Ai sensi dell’articolo 86, commi, 1, 2 e 3, del Tuir le Plusvalenze esenti di cui all’articolo 87 del TUIR sono comunque esclusivamente quelle realizzate mediante:

  • cessione a titolo oneroso;
  • assegnazione ai soci o destinazione a finalità estranee all’esercizio di impresa.

Il regime relativo alle Plusvalenze esenti di cui all’articolo 87 del TUIR (c.d. participation exemption (PEX), secondo quanto previsto dai commi 1 e 3 dell’articolo 87 del TUIR, può essere applicato esclusivamente alle seguenti categorie di azioni o quote di partecipazioni in società ed enti comprese quelle non rappresentate da titoli:

  • Azioni o quote in società, anche di persone, eccetto società semplici;
  • Strumenti finanziari similari alle azioni, definiti dall’articolo 44, comma 2, lettera a), del TUIR (si considerano similari alle azioni, i titoli e gli strumenti finanziari emessi da società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d), la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi. Le partecipazioni al capitale o al patrimonio, nonché i titoli e gli strumenti finanziari di cui al periodo precedente emessi da società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), si considerano similari alle azioni a condizione che la relativa remunerazione sia totalmente indeducibile nella determinazione del reddito nello Stato estero di residenza del soggetto emittente; a tale fine l’indeducibilità deve risultare da una dichiarazione dell’emittente stesso o da altri elementi certi e precisi);
  • Contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b) del DPR n 917/86 (contratti di associazione in partecipazione ed a quelli di cui all’articolo 2554 del codice civile allorché’ sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi) Contratti di associazione in partecipazione con apporto di solo capitale o misto e contratti di cointeressenza agli utili;
  • Partecipazioni in società di mutua assicurazione e cooperative;
  • Partecipazioni in società di armamento;
  • Partecipazioni in enti commerciali;
  • Strumenti partecipativi emessi a favore dei soci o di terzi, a seguito dell’apporto di opere e servizi;
  • Strumenti che prevedono il rimborso in base all’andamento economico della società;
  • Diritti di usufrutto ceduti dallo stesso proprietario della relativa partecipazione dalla quale gli stessi diritti sono scorporati;
  • Nuda proprietà della partecipazione;
  • Diritti di opzione. Sempreché la cessione di tali diritti avvenga da parte del proprietario della partecipazione che gode dell’esenzione. Questo dal momento che si è in presenza di una cessione di una quota parte del valore patrimoniale delle azioni o quote. In tal caso il periodo di possesso (12 mesi) viene fatto risalire al possesso delle azioni recanti tale diritto;
  • Distribuzione di riserve di capitale (articolo 47, comma 5, del DPR n 917/86);
  • Operazioni di recesso, liquidazione, riduzione del capitale, riscatto di azioni o esclusione del socio (articolo  47, comma 7, del DPR n 917/86).

Ai sensi degli articoli 9, comma 5 (Ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società), e 166 comma 1, del TUIR rilevano ai fini del regime relativo alle Plusvalenze esenti di cui all’articolo 87 del TUIR (c.d. participation exemption (PEX), anche le plusvalenze derivanti da:

  • Conferimento e scambio mediante permuta e trasferimento di sede all’estero. Questo salvo che i componenti dell’azienda o il complesso aziendale non siano confluiti in una stabile organizzazione in Italia.
  • ai sensi del  comma 6 dell’articolo 87 del TUIR  le plusvalenze di cui allarticolo 86, comma 5-bis (Nelle ipotesi dell’articolo 47, commi 5 e 7, costituiscono plusvalenze le somme o il valore normale dei beni ricevuti a titolo di ripartizione del capitale e delle riserve di capitale per la parte che eccede il valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni.) In caso di distribuzione di somme a seguito di recesso, liquidazione e riduzione del capitale sociale, , di esclusione, di riscatto (differenza tra le somme o il valore normale dei beni ricevuti a titolo di ripartizione di capitale e delle riserve di capitale e il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.)

Di contro  il regime relativo alle Plusvalenze esenti di cui all’articolo 87 del TUIR (c.d. participation exemption (PEX),  non può essere applicato alle plusvalenze realizzate con riferimento a:

  • Diritti di opzione e di usufrutto negoziati da un terzo al quale tali diritti siano rispettivamente, pervenuti separatamente dalle partecipazioni cui sono collegati. In tal caso, viene meno la correlazione tra la partecipazione posseduta e il diritto;
  • Titoli obbligazionari convertibili. Fino a quando non sono convertititi in azioni essi si configurano come veri e propri titoli obbligazionari;
  • Fondi comuni di investimento mobiliare (istituiti con la legge n. 77 del 23 marzo 1983, successivamente modificata con il Dlgs n. 83 del 25 gennaio 1992, di recepimento delle direttive CEE n. 85/611 e n. 88/620 in materia di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari.) e Sicav  (Società di Investimento a Capitale Variabile: Le Società di Investimento a Capitale Variabile (SICAV), introdotte in Italia nel 1992 con Decreto Legislativo del 25 gennaio 1992, n. 84,  in attuazione delle direttive n. 85/611/CEE e n. 88/220/CEE relative agli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari, rientrano negli OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio) insieme ai fondi comuni d’investimento.);
  • Contratti di associazione, titoli e strumenti finanziari stipulati o emessi da soggetti esteri la cui remunerazione non risulta essere totalmente indeducibile;
  • SIIQ, ossia le società di investimento immobiliare quotate. Così come previsto dall’articolo 1, comma 135, della Legge n 296/2007;
  • Operazioni di pronto contro termine. Le quali, a norma dell’articolo 94, comma 2, del Tuir, non comportano per il cedente a pronti il realizzo di plusvalenze.

Requisiti per poter usufruire della disciplina relativa alle Plusvalenze esenti

La non concorrenza alla formazione del reddito imponibile delle plusvalenze, così come sopra identificate,  può essere ottenuta dai soggetti cedenti, esercenti il reddito di impresa, così come sopra identificati, solo al sussistere dei requisiti di cui agli articoli  87, comma 1, lettere a, b,c,d, e 58 del TUIR:

  • Ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione, considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente (articolo 87, comma 1, lettera a, del TUIR). Chiarimenti sul Periodo minimo di possesso sono contenute nel paragrafo 2.3.1. dellaCircolare del 04/08/2004 n. 36.
    In caso di stratificazione degli acquisti delle partecipazioni è prevista una presunzione assoluta, con la quale si considerano cedute per prime le partecipazioni acquisite in data più recente (c.d. “criterio LIFO”). Il requisito del possesso minimo deve sussistere anche in capo alle società neo costituite, che, quindi, per poter rientrare nel campo di applicazione della PEX, devono essere state costituite da almeno dodici mesi. Il periodo di possesso inizia a decorrere dalla:
  • data di trasferimento della proprietà. Nel caso di acquisto a titolo oneroso;
  • data di sottoscrizione. Nel caso di sottoscrizione delle partecipazioni in sede di emissione;
  • data di decorrenza delle partecipazioni già possedute. Nel caso di aumento gratuito di capitale;
  • Classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso (articolo 87, comma 1, lettera b, del TUIR). Chiarimenti sulla Iscrizione tra le immobilizzazioni finanziarie sono contenute nel paragrafo 2.3.2. della Circolare del 04/08/2004 n. 36. Al riguardo dell’approvazione del bilancio la Circolare del 04/08/2004 n. 36 si esprime nel senso che: “La disposizione contenuta nell’articolo 87, comma 1, lettera b), fa riferimento al primo bilancio “chiuso” durante il periodo di possesso, che si presenti tale alla data di cessione della partecipazione; la relazione di accompagnamento precisa, in proposito, che “non è necessario, quindi, che il bilancio risulti approvato dall’assemblea dei soci” prima della cessione della partecipazione. … È, tuttavia, necessario che l’approvazione del bilancio intervenga entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi
    nella quale è fatta valere l’esenzione”;
  • Residenza fiscale della società partecipata in  Stati o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, comma 1, del TUIR o, alternativamente, la dimostrazione, anche a seguito dell’esercizio dell’interpello di cui allo stesso articolo 47-bis, comma 3, della sussistenza della condizione di cui al comma 2, lettera b), del medesimo articolo. (articolo 87, comma 1, lettera c, del TUIR).
    Ai sensi dell’articolo 47-bis, comma 1, del TUIR si considerano privilegiati, i regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni:

      • a) nel caso in cui l’impresa o l’ente non residente o non localizzato in Italia sia sottoposto a controllo ai sensi dell’articolo 167, comma 2, del TUIR, da parte di un partecipante residente o localizzato in Italia, laddove assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia;
      • b) in mancanza del requisito del controllo di cui alla lettera a), laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia;
  • esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’articolo 55 del TUIR. Con esclusione delle società il cui patrimonio è prevalentemente costituito da immobili non strumentali (articolo 87, comma 1, lettera d, del TUIR). Ai sensi dell’articolo 55 del TUIR: Sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali.
    Per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché’ non esclusiva,

    • delle attività indicate nellart. 2195 c.c.,
      • Industriale;
      • Diretta alla produzione di beni o di servizi;
      • Intermediaria, nella circolazione dei beni;
      • Di trasporto, per terra, acqua e aria;
      • Bancaria o assicurativa;
      • Ausiliaria alle precedenti e
    • delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’art. 32 (Reddito agrario) del TUIR che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma d’impresa.
    • Sono inoltre considerati redditi d’impresa:
      • i redditi derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nellart. 2195 c.c.;
      • i redditi derivanti dall’attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne;
      • i redditi dei terreni, per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 32 del TUIR, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa.

Una presunzione assoluta della mancanza di commercialità è data dal secondo periodo della lettera d), comma 1 dell’articolo 87 del TUIR che prevede senza possibilità di prova contraria che si presume che il requisito della commercialità non sussista
relativamente alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività dell’impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa.

Holding

Ai sensi dell’articolo 87, comma 5, del TUIR per le partecipazioni in società la cui attività consiste in via esclusiva o prevalente nell’assunzione di partecipazioni (Holding), i requisiti di cui alle lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 87:

si riferiscono alle società indirettamente partecipate e si verificano quando tali requisiti sussistono nei confronti delle partecipate che rappresentano la maggior parte del valore del patrimonio sociale della partecipante.

Quindi, ai sensi dell’articolo 87, comma 5, del TUIR per le holding le condizioni della presenza di partecipazioni residenti in Stati o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, comma 1, del TUIR e quella della effettiva commercialità secondo la definizione di cui all’articolo 55 del TUIR

  • devono essere garantite nelle società partecipate indirettamente dalla holding  e
  • si verificano quando tali requisiti sussistono nei confronti delle partecipate che rappresentano la maggior parte del valore del patrimonio sociale della holding.

Quantificazione delle plusvalenze esenti

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 86 del TUIR la plusvalenza valida ai fini del regime relativo alle Plusvalenze esenti di cui all’articolo 87 del TUIR (c.d. participation exemption (PEX) è costituita dalla differenza fra il corrispettivo o l’indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato. 

Sulla Quantificazione delle plusvalenze esenti si esprime il paragrafo 3 della Circolare del 04/08/2004 n. 36 – Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso:

In base all’articolo 86, comma 2, nelle ipotesi di realizzo della
partecipazione mediante cessione a titolo oneroso o mediante risarcimento anche in forma assicurativa, “la plusvalenza è costituita dalla differenza fra il corrispettivo o l’indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato”.
Ai sensi del successivo comma 3, in caso di assegnazione ai soci o
destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, ” la
plusvalenza è costituita dalla differenza tra il valore normale e il costo non ammortizzato dei beni”.
Per “costo non ammortizzato” si intende il costo fiscale attribuito
alla partecipazione. La legge delega n. 80 del 2003 prevede, all’articolo 4, lettera e), che siano indeducibili i “costi direttamente connessi con la cessione di partecipazioni che si qualificano per l’esenzione…”.
Tale principio, attuato in modo indiretto nel nuovo TUIR, emerge dal
combinato disposto degli articoli 86, comma 2 (“la plusvalenza è costituita dalla differenza fra il corrispettivo o l’indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato”) e 109, comma 5 (“le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell’articolo 96. Le plusvalenze di cui all’articolo 87, non rilevano ai fini dell’applicazione del periodo precedente”).
Dalla Relazione illustrativa emerge, inoltre, che “i costi specificamente inerenti alla cessione di tali partecipazioni, che in base alla legge delega risultano indeducibili, possono non essere ricompresi tra gli “oneri accessori di diretta imputazione”; ne consegue che l’indeducibilità di tali costi, in base a quanto disposto dal comma 5 dell’articolo 109, non potrà che avvenire in sede di dichiarazione dei redditi mediante una variazione in aumento del reddito di esercizio””.
Si precisa che i “costi specificamente inerenti alla cessione”,
richiamati dalla Relazione illustrativa, sono da individuare:
– in primo luogo negli oneri accessori sostenuti in occasione
della cessione della partecipazione (ad esempio, spese notarili,
spese per perizie tecniche ed estimative, provvigioni dovute
agli intermediari, ecc.);
– in altri eventuali oneri che siano specificamente e non solo
“indistintamente” collegati alla realizzazione della
plusvalenza esente.
Il valore fiscalmente riconosciuto in capo al cessionario per
l’acquisto della partecipazione (che si sia qualificata per l’esenzione in capo al cedente) è rappresentato dal costo che il cessionario ha sostenuto per l’acquisto della partecipazione stessa.
Ciò non determina alcun salto d’imposta, ma e’ naturale implicazione delle innovazioni che caratterizzano l’attuale sistema impositivo e della participation exemption, intesa non come regime agevolativo, ma come logica conseguenza dell’abolizione del credito d’imposta sui dividendi.”

Ai sensi del comma 5 dell’articolo 68 del TUIR:

Le plusvalenze di cui alle lettere c) (le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate….) e c-bis) (le plusvalenze, diverse da quelle imponibili ai sensi della lettera c), realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società di cui all’articolo 5 ……), diverse da quelle di cui al comma 4, e c-ter) (le plusvalenze, diverse da quelle di cui alle lettere c) e c-bis), realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, …..) del comma 1 dell’articolo 67 sono sommate algebricamente alle relative minusvalenze, nonché ai redditi ed alle perdite di cui alla lettera c-quater) e alle plusvalenze ed altri proventi di cui alla lettera c-quinquies) del comma 1 dello stesso articolo 67; se l’ammontare complessivo delle minusvalenze e delle perdite è superiore all’ammontare complessivo delle plusvalenze e degli altri redditi, l’eccedenza può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze e dagli altri redditi dei periodi d’imposta successivi ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale le minusvalenze e le perdite sono state realizzate.”

Quindi, vanno sommate tutte le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di  partecipazioni qualificate e non qualificate, sommate algebricamente alle relative minusvalenze.

Restano escluse dal conteggio, le plusvalenze e le minusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di  partecipazioni in  società con residenza fiscale  in  Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, comma 1, del TUIR.

Bulgaria – Ritenuta fiscale trattenuta ai sensi  della  Legge sull’imposta sul reddito delle società

Ritenuta fiscale trattenuta ai sensi  della  Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО).

Sono soggetti a ritenuta d’acconto:

Dividendi e azioni di liquidazione distribuiti da soggetti giuridici locali a favore di:

  • persone giuridiche straniere, ad eccezione dei casi in cui i dividendi vengono realizzati da una persona giuridica straniera attraverso una sede di attività nel paese;
  • persone giuridiche nazionali che non siano commercianti.

I dividendi e le azioni di liquidazione non sono soggetti a ritenuta alla fonte  quando  sono distribuiti a favore di:

  • una persona giuridica locale che partecipa al capitale di una società in qualità di rappresentante dello Stato;
  • fondo contrattuale;
  • una persona giuridica straniera residente fiscalmente in uno Stato membro dell’Unione Europea o in un altro Stato parte dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo.

La ritenuta alla fonte viene applicata anche sui seguenti redditi di persone giuridiche straniere, quando non sono realizzati attraverso una sede di attività nel paese:

  1. Proventi da attività finanziarie e da transazioni con attività finanziarie emesse da persone giuridiche locali, dallo Stato e dai comuni.
  2. Interessi, compresi gli interessi contenuti nei canoni di leasing finanziario.
  3. Proventi da affitti o altre prestazioni per l’utilizzo di beni mobili;
  4. Diritti d’autore e royalties.
  5. Commissioni per servizi tecnici.
  6. Commissioni per contratti di franchising e factoring.
  7. Retribuzione per la gestione o il controllo di una persona giuridica bulgara.
  8. Reddito derivante dall’affitto o da altra prestazione per l’uso di beni immobili situati nel paese.
  9. Proventi da cessione di beni immobili ubicati nel paese.

10. Remunerazione delle persone giuridiche straniere stabilite in giurisdizioni a regime fiscale preferenziale per servizi o diritti, salvo il caso in cui i servizi o i diritti siano effettivamente forniti.

11. Sanzioni e risarcimenti di qualsiasi genere a carico delle persone giuridiche estere stabilite in giurisdizioni a regime fiscale preferenziale, ad eccezione dei risarcimenti derivanti da contratti assicurativi.

Non soggetti a ritenuta d’acconto:

Base imponibile per la ritenuta alla fonte:

  1. La base imponibile per determinare l’imposta sui dividendi è l’importo lordo dei dividendi distribuiti.
  2. La base imponibile per la determinazione dell’imposta sul reddito derivante dalle azioni di liquidazione è la differenza tra il prezzo di mercato di ciò che deve essere ricevuto dal rispettivo azionista o partner e il prezzo di acquisto documentato delle azioni o delle azioni.
  3. La base imponibile per la determinazione della ritenuta alla fonte sugli interessi attivi nell’ambito di contratti di locazione finanziaria, nei casi in cui l’importo degli interessi non è specificato nel contratto, è l’interesse di mercato.
  4. La base imponibile per la determinazione della ritenuta alla fonte sui redditi di persone straniere derivanti dalla cessione di attività finanziarie è la differenza positiva tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisizione documentato.
  5. La base imponibile per la determinazione della ritenuta alla fonte sui redditi di persone straniere derivanti dalla cessione di beni immobili è la differenza positiva tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto documentato di tale immobile.
  6. La base imponibile per la ritenuta alla fonte sui redditi dei non residenti è, in tutti gli altri casi, l’importo lordo del reddito.

Aliquote fiscali:

  1. L’aliquota dell’imposta sul reddito ai sensi dell’art. 194 della  Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО) (dividendi e quote di liquidazione) è del 5%.
  2. L’aliquota dell’imposta sugli altri redditi (ai sensi dell’articolo 195 della  Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО)) è del 10%.

Dichiarazione dei redditi:

I soggetti obbligati alla ritenuta e al versamento dell’imposta alla fonte ai sensi degli artt. 194 e 195 della  Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО), dichiarare l’imposta dovuta per il trimestre con un modulo di dichiarazione entro la fine del mese successivo al trimestre. La dichiarazione viene presentata alla  direzione territoriale dell’Agenzia Nazionale delle Entrate (териториална дирекция на Националната агенция за приходите (ТД на НАП), dove è registrato o soggetto a registrazione il pagatore dei redditi.

Quando il pagatore del reddito non è soggetto a registrazione, la dichiarazione dei redditi viene presentata alla  direzione territoriale dell’Agenzia Nazionale delle Entrate (териториална дирекция на Националната агенция за приходите (ТД на НАП) di Sofia.

Nei casi in cui il pagatore del reddito è una persona non tenuta alla ritenuta e al pagamento delle imposte, la dichiarazione viene presentata dal percettore del reddito.

La dichiarazione viene presentata elettronicamente (via Internet con firma elettronica).

Su richiesta dell’interessato viene rilasciato un modello di certificato per l’imposta sul reddito delle persone giuridiche straniere pagata ai sensi della presente legge. Il certificato viene rilasciato dalla  direzione territoriale dell’Agenzia Nazionale delle Entrate (териториална дирекция на Националната агенция за приходите (ТД на НАП), dove la dichiarazione è stata presentata o è soggetta a presentazione.

Dichiarazione di recesso:

Termini per il pagamento dell’imposta

Contribuenti con ritenuta d’acconto ai sensi dell’art. 194 della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО), sono tenuti al pagamento delle imposte dovute entro la fine del mese successivo al trimestre in cui è stata presa la decisione di distribuire i dividendi o le azioni di liquidazione.

Contribuenti con ritenuta d’acconto ai sensi dell’art. 195 della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО), sono tenuti al pagamento delle imposte dovute entro la fine del mese successivo al trimestre di maturazione dei redditi.

L’imposta dovuta è depositata nella direzione territoriale dell’Agenzia Nazionale delle Entrate (териториална дирекция на Националната агенция за приходите (ТД на НАП) nel luogo di registrazione o dove il pagatore del reddito è soggetto a registrazione.

Quando il contribuente dei redditi (per i redditi ex art. 195 della Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО)) non è un soggetto passivo e per i redditi ex art. 12, par. 3 (da operazioni su attività finanziarie) e par. 8, comma 2 (alienazione di beni immobili) della stessa legge, l’imposta è pagata dal percettore del reddito entro il suddetto periodo e il reddito si considera maturato dalla data del suo ricevimento da parte della persona giuridica straniera .

L’imposta dovuta è depositata nella direzione territoriale dell’Agenzia Nazionale delle Entrate (териториална дирекция на Националната агенция за приходите (ТД на НАП) nel luogo di registrazione o dove il pagatore del reddito è soggetto a registrazione. Quando il pagatore del reddito non è soggetto a registrazione, l’imposta viene depositata nella  direzione territoriale dell’Agenzia Nazionale delle Entrate (териториална дирекция на Националната агенция за приходите (ТД на НАП) di Sofia.

Nuovo calcolo dell’imposta preventiva  (art. 202a della  Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО))

Una persona giuridica straniera residente fiscalmente in uno Stato membro dell’UE o in un altro Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo ha il diritto di scegliere di ricalcolare la ritenuta alla fonte sui redditi ai sensi dell’art. 12, par. 2, 3, 5 e 8. Quando la persona straniera sceglie di ricalcolare la ritenuta alla fonte, il ricalcolo viene effettuato per tutti i redditi da lui realizzati ai sensi dell’art. 12, par. 2, 3, 5 e 8 nel corso dell’anno.

Quando la persona straniera sceglie di ricalcolare la ritenuta alla fonte sul reddito da lui realizzato, l’imposta ricalcolata è pari all’imposta sulle società che sarebbe dovuta su quel reddito se fosse realizzato da una persona giuridica nazionale. Se la persona straniera ha sostenuto spese relative al reddito di cui alla prima frase, per le quali sarebbe dovuta l’imposta sulle spese se fossero state effettuate da una persona giuridica locale, l’importo dell’imposta ricalcolata sarà aumentato di tale imposta.

Quando l’importo della ritenuta d’acconto di cui all’art. 195, par. 1 della  Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО) supera l’importo dell’imposta ricalcolata, la differenza è soggetta a rimborso fino all’importo della ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 195, par. 1 della  Legge sull’imposta sul reddito delle società -Закон за Корпоративното Подоходно Облагане (ЗКПО), che il soggetto straniero non può detrarre dall’imposta dovuta nel Paese in cui risiede.

La scelta di ricalcolare la ritenuta d’acconto si esercita presentando una dichiarazione dei redditi annuale secondo un modello. La dichiarazione dei redditi viene presentata dalla persona straniera al TD dell’Agenzia nazionale delle entrate – Sofia, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di maturazione del reddito.

Dichiarazione di recesso:

I rimborsi fiscali  vengono effettuati in conformità con il Codice di procedura fiscale e assicurativa dal TD della NRA – Sofia.

L’ordine di ricalcolo della ritenuta alla fonte  non si applica quando la persona straniera è residente fiscalmente in un paese parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo, che non è uno stato membro dell’UE, con il quale la Repubblica di Bulgaria:

  1. non è in vigore alcuna convenzione contro la doppia imposizione
  2. è in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni che non prevede:

a) scambio di informazioni o

b) cooperazione nella riscossione dei tributi.

Marchi e royalty corrisposte a società estere infragruppo in un’ottica di pianificazione fiscale

Il Marchio Nazionale, Europeo, Internazionale

Il marchio è un “segno” usato per identificare i prodotti/servizi di una impresa e distinguerli da quelli della concorrenza che, al pari di altri diritti di proprietà intellettuale come brevetti, invenzioni industriali, etc., fa parte dei beni immateriali di un’impresa.

Per quanto attiene la normativa italiana, il Codice della proprietà industriale (CPI), emanato con Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, ha introdotto nel sistema italiano una disciplina organica e strutturata in materia di tutela, difesa e valorizzazione dei diritti di proprietà intellettuale. il Codice della proprietà industriale (CPI) richiama e fa propri i principi generali e i contenuti della Convenzione di Parigi del 1883, il primo trattato internazionale sui brevetti che ancora oggi rappresenta, per i 157 Stati aderenti, uno dei principali punti di riferimento per la disciplina internazionale della proprietà industriale. La Convenzione è stata aggiornata più volte, l’ultima delle quali il 14 luglio 1967 con la Convenzione di Stoccolma che ha portato alla costituzione della World Intellectual Property Organization – Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (WIPO – OMP), agenzia specializzata delle Nazioni Unite, con sede in Ginevra, con la finalità di incoraggiare l’attività creativa e promuovere la protezione della proprietà intellettuale nel mondo.

Con Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 13 gennaio 2010, n. 33 è stato emanato il Regolamento di attuazione del Codice della proprietà industriale.

Possono costituire marchi d’impresa tutti i segni, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, o i disegni, le lettere, le cifre, i colori, la forma del prodotto o del suo confezionamento, oppure i suoni, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa  da  quelli di altre imprese; e ad  essere  rappresentati  nel  registro  in  modo  chiaro tale   da determinare con chiarezza e precisione l’oggetto della  protezione  conferita  al titolare.
Il codice indica che il marchio deve:

In base agli elementi che lo compongono il marchio può distinguersi in :

  • marchio denominativo, che è costituito solo da parole
  • marchio figurativo, che consiste in una figura o in una riproduzione di oggetti reali o di fantasia. Ai fini del deposito si considera figurativo anche il marchio misto (composto da parole e elementi figurativi)
  • marchio di forma o tridimensionale, che è costituito da una forma tridimensionale e che può comprendere i contenitori, gli imballaggi, il prodotto stesso o il loro aspetto
  • marchio sonoro che è costituito esclusivamente da un suono o da una combinazione di suoni
  • marchio di movimento, caratterizzato da un cambiamento di posizione degli elementi del marchio
  • marchio multimediale è costituito dalla combinazione di immagine e di suono
  • marchio a motivi ripetuti,
  • marchio di posizione,
  • marchio olografico, costituito da elementi con caratteristiche olografiche.

I marchi sonoro, di movimento, multimediale e olografico sono di recente introduzione nella disciplina nazionale.

Sulla pagina https://uibm.mise.gov.it/index.php/it/normativa-pi/circolari è possibile consultare le circolari emanate dall’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) del Ministero dello Sviluppo Economico relativamente alla lotta alla contraffazione e alla Proprietà Industriale.

In data 8 Agosto 2023 è stata pubblicata, nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 184 del 8 Agosto 2023, la legge n. 102 del 24 luglio 2023 che modifica il Codice della Proprietà Industriale, di cui al D.lgs. n. 30 del 2005. La legge entra in vigore in data 23 Agosto 2023.

Tra le novità più rilevanti operate dalla riforma si segnalano, in particolare, il rafforzamento della tutela delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine attraverso il divieto di registrazione di marchi evocativi, usurpativi o imitativi, anche azionando lo strumento dell’opposizione a presidio delle stesse IIGG, da sempre vanto del Made in Italy.

La domanda di Registrazione di un marchio in Italia può essere presentata da chiunque: persona fisica, persona giuridica, associazioni, enti etc, compresi i minorenni, anche stranieri purché domiciliati in uno dei Paesi UE. Possono essere titolari di un marchio anche più soggetti.

A tutela del marchio, nell’ambito dell’Unione europea, sono stati emanati:

Il marchio UE – EU trademark (MUE) è un marchio che ha validità su tutti i Paesi dell’Unione Europea (e si estende automaticamente ai nuovi ingressi). È un marchio che una validità su tutto il territorio UE unitariamente inteso, quindi deve poter essere valido in tutti i Paesi dell’Unione, non è possibile limitare la portata geografica della tutela solo ad alcuni Stati membri.

Anche per i marchi unitari devono essere rispettate le regole sulle caratteristiche del marchio, i requisiti di novità, capacità distintiva, liceità ecc. (art. 7 del Regolamento (UE) 2015/2424) che dovranno risultare tali in tutti i Paesi dell’Unione Europea e in tutte le relative lingue ufficiali, e la Classificazione di Nizza.

L’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (European Union Intellectual Property Office (EUIPO)) è l’agenzia preposta alla gestione dei marchi e del design industriale per il mercato interno dell’Unione europea.

È possibile richiedere un marchio UE – EU trade mark (MUE – EUTM) con validità su tutti i paesi dell’Unione Europea effettuando il deposito direttamente sul sito internet dell’ufficio europeo EUIPO https://euipo.europa.eu/ohimportal/it/.

Legittimati alla registrazione di un marchio UE – EU trade mark (MUE – EUTM) sono le persone fisiche aventi la cittadinanza o il domicilio in uno Stato membro, le persone giuridiche aventi la propria sede o una stabile organizzazione in uno Stato membro ed anche le persone fisiche o giuridiche aventi la cittadinanza, il domicilio, la sede o una stabile organizzazione in uno degli Stati aderenti alla Convenzione di Parigi per la Protezione della Proprietà Industriale (conosciuta come “Convenzione di Parigi“) o in uno degli Stati aderenti al World Trade Organization (Accordo che istituisce l’organizzazione mondiale del commercio (General Agreement on Tariffs and Trade (GATT)). Questo sistema di registrazione coesiste con il sistema di registrazione dei marchi nazionali e dei marchi internazionali secondo l’Accordo di Madrid.

Se si presenta una domanda in Italia e poi si effettua l’estensione entro 6 mesi dal deposito nazionale italiano, la data del marchio esteso a livello europeo coincide con quella del deposito nazionale.

Il marchio dell’Unione europea è valido per dieci anni e può essere rinnovato indefinitamente per periodi di ulteriori dieci anni.

È possibile avere una registrazione del marchio:

La differenza principale riguarda l’estensione territoriale della tutela che si vuole dare al proprio marchio: con la registrazione nazionale presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) il marchio sarà tutelabile solo in Italia, con la registrazione presso l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (European Union Intellectual Property Office (EUIPO)) il marchio sarà tutelabile in tutti i paesi della UE compresa l’Italia, con il marchio internazionale registrabile presso la World Intellectual Property Organization – Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (WIPO – OMPI) si potranno scegliere a livello mondiale i paesi in cui tutelarlo. Condizione per la registrazione internazionale è che per il marchio sia già stata presentata una domanda nazionale o nell’Unione Europea.

A seconda della tipologia di registrazione ci sono notevoli variazioni di tasse di concessione.

Sistema di Madrid: deposito di domande di marchio internazionale

In vigore dall’aprile 1996, il Protocollo di Madrid  è stato sottoscritto da molti paesi di tutto il mondo, tra cui la maggior parte degli Stati europei, gli Stati Uniti, il Giappone, l’Australia, la Cina, la Russia, nonché, nell’ottobre 2004, l’Unione europea in quanto tale.
Il protocollo di Madrid dà ai titolari di marchi la possibilità di estendere la protezione degli stessi in molti paesi grazie al semplice deposito di una domanda direttamente presso l’ufficio nazionale o regionale competente in materia di marchi.

Utilizzando il Sistema di Madrid della World Intellectual Property Organization – Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (WIPO – OMPI) si può depositare una domanda di marchio internazionale per garantire la protezione del marchio in tutti o in uno qualsiasi dei Paesi Membri dell’Unione di Madrid.

Le domande di marchio internazionale vengono depositate secondo i requisiti e le procedure stabilite dal Protocollo di Madrid . Le leggi nazionali di ciascun Paese Membro dell’Unione di Madrid designato del Sistema di Madrid determinano l’ambito di protezione della registrazione del marchio internazionale.

Si può richiedere la protezione internazionale del marchio se si è cittadino di, o si ha un domicilio o un’attività commerciale in, qualsiasi Paese membro del Sistema di Madrid.  L’Ufficio per la proprietà intellettuale( Intellectual Property (IP)) di quel Paese Membro dell’Unione di Madrid sarà l'”Ufficio di origine”, l’ufficio della parte contraente in cui si richiede o si registra il  marchio di base.

Nella domanda di marchio internazionale si possono selezionare i Paesi Membri dell’Unione di Madrid  in cui si desidera proteggere il marchio, oppure si può espandere l’ambito geografico della  registrazione internazionale nell’ambito del  Sistema di Madrid in un secondo momento.

Chi può presentare la domanda di Registrazione di un marchio

Come abbiamo visto la domanda di Registrazione di un marchio

Marchi e royalty corrisposte a società estere infragruppo in un’ottica di pianificazione fiscale

Lo sfruttamento dei beni immateriali (come marchi, brevetti, invenzioni industriali, etc) riveste una notevole importanza quando si entra nel campo della pianificazione fiscale.

Come abbiamo visto è possibile registrare i marchi aventi varie validità territoriali in moltissimi Paesi, ciò consente a gruppi multinazionali di poter effettuare una pianificazione fiscale che utilizzi un marchio per poter avvantaggiarsi delle asimmetrie tra diversi regimi fiscali.

Uno strumento di pianificazione fiscale all’interno di gruppi multinazionali è quello della corresponsioni,  da parte di una o più società di un gruppo, di royalty per lo sfruttamento di un marchio ad un’altra società del gruppo, situata in un Paese con una fiscalità più vantaggiosa.

Poniamo il caso  che, all’interno di un gruppo societario,  la società che ha registrato il marchio si trovi in Bulgaria, dove siamo in presenza di una fiscalità del 10%, e la società che sfrutta il marchio e corrisponde le royalty alla prima sia una società di capitali con sede in Italia,  dove abbiamo un IRES al 24% , saremo in presenza di un risparmio, all’interno del gruppo,  di imposte pari al 10% delle royalty corrisposte per lo sfruttamento del marchio.

La pianificazione fiscale è un insieme di comportamenti che possono essere adottati per ottimizzare il proprio carico tributario, un comportamento del contribuente che vuole sfruttare le proprie fonti di reddito per ridurre quanto più possibile il carico fiscale, nel rispetto della legge senza sfociare in una pianificazione fiscale aggressiva.

In tema di Fiscalità Internazionale si parla di  pianificazione fiscale aggressiva (Aggressive tax planning (ATP), espressione che è stata usata all’interno del progetto Base Erosion and Profit Shifting (BEPS)), categoria concettuale del diritto tributario globale che consiste nello sfruttamento dei divari e delle discrepanze tra i sistemi fiscali dei diversi Stati, comportamenti dei contribuenti che seppur “leciti”, in realtà cercano di “aggirare” la normativa fiscale al fine di ridurre il carico tributario per  conseguire vantaggi d’imposta che gli Stati non avrebbero altrimenti inteso concedere, provocando l’erosione della base imponibile interna e il trasferimento degli utili ( (Base Erosion and Profit Shifting» ( BEPS). 

Ora occorre fare dei distinguo:

  • Il termine evasione fiscale indica la violazione di specifiche norme fiscali da parte di un cittadino o azienda contribuente volte a ridurre o eliminare il prelievo fiscale da parte di uno Stato;
  • L’elusione fiscale è il comportamento messo in pratica dal contribuente che pone in essere un negozio giuridico o una concatenazione di atti giuridici di per sé leciti, al solo scopo di ridurre l’obbligazione tributaria A differenza dell’evasione fiscale, l’elusione non è perseguibile penalmente, ma può costituire un illecito amministrativo;
  • L’abuso di diritto è un concetto che è sorto nel settore civilistico per poi subentrare nell’ambito tributario.
    Con la nozione di abuso di diritto, in ambito civilistico, si fa riferimento, anche grazie ad interpretazioni giurisprudenziali, ad un esercizio del diritto che seppur formalmente rispetta il quadro normativo crea un’ingiustificata sproporzione fra colui che è il beneficio del titolare del diritto e il sacrificio che è imposto alla controparte.
    L’abuso del diritto in materia tributaria è un istituto di origine giurisprudenziale ed è generalmente individuato in quelle operazioni prive di spessore economico che l’impresa mette in atto con l’obiettivo principale di ottenere risparmi di imposta attraverso l’utilizzo distorto di schemi giuridici.

L’evasione fiscale, quindi,  può essere definita come un comportamento che mira ad occultare e a contrastare il prelievo fiscale, l’elusione fiscale rappresenta un vero e proprio abuso del diritto, ovvero la messa in pratica di comportamenti e azioni che hanno come obiettivo ultimo quello di raggirare le leggi a proprio vantaggio, mettendo in pratica comportamenti che indirettamente portano alla diminuzione del prelievo fiscale, comportamenti che possono costituire un illecito amministrativo e, quindi, portare all’irrogazione di sanzioni.

L’Art. 10-bis – Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale – introdotto nella Legge del 27/07/2000 n. 212 – Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente – dispone:

“1.Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.”

Nel caso dello sfruttamento di marchi e relative royalty corrisposte a società estere infragruppo in un’ottica di pianificazione fiscale occorre che:

  • questo sia legato alla creazione di un nuovo prodotto o di un nuovo brand o ancora di un nuovo business;
  • la registrazione del marchio deve avvenire da parte del soggetto che ne ha l’effettiva paternità e che ha effettivamente sostenuto i costi per la sua progettazione e creazione;
  • non si registri un marchio già utilizzato sul mercato in special modo da parte della società che corrisponde le royalty  alla società titolare del marchio;
  • vi sia il rispetto del principio di inerenza per la deduzione delle le royalty pagate alla società infragruppo concedente il marchio. La società che corrisponde le royalty per poter dedurre il costo aziendale deve essere in grado di dimostrare che quel costo è inerente all’attività svolta. Nello specifico il comma 5 dell’art. 109 (Norme generali sui componenti del reddito d’impresa) del Testo unico delle imposte sui redditi ( D.P.R. del 22/12/1986 n. 917) dispone che le spese e gli altri componenti negativi sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito;
  • vi sia una congruità dell’importo delle royalty corrisposte dalla società che ha in uso il marchio alla società titolare dello stesso. A questo proposito il comma 7 dell’art. 110 (Norme generali sulle valutazioni) del Testo unico delle imposte sui redditi ( D.P.R. del 22/12/1986 n. 917)  dispone che: “I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito“;
  • la società che ha in uso il marchio abbia una reale utilità dall’utilizzo del marchio attraverso un aumento di valore della merce venduta o un incremento delle vendite;
  • vi sia, da parte della società titolare del marchio un’attività volta  a  sostenerne lo sviluppo, l’economicità e la diffusione del marchio sul mercato suffragata da relativi costi di sponsorizzazione. Un errore che si potrebbe commettere è quello di stipulare un contratto di licenza d’uso del marchio in cui i costi di pubblicità sono a carico della società infragruppo che lo sfrutta e che corrisponde le royalty.

La Circolare del 22/09/1980 n. 32 – Min. Finanze – Imposte Dirette ha evidenziato come l’adeguatezza del canone è strettamente
correlata al “vantaggio” che presumibilmente potrà essere conseguito dal licenziatario in conseguenza dello sfruttamento del diritto immateriale.

La Circolare del 22/09/1980 n. 32 – Min. Finanze – Imposte Dirette così si esprime :
Va, poi, rilevato che, a causa delle difficoltà di valutazione, le
transazioni aventi per oggetto beni immateriali si prestano, talvolta, ad essere utilizzate come strumento di evasione fiscale.

Sarà, quindi, cura degli Uffici di accertare in presenza di una
licenziante estera, le modalità di acquisizione dell’invenzione
industriale, non ammettendo la deduzione di corrispettivi di sfruttamento erogati a società che non siano titolari del diritto immateriale. Gli uffici adopereranno, quindi, particolarmente attenzione sulla effettività delle somme destinate a soggetti localizzati in Paesi a bassa fiscalità.

In relazione alla difficoltà di enucleare criteri analitici di
determinazione del valore normale delle transazioni aventi ad oggetto beni immateriali, considerata l’esigenza di certezza per il contribuente e la necessità di un rapido accertamento per l’Amministrazione, si ritiene opportuna la predeterminazione di “valori normali” da ritenere congrui, in linea di massima e fermo restando quanto detto sopra, alle seguenti condizioni:

a) canoni fino al 2% del fatturato potranno essere accettati
dall’Amministrazione quando;
I) la transazione risulta da un contratto redatto per iscritto ed
anteriore al pagamento del canone;
II) sia sufficientemente documentata l’utilizzazione e, quindi,
l’inerenza del costo sostenuto;

b) canoni oscillanti tra il 2 e il 5% potranno essere ritenuti congrui,
oltre che alle condizioni di cui al punto precedente, qualora;
I) i dati “tecnici giustifichino il tasso dichiarato (effettuazione di
ricerche e sperimentazioni, obsolescenza inferiore all’anno o meno,
vita tecnica, originalita’, risultati ottenuti, ecc.);
II) il tasso dichiarato sia giustificata dai dati “giuridici”, emergenti
dal contratto (diritto di esclusiva, diritto di concedere
sub-licenze, diritto di sfruttamento delle scoperte o sviluppi del
bene immateriale, ecc.);
III) sia comprovata l’effettiva utilita’ conseguita dal licenziatario;

c) canoni superiori al 5% del fatturato potranno essere riconosciuti solo in casi eccezionali giustificano dall’alto livello tecnologico del settore economico in questione o da altre circostanze;

d) canoni di qualunque ammontare corrisposti a società residenti in Paesi a bassa fiscalità potranno essere ammessi in detrazione e riconosciuti congrui solo alle condizioni più onerose previste al punto c).”

Da evidenziare come la Circolare del 22/09/1980 n. 32 – Min. Finanze – Imposte Dirette, a causa delle difficoltà di valutazione, le
transazioni aventi per oggetto beni immateriali si prestano, talvolta, ad essere utilizzate come strumento di evasione fiscale.

Quindi, in questo caso, l’amministrazione parla di evasione fiscale e non di elusione fiscale, il che potrebbe portare a diversi aspetti sul piano sanzionatorio,

Alle Royalies è dedicato l’art. 12 del  Modello di Convenzione OCSE contro la doppia imposizione

Articolo 12

ROYALTY

1. I canoni provenienti da uno Stato contraente e di proprietà effettiva di un residente dell’altro Stato contraente sono imponibili soltanto in detto altro Stato.

2. Ai fini del presente articolo, il termine “canoni” designa i compensi di qualsiasi natura ricevuti come corrispettivo per l’uso o la concessione in uso di diritti d’autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche, comprese le pellicole cinematografiche, di brevetti, marchi , disegno o modello, progetto, formula o processo segreto, o per informazioni concernenti esperienze industriali, commerciali o scientifiche.

3. Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano nel caso in cui il beneficiario effettivo dei canoni, residente di uno Stato contraente, eserciti nell’altro Stato contraente dal quale provengono i canoni un’attività economica per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata ed i diritti o i beni per il quale vengono pagate le royalties sia effettivamente connesso a tale stabile organizzazione. In tal caso si applicano le disposizioni dell’articolo 7.

4. Se, in conseguenza di particolari relazioni esistenti tra debitore e beneficiario effettivo o tra ciascuno di essi e terze persone, l’ammontare dei canoni, tenuto conto dell’uso, diritto o informazione per i quali sono pagati, eccede l’importo importo che sarebbe stato convenuto tra pagatore e beneficiario effettivo in assenza di tale rapporto, le disposizioni del presente articolo si applicano solo a quest’ultimo importo. In tal caso, la parte eccedente dei pagamenti resta imponibile secondo le leggi di ciascuno Stato contraente, nel rispetto delle leggi dell’altro Stato contraente.
disposizioni della presente Convenzione.

 

Dichiarazione dei Redditi Società di Persone 2023 (Periodo d’imposta 2022) Modelli e istruzioni

Devono utilizzare il modello Redditi Sp:

  • le società semplici
  • le società in nome collettivo e in accomandita semplice
  • le società di armamento (equiparate alle società in nome collettivo o alle società in accomandita semplice, a seconda che siano state costituite all’unanimità o a maggioranza)
  • le società di fatto o irregolari (equiparate alle società in nome collettivo o alle società semplici a seconda che esercitino o meno attività commerciale)
  • le associazioni senza personalità giuridica, costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni
  • le aziende coniugali, se l’attività è esercitata in società fra i coniugi (cointestatari della licenza o entrambi imprenditori)
  • gruppi europei di interesse economico (Geie).

Modello Redditi società di persone 2023 – pdf