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Ecommerce indiretto B2C – IVA e fatturazione in Italia da parte di operatore UE

Nell’Ecommerce indiretto si attua uno scambio di beni.

A seconda della soggettività del cessionario possiamo avere:

  • B2B, nel caso di soggetto imprenditore (Business to Business);
  • B2C, nel caso di soggetto privato (Business to Consumer).

Nell’Ecommerce indiretto B2C le cessioni (beni mobili eseguite nei confronti di privati consumatori) sono assoggettate ad IVA nel Paese di residenza del cedente se non sono superate le soglie di fatturato su base annua stabilite dai vari Paesi UE.

Le Soglie annuali di vendita a distanza dell’UE sono:

Austria € 35.000
Belgio € 35.000
Bulgaria BGN 70.000
Croazia 270.000 HRK
Cipro € 35.000
Repubblica Ceca 1.140.000 CZK
Danimarca 280.000 DKK
Estonia € 35.000
Finlandia € 35.000
Francia € 35.000
Germania € 100.000
Grecia € 35.000
Ungheria 8.800.000 HUF
Irlanda € 35.000
Italia € 35.000
Lettonia € 35.000
Lituania € 35.000
Lussemburgo € 100.000
Malta € 35.000
Olanda € 100.000
Norvegia N / A
Polonia 160.000 PLN
Portogallo € 35.000
Romania RON 118.000
Slovacchia € 35.000
Slovenia € 35.000
Spagna € 35.000
Svezia 320.000 SEK
Svizzera N / A
Regno Unito £ 70.000

 

Quindi nel caso di B2C verso consumatori privati italiani, superata la soglia di € 35.000, le cessioni sono assoggettate ad Iva in Italia ed il il venditore comunitario si troverà a dover adempiere l’obbligazione tributaria tramite l’identificazione diretta oppure la nomina del rappresentate fiscale.

La disciplina del rappresentante fiscale è dettata dall’articolo 17 D.P.R. n. 633/1972, comma 3: “[…] Nel caso in cui gli obblighi o i diritti derivanti dalla applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto sono previsti a carico ovvero a favore di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, i medesimi sono adempiuti od esercitati, nei modi ordinari, dagli stessi soggetti direttamente, se identificati ai sensi dell’articolo 35-ter, ovvero tramite un loro rappresentante residente nel territorio dello Stato […]”

Il rappresentante fiscale e’ soggetto a tutti gli obblighi previsti dalla normativa IVA per i soggetti residenti e gode dei medesimi doveri e diritti: fatturazione, liquidazione, versamento, detrazione, dichiarazione annuale, etc.

In questo caso la cessione è rilevante ai fini IVA in  Italia e va trattata come una cessione interna e, secondo noi, dal punto di vista pratico, ai fini Iva vanno applicate le relative norme interne anche in tema di fatturazione.

Il commercio elettronico “indiretto”, ai fini Iva, rappresenta una cessione di beni. In particolare, tale tipologia di commercio, a differenza del commercio elettronico diretto, è assimilato alle vendite per corrispondenza, di conseguenza, ai fini della fatturazione vale la regola stabilita dall’articolo 22, comma 1, n. 1) D.P.R. 633/1972, secondo cui, l’emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione.

Quindi nel caso la fattura non sia richiesta dal cliente italiano il rappresentante fiscale del soggetto cedente UE:

  • non è obbligato ad emettere fattura;
  • trovano applicazione anche le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera oo) D.P.R. 696/1996, secondo cui per tali operazioni, qualificabili ai fini Iva come interne, non sussiste nemmeno obbligo di emettere ricevuta/scontrino fiscale.

Rimane obbligatoria:

  • l’annotazione dell’operazione di vendita sul registro dei corrispettivi;
  • l’istituzione, insieme al registro dei corrispettivi, del registro delle fatture emesse di cui all’articolo 23 D.P.R. 633/1972 nel caso in cui sia stata emessa fattura;
  • l’obbligo di accompagnare la merce venduta con documento di trasporto (DDT).

L’Agenzia delle entrate con la risoluzione 274/E/2009 ha evidenziato che, seppur non sussista obbligo di fatturazione, chi esercita l’attività di vendita di beni online deve tener conto della possibilità che il contribuente restituisca la merce ricevuta (c.d. resi). Mancando la fattura, il venditore non può emettere la nota di variazione (articolo 26 D.P.R. 633/1972) poiché manca la fattura di riferimento da rettificare. In tale ipotesi, secondo quanto indicato in tale documento di prassi, per poter procedere con il “recupero” dell’Iva derivante dal reso del bene ceduto mediante commercio elettronico indiretto, il soggetto cedente deve fornire la documentazione che consenta di individuare gli elementi necessari a correlare la restituzione al medesimo bene risultante dal documento, che la società è tenuta a conservare, probante l’acquisto originario, quali:

  • le generalità del soggetto acquirente;
  • l’ammontare del prezzo rimborsato;
  • il “codice” dell’articolo oggetto di restituzione;
  • il “codice di reso” (quest’ultimo deve essere riportato su ogni documento emesso per certificare il rimborso).

Tuttavia, sotto il profilo operativo, la nota di variazione può essere emessa solo a fronte di cessione di beni per le quali si stata emessa la fattura, mentre per le operazioni soggette al rilascio dello scontrino/ricevuta fiscale è necessario rinviare alle disposizioni di cui all’articolo 12 D.M. 23.03.1983, che prevede, tra l’altro, l’indicazione nello scontrino fiscale di “eventuali rimborsi per restituzione di vendite o imballaggi cauzionati” (risoluzione 86/E/2007).

La stessa Agenzia delle entrate, con la risoluzione 219/E/2003, ha chiarito che oltre agli adempimenti Iva è necessario che dalle risultanze delle scritture ausiliare di magazzino, correttamente tenute, sia possibile verificare la movimentazione fisica del bene reinserito nel circuito di vendita.

Nel caso la fattura sia richiesta dal cliente italiano il rappresentante fiscale del soggetto cedente UE è tenuto a fatturare l’operazione al soggetto privato italiano applicando Iva italiana.

Da un punto di vista della fatturazione del rappresentante fiscale, questi emetterà fattura imponibile IVA, e la registrerà nel proprio sezionale di vendita italiano.

Il cedente UE, non avendo stabile organizzazione in Italia, farà concorrere quella fattura alla determinazione del reddito nel proprio Paese di residenza.

Poniamo il caso che la merce venga preventivamente introdotta in Italia per esigenze del cedente UE.

Siamo in presenza di un passaggio della merce dal cedente Ue alla sua rappresentanza fiscale italiana.

Si tratta di una cessione intracomunitaria tra operatore UE cedente ed il proprio rappresentante fiscale.

Il Rappresentante fiscale riceve fattura dal proprio cedente UE, sulla quale deve operare in reverse charge.

Questo al fine di effettuare gli adempimenti legati alla disciplina IVA.

In questo caso, però, sarà doveroso esaminare anche, di volta in volta (in base alla disponibilità di un magazzino, alle modalità di gestione dell’attività in Italia, ecc.),   se siamo in presenza di una stabile organizzazione.

 

Ecommerce indiretto triangolazione con un fornitore extra UE

Esaminiamo un caso di Ecommerce indiretto in cui un soggetto IVA bulgaro che opera tramite Ecommerce  acquista merce da una fornitore extracomunitario , p. es cinese, e vende on line a clienti residenti in un altro stato UE, p. es. Italia.

Ricordiamo che:

  • nell’Ecommerce indiretto B2B l’IVA si applica nel paese di destinazione (Italia);
  • nell’Ecommerce indiretto B2C l’IVA si applica nel Paese di residenza del cedente (Bulgaria) entro  soglie di fatturato annuo stabilite dai vari Paesi UE (per l’Italia € 35.000). Superate queste soglie le cessioni sono assoggettate ad Iva nel Paese del cessionario ed il il venditore comunitario si troverà a dover adempiere l’obbligazione tributaria tramite l’identificazione diretta oppure la nomina del rappresentate fiscale.

Caso B2B con sdoganamento da parte dell’operatore bulgaro in Bulgaria

Supponiamo che lo sdoganamento della merce importata dalla Cina avvenga in Bulgaria a cura dell’operatore bulgaro.

IVA e dazi doganali sono interamente a carico del cedente bulgaro.

Il cedente soggetto passivo Bulgaro emette fattura senza applicare l’iva (operazione intracomunitaria) nei confronti dell’acquirente soggetto passivo italiano (operazione imponibile in Italia, mediante l’applicazione del reverse charge da parte del committente italiano (integrazione e registrazione della fattura prevista per gli acquisti intracomunitari di beni ex artt. 46 e 47, D.L. n. 331/1993)).

Caso B2B con consegna della merce, da parte del  fornitore cinese, direttamente in Italia al cliente italiano  e sdoganamento da parte di quest’ultimo

IVA e dazi doganali sono interamente a carico del cliente italiano.

Caso B2C con sdoganamento da parte dell’operatore bulgaro in Bulgaria

Nell’ipotesi in cui il cliente finale italiano fosse un privato consumatore anziché un soggetto munito di partita IVA l’operatore bulgaro dovrebbe applicare l’iva bulgara o, al ricorrere delle condizioni previste dall’art. 34 della Direttiva 2006/112/CE, l’iva dello stato membro di destinazione.

Caso B2C con consegna della merce direttamente al cliente italiano da parte del  fornitore cinese e sdoganamento da parte del cliente italiano in Italia

Nell’ipotesi in cui lo sdoganamento avvenisse in Italia, il privato consumatore italiano dovrebbe farsi carico di iva e dazi doganali all’importazione,  ma  l’operatore bulgaro potrebbe fatturare senza applicazione dell’iva in quanto la merce si trova già in Italia.

DIRETTIVA 2006/112/CE DEL CONSIGLIO

del 28 novembre 2006

relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto

Sezione 2

Cessioni di beni con trasporto

Articolo 32

Si considera come luogo della cessione, se il bene è spedito o trasportato dal fornitore, dall’acquirente o da un terzo, il luogo dove il bene si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente.

Tuttavia, se il luogo di partenza della spedizione o del trasporto dei beni si trova in un territorio terzo o in un paese terzo, il luogo della cessione effettuata dall’importatore designato o riconosciuto come debitore dell’imposta in forza dell’articolo 201, nonché quello delle eventuali cessioni successive, si considerano situati nello Stato membro d’importazione dei beni.

Articolo 33

1.   In deroga all’articolo 32, è considerato luogo di una cessione di beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto, a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto, il luogo in cui i beni si trovano al momento d’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente, quando sono soddisfatte le seguenti condizioni:

a)

la cessione di beni è effettuata nei confronti di un soggetto passivo o di un ente non soggetto passivo, i cui acquisti intracomunitari di beni non sono soggetti all’IVA in virtù dell’articolo 3, paragrafo 1, o di qualsiasi altra persona non soggetto passivo;

b)

i beni ceduti sono diversi da mezzi di trasporto nuovi e da beni ceduti previo montaggio o installazione, con o senza collaudo, da parte del fornitore o per suo conto.

2.   Qualora i beni ceduti siano spediti o trasportati a partire da un territorio terzo o da un paese terzo e importati dal fornitore in uno Stato membro diverso da quello d’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente, essi sono considerati spediti o trasportati a partire dallo Stato membro d’importazione.

Articolo 34

1.   L’articolo 33 non si applica alle cessioni di beni spediti o trasportati a destinazione dello stesso Stato membro d’arrivo della spedizione o del trasporto dei beni, qualora siano soddisfatte le condizioni seguenti:

a)

i beni ceduti non sono prodotti soggetti ad accisa;

b)

l’importo globale, al netto dell’IVA, delle cessioni effettuate alle condizioni di cui all’articolo 33 nello Stato membro non supera la somma di 100 000 EUR o il suo controvalore in moneta nazionale nel corso di uno stesso anno civile;

c)

l’importo globale, al netto dell’IVA, delle cessioni effettuate alle condizioni di cui all’articolo 33 nello Stato membro di beni diversi dai prodotti soggetti ad accisa non ha superato la somma di 100 000 EUR o il suo controvalore in moneta nazionale nel corso dell’anno civile precedente.

2.   Lo Stato membro nel cui territorio si trovano i beni al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente può limitare il massimale di cui al paragrafo 1 alla somma di 35 000 EUR o al suo controvalore in moneta nazionale, se tale Stato membro teme che il massimale di 100 000 EUR provochi serie distorsioni della concorrenza.

Gli Stati membri che si avvalgono della facoltà di cui al primo comma prendono le misure necessarie per informarne le autorità pubbliche competenti dello Stato membro a partire dal quale i beni sono spediti o trasportati.

3.   La Commissione presenta quanto prima al Consiglio una relazione sul funzionamento del massimale speciale di 35 000 EUR di cui al paragrafo 2, accompagnata, se del caso, da appropriate proposte.

4.   Lo Stato membro, nel cui territorio si trovano i beni al momento della partenza della spedizione o del trasporto concede ai soggetti passivi, che effettuano cessioni di beni che possono beneficiare delle disposizioni del paragrafo 1, il diritto di optare affinché il luogo di tali cessioni sia determinato conformemente all’articolo 33.

Gli Stati membri interessati stabiliscono le modalità di esercizio dell’opzione di cui al primo comma, che, comunque, ha una durata di due anni civili.