Un buon numero di cittadini italiani, per usufruire, a livello personale, di regimi fiscali più favorevoli trasferiscono la loro residenza e, di conseguenza, la loro soggezione fiscale in Paesi terzi.
Per. es, poniamo il caso:
- che un cittadino italiano svolga la sua attività all’estero tramite una società;
- che nel Paese estero, per quanto attiene l’imposizione societaria, si goda di una situazione fiscale vantaggiosa, fino ad arrivare ad una aliquota pari allo 0%;
- che nel Paese estero, per quanto attiene le imposte sulle persone fisiche, si goda di una situazione fiscale parimenti vantaggiosa, come, per. es. l’assenza di ritenuta sui dividendi.
In questo caso il cittadino italiano potrebbe essere interessato, non solo a condurre l’amministrazione della sua attività estera in loco (requisito obbligatoriamente richiesto per non ricadere in un caso di esterovestizione (per approfondire: L’esterovestizione: normativa, prassi, giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte di giustizia UE)), ma a trasferirvi la sua residenza anagrafica.
Situazione analoga potrebbe essere quella di un cittadino italiano che, pur detenendo sue attività in altri Stati, trasferisce la sua residenza in un terzo stato per godere, per quanto attiene le imposte sulle persone fisiche, di una situazione fiscale, come, per. es. nessuna imposta sui dividendi di fonte estera.
Se trasferire la propria residenza anagrafica può comportare notevoli vantaggi fiscali, farlo a fronte di una non reale situazione di fatto e non farlo con le dovute accortezze e non seguendo determinate regole può comportare notevoli rischi.
Molti ritengono, erroneamente, che per trasferire la propria residenza anagrafica all’estero bastino la cancellazione
dall’Anagrafe della popolazione residente con contestuale iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (A.I.R.E.), ma, come vedremo in dettaglio nel seguito ,l’iscrizione all’AIRE costituisce condizione necessaria ma non sufficiente per poter essere considerato non residente.
La Circolare n. 304/E/97 – Attività di controllo nei confronti di cittadini italiani fittiziamente emigrati all’estero – Accertamento dei requisiti per la qualificazione di soggetto “fiscalmente residente” in Italia così inquadra il fenomeno del trasferimento della residenza anagrafica:
” Si è rivelato un fenomeno in crescente aumento, che talvolta ha avuto echi sulla stampa e nei mass-media, il trasferimento della residenza anagrafica all’estero da parte di cittadini italiani che svolgono attività artistica, sportiva, professionale o imprenditoriale.
Il trasferimento è peraltro suffragato dalla cancellazione
dall’Anagrafe della popolazione residente e, di norma, dalla iscrizione nell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (A.I.R.E).
Nella maggior parte dei casi la residenza viene trasferita in paesi a
bassa o addirittura nulla fiscalità con il solo scopo di acquisire un
indebito beneficio del più favorevole regime impositivo dello Stato estero e di sottrarre all’imposizione progressiva in Italia i complessivi redditi ovunque prodotti.
Costituisce obiettivo rilevante per l’Amministrazione finanziaria
monitorare tali fenomeni e porre in essere ogni azione utile per controllarli e contrastarli, allo scopo di perseguire in concreto il dettato costituzionale del concorso di tutti alle spese pubbliche in ragione della effettiva capacità contributiva e di reprimere situazioni di evasione, che talvolta assumono dimensioni molto significative. A tal fine e’ necessario dare impulso ad attività di tipo investigativo e di “intelligence” che consentano di individuare i casi in cui il trasferimento della residenza anagrafica rappresenta un facile espediente posto in essere da cittadini italiani che di fatto hanno mantenuto la residenza o il domicilio in Italia.”
Come vedremo, la legislazione fiscale italiana tassa i redditi, in capo al contribuente, in quanto soggetto residente, ovunque essi siano prodotti. Il reddito è, quindi, assoggettato a tassazione su base mondiale, “worldwide principle”.
L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 351/E/2008 si è così espressa:
“Qualora sulla base dei criteri esposti un soggetto risulti essere residente in Italia, egli, ai sensi dell’art. 3 del TUIR è soggetto ad imposta in relazione a tutti i redditi posseduti, ovunque prodotti, poiché solo i non residenti sono soggetti ad imposta limitatamente ai redditi prodotti nel territorio dello Stato.”
Un cittadino italiano che ha traferito la propria residenza all’estero basandosi sulla mera cancellazione dall’Anagrafe della popolazione residente con contestuale iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (A.I.R.E.), senza la base di effettive circostanze e senza seguire un necessario comportamento atto a dimostrare l’effettivo trasferimento, può incorrere in pesanti sanzioni non solo amministrative, ma anche penali.
Infatti, se l’Amministrazione finanziaria dovesse dimostrare che si è in presenza di un “falso trasferimento della residenza anagrafica” e quindi si dovesse applicare l’art. 3 del TUIR, in base al quale si è soggetti ad imposta in relazione a tutti i redditi posseduti, ovunque prodotti, questo potrebbe comportare, per esempio, la contestazione della mancata presentazione delle dichiarazioni dei redditi e la mancata corresponsione delle imposte dovute, con tutte le conseguenze che questo comporta.
Residenza fiscale: presupposto necessario e sufficiente per applicare il “world wide taxation principle“.
Avuto riguardo al tipo di tassazione potremmo dividere gli Stati in 3 categorie:
- Paesi che hanno una tassazione mondiale del reddito (c.d. “worldwide taxation principle“, adottato dal sistema fiscale italiano);
- Paesi che hanno una tassazione del reddito nello Stato della fonte;
- Paesi che hanno una tassazione su base di cittadinanza. In questa ultima categoria rientrano solo gli Stati Uniti e l’Eritrea.
Generalmente i sistemi a tassazione territoriale sono di origine anglosassone mentre quelli di origine worldwide sono di stampo continentale europeo.
La worldwide taxation stabilisce che tutti i residenti in un dato paese devono pagare le tasse su tutte le fonti di reddito, sia quelle che hanno origine nel territorio dello Stato che quelle originate fuori dal territorio dello Stato. Questo tipo di tassazione è la più diffusa ed è applicata dalla maggioranza degli Stati europei.
La residenza fiscale, quindi, una volta individuata, diventa il presupposto necessario e sufficiente per applicare il “world wide taxation principle“.
La normativa sostanziale di riferimento che consente, a livello domestico, di determinare la residenza fiscale di una persona fisica, è contenuta nell’articolo 2, comma 2, Tuir, a norma del quale il soggetto passivo è considerato fiscalmente residente in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta:
- è iscritto presso l’anagrafe della popolazione residente;
- o ha il domicilio nel territorio dello Stato, definito come la sede principale degli affari e interessi (articolo 43, comma 1, cod. civ.);
- o ha stabilito la propria residenza nel territorio dello Stato, intesa come la dimora abituale del soggetto passivo (articolo 43, comma 2, cod. civ.).Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Di conseguenza, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, Tuir qualora il contribuente, per la maggior parte del periodo d’imposta (generalmente 183 giorni), è iscritto presso l’anagrafe dei cittadini residenti (requisito formale), o ha stabilito il proprio domicilio o la propria residenza sul territorio nazionale (requisiti sostanziali), sarà considerato residente in Italia.
Le richiamate condizioni sono tra loro in rapporto di “alternatività” e non di concorrenzialità e pertanto è sufficiente la presenza di una delle tre per considerare come residente un contribuente.
Domicilio e Residenza
“Articolo 43 Codice civile – Domicilio e residenza
Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.
La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale.”
In tema di residenza fiscale della persona fisica, come espressamente affermato dal Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza (cfr. volume III – parte V – capitolo 11 “Il contrasto all’evasione e alle frodi fiscali di rilievo internazionale”, pag. 346 e ss.), assume particolare rilevanza localizzare il domicilio il quale, nella formulazione dell’articolo 43, comma 1, cod. civ., può essere definito come il luogo in cui la persona fisica ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.
Per l’individuazione del domicilio del contribuente, nel corso ad esempio di un controllo fiscale, sulla base delle indicazioni fornite dalla prassi operativa, verificatori dovranno valutare congiuntamente:
- la situazione di fatto dello stabilimento in un determinato luogo del centro degli affari e degli interessi (elemento oggettivo);
- la volontà della persona di stabilire in quel luogo il proprio centro delle relazioni di natura sociale e familiare (c.d. elemento soggettivo).
Per una corretta definizione di “affari e interessi”, occorre fare riferimento all’elaborazione giurisprudenziale in base alla quale gli interessi rilevanti ai fini del domicilio di una persona sono sia quelli di natura economica, che quelli di natura morale o personale (es. di tipo affettivo, sociali e familiari).
Il domicilio va visto come una situazione giuridica che, in aggiunta alla verifica del luogo di effettiva presenza fisica del soggetto, è caratterizzata da elementi soggettivi, ossia dalla volontà di stabilire e conservare, in un determinato luogo, la sede principale dei propri affari ed interessi.
L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 351/E/2008 si è così espressa:
“Per espressa previsione normativa, le nozioni di domicilio e residenza utilizzate dalla legge tributaria, sono desumibili dal codice civile che all’articolo 43 definisce il domicilio di una persona come il “luogo in cui essa ha stabilito la sede dei suoi affari ed interessi”, mentre la residenza come il “luogo in cui la persona ha la dimora abituale”.
In ogni caso essi sono alternativamente rilevanti ai sensi del citato articolo 2, comma 2, del TUIR, nel senso che al fine di stabilire la residenza fiscale è sufficiente la presenza di uno solo di essi.
La circolare 2 dicembre 1997, n. 304, riprendendo quanto sostenuto dalla giurisprudenza prevalente, ha precisato che la dimora abituale è caratterizzata dal fatto oggettivo della permanenza in un dato luogo e dall’elemento soggettivo di volersi stabilire in quel luogo. La medesima circolare precisa che il domicilio richiama una situazione giuridica caratterizzata dalla volontà di stabilire e conservare in un determinato luogo la sede principale dei propri affari ed interessi e, come tale, prescinde dall’effettiva presenza fisica del soggetto. Conseguentemente, la locuzione “affari ed interessi” di cui all’art. 43, comma 1, del c.c., deve intendersi in senso ampio, comprensivo cioè non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica ma anche morali, sociali e familiari. In aderenza a tale criterio interpretativo, già la risoluzione del Ministero delle finanze del 14 ottobre 1988, n. 8/1329, aveva considerato fiscalmente residente in Italia un soggetto che, pur avendo trasferito la propria residenza all’estero dove svolgeva la propria attività, aveva mantenuto il centro dei propri interessi familiari e sociali in Italia.
Quindi la circostanza che il soggetto mantenga in Italia i propri legami familiari o il “centro” dei propri interessi patrimoniali e sociali è di per sè sufficiente a realizzare un collegamento effettivo e stabile con il territorio italiano.
In particolare, indipendentemente dalla presenza fisica e dalla circostanza che l’attività lavorativa sia esplicata prevalentemente all’estero, la citata circolare del 2 dicembre 1997, n. 304, ha chiarito che sono indici significativi, ai fini dell’eventuale residenza fiscale, la disponibilità di una abitazione permanente, la presenza della famiglia, l’accreditamento di propri proventi dovunque conseguiti, il possesso di beni anche mobiliari, la partecipazione a riunioni d’affari, la titolarità di cariche sociali, il sostenimento di spese alberghiere o di iscrizione a circoli o clubs, l’organizzazione della propria attività e dei propri impegni anche internazionali, direttamente o attraverso soggetti operanti nel territorio italiano. Occorre, pertanto, una valutazione d’insieme dei molteplici rapporti che il soggetto intrattiene nel nostro paese per valutare se, nel periodo in cui è stato anagraficamente residente all’estero, abbia effettivamente perso ogni significativo collegamento con lo Stato italiano e possa quindi essere considerato fiscalmente non residente.
Lo status di residente fiscale implica quindi l’esame delle possibili relazioni – sia personali che reali – con il Paese, che non può essere effettuata in sede di interpello, ma solo in sede di eventuale accertamento.
Qualora sulla base dei criteri esposti un soggetto risulti essere residente in Italia, egli, ai sensi dell’art. 3 del TUIR è soggetto ad imposta in relazione a tutti i redditi posseduti, ovunque prodotti, poiché solo i non residenti sono soggetti ad imposta limitatamente ai redditi prodotti nel territorio dello Stato.”
Per una corretta valutazione dovranno essere valutate, congiuntamente, le disposizioni domestiche e le previsioni dettate dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.
L’articolo 4, paragrafo 1, del modello Ocse di Convenzione internazionale (1) recita: “Ai fini della presente Convenzione, il termine “residente di uno Stato contraente” significa qualsiasi persona che, ai sensi delle leggi di quello Stato, è soggetto a tassazione in base al suo domicilio, residenza, luogo di direzione o qualsiasi altro criterio di natura simile, e comprende anche quello Stato e qualsiasi sua suddivisione politica o autorità locale. Questo termine, tuttavia, non include alcuna persona che è soggetta a tassazione in quello Stato solo per i redditi da fonti in quello Stato Stato o capitale ivi situato.”
L’articolo 4, paragrafo 2, del modello Ocse di Convenzione internazionale (1), prevede, qualora una persona fisica venga considerata residente di entrambi gli Stati contraenti, che la sua residenza può essere determinata in base ai seguenti criteri:
- detta persona è considerata residente dello Stato contraente nel quale ha un’abitazione permanente. Quando essa dispone di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati contraenti, è considerata residente dello Stato contraente nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (concetto sovrapponibile alla definizione di domicilio del soggetto passivo);
- se non si può determinare lo Stato contraente nel quale detta persona ha il centro dei suoi interessi vitali, o se la medesima non ha un’abitazione permanente in alcuno degli Stati contraenti, essa è considerata residente dello Stato contraente in cui soggiorna abitualmente;
- se detta persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati contraenti, ovvero non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, la medesima persona è considerata residente dello Stato contraente del quale ha la nazionalità;
- se detta persona ha la nazionalità di entrambi gli Stati contraenti, o non ha la nazionalità di alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati contraenti risolvono la questione di comune accordo.
Ai fini di una corretta individuazione della residenza fiscale possono inoltre rivelarsi utili una serie di elementi di fatto come:
- il monitoraggio dei voli aerei, delle prenotazioni alberghiere, degli abbonamenti telefonici;
- la disponibilità in Italia di immobili, utenze e conti correnti;
- l’individuazione del luogo ove il contribuente svolge la sua attività economica e professionale;
- la località ove il contribuente, oltre che i suoi familiari, soggiorna;
- eventuali dichiarazioni rese dai terzi;
- la disponibilità di autoveicoli;
- l’esistenza di cariche societarie ricoperte in entità societarie residenti;
- la titolarità di una partita Iva attiva;
- la stipula di atti soggetti a registrazione in Italia .
Come abbiamo visto, secondo il secondo comma dell’art. 2 del TUIR è considerato contribuente residente colui che è, per la maggior parte del periodo di imposta, ai fini di quanto disposto dal Codice Civile:
- iscritto nell’anagrafe della popolazione (italiana) residente;
- o mantiene il domicilio ( luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi);
- o la residenza (luogo in cui la persona ha la dimora abituale, nel quale, cioè, una persona abita e svolge in maniera continuativa la propria vita personale)
Ricordiamo che le richiamate condizioni sono tra loro in rapporto di “alternatività” e non di concorrenzialità e pertanto è sufficiente la presenza di una delle tre per considerare come residente un contribuente.
L’art. 2 comma 2 del TUIR collega i requisiti di cui si è detto all’elemento temporale ed esattamente utilizzando la locuzione “…per la maggior parte del periodo di imposta…” che è riferita alla permanenza nel territorio dello Stato per almeno 183 o 184 giorni a seconda che si tratti di anno bisestile o meno.
L’aspetto temporale è dunque un elemento essenzialmente discriminante per poter poi di fatto rendere operativa, o meno, la tassazione.
Sintesi: Una persona fisica che trasferisce la propria residenza all’estero dopo la meta’ del periodo d’imposta, continua ad essere considerata fiscalmente residente in Italia fino al termine del periodo d’imposta stesso; la possibilità’ di frazionare ai fini della residenza fiscale il periodo d’imposta in cui e’ avvenuto il trasferimento, come previsto dal paragrafo 10 del commentario OCSE all’art.4 del Modello di Convenzione, trova applicazione solo se contemplata dalla convenzione bilaterale in essere con lo stato estero di residenza.
Come abbiamo visto, la legislazione fiscale italiana tassa i redditi, in capo al contribuente, in quanto soggetto residente, ovunque essi siano prodotti. Il reddito è, quindi, assoggettato a tassazione su base mondiale, “worldwide principle”.
“Residenza AIRE” (Anagrafe degli Italiani all’Estero): condizione necessaria, ma non sufficiente ad escludere il domicilio o la residenza in Italia
Da quanto detto appare evidente, ai fini del trasferimento fiscale di un cittadino italiano, che deve aversi molta attenzione al verificarsi, alternativamente, di una delle tre condizioni di cui al secondo comma dell’art. 2 del TUIR, oltre, ovviamente, alla condizione temporale di cui sopra, ritenendosi la “residenza AIRE” (Anagrafe degli Italiani all’Estero) una condizione non sufficiente a dimostrare il suddetto trasferimento.
La cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente è condizione necessaria ma non sufficiente affinché un soggetto possa essere considerato (effettivamente) come non residente in Italia.
L’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (A.I.R.E.) è stata istituita con Legge 27 ottobre 1988, n.470, “Anagrafe e censimento degli italiani all’estero”, modificata dalla Legge, 27/05/2002 n° 104, e contiene i dati dei cittadini italiani che risiedono all’estero per un periodo superiore ai dodici mesi. Essa è gestita dai Comuni sulla base dei dati e delle informazioni provenienti dalle Rappresentanze consolari all’estero.
Devono iscriversi all’A.I.R.E. :
- i cittadini che trasferiscono la propria residenza all’estero per periodi superiori a 12 mesi;
- quelli che già vi risiedono, sia perché nati all’estero che per successivo acquisto della cittadinanza italiana a qualsiasi titolo.
Dottrina e giurisprudenza ritengono che la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente, e l’iscrizione all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (A.I.R.E.) non costituisce elemento determinante per escludere il domicilio o la residenza nello Stato. Questo, in quanto domicilio e residenza possono essere desunti con ogni mezzo di prova anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici (Circolare n. 304/E/97 – Attivita’ di controllo nei confronti di cittadini italiani fittiziamente emigrati all’estero – Accertamento dei requisiti per la qualificazione di soggetto “fiscalmente residente” in Italia).
È interessante valutare il contenuto della Circolare n. 304/E/97 e l’implicazioni che essa comporta:
” Si è rivelato un fenomeno in crescente aumento, che talvolta ha avuto echi sulla stampa e nei mass-media, il trasferimento della residenza anagrafica all’estero da parte di cittadini italiani che svolgono attività artistica, sportiva, professionale o imprenditoriale.
Il trasferimento è peraltro suffragato dalla cancellazione
dall’Anagrafe della popolazione residente e, di norma, dalla iscrizione nell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (A.I.R.E).
Nella maggior parte dei casi la residenza viene trasferita in paesi a
bassa o addirittura nulla fiscalità con il solo scopo di acquisire un
indebito beneficio del più favorevole regime impositivo dello Stato estero e di sottrarre all’imposizione progressiva in Italia i complessivi redditi ovunque prodotti.
Costituisce obiettivo rilevante per l’Amministrazione finanziaria
monitorare tali fenomeni e porre in essere ogni azione utile per controllarli e contrastarli, allo scopo di perseguire in concreto il dettato costituzionale del concorso di tutti alle spese pubbliche in ragione della effettiva capacità contributiva e di reprimere situazioni di evasione, che talvolta assumono dimensioni molto significative. A tal fine e’ necessario dare impulso ad attività di tipo investigativo e di “intelligence” che consentano di individuare i casi in cui il trasferimento della residenza anagrafica rappresenta un facile espediente posto in essere da cittadini italiani che di fatto hanno mantenuto la residenza o il domicilio in Italia.
……………………………….
Al riguardo si evidenzia che la cancellazione dall’anagrafe della
popolazione residente e l’iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) non costituisce elemento determinante per escludere il domicilio o la residenza nello Stato, ben potendo questi ultimi essere desunti con ogni mezzo di prova anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici (Cass. 17 luglio 1967, n. 1812; 20 settembre 1979, n.4829; 24 marzo 1983, n.2070; 5 febbraio 1985, n.791).
Da cio’ discende che l’aver stabilito il domicilio civilistico in
Italia ovvero l’aver fissato la propria residenza nel territorio dello Stato sono condizioni sufficienti per l’integrazione della fattispecie di residenza fiscale, indipendentemente dall’ iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente.
……………………………….
Dottrina e giurisprudenza sono concordi nell’affermare che affinche’ sussista il requisito dell’abitualita’ della dimora non e’ necessaria la continuita’ o la definitivita’ ( Cass. 29 aprile 1975, n. 2561; Cass. S.U. 28 ottobre 1985, n. 5292). Cosicche’ l’abitualita’ della dimora permane qualora il soggetto lavori o svolga altre attivita’ al di fuori del comune di residenza (del territorio dello Stato), purche’ conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e mostri l’intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali (Cass. 14 marzo 1986, n. 1738).
……………………………….
Alla luce di tale disposto, la giurisprudenza prevalente sostiene che
il domicilio è un rapporto giuridico col centro dei propri affari e prescinde dalla presenza effettiva in un luogo (Cass. 29 dicembre 1960, n. 3322).
Esso consiste dunque principalmente in una situazione giuridica che, prescindendo dalla presenza fisica del soggetto, è caratterizzata dall’elemento soggettivo, cioè dalla volontà di stabilire e conservare in quel luogo la sede principale dei propri affari ed interessi (Cass. 21 marzo 1968, n. 884).
La locuzione “affari ed interessi” di cui al citato art. 43, comma 1,
deve intendersi in senso ampio, comprensivo non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica ma anche morali, sociali e familiari (Cass. 26 ottobre 1968, n.3586; 12 febbraio 1973, n. 435); sicché’ la determinazione del domicilio va desunta alla stregua di tutti gli elementi di fatto che, direttamente o indirettamente, denuncino la presenza in un certo luogo di tale complesso di rapporti e il carattere principale che esso ha nella vita della persona (Cass. 5 maggio 1980, n. 2936).
……………………………….
Da ciò discende che deve considerarsi fiscalmente residente in Italia un soggetto che, pur avendo trasferito la propria residenza all’estero e svolgendo la propria attività fuori dal territorio nazionale, mantenga, nel senso sopra illustrato, il “centro” dei propri interessi familiari e sociali in Italia.
……………………………….
Pertanto, la circostanza che il soggetto abbia mantenuto in Italia i propri legami familiari o il “centro” dei propri interessi patrimoniali e sociali deve ritenersi sufficiente a dimostrare un collegamento effettivo e stabile con il territorio italiano tale da far ritenere soddisfatto il requisito temporale previsto dalla norma.
……………………………….
L’attività di ricerca capillare di elementi concreti di prova, anche
indiretti, necessari per contrastare le risultanze anagrafiche sara’ espletata dalle strutture investigative e di intelligence, istituite presso ciascuna Direzione Regionale delle entrate in attuazione della Direttiva Generale per l’azione amministrativa e per la gestione per il 1997, con l’ausilio degli uffici operativi, che potranno altresì operare autonomamente. Le posizioni soggettive da sottoporre a controllo saranno individuate da ciascuna struttura locale operativa sulla base delle realtà territoriali e delle informazioni disponibili, nonché dalle segnalazioni nominative che saranno trasmesse con separate comunicazioni alle singole Direzioni regionali.
……………………………….
In sintesi, con l’attività investigativa devono essere reperiti tutti
gli elementi concreti di prova in ordine:
– ai legami familiari o comunque affettivi e all’attaccamento all’Italia;
– agli interessi economici in Italia;
– all’interesse a tenere o far rientrare in Italia i proventi conseguiti con le prestazioni effettuate all’estero;
– all’intenzione di abitare in Italia anche in futuro desumibile da fatti e atti concludenti ovvero da pubbliche dichiarazioni.
……………………………….”
La Circolare n. 9/E/2001 al punto 2.2 così si esprime:
” ……. si evince che deve considerarsi fiscalmente residente in
Italia un soggetto che, pur avendo trasferito la propria residenza all’estero e svolgendo la propria attività fuori dal territorio nazionale, mantenga il “centro” dei propri interessi familiari e sociali in Italia. Tale circostanza si concretizza, ad esempio, nel caso in cui “la famiglia dell’interessato abbia mantenuto la dimora in Italia durante l’attività lavorativa all’estero” o, comunque, nel caso in cui “emergano atti o fatti tali da indurre a ritenere che il soggetto interessato abbia quivi mantenuto il centro dei suoi affari ed interessi” (Ris. 14 ottobre 1988, n. 8/1329) ……. ”
L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 351/E/2008 si è così espressa:
” …………………….
Ne consegue che l’iscrizione all’AIRE costituisce condizione necessaria ma non sufficiente per poter essere considerato non residente, a differenza dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente che, da sola, costituisce presupposto per essere considerato residente in Italia.
…………………….
Quindi la circostanza che il soggetto mantenga in Italia i propri legami familiari o il “centro” dei propri interessi patrimoniali e sociali è di per sè sufficiente a realizzare un collegamento effettivo e stabile con il territorio italiano.
…………………….
Lo status di residente fiscale implica quindi l’esame delle possibili
relazioni – sia personali che reali – con il Paese, che non può essere effettuata in sede di interpello, ma solo in sede di eventuale accertamento.”
L’ordinamento Italiano, attraverso il modello Ocse di Convenzione internazionale, stipulato con vari Stati esteri, ha previsto un particolare criterio volto ad individuare la residenza effettiva di un soggetto trasferitosi all’estero, attraverso la determinazione del suo “centro degli interessi vitali“.
A tal proposito si veda Commissione Tributaria Regionale, Lombardia-Milano, sez. II, sentenza 11/04/2017 n° 1685 :
“Per le due contribuenti, cittadine italiane cancellate dalle anagrafi della popolazione residente e trasferite in Stato o territorio avente un regime fiscale privilegiato, l’individuazione del domicilio fiscale deve basarsi sull’effettivo centro degli affari e degli interessi, non solo economici, ma anche morali e familiari, desumibile, nel caso in esame, dal
fattore dirimente della reale permanenza del soggetto nel territorio nazionale, cioè sulla residenza intesa come dimora
abituale ai sensi dell’art. 43, secondo comma, del codice civile, dimora che si stima essere avvenuta principalmente in Italia, pur nella disponibilità permanente dell’abitazione di — (n.d.r.: Città estera), luogo di elezione della residenza anagrafica.”
Liste selettive dei contribuenti A.I.R.E. (Anagrafe Italiani residenti all’estero).
L’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza effettuano ogni anno controlli per verificare l’effettivo trasferimento all’estero di cittadini italiani.
Il tutto avviene con la formazione di Liste selettive dei contribuenti A.I.R.E. (Anagrafe Italiani residenti all’estero).
In particolare con il D.L. n. 193/16 (che con il comma 5 dell’art. 7 ha aggiunto all’articolo 83 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i commi 17-bis e 17-ter), sono state apportate rilevanti modifiche in questa tipologia di controlli.
I Comuni sono obbligati a segnalare all’Agenzia delle Entrate le iscrizioni A.I.R.E. effettuate, con un termine massimo di sei mesi da ogni iscrizione.
La comunicazione è necessaria al fine di formare l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), istituita presso il Ministero dell’Interno ai sensi dell’articolo 62 del Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
Attraverso l’ANPR l’Amministrazione finanziaria è in grado di incrociare il dato con le proprie banche dati. Il tutto con l’obiettivo di formare Liste Selettive di contribuenti.
Liste Selettive che fungono da punto partenza per i successivi controlli fiscali volti:
- in primo luogo a verificare la residenza fiscale;
- in secondo luogo destinati alla valutazione di attività finanziarie ed investimenti patrimoniali esteri.
l’Agenzia delle Entrate, con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n.43999 del 3 marzo 2017 (Modalità di acquisizione dei dati dei richiedenti l’iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero e definizione dei criteri per la formazione delle liste selettive per i controlli relativi ad attività finanziarie e investimenti patrimoniali esteri non dichiarati) ha fornito delle importanti indicazioni su questo tipo di attività accertativa.
Il provvedimento delle Entrate stabilisce che le Liste selettive devono essere formate sulla base di elementi che facciano ipotizzare la permanenza dei cittadini in Italia. Questo nonostante il dichiarato trasferimento di residenza all’estero.
Vediamo, quindi, i criteri scelti dall’Agenzia delle Entrate per individuare il rischio evasione. Ovvero i criteri scelti per la formazione delle Liste Selettive dei contribuenti da sottoporre ad accertamenti fiscali.
In base al punto2.1 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate:
“I criteri da utilizzare per la formazione delle liste selettive di cui all’articolo 83, comma 17-bis, del decreto legge n. 112 del 2008, basati anche su elementi segnaletici della permanenza dei soggetti in Italia, sono i seguenti:
a) residenza dichiarata in uno degli Stati e territori a fiscalità privilegiata, individuati dal decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999;
b) movimenti di capitale da e verso l’estero, trasmessi dagli operatori
finanziari nell’ambito del monitoraggio fiscale di cui al decreto legge
28 giugno 1990 n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4
agosto 1990, n. 227;
c) informazioni relative a patrimoni immobiliari e finanziari detenuti
all’estero, trasmesse dalle Amministrazioni fiscali estere nell’ambito
di Direttive europee e di Accordi di scambio automatico di
informazioni;
d) residenza in Italia del nucleo familiare del contribuente;
e) atti del registro segnaletici dell’effettiva presenza in Italia del
contribuente;
f) utenze elettriche, idriche, del gas e telefoniche attive;
g) disponibilità di autoveicoli, motoveicoli e unità da diporto;
h) titolarità di partita Iva attiva;
i) rilevanti partecipazioni in società residenti di persone o a ristretta base azionaria;
j) titolarità di cariche sociali;
k) versamento di contributi per collaboratori domestici;
l) informazioni trasmesse dai sostituti d’imposta con la Certificazione
unica e con il modello dichiarativo 770;
m) informazioni relative a operazioni rilevanti ai fini IVA, comunicate ai
sensi dell’articolo 21 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122
nonché ai sensi del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127.“
Le Liste Selettive di contribuenti da sottoporre a controllo sono elaborate da un applicativo informatico, il So.No.Re. (Soggetti Non Residenti), un software in grado di incrociare informazioni presenti in diverse banche dati, capace di incrociare i dati presenti nelle tante costellazioni dell’anagrafe tributaria e intercettare non solo gli italiani che spostano risorse fuori dall’Italia ma, anche gli stranieri che operano “silenziosamente” (per il Fisco) in Italia. Il So.No.Re. dovrebbe poter leggere tutte le informazioni che arrivano dai Paesi con i quali è attivo lo scambio automatico di dati.
Le informazioni possono pervenire anche dalle utenze (gli allacciamenti al gas e all’energia elettrica impongono di comunicare il proprio codice fiscale).
So.No.Re. dovrebbe poter intensificare anche la caccia agli italiani che spostano redditi e capitali all’estero. Il primo dato arriva proprio dalla iscrizione all’ A.I.R.E., trasmessa al Comune dell’ultima residenza, che può essere incrociato con altri dati in grado di indicare la presenza o no del contribuente (comunicazioni dei dati rilevanti ai fini IVA, informazioni riguardanti lo scambio di informazioni fiscali).
La lettera d) del primo comma dell’art. 4 della Legge
27 ottobre 1988, n.470, “Anagrafe e censimento degli italiani all’estero”, che istituisce l’AIRE, modificata dalla Legge, 27/05/2002 n° 104, prescrive che la cancellazione dalle anagrafi degli italiani residenti all’estero viene effettuata per irreperibilità presunta, salvo prova contraria:
1) trascorsi cento anni dalla nascita;
2) dopo due rilevazioni censuarie consecutive concluse con esito
negativo (2);
3) quando risulti inesistente, tanto nel comune di provenienza
quanto nell’AIRE, indirizzo all’estero;
4) quando risulti dal ritorno per mancato recapito della cartolina
avviso, spedita ai sensi dell’articolo 6 della legge 7 febbraio 1979,
n. 40 (3), in occasione delle due ultime consultazioni che si siano
tenute con un intervallo non inferiore ad un anno, esclusa l’elezione del Parlamento europeo limitatamente ai cittadini residenti nei Paesi dell’Unione europea nonché le consultazioni referendarie locali.
Ai sensi del primo comma dell’art. 5 della Legge
27 ottobre 1988, n.470, gli ufficiali di anagrafe che eseguono le iscrizioni, le mutazioni e le cancellazioni di cui agli articoli
2, 3 e 4 devono darne comunicazione entro quarantotto ore al Ministero dell’interno che le comunica entro sessanta giorni dalla ricezione ai competenti uffici consolari.
L’ufficio dell’anagrafe non dispone della polizia municipale per svolgere controlli all’estero pertanto il quinto comma dell’art. 5 della Legge 27 ottobre 1988, n.470 stabilisce che le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari provvedono comunque a svolgere ogni opportuna azione intesa a promuovere la presentazione delle dichiarazioni di cui al presente articolo, anche sulla base delle comunicazioni di cui all’articolo 5, ed avvalendosi, per quanto possibile, della collaborazione delle pubbliche autorità locali, per ottenere la segnalazione dei nominativi dei cittadini italiani residenti nelle rispettive circoscrizioni e dei relativi recapiti.
Chi dichiara una residenza falsa rischia una condanna penale alla reclusione da tre mesi a due anni. Si tratta, infatti, della pena fissata dall’articolo 483 del codice penale per il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.
La Corte di Cassazione in tema di residenza fiscale della persona fisica si è così espressa:
Corte di cassazione, sentenza n. 6501/2015
I Supremi Giudici hanno esaminato il caso di un cittadino italiano che ha trasferito la propria residenza in un altro Paese, confermando la rilevanza del luogo in cui la gestione degli interessi vitali della persona fisica viene esercitata abitualmente.
Corte di cassazione, sentenza n. 12311/2016
Ai fini della determinazione del luogo della residenza devono essere presi in considerazione sia i legami professionali e personali dell’interessato in un luogo determinato, sia la loro durata.
Qualora tali legami non siano concentrati in un solo Stato membro, l’articolo 7, n. 1, comma 2, Direttiva 83/182/CEE riconosce la preminenza dei legami personali sui legami professionali.
Molta importanza rivestono i seguenti elementi: presenza della persona fisica in un determinato territorio nonché quella dei suoi familiari, la disponibilità di un’abitazione, il luogo di esercizio delle attività professionali e quello in cui vi siano interessi patrimoniali.
Corte di cassazione, ordinanza n. 16634/2018
I Supremi Giudici hanno chiarito che le persone iscritte presso le anagrafi della popolazione residente si considerano, in applicazione del criterio formale dettato dall’articolo 2 Tuir, in ogni caso residenti e soggetti passivi d’imposta in Italia.
Corte di cassazione, sentenza n. 13114/2018
La mera iscrizione all’AIRE non e condizione sufficiente ad escludere, in linea di principio, la residenza fiscale del soggetto passivo sul territorio dello Stato.
Corte di cassazione, sentenza n. 19410/2018
I Supremi Giudici hanno ritenuto che il contribuente avesse fornito la prova contraria necessaria a vincere la presunzione legale relativa posta dalla norma, tenuto conto che la persona fisica aveva dimostrato di risiedere all’estero ove aveva intrattenuto rapporti personali e professionali.
La Corte di cassazione si è espressa in varie pronunce, ribadendo che l’iscrizione all’Aire deve ritenersi un mero dato formale, con ciò assegnando maggior valore al domicilio attribuibile al contribuente, “inteso come la sede principale degli affari e degli interessi economici nonché delle relazioni personali come desumibile da elementi presuntivi ed a prescindere dall’iscrizione del soggetto all’AIRE” (Cassazione nn. 21694/2020, 21695/2020, 21696/2020 e 21697/2020, tutte dell’8 ottobre, e anche nn. 678/2015, 24246/2011 e 14434/2010)
La Corte di cassazione nell’ordinanza n. 11620 del 4 maggio 2021 si è così espressa:
“Secondo una costante giurisprudenza di questa Corte, i criteri di collegamento tra persona fisica e territorio dello Stato (residenza e domicilio) sono tra di loro alternativi, a ciò conducendo l’utilizzo nella suddetta norma della congiunzione «o». Sicché, nella trama normativa coesistono più criteri di collegamento, «il primo, formale, rappresentato dall’iscrizione nelle anagrafi delle popolazioni residenti, gli altri due, di fatto, costituiti dalla residenza o dal domicilio nello Stato ai sensi del codice civile; ne consegue che l’iscrizione del cittadino nell’anagrafe dei residenti all’estero non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, allorché il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali» (Cass., Sez. V, 1° marzo 2019, n. 6117; conf. Cass., Sez. V, 16 gennaio 2015, n. 678; Cass., Sez. V, 18 novembre 2011, n. 24246; Cass., 15 giugno 2010, n. 14434; Cass., Sez. V., 26 febbraio 2007, n. 4304). Il che comporta che, benché un contribuente non sia più formalmente residente in Italia, possa ritenersi sussistente la residenza ai fini fiscali ove venga provato che il contribuente abbia mantenuto in Italia (o ivi stabilito) il proprio domicilio civilistico.
………..
3.9 – Va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: «ai fini dell’accertamento della residenza fiscale in Italia di persona fisica iscritta all’A.I.R.E. deve accertarsi se la persona fisica abbia fissato o mantenuto in Italia il proprio domicilio, come disciplinato dal codice civile, riconoscibile ai terzi, inteso come stabile fissazione nel territorio dello Stato, per la maggior parte del periodo di imposta, de/luogo della gestione dei propri interessi ed affari».”
Nuovo orientamento della Corte di Cassazione: la valenza degli interessi e degli affari economico-patrimoniali è prioritaria rispetto al luogo delle relazioni affettive e familiari
Da sottolineare che la Corte di cassazione affermando che la valenza degli interessi e degli affari economico-patrimoniali è prioritaria rispetto al luogo delle relazioni affettive e familiari (che rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo con il quale il soggetto ha il più stretto collegamento) ha assunto un orientamento differente rispetto al passato ((Cassazione nn. 32992/2018, 45752/2017 e 6501/2015).
Corte di cassazione, ordinanza n. 32992/2018
Gli Ermellini hanno confermato la prevalenza degli interessi economici del soggetto passivo, intesi come centro principale degli affari e interessi, rispetto ai legami affettivi e familiari (elementi di natura morale o personale)
Sempre con l’ordinanza n. 11620 del 4 maggio 2021 la Corte di cassazione si è così espressa:
“3.5 – Sotto il medesimo profilo, assume ulteriore rilevanza – ai
fini dell’individuazione della fissazione del domicilio – il concetto di
riconoscibilità dello stesso da parte dei terzi, riconoscibilità che –
secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, alla quale
deve darsi continuità – va individuata in relazione alla gestione degli interessi e degli affari economico-patrimoniali, prioritariamente rispetto al luogo delle relazioni affettive e familiari (Cass., Sez. V, 20dicembre 2018, n. 32992; Cass., Sez. V, 31 marzo 2015, n. 6501).
Ne consegue che il domicilio deve, non solo, essere il luogo di
gestione dei propri interessi, riconoscibile dai terzi (Cass., Sez. V, 2
marzo 2020, n. 5642; Cass., n. 24246/2011, cit.; Cass., Sez. V, 22
ottobre 2010, n. 21689; Cass., Sez. V, 15 giugno 2010, n. 14434),
ma questa riconoscibilità deve essere agganciata a indici tali da
individuare in Italia prioritariamente gli interessi del contribuente di
carattere economico e patrimoniale (Cass., n. 32992/2018, cit.;
Cass., n. 6501/2015, cit.).”
La Corte di Cassazione con ordinanza del 25/05/2022, n. 16954, richiamando l’ordinanza n. 32992/2018, ha ribadito che le relazioni affettive e familiari non rivestono un ruolo preponderante rispetto agli interessi e gli affari economico-patrimoniali, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi.
Si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato
Ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis del TUIR, introdotto dall’articolo 10 della legge n. 448 del 23 dicembre 1998, si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori individuati dall’art. 1 (Individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato) del Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze.
Il comma 2-bis dell’articolo 2 del Tuir, ai fini della presunzione di residenza in Italia delle persone fisiche, fa gravare l’onere della prova contraria su tutti i soggetti che sono emigrati in uno degli Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, come individuati nel decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, anche quando l’emigrazione sia avvenuta transitando anagraficamente per uno Stato terzo, non ricompreso in tale decreto.
Per quanto attiene ai trasferimenti in Stati o territori diversi da quelli considerati in tale decreto, permane invece a carico dell’Amministrazione l’onere della prova, con i poteri e le modalità istruttorie tratteggiate nella circolare n. 304/E del 1997.
Per considerare le difficoltà e le possibili conseguenze che può comportare l’inversione dell’onere della prova basti pensare, per esempio, al periodo di permanenza: una cosa è dover dimostrare di essere stato residente in uno Stato per più di 183 gg., altro è che sia l’Amministrazione Finanziaria a dover dimostrare il contrario.
In base all’art. 1 (Stati fiscalmente privilegiati ai fini IRPEF)delDecreto del 04/05/1999 – Min. Finanze, in vigore dal 24/02/2014, Modificato da: Decreto del 12/02/2014 Articolo 1, si considerano fiscalmente privilegiati, ai fini dell’applicazione dell’art. 2, comma 2-bis del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, i seguenti Stati e territori:
Alderney (Aurigny);
Andorra (Principat d’Andorra);
Anguilla;
Antigua e Barbuda (Antigua and Barbuda);
Antille Olandesi (Nederlandse Antillen);
Aruba;
Bahama (Bahamas);
Bahrein (Dawlat al-Bahrain);
Barbados;
Belize;
Bermuda;
Brunei (Negara Brunei Darussalam);
(Paese eliminato dalla lista ai sensi dell’art. 2 decreto 27 luglio 2010);
Costa Rica (Republica de Costa Rica);
Dominica;
Emirati Arabi Uniti (Al-Imarat al-‘Arabiya al Muttahida);
Ecuador (Repuplica del Ecuador);
Filippine (Pilipinas);
Gibilterra (Dominion of Gibraltar);
Gibuti (Djibouti);
Grenada;
Guernsey (Bailiwick of Guernsey);
Hong Kong (Xianggang);
Isola di Man (Isle of Man);
Isole Cayman (The Cayman Islands);
Isole Cook;
Isole Marshall (Republic of the Marshall Islands);
Isole Vergini Britanniche (British Virgin Islands);
Jersey;
Libano (Al-Jumhuriya al Lubnaniya);
Liberia (Republic of Liberia);
Liechtenstein (Furstentum Liechtenstein);
Macao (Macau);
Malaysia (Persekutuan Tanah Malaysia);
Maldive (Divehi);
(Paese eliminato dalla lista ai sensi dell’art. 2 decreto 27 luglio 2010);
Maurizio (Republic of Mauritius);
Monserrat;
Nauru (Republic of Nauru);
Niue;
Oman (Saltanat ‘Oman);
Panama (Republica de Panama’);
Polinesia Francese (Polynesie Francaise);
Monaco (Principaute’ de Monaco);
Sark (Sercq);
Seicelle (Republic of Seychelles);
Singapore (Republic of Singapore);
Saint Kitts e Nevis (Federation of Saint Kitts and Nevis);
Saint Lucia;
Saint Vincent e Grenadine (Saint Vincent and the Grenadines);
Svizzera (Confederazione Svizzera);
Taiwan (Chunghua MinKuo);
Tonga (Pule’anga Tonga);
Turks e Caicos (The Turks and Caicos Islands);
Tuvalu (The Tuvalu Islands);
Uruguay (Republica Oriental del Uruguay);
Vanuatu (Republic of Vanuatu);
Samoa (Indipendent State of Samoa).
Come possiamo vedere nella Black List “italiana” , di cui al DM 4 maggio 1999, che serve ad attivare l’inversione dell’onere della prova riguardo all’effettiva residenza fiscale dei cittadini italiani emigrati nei Paesi indicati nella lista, sono ricomprese
insieme a giurisdizioni come:
- gli Emirati Arabi Uniti (Al-Imarat al-‘Arabiya al Muttahida); Panama (Republica de Panama’); Bahama (Bahamas); Saint Kitts e Nevis (Federation of Saint Kitts and Nevis); le Bermuda;
anche giurisdizioni europee come:
- le “Dipendenze della corona britannica” (Crown Dependencies: la giurisdizione (Bailiwick) di Guernsey , la giurisdizione (Bailiwick) di Jersey e l’ isola di Man )”; il Principato di Monaco (Principaute’ de Monaco); la Svizzera (Confederazione Svizzera); il Liechtenstein (Furstentum Liechtenstein), Gibilterra (Dominion of Gibraltar).
(1) Article 4 RESIDENT 1. For the purposes of this Convention, the term “resident of a Contracting State” means any person who, under the laws of that State, is liable to tax therein by reason of his domicile, residence, place of management or any other criterion of a similar nature, and also includes that State and any political subdivision or local authority thereof. This term, however, does not include any person who is liable to tax in that State in respect only of income from sources in that State or capital situated therein. 2. Where by reason of the provisions of paragraph 1 an individual is a resident of both Contracting States, then his status shall be determined as follows: a) he shall be deemed to be a resident only of the State in which he has a permanent home available to him; if he has a permanent home available to him in both States, he shall be deemed to be a resident only of the State with which his personal and economic relations are closer (centre of vital interests); b) if the State in which he has his centre of vital interests cannot be determined, or if he has not a permanent home available to him in either State, he shall be deemed to be a resident only of the State in which he has an habitual abode; c) if he has an habitual abode in both States or in neither of them, he shall be deemed to be a resident only of the State of which he is a national; d) if he is a national of both States or of neither of them, the competent authorities of the Contracting States shall settle the question by mutual agreement. 3. Where by reason of the provisions of paragraph 1 a person other than an individual is a resident of both Contracting States, then it shall be deemed to be a resident only of the State in which its place of effective management is situated.
(2) Da ottobre 2018 l’Istat ha avviato la nuova rilevazione censuaria con cadenza annuale e non più decennale. Il Censimento permanente non coinvolge più tutte le famiglie nello stesso momento, ma solo un campione di esse.
(3) Art. 6.
Salvo quanto disposto dalla legge sulla elezione dei rappresentanti
dell’Italia al Parlamento europeo, entro il ventesimo giorno
successivo a quello della pubblicazione del decreto di convocazione
dei comizi, a cura dei comuni di iscrizione elettorale e’ spedita
agli elettori residenti all’estero una cartolina avviso recante
l’indicazione della data della votazione, l’avvertenza che il
destinatario potra’ ritirare il certificato elettorale presso il
competente ufficio comunale e che la esibizione della cartolina
stessa da’ diritto al titolare di usufruire delle facilitazioni di
viaggio per recarsi a votare nel comune di iscrizione elettorale.
Le cartoline devono essere spedite col mezzo postale piu’ rapido.