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Linee guida OCSE sui prezzi di trasferimento per le imprese multinazionali e le amministrazioni fiscali 2022

In un’economia globale in cui le imprese multinazionali (multinational enterprises (MNE)) svolgono un ruolo di primo piano, i governi devono garantire che gli utili imponibili delle multinazionali non siano spostati artificialmente al di fuori della loro giurisdizione e che la base imponibile dichiarata dalle multinazionali nel loro paese rifletta l’attività economica intrapresa al loro interno . Per i contribuenti è fondamentale limitare i rischi di doppia imposizione economica. Le linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento forniscono indicazioni sull’applicazione del “principio di libera concorrenza”, che è il consenso internazionale sulla valutazione delle transazioni transfrontaliere tra imprese associate. L’ edizione di gennaio 2022 delle “Linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento” include la guida rivista sull’applicazione del metodo dell’utile transazionale e la guida per le amministrazioni fiscali sull’applicazione dell’approccio ai beni immateriali di difficile valutazione concordata nel 2018, nonché la nuova guida sui prezzi di trasferimento per le transazioni finanziarie approvato nel 2020. Infine, sono state apportate modifiche di coerenza al resto delle Linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento. Le linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento sono state approvate dal Consiglio dell’OCSE nella loro versione originale nel 1995. così come le nuove linee guida sui prezzi di trasferimento sulle transazioni finanziarie approvate nel 2020. Infine, sono state apportate modifiche di coerenza al resto delle linee guida sui prezzi di trasferimento dell’OCSE. Le linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento sono state approvate dal Consiglio dell’OCSE nella loro versione originale nel 1995. così come le nuove linee guida sui prezzi di trasferimento sulle transazioni finanziarie approvate nel 2020. Infine, sono state apportate modifiche di coerenza al resto delle linee guida sui prezzi di trasferimento dell’OCSE. Le linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento sono state approvate dal Consiglio dell’OCSE nella loro versione originale nel 1995.

OECD Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations 2022

Fuori campo Iva gli aggiustamenti compensativi di fine anno per il transfer pricing

Fuori campo Iva gli aggiustamenti compensativi di fine anno per il transfer pricing

Con l’istanza di interpello  e’ stato esposto il seguente
quesito:

la società interpellante ALFA S.p.a fa presente che il Gruppo d’imprese “BETA”, cui appartiene, ha adottato una policy TP (trasfer pricing) di gruppo al fine di evitare che i trasferimenti infragruppo, come quelli sopra illustrati che intercorrono tra la stessa e le proprie controllate comunitarie, possano essere oggetto di rettifica da parte
delle competenti Amministrazioni fiscali.

In particolare, la società interpellante rileva che i prezzi di trasferimento infragruppo praticati alle proprie consociate comunitarie sono oggetto, come emerge dalla policy TP del Gruppo, di uno studio articolato nelle due fasi di seguito illustrate:

  1.  viene impiegata una metodologia di CUP (Compared Uncontrolled Price) di tipo interno (1), in base alla quale, al netto di opportuni aggiustamenti, confronta il prezzo dei beni praticato da ALFA S.p.A. alle proprie consociate comunitarie con quello applicato dalla stessa istante nelle transazioni effettuate con soggetti terzi indipendenti. Gli aggiustamenti applicati al prezzo individuato col metodo del CUP, come chiarito dallo stesso istante nella nota inoltrata in sede di presentazione della documentazione integrativa, si sostanziano in uno sconto del XX sul prezzo dei prodotti finiti praticabile a terzi indipendenti; quest’ultima riduzione sarebbe imputabile ai costi più alti sopportati dalle consociate rispetto ai rivenditori terzi;
  2. viene effettuata a fine anno un’ analisi corroborativa (sanity check) mediante il TNMM (Transactional Net Margin Method) (2) , volta ad assicurare che, ferma restando l’applicazione dei prezzi infragruppo individuati secondo il metodo del CUP di tipo interno (al netto delle opportune correzioni), anche le marginalità (espresse in termini di Operating Margin o Return o sales) delle consociate comunitarie siano coerenti con il profilo funzionale assunto dalle medesime e ricadano all’interno dell’intervallo interquartile dell’apposito benchmark elaborato dal gruppo

Al fine di riportare il margine operativo entro livelli tali da
risultare coerenti con il profilo funzionale delle medesime, come delineato dall’apposito benchmark elaborato dal gruppo, si è reso necessario fare degli aggiustamenti.
Pertanto, ALFA S.p.A. riferisce che la stessa “emetterà delle fatture di aggiustamento” nei confronti delle controllate comunitarie le quali registreranno un extra costo che diminuirà il loro EBIT (Earnings Before Interests and Taxes ) e quindi il relativo ROS (return on sales) risultato operativo medio per unità di ricavo.

Tanto premesso, la società interpellante – dopo aver evidenziato che le transazioni finanziarie intercorse tra la stessa e la consociata tedesca e la stabile organizzazione austriaca di quest’ultima sono oggetto di una procedura di Bilateral Advanced Price Agreement, per i periodi di imposta XXX – chiede chiarimenti in merito al trattamento, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, da riservare agli ” aggiustamenti dei prezzi” sopra descritti operati al solo fine di riportare la marginalità delle consociate comunitarie sopra indicate entro il range di valori individuato dalla policy TP del gruppo.

L’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 884 del 30 dicembre 2021, riguardante il trattamento IVA degli aggiustamenti compensativi di fine anno per il transfer pricing,  ha espresso il parere secondo il quale occorre, in primo luogo, verificare se le regolazioni finanziarie intervenute, a fronte dei predetti aggiustamenti, tra la società istante e le proprie consociate comunitarie costituiscano:

  •  il corrispettivo di una autonoma cessione di beni e/o prestazione di servizi, ai sensi degli articoli 2 e 3 del DPR n. 633 del 1972, resa dal soggetto ricevente le somme versate a titolo di aggiustamenti transfer pricing;
  • ovvero se le stesse rappresentino delle variazioni in aumento della base imponibile, ai sensi dell’articolo 13 del DPR n. 633 del 1972, delle originarie cessioni di beni poste in essere dal soggetto destinatario della regolazione finanziaria, ovvero la società istante.

A tal riguardo, si fa presente che l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a, della Direttiva n. 112 del 2006 stabilisce che sono soggette all’imposta sul valore aggiunto, tra l’altro, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisca in quanto tale.

Nell’ordinamento comunitario le definizioni di cessioni di beni e prestazioni di servizi sono contenute rispettivamente negli articoli 14 e 24 della citata Direttiva n. 112 del 2006, disposizioni che trovano corrispondenza negli articoli 2 e 3 del DPR n. 633 del 1972. Il richiamato articolo 14, paragrafo 1, della Direttiva n. 112 del 2006 definisce, infatti, “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come un proprietario, mentre il successivo articolo 24, paragrafo 1, stabilisce che si considera prestazioni di servizi “ogni operazione che non costituisce una cessione di  beni”.

Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea “una cessione di beni o una prestazione di servizi è effettuata a titolo oneroso, ai sensi della direttiva IVA, soltanto se esiste tra, da una parte, il fornitore o il prestatore e, dall’altra, l’acquirente o il beneficiario, un rapporto giuridico nel corso del quale vengono scambiate prestazioni reciproche; la retribuzione percepita dal fornitore o dal prestatore costituisce l’effettivo controvalore del bene o del servizio forniti all’acquirente o al beneficiario” (in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2017 relativa alla causa C-37/16 e da ultimo sentenza 19 dicembre 2018 relativa alla causa C-51/18).

In particolare, i giudici comunitari hanno, altresì, statuito che al fine di verificare se tra l’autore di una prestazione e il beneficiario e/o committente intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di prestazioni sinallagmatiche, è necessario riscontrare se “esista un nesso diretto fra il servizio fornito dal prestatore e il controvalore ricevuto, ove le somme versate costituiscono un corrispettivo effettivo di un servizio individualizzabile fornito nell’ambito di un siffatto rapporto giuridico” (sentenza Corte di Giustizia 5 luglio 2018, C-544/16, punti 36 e 37 e giurisprudenza ivi citata).

Al fine di stabilire se le regolazioni finanziarie operate in attuazione degli aggiustamenti transfer pricing rappresentino il corrispettivo di un’operazione rilevante ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, in applicazione di principi statuiti dalla giurisprudenza comunitaria,  si rende, quindi, necessario

  1. riscontrare l’esistenza di rapporto un giuridico a prestazioni reciproche tra la società e le proprie consociate estere
  2. conseguentemente, verificare se nell’ambito del predetto rapporto sussista un nesso diretto tra i trasferimenti effettuati a titolo di aggiustamenti TP e eventuali cessione di beni e/ o prestazione di servizi rese dalla società.

Dall’esame delle pattuizioni contenute nella policy TP del gruppo d’imprese ” BETA” emerge che le regolazioni finanziarie operate a seguito degli aggiustamenti TP, essendo esclusivamente finalizzate a consentire alle consociate comunitarie di conseguire un margine operativo entro lo specifico range individuato dall’analisi di benchmark, non rappresentino il controvalore effettivo né di specifiche cessioni di beni né di autonome prestazioni di servizi fornite dal soggetto destinatario delle somme dovute a titolo di aggiustamenti TP.

Esclusa, quindi, l’esistenza di un nesso diretto tra i trasferimenti a titolo di aggiustamenti TP effettuati dalle consociate comunitarie e specifiche cessioni di beni e/ o prestazioni di servizi (diverse da quelle già effettuate) rese da ALFA S.p.a., occorre indagare se i predetti aggiustamenti TP costituiscano delle variazioni in aumento della base imponibile IVA delle originarie cessioni di prodotti finiti poste in essere dalla stessa istante.

Si osserva che, come emerge anche dalla nota inoltrata dall’istante in sede di presentazione della documentazione integrativa, gli aggiustamenti di TP di cui trattasi, pur comportando per le consociate estere di ALFA S.p.a. la rilevazione di un extra costo finalizzato ad abbassare il loro margine operativo, non siano correlati in modo diretto con le originarie cessioni di prodotti finiti effettuate dalla medesima interpellante.

In altri termini, anche se i correttivi operati in base al metodo TNMM comportano, di fatto, l’imputazione di un maggior costo per le consociate estere non è riscontrabile, sulla base della documentazione prodotta dall’istante, che detto maggior onere sia direttamente collegato alle operazioni (cessioni di beni) già effettuate e, quindi, che lo stesso concretizzi una rettifica in aumento della base imponibile IVA delle stesse.

Pertanto, si ritiene che le regolazioni finanziarie operate a seguito degli aggiustamenti TP in esame, eseguiti in attuazione della policy TP del Gruppo “BETA” , siano esclusi dal campo di applicazione dell’IVA.

(1) Comparable uncontrolled price (CUP) method

Il metodo del prezzo non controllato comparabile (CUP) confronta il prezzo e le condizioni di prodotti o servizi in una transazione controllata con quelli di una transazione non controllata tra parti non correlate. Per fare questo confronto, il metodo CUP richiede i cosiddetti dati comparabili. Per essere considerata un prezzo comparabile, la transazione non controllata deve soddisfare elevati standard di comparabilità. In altre parole, le transazioni devono essere estremamente simili per essere considerate comparabili con questo metodo.

L’OCSE raccomanda questo metodo quando possibile. È considerato il modo più efficace e affidabile per applicare il principio di libera concorrenza a una transazione controllata. Detto questo, può essere molto difficile identificare una transazione che sia adeguatamente paragonabile alla transazione controllata in questione. Ecco perché il metodo CUP viene utilizzato più frequentemente quando è disponibile una quantità significativa di dati per effettuare il confronto.

Nella maggior parte del mondo è chiamato il metodo CUP, ma negli Stati Uniti può essere indicato come uno dei seguenti: il metodo CUP per la determinazione del prezzo di beni materiali , il metodo CUT (Comparabile UnControled Transaction) per la determinazione del prezzo di beni immateriali o il metodo metodo del prezzo comparabile dei servizi incontrollati (CUSP) per la determinazione del prezzo dei servizi. 

Ci sono generalmente due modi diversi per applicare il metodo CUP:

  • il CUP interno. Per determinare i prezzi di trasferimento a condizioni di mercato utilizzando il metodo CUP interno, una società deve trovare esempi di transazioni comparabili che ha effettuato con terze parti. Per essere conforme alla normativa sui prezzi di trasferimento, il metodo CUP prevede che i termini delle operazioni con parti correlate siano gli stessi delle operazioni con terzi.
  • e il CUP esterno. Per determinare i prezzi di trasferimento a condizioni di mercato utilizzando il metodo CUP esterno, una società può considerare il prezzo di transazioni comparabili che hanno luogo tra terze parti, nella misura in cui esistono. Sebbene le autorità fiscali accettino sia il metodo CUP interno che quello esterno, è estremamente difficile per le aziende trovare transazioni esterne sufficientemente paragonabili alle proprie. Ecco perché il percorso interno è quasi sempre preferito per applicare il metodo CUP.

(2) Il metodo del margine netto transazionaletransactional net margin method (TNMM) ) nei prezzi di trasferimento confronta il margine di profitto netto di un contribuente derivante da una transazione non in condizioni di mercato con i margini di profitto netti realizzati da parti in condizioni di mercato da transazioni simili; ed esamina il margine di profitto netto relativo a una base appropriata come costi, vendite o attività.

I cinque diversi metodi di transfer pricing

I cinque diversi metodi di transfer pricing

I cinque diversi metodi di transfer pricing delineati nelle normative statunitensi sui prezzi di trasferimento rientrano in due categorie:

  • metodi di transazione tradizionali che considerano le singole transazioni, esaminano i termini e le condizioni delle transazioni non controllate effettuate da organizzazioni di terze parti. Queste transazioni vengono quindi confrontate con transazioni controllate tra società collegate per garantire che operino a condizioni di mercato. Esistono tre metodi di transazione tradizionali:
    • comparable uncontrolled price (CUP) method (metodo del prezzo non controllato comparabile);
    • resale price method (RPM) (metodo del prezzo di rivendita );
    • cost plus method (CPLM) (metodo del costo maggiorato);
  • metodi di profitto transazionale che considerano i profitti dell’azienda nel loro insieme. A differenza dei metodi di transazione tradizionali, i metodi basati sul profitto non esaminano i termini e le condizioni di transazioni specifiche. Al contrario, misurano i profitti operativi netti derivanti da transazioni controllate e li confrontano con gli utili di società terze che effettuano transazioni comparabili. Questo viene fatto per garantire che tutti i markup aziendali siano a condizioni di mercato:
    • comparable profits method (CPM)(metodo dei profitti comparabili), anche conosciuto come transactional net margin method (TNMM)(metodo del margine netto transazionale);
    • profit split method (PSM)metodo di ripartizione degli utili).

Ciascun metodo adotta un approccio leggermente diverso e presenta vantaggi e rischi associati.

Tuttavia, trovare i dati comparabili necessari per utilizzare questi metodi è spesso molto difficile. Anche le più piccole variazioni nelle caratteristiche del prodotto possono portare a differenze di prezzo significative, quindi può essere molto difficile trovare transazioni comparabili che non sollevino bandiere rosse e non siano messe in discussione dai revisori dei conti.

Comparable uncontrolled price (CUP) method

Il metodo del prezzo non controllato comparabile (CUP) confronta il prezzo e le condizioni di prodotti o servizi in una transazione controllata con quelli di una transazione non controllata tra parti non correlate. Per fare questo confronto, il metodo CUP richiede i cosiddetti dati comparabili. Per essere considerata un prezzo comparabile, la transazione non controllata deve soddisfare elevati standard di comparabilità. In altre parole, le transazioni devono essere estremamente simili per essere considerate comparabili con questo metodo.

L’OCSE raccomanda questo metodo quando possibile. È considerato il modo più efficace e affidabile per applicare il principio di libera concorrenza a una transazione controllata. Detto questo, può essere molto difficile identificare una transazione che sia adeguatamente paragonabile alla transazione controllata in questione. Ecco perché il metodo CUP viene utilizzato più frequentemente quando è disponibile una quantità significativa di dati per effettuare il confronto.

Nella maggior parte del mondo è chiamato il metodo CUP, ma negli Stati Uniti può essere indicato come uno dei seguenti: il metodo CUP per la determinazione del prezzo di beni materiali , il metodo CUT (Comparabile UnControled Transaction) per la determinazione del prezzo di beni immateriali o il metodo metodo del prezzo comparabile dei servizi incontrollati (CUSP) per la determinazione del prezzo dei servizi. 

Ci sono generalmente due modi diversi per applicare il metodo CUP:

  • il CUP interno. Per determinare i prezzi di trasferimento a condizioni di mercato utilizzando il metodo CUP interno, una società deve trovare esempi di transazioni comparabili che ha effettuato con terze parti. Per essere conforme alla normativa sui prezzi di trasferimento, il metodo CUP prevede che i termini delle operazioni con parti correlate siano gli stessi delle operazioni con terzi.
  • e il CUP esterno. Per determinare i prezzi di trasferimento a condizioni di mercato utilizzando il metodo CUP esterno, una società può considerare il prezzo di transazioni comparabili che hanno luogo tra terze parti, nella misura in cui esistono. Sebbene le autorità fiscali accettino sia il metodo CUP interno che quello esterno, è estremamente difficile per le aziende trovare transazioni esterne sufficientemente paragonabili alle proprie. Ecco perché il percorso interno è quasi sempre preferito per applicare il metodo CUP.

La maggior parte delle autorità fiscali consiglia di utilizzare il Comparable uncontrolled price (CUP) method quando possibile.

 L’inconveniente del metodo CUP è che lo standard di comparabilità è estremamente elevato. Le normative sui prezzi di trasferimento specificano che una serie di fattori diversi, come il volume, i termini contrattuali e il potenziale di profitto per citarne alcuni, devono essere comparabili per applicare questo metodo. In altre parole, le circostanze delle transazioni devono essere quasi identiche. Soddisfare questi requisiti è difficile, poiché ci sono molte variabili che possono cambiare il risultato finale.

Resale price method (RPM)

Il metodo del prezzo di rivendita (RPM) utilizza il prezzo di vendita di un prodotto o servizio, altrimenti noto come prezzo di rivendita. Questo numero viene quindi ridotto con un margine lordo, determinato confrontando i margini lordi in transazioni comparabili effettuate da organizzazioni simili ma non correlate. Quindi, i costi associati all’acquisto del prodotto, come i dazi doganali, vengono detratti dal totale. Il numero finale è considerato un prezzo di mercato per una transazione controllata effettuata tra società affiliate.

Quando sono disponibili transazioni adeguatamente comparabili, il metodo del prezzo di rivendita può essere un modo molto utile per determinare i prezzi di trasferimento, poiché i prezzi di vendita di terze parti possono essere relativamente facili da accedere. Tuttavia, il metodo del prezzo di rivendita richiede dati comparabili con circostanze economiche e metodi contabili coerenti. L’unicità di ogni transazione rende molto difficile soddisfare i requisiti del metodo del prezzo di rivendita.

A differenza di altri metodi, che possono essere utilizzati per analizzare più di un tipo di transazione infragruppo, il metodo del prezzo di rivendita viene sempre applicato alle transazioni immobiliari.

Il primo passo per applicare il metodo del prezzo di rivendita consiste nel determinare il margine lordo (utile lordo diviso per le vendite nette) guadagnato da un distributore sulla rivendita di prodotti acquistati da uno o più fornitori terzi. I margini lordi risultanti, espressi in percentuale, vengono quindi utilizzati per determinare il margine lordo appropriato che dovrebbe essere guadagnato dall’entità controllata che si sta analizzando.

Quando sono disponibili i dati corretti, il metodo del prezzo di rivendita è un modo molto efficace per garantire che le transazioni infragruppo siano eseguite a condizioni di mercato. Poiché utilizza il margine lordo, i requisiti di comparabilità sono leggermente meno severi rispetto ad alcuni degli altri metodi.

Quando si applica il metodo del prezzo di rivendita, possono esserci lievi differenze nelle caratteristiche del prodotto sottostante. Mentre ovviamente i margini lordi varieranno notevolmente tra prodotti ampiamente diversi è lecito ritenere che il margine lordo sarà relativamente comparabile su prodotti molto simili.

Cost plus method (CPLM)

Il metodo del costo maggiorato (CPLM) funziona confrontando i profitti lordi di un’azienda con il costo complessivo delle vendite. Si inizia calcolando i costi sostenuti dal fornitore in una transazione controllata tra società affiliate. Quindi, al totale viene aggiunto un markup basato sul mercato, il “plus” in cost plus, per rappresentare un profitto appropriato. Per utilizzare il metodo del costo maggiorato, un’azienda deve identificare i costi di markup per transazioni comparabili tra organizzazioni non correlate.

Il metodo del costo maggiorato è molto utile per valutare i prezzi di trasferimento per attività di routine a basso rischio, come la produzione di beni materiali. Per molte organizzazioni, questo metodo è facile da implementare e da capire. Lo svantaggio del metodo del costo maggiorato (e in realtà di tutti i metodi transazionali) è la disponibilità di dati comparabili e la coerenza contabile. In molti casi, semplicemente non ci sono società e transazioni comparabili, o almeno non abbastanza comparabili per ottenere un risultato accurato e affidabile.

Il primo passo per l’applicazione di questo metodo consiste nel determinare i costi di produzione sostenuti dal fornitore in una transazione controllata (realizzata internamente tra società collegate). Quindi, a tale costo viene aggiunto un markup basato sul mercato per tenere conto di un profitto appropriato. (Questo è essenzialmente il “più” nel metodo del costo maggiorato.)

Per determinare che un prezzo di trasferimento segue il principio di libera concorrenza , il markup viene confrontato con i markup realizzati in transazioni comparabili effettuate tra organizzazioni non correlate. (Il principio di libera concorrenza specifica che una società deve addebitare un prezzo simile per una transazione interna come farebbe per una transazione con una terza parte. In altre parole, l’importo della transazione deve essere un prezzo di mercato equo.)

Per le transazioni di routine a basso rischio senza molte variabili, come l’assemblaggio e la vendita di beni materiali, il metodo del costo maggiorato funziona molto bene. La maggior parte delle aziende trova che sia relativamente facile da capire e da applicare, in particolare perché il metodo del prezzo di trasferimento più costo non richiede la stessa precisione degli altri metodi transazionali.

Detto questo, ci sono anche delle insidie, specialmente quando i dati comparabili non sono prontamente disponibili. Sebbene possano esistere società simili, ci saranno quasi sempre differenze nel modo in cui gestiscono le proprie finanze. Un confronto apples-to-apples è assolutamente fondamentale quando si calcola il costo lordo maggiorato, e anche differenze minime nel modo in cui due società effettuano transazioni e gestiscono la contabilità dei costi possono distorcere completamente i risultati di questo metodo. In circostanze in cui non sono disponibili dati affidabili, dovrebbe essere utilizzato un metodo diverso per determinare i prezzi di trasferimento.

Comparable profits method (CPM)

Il metodo dei profitti comparabili (CPM) , noto anche come metodo del margine netto transazionale (TNMM), aiuta a determinare i prezzi di trasferimento osservando l’utile netto di una transazione controllata tra imprese associate. Questo utile netto viene quindi confrontato con gli utili netti in transazioni non controllate comparabili di imprese indipendenti.

Il CPM è il tipo di metodologia dei prezzi di trasferimento più comunemente utilizzato e ampiamente applicabile. Per quanto riguarda i vantaggi, il CPM è abbastanza facile da implementare perché richiede solo dati finanziari. Questo metodo è davvero efficace per i produttori di prodotti con transazioni relativamente semplici, poiché non è difficile trovare dati comparabili.

Il CPM è un metodo unilaterale che spesso ignora le informazioni sulla controparte della transazione. È sempre più probabile che le autorità fiscali prendano la posizione secondo cui il CPM non è adatto alle organizzazioni con modelli di business complessi, come le società high-tech con proprietà intellettuale. L’utilizzo di dati provenienti da società che non soddisfano gli standard di comparabilità dell’OCSE crea rischi di audit per le organizzazioni.

Valuta se l’importo addebitato in una transazione controllata è a condizioni di mercato sulla base di misure obiettive di redditività (ossia, indicatori del livello di profitto (profit level indicators ( PLI)) derivate da contribuenti non controllati che svolgono attività commerciali simili in circostanze simili.

Il CPM è noto come metodo del margine netto transazionale (TNMM) nei paesi al di fuori degli Stati Uniti. Come il CPM, il TNMM esamina l’utile netto relativo a una base appropriata (ad esempio, costi, vendite/ricavi o attività) che un contribuente realizza da una transazione controllata. Con il metodo CPM/TNMM il margine di profitto ante imposte di un contribuente viene confrontato con una serie di risultati di un gruppo selezionato di contribuenti non controllati. Se i risultati del contribuente rientrano nell’intervallo di libera concorrenza calcolato da società comparabili, allora è considerato un risultato di libera concorrenza come definito nel principio di libera concorrenza.

Per applicare correttamente il metodo dei prezzi di trasferimento CPM o TNMM, un contribuente deve prima identificare le società quotate in borsa che operano in modo simile all’entità del contribuente sottoposta al test. I dati finanziari delle società comparabili sono utilizzati come base per “testare” l’operazione con parti correlate. L’indicatore del livello di profitto più comunemente utilizzato, cifre utilizzate per indicare la performance finanziaria di un’azienda, è l’utile operativo. Questo perché è facilmente misurabile, universalmente riconosciuto e i dati necessari per calcolarlo sono relativamente semplici da accedere.

Per quanto riguarda i vantaggi, il CPM è più facile da implementare perché si basa su dati finanziari esterni a cui si accede utilizzando varie origini dati pubbliche. Questo è diverso da alcuni degli altri metodi , che spesso richiedono l’accesso a informazioni che possono essere meno affidabili, più difficili da accedere o avere standard di comparabilità più elevati per poter utilizzare i dati. Il CPM è particolarmente efficace per le operazioni che comportano la vendita infragruppo di prodotti o la fornitura di servizi infragruppo. Questo perché non è difficile accedere ai dati finanziari su transazioni simili, rendendo il CPM facile da implementare.

Tuttavia, il metodo CPM, a causa della sua natura semplicistica (vale a dire, in genere esamina un lato della transazione) non è sempre il metodo più affidabile per le aziende con modelli di business più complessi. Questo perché a volte può semplificare eccessivamente le transazioni e non tenere conto delle operazioni accessorie o della presenza di attività immateriali che possono alterare i risultati di una transazione. I metodi semplici non funzionano bene in ambienti complessi. Ad esempio, le società tecnologiche e le società farmaceutiche che sviluppano, possiedono e concedono in licenza proprietà intellettuale a parti correlate faranno affidamento su altri metodi di determinazione dei prezzi di trasferimento per determinare la determinazione del prezzo di libera concorrenza o il compenso per le transazioni con parti correlate.

Profit split method (PSM)

n alcuni casi, le imprese associate effettuano transazioni interconnesse, il che significa che non possono essere osservate su base separata. Ad esempio, due società che operano con lo stesso marchio potrebbero utilizzare il metodo di ripartizione degli utili (PSM) . In genere, le società collegate accettano di dividere i profitti, ed è qui che entra in gioco il metodo di ripartizione degli utili.

Questo approccio esamina i termini e le condizioni delle transazioni interconnesse e controllate, calcolando come sarebbero divisi i profitti tra terze parti che effettuano transazioni simili. Uno dei principali vantaggi del PSM è che considera l’allocazione degli utili in modo olistico, piuttosto che su base transazionale. Ciò può aiutare a fornire una valutazione più ampia e accurata della performance finanziaria dell’azienda. Ciò è particolarmente utile quando si tratta di beni immateriali, come la proprietà intellettuale, o in situazioni in cui si verificano più transazioni controllate contemporaneamente.

Tuttavia, il PSM è spesso visto come l’ultima risorsa perché si applica solo alle organizzazioni altamente integrate che apportano valore e si assumono rischi allo stesso modo. Poiché i criteri di allocazione degli utili per questo metodo sono così soggettivi, comporta un rischio maggiore di essere considerato un risultato non a condizioni di mercato e di essere contestato dalle autorità fiscali competenti.

In alcuni casi, le società effettuano operazioni troppo interconnesse per essere osservate separatamente. Ad esempio, due società collegate potrebbero collaborare in una joint venture separata, come lo sviluppo e il lancio di un nuovo marchio. Poiché il PSM esamina i profitti combinati di due parti correlate che entrano in una transazione l’una con l’altra, può essere utilizzato per determinare come verranno suddivisi i profitti in modo equo per entrambe le organizzazioni.  

Può essere applicato in tre modi diversi: il metodo di ripartizione dell’utile comparabile, il metodo di ripartizione dell’utile di contribuzione e il metodo di ripartizione dell’utile residuo. Le aziende selezionano un approccio in base a come è strutturata la transazione e ai dati disponibili.    

  • Per applicare il metodo di ripartizione degli utili comparabili , le società collegate devono trovare una transazione comparabile in cui due parti correlate dividono gli utili e quindi utilizzarla come riferimento per come dividere i propri profitti.
  • Il metodo di ripartizione dell’utile di contribuzione viene applicato osservando i relativi contributi finanziari o di altro tipo effettuati dalle due società che effettuano un’operazione. Sulla base di tali contributi viene quindi determinata una ripartizione equa dell’utile.  
  • Il metodo di ripartizione dell’utile residuo esamina i profitti totali, rimuove i profitti realizzati dalle funzioni di routine di entrambe le parti, calcolati utilizzando il metodo dei profitti comparabili, e gli utili residui vengono suddivisi, generalmente in base agli investimenti di ciascuna parte e alla relativa spesa.   

Il PSM viene spesso applicato da aziende in settori complessi con profitti relativamente elevati, come organizzazioni di alta tecnologia e farmaceutiche. È particolarmente utile quando si tratta di beni immateriali, come la proprietà intellettuale, poiché queste transazioni sono spesso troppo complesse per l’applicazione degli altri metodi.

Come tutti  i metodi di determinazione dei prezzi di trasferimento , l’applicazione del PSM presenta vantaggi e svantaggi. Uno dei suoi principali vantaggi è che esamina l’allocazione degli utili in modo olistico, fornendo un quadro più completo di ciò che sta accadendo e dimostrando una valutazione più ampia e accurata delle politiche dei prezzi di trasferimento dell’azienda.

È particolarmente utile quando due società vogliono condividere il rischio, piuttosto che avere tutto il rischio che una transazione ricada su una sola parte. È anche un ottimo modo per gestire situazioni in cui entrambe le parti stanno apportando contributi significativi che condividono molte sinergie e non possono essere facilmente separati.

In alternativa, il metodo può essere rischioso perché la ripartizione degli utili è spesso molto soggettiva. Anche piccoli turni divisi possono portare a risultati significativamente diversi. L’applicazione del PSM comporta anche delle sfide: richiede molte informazioni e una quantità significativa di analisi e, di conseguenza, è solitamente un metodo complesso e costoso da eseguire.

Linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento per le imprese multinazionali e le amministrazioni fiscali 2022

In un’economia globale in cui le imprese multinazionali (multinational enterprise (MNE)) svolgono un ruolo di primo piano, i governi devono garantire che gli utili imponibili delle multinazionali non siano trasferiti artificialmente fuori dalla loro giurisdizione e che la base imponibile dichiarata dalle multinazionali nel loro paese rifletta l’attività economica ivi svolta . Per i contribuenti è fondamentale limitare i rischi di doppia imposizione economica. Le Linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento forniscono indicazioni sull’applicazione del “principio di libera concorrenza”, che è il consenso internazionale sulla valutazione delle transazioni transfrontaliere tra imprese associate.

Le Linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento sono state approvate dal Consiglio dell’OCSE nella loro versione originale nel 1995,  nuove linee guida sui prezzi di trasferimento sulle transazioni finanziarie sono state approvate nel 2020 (Guida ai prezzi di trasferimento sulle transazioni finanziarie: quadro inclusivo su BEPS: azioni 4, 8-10) (Vedi: OCSE / G20 – IL PROGETTO BEPS (BASE EROSION AND PROFIT SHIFTING)).

  • le linee guida riviste sull’applicazione del metodo del profitto transazionale;
  • le linee guida per le amministrazioni fiscali sull’applicazione dell’approccio ai beni immateriali di difficile valutazione concordato nel 2018;
  • le nuove linee guida sui prezzi di trasferimento sulle transazioni finanziarie approvato nel 2020.

La nuova edizione, , comprende tre nuove sezioni:

Completano l’aggiornamento alcune modifiche di raccordo, in altre sezioni delle Linee Guida (premessa, prefazione, glossario, capitoli I-IX).

 

Transfer pricing – chiarimenti in tema di documentazione idonea a consentire il riscontro della conformità al principio di libera concorrenza dei prezzi di trasferimento praticati – circolare n. 15 del 26 novembre 2021

Con la circolare n. 15 del 26 novembre 2021, riguardante il transfer pricing, cioè i prezzi di trasferimento praticati dalle multinazionali nelle operazioni con imprese associate, sono stati forniti chiarimenti in tema di documentazione idonea a consentire il riscontro della conformità al principio di libera concorrenza dei prezzi di trasferimento praticati – (articolo 1, comma 6, e articolo 2, comma 4-ter, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471).

Le indicazioni fornite nella circolare n. 15 del 26 novembre 2021 sostituiscono quanto chiarito con i precedenti documenti di prassi relativamente agli oneri documentali in materia di prezzi di trasferimento e tengono conto dei contributi inviati dagli operatori nell’ambito della consultazione pubblica conclusa il 12 ottobre 2021.

 

Il Transfer Pricing – Normativa – Oneri Documentali – Modalità dichiarative

Il Transfer Pricing – Normativa – Oneri Documentali – Modalità dichiarative

L’espressione transfer pricing identifica il procedimento per determinare il prezzo “congruo” (o “transfer price”) in un’operazione avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di beni/servizi/intangibili avvenuta tra entità appartenenti allo stesso gruppo multinazionale. Dunque, la disciplina del transfer pricing ha l’obbiettivo di determinare il prezzo (o il margine di profitto) espressivo del “principio di libera concorrenza” (o arm’s length principle) per le transazioni che intercorrono tra due imprese associate e residenti in Paesi diversi (cd. operazioni cross-border) come ad esempio due controparti di una multinazionale.

Le transizioni soggette a transfer pricing sono dette “operazioni controllate” (o “controlled transactions”). Queste ultime si distinguono da quelle che si realizzano tra imprese che non sono tra loro collegate, le quali si assume che operino indipendentemente nello stabilire termini e condizioni della transazione ossia conformemente al principio di libera concorrenza. Tale distinzione è dovuta al fatto che il soggetto economico nelle operazioni controllate è comune per entrambe le parti coinvolte e ciò potrebbe configurare un arbitraggio nella ripartizione della base imponibile tra Stati a seconda del diverso peso fiscale degli stessi. Il transfer pricing si applica a prescindere dal livello di tassazione effettiva vigente nei Paesi in cui sono residenti o localizzate le imprese del gruppo coinvolte.

La norma di riferimento nel ns. ordinamento fiscale è il comma 7 dell’art. 110 (Norme generali sulle valutazioni) del TUIR:

I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e alle condizioni di cui all’articolo 31-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (D.M. 14/05/2018 GU 118/2018), possono essere determinate, sulla base delle migliori pratiche internazionali, le linee guida  per l’applicazione del presente comma“.

Il comma 2 dell’ art. 5 del  decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 147 specifica che:

La disposizione di cui all‘articolo 110, comma 7, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si interpreta nel senso che la disciplina ivi prevista non si applica per le operazioni tra imprese residenti o localizzate nel territorio dello Stato”.

Le sanzioni previste nel caso in cui i componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, non sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili sono esposte nel comma 2 dell’Art. 1 (Violazioni relative alla dichiarazione delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive) del  Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471:

Se nella dichiarazione e’ indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito o un valore della produzione imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un’imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione amministrativa dal novanta al centoottanta per cento della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato. La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d’imposta ovvero indebite deduzioni dall’imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte.”

Il comma 6 dell’Art. 1 del  Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471 dispone che le sanzioni previste dal comma 2 del medesimo articolo non si applicano qualora il contribuente si doti di specifici oneri documentali:

In caso di rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento praticati nell’ambito delle operazioni di cui all’articolo 110, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, da cui derivi una maggiore imposta o una differenza del credito, la sanzione di cui al comma 2 non si applica qualora, nel corso dell’accesso, ispezione o verifica o di altra attivita’ istruttoria, il contribuente consegni all’Amministrazione finanziaria la documentazione indicata in apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate idonea a consentire il riscontro della conformita’ al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati. Il contribuente che detiene la documentazione prevista dal provvedimento di cui al periodo precedente deve darne apposita comunicazione all’Amministrazione finanziaria secondo le modalita’ e i termini ivi indicati; in assenza di detta comunicazione si rende applicabile la sanzione di cui al comma 2“.

L’articolo 25, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 prevede che i compensi (di cui all’articolo 23, comma 2, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917) per l’utilizzazione di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di marchi d’impresa nonche’ di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico corrisposti a non residenti sono soggetti ad una ritenuta del trenta per cento a titolo di imposta sulla parte imponibile del loro ammontare.  Ne sono esclusi i compensi corrisposti a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti”.

Le sanzioni previste in caso di violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta sono esposte nel comma 2 dell’Art. 2  del  Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471:

Se l’ammontare dei compensi, interessi ed altre somme dichiarati e’ inferiore a quello accertato, si applica la sanzione amministrativa dal novanta al centoottanta per cento dell’importo delle ritenute non versate riferibili alla differenza, con un minimo di euro 250“.

Il comma 4-ter dell’Art. 2  del  Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471 , analogamente a quanto disposto dal comma 6 dell’Art. 1 del  Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471, dispone che le sanzioni previste dal comma 2 del medesimo articolo non si applicano qualora il contribuente si doti di specifici oneri documentali:

In caso di rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento praticati nell’ambito delle operazioni di cui all’articolo 110, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, da cui derivi la non corretta applicazione delle aliquote convenzionali sul valore delle royalties e degli interessi attivi che eccede il valore normale previste per l’esercizio della ritenuta di cui all’articolo 25, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, la sanzione di cui al comma 2 non si applica qualora, nel corso dell’accesso, ispezione o verifica o di altra attivita’ istruttoria, il contribuente consegni all’Amministrazione finanziaria la documentazione indicata in apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate idonea a consentire il riscontro della conformita’ al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati. Il contribuente che detiene la documentazione prevista dal provvedimento di cui al periodo precedente deve darne apposita comunicazione all’Amministrazione finanziaria secondo le modalita’ e i termini ivi indicati; in assenza di detta comunicazione si rende applicabile la sanzione di cui al comma 2“.

Con Decreto del 14/05/2018 – Min. Economia e Finanze sono state disposte le linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento.

L’art. 9 del Decreto del 14/05/2018 – Min. Economia e Finanze dispone che con uno o piu’ provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate sono emanate ulteriori disposizioni applicative, tenendo conto in particolare di quanto previsto dalle Linee Guida dell’OCSE come periodicamente aggiornate (Vedi: OECD Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations 2017)

In seguito è stao emanato il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate 23 novembre 2020 (Attuazione della disciplina di cui all’articolo 1, comma 6, e all’articolo 2, comma 4-ter, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, concernente la documentazione idonea a consentire il riscontro della conformità al principio di libera concorrenza delle condizioni e dei prezzi di trasferimento praticati dalle imprese multinazionali, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 14 maggio 2018, recante le  “Linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110 comma 7 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento)

Il punto 2 del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate 23 novembre 2020 è dedicato alla Documentazione idonea di cui all’articolo 1, comma 6, e all’articolo 2, comma 4-ter, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.

In base al punto 2.1 la documentazione idonea è costituita da:

a) un documento denominato Masterfile (Punto 2.2 del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate 23 novembre 2020), che raccoglie informazioni relative al gruppo;
e da
b) un documento denominato Documentazione Nazionale (Punto 2.3 del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate 23 novembre 2020) che riporta le informazioni relative alla impresa residente.

Il punto 6.1 del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate 23 novembre 2020stabilisce che per i soggetti che detengono la documentazione di cui all’articolo 1, comma 6, e
all’articolo 2, comma 4-ter, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, la relativa comunicazione all’Agenzia delle entrate viene effettuata con la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi.

Nella Dichiarazione dei Redditi Società di Capitali, Quadro RS  –  Rigo RS 106 – è inserito il prospetto Prezzi di Trasferimento

Il prospetto deve essere compilato dai soggetti residenti nel territorio dello Stato, qualificabili come tali ai sensi delle disposizioni vigenti in materia di imposte sui redditi, che si trovino, rispetto a società non residenti, in una o più delle condizioni indicate nel comma 7 dell’art. 110 del TUIR.

Nel rigo RS106 i soggetti interessati devono barrare:
• la casella A, se trattasi di impresa direttamente o indirettamente controllata da società non residente;
• la casella B, se trattasi di impresa che direttamente o indirettamente controlla società non residente;
• la casella C, se trattasi di impresa che intrattiene rapporti con società non residente, entrambe direttamente o indirettamente controllate da un’altra società.

Qualora il contribuente abbia aderito a un regime di oneri documentali in materia di prezzi di trasferimento
praticati nelle transazioni con imprese associate, deve barrare la casella “Possesso documentazione”.

Con  provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate 23 novembre 2020 è stato previsto che la comunicazione
all’Agenzia delle entrate attestante il possesso della documentazione idonea ai sensi del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 debba essere effettuata con la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi; al predetto provvedimento si rinvia per ogni approfondimento.

Inoltre, nella colonna 5 e nella colonna 6 devono essere indicati, cumulativamente, gli importi corrispondenti ai componenti positivi e negativi di reddito derivanti da operazioni relativamente alle quali trova applicazione la disciplina prevista dall’art. 110, comma 7, del TUIR.

Accordi fiscali anticipati per imprese con attività internazionale – Advance Tax Agreements

Accordi fiscali anticipati per imprese con attività internazionale – Advance tax Agreements

Il  DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 147 (Disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese) ha introdotto nel nostro ordinamento fiscale, con l’inserimento dell’Art. 31 ter nel Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi)gli ” Accordi fiscali anticipati per imprese con attività internazionale” (Advance tax Agreements) , con l’obiettivo di garantire ai contribuenti certezza sulle questioni fiscali internazionali attraverso la valutazione dei fatti e delle circostanze da parte dell’Agenzia delle Entrate

Le relative disposizioni attuative sono state adottate con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 21 marzo 2016, Prot. n. 2016/42295 , che stabilisce le modalità operative per l’accesso alla procedura.

Gli accordi di Fiscalità Anticipata sono accordi vincolanti tra i contribuenti e l’Agenzia delle Entrate (che sostituiscono l’ex procedura “ruling standard internazionali”) volti a rafforzare gli adempimenti fiscali e promuovere l’attività delle imprese multinazionali dando loro preventivamente certezze sulle questioni fiscali internazionali. Gli accordi si basano sulla reciproca collaborazione e trasparenza tra i contribuenti e l’Agenzia delle Entrate.

Possono accedere alla procedura degli accordi preventivi:

  • Le imprese residenti con attività internazionale;
  • Le imprese non residenti che operano in Italia per mezzo di una stabile organizzazione.

L’Agenzia delle Entrate (provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 21 marzo 2016, Prot. n. 2016/42295) ha chiarito che per “impresa con attività internazionale” deve intendersi qualunque impresa residente nel territorio dello Stato, qualificabile come tale ai sensi delle disposizioni vigenti in materia di imposte sui redditi.

Quindi impresa che, in alternativa o congiuntamente:

  • Si trovi, rispetto a società non residenti, in una o più delle condizioni indicate nell’art. 110 co. 7 del DPR n. 917/86 in materia di prezzi di trasferimento;
  • Il cui patrimonio, fondo o capitale sia partecipato da soggetti non residenti. Ovvero partecipi al patrimonio, fondo o capitale di soggetti non residenti;
  • Abbia corsisposto a, o percepito da soggetti non residenti, dividendi, interessi, royalties o altri componenti reddituali;
  • Eserciti la sua attività attraverso una stabile organizzazione in un altro Stato;
  • Qualunque impresa non residente che esercita la sua attività nel territorio dello Stato attraverso una stabile organizzazione.

L’Agenzia delle Entrate (provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 21 marzo 2016, Prot. n. 2016/42295, artt. 1.3, 1.4 e 1.5) ha inoltre esteso la definizione di “impresa con attività internazionale” a seconda dei diversi ambiti di applicazione della procedura in questione.

“1.3 Per l’accesso ai medesimi ambiti di cui al punto 1.2, per impresa con attività internazionale deve, altresì, intendersi l’impresa non residente che esercita la propria attività nel territorio dello Stato attraverso una stabile organizzazione, qualificabile come tale ai sensi delle disposizioni vigenti in materia di imposte sui redditi.
1.4 Con riferimento alla preventiva definizione in contraddittorio dei valori di uscita o di ingresso in caso di trasferimento della residenza, per impresa con attività internazionale deve intendersi l’impresa che si trovi nelle condizioni indicate rispettivamente agli articoli 166 e 166-bis del TUIR.
1.5 Per impresa con attività internazionale, ai fini della la valutazione preventiva della sussistenza dei requisiti che configurano una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato, tenuti presenti i criteri previsti dall’art. 162 del TUIR, nonché dalle vigenti convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia, deve intendersi l’impresa non residente, che abbia intenzione di esercitare la propria attività per il tramite di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato entro il periodo di imposta successivo a quello di presentazione dell’istanza.”

Non sono ammessi alla procedura le persone fisiche ed in genere tutti i soggetti che non esercitano attività d’impresa.

In seguito l’Art. 31 ter nel Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.600 è stato modificato dall’art.2 del Decreto legislativo del 15/03/2017 n. 32 e dall’articolo 1, comma 1101 della legge di bilancio 2021 (legge n. 178/2020).

Riportiamo integralmente il testo dell’Art. 31 ter nel Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.600 

“Accordi preventivi per le imprese con attivita’ internazionale 

In vigore dal 01/01/2021

1. Le imprese con attivita’ internazionale hanno accesso ad una procedura finalizzata alla stipula di accordi preventivi, con principale riferimento ai seguenti ambiti:

a) preventiva definizione in contraddittorio dei metodi di calcolo del valore normale delle operazioni di cui al comma 7, dell’articolo 110 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e dei valori di uscita o di ingresso in caso di trasferimento della residenza, rispettivamente, ai sensi degli articoli 166 e 166-bis del medesimo testo unico. Le imprese che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo hanno accesso alla procedura di cui al periodo precedente anche al fine della preventiva definizione in contraddittorio dei metodi di calcolo del valore normale delle operazioni di cui al comma 10 dell’articolo 110 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986;

b) applicazione ad un caso concreto di norme, anche di origine convenzionale, concernenti l’attribuzione di utili e perdite alla stabile organizzazione in un altro Stato di un’impresa o un ente residente ovvero alla stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente;

c) valutazione preventiva della sussistenza o meno dei requisiti che configurano una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato, tenuti presenti i criteri previsti dall’articolo 162 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonche’ dalle vigenti Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate all’Italia;

d) applicazione ad un caso concreto di norme, anche di origine convenzionale, concernenti l’erogazione o la percezione di dividendi, interessi e royalties e altri componenti reddituali a o da soggetti non residenti.

2. Gli accordi di cui al comma 1, qualora non conseguano ad altri accordi conclusi con le autorita’ competenti di Stati esteri a seguito delle procedure amichevoli previste dagli accordi o dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, vincolano le parti per il periodo d’imposta nel corso del quale sono stipulati e per i quattro periodi d’imposta successivi, salvi mutamenti delle circostanze di fatto o di diritto rilevanti ai fini degli accordi sottoscritti e risultanti dagli stessi. Qualora le circostanze di fatto e di diritto alla base dell’accordo ricorrano per uno o piu’ dei periodi di imposta precedenti alla stipulazione e per i quali i termini previsti dall’articolo 43 del presente decreto non sono ancora scaduti e a condizione che non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attivita’ amministrative di accertamento delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza, e’ concessa al contribuente la facolta’ di far valere retroattivamente l’accordo stesso, provvedendo, ove si renda a tal fine necessario rettificare il comportamento adottato, all’effettuazione del ravvedimento operoso ovvero alla presentazione della dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, senza l’applicazione, in entrambi i casi, delle relative sanzioni.

3. Gli accordi di cui al comma 1, qualora conseguano ad altri accordi conclusi con le autorita’ competenti di Stati esteri a seguito delle procedure amichevoli previste dagli accordi o convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, vincolano le parti, secondo quanto convenuto con dette autorita’, a decorrere da periodi di imposta precedenti alla data di sottoscrizione dell’accordo purche’ non anteriori al periodo d’imposta in corso alla data di presentazione della relativa istanza da parte del contribuente. E’ concessa al contribuente la facolta’ di far retroagire gli effetti di tali accordi anche a periodi di imposta precedenti a quello in corso alla data di presentazione della relativa istanza e per i quali i termini previsti dall’articolo 43 non sono ancora scaduti, a condizione che: a) per tali periodi ricorrano le stesse circostanze di fatto e di diritto a base dell’accordo stipulato con le autorita’ competenti di Stati esteri; b) il contribuente ne abbia fatto richiesta nell’istanza di accordo preventivo; c) le autorita’ competenti di Stati esteri acconsentano a estendere l’accordo ad annualita’ precedenti; d) per tali periodi di imposta non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attivita’ amministrative di accertamento delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza. Qualora in applicazione del presente comma sia necessario rettificare il comportamento adottato, il contribuente provvede all’effettuazione del ravvedimento operoso ovvero alla presentazione della dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, senza l’applicazione delle eventuali sanzioni.

3-bis. L’ammissibilita’ della richiesta di accordo preventivo di cui al comma 3 e’ subordinata al versamento di una commissione pari a:

a) 10.000 euro nel caso in cui il fatturato complessivo del gruppo cui appartiene il contribuente istante sia inferiore a 100 milioni di euro;

b) 30.000 euro nel caso in cui il fatturato complessivo del gruppo cui appartiene il contribuente istante sia compreso tra 100 milioni e 750 milioni di euro;

c) 50.000 euro nel caso in cui il fatturato complessivo del gruppo cui appartiene il contribuente istante sia superiore a 750 milioni di euro.

3-ter. In caso di richiesta di rinnovo dell’accordo di cui al comma 3, le commissioni sono ridotte alla meta’. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono adottate le disposizioni di attuazione della disciplina contenuta nel presente comma.

4. (Comma abrogato, con effetti a decorrere dal 1° gennaio 2017, dall’art. 2, comma 1, lett. b) decreto legislativo 15 marzo 2017 n. 32).

5. Per i periodi d’imposta di validita’ dell’accordo, l’Amministrazione finanziaria esercita i poteri di cui agli articoli 32 e seguenti soltanto in relazione a questioni diverse da quelle oggetto dell’accordo medesimo.

6. La richiesta di accordo preventivo e’ presentata al competente Ufficio della Agenzia delle entrate, secondo quanto stabilito con provvedimento del Direttore della medesima Agenzia. Con il medesimo provvedimento sono definite le modalita’ con le quali il competente Ufficio procede alla verifica del rispetto dei termini dell’accordo e del sopravvenuto mutamento delle condizioni di fatto e di diritto su cui l’accordo si basa.

7. Qualunque riferimento all’articolo 8 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ovunque presente, deve intendersi effettuato al presente articolo.”

Come si può constatare l’articolo 31-ter del Dpr n. 600/1973  introduce una procedura che consente all’amministrazione finanziaria e alle imprese che esercitano attività internazionale di stipulare accordi preventivi finalizzati a predeterminare elementi rilevanti ai fini dell’adempimento dell’obbligazione tributaria come:

  •  il regime dei prezzi di trasferimento (accordi unilaterali di cui alla lett. a del primo comma);
  • la determinazione dei valori di uscita o di ingresso in caso di trasferimento della residenza – Advance Pricing Agreement (APA) (accordi bilaterali o multilaterali (lettera b) del novellato comma 1));
  • la valutazione preventiva della sussistenza dei requisiti che configurano una stabile organizzazione;
  • l’attribuzione di utili o perdite alla stabile organizzazione in un altro Stato di un’impresa residente ovvero alla stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente;
  • l’erogazione o percezione di dividendi, interessi, royalties e altri componenti reddituali.

I commi 2 e 3 dell’Art. 31 ter nel Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.600  disciplinano il periodo di efficacia di tali accordi effettuando una distinzione tra:

  • accordi unilaterali sono quelli stipulati fra un’impresa e l’autorità nazionale competente e vincolano di norma le parti per il periodo d’imposta nel corso del quale sono stipulati e per i quattro periodi d’imposta successivi, salvo mutamenti delle circostanze di fatto o di diritto rilevanti. II contribuente ha la possibilità di far retroagire il termine di decorrenza degli accordi preventivi fino ai periodi d’imposta per i quali non sia ancora decorso il termine per l’accertamento previsto dall’articolo 43 del Dpr n. 600/1973 (di norma entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione). Nel caso di accordi unilaterali (lettera a) del novellato comma 1 dell’articolo 31-ter), è concessa la facoltà al contribuente di far valere retroattivamente l’accordo a condizione che
    – nel periodo considerato si verifichino le medesime circostanze di fatto e di diritto
    – che non sia iniziata un’attività di controllo alla data di sottoscrizione dello stesso
    (accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza). Nel caso in cui la retroazione del termine di efficacia dell’accordo renda necessario rettificare il comportamento adottato, l’impresa potrà ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 del D. Lgs. 472/1997) ovvero alla presentazione della dichiarazione integrativa (articolo 2, comma 8, del Dpr n. 322/1998), senza l’applicazione delle relative sanzioni.
  • accordi bilaterali o multilaterali sono quelli che conseguono ad altri accordi conclusi con le autorità competenti di Stati esteri a seguito delle procedure amichevoli previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Questi vincolano le parti, secondo quanto convenuto con dette autorità, a decorrere da periodi di imposta precedenti alla data di sottoscrizione dell’accordo purché non anteriori al periodo d’imposta in corso alla data di presentazione della relativa istanza da parte del contribuente.  II contribuente ha la possibilità di far retroagire il termine di decorrenza degli accordi preventivi fino ai periodi d’imposta per i quali non sia ancora decorso il termine per l’accertamento previsto dall’articolo 43 del Dpr n. 600/1973 (di norma entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione). Nel caso di i accordi bilaterali o multilaterali (lettera b) del novellato comma 1 del novellato comma 1 dell’articolo 31-ter, è concessa la facoltà al contribuente di far valere retroattivamente l’accordo a condizione che
    – nel periodo considerato si verifichino le medesime circostanze di fatto e di diritto,
    – che non sia iniziata un’attività di controllo alla data di sottoscrizione dello stesso (accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza)
    –  il contribuente ne abbia fatto richiesta nell’istanza di accordo preventivo e che le autorità competenti di Stati esteri acconsentano ad estendere la validità dell’accordo ad annualità precedenti.
    Nel caso in cui la retroazione del termine di efficacia dell’accordo renda necessario rettificare il comportamento adottato, l’impresa potrà ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 del D. Lgs. 472/1997) ovvero alla presentazione della dichiarazione integrativa (articolo 2, comma 8, del Dpr n. 322/1998), senza l’applicazione delle relative sanzioni.

Come si vede la possibilità di attivare il cd. rollback (ossia l’effetto retroattivo dell’accordo) è subordinata al soddisfacimento di una serie di condizioni di fatto e di diritto.

Il comma 3 bis dell’Art. 31 ter nel Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.600 prevede che l’ammissibilità della richiesta di accordo preventivo sia subordinata al versamento di una commissione pari a:
a) 10mila euro nel caso in cui il fatturato complessivo del gruppo cui appartiene il contribuente istante sia inferiore a cento milioni di euro
b) 30mila euro nel caso in cui il fatturato complessivo del gruppo cui appartiene il contribuente istante sia compreso tra cento milioni e settecentocinquanta milioni di euro
c) 50mila euro nel caso in cui il fatturato complessivo del gruppo cui appartiene il contribuente istante sia superiore a settecentocinquanta milioni di euro.

Il comma 3 ter dell’Art. 31 ter nel Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.600 prevede che tali importi sono ridotti alla metà in caso di richiesta di rinnovo dell’accordo e che le disposizioni di attuazione della disciplina in argomento siano adottate con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.

Con riguardo ai regimi dei dividendi, degli interessi e delle royalties, l’oggetto della procedura può riguardare sia la congruità dell’importo corrisposto che la qualificazione fiscale della fattispecie oggetto di tassazione.

Si riscontrano spesso, infatti, situazioni in cui la qualificazione di un reddito tra una fattispecie piuttosto che in un’altra (per esempio, royalties o reddito d’impresa) non appare agevole ed immediata. Né ai fini della normativa interna, né delle disposizioni convenzionali.

La tassazione esclusiva degli interessi e delle royalties nell’ambito dei gruppi multinazionali è riservata allo Stato di residenza del percettore (Direttiva 2003/49/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi recepita dal DLgs. 30.5.2005 n. 143).

La ritenuta a titolo d’imposta su interessi e royalties non è applicata in caso di pagamenti effettuati nei confronti di consociate residenti in Stati membri UE (art. 26-quater del DPR n. 600/73Esenzione dalle imposte sugli interessi e sui canoni corrisposti a soggetti residenti in Stati membri dell’Unione europea).

Il regime di esenzione (art. 26-quater del DPR n. 600/73Esenzione dalle imposte sugli interessi e sui canoni corrisposti a soggetti residenti in Stati membri dell’Unione europea) è stato introdotto dall’Art. 1, primo comma, lett. b del DLgs. 30.5.2005 n. 143 di recepimento della Direttiva 2003/49/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi.

Le imprese con attività internazionale che desiderano pervenire ad un preventivo concordato e ad una valutazione condivisa con l’Agenzia delle Entrate, quindi, possono richiedere una convenzione fiscale anticipata al fine di:

  • definire le modalità e i criteri di transfer pricing più idonei applicabili alle operazioni effettuate con parti correlate, ai sensi dell’articolo 9 (Associated enterprises) del Modello di convenzione fiscale OCSE di cui al comma 7 dell’articolo 110 del D.P.R.n. 917 del 22 dicembre 1986
  • determinare il valore di entrata o di uscita delle attività quando l’entità trasferisce la propria residenza in Italia o all’estero
  • nel caso in cui una società non residente avvii una nuova attività in Italia, verificare mediante valutazione preventiva se le condizioni per l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia siano soddisfatte, prima dell’avvio dell’attività
  • definire le disposizioni di diritto tributario, comprese le disposizioni dei trattati contro la doppia imposizione applicabili alle poste transfrontaliere, tra cui il trattamento fiscale dei redditi (quali dividendi, interessi, royalties o altri elementi di reddito) pagati / ricevuti da società non residenti
  • determinare l’attribuzione di utili a una stabile organizzazione in Italia di una società non residente oa una stabile organizzazione in un altro Stato di una società residente, secondo lo standard internazionale raccomandato.

La procedura di Advance Tax Agreement è applicata anche nel regime “Patent Box”.

La convenzione sottoscritta dal contribuente e dall’Amministrazione finanziaria resta in vigore per cinque anni a partire dall’anno fiscale in cui viene sottoscritta, fermo restando che le circostanze – nello specifico, i presupposti critici – in base alle quali l’accordo è stato firmato restano invariate.

In caso di Advance Pricing Agreement (APA) bi / multilaterali, il periodo di validità può iniziare dalla data di deposito della domanda, coerentemente con l’accordo di mutuo accordo concluso con il / i partner / i del trattato ai sensi dell’articolo 25 (Mutual agreement procedure) del Modello di convenzione fiscale.

La procedura di Advance tax Agreement è dettagliatamente descritta nel comma 3 ter dell’provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 21 marzo 2016, Prot. n. 2016/42295 (Disposizioni per l’attuazione della disciplina degli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale).

Si rimane in attesa del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate di cui al Art. 31 ter del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.600.

L’elenco e breve descrizione degli Advance Pricing Agreements esistenti del Gruppo e altri ruling fiscali relativi alla ripartizione dei redditi tra Paesi, come previsto dalla nuova normativa italiana sulla documentazione transfer pricing (provvedimento dell’Agenzia delle Entrate emanato il 23 novembre 2020  per meglio allineare la normativa italiana alle Linee guida OCSE sui prezzi di trasferimento per le imprese multinazionali e le amministrazioni fiscali), devono essere indicati nella pratica locale predisposta dai contribuenti italiani.

ARTICOLO 9, MODELLO DI CONVENZIONE OCSE (TRANSFER PRICING)

“Allorché … le due imprese, nelle loro relazioni commerciali o finanziarie, sono vincolate da condizioni, convenute o imposte, diverse da quelle che sarebbero Normativa internazionale di riferimento 5 convenute o imposte, diverse da quelle che sarebbero state convenute tra imprese indipendenti endenti, gli utili che, in mancanza di tali condizioni sarebbero stati realizzati da una delle imprese, ma che, a causa di dette condizioni, non sono stati realizzati, possono essere inclusi negli utili di questa impresa e tassati di conseguenza”

IL CONCETTO DEL “CONTROLLO” NEL TRANSER PRICING

Il Controllo è da intendersi non nel senso restrittivo previsto dall’articolo 2359 del Codice civile, bensì come ogni ipotesi di influenza economica potenziale o attuale desumibile da singole circostanze. Cfr. C.M. 22/9/1980 : “deve escludersi che il controllo esercitato sull’impresa sia riconducibile nei limiti previsti dall’art. 2359 del Codice Civile per le società azionarie. Il solo fatto che la disposizione civilistica consideri ipotesi di mero controllo societario già lascia intendere quanto ampia si riveli la sua insufficienza relativamente alla fattispecie di imprese diverse da quelle di capitali…In relazione ai fini perseguiti dal legislatore fiscale il controllo di cui trattasi deve essere contrassegnato da esigenze di elasticità e trovare collocazione in un contesto economico dinamico, tenendo presente, cioè, che le variazioni di prezzo nelle transazioni commerciali trovano spesso il loro presupposto fondamentale nel potere di una parte di incidere sull’altrui volontà non in base al meccanismo del mercato ma in dipendenza degli interessi di una sola delle parti contraenti o di un gruppo“.