Circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022 dell’Agenzia delle Entrate
OGGETTO: Disciplina fiscale dei trust ai fini della imposizione diretta e indiretta – Articolo 13 decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157 – decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 – Recepimento dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità
INDICE
- Profili civilistici del TRUST
- Apporto dei beni nel TRUST
- DISCIPLINA AI FINI DELLE IMPOSTE SUI REDDITI
- DISCIPLINA AI FINI DELLE IMPOSTE INDIRETTE
- Quadro di riferimento
- Evoluzione della giurisprudenza di legittimità
- Recepimento dell’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione
- Tassazione ai fini delle imposte indirette
- Istituzione del trust
- Dotazione dei beni in trust
- Attribuzione dei beni ai beneficiari
- Liquidazione dell’imposta
- Liquidazione dell’imposta in relazione ad attribuzioni effettuate da Trust già esistenti
- Esenzioni, agevolazioni e determinazione del valore dei beni
- Operazioni effettuate durante la vita del trust.
- Sostituzione del trustee.
- Imposte ipotecaria e catastale.
- Atti formati all’estero
- Attribuzioni ai beneficiari “senza formalità”
- TRUST C.D. “LIQUIDATORI” E “DI GARANZIA”.
- TRUST “DOPO DI NOI”
- OBBLIGHI DI MONITORAGGIO FISCALE
- APPLICAZIONE DELL’IVIE E DELL’IVAFE
Premessa
La presente circolare fornisce indicazioni in materia di fiscalità diretta e indiretta dei trust alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità in materia di imposizione indiretta, nonché delle modifiche normative introdotte dal decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (1) (di seguito, “decreto”) in tema di imposizione diretta.
1 Cfr. articolo 13, comma 1, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, come modificato dalla legge 19 dicembre 2019, 157.
In particolare, sul piano normativo, il decreto ha modificato la disciplina, ai fini della imposizione sui redditi, relativa alle “attribuzioni” a favore di soggetti residenti in Italia, provenienti da trust stabiliti in giurisdizioni che con riferimento al trattamento dei trust si considerano a fiscalità privilegiata.
Tale intervento normativo ha avuto quale finalità quella di fornire regole specifiche per l’imposizione delle predette “attribuzioni”, in particolare, da parte di trust opachi – ovvero di trust senza beneficiari di reddito “individuati” – allo scopo di evitare che la residenza fiscale del trust in un Paese con regime fiscale privilegiato, comporti la sostanziale detassazione dei redditi attribuiti ai soggetti italiani.
Nello specifico, il suddetto decreto (2) detta indicazioni puntuali sul trattamento dei redditi corrisposti da tali trust, stabilendo:
2 Cfr. articolo 13, comma 1, lettere a) e b), dell’articolo 13 del decreto.
– l’inclusione tra i redditi di capitale (3) anche dei «redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che con riferimento ai redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis, anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati ai sensi dell’articolo 73»;
– una presunzione relativa, qualora in relazione alle predette attribuzioni «non sia possibile distinguere tra redditi e patrimonio, l’intero ammontare percepito costituisce reddito» (4) .
3 Di cui alla lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir.
4 Comma 4-quater dell’articolo 45 del Tuir.
Pertanto, dopo le circolari 6 agosto 2007, n. 48/E e 27 dicembre 2010, n. 61/E di commento alle disposizioni in materia di trust introdotte dalla legge finanziaria 2007, si forniscono di seguito i chiarimenti ai fini delle imposte sui redditi delle attribuzioni da parte di trust opachi stabiliti in Paesi con regimi fiscali privilegiati, conseguenti le predette novità normative.
Con riferimento, invece, all’imposizione indiretta (5) , si registra un orientamento della Corte di Cassazione, che dopo una lunga evoluzione si può ritenere allo stato attuale consolidato. In base a detto orientamento, la “dotazione” di beni e diritti in trust, ai fini dell’applicazione della reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni, non dà luogo di per sé ad un effettivo trasferimento di beni o diritti e, quindi, ad un “arricchimento” dei beneficiari.
5 In ordine alla quale sono state fornite indicazioni con le circolari 6 agosto 2007, n. 48/E e 22 gennaio 2008. n. 3/E.
Invero, a parere dei giudici di legittimità, ai fini dell’applicazione delle predette imposte occorre avere riguardo non ad una indeterminata “utilità economica” della quale il costituente dispone, ma all’effettivo incremento patrimoniale del beneficiario.
Con riferimento alle imposte indirette, quindi, si recepisce in questa sede l’orientamento espresso dalla Suprema Corte, con il conseguente superamento delle indicazioni sul punto contenute nei precedenti documenti di prassi (circolare 6 agosto 2007, n. 48/E, par. 5.2., 5.3 e 5.5 e circolare 22 gennaio 2008, n. 3/E, par. 5.4.2).
Viene, inoltre, illustrata la tassazione indiretta applicabile con riferimento alle principali tipologie di atti concernenti la “vita” del trust.
Per quanto attiene invece alla disciplina degli obblighi di monitoraggio fiscale, alla luce delle modifiche apportate dal decreto legislativo 25 maggio 2017,
- 90, che ha recepito la Direttiva UE 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015 (IV Direttiva antiriciclaggio), vengono forniti specifici chiarimenti, superando in parte, quelli forniti con la circolare 23 dicembre 2013, n. 38/E.
Vengono, infine, fornite indicazioni sull’applicazione dell’imposta sul valore degli immobili detenuti all’estero (IVIE) e dell’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE) dovuta da trust residenti in Italia.
La presente circolare, inoltre, fornisce chiarimenti con riferimento ai trust istituiti a favore dei soggetti con disabilità gravi, di cui alla legge 22 giugno 2016, 112, cosiddetta “Legge Dopo di Noi”.
Si fa presente che il documento tiene conto dei contributi ricevuti dagli operatori in esito alla consultazione pubblica aperta l’11 agosto 2021 e conclusa in data 30 settembre 2021, per fornire ulteriori chiarimenti sui diversi aspetti relativi alla disciplina fiscale dei trust.
Tanto premesso i chiarimenti forniti nelle predette circolari continuano ad avere validità per quanto compatibili con quanto di seguito illustrato.
1 Profili civilistici del trust
L’istituto del trust ha trovato ingresso nell’ordinamento interno con la ratifica della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, ad opera della legge 16 ottobre 1989, n. 364, in vigore dal 1° gennaio 1992.
Giova ricordare che detto istituto si sostanzia in un rapporto giuridico fiduciario mediante il quale un soggetto definito “disponente” (o settlor) – con negozio unilaterale, cui generalmente seguono uno o più atti dispositivi – trasferisce ad un altro soggetto, definito “trustee”, beni (di qualsiasi natura), affinché quest’ultimo li gestisca e li amministri, coerentemente con quanto previsto dall’atto istitutivo del trust per il raggiungimento delle finalità individuate dal disponente medesimo.
L’effetto principale dell’istituzione di un trust è la segregazione patrimoniale in virtù della quale i beni in trust costituiscono un patrimonio separato e autonomo rispetto al patrimonio del disponente, del trustee e dei beneficiari, con la conseguenza che tali beni non potranno essere escussi dai creditori di tali soggetti. L’articolo 2 della citata Convenzione, oltre a fornire la definizione di trust, ne individua caratteristiche essenziali, ovvero:
«a) i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee;
- i beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un’altra persona per conto del trustee;
- il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre beni secondo i termini del trust e le norme particolari impostegli dalla legge».
Nella pratica, fermo restando l’elemento essenziale della “segregazione”, si riscontrano diversi utilizzi dell’istituto che si differenziano per le finalità perseguite, si pensi ad esempio:
- al “trust di scopo”, istituito per il perseguimento di un specifico e determinato fine individuato dal disponente (affare, attività, ecc.);
- al “trust familiare”, istituito con finalità di assistenza o in vista della successione;
- al “trust Dopo di Noi”, istituito a favore dei soggetti con disabilità gravi nel rispetto dei requisiti previsti dalla legge 22 giugno 2016, n. 112 (“Legge Dopo di Noi”);
- al “trust di garanzia”, istituito per tutelare l’interesse di uno o più creditori del disponente;
- al “trust liquidatorio”, istituito per realizzare la liquidazione dell’attivo dei beni del disponente.
Vi sono poi casi nei quali il disponente riveste anche la carica di trustee: in tali ipotesi il trust si definisce “autodichiarato”.
Inoltre, un trust può essere “discrezionale” nel caso in cui il disponente si riserva la facoltà di nominare in un momento successivo i beneficiari ovvero rimette al trustee o ad un protector (guardiano) l’individuazione degli stessi, delle loro rispettive posizioni o delle modalità e dei tempi di attribuzione dei benefici (6) .
6 Cfr. Circolare 6 agosto 2007, n. 48/E.
Allo stato, non è presente nell’ordinamento interno una disciplina organica dell’istituto.
In particolare, l’articolo 39 novies del decreto legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, ha introdotto l’articolo 2645- ter rubricato «Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche» (7) nel Libro VI, titolo I, capo I, del codice civile.
7 Ai sensi del quale «Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo».
Tale disposizione, di ampia portata (8) , prevede la trascrizione di determinati atti «al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione», consentendo la “segregazione” dei beni oggetto dell’atto di destinazione, sottraendoli alle più svariate vicende che possono verificarsi e, in tal modo, introducendo una rilevante eccezione all’articolo 2740 del codice civile, per effetto del quale ciascun soggetto risponde delle proprie obbligazioni «con tutti i propri beni presenti e futuri».
8 Diversamente dal fondo patrimoniale, la cui costituzione è strettamente collegata alla soddisfazione dei “bisogni della famiglia” e dal patrimonio destinato al compimento di specifico affare della società, di cui all’articolo 2447-bis del codice civile.
In ambito fiscale, invece, il legislatore è intervenuto inserendo diverse disposizioni sia in tema di imposte sui redditi, sia in tema di imposizione indiretta sui c.d. “vincoli di destinazione”, nonché con riferimento al trust c.d. “Dopo di Noi”.
2 Apporto dei beni in trust
Nel caso di beni oggetto di apporto in un trust, per quanto attiene al loro costo fiscalmente riconosciuto, si conferma quanto chiarito nella circolare n. 48/E del 2007, allo scopo di evitare salti d’imposta ai fini delle imposte sui redditi.
L’apporto di beni in un trust ai fini delle imposte sui redditi sconta un trattamento differenziato che varia in funzione della natura del disponente, imprenditore o non imprenditore e della tipologia di bene trasferito.
Nel caso di disponente imprenditore, l’apporto di beni relativi all’impresa (beni merce, beni strumentali, beni patrimoniali) configura un trasferimento per finalità estranee all’impresa. Ciò comporta per il disponente imprenditore il conseguimento di componenti positivi di reddito da assoggettare a tassazione secondo le disposizioni del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), nonché l’assoggettamento ad IVA ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, n. 5, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
In particolare, il trasferimento di beni merce comporta il conseguimento di un ricavo d’esercizio ai sensi dell’articolo 85, comma 2, del Tuir da quantificare sulla base del valore normale ai sensi dell’articolo 9 del Tuir.
Il trasferimento di beni diversi da quelli che generano ricavi (beni strumentali, beni patrimoniali dell’impresa), invece, genera plusvalenze o minusvalenze rilevanti ai fini della determinazione del reddito d’impresa ai sensi degli articoli 58, 86 e 87 del Tuir.
Anche in tali fattispecie il valore da prendere a riferimento per il calcolo della plusvalenza è il valore normale di cui al citato articolo 9 del Tuir.
Nel caso di apporto al trust di beni diversi da quelli relativi all’impresa, in assenza di corrispettivo, non si genera materia imponibile, ai fini della imposizione sui redditi, né in capo al disponente non imprenditore né in capo al trust, sempreché lo stesso non si qualifichi commerciale.
Tuttavia, nel caso di apporto di attività finanziarie, il trasferimento del bene in un rapporto diverso da quello di provenienza può costituire un’ipotesi fiscalmente realizzativa per espressa disposizione normativa. In particolare, se oggetto di trasferimento sono titoli detenuti nell’ambito di un rapporto amministrato o gestito di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, il trasferimento si considera effettuato a titolo oneroso (9) . Altre fattispecie di ipotesi fiscalmente realizzative previste espressamente da disposizioni normative sono rinvenibili, ad esempio, anche nei casi disciplinati dall’articolo 26-quinquies, comma 6, del decreto Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché dall’articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239.
9 In applicazione degli articoli 6, comma 6, e 7, comma 8, del citato d.lgs. n. 461 del 1997 che assimilano tali trasferimenti alle cessioni a titolo oneroso.
3 Disciplina ai fini delle imposte sui redditi
Come anticipato, la legge finanziaria 2007 ha contribuito a colmare, seppur parzialmente, l’assenza di una disciplina fiscale specifica nell’ordinamento tributario nazionale in materia di trust, intervenendo sull’articolo 73, comma 1, lettere b), c) e d) del Tuir e stabilendo che i trust (residenti o non residenti) sono inclusi tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES) (10) .
10 Il comma 74 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 ha modificato l’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato dal decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).
In tal modo è stata riconosciuta al trust autonoma soggettività tributaria. In particolare, ai fini della determinazione del reddito del trust rilevano in Italia:
- per i trust residenti nel territorio dello Stato che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, in quanto “enti commerciali” ai sensi della lettera b), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir, tutti i redditi ovunque prodotti;
- per i trust residenti nel territorio dello Stato che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, in quanto “enti non commerciali” ai sensi della lettera c), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir, tutti i redditi ovunque prodotti;
- per i trust non residenti, i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, in quanto “enti non residenti” ai sensi della lettera d), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir, salvo le seguenti ipotesi:
- beneficiario “individuato” residente ( par. n. 3.1. Trust trasparente residente e non residente); e
- beneficiario residente di trust opaco stabilito in Paesi a fiscalità privilegiata ( par. 3.3 Trust opaco estero).
Nelle ultime due ipotesi citate (casi in cui si applica, rispettivamente, l’articolo 73, comma 2, del Tuir per i trust trasparenti non residenti e l’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies), del Tuir per le attribuzioni da parte di trust opachi stabiliti in Stati aventi un regime fiscale privilegiato con riferimento ai redditi da essi prodotti) nei confronti del beneficiario residente (ai fini della imputazione o dell’attribuzione) rileva il reddito complessivamente prodotto dal trust non residente riferibile al beneficiario, indipendentemente dal rispetto del requisito di territorialità di cui all’articolo 23 del Tuir, superando il chiarimento fornito nel paragrafo 4.1 della circolare n. 48/E del 2007.
Ai fini della individuazione del regime fiscale applicabile al reddito, inoltre, per effetto di quanto previsto dall’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 73 del Tuir, si distinguono due tipologie di trust:
- “trust trasparente”, ovvero trust con beneficiario di reddito “individuato”, il cui reddito è tassato in capo al beneficiario, mediante “imputazione” per trasparenza e applicando le regole proprie di tassazione di tale soggetto beneficiario;
- “trust opaco”, ovvero trust senza beneficiario di reddito “individuato”, il cui reddito è tassato in capo al trust quale soggetto passivo IRES.
Ai fini della determinazione del reddito prodotto dal trust (sia opaco che trasparente) si applicano le regole fiscali previste in base alla natura, “commerciale” o “non commerciale” dell’attività svolta dal trust (11) . In particolare:
- nel caso di trust (opaco o trasparente) residente nel territorio dello Stato (12) che ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, il reddito è determinato secondo le regole previste per i soggetti IRES che esercitano attività commerciale;
- nel caso di trust (opaco o trasparente) residente nel territorio dello Stato (13) che non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, il reddito è determinato secondo le regole previste per gli enti non commerciali ai sensi dell’articolo 143 del Tuir, secondo cui «Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 73 è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva».
- nel caso di trust (opaco o trasparente) non residente che ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, il reddito prodotto in Italia è determinato ai sensi dell’articolo 151 del Tuir;
- nel caso di trust (opaco o trasparente) non residente che non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, il reddito prodotto in Italia è determinato ai sensi dell’articolo 153 del Tuir.
11 Cfr. circolare n. 61/E del 2010.
12 Di cui alla lettera b), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir.
13 Di cui alla lettera c), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir.
Nel caso di trust trasparente, come anticipato, il reddito ovunque conseguito è assoggettato a tassazione per trasparenza in capo al beneficiario (residente) come reddito di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies), del Tuir.
Qualora il beneficiario sia una persona fisica, tale reddito, imputato «in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali» (14) , concorre alla formazione del reddito complessivo che è tassato con le aliquote progressive Irpef.
14 Cfr. ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 73 del Tuir.
Ai sensi della richiamata lettera g-sexies), del Tuir, già in vigore prima delle modifiche in commento, infatti, sono considerati redditi di capitale «i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti».
In base a tale disposizione (15) , in caso di trust trasparente il reddito “imputato” al beneficiario residente è tassato come reddito di capitale, a prescindere dalla circostanza che il trust sia o meno residente in Italia.
15 Lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir.
Al riguardo, come chiarito nella richiamata circolare n. 61/E, l’espressione
«anche se non residenti» non può che intendersi riferita ai trust, posto che la finalità della norma è quella di rendere il beneficiario residente “individuato” soggetto passivo con riferimento a tutti i redditi allo stesso imputati derivanti dalle attività del trust, a prescindere dalla residenza di quest’ultimo.
Resta fermo che se il reddito imputato sia stato prodotto dal trust in Italia ed ivi già tassato ai sensi dell’articolo 73 del Tuir, lo stesso non sconterà ulteriore imposizione in capo al beneficiario residente.
Pertanto, qualora il reddito prodotto dal trust abbia già scontato una tassazione a titolo d’imposta o di imposta sostitutiva, detto reddito non concorre alla formazione della base imponibile fino a concorrenza del reddito già tassato, neanche in caso di imputazione per trasparenza, in capo al beneficiario individuato.
Esempio n. 1
Un trust trasparente non commerciale realizza una plusvalenza derivante dalla cessione di una partecipazione che viene assoggettata ad imposta sostitutiva nella misura del 26 per cento, ai sensi dell’articolo 5 del d.lgs. n. 461 del 1997.
In applicazione dell’articolo 143 del Tuir, tale plusvalenza non concorre alla formazione del reddito complessivo del trust e, conseguentemente, non è imputabile in capo al beneficiario “individuato”.
Sulla base dei medesimi principi, i redditi conseguiti e correttamente tassati in capo ad un trust prima dell’individuazione dei beneficiari, allorquando il trust risultava “opaco” non possono scontare una nuova imposizione in capo a questi ultimi a seguito della loro distribuzione (16) . Per le ragioni illustrate al paragrafo 3.2.1, qualora invece il trust opaco si qualifichi come ente commerciale, le distribuzioni ai beneficiari, successivamente individuati, sono imponibili ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera e), del Tuir.
16 Cfr. circolare 6 agosto 2007, n. 48/E.
- Trust trasparente residente e non residente
Nel caso di trust trasparente (vale a dire trust con “beneficiario individuato”) il reddito prodotto dal trust è “imputato” al beneficiario “in ogni caso”, cioè “indipendentemente” dalla “effettiva percezione”, secondo un criterio di imputazione per trasparenza e, conseguentemente, tali redditi sono assoggettati ad imposizione in capo al beneficiario individuato (17) .
17 Cfr. articolo 73, comma 2, ultimo periodo del Tuir.
A tali fini, come chiarito dalla citata circolare n. 48/E del 2007, per “beneficiario individuato” è da intendersi il beneficiario di “reddito individuato”, vale a dire il soggetto che esprime, rispetto a quel reddito, una capacità contributiva effettiva. È necessario, quindi, che il “beneficiario” sia puntualmente “individuato” e che risulti titolare del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza.
Conseguentemente, l’attribuzione effettiva al beneficiario individuato del reddito già tassato per imputazione in capo allo stesso non sarà imponibile dal momento che si tratta del medesimo reddito.
Analogamente, se il reddito conseguito dal trust fruisce di un regime di non imponibilità o di esenzione previsto dalla normativa, la relativa attribuzione effettiva al beneficiario non dà luogo a tassazione in capo a quest’ultimo.
Esempio n. 2
Un trust trasparente non commerciale, con beneficiario persona fisica, realizza una plusvalenza derivante dalla cessione di un immobile detenuto da più di 5 anni.
In applicazione dell’articolo 143 del Tuir, la plusvalenza non concorre alla formazione del reddito complessivo del trust e, conseguentemente, il reddito così determinato è imputato per trasparenza al beneficiario.
Inoltre, tale plusvalenza non avrà rilevanza reddituale nemmeno al momento dell’attribuzione effettiva del relativo ammontare al beneficiario. Tale conclusione è coerente con l’assimilazione del trattamento fiscale dei redditi realizzati da un trust non commerciale a quello previsto per le persone fisiche, considerato che, con riferimento al caso di specie, il beneficiario avrebbe realizzato una plusvalenza non imponibile qualora avesse ceduto l’immobile direttamente.
Come anticipato nel paragrafo precedente, il reddito imputato al beneficiario residente è imponibile in Italia in capo allo stesso quale reddito di capitale a prescindere dalla circostanza che il trust sia o meno residente in Italia e che il reddito sia stato prodotto o meno nel territorio dello Stato.
Ai fini della determinazione del reddito del trust trasparente non residente da imputare al beneficiario occorre tener conto delle regole previste dalla legislazione fiscale dello Stato in cui il trust è residente o stabilito.
- Trust opaco residente
Nel caso di trust opaco residente nel territorio dello Stato, ovvero di trust in cui il beneficiario non sia “individuato” nei termini sopra esposti, l’imposizione dei redditi da questo prodotto avviene nei confronti del trust stesso.
Come anticipato, il reddito prodotto dal trust opaco è assoggettato ad IRES in capo al trust, in quanto autonomo soggetto passivo di imposta, applicando le regole fiscali previste in base alla natura “commerciale” o “non commerciale” dell’attività svolta dal trust.
- Trust opaco commerciale
Nel caso in cui il trust opaco si qualifichi come “commerciale”, il reddito va determinato applicando le regole previste dagli articoli 81 e seguenti del Tuir in materia di reddito d’impresa, ivi inclusa la disciplina in materia di plusvalenze esenti (articolo 87) e di dividendi (articolo 89). Ne deriva che, in caso di distribuzione del reddito ai beneficiari “non individuati”, si rende applicabile l’articolo 44, comma 1, lettera e), del Tuir, che prevede la tassazione come reddito di capitale degli utili derivanti dalla partecipazione al patrimonio anche di enti, diversi dalle società, assoggettati ad IRES, tra i quali rientrano i trust. Tale impostazione risponde anche a ragioni di ordine logico-sistematico, laddove il trattamento fiscale dei redditi generati nell’ambito di un trust commerciale non differisce da quello riservato alle distribuzioni di utili da parte di soggetti IRES e risulta coerente con la circostanza che all’atto della distribuzione si configura (almeno in quel momento) un diritto patrimoniale sugli utili generati dal trust commerciale. Coerentemente con tale impostazione, si ritiene che alle distribuzioni effettuate a favore dei beneficiari si applichi anche la presunzione legale di cui all’articolo 47, comma 1, del Tuir, in base alla quale, ove nel patrimonio del trust siano presenti sia riserve di utili che di capitali, si considerano prioritariamente distribuite le riserve di utili, a prescindere dalla natura della riserva cui il trustee abbia imputato le somme distribuite ai beneficiari.
In relazione a tali distribuzioni, il trust opaco commerciale residente assume il ruolo di sostituto d’imposta, tenuto ad effettuare la ritenuta alla fonte nella misura del 26 per cento sui redditi distribuiti ai beneficiari persone fisiche, ai sensi dell’articolo 27, comma 1, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Qualora un trust opaco commerciale, prima della pubblicazione del presente documento di prassi, abbia effettuato distribuzioni senza l’applicazione della suddetta ritenuta, può procedere, ai sensi dell’articolo 10, comma 3, dello Statuto dei diritti del contribuente, al versamento dell’importo dovuto, maggiorato dei relativi interessi legali e senza applicazione delle sanzioni, tenuto conto che, nel caso specifico, ricorrono condizioni di obiettiva incertezza.
- Trust opaco non commerciale
Nel caso in cui il trust si qualifichi come ente “non commerciale”, la base imponibile del reddito del trust, cui applicare l’aliquota IRES, deve essere determinata ai sensi del richiamato articolo 143 del Tuir. Tuttavia, diversamente dal caso di trust opaco avente natura commerciale, rimangono validi i chiarimenti resi nella circolare n. 48/E del 2007, tenuto conto del fatto che il trust opaco non commerciale, determinando i propri redditi imponibili in virtù dell’applicazione dell’articolo 143 del Tuir, determina il reddito imponibile con le medesime categorie reddituali e in applicazione delle medesime regole previste per le persone fisiche con la conseguenza che un’ulteriore eventuale tassazione al momento della distribuzione darebbe luogo a un’ulteriore (ingiustificata) tassazione in capo al beneficiario.
- Trust opaco estero
In generale, il trust opaco estero è soggetto passivo in Italia per i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, ai sensi degli articoli 151 e 153 del Tuir e, ordinariamente, la relativa “attribuzione” al beneficiario non dà luogo a tassazione in capo allo stesso.
Tuttavia, come espressamente disciplinato dalla lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir, nel caso di trust opaco stabilito in Stati e territori che, con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust, si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis del Tuir, le “attribuzioni” a soggetti residenti in Italia (anche se non “beneficiari individuati” (18) ), assumono rilevanza reddituale in capo agli stessi.
18 Secondo l’accezione attribuibile a tale espressione nel comma 2 dell’articolo 73 del Tuir.
In particolare, la richiamata lettera g-sexies) , modificata dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 13 del decreto, prevede che costituiscono redditi di capitale anche «i redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che con riferimento ai redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis, anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati ai sensi dell’articolo 73».
Pertanto, se il trust opaco è stabilito in uno Stato o territorio che, con riferimento ai redditi ivi prodotti, integra un livello di tassazione inferiore alla metà di quello applicabile in Italia, in coerenza con l’interpretazione fornita già con la citata circolare 61/E del 2010, le “attribuzioni” di reddito da parte del trust al beneficiario (anche se non “individuato”) sono assoggettate ad imposizione in capo allo stesso beneficiario come reddito di capitale e in base al criterio di cassa (“… redditi corrisposti …”).
In tal caso, infatti, alla tassazione ridotta in capo al trust estero corrisponde, comunque, l’imposizione in capo al beneficiario residente per le attribuzioni da parte del trust.
Tale posizione interpretativa e la novella legislativa di cui all’articolo 44 del Tuir, trovano fondamento nella circostanza che trattasi di redditi che non subiscono una tassazione congrua nella giurisdizione di stabilimento del trust prima di essere attribuiti ai soggetti residenti in Italia.
Le “attribuzioni” al beneficiario residente sono assoggettate ad imposizione in Italia sulla base del criterio di cassa che regola, in genere, la tassazione dei redditi di capitale, a differenza delle “attribuzioni” di trust trasparenti per le quali come detto vale il criterio di imputazione.
Allo scopo di evitare aggiramenti della disciplina in ragione del mero dato formale, o nominalistico, il legislatore ha esteso la medesima disciplina anche agli istituti che in sostanza incorporano le caratteristiche proprie dei trust, richiamando espressamente anche gli «istituti aventi analogo contenuto» al trust.
Al riguardo, si precisa che per individuare quali siano gli istituti aventi contenuto analogo si deve fare riferimento agli elementi essenziali e caratterizzanti dell’istituto del trust con un esame da effettuare caso per caso.
Tali disposizioni si applicano alla generalità dei trust opachi esteri “stabiliti” in predetti Stati o territori che si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis del Tuir.
Al riguardo, appare opportuno sottolineare che il rinvio all’articolo 47-bis del Tuir ha il fine di fornire una modalità di individuazione dei regimi fiscali applicati ai trust esteri nei Paesi di stabilimento che prefigurano un regime fiscale privilegiato.
Peraltro, la disposizione in questione prevede chiaramente che gli Stati esteri, sono considerati o meno a fiscalità privilegiata con esclusivo riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust ivi residente. Quindi, l’elemento che viene preso in considerazione, ai fini dell’applicazione della lettera g-sexies), è il trattamento fiscale del trust.
Tenuto conto che le disposizioni dell’articolo 47-bis del Tuir sono riferibili a partecipazioni in società, le stesse si rendono applicabili nell’ambito in questione solo in quanto compatibili.
Pertanto, l’individuazione dei trust opachi esteri che godono di un regime fiscale privilegiato deve essere operata sulla base delle indicazioni contenute nella lettera b) del comma 1 dell’articolo 47-bis del Tuir (19) , secondo cui, come sopra accennato, con riferimento al trattamento dei redditi prodotti del trust, si considerano a fiscalità privilegiata gli Stati e territori, per i quali «il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia», considerando, anche i «regimi speciali che non siano applicabili strutturalmente alla generalità dei soggetti svolgenti analoga attività dell’impresa o dell’ente partecipato che risultino fruibili soltanto in funzione delle specifiche caratteristiche soggettive o temporali del beneficiario e che, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale al di sotto del predetto limite e sempreché, nel caso in cui il regime speciale riguardi solo particolari aspetti dell’attività economica complessivamente svolta dal soggetto estero, l’attività ricompresa nell’ambito di applicazione del regime speciale risulti prevalente, in termini di ricavi ordinari, rispetto alle altre attività svolte dal citato soggetto».
19 Richiamato dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 13 del decreto.
Ne consegue che il reddito di un trust opaco corrisposto ad un soggetto italiano è sempre considerato imponibile in Italia, ai sensi della lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir, qualora il livello nominale di tassazione dei redditi prodotti dal trust sia inferiore al 50 di quello applicabile in Italia. In tali casi si deve tener conto anche di eventuali regimi speciali applicabili al trust che, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale.
A tal fine, occorre confrontare il livello nominale di tassazione del reddito prodotto dal trust nell’ordinamento fiscale nel quale il trust è stabilito, al momento di produzione del reddito, con l’aliquota Ires vigente nel medesimo periodo d’imposta, indipendentemente dalla natura commerciale o meno del trust.
Per i trust non commerciali che producono esclusivamente redditi di natura finanziaria, occorre confrontare il livello nominale di tassazione del Paese ove è stabilito il trust non residente con quello applicabile in Italia sui redditi di natura finanziaria soggetti alle imposte sostitutive o alle ritenute alla fonte a titolo di imposta vigenti nel periodo d’imposta assunto ai fini del confronto (generalmente nella misura del 26 per cento), facendo sempre riferimento al momento della produzione del reddito distribuzione.
Sulla base di quanto stabilito al comma 2 dell’articolo 47-bis del Tuir, che fa riferimento alla detenzione diretta o indiretta di “partecipazioni” in un’impresa o altro ente, non è applicabile il successivo comma 3 secondo cui il contribuente può interpellare, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b) della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. interpello probatorio), l’Amministrazione.
Tale ultima disposizione prevede che il contribuente può interpellare l’amministrazione per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente a «la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti».
Come chiarito nella circolare 1° aprile 2016, n. 9/E, con la locuzione «nei casi espressamente previsti» il legislatore, scegliendo un approccio fondato sulla tassatività dei casi, ha previsto la possibilità di ricorrere all’interpello probatorio nelle sole ipotesi, e per i soli soggetti, per i quali tale facoltà sia espressamente riconosciuta mediante l’espresso richiamo dell’articolo 11, comma 1, lettera b) della legge n. 212 del 2000.
Per quanto concerne il termine “stabiliti” utilizzato dal legislatore, si rileva che, in generale, lo stesso deve essere inteso con riferimento alla giurisdizione di residenza del trust in base alle relative regole, quale risultante al momento della “attribuzione” al beneficiario residente, fermo restando che il reddito distribuito sia stato tassato in capo al trust, al momento della produzione, nel rispetto del livello minimo di tassazione previsto dal citato articolo 47-bis del Tuir.
Qualora il criterio ivi utilizzato sia quello della sede di amministrazione ed il trust si consideri stabilito (rectius, fiscalmente residente) nel Paese in cui il trustee ha la propria residenza fiscale, in presenza di due co-trustee, di cui uno residente in uno Stato o Paese appartenente all’Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo (SEE) e uno stabilito in un Paese a fiscalità privilegiata, ai fini della individuazione della residenza (per l’applicazione dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies) occorre far riferimento allo Stato dove il trust è effettivamente assoggettato ad imposizione.
Analoghe considerazioni devono essere svolte nel caso in cui il criterio utilizzato sia quello dell’oggetto principale. Detto criterio è strettamente legato alla tipologia di trust (o analoghe istituzioni). Se l’oggetto del trust (beni vincolati nel trust) è dato da un patrimonio immobiliare situato interamente in Italia, l’individuazione della residenza è agevole; se invece i beni immobili sono situati in Stati diversi occorre fare riferimento al criterio della prevalenza. Nel caso di patrimoni mobiliari o misti, l’oggetto dovrà essere identificato con l’effettiva e concreta attività esercitata, essendo a tal fine irrilevante la residenza del trustee ovvero dei beneficiari. In altri termini, lo stabilimento (rectius, residenza) in uno Stato membro dell’Unione europea o aderente allo SEE, individuato nella prospettiva italiana sulla base dei criteri di cui all’articolo 73 del Tuir, non è in grado di disattivare l’applicazione della lettera g-sexies), nella ipotesi in cui il trust, in virtù della norma interna di tale Stato oppure della eventuale convenzione per evitare le doppie imposizioni da esso sottoscritta con uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata, risulti residente in quest’ultimo Stato.
Nel caso in cui il trust non sia considerato fiscalmente residente in uno Stato, secondo la legislazione di detto Stato, nonostante l’attività di amministrazione del trust sia ivi prevalentemente effettuata, ai fini dell’applicazione della norma in oggetto, il trust deve comunque considerarsi “stabilito” in quel Paese (ad es. i trust
«resident but not domiciled») qualora i redditi prodotti dal trust non subiscano in tale Paese alcuna imposizione né in capo al trust né in capo agli eventuali beneficiari residenti Italia.
Detta circostanza si può verificare, a titolo esemplificativo, con riferimento a trust, con più co-trustee, stabiliti nel Regno Unito. In tal caso, qualora il disponente non sia ivi residente né domiciliato (al momento della costituzione del trust e di eventuali apporti successivi) e vi sia almeno un trustee non residente o non domiciliato nel Regno Unito, i co-trustee (“single deemed person”) non sono considerati come ivi residenti, a prescindere dalla circostanza che vi sia una maggioranza di trustee inglesi o che l’amministrazione del trust venga effettuata nel Regno Unito. Di conseguenza questa tipologia di trust, pur avendo la sede dell’amministrazione nel Regno Unito, gode, in detto Paese dei vantaggi fiscali riservati ai trust offshore.
Analoghe considerazioni valgono anche nel caso in cui il trust sia considerato stabilito in uno Stato UE o SEE, se beneficia di un regime fiscale (di esenzione) previsto per i trust offshore (es. i trust stabiliti a Cipro).
3.4 L’interposizione del Trust
Nell’ipotesi in cui un trust è interposto formalmente nella titolarità di beni o attività (cosiddetta “interposizione fittizia”), il reddito di cui “appare titolare” il trust è assoggettato ad imposizione, per “imputazione”, direttamente in capo all’interponente residente in Italia secondo le categorie previste dall’articolo 6 del Tuir (sia esso il disponente o il beneficiario), considerando il trust quale soggetto interposto.
L’interposizione del trust, ai fini della tassazione del reddito dallo stesso prodotto, fa venir meno l’applicazione delle regole fiscali illustrate nei paragrafi precedenti con riferimento al trust sia opaco che trasparente.
In particolare, le attribuzioni effettuate dal trust interposto non generano redditi imponibili per il beneficiario (anche se diverso dall’interponente) (20) , anche se il trust è istituito in un Paese a fiscalità privilegiata, a condizione che e nella misura in cui tali attribuzioni derivino da redditi che, in ragione dell’interposizione del trust, sono già stati assoggettati ad imposizione direttamente in capo all’interponente residente in Italia secondo le categorie previste dall’articolo 6 del Tuir.
20 Ferma restando la rilevanza, ai fini dell’imposta di donazione e successione, delle attribuzioni effettuate dal trustee al beneficiario, comprensive anche dei redditi imponibili già tassati ai fini delle imposte sui redditi ove l’interponente sia il disponente. I predetti redditi imponibili invece sono esclusi dall’imposta sulle donazioni e successioni ove l’interponente sia invece il beneficiario destinatario delle attribuzioni.
Coerentemente con quanto appena illustrato, nell’ipotesi di decesso del soggetto disponente, tenuto conto della interposizione del trust tra i beni e i diritti che compongono l’attivo ereditario di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 sono inclusi anche quelli formalmente nella titolarità del trust, qualificato come interposto.
3.5 Determinazione dei redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44 comma 1 lettera g-sexies)
Ai fini della determinazione del reddito di capitale da assoggettare a tassazioni in capo al beneficiario (anche non “individuato”), il decreto ha inoltre introdotto una presunzione legale relativa con la finalità di assicurare l’imposizione dei redditi anche nel caso in cui il beneficiario della “attribuzione” non riceva dal trustee elementi idonei ad individuare la parte imponibile come reddito di capitale dell’attribuzione ricevuta.
In particolare, il comma 4-quater all’articolo 45 del Tuir (21) prevede che «Qualora in relazione alle attribuzioni di trust esteri, nonché di istituti aventi analogo contenuto, a beneficiari residenti in Italia, non sia possibile distinguere tra redditi e patrimonio, l’intero ammontare percepito costituisce reddito».
21 Introdotto dalla lettera b) del comma 1 dell’articolo 13 del decreto.
La norma detta una presunzione relativa, con la finalità di assicurare l’imposizione anche nel caso in cui il beneficiario della “attribuzione” effettuata dal trust opaco estero stabilito in giurisdizioni a fiscalità privilegiata non riceva dal trustee elementi idonei ad individuare la parte imponibile della stessa.
Con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione, sebbene la disposizione operi un generico riferimento ai “trust esteri”, si ritiene che la stessa si applichi, in linea di principio, ai trust opachi stabiliti in giurisdizioni a fiscalità privilegiata in quanto:
– la relazione illustrativa nella parte in cui chiarisce che la modifica risolve
«il problema inerente i redditi provenienti da trust opachi esteri per i quali spesso i beneficiari italiani si dicono impossibilitati a distinguere la parte delle attribuzioni riferibile al patrimonio del trust rispetto a quelle riferibili al reddito»;
– sotto il profilo sistematico, come precisato al paragrafo 2.3, le attribuzioni da parte di trust opachi esteri a beneficiari residenti, ordinariamente, non danno luogo a tassazione in capo agli stessi.
Come anticipato in premessa, infatti, il decreto ha inteso prevedere regole puntuali sul trattamento dei redditi corrisposti da tali trust opachi stabiliti in giurisdizioni a fiscalità privilegiata, prevedendo l’inclusione delle relative “attribuzioni” tra i redditi di capitale di cui alla lettera g-sexies) e introducendo la presunzione relativa con il comma 4-quater.
L’applicazione della disposizione implica che sia operata una distinzione tra la quota di attribuzione riferibile:
- al “patrimonio”, costituito dalla dotazione patrimoniale iniziale ed ogni eventuale successivo “trasferimento” effettuato dal disponente (o da terzi) a favore del trust;
e quella,
- al “reddito”, costituito da ogni provento conseguito dal trust, compresi i redditi eventualmente reinvestiti o capitalizzati nel trust
Ai fini della applicazione della presunzione, occorre rideterminare il reddito secondo la normativa fiscale italiana.
Pertanto, l’intero ammontare percepito costituisce reddito di capitale per il beneficiario residente in Italia qualora non emerga, da apposita documentazione contabile ed extracontabile (ad esempio, a titolo meramente esemplificativo, rendicontazioni bancarie, finanziarie, ecc.) del trustee, la distinzione fra il “patrimonio” e il “reddito”, come sopra definiti.
A tal fine, il trustee deve mantenere una contabilità analitica che distingua la quota/attribuzione riferibile al valore dei beni in trust al momento del conferimento iniziale, al netto di eventuali attribuzioni di patrimonio effettuate a favore dei beneficiari, dalla quota riferibile ai redditi realizzati di anno in anno, al netto di eventuali attribuzioni a favore dei beneficiari.
L’eventuale distinzione, tra reddito e patrimonio, operata dalle delibere di distribuzione del trust, deve essere in ogni caso supportata dalla documentazione contabile del trust.
Ad esempio, nel caso di distribuzione del provento derivante dalla vendita di un bene, conferito in trust dal disponente, costituisce reddito la parte eccedente il costo o valore di acquisto del bene come risultante dalla documentazione contabile.
Da ultimo si ricorda che, anche con riferimento ai redditi attribuiti da trust opachi stabiliti in giurisdizioni a fiscalità privilegiata da assoggettare ad imposizione nei confronti dei beneficiari residenti deve essere ricompresa la generalità dei redditi prodotti dal trust ovunque nel mondo e, che, qualora siano oggetto di attribuzione redditi di fonte italiana percepiti dal trust e già tassati nei suoi confronti in Italia, gli stessi non sono oggetto di imposizione nei confronti del beneficiario residente al quale sono attribuiti (22) .
22 Si veda quanto chiarito, relativamente a fattispecie analoghe, dalla circolare n. 48/E del 2007 circa il divieto di doppia imposizione ai sensi dell’articolo 163 del Tuir.
4 Disciplina ai fini delle imposte indirette
4.1 Quadro di riferimento
Con riferimento all’imposizione indiretta, con l’articolo 2, commi da 47 a 49 del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262 (23) , il legislatore, nel ripristinare l’imposta sulle successioni e donazioni, ne ha previsto l’applicazione anche per gli «atti di trasferimento a titolo gratuito di beni e la costituzione di vincoli di destinazione». Come evidenziato con la circolare n. 3/E del 2008, “tra i vincoli di destinazione rientra anche la costituzione di trust”, che si caratterizza in quanto comporta la segregazione dei beni del settlor in un patrimonio separato gestito dal trustee.
23 Convertito, con modificazioni e integrazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.
Per tale ragione, l’apporto di beni nel trust (o la costituzione del vincolo di destinazione che ne è l’effetto) va assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale (cfr. circolari n. 48/E del 2007 e n. 3/E cit.).
Nei medesimi di documenti di prassi, è stato evidenziato, inoltre, che «Il trust si sostanzia in un rapporto giuridico complesso che ha un’unica causa fiduciaria. Tutte le vicende del trust (istituzione, dotazione patrimoniale, gestione, realizzazione dell’interesse del beneficiario, il raggiungimento dello scopo) sono collegate dalla medesima causa. Ciò induce a ritenere che la costituzione del vincolo di destinazione avvenga sin dall’origine a favore del beneficiario (naturalmente nei trust con beneficiario) e sia espressione dell’unico disegno volto a consentire la realizzazione dell’attribuzione liberale». Conseguentemente, in base alla suddetta prassi è stato affermato che:
- l’atto istitutivo, con cui il disponente esprime la volontà di istituire il trust, laddove non contempli anche la segregazione di beni, è assoggettato a imposta di registro in misura fissa;
- l’atto dispositivo, con cui il disponente vincola i beni in trust, è soggetto ad imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale dell’otto per cento (fatte salve aliquote diversificate e le franchigie in considerazione del rapporto di parentela tra disponente e beneficiario, al momento della segregazione), mentre il trasferimento dei beni ai beneficiari non realizza, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, un presupposto impositivo e l’eventuale incremento del patrimonio del trust non è soggetto alla medesima imposta, al momento della devoluzione;
Per ciò che concerne, invece, le operazioni di gestione compiute dal trustee durante la vita del trust (quali, ad esempio, eventuali atti di acquisto o di vendita di beni), esse sono soggette ad autonoma imposizione, secondo la natura e gli effetti giuridici che le caratterizzano, da esaminare volta per volta con riferimento al caso concreto.
Trovano altresì applicazione, sussistendone i presupposti, le imposte ipotecaria e catastale, in misura proporzionale, rispettivamente per la formalità di trascrizione di atti aventi ad oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari e per la voltura catastale dei medesimi atti, in forza del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.
4.2 Evoluzione della giurisprudenza di legittimità
Con riferimento all’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale sugli atti di apporto di beni e diritti in trust da parte del disponente, si è generato nel tempo un rilevante contenzioso.
La Corte di Cassazione, in una prima fase, ha condiviso la posizione interpretativa dell’Amministrazione finanziaria.
In particolare, la Suprema Corte, con le note ordinanze 24 febbraio 2015, nn. 3735 e 3737 e 25 febbraio 2015, n. 3886, ha riconosciuto legittima l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale all’atto dell’apporto di beni e diritti in trust affermando che detta imposta «è istituita non già sui trasferimenti di beni e diritti a causa della costituzione di vincoli di destinazione, come, invece, accade per le successioni e le donazioni, in relazione alle quali è espressamente evocato il nesso causale: l’imposta è istituita direttamente, ed in sé, sulla costituzione dei vincoli».
Tale posizione è stata confermata anche con la successiva ordinanza 18 marzo 2015, n. 5322 e con la sentenza 7 marzo 2016, n. 4482, ove la Suprema Corte ha affermato il principio di diritto, secondo cui «La costituzione di un vincolo di destinazione su beni (nel caso di specie attraverso l’istituzione di un trust), costituisce – di per sé ed anche quando non sia individuabile uno specifico beneficiario – autonomo presupposto impositivo in forza della L. n. 286 del 2006, art. 2, comma 47, che assoggetta tali atti, in mancanza di disposizioni di segno contrario, ad un onere fiscale parametrato sui criteri di cui alla imposta sulle successioni e donazioni».
I giudici sono pervenuti alle predette conclusioni osservando che «la dizione letterale della norma e la sua evoluzione nel complesso processo di elaborazione normativa che è sfociato nella attuale dizione della L. n. 286 del 2006, art. 2, comma 47, evidenzia che […] l’imposta è istituita non già sui trasferimenti di beni e diritti a causa della costituzione di vincoli di destinazione, come, invece, accade per le successioni e le donazioni, in relazione alle quali è espressamente evocato il nesso causale: l’imposta è istituita direttamente, ed in sé, sulla costituzione dei vincoli», evitando, conseguentemente, il rinvio (o l’esclusione) della tassazione sine die.
In seguito, la Corte di Cassazione ha espresso un orientamento non univoco, con sentenze sovente contenenti motivazioni non risolutive (spesso, peraltro, la Suprema Corte ha affermato la necessità di esaminare caso per caso poiché
«un’indiscriminata imponibilità degli atti costitutivi di vincoli di destinazione non appare espressione di una ragionevole discrezionalità, non arbitrio, (…) del legislatore »).
In tale ambito, si rinvengono anche alcune pronunce nelle quali la Suprema Corte, procedendo ad una rivisitazione della posizione inizialmente espressa, ha affermato che «l’unica imposta espressamente istituita è stata la reintrodotta imposta sulle successioni e sulle donazioni alla quale per ulteriore espressa disposizione debbono andare anche assoggettati i «vincoli di destinazione», con la conseguenza che il presupposto dell’imposta rimane quello stabilito dall’art. 1 d.lgs. n. 346 cit. del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari» (cfr. Corte di Cassazione 30 maggio 2018, n. 13626).
Infine, i giudici di legittimità sono giunti ad un radicale mutamento di orientamento, rispetto alla posizione inizialmente espressa.
In particolare, negli arresti più recenti in materia, la Corte di Cassazione, ripercorrendo nelle motivazioni la complessa evoluzione della vicenda, ha ritenuto di confermare l’interpretazione secondo la quale – essendo la «costituzione di vincoli di destinazione» assoggettata alla reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni – occorre tenere conto, ai fini della tassazione, del presupposto stabilito per tale imposta dal d.lgs. n. 346 del 1990, che impone la sussistenza «del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari», con ciò abbandonando la tesi iniziale della creazione di un autonomo presupposto impositivo.
A tal fine, la dotazione di beni e diritti in trust non integra di per sé un trasferimento imponibile bensì rappresenta un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta, per cui si deve fare riferimento non già alla – indeterminata – nozione di «utilità economica, della quale il costituente, destinando, dispone» (cfr. ordinanza n. 3886 del 2015, cit.), ma a quella di effettivo incremento patrimoniale del beneficiario (cfr. ordinanze 30 ottobre 2020, nn. 24153 e 24154) (24) .
24 Negli stessi termini, nonché le ordinanze 16 dicembre 2020, n. 28796; 8 luglio 2020, n. 14207; 3 marzo 2020, n. 5766; 11 marzo 2020, n. 7003; 19 febbraio 2020, n. 4163; 7 febbraio 2020, nn. da 2897 a 2902, che hanno riguardato diverse tipologie di trust.
Le medesime conclusioni sono state espresse anche nella giurisprudenza di legittimità successiva (25) .
25. nelle ordinanze 14 giugno 2021, n. 16688; 10 giugno 2021, n. 16372; 20 maggio 2021, nn. 13818 e 13819, nonché nella sentenza 30 marzo 2021, n. 871.
4.3 Recepimento dell’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione
Alla luce dell’indirizzo assunto dalla Suprema Corte, che viene recepito in questa sede, devono ritenersi superate le indicazioni fornite con i sopra richiamati documenti di prassi, posti alla base dell’attività impositiva e del contenzioso, con riferimento agli atti di dotazione di beni in trust, specificamente contenuti nella circolare n. 48/E del 2007 ai paragrafi 5.2, 5.3 e 5.5.
In merito, occorre precisare che la giurisprudenza di legittimità sopra richiamata non concerne le operazioni di gestione compiute dal trustee durante la vita del trust, che – come evidenziato in precedenza – sono soggette ad autonoma imposizione, secondo la natura e gli effetti giuridici che le caratterizzano, da esaminare volta per volta con riferimento al caso concreto.
Nei successivi paragrafi, si illustra, pertanto, il trattamento tributario ai fini dell’imposizione indiretta delle diverse tipologie di atti concernenti i trust.
4.4 Tassazione ai fini delle imposte indirette
- Istituzione del trust
<li><strong><a href=”#_bookmark24″>Imposte ipotecaria e catastale.</a></strong></li>
L’atto istitutivo con cui il disponente esprime la volontà di costituire il trust, se redatto con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, è assoggettato all’imposta di registro in misura fissa ai sensi dell’articolo 11 della Tariffa, parte prima, del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, anche quando nel medesimo atto venga disposta la dotazione patrimoniale al trust.
- Dotazione dei beni in trust
La medesima tassazione si applica anche agli atti con cui il disponente dota il trust di beni, vincolandoli agli scopi del trust. Infatti, in linea con l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, tale atto «non determina effetti traslativi perché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso (trustee), che è tenuto solo ad amministrarlo e a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista di un suo ritrasferimento ai beneficiari del trust» (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 8082 del 2020).
Pertanto, ai predetti atti, se redatti con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, sarà applicata l’imposta di registro in misura fissa ai sensi del sopra citato articolo 11 della Tariffa, parte prima, del d.P.R. n. 131 del 1986.
Al riguardo, si osserva che, alla luce delle caratteristiche essenziali dell’istituto come sopra delineate, la dotazione di beni in trust può comportare la decadenza dalle agevolazioni fiscali ai fini delle imposte indirette fruite dal disponente e collegate al mantenimento dei beni per un determinato intervallo temporale (ad esempio, agevolazione c.d. “prima casa” in relazione ad immobile acquistato dal disponente da meno di cinque anni, ai sensi della Nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986).
- Attribuzione dei beni ai beneficiari
Gli atti con cui vengono attribuiti i beni vincolati in trust ai beneficiari realizzano il presupposto impositivo dell’imposta sulle successioni e donazioni.
Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, la «costituzione del vincolo di destinazione» (26) non integra un autonomo presupposto ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, ma è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale.
26 Di cui all’art. 2, comma 47 del decreto legge n. 262 del 2006.
Nel trust, tale trasferimento imponibile si realizza solo all’atto «di eventuale attribuzione del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo» (cfr. sentenza n. 8082 del 2020, cit.).
In ordine all’individuazione del momento in cui si realizza l’effettivo trasferimento di ricchezza mediante un’attribuzione “stabile” dei beni confluiti nel trust a favore del beneficiario, occorre far riferimento anche alle clausole statutarie che disciplinano il concreto assetto degli interessi patrimoniali e giuridici dell’istituto in esame. In particolare, è necessario analizzare puntualmente le clausole contenute nell’atto istitutivo e nello Statuto del trust o emergenti da ulteriori documenti.
Detta attribuzione stabile, infatti, in linea generale, si verifica all’atto di attribuzione dei beni, formale o meno, dal trustee al beneficiario, ma potrebbe essere rinvenibile anche già all’atto di costituzione o di dotazione del trust, nell’ipotesi in cui i beneficiari individuati (o individuabili) siano titolari di diritti pieni ed esigibili, non subordinati alla discrezionalità del trustee o del disponente, tali da consentire loro l’arricchimento e l’ampliamento della propria sfera giuridico-patrimoniale già al momento dell’istituzione del trust.
Si tratta di ipotesi in cui i beneficiari nominativamente o, comunque, inequivocabilmente individuati (o individuabili) abbiano il diritto di ottenere dal trustee, in qualunque momento, sulla base delle clausole dell’atto istitutivo e di eventuali ulteriori disposizioni, il trasferimento di quanto spettante.
In altri termini, tali diritti determinano un arricchimento in capo al beneficiario in conseguenza dell’atto istitutivo o della devoluzione patrimoniale del trust, integrando il presupposto impositivo nel senso delineato dall’orientamento della Corte di Cassazione, con applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni all’atto di costituzione o di dotazione del trust.
Potrebbe rientrare nella descritta ipotesi il trust in cui al beneficiario viene attribuito il diritto a ricevere dal trustee un bene, ad esempio un dato immobile o una somma di denaro richiesta, oppure il diritto a ricevere una rendita periodica.
Tale soluzione è coerente con le disposizioni dell’articolo 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 che prevede che «L’imposta è applicata secondo […] gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione […]».
Resta in ogni caso impregiudicato il potere dell’Amministrazione finanziaria di verificare in concreto l’effettivo trasferimento dei beni e dei diritti a favore del beneficiario nei termini sopra indicati.
- Liquidazione dell’imposta
Ai fini della liquidazione dell’imposta, si conferma in questa sede quanto chiarito nella circolare n. 48/E del 2007 secondo cui il trust è un rapporto giuridico complesso con un’unica causa fiduciaria e tutte le vicende del trust (istituzione, dotazione patrimoniale, gestione, realizzazione dell’interesse del beneficiario, il raggiungimento dello scopo) sono collegate alla medesima causa.
Pertanto, le aliquote e le franchigie, previste all’articolo 2, commi 48 e 49 del decreto legge n. 262 del 2006, sono individuate, all’atto della attribuzione dei beni, sulla base del rapporto di parentela intercorrente tra il disponente e il beneficiario.
Al riguardo:
- nel caso in cui il beneficiario è il coniuge o un parente in linea retta del disponente, al valore del bene attribuito viene applicata l’aliquota del 4%, e una franchigia pari a 1.000.000 di euro;
- nel caso in cui i beneficiari sono fratelli e sorelle del beneficiario, l’aliquota applicabile è quella del 6% e la franchigia è pari a 000 euro;
- nel caso in cui i beneficiari sono altri parenti fino al quarto grado, affini in linea retta o affini in linea collaterale fino al terzo grado l’aliquota è del 6% e non è prevista nessuna franchigia; nel caso in cui i beneficiari sono altri soggetti l’aliquota applicabile è quella dell’8%.
Ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, trattandosi di una fattispecie di donazione definibile “a formazione progressiva”, con cui il disponente provvederà ad arricchire i beneficiari per mezzo del programma negoziale attuato tramite il trustee, i requisiti della territorialità individuati dall’articolo 2 del d.lgs. n. 346 del 1990, ovvero la residenza del disponente e la localizzazione dei beni apportati, devono essere verificati all’atto di apporto dei beni al trust, momento in cui si verifica l’effettivo “spossessamento” dei beni da parte del disponente per effetto della segregazione.
- Liquidazione dell’imposta in relazione ad attribuzioni effettuate da Trust già esistenti
La configurazione del trust come un rapporto giuridico complesso con un’unica causa fiduciaria e quale donazione definibile “a formazione progressiva”, oltre a rilevare per l’individuazione delle aliquote e delle franchigie, assume rilievo anche ai fini della liquidazione delle imposte a fronte di attribuzioni relative a trust già esistenti, che hanno scontato l’imposta sulle successioni e donazioni all’atto di costituzione o di dotazione del trust medesimo.
In particolare, tenuto conto dell’affidamento dei contribuenti che, adeguandosi alla precedente prassi amministrativa, abbiano liquidato e versato imposte al momento della costituzione o del conferimento di beni o diritti al trust, si ritiene che i predetti versamenti possano essere considerati a titolo definitivo, senza necessità di effettuare ulteriori liquidazioni all’atto di successive attribuzioni a favore del beneficiario. Tale “esaurimento” della fattispecie vale a condizione che dette attribuzioni abbiano ad oggetto:
- i medesimi beneficiari;
- i medesimi beni e diritti sulla base dei quali è stata effettuata la liquidazione e il versamento delle relative imposte in sede di costituzione del trust o di dotazione dei beni o diritti allo stesso.
Resta fermo che in tali ipotesi, non procedendosi alla riliquidazione dell’imposta, non è possibile effettuare il rimborso delle imposte già versate in sede di apporto (iniziale o successivo) dei beni o diritti al trust, anche laddove la base imponibile calcolata al momento delle successive attribuzioni ai beneficiari dovesse risultare inferiore a quella assoggettata a tassazione iniziale (ad esempio in ragione del diverso operare delle franchigie pro-tempore vigenti).
Diversamente, laddove l’attribuzione successiva avvenisse nei confronti di un beneficiario diverso ovvero avesse ad oggetto beni o diritti diversi da quelli conferiti e tassati, non si configurerebbe una fattispecie di “rapporto esaurito”. Resta tuttavia ferma, in tali casi, la possibilità di considerare le imposte già versate in sede di apporto al trust, a scomputo dell’eventuale imposta dovuta al momento della futura attribuzione.
Del pari, non si configura un fenomeno di “rapporto esaurito” nel caso in cui il contribuente decida di non avvalersi degli effetti derivanti dall’esaurimento del rapporto e presenti istanza di rimborso, in presenza dei presupposti, nei termini previsti dall’articolo 60 del d.lgs. n. 346 del 1990 decorrenti dal versamento.
Per chiarire quanto sopra illustrato, si pensi ad esempio, all’ipotesi in cui un determinato immobile è stato inizialmente apportato al trust, con la individuazione puntuale del futuro “beneficiario” dell’attribuzione (ad es. il figlio del disponente): all’atto della futura attribuzione di tale bene immobile al figlio, non si procede alla riliquidazione e al versamento di ulteriore imposta. Diversamente, non è riconducibile a tale ipotesi quella di attribuzione al figlio medesimo di un bene diverso (ad esempio, l’immobile apportato è stato venduto dal trustee e sono state acquistate partecipazioni o altri beni immobili, poi oggetto di attribuzione). In tal caso, in applicazione del descritto criterio di carattere generale, occorrerà ridurre l’imposta dovuta al momento della futura attribuzione dell’ammontare corrispondente all’imposta già versata al momento dell’apporto al trust.
In ogni caso, qualora l’atto di attribuzione di beni al beneficiario dia luogo ad ulteriore liquidazione d’imposta rispetto a quella assolta precedentemente, il trustee dovrà presentare apposita denuncia, come previsto dall’articolo 19 del d.P.R. n. 131 del 1986.
- Esenzioni, agevolazioni e determinazione del valore dei beni
L’eventuale spettanza di esenzioni e/o agevolazioni in capo ai beneficiari in relazione alle attribuzioni potrà essere valutata, di volta in volta, sulla base della presenza dei relativi presupposti.
Ad esempio, nell’ipotesi di attribuzione al beneficiario di un bene immobile, quest’ultimo potrà richiedere l’applicazione dell’agevolazione c.d. “prima casa” ai sensi dell’articolo 69, comma 3, della legge 21 novembre 2000, n. 342, in presenza dei relativi presupposti.
Detta disposizione prevede che «le imposte ipotecaria e catastale sono applicate nella misura fissa per i trasferimenti della proprietà di case di abitazione non di lusso» (attualmente per le case di abitazione di categoria catastale diversa da A1, A8 e A9) e per la costituzione e il trasferimento di diritti immobiliari relativi alle stesse, derivanti da successioni e donazioni, «[…] quando, in capo al beneficiario, ovvero in caso di pluralità di beneficiari, in capo ad almeno uno di essi, sussistano i requisiti e le condizioni previste in materia di acquisto della prima abitazione dall’articolo 1, comma 1, quinto periodo, della Tariffa, Parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con DPR 26 aprile 1986, n. 131».
Il successivo comma 4 dello stesso articolo 69 dispone che «le dichiarazioni di cui alla nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, […] sono rese dall’interessato nella dichiarazione di successione o nell’atto di donazione».
Si ritiene che la volontà di fruire delle agevolazioni deve essere manifestata dal richiedente con una dichiarazione resa nell’atto di attribuzione (cfr. circolare 7 maggio 2001, n. 44).
Si fa presente, al riguardo, che in relazione alle norme di esenzione o agevolazione fruite dal beneficiario in sede di attribuzione, che prevedono il mantenimento di determinati requisiti per un dato intervallo temporale, il termine iniziale decorre dall’attribuzione medesima.
Con riferimento alla determinazione del valore dei beni, vincolati in trust e trasferiti ai beneficiari, si precisa che, ai sensi dell’articolo 2, comma 49 del decreto legge n. 262 del 2006, l’imposta sulle successioni e donazioni è determinata applicando le aliquote previste al «valore globale dei beni e dei diritti al netto degli oneri da cui è gravato il beneficiario diversi da quelli indicati all’articolo 58, comma 1 del citato testo unico di cui al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346)».
L’articolo 56 del d.lgs. n. 346 del 1990 stabilisce che il predetto valore dei beni e dei diritti è determinato a norma degli articoli da 14 a 19 e dell’articolo 34, commi 3, 4 e 5 del medesimo decreto.
Al riguardo, si chiarisce che il valore dei beni dovrà essere determinato in base alle specifiche disposizioni sopra richiamate, a seconda del tipo di bene trasferito, con riferimento alla data dell’atto con il quale viene effettuato il trasferimento.
Ad esempio, nell’ipotesi di attribuzione di un immobile, la base imponibile sarà determinata assumendo il valore venale in comune commercio alla data del relativo atto (cfr. articolo 14, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 346 del 1990).
Nel caso in cui, ad esempio, l’attribuzione abbia ad oggetto azioni, obbligazioni, altri titoli e quote sociali quotati in borsa o negoziati nel mercato ristretto, la relativa base imponibile sarà determinata assumendo la media dei prezzi di compenso o dei prezzi determinati nell’ultimo trimestre anteriore alla data dell’atto di attribuzione (cfr. articolo 16, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 346 del 1990); nel caso in cui, invece, ad essere attribuiti sono azioni o titoli o quote di partecipazioni al capitale non quotate in borsa, né negoziati nel mercato ristretto, o quote di società non azionarie, la base imponibile viene determinata assumendo il valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data dell’atto di attribuzione, del patrimonio netto dell’ente o della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato (articolo 16, comma 1, lett. b, d.lgs. n. 346 del 1990).
- Operazioni effettuate durante la vita del trust
Per ciò che concerne le operazioni di gestione compiute dal trustee durante la vita del trust (quali, ad esempio, eventuali atti di acquisto o di vendita di beni), esse sono soggette ad autonoma imposizione, secondo la natura e gli effetti giuridici che le caratterizzano, da esaminare volta per volta con riferimento al caso concreto.
Ad esempio, nel caso in cui il trustee proceda all’acquisto di un immobile a titolo oneroso, il relativo atto sarà soggetto alle disposizioni ordinarie in materia di imposta di registro, tenendo conto delle caratteristiche essenziali dell’istituto come sopra delineate, ovvero che i beni del trust, pur intestati a nome del trustee, costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio dello stesso, che è tenuto ad amministrare, gestire o disporre beni secondo i termini del trust, con obbligo di renderne conto.
Si ritiene, pertanto, che, in via generale, non possa trovare applicazione a tali acquisti il criterio di determinazione della base imponibile c.d. del “prezzo-valore” di cui all’articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, né le agevolazioni previste per le persone fisiche.
- Sostituzione del trustee
Nell’arco della durata di un trust, può accadere che il trustee cessi dal suo ufficio per vari motivi tra cui la rinuncia, la revoca, la decadenza, la scadenza di termini, la sopravvenuta incapacità o altre cause individuate nell’atto istitutivo.
In tal caso sarà necessario provvedere alla sua sostituzione, nominando un nuovo trustee che assumerà l’amministrazione e la gestione, secondo le disposizioni stabilite nello statuto.
Alla luce dell’attuale orientamento della giurisprudenza di legittimità, che individua nei soli trasferimenti di beni ai beneficiari il presupposto applicativo delle imposte sulle successioni e donazioni, si osserva che l’atto con cui si effettua la sostituzione del trustee non realizza tale presupposto ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni.
Si tratta, in effetti, di un mero avvicendamento nelle vicende gestorie del trust alla stregua delle modifiche statutarie e amministrative di una società e, quindi, privo di un contenuto patrimoniale.
Tali atti di sostituzione del trustee, se redatti con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, saranno assoggettati all’imposta di registro in misura fissa in quanto «non aventi per oggetto prestazioni a carattere patrimoniale» (27) .
27 Cfr. art. 11 Tariffa, Parte Prima, del d.P.R. n. 131 del 1986
Analogamente, saranno assoggettati all’imposta di registro in misura fissa, se redatti con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, gli atti di eventuale nomina di un ulteriore trustee o guardiano.
- Imposte ipotecaria e catastale
Le modalità di applicazione delle imposte ipotecaria e catastale alla fattispecie dei trust, in mancanza di specifiche disposizioni, sono stabilite dal d.lgs. 347 del 1990.
Tali imposte sono dovute, rispettivamente, per le formalità di trascrizione di atti che importano trasferimento di proprietà di beni immobili o costituzione o trasferimento di diritti reali immobiliari e per le volture catastali conseguenti ai medesimi atti.
Al riguardo, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia di trust sopra richiamato, gli atti di dotazione dei beni in trust comportano trasferimenti di beni meramente strumentali e finalizzati al solo compimento degli scopi del trust e non si traducono in effettivi trasferimenti di ricchezza dal disponente al trustee, non determinando effetti traslativi. L’effettivo trasferimento di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile, nel trust, si realizza solo all’atto di attribuzione del bene al beneficiario.
Ciò posto, le formalità e le volture catastali eseguite in dipendenza degli atti con cui il disponente effettua la dotazione di beni immobili o diritti reali immobiliari al trust, al momento della costituzione del vincolo, sono soggette alle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa (28) .
28 Cfr. art. 1 del d.lgs. n. 347 del 1990 e art. 4 della Tariffa allegata, quanto all’imposta ipotecaria, e art. 10, comma 2 del d.lgs. citato, quanto all’imposta catastale.
Analogamente, le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa saranno dovute nell’ipotesi di formalità e volture catastali eseguite per effetto dell’atto di sostituzione del trustee.
Le formalità e le volture catastali eseguite in dipendenza di atti di attribuzione dei beni immobili o diritti reali immobiliari vincolati in trust ai beneficiari, realizzando l’effettivo trasferimento dei beni in questione, sono soggette, invece, alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale (29) .
29 Cfr. art. 1 del d.lgs. n. 347 del 1990 e art. 1 della Tariffa allegata, quanto all’imposta ipotecaria, e art. 10, comma 1 del d.lgs. citato, quanto all’imposta catastale.
4.5 Atti formati all’estero
Ferme restando le conclusioni dei paragrafi precedenti relative alla tassazione dei trust ai fini delle imposte indirette, che restano valide anche per gli atti relativi ai trust esteri in presenza dei presupposti per l’applicabilità dell’imposta sulle successioni e donazioni e delle imposte ipotecaria e catastale, con riferimento agli atti di attribuzione di patrimonio posti in essere da trust esteri che risultano formati all’estero, gli stessi sono soggetti ad obbligo di registrazione nei casi previsti dall’articolo 2, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 131 del 1986, ovvero quando
«comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato».
Altra ipotesi in cui è previsto l’obbligo di registrazione per gli atti formati all’estero è data dal comma 1-bis dell’articolo 55 del d.lgs. n. 346 del 1990 che dispone la registrazione in termine fisso per «gli atti aventi ad oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all’estero nei confronti di beneficiari residenti nello Stato».
Pertanto, si ritiene che l’atto di costituzione dei beni in trust formato all’estero vada assoggettato a registrazione in termine fisso, in misura fissa (30) , trattandosi di una donazione definibile “a formazione progressiva” in cui il disponente provvederà ad arricchire i beneficiari per mezzo del programma negoziale attuato tramite il trustee. Tale obbligo di registrazione non contrasta con la circostanza che l’imposta sulle successioni e donazioni, come chiarito nei paragrafi precedenti, verrà applicata solo al momento dell’effettiva attribuzione dei beni ai beneficiari.
30 Articolo 11 della Tariffa, Parte Prima d.P.R. n. 131 del 1986.
Con riguardo agli obblighi di registrazione, ai fini dell’applicabilità dell’imposta sulle successioni e donazioni è necessario richiamare l’articolo 45, comma 4-quater del Tuir che dispone che «Qualora in relazione alle attribuzioni di trust esteri, nonché di istituti aventi analogo contenuto, a beneficiari residenti in Italia, non sia possibile distinguere tra redditi e patrimonio, l’intero ammontare percepito costituisce reddito».
Al riguardo, fermi restando i chiarimenti dei paragrafi precedenti in relazione all’applicazione della norma citata e, in particolare, alle modalità con cui distinguere la quota riferibile al patrimonio da quella riferibile al reddito, alle predette attribuzioni di patrimonio è applicabile l’imposta sulle successioni e donazioni, ai sensi dell’art. 2, comma 47 del decreto legge n. 262 del 2006, sussistendone i relativi presupposti.
Pertanto, in applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 346 del 1990, nel caso in cui il disponente del trust sia residente in Italia, agli atti di attribuzioni di patrimonio sarà applicabile l’imposta proporzionale sulle successioni e donazioni, anche se i beni patrimoniali trasferiti siano esistenti all’estero.
Nel caso in cui il disponente non risieda in Italia, la predetta imposta sulle attribuzioni dei beni patrimoniali sarà applicata limitatamente ai beni e ai diritti esistenti nel territorio dello Stato.
4.6 Attribuzioni ai beneficiari “senza formalità”
Nel caso in cui il trustee effettui le attribuzioni “senza formalità” (ad esempio, nel caso di versamento di somme tramite bonifico bancario oppure di delibere di attribuzione del trust attestante l’importo erogato), ai fini della liquidazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, il soggetto beneficiario destinatario di tali attribuzioni provvederà alla registrazione delle stesse, secondo quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 56-bis del d.lgs. 346 del 1990 che prevede, infatti, che «le liberalità di cui al comma 1 possono essere registrate volontariamente, ai sensi dell’articolo 8 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro […]. In tale caso si applica l’imposta con le aliquote indicate all’articolo 56».
Le liberalità richiamate al comma 1 sono quelle diverse «dalle donazioni» e «da quelle risultanti da atti di donazione effettuati all’estero a favore di residenti».
Con le circolari 11 agosto 2015, n. 30/E e 16 novembre 2000, n. 207 è stato chiarito che la predetta disposizione, introdotta dall’articolo 69 della legge n. 342 del 2000, ha previsto un particolare trattamento per le liberalità indirette, ossia quegli atti di disposizione non formalizzati in atti pubblici, che perseguono le stesse finalità delle donazioni tipiche.
Inoltre, con la medesima circolare n. 30/E del 2015 è stato chiarito che nel caso della registrazione volontaria in discussione, il rinvio operato nell’articolo 56- bis alle aliquote di cui all’articolo 56 (disposizione espressamente abrogata dal decreto legge n. 262 del 2006) debba essere inteso alle nuove aliquote e franchigie introdotte dall’articolo 2, comma 49, del medesimo decreto legge n. 262.
Con riferimento alle attribuzioni ai beneficiari “senza formalità”, richiamando anche la giurisprudenza di legittimità più recente (Corte di Cassazione, sentenza n. 11831 del 12 aprile 2022), in tema di accertamento delle liberalità indirette ai fini dell’imposta sulle donazioni trova certamente applicazione l’articolo 56-bis, comma 3, del d.lgs. n. 346 del 1990, ponendo in capo al beneficiario del trust l’onere di provvedere alla registrazione volontaria dell’attribuzione patrimoniale, con la conseguenza che ricade su quest’ultimo il dovere di provvedere al versamento dell’imposta dovuta.
Ciò consentirebbe, tra l’altro, all’Amministrazione finanziaria di conoscere l’eventuale franchigia precedentemente fruita dal contribuente-beneficiario.
Altrimenti, si rende applicabile il comma 2 dell’articolo 56-bis del d.lgs. n. 346 del 1990 con riferimento all’accertamento delle liberalità indirette, ove ne ricorrano i presupposti (cfr. circolare n. 30/E del 2015; ordinanza 9 dicembre 2020, n. 28047).
Il richiamo all’articolo 56-bis del citato d.lgs. n. 346 del 1990 è inoltre coerente con la distinzione tra distribuzioni reddituali (non soggette all’imposta sulle donazioni) e attribuzioni di natura patrimoniale non formalizzate in atti soggetti a registrazione (formate dalla dotazione originaria del capitale incrementata dai successivi apporti).
Essendo la disposizione di cui all’articolo 45, comma 4-quater, del Tuir valevole secondo una interpretazione logico-sistematica a tutte le tipologie di trust residenti e non residenti, qualora il contribuente beneficiario dell’attribuzione sia in grado di distinguere la quota riferibile al capitale rispetto al reddito anche per i periodi d’imposta pregressi, sulla base delle informazioni disponibili fornitegli dal trustee, si potrà procedere alla registrazione volontaria della quota del fondo in trust riferibile al capitale con l’applicazione delle aliquote e delle franchigie previste in ragione del rapporto di parentela fra disponente e beneficiario. In tal caso la registrazione volontaria anticipata esclude l’applicazione dell’imposta di donazione al momento della effettiva devoluzione del capitale al beneficiario.
4.7 Trust c.d. “liquidatori” e “di garanzia”
Come accennato, nella pratica si riscontrano diverse tipologie di trust tra le quali rivestono interesse i cosiddetti trust di “scopo” nei quali, diversamente da quelli c.d. “familiari”, istituiti per lo più con finalità successorie, mancano i soggetti beneficiari delle attribuzioni che possano essere considerati destinatari di un effettivo arricchimento patrimoniale definitivo, in quanto i beni segregati nel trust sono utilizzati dal trustee per realizzare lo scopo del trust, non coincidente con l’attribuzione dei beni ai beneficiari.
Tra questi, si riscontrano i trust “di garanzia” e i trust “liquidatori” istituiti, ad esempio, al fine di garantire o estinguere un debito del disponente nei confronti dei propri creditori o dei creditori della società dallo stesso partecipata.
Anche in tali ipotesi, valgono le stesse considerazioni espresse precedentemente con riferimento agli atti istitutivi e agli atti di dotazione del trust.
In particolare, come anche ribadito di recente dalla Corte di Cassazione nella recente sentenza n. 410 del 10 gennaio 2022, «L’orientamento al quale questa Corte di legittimità è da ultimo pervenuta (Cass. n. 1131 del 2019 cit.; Cass. n19167/2019; Cass. n.16699/2019) è, invece, in grado di dare conto delle diverse forme di trust, apprestando una soluzione che deve ritenersi estensibile a tutte le diverse forme di manifestazione. In ogni tipologia di trust, dunque, l’imposta proporzionale non andrà anticipata né all’atto istitutivo, né a quello di dotazione, bensì riferita a quello di sua attuazione e compimento mediante trasferimento finale del bene al beneficiario».
In particolare, «nell’ipotesi del trust liquidatorio non si dubita della effettività del trasferimento al trustee dei beni da liquidare, ma ciò non esclude che … tale trasferimento sia mero veicolo tanto dell’effetto di segregazione quanto di quello di destinazione. Ancora una volta, dunque, si tratterà di individuare e tassare gli atti traslativi propriamente detti (che sono quelli di liquidazione del patrimonio immobiliare di cui il trust sia stato dotato), non potendo assurgere ad espressione di ricchezza imponibile, né l’assegnazione-dotazione di taluni beni alla liquidazione del trustee in funzione solutoria e nemmeno, in tal caso, la ripartizione del ricavato ai beneficiari a dovuta soddisfazione dei loro crediti. Si tratta, in conclusione, di risoluzione che può ricondurre ad unità anche quegli indirizzi che, pur condivisibilmente discostandosi dall’originaria posizione interpretativa di cui in Cass. nn. 3735, 3737, 3886, 5322 del 2015 cit., hanno tuttavia ritenuto di dover mantenere dei distinguo in relazione fattispecie di trust reputate peculiari ed in qualche modo divergenti dal paradigma convenzionale».
Pertanto, si ritiene che anche nel caso del trust di scopo di tipo “liquidatorio” o di “garanzia”, l’atto istitutivo e l’atto di dotazione saranno soggetti all’imposta di registro in misura fissa, nonché alle imposte ipotecaria e catastale sempre in misura fissa, nel caso sussistano i relativi presupposti (31) , analogamente a quanto già in precedenza chiarito.
31 Cfr. Par. 3.4.1, 3.4.2 e 3.4.7.
Invero, in applicazione degli articoli 20 e 43, comma 1, lettera f) del d.P.R. n. 131 del 1986 e 6 della Tariffa, Parte prima, allegata al medesimo d.P.R., nell’ipotesi del trust c.d. di garanzia, all’atto istitutivo troverà applicazione l’imposta di registro in relazione alle “garanzie reali e personali a favore di terzi, se non richieste dalla legge” nella misura dello 0,50 per cento assumendo quale base imponibile la somma garantita.
Successivamente al momento istitutivo, le operazioni di gestione compiute dal trustee durante la vita del trust, al fine di realizzarne gli scopi (quali, ad esempio, eventuali atti di acquisto o di vendita di beni) saranno soggette ad autonoma imposizione, secondo la natura e gli effetti giuridici che le caratterizzano, da esaminare volta per volta con riferimento al caso concreto.
Infine, gli atti con cui verranno poste in essere le attribuzioni del patrimonio da parte del trustee verranno valutati anch’essi caso per caso, sulla base dei connessi effetti giuridici.
Ad esempio, nel caso dei trust c.d. “liquidatori” potrebbero verificarsi i presupposti per l’applicazione dell’imposta di donazione, in via marginale o residuale, se dopo la liquidazione dei beni segregati nel trust (ad esempio, immobili e/o partecipazioni) ed il pagamento di eventuali debiti del disponente, una parte del ricavato della vendita dei beni medesimi dovesse residuare e l’attribuzione di tale residuo venisse effettuata a favore di un soggetto terzo, tale da determinare un arricchimento dello stesso.
Nel caso, invece, di trust “liquidatorio” in cui disponente e beneficiario coincidano e il ricavato (o il residuo) della vendita dei beni venga attribuito al disponente medesimo, l’imposta di donazione non trova applicazione per carenza del presupposto oggettivo di cui all’articolo 1 del d.lgs. n. 346 del 1990 mancando un trasferimento intersoggettivo di ricchezza.
- Trust “Dopo di Noi”
Per completezza della trattazione, si procede, di seguito, ad un esame della delle disposizioni introdotte dalla legge 22 giugno 2016, n. 112, cosiddetta “Legge Dopo di Noi”, la quale, nell’intento più ampio di «favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità» tramite la previsione di «misure di assistenza, cura e protezione nel superiore interesse delle persone con disabilità grave […] prive di sostegno familiare […] nonché in vista del venir meno del sostegno familiare […]», ha introdotto, tra l’altro, una disciplina agevolativa per i trust istituiti a favore dei soggetti con disabilità gravi.
In particolare, l’articolo 6, comma 1 prevede che «I beni e i diritti conferiti in trust […] istituiti in favore delle persone con disabilità grave come definita dall’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, […] sono esenti dall’imposta sulle successioni e donazioni prevista dall’articolo 2, commi da 47 a 49 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262».
Il medesimo articolo 6, al comma 2 dispone che «Le esenzioni e le agevolazioni di cui al presente articolo sono ammesse a condizione che il trust […] perseguano come finalità esclusiva l’inclusione sociale, la cura e l’assistenza delle persone con disabilità grave, in favore delle quali sono istituiti […]».
Le esenzioni e le agevolazioni disposte nello stesso articolo 6 sono ammesse se sussistono, congiuntamente le seguenti condizioni previste dal comma 3:
- istituzione del trust con atto pubblico [lettera a)];
- individuazione nell’atto istitutivo, in modo chiaro ed univoco, dei «soggetti coinvolti» e dei «rispettivi ruoli», dei «bisogni specifici delle persone con disabilità grave» nonché delle «attività assistenziali necessarie a garantire la cura e la soddisfazione dei bisogni delle persone» assistite [lettera b];
- individuazione nell’atto istitutivo degli obblighi e delle modalità di rendicontazione a carico del trustee [lettera c];
- gli «esclusivi beneficiari del trust» sono le persone con disabilità grave come definita per legge [lettera d];
- il patrimonio conferito nel trust deve essere destinato «esclusivamente alla realizzazione delle finalità assistenziali del trust» [lettera e];
- individuazione nell’atto istitutivo del «soggetto preposto al controllo delle obbligazioni imposte all’atto dell’istituzione del trust» (lettera f);
- previsione nell’atto istitutivo del «termine finale della durata del trust […] nella data della morte della persona con disabilità grave» (lettera g);
- previsione nell’atto istitutivo della «destinazione del patrimonio residuo» (lettera h).
Per le disposizioni effettuate a favore dei fondi speciali di cui al comma 3 dell’articolo 1 della legge n. 112 del 2016, l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni in argomento si applica anche nel caso in cui l’apporto dei beni al trust venga disposto per mezzo di un atto mortis causa.
Ciò in quanto l’articolo 6 della legge n. 112 del 2016 menziona genericamente i beni e i diritti «conferiti in trust » senza specificare quali siano gli atti con cui tali conferimenti debbano essere effettuati e richiama esplicitamente l’articolo 2, commi da 47 a 49 del decreto legge n. 262 del 2006, che, al comma 47, prevede che «È istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 […]», in tal modo riferendosi indistintamente ai trasferimenti di beni attuati sia mediante atti tra vivi che mortis causa.
I predetti conferimenti di beni e diritti potranno avvenire anche in maniera frazionata nel corso della vita del trust, senza che ciò configuri un comportamento contrario alla lettera e/o alla ratio delle disposizioni in esame.
Si ritiene che, in assenza di specifiche preclusioni da parte della norma, oggetto del conferimento possa essere anche la sola nuda proprietà di beni immobili, facendo riferimento alle tabelle di valutazione del diritto di usufrutto in vigore al momento del conferimento, ai fini dell’attribuzione del valore ai beni conferiti.
Proseguendo nell’esame delle disposizioni dell’articolo 6 della legge n. 112 del 2016, i commi 4 e 5 dell’articolo 6 disciplinano le ipotesi di “retrocessione” al soggetto disponente dei beni vincolati in trust e le attribuzioni del patrimonio residuo alla morte del beneficiario disabile grave, in particolare:
- «In caso di premorienza del beneficiario rispetto ai soggetti che hanno istituito il trust […] i trasferimenti di beni e diritti reali a favore dei suddetti soggetti godono delle medesime esenzioni dall’imposta sulle successioni e donazioni di cui al presente articolo e le imposte di registro, ipotecaria e catastale si applicano in misura fissa» (comma 4);
- «Al di fuori dell’ipotesi di cui al comma 4, in caso di morte del beneficiario del trust […] il trasferimento del patrimonio residuo, ai sensi della lettera h) del comma 3 del presente articolo, è soggetto all’imposta sulle successioni e donazioni […] in considerazione del rapporto di parentela o coniugio intercorrente tra disponente, fiduciante e destinatari del patrimonio residuo» (comma 5).
Il comma 6 del predetto articolo 6 dispone, inoltre, che «Ai trasferimenti di beni e diritti in favore dei trust ovvero dei fondi speciali di cui al comma 3 dell’articolo 1 ovvero dei vincoli di destinazione di cui all’articolo 2645-ter del codice civile, istituiti in favore delle persone con disabilità grave […] le imposte di registro, ipotecaria e catastale si applicano in misura fissa.».
Tale ultima disposizione è innanzitutto riferita al momento istitutivo del vincolo e agli atti con cui i beni e i diritti vengono apportati e segregati nel trust dal disponente, esentati dall’imposta di successione e donazione secondo il comma 1 del citato articolo 6, a completamento del quadro agevolativo introdotto dai commi precedenti.
Ciò posto, ferme restando le ulteriori condizioni richieste dalla legge, si ritiene che il predetto comma 6 dell’articolo 6 possa rilevare anche con riferimento alle fattispecie di trasferimento a titolo oneroso di beni e diritti a favore del trust.
A favore di tale interpretazione depongono sia il dato testuale dell’articolo 6 della legge n. 112 del 2016 – che richiama genericamente tutti i «trasferimenti di beni e diritti in favore del trust» senza specificare se si tratti di trasferimenti a titolo gratuito o a titolo oneroso – sia la ratio della legge in esame «volta a favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità» e che a tal fine «disciplina misure di assistenza, cura e protezione nel superiore interesse delle persone con disabilità grave […] prive di sostegno familiare […] nonché in vista del venir meno del sostegno familiare […]» (cfr. articolo 1 della legge n. 112 del 2016).
Conseguentemente, in assenza di una esplicita esclusione per gli atti a titolo oneroso, si ritiene possibile applicare l’agevolazione della misura fissa sia per l’imposta di registro che per le imposte ipotecaria e catastale anche agli atti di acquisto a titolo oneroso posti in essere dal trustee, nel caso di un trust istituito nel rispetto di tutte le condizioni richieste dalla legge n. 112 del 2016.
A favore di tale interpretazione depone la relazione tecnica alla legge n. 112 del 2016 del Ministero dell’Economia e delle Finanze che stima il risparmio in termini di imposta di registro derivante dalla mancata applicazione dell’aliquota ordinaria del 9 per cento.
5 Obblighi di monitoraggio fiscale
Per effetto della disciplina del monitoraggio fiscale di cui al decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, i soggetti di cui all’articolo 4 del citato decreto (le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate) sono tenuti alla compilazione del quadro RW della propria dichiarazione dei redditi per indicare gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia.
Tale adempimento deve essere effettuato non soltanto dal possessore diretto delle attività di natura finanziaria all’estero, ma anche dai soggetti che, ai sensi della normativa antiriciclaggio (32) , risultino essere i “titolari effettivi” dei predetti beni.
32 Di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, come richiamati dall’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990.
Per effetto del richiamo contenuto nell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990, pro tempore vigente, fino al periodo d’imposta 2016, gli obblighi di monitoraggio fiscale sussistevano in capo ai «titolari effettivi dell’investimento secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, lettera u), e dall’allegato tecnico del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231».
In base a tale norma, in caso di entità giuridiche, quali le fondazioni, e di istituti giuridici, quali i trust, che amministrano o distribuiscono fondi, per titolare effettivo si intendeva:
- la persona fisica o le persone fisiche beneficiarie del 25 per cento o più del patrimonio di un’entità giuridica, se i futuri beneficiari erano già stati determinati;
- la categoria di persone nel cui interesse principale era istituita o agiva l’entità giuridica, se le persone fisiche che beneficiavano dell’entità giuridica non erano ancora state determinate;
- la persona fisica o le persone fisiche che esercitavano un controllo sul 25 per cento o più del patrimonio di un’entità giuridica (33) .
33 Cfr. circolare n. 38/E del 2013.
La disciplina del monitoraggio fiscale (34) è stata oggetto di modifica da parte del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90 (35) .
34 Di cui al decreto- legge 28 giugno 1990, n. 167.
35 Decreto legislativo 25 maggio 2017 n. 90, che ha recepito la Direttiva UE 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015 (IV Direttiva antiriciclaggio).
Per effetto di tale modifica, dal periodo d’imposta 2017, sono obbligati alla compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi, coloro che «siano titolari effettivi dell’investimento secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, lettera pp), e dall’articolo 20 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni» (36) .
36 Cfr. articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990 attualmente in vigore.
Il richiamato articolo 1, comma 2, lettera pp), del d.lgs. n. 231 del 2007 qualifica come titolare effettivo «la persona fisica o le persone fisiche, diverse dal cliente, nell’interesse della quale o delle quali, in ultima istanza, il rapporto continuativo è instaurato, la prestazione professionale è resa o l’operazione è eseguita».
Con riferimento all’individuazione dei criteri di determinazione della “titolarità effettiva” di clienti diversi dalle persone fisiche, l’articolo 20 del medesimo decreto legislativo (37) non fa esplicito riferimento ai trust.
37 Come modificato dal decreto legislativo 4 ottobre 2019, n. 125.
Per i titolari effettivi diversi dalle persone fisiche, in generale, il comma 1 del citato articolo 20, prevede che il titolare effettivo «coincide con la persona fisica o le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente ovvero il relativo controllo».
Seppure con riferimento alle persone giuridiche private di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, il comma 4 dell’articolo 20, del medesimo decreto legislativo, individua «come titolari effettivi: a) i fondatori ove in vita; b) i beneficiari, quando individuati o facilmente individuabili; c) i titolari di poteri di rappresentanza legale, direzione e amministrazione».
Il successivo comma 5, individua inoltre un criterio residuale in base al quale
«Qualora l’applicazione dei criteri di cui ai precedenti commi non consenta di individuare univocamente uno o più titolari effettivi, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche titolari, conformemente ai rispettivi assetti organizzativi o statutari, di poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione della società o del cliente comunque diverso dalla persona fisica».
In relazione agli obblighi della clientela, invece, ai fini della normativa antiriciclaggio, l’articolo 22, comma 5, del d.lgs. n. 231 del 2007 con specifico riferimento ai trust stabilisce che «I fiduciari di trust espressi, disciplinati ai sensi della legge 16 ottobre 1989, n. 364, nonché le persone che esercitano diritti, poteri e facoltà equivalenti in istituti giuridici affini, purché stabiliti o residenti sul territorio della Repubblica italiana, ottengono e detengono informazioni adeguate, accurate e aggiornate sulla titolarità effettiva del trust, o dell’istituto giuridico affine, per tali intendendosi quelle relative all’identità del costituente o dei costituenti, del fiduciario o dei fiduciari, del guardiano o dei guardiani ovvero di altra persona per conto del fiduciario, ove esistenti, dei beneficiari o classe di beneficiari e delle altre persone fisiche che esercitano il controllo sul trust o sull’istituto giuridico affine e di qualunque altra persona fisica che esercita, in ultima istanza, il controllo sui beni conferiti nel trust o nell’istituto giuridico affine attraverso la proprietà diretta o indiretta o attraverso altri mezzi».
L’attuale disciplina in materia di monitoraggio fiscale rinvia alle disposizioni sopra elencate che non si riferiscono esplicitamente ai trust a differenza di quanto previsto prima della riforma del 2017.
Nonostante ciò, si ritiene che le disposizioni di cui al richiamato articolo 20 siano riferibili anche ai trust ed istituti aventi analogo contenuto secondo un’interpretazione che tiene conto della ratio della riforma del 2017, come individuata nella Relazione illustrativa del d.lgs. n. 90 del 2017, dalla quale risulta la volontà di colmare ogni lacuna possibile, attese «le difficoltà riscontrate in passato, in ordine all’esatta individuazione del titolare effettivo, generate dal vigente quadro normativo, non sufficientemente esaustivo».
A seguito di tali modifiche, la nuova definizione di titolare effettivo appare più ampia rispetto al passato, essendo venuti meno i previgenti riferimenti alle percentuali di attribuzione del patrimonio o del controllo pari o superiore al 25 per cento dell’entità giuridica.
Inoltre, sono entrati nell’ambito di applicazione del monitoraggio fiscale, soggetti, indicati come “titolari effettivi”, che, pur non disponendo direttamente del patrimonio o del reddito di entità quali i trust, sono coloro che in ultima istanza beneficiano delle attività dell’entità giuridica.
I contribuenti residenti, rientranti nell’ambito soggettivo del monitoraggio fiscale, sono tenuti agli obblighi dichiarativi nell’ipotesi di detenzione di attività, finanziarie e patrimoniali, a titolo di proprietà o di altro diritto reale, indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione e quindi anche se pervengono da eredità o donazioni.
Se le attività finanziarie o patrimoniali sono in comunione o cointestate, l’obbligo di compilazione del quadro RW è a carico di ciascun soggetto intestatario con riferimento all’intero valore delle attività e con l’indicazione della percentuale di possesso.
L’obbligo di compilazione del quadro RW sussiste non soltanto nel caso di possesso diretto delle attività da parte del contribuente, ma anche nel caso in cui le predette attività siano possedute dal contribuente per il tramite di interposta persona.
È il caso, ad esempio, di soggetti che abbiano l’effettiva disponibilità di attività finanziarie e patrimoniali “formalmente” intestate ad un trust (sia esso residente che non residente).
Ogni qualvolta il trust sia un semplice schermo formale e la disponibilità dei beni che ne costituiscono il patrimonio sia da attribuire ad altri soggetti, disponenti o beneficiari del trust, lo stesso deve essere considerato come un soggetto meramente interposto ed il patrimonio (nonché i redditi da questo prodotti) deve essere ricondotto ai soggetti che ne hanno l’effettiva disponibilità.
Come precisato nel Provvedimento del Direttore 18 dicembre 2013, prot.n. 2013/151663, sebbene la normativa antiriciclaggio si riferisca esplicitamente soltanto alle persone fisiche, ai fini dell’obbligo di compilazione del quadro RW, lo status di “titolare effettivo” è riferibile anche agli altri soggetti tenuti agli obblighi di monitoraggio in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi, e cioè agli enti non commerciali e alle società semplici ed equiparate, residenti in Italia.
In sostanza, l’obbligo dichiarativo riguarda anche i casi in cui le attività estere, pur essendo intestate ad entità giuridiche quali ad esempio, fondazioni o trust, siano riconducibili a persone fisiche, ad enti non commerciali o a società semplici ed equiparate, in qualità di “titolari effettivi” delle attività stesse.
Al riguardo, si precisa che i chiarimenti in materia di titolare effettivo del trust ai fini del monitoraggio fiscale valgono, in quanto compatibili, per le fondazioni ed istituti aventi analogo contenuto.
5.1 Obblighi di monitoraggio del trust
I trust (“trasparenti” e “opachi”) residenti in Italia e non fittiziamente interposti (38) , in linea di principio, sono tenuti agli adempimenti di monitoraggio fiscale per gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria da essi detenuti.
38 Cfr. circolare n. 61/E del 2010.
In particolare, il trust trasparente residente deve adempiere agli obblighi di monitoraggio fiscale con l’indicazione del valore delle attività estere e della percentuale del patrimonio non attribuibile ai “titolari effettivi” residenti.
Resta fermo che se sussistono soggetti residenti titolari effettivi dell’intero patrimonio dell’ente, quest’ultimo è esonerato dalla compilazione del quadro RW (39) .
39 Cfr. circolare n. 38/E del 2013.
5.2 Obblighi di monitoraggio dei titolari effettivi
La nuova definizione di titolare effettivo non fa più riferimento a percentuali di attribuzione del patrimonio o del controllo dell’entità giuridica, in quanto, l’articolo 20 del d.lgs. n. 231 del 2007 (40) considera titolari effettivi, “cumulativamente” determinate categorie di soggetti, tra cui anche i beneficiari quando «individuati o facilmente individuabili».
40 Al quale rinvia l’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990.
Come chiarito nella circolare n. 38/E del 2013, la definizione di titolare effettivo contenuta nella disciplina dell’antiriciclaggio previgente non è stata mutuata tout court nell’ambito delle disposizioni fiscali in commento, ma è stata opportunamente adattata in considerazione delle finalità del monitoraggio fiscale. Come precisato con la risoluzione 29 maggio 2019, n. 53 occorre, pertanto, verificare la compatibilità della nuova nozione di titolare effettivo, recata dalla disciplina dell’antiriciclaggio, con la finalità delle norme sul monitoraggio fiscale, analogamente a quanto avvenuto in precedenza.
La disciplina del monitoraggio fiscale ha la finalità di garantire il corretto adempimento degli obblighi tributari in relazione ai redditi derivanti da investimenti all’estero e da attività estere di natura finanziaria da parte di taluni soggetti residenti.
Con riferimento ai soggetti residenti beneficiari di trust ciò che rileva, secondo l’attuale disciplina, ai fini dell’attribuzione della qualifica di titolare effettivo è che siano «individuati o facilmente individuabili» e che, quindi, dall’atto di trust o da altri documenti, sia possibile, anche indirettamente, l’identificazione degli stessi.
Pertanto, risulta superato qualsiasi riferimento alle previgenti percentuali di attribuzione del patrimonio o del controllo dell’entità giuridica.
Con riferimento ai trust, ai fini della corretta individuazione della titolarità effettiva occorre tenere in considerazione:
- le disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 2, lettera pp), nell’articolo 20 e nell’art. 22, comma 5, del d.lgs. n. 231 del 2007;
- le disposizioni adottate a livello internazionale nell’ambito del Common Reporting Standard, secondo cui le informazioni relative ai beneficiari sono oggetto di comunicazione in tutti i periodi in cui il trust risulta in essere, indipendentemente dal fatto che si tratti di mandatory beneficiary oppure discretionary beneficiary (per i primi si comunica il valore dei proventi ricevuti nel periodo di imposta e il valore totale del conto di cui è titolare il trust, mentre per i secondi solo il primo dato);
- i chiarimenti già formulati nella circolare 38/E del 2013, secondo cui sono da ritenersi titolari effettivi di un trust e, pertanto, tenuti ad assolvere agli obblighi di monitoraggio fiscale, solo coloro che siano titolari del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione del reddito o del patrimonio. Tanto considerato, si ritiene che siano soggetti agli obblighi di monitoraggio, secondo la diversa modulazione di seguito riportata, tutti i beneficiari residenti di un trust estero, anche individuati per “classi” (ad es., gli eredi legittimi del disponente).
In dettaglio, i beneficiari di un trust non discrezionale assolvono pienamente gli obblighi di monitoraggio fiscale e, dunque, indicano il valore degli investimenti detenuti all’estero dall’entità e delle attività estere di natura finanziaria ad essa intestate, nonché la percentuale di patrimonio nell’entità stessa.
I beneficiari di trust discrezionali, sulla base delle informazioni disponibili, come ad esempio il caso in cui il trustee comunica la sua decisione di attribuirgli il reddito e/o il capitale del fondo del trust, hanno l’obbligo di indicare nel quadro RW l’ammontare del relativo credito vantato nei confronti del trust, unitamente agli investimenti e alle attività finanziarie detenute all’estero.
Nell’ipotesi di omessa comunicazione di informazioni a lui note al momento della compilazione del Quadro RW e constatate dall’Amministrazione finanziaria nell’esercizio dei propri ordinari poteri di controllo, il beneficiario di trust discrezionale incorrerà nelle sanzioni previste per le violazioni relative all’omessa o infedele compilazione del quadro RW.
Quanto sopra chiarito si riferisce alle ipotesi di trust esteri non fittiziamente interposti. Ciò in quanto, l’obbligo di compilazione del quadro RW sussiste comunque non solo nel caso di possesso diretto delle attività da parte del contribuente, ma anche nel caso in cui le predette attività siano possedute dal contribuente per il tramite di interposta persona.
Con riferimento ai “titolari di interessi successivi”, ossia di coloro che diverrebbero beneficiari solo al venire meno dei primi beneficiari, subentrando a questi ultimi, si ritiene che non siano qualificabili come “titolari effettivi” ai fini del monitoraggio fiscale, sempreché non sussistano clausole statutarie o altri atti del trust tali per cui essi possano essere destinatari di reddito o attribuzioni patrimoniali nonostante la presenza di “titolari di interessi antecedenti”. Rispetto a tali soggetti assume comunque rilevanza, nei termini sopra indicati, l’eventuale attribuzione disposta in loro favore a discrezione del trustee.
Per permettere ai “titolari effettivi” del trust di adempiere ai suddetti obblighi dichiarativi, il trustee è tenuto ad individuare, secondo quanto risulta dagli atti del trust, i titolari effettivi degli investimenti e delle attività detenuti all’estero dal trust e comunicare agli stessi i dati utili per la compilazione del quadro RW: la quota di partecipazione al patrimonio, gli investimenti e le attività estere detenute anche indirettamente dal trust, la loro valorizzazione, nonché i dati identificativi dei soggetti esteri (41) .
41 Cfr. Circolare n. 38/E del 2013.
5.3 Obblighi di monitoraggio dei titolari di poteri di rappresentanza, direzione e amministrazione (trustee, disponente e guardiano)
La giurisprudenza di legittimità ha sancito l’obbligo di compilazione del Quadro RW non solo per gli intestatari formali delle attività estere, ma anche per coloro che «ne hanno la disponibilità o la possibilità di movimentazione (42) », ossia in capo al soggetto che «all’estero abbia la detenzione e/o la disponibilità di fatto di somme di denaro non proprie, eventualmente con il compito fiduciario di trasferirle all’effettivo beneficiario o di utilizzarle per conto dell’effettivo titolare» (43) , ciò in quanto anche la detenzione nell’interesse altrui costituisce, secondo la Corte di Cassazione, idoneo strumento (voluto pure dal detentore nell’interesse altrui) di occultamento, e quindi di sottrazione al controllo degli investimenti e delle attività finanziarie previsti dalla norma.
42 Cfr., ex multis, Cass., Sez. III, sentenza 11 giugno 2003, n. 9320, Cass., Sez. V, sentenza 7 maggio 2007, n. 10332, Cass., Sez. V, sentenza 21 luglio 2010, n. 17051, Cass., Sez. V, sentenza 23 ottobre 2013, n. 24009.
43 Cfr. Cass., sentenza n. 10332/2007.
La scrivente ha fornito chiarimenti nella circolare n. 38/E del 2013 circa gli obblighi dei soggetti che «hanno la disponibilità o la possibilità di movimentazione» delle attività estere, oltre che chiarimenti in merito al concetto di “detenzione”, presupposto del monitoraggio fiscale.
La detenzione non si configura qualora una persona sia chiamata ad operare su di un conto estero per operazioni indicate dallo stesso titolare del conto che, per loro natura, escludono che il delegato detenga le attività finanziarie allocate sul rapporto oppure quando la delega riguardi un rapporto che è oggettivamente escluso dal monitoraggio fiscale. Ad esempio, non sono tenuti alla compilazione del quadro RW gli amministratori di società di capitali che hanno il potere di firma sui conti correnti della società in uno Stato estero, dei quali si ha evidenza nelle scritture contabili, e che hanno la possibilità di movimentare capitali, pur non essendo beneficiari dei relativi redditi (44) .
44 Cfr. Circolare 21 giugno 2011, n. 28/E, risposta 5.2.
Inoltre, non sono tenuti agli obblighi dichiarativi i soggetti che, sebbene delegati ad effettuare operazioni di investimento mobiliare su rapporti esteri, non possono effettuare operazioni di versamento e prelevamento o operazioni a queste corrispondenti (45) .
45 Cfr. Circolare del 16 luglio 2015, n. 27/E, paragrafo 1.2
Ai fini della normativa antiriciclaggio, nel caso in cui il cliente sia persona giuridica privata, il comma 4, dell’articolo 20, del d.lgs. n. 231 del 2007 (46) individua come titolari effettivi, tra gli altri, «i titolari di poteri di rappresentanza legale, direzione e amministrazione».
46 Come modificato dal decreto legislativo 4 ottobre 2019 n. 125.
La nuova disposizione dell’articolo 20 si riferisce, quindi, anche ai «titolari di poteri di rappresentanza legale», oltreché, come in passato, ai titolari di funzioni di direzione e amministrazione.
Il successivo comma 5 del citato articolo 20 individua un criterio residuale in base al quale, se non altrimenti individuato, «il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche titolari, conformemente ai rispettivi assetti organizzativi o statutari, di poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione della società o del cliente comunque diverso dalla persona fisica».
Con riferimento alle persone giuridiche private, la disposizione in commento, individua tali soggetti come titolari effettivi sia in via principale che in via residuale.
Ai fini della disciplina del monitoraggio fiscale, occorre interpretare la citata disposizione alla luce delle finalità perseguite dalla normativa speciale.
Con la risoluzione n. 53/E del 2009 è stato chiarito che la definizione di titolare effettivo prevista dalla disciplina antiriciclaggio che si applica ai soggetti titolari di funzioni di direzione e amministrazione non possa essere estesa nell’ambito della disciplina del monitoraggio fiscale.
Ai fini della disciplina del monitoraggio fiscale deve, sussistere una relazione giuridica (intestazione) o di fatto (possesso o detenzione) tra il soggetto e le attività estere oggetto di dichiarazione e che sono pertanto tenuti agli obblighi di monitoraggio non solo i titolari delle attività detenute all’estero, ma anche coloro che ne hanno la disponibilità o la possibilità di movimentazione.
Diversamente, è esclusa l’esistenza di un autonomo obbligo di monitoraggio nell’ipotesi in cui il soggetto possa esercitare – in relazione alle attività detenute all’estero – un mero potere dispositivo in esecuzione di un mandato per conto del soggetto intestatario.
Di conseguenza, con la citata risoluzione, sono stati esonerati dagli obblighi di compilazione del quadro RW i titolari di funzioni di direzione ed amministrazione di una fondazione italiana in relazione alle attività finanziarie detenute all’estero dalla fondazione.
Al riguardo, si ritiene che i chiarimenti resi in merito ai soggetti titolari di funzioni di direzione ed amministrazione possano essere estesi anche ai titolari di poteri di rappresentanza in quanto, sebbene tali soggetti siano letteralmente ricompresi nella nuova definizione di titolare effettivo, si ritiene che eventuali obblighi a loro carico non siano compatibili con le finalità sottese alla disciplina del monitoraggio fiscale.
Pertanto, deve ritenersi esclusa l’esistenza di un autonomo obbligo di monitoraggio nell’ipotesi in cui il soggetto possa esercitare – in relazione alle attività detenute all’estero – un mero potere dispositivo in esecuzione di un mandato per conto del soggetto intestatario, ovvero nell’ipotesi in cui il soggetto agisca come rappresentante legale.
Analoga esclusione dall’obbligo di monitoraggio fiscale continua a sussistere, anche alla luce della nuova definizione di titolare effettivo, per il trustee, in quanto si ritiene che quest’ultimo amministri i beni segregati nel trust e ne disponga secondo il regolamento del trust o le norme di legge e non nel proprio interesse (47) .
47 Cfr. circolare n. 38/E del 2013.
Non sarebbe, infatti, proporzionale alle finalità delle disposizioni in materia di monitoraggio fiscale una generalizzata estensione dell’obbligo di compilazione del quadro RW al trustee, al disponente e al guardiano, in particolar modo nei casi in cui l’obbligo di monitoraggio sussiste, già, in capo al trust o al beneficiario titolare effettivo. Ciò, anche, al fine di non moltiplicare gli adempimenti dichiarativi con riferimento al medesimo patrimonio o attività estera e nel presupposto che il coinvolgimento del trustee, del disponente e del guardiano, nelle vicende del trust, non si traduca nel possesso o nella detenzione del patrimonio o reddito del trust stesso nei termini sopra specificati.
6 Applicazione dell’IVIE e dell’IVAFE
La legge di bilancio 2020 (48) ha modificato l’ambito soggettivo di applicazione dell’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (IVIE) e dell’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE) (49) .
48 Articolo 1, commi 710 e 711, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.
49 L’IVIE e l’IVAFE sono state istituite e disciplinate dall’articolo 19, commi da 13 a 23, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e le relative disposizioni di attuazione sono state adottate con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia 5 giugno 2012, n. 72442. I chiarimenti forniti nella circolare 2 luglio 2012, n. 28/E e circolare 3 maggio 2013, n. 12/E, cap. V continuano a trovare applicazione in quanto compatibili.
In particolare, viene previsto che, a decorrere dal periodo d’imposta 2020, sono soggetti passivi di tali imposte, oltre alle persone fisiche, anche gli enti non commerciali e le società semplici (e soggetti equiparati) residenti in Italia.
Come noto, dette imposte mirano ad equiparare il trattamento fiscale relativo al possesso all’estero di immobili e attività di natura finanziaria da parte di soggetti residenti nel territorio dello Stato con quello previsto per gli immobili e le attività finanziarie detenute in Italia, per i quali si applica rispettivamente, l’imposta municipale propria (IMU) (50) e l’imposta di bollo (51) .
50 L’IMU è stata istituita dall’articolo 8 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n.23. A decorrere dal 2020 l’imposta è disciplinata dai commi 739 a 783 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2020.
51 Ai sensi dell’articolo 13 della Tariffa, Parte I, allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642.
Per effetto di tale modifica (52) , rientrano nell’ambito oggettivo dell’IVIE e dell’IVAFE, i soggetti tenuti ad assolvere gli obblighi di monitoraggio fiscale di cui al decreto legge n. 167 del 1990 per gli investimenti e le attività detenuti all’estero, adempimento che si esplica mediante la compilazione del quadro RW della dichiarazione annuale dei redditi.
52 Il comma 710 modifica l’ambito soggettivo dell’IVIE e dell’IVAFE rinviando espressamente ai soggetti indicati all’articolo 4, comma 1, del decreto legge n. 167 del 1990.
Pertanto, i trust residenti in Italia devono assolvere al pagamento di tali imposte per gli immobili e le attività finanziarie detenute all’estero dal 1° gennaio 2020. Il primo versamento dell’IVIE e dell’IVAFE doveva essere effettuato entro il termine previsto per il versamento del saldo delle imposte sui redditi derivanti dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2020 (53) . Entro tale termine doveva essere versato anche il primo acconto per le imposte relative al 2021.
53 Ai sensi dell’articolo 17, commi 1 e 2, del d.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435.
Il presupposto oggettivo per l’applicazione dell’IVIE è costituito dal possesso di un immobile all’estero a titolo di proprietà o di altro diritto reale, a qualsiasi uso esso sia destinato dai predetti soggetti residenti nel territorio dello Stato (54) .
54 Cfr. circolare del 2 luglio 2012, n. 28/E, par. 1.1.
Quanto al requisito della residenza fiscale dei soggetti passivi dell’imposta, per i trust occorre far riferimento all’articolo 73, comma 3, del Tuir che stabilisce che si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.
Si considerano residenti nel territorio dello Stato, salva prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli inclusi nella cd. “white list” (55) , in cui, anche non contestualmente, almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato.
55 Stati e territori di cui al decreto ministeriale 4 settembre 1996 e successive modifiche ed integrazioni. L’articolo 10 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (c.d. decreto internazionalizzazione) ha abrogato l’articolo 168- bis del Tuir ed ha statuito che il rinvio al comma 1 dell’articolo 168-bis Tuir deve intendersi alla lista di cui al d.m. 4 settembre 1996 e successive modificazioni e integrazioni (cfr. circolare 4 agosto 2016 , n. 35/E, par. 2.4).
Si considerano, altresì, residenti in Italia i trust istituiti nei predetti Stati o territori non inclusi nella white list quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi.
L’IVIE è dovuta nella misura dello 0,76 per cento in proporzione alla quota di titolarità del diritto di proprietà o altro diritto reale e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto tale diritto, con una franchigia di 200 euro.
Il valore è costituito dal costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, secondo il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.
Tuttavia, per gli immobili situati in Paesi appartenenti all’Unione europea o in Paesi aderenti allo SEE, che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, il valore da utilizzare al fine della determinazione dell’imposta è prioritariamente quello catastale, come determinato e rivalutato nel Paese in cui l’immobile è situato ai fini dell’assolvimento di imposte di natura reddituale o patrimoniale ovvero di altre imposte determinate sulla base del valore degli immobili.
Dall’imposta si detrae, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’importo dell’eventuale imposta patrimoniale versata nell’anno di riferimento nello Stato estero in cui è situato l’immobile e ad esso relativa.
Resta fermo che per gli immobili per i quali non siano intervenute variazioni nel corso del periodo d’imposta – fattispecie di esonero dalla compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi prevista dall’articolo 4, comma 3, del decreto legge n. 167 del 1990 – il trust è comunque tenuto al versamento della relativa IVIE qualora dovuta.
A decorrere dal 2020 anche l’IVAFE (56) si applica nei confronti dei trust residenti in Italia che detengono all’estero attività finanziarie a titolo di proprietà o di altro diritto reale, e indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione, in proporzione alla quota di possesso e al periodo di detenzione.
56 Disciplinata dai commi da 18 a 22 dell’articolo 19 decreto legge n. 201 del 2011.
Tale imposta si rende applicabile sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero da persone fisiche, enti non commerciali e società semplici ed equiparate ai sensi dell’articolo 5 del Tuir, residenti nel territorio dello Stato (57) .
57 Per effetto delle modifiche apportate dall’articolo 9 della legge 30 ottobre 2014, n. 161 (Legge europea-bis 2013), che ha ristretto il perimetro di applicazione dell’IVAFE uniformandolo a quello dell’imposta di bollo, di cui all’articolo 13, comma 2-bis, lettera a) e comma 2-ter), della Tariffa, Allegato A, Parte Prima, del d.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 642.
L’IVAFE si applica, in misura differenziata, sul valore dei “prodotti finanziari”, dei “conti correnti” e dei “libretti di risparmio” (58) .
58 Ai sensi del comma 18 dell’articolo 19 del decreto legge n. 201 del 2011.
L’imposta è dovuta nella misura del 2 per mille del valore dei prodotti finanziari e fino alla misura massima di euro 14.000 (59) . A tale proposito, per poter giungere alla definizione dei “prodotti finanziari” utile all’applicazione dell’IVAFE, è necessario fare riferimento all’ambito oggettivo di applicazione dell’imposta di bollo di cui all’articolo 13 della citata Tariffa.
59 Ai sensi dell’articolo 19, comma 20, del d.l. n. 201 del 2011, come modificato dall’articolo 134 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (cd. Decreto Rilancio).
Per “prodotti finanziari” si intendono quelli elencati all’articolo 1 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), ivi compresi i depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati (60) (cfr. circolare 21 dicembre 2012, n. 48/E).
60 Ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto attuativo 24 maggio 2012.
Per i conti correnti e i libretti di risparmio intestati a trust residenti in Italia l’imposta è dovuta nella misura fissa di euro 100.
Si ritiene opportuno ricordare che la base imponibile dell’IVAFE è costituita dal valore di mercato delle attività finanziarie, rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui esse sono detenute, anche utilizzando la documentazione dell’intermediario estero di riferimento per le singole attività ovvero dell’impresa di assicurazione estera. In mancanza del valore di mercato si deve far riferimento al valore nominale o al valore di rimborso (61) .
61 Cfr. circolare n. 28/E del 2012, par. 2.3.
Inoltre, è possibile detrarre dall’IVAFE, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui sono detenuti i prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio.
L’IVIE e l’IVAFE non devono essere assolti dai beneficiari di trust opachi in quanto manca il presupposto per l’assolvimento di tali imposte, vale a dire la proprietà dell’immobile o la titolarità di altro diritto reale sullo stesso e/o la detenzione dei prodotti finanziari, conti correnti e libretti di deposito.