Nella legislazione italiana manca una disciplina specifica del trust, e ciò rende necessario il rinvio a una legge straniera per la sua regolamentazione. La scelta della legge applicabile è un aspetto molto delicato, che non deve essere sottovalutato per le conseguenze che può avere sul funzionamento del trust costituito in Italia, ma anche sulla sua stessa validità.
Chi intende costituire un trust in Italia deve tenere conto sia delle disposizioni della legge scelta per regolamentare il trust (e della relativa giurisprudenza), sia delle norme dettate dalla Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, e verificare infine la compatibilità delle clausole dell’atto costitutivo con le norme di ordine pubblico italiane, ma anche con le regole di carattere fiscale.
La Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 è l’accordo internazionale che, sancendo il riconoscimento di tal tipo di negozio fiduciario nei paesi aderenti, ha contribuito a delinearne i tratti essenziali trasferendo in norme positive gli elementi portanti di una prassi giuridico-commerciale che andava progressivamente diffondendosi.
La Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 relativa alla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento è stata resa esecutiva in Italia con L. 16 ottobre 1989 n. 364, entrata in vigore il 1
gennaio 1992.
Gli Stati aderenti alla Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 relativa alla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento sono:
Australia |
Canada |
Cina |
Cipro |
Francia |
Italia |
Liechtenstein |
Lussemburgo |
Malta |
Monaco |
Olanda |
Panama |
San Marino |
Svizzera |
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord |
Stati Uniti d’America |
il Regno Unito di Gran Bretagna ed il Canada hanno ratificato la Convenzione anche in rappresentanza di altri territori,
come l’isola di Guernsey, Jersey e le isole di Turks and Caicos, e province come l’Alberta e la Colombia britannica.
La Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 accorda riconoscimento solo al trust costituito per atto volontario del disponente.
Questi possono essere disposti per atto inter vivos o mortis causa.
Così come previsto nella Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, relativa alla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento, resa esecutiva in Italia con L. 16 ottobre 1989 n. 364, gli elementi essenziali caratterizzanti i trust sono i seguenti:
- la separazione dei beni del trust rispetto al patrimonio del disponente, del trustee e dei beneficiari;
- l’intestazione dei beni medesimi al trustee;
- il potere-dovere del trustee di amministrare, gestire e disporre dei beni secondo il regolamento del trust o le norme di legge.
Per effetto della Legge del 16 ottobre 1989 n. 364 possono essere riconosciuti effetti giuridici in Italia solo ai trust costituiti secondo la legge di uno Stato che preveda il Trust nel proprio ordinamento giuridico quale istituto tipico così come previsto nella Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, contenuto minimo ed indefettibile.
Da tener presente che molti altri ordinamenti nazionali, che non hanno aderito alla Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, contemplano l’istituto del trust.
Ora è da tener presente che una delle caratteristiche della
Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 (Articolo 6:
Un trust è regolato dalla legge scelta dal disponente….) a cui l’Italia ha aderito, è quella di lasciare nella piena libertà del disponente la scelta della legge regolatrice del trust, legge che, come abbiamo detto, preveda il Trust nel proprio ordinamento giuridico quale istituto tipico così come previsto nella Convenzione, contenuto minimo ed indefettibile.
L’art. 21 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 (Ogni Stato contraente può riservarsi il diritto di applicare le disposizioni del capo III solo ai trust la cui validità è regolata dalla legge di uno Stato contraente.), consente agli Stati aderenti di limitare l’efficacia del riconoscimento dei trust solo a quelli costituiti secondo una delle legislazioni degli Stati aderenti alla Convenzione , ma, a tale proposito, l’Italia non ha espresso alcuna riserva così da impartire alle norme convenzionali cui si è sottoposta un’efficacia detta universale, che legittima il ricorso a qualsivoglia legislazione che disciplina il trust, così come previsto nella Convenzione.
Quindi, ai fini della legittimazione di un Trust nell’ordinamento italiano, c’è da mettere in risalto che l’applicabilità della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 e la conseguente libertà di scelta da parte del disponente della legislazione regolatrice del trust, è vincolata alla presenza degli elementi caratteristici della Convenzione, non esistendo i quali, viene meno il riconoscimento dell’entità giuridica formata, solo apparentemente vestita da trust.
Ogni volta, quindi, bisogna verificare se la legislazione nazionale cui il disponente ha fatto ricorso o le regole dettate nell’esplicazione della sua volontà, rispettano le condizioni minime perché si configuri, ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, un trust.
L’art. 2 della Convenzione descrive le caratteristiche essenziali del trust:
“Articolo 2
Ai fini della presente Convenzione, il termine “trust” si riferisce ai rapporti giuridici creati – tra vivi o in caso di morte – da una persona, il disponente, quando i beni sono stati posti sotto il controllo di un trustee a beneficio di un beneficiario o per uno scopo specifico.
Un trust ha le seguenti caratteristiche:
UN. | i beni costituiscono un fondo separato e non fanno parte del patrimonio del trustee; |
B. | la titolarità dei beni in trust è intestata al trustee oa nome di altra persona per conto del trustee; |
C. | il trustee ha il potere e il dovere, rispetto al quale risponde, di amministrare, impiegare o disporre dei beni secondo le condizioni del trust e gli obblighi speciali che gli sono imposti dalla legge. |
La riserva da parte del disponente di determinati diritti e poteri, e il fatto che il trustee possa egli stesso avere diritti in qualità di beneficiario, non sono necessariamente incompatibili con l’esistenza di un trust.”
Le caratteristiche del trust, dettate dall’articolo 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, sono:
• distinzione dei beni del trust dal patrimonio del trustee;
• intestazione degli stessi al trustee o ad altra persona per suo conto;
• obbligatorietà della condotta del trustee nell’amministrazione, gestione e disponibilità dei beni secondo le finalità del trust e le norme particolari impostegli dalla legge regolatrice.
Le caratteristiche del trust, dettate dall’articolo 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, sono necessarie per la concreta fruibilità delle tutele previste dall’articolo 11 della Convenzione.
“Articolo 11
E’ riconosciuto come trust il trust creato in conformità alla legge indicata nel precedente Capo.
Tale riconoscimento implica, come minimo, che i beni in trust costituiscono un fondo separato, che il trustee può citare in giudizio ed essere citato in giudizio nella sua qualità di trustee, e che può comparire o agire in tale veste davanti a un notaio o a qualsiasi persona che agisca in una veste ufficiale.
Nella misura in cui la legge applicabile al trust richiede o prevede, tale riconoscimento implica, in particolare:
UN. | che i creditori personali del trustee non possono rivalersi sui beni in trust; |
B. | che i beni in trust non facciano parte del patrimonio del trustee in caso di sua insolvenza o bancarotta; |
C. | che i beni in trust non facciano parte del patrimonio matrimoniale del trustee o del suo coniuge né facciano parte del patrimonio del trustee alla sua morte; |
D. | che i beni in trust possano essere recuperati quando il trustee, in violazione del trust, abbia mescolato beni in trust con i propri beni o abbia alienato beni in trust. Tuttavia, i diritti e gli obblighi di qualsiasi terzo detentore dei beni restano soggetti alla legge determinata dalle norme sul conflitto di leggi del foro. |
”
Il trustee esercita ogni azione attiva e passiva riferibile al trust, ma è sottoposto alla segregazione patrimoniale; i creditori personali del trustee non possono aggredire i beni del trust che rimangono separati tanto nel caso di fallimento del trustee che in relazione ai suoi rapporti matrimoniali e successori.
Nel caso poi che la condotta del trustee conduca ad una confusione dei beni, diviene possibile la rivendicazione del patrimonio del trust da parte di chi, disponente o beneficiario, sia legittimato a pretendere il corretto rispetto della dotazione patrimoniale del trust.
Negli ordinamenti che disciplinano il trust, si è evoluta la nozione di trust simulato (“sham trust”), che si ha quando il disponente mantiene, anche in via di fatto, il controllo dei beni costituiti in trust, e ne dispone come cosa propria.
Come abbiamo visto, l’art. 2 della Convenzione richiede espressamente che i beni costituiti in trust siano posti sotto il controllo del trustee, nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato.
E’ pertanto essenziale, al fine del riconoscimento del trust, che il disponente perda effettivamente il controllo sui beni costituiti in trust, che deve spettare soltanto al trustee.
Secondo la Convenzione, il fatto che il disponente conservi alcuni diritti o alcune facoltà non è necessariamente incompatibile con l’esistenza di un trust, ma deve essere chiaro che il controllo spetta al trustee.
Il trust simulato (“sham trust”) è nullo fin dall’origine, e i beni si considerano a tutti gli effetti di proprietà del disponente.
Contro la riconoscibilità in Italia del trust autodichiarato, un trust autodichiarato, cioè un trust nel quale il trustee è lo stesso disponente, vi è una consolidata giurisprudenza, che ha spesso ritenuto illegittimo il trust nel quale il disponente mantiene la disponibilità dei beni.
L’Agenzia delle entrate considera inesistenti, sotto il profilo fiscale, i trust nei quali il disponente si riserva poteri rilevanti sull’amministrazione del patrimonio o sulla sua destinazione (cosiddetti “trust interposti”), con conseguente tassazione dei redditi in capo al disponente.
L’art. 6 della Convenzione e fissa il principio della libertà della scelta della legge applicabile al trust ed in subordine, qualora la legge prescelta dal disponente sia inapplicabile all’operazione effettuata, la scelta non ha effetto e si applica la legge applicabile in base ai criteri di cui all’articolo 7.
Un trust è regolato dalla legge scelta dal disponente. La scelta deve essere espressa o implicita nei termini dell’atto istitutivo o della scrittura comprovante il trust, interpretati, se necessario, alla luce delle circostanze del caso.Ove la legge prescelta ai sensi del comma precedente non preveda i trust o la categoria di trust interessati, la scelta non ha effetto e si applica la legge di cui all’articolo 7.
Qualora non sia stata scelta alcuna legge applicabile, un trust sarà disciplinato dalla legge con la quale presenta il collegamento più stretto.Per l’accertamento della legge con la quale un trust è più strettamente connesso si fa riferimento in particolare a:
UN. | il luogo di amministrazione del trust designato dal disponente; |
B. | la posizione dei beni del trust; |
C. | il luogo di residenza o di attività del trustee; |
D. | gli oggetti del trust e i luoghi in cui devono essere realizzati. |
”
L’art. 12 della Convenzione conferisce al trustee la facoltà di rendere pubblica la sua qualità attraverso la registrazione dei beni oggetto del trust ovvero mediante qualsiasi altra modalità idonea a rendere nota ai terzi l’esistenza del trust, salvi i divieti e le incompatibilità della registrazione con la legislazione dello Stato in cui si richiede l’iscrizione.
“Articolo 12
Qualora il trustee intenda iscrivere beni, mobili o immobili, o titoli di proprietà degli stessi, ha diritto, nella misura in cui ciò non sia vietato o contrario alla legge dello Stato in cui si richiede l’iscrizione, di farlo in la sua qualità di trustee o in altro modo che l’esistenza del trust sia rivelata.”
L’art. 13 della Convenzione, premesso che tra gli Stati aderenti alla Convenzione vi sono degli ordinamenti che non contemplano la figura negoziale del trust, ordinamenti no-trust,, si attribuisce a ciascuno Stato la libertà di non riconoscere quelle operazioni i cui elementi portanti sono riconducibili a ordinamenti di Stati che non prevedono l’istituto del trust, salvo che si tratti di elementi quali la legge da applicare, il luogo di amministrazione dei beni, la residenza abituale del fiduciario, non ritenuti rilevanti ai fini del giudizio di ammissibilità.
“Articolo 13
Nessuno Stato è tenuto a riconoscere un trust i cui elementi significativi, ad eccezione della scelta della legge applicabile, del luogo di amministrazione e della residenza abituale del trustee, siano più strettamente connessi con Stati che non hanno l’istituto del trust fiducia o la categoria di fiducia coinvolta.”
Con l’art. 13 della Convenzione si è inteso evidentemente lasciare impregiudicata la libertà degli Stati aderenti alla Convenzione nella scelta delle categorie di trust ammissibili, adottando come criterio discerezionale la compatibilità tra gli elementi essenziali del negozio in concreto compiuto e la legislazione degli Stati ai quali questi elementi sono connessi.