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Riforma della fiscalità internazionale – Normativa sui soggetti esteri controllati ( Controlled Foreign Companies (CFC))

Il Consiglio dei Ministri di lunedì 16 ottobre 2023, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, ha approvato, in esame preliminare, la bozza di decreto legislativo,  di attuazione della legge delega 9 agosto 2023, n. 111 (“Delega al Governo per la riforma fiscale”), relativo alla riforma della fiscalità internazionale che comprende  una semplificazione al riguardo della normativa  sui soggetti esteri controllati ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc).

ATTUALE FORMULAZIONE

Imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc)

Per una panoramica sull’attuale formulazione normativa vedi: Normativa sulle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) e modalità dichiarative per una Società di Capitali

RIFORMA DELLA FISCALITÀ INTERNAZIONALE – SEMPLIFICAZIONE AL RIGUARDO DELLA NORMATIVA SUI SOGGETTI ESTERI CONTROLLATI ( CONTROLLED FOREIGN COMPANIES, c.d. CFC)

L’art. 3 (Principi generali relativi al diritto tributario dell’Unione europea e internazionale)primo comma, della legge delega 9 agosto 2023, n. 111, dispone che:”
1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1 il Governo osserva, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 2, anche i seguenti ulteriori principi e criteri direttivi generali:
……………………………….
f) semplificare e razionalizzare il regime delle societa’ estere controllate (controlled foreign companies), rivedendo i criteri di determinazione dell’imponibile assoggettato a tassazione in Italia e coordinando la conseguente disciplina con quella attuativa della lettera e)”

Nella nuova formulazione,  contenuta nella bozza di decreto legislativo,  di attuazione della legge delega 9 agosto 2023, n. 111 (“Delega al Governo per la riforma fiscale”), relativo alla riforma della fiscalità internazionale, approvata, in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri di lunedì 16 ottobre 2023, ca decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di approvazione del decreto, in merito alla disciplina dei soggetti esteri controllati si prevede che, qualora il bilancio d’esercizio deisoggetti esteri controllati sia oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali, autorizzati nello Stato estero in cui ha sede il soggetto estero controllato, l’applicazione della normativa sulle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc) prevista dall’articolo 167 Tuir, scatta solo quando la tassazione effettiva(pari al rapporto tra la somma delle imposte correnti dovute e delle imposte anticipate e differite iscritte nel proprio bilancio d’esercizio e l’utile ante imposte dell’esercizio risultante dal predetto bilancio) è inferiore al 15 per cento.

Riforma della fiscalità internazionale – Nuove regole per la residenza delle persone giuridiche

Il Consiglio dei Ministri di lunedì 16 ottobre 2023, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, ha approvato, in esame preliminare, la bozza di decreto legislativo,  di attuazione della legge delega 9 agosto 2023, n. 111 (“Delega al Governo per la riforma fiscale”), relativo alla riforma della fiscalità internazionale che comprende  la revisione della residenza fiscale delle persone giuridiche.

ATTUALE FORMULAZIONE

Residenza fiscale delle persone giuridiche

Ai sensi dell’articolo 73, comma 3, Tuir, nell’attuale formulazione, una società di capitali è considerata fiscalmente residente in Italia quando per la maggior parte del periodo d’imposta (183 gg.) ha mantenuto

  • la sede legale
  • o la sede dell’amministrazione
  • o l’oggetto principale

nel territorio dello Stato.

Come si vede, tali criteri  sono fra loro alternativi, è sufficiente il realizzarsi di uno solo di essi affinché la società o l’ente vengano sottoposti a tassazione in Italia, in base del noto principio della tassazione su base mondiale dei redditi (c.d. worldwide principle)  principio che l’Italia, così come la maggior parte dei Paesi occidentali, ha adottato nel proprio diritto tributario)).

L’Amministrazione finanziaria italiana applica il principio secondo il quale i redditi del soggetto residente sono soggetti a tassazione diretta dal fisco italiano indipendentemente dal luogo ove tali redditi sono stati prodotti.

Ai fini dell’esterovestizione, le disposizioni dettate per le società dall’art. 73 T.U.I.R. attribuiscono particolare rilevanza non solo al dato formale della sede legale della società, situata in Italia, ma anche a quelli sostanziali, relativi

  • all’ubicazione nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione
  • od allo svolgimento, in Italia, dell’oggetto principale dell’impresa.

Per quanto attiene l’oggetto principale dell’impresa si devono considerare i commi 4 e 5 dell’art. 73 del T.U.I.R.:

4. L’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente e’ determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività’ essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.

5. In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente e’ determinato in base all’attività’ effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti. 

Per quanto attiene all’ubicazione nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione occorrerà fare riferimento alla situazione di fatto e individuare il luogo dove effettivamente gli amministratori della società esercitano l’attività amministrativa in modo stabile.

L’articolo 4, paragrafo 3 (1modello di Convenzione OCSE (2017 update), per evitare fenomeni di doppia imposizione, prevede che, nell’ipotesi in cui una società sia considerata residente in due diversi Stati, la residenza fiscale della persona giuridica sarà individuata sulla base di un accordo tra le autorità competenti (denominato mutual agreement), che dovrà tenere conto:

  • del luogo di direzione effettiva (place of effective management);
  • del luogo di costituzione (the place where it is incorporated or otherwise constituted);
  • di ogni altro fattore rilevante (any other relevant factors).

L’Italia, formulando specifiche osservazioni all’articolo 4, paragrafo 3, del modello Ocse di Convenzione (Commentaries on the articles of the Model of Tax Convention), Observations on the Commentary (2), ha introdotto una particolare riserva per effetto della quale, nel determinare la residenza fiscale di una società, oltre alla “sede della direzione effettiva”, dovrà essere attribuita estrema rilevanza anche al luogo nel quale viene svolta l’attività principale dell’impresa.

In base a quanto previsto dall’articolo 4, paragrafo 3, del Modello OCSE (3. Quando, in base alle disposizioni del paragrafo 1, una persona diversa da un individuo è residente di entrambi gli Stati contraenti, si considera residente solo del Stato in cui si trova la sua sede di direzione effettiva) e dalla sentenza n. 136/1998 della Corte di cassazione, la sede effettiva della società deve considerarsi:

il luogo in cui la società svolge la sua prevalente attività direttiva ed amministrativa per l’esercizio dell’impresa, cioè il centro effettivo dei suoi interessi, dove la società vive ed opera, dove si trattano gli affari e dove i diversi fattori dell’impresa vengono organizzati e coordinati per l’esplicazione ed il raggiungimento dei fini sociali”.

Quindi, posto che il criterio della sede legale ha natura prettamente formale per stabilire se una società estera è fiscalmente residente in Italia, occorre analizzare, da un punto di vista sostanziale, i criteri di collegamento con il territorio dello Stato:

  • sede dell’amministrazione
  • e oggetto principale.

L’onere della prova grava sull’Amministrazione finanziaria che, nell’ambito della propria attività ispettiva, dovrà dimostrare che la società è fittiziamente estera.

Anche sulla base del consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, per individuare la residenza fiscale di una società o di un ente estero, occorre fare riferimento al criterio della “sede effettiva”.

La sede dell’amministrazione, contrapposta alla sede legale, coincide con la “sede effettiva” dell’impresa estera, intesa come il luogo dove:

  • hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente;
  • si convocano le assemblee.

La sede effettiva può essere definita come quel luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente, il luogo ove si concretizzano gli atti produttivi e negoziali dell’ente, nonché i rapporti economici che il medesimo intrattiene con i terzi.

Per determinare il luogo della sede dell’attività economica di una società occorre prendere in considerazione un complesso di fattori:

  •  la sede statutaria;
  • il luogo dell’amministrazione centrale;
  •  il luogo di riunione dei dirigenti societari;
  • il luogo in cui si adotta la politica generale di tale società.

Possono rilevare anche altri elementi:

  •  il luogo di riunione delle assemblee generali;
  • di tenuta dei documenti amministrativi e contabili;
  • di svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie e bancarie.

La quinta Sez. Civile della Corte di cassazione, con la sentenza n. 14527/2019 del 28.05.2019si è espressa proprio su un caso di esterovestizione societaria, con riferimento all’importanza del luogo ove vengono formalizzate le delibere assembleari e societarie, si è pronunciata affermando che l’effettiva amministrazione di una società si svolgeva nello stato estero ove avevano luogo i consigli di amministrazione e le assemblee dei soci e dove la società aveva la materiale disponibilità dei locali necessari ai fini dello svolgimento delle attività di amministrazione e gestione

La  Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 6476 del 9 marzo 2021 ha ribadito che se le decisioni concrete che riguardano la direzione e la gestione delle attività di impresa vengono adottate in Italia, anche la società che ha fissato la residenza all’estero va considerata fiscalmente residente nel territorio dello Stato.

La  Corte si esprime in merito stabilendo che:

Merita, invece, condivisione la seconda censura, con la
quale l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione dell’art. 73 del
d.lgs. n. 917 del 1986 per non avere la Commissione regionale
attribuito rilevanza, al fine di ritenere la società verificata
assoggettabile al regime fiscale italiano ai sensi dell’art. 73 del
d.lgs. n. 917 del 1986, al fatto, emerso dall’accertamento, che le
decisioni fondamentali di management necessarie alla sua gestione
venissero assunte in Italia.
Invero, come recentemente ribadito da questa Corte, al fine di
stabilire se il reddito prodotto da una società possa essere
sottoposto a tassazione in Italia, assume rilevanza decisiva il fatto
che l’adozione delle decisioni riguardanti la direzione e la gestione
dell’attività di impresa avvenga nel territorio italiano, nonostante la
società abbia localizzato la propria residenza fiscale all’estero
(Cass. Sez. 5 , 21/6/2019, n. 16697Cass. Sez. 5, del 7/2/2013, n. 2869Cass. Sez. 5, 21/12/2018, n. 33234).
Tale ricostruzione è coerente con la lettera dell’art. 73, comma 3, del d.lgs. n. 917 del 1986, ai sensi del quale «ai fini delle
imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che
per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o
la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio
della Stato».
Questa Corte ha, infatti, precisato che la nozione di «sede
dell’amministrazione», in quanto contrapposta alla «sede legale»,
deve ritenersi coincidente con quella di «sede effettiva» (di matrice
civilistica), intesa come il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e si convocano le
assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per
l’accentramento – nei rapporti interni e con i terzi – degli organi e
degli uffici societari in vista del compimento degli affari e
dell’impulso dell’attività dell’ente (in tal senso, Cass. Sez. 5
21/6/2019, n. 16697
, con ampia motivazione che il Collegio

condivide, nonché Cass. n. 3604 del 1984; Cass. n. 5359 del 1988;
Cass. n. 497 del 1997; Cass. n. 7037 del 2004; Cass. n. 6021 del
2009; Cass. Sez. 6-3, 28/1/2014, n. 1813).
Sulla stessa linea si è posta la Corte di giustizia nella sentenza Causa C-73/06 del 28 giugno 2007, Planzer Luxembourg Sàrl, in cui è stato
affermato che la nozione di sede dell’attività economica «indica il
luogo in cui vengono adottate le decisioni essenziali concernenti la
direzione generale della società e in cui sono svolte le funzioni di
amministrazione centrale di quest’ultima (punto 60)».
E’ stato, inoltre, chiarito che la fattispecie della
esterovestizione, tesa ad accordare prevalenza al dato fattuale
dello svolgimento dell’attività direttiva presso un territorio diverso
da quello in cui ha sede legale la società, non contrasta con la
libertà di stabilimento.
Se ne trae conferma dalla sentenza della Corte di Giustizia 12 settembre 2006, C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (richiamata da Cass. Sez. 5 , 21/6/2019, n.16697, cit.), la quale, con riferimento al fenomeno della localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società, ha stabilito che la circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per sé sola un abuso di tale libertà; tuttavia, una misura nazionale che restringa la libertà di stabilimento è ammessa se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate
ad escludere la normativa dello Stato membro interessato.”

RIFORMA DELLA FISCALITÀ INTERNAZIONALE – NUOVE REGOLE PER LA RESIDENZA DELLE PERSONE GIURIDICHE

L’art. 3 (Principi generali relativi al diritto tributario dell’Unione europea e internazionale)primo comma, della legge delega 9 agosto 2023, n. 111, dispone che:”
1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1 il Governo osserva, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 2, anche i seguenti ulteriori principi e criteri direttivi generali:
……………………………….
“c) provvedere alla revisione della disciplina della residenza
fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti diversi
dalle società come criterio di collegamento personale
all’imposizione, al fine di renderla coerente con la migliore prassi
internazionale e con le convenzioni sottoscritte dall’Italia per
evitare le doppie imposizioni, nonché coordinarla con la disciplina
della stabile organizzazione e dei regimi speciali vigenti per i
soggetti che trasferiscono la residenza in Italia anche valutando la
possibilità di adeguarla all’esecuzione della prestazione lavorativa
in modalità agile;”

Nella nuova formulazione,  contenuta nella bozza di decreto legislativo,  di attuazione della legge delega 9 agosto 2023, n. 111 (“Delega al Governo per la riforma fiscale”), relativo alla riforma della fiscalità internazionale, approvata, in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri di lunedì 16 ottobre 2023, che dovrebbe entrare in vigore dal periodo d’imposta 2024 , in merito alla residenza delle persone giuridiche:

  • si elimina il riferimento
    • al criterio dell’”oggetto principale”, che ha dato luogo a controversie e rischi di doppia imposizione;
    • al criterio della sede dell’amministrazione;
  • la residenza di società ed enti viene  ricondotta a tre criteri alternativi tra loro e quindi in grado di fondare, anche singolarmente, il collegamento per fondare l’imposizione della persona giuridica:
    • il criterio della “sede legale”;
    • il criterio della “sede di direzione effettiva”, precisando che per tale si debba intendere la continua e coordinata assunzione di decisioni strategiche riguardanti la società nel suo complesso ( condizione che, come abbiamo visto è contemplata nell’articolo 4, paragrafo 3 (1) , modello di Convenzione OCSE (2017 update)(place of effective management) e nella giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea);
    • il criterio della “gestione ordinaria in via principale”, intendendosi per tale il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso.

 

 

Riforma della fiscalità internazionale – Nuove regole per la residenza delle persone fisiche

Il Consiglio dei Ministri di lunedì 16 ottobre 2023, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, ha approvato, in esame preliminare, la bozza di decreto legislativo,  di attuazione della legge delega 9 agosto 2023, n. 111 (“Delega al Governo per la riforma fiscale”), relativo alla riforma della fiscalità internazionale che comprende  la revisione della residenza fiscale delle persone fisiche.

ATTUALE FORMULAZIONE

Residenza fiscale delle persone fisiche

Avuto riguardo al tipo di tassazione potremmo dividere gli Stati in 3 categorie:

  • Paesi che hanno una tassazione mondiale del reddito  (c.d. “worldwide taxation principle“, adottato dal sistema fiscale italiano);
  • Paesi che hanno una  tassazione del reddito nello Stato della fonte;
  • Paesi che hanno una tassazione su base di cittadinanza. In questa ultima categoria rientrano solo gli Stati Uniti e l’Eritrea.

La worldwide taxation stabilisce che tutti i residenti in un dato paese devono pagare le tasse su tutte le fonti di reddito, sia quelle che hanno origine nel territorio dello Stato che quelle originate fuori dal territorio dello Stato. Questo tipo di tassazione è la più diffusa ed è applicata dalla maggioranza degli Stati europei.

La residenza fiscale, quindi, una volta individuata, diventa il presupposto necessario e sufficiente per applicare il “world wide taxation principle.

La normativa sostanziale di riferimento che consente, a livello domestico, di determinare la residenza fiscale di una persona fisica, è contenuta nell’articolo 2, comma 2, Tuir, che, nell’attuale formulazione, dispone che:
Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile“.

Quindi, a norma dell’articolo 2, comma 2, Tuir,  nell’attuale formulazione, il soggetto passivo è considerato fiscalmente residente in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta:

  • è iscritto presso l’anagrafe della popolazione residente;
  • o ha il domicilio nel territorio dello Stato, definito come la sede principale degli affari e interessi (articolo 43, comma 1, cod. civ.);
  • o ha stabilito la propria residenza nel territorio dello Stato, intesa come la dimora abituale del soggetto passivo (articolo 43, comma 2, cod. civ.).Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

Di conseguenza, attualmente, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, Tuir qualora il contribuente, per la maggior parte del periodo d’imposta (generalmente 183 giorni), è iscritto presso l’anagrafe dei cittadini residenti (requisito formale), o ha stabilito il proprio domicilio o la propria residenza sul territorio nazionale (requisiti sostanziali), sarà considerato residente in Italia.

Le richiamate condizioni sono tra loro in rapporto di “alternatività” e non di concorrenzialità e pertanto è sufficiente la presenza di una delle tre per considerare come residente un contribuente.

Domicilio e Residenza

“Articolo 43 Codice civile – Domicilio e residenza

Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.

La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale.”

In tema di residenza fiscale della persona fisica, come espressamente affermato dal Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza (cfr. volume III – parte V – capitolo 11 “Il contrasto all’evasione e alle frodi fiscali di rilievo internazionale”, pag. 346 e ss.), assume particolare rilevanza localizzare il domicilio il quale, nella formulazione dell’articolo 43, comma 1, cod. civ., può essere definito come il luogo in cui la  persona fisica ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.

Per l’individuazione del domicilio del contribuente, nel corso ad esempio di un controllo fiscale, sulla base delle indicazioni fornite dalla prassi operativa, verificatori dovranno valutare congiuntamente:

  • la situazione di fatto dello stabilimento in un determinato luogo del centro degli affari e degli interessi (elemento oggettivo);
  • la volontà della persona di stabilire in quel luogo il proprio centro delle relazioni di natura sociale e familiare (c.d. elemento soggettivo).

Per una corretta definizione di “affari e interessi”, occorre fare riferimento all’elaborazione giurisprudenziale in base alla quale gli interessi rilevanti ai fini del domicilio di una persona sono sia quelli di natura economica, che quelli di natura morale o personale (es. di tipo affettivo, sociali e familiari).

Il domicilio va visto come una situazione giuridica che, in aggiunta alla verifica del luogo di effettiva presenza fisica del soggetto, è caratterizzata da elementi soggettivi, ossia dalla volontà di stabilire e conservare, in un determinato luogo, la sede principale dei propri affari ed interessi.

L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 351/E/2008 si è così espressa:

Per espressa previsione normativa, le nozioni di domicilio e residenza utilizzate dalla legge tributaria, sono desumibili dal codice civile che all’articolo 43 definisce il domicilio di una persona come il “luogo in cui essa ha stabilito la sede dei suoi affari ed interessi”, mentre la residenza come il “luogo in cui la persona ha la dimora abituale”.

In ogni caso essi sono alternativamente rilevanti ai sensi del citato articolo 2, comma 2, del TUIR, nel senso che al fine di stabilire la residenza fiscale è sufficiente la presenza di uno solo di essi.

La circolare 2 dicembre 1997, n. 304, riprendendo quanto sostenuto dalla giurisprudenza prevalente, ha precisato che la dimora abituale è caratterizzata dal fatto oggettivo della permanenza in un dato luogo e dall’elemento soggettivo di volersi stabilire in quel luogo. La medesima circolare precisa che il domicilio richiama una situazione giuridica caratterizzata dalla volontà di stabilire e conservare in un determinato luogo la sede principale dei propri affari ed interessi e, come tale, prescinde dall’effettiva presenza fisica del soggetto. Conseguentemente, la locuzione “affari ed interessi” di cui all’art. 43, comma 1, del c.c., deve intendersi in senso ampio, comprensivo cioè non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica ma anche morali, sociali e familiari. In aderenza a tale criterio interpretativo, già la risoluzione del Ministero delle finanze del 14 ottobre 1988, n. 8/1329, aveva considerato fiscalmente residente in Italia un soggetto che, pur avendo trasferito la propria residenza all’estero dove svolgeva la propria attività, aveva mantenuto il centro dei propri interessi familiari e sociali in Italia.

Quindi la circostanza che il soggetto mantenga in Italia i propri legami familiari o il “centro” dei propri interessi patrimoniali e sociali è di per sè sufficiente a realizzare un collegamento effettivo e stabile con il territorio italiano.

In particolare, indipendentemente dalla presenza fisica e dalla circostanza che l’attività lavorativa sia esplicata prevalentemente all’estero, la citata circolare del 2 dicembre 1997, n. 304, ha chiarito che sono indici significativi, ai fini dell’eventuale residenza fiscale, la disponibilità di una abitazione permanente, la presenza della famiglia, l’accreditamento di propri proventi dovunque conseguiti, il possesso di beni anche mobiliari, la partecipazione a riunioni d’affari, la titolarità di cariche sociali, il sostenimento di spese alberghiere o di iscrizione a circoli o clubs, l’organizzazione della propria attività e dei propri impegni anche internazionali, direttamente o attraverso soggetti operanti nel territorio italianoOccorre, pertanto, una valutazione d’insieme dei molteplici rapporti che il soggetto intrattiene nel nostro paese per valutare se, nel periodo in cui è stato anagraficamente residente all’estero, abbia effettivamente perso ogni significativo collegamento con lo Stato italiano e possa quindi essere considerato fiscalmente non residente.

Lo status di residente fiscale implica quindi l’esame delle possibili relazioni – sia personali che reali – con il Paese, che non può essere effettuata in sede di interpello, ma solo in sede di eventuale accertamento.

Qualora sulla base dei criteri esposti un soggetto risulti essere residente in Italia, egli, ai sensi dell’art. 3 del TUIR è soggetto ad imposta in relazione a tutti i redditi posseduti, ovunque prodotti, poiché solo i non residenti sono soggetti ad imposta limitatamente ai redditi prodotti nel territorio dello Stato.”

Per una corretta valutazione dovranno essere valutate, congiuntamente, le disposizioni domestiche e le previsioni dettate dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.

L’articolo 4, paragrafo 1, del modello Ocse di Convenzione internazionale (1) recita: Ai fini della presente Convenzione, il termine “residente di uno Stato contraente” significa qualsiasi persona che, ai sensi delle leggi di quello Stato, è soggetto a tassazione in base al suo domicilio, residenza, luogo di direzione o qualsiasi altro criterio di natura simile, e comprende anche quello Stato e qualsiasi sua suddivisione politica o autorità locale. Questo termine, tuttavia, non include alcuna persona che è soggetta a tassazione in quello Stato solo per i redditi da fonti in quello Stato Stato o capitale ivi situato.”

L’articolo 4, paragrafo 2, del modello Ocse di Convenzione internazionale (1), prevede, qualora una persona fisica venga considerata residente di entrambi gli Stati contraenti, che la sua residenza può essere determinata in base ai seguenti criteri:

  • detta persona è considerata residente dello Stato contraente nel quale ha un’abitazione permanente. Quando essa dispone di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati contraenti, è considerata residente dello Stato contraente nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (concetto sovrapponibile alla definizione di domicilio del soggetto passivo);
  • se non si può determinare lo Stato contraente nel quale detta persona ha il centro dei suoi interessi vitali, o se la medesima non ha un’abitazione permanente in alcuno degli Stati contraenti, essa è considerata residente dello Stato contraente in cui soggiorna abitualmente;
  • se detta persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati contraenti, ovvero non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, la medesima persona è considerata residente dello Stato contraente del quale ha la nazionalità;
  • se detta persona ha la nazionalità di entrambi gli Stati contraenti, o non ha la nazionalità di alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati contraenti risolvono la questione di comune accordo.

Ai fini di una corretta individuazione della residenza fiscale possono inoltre rivelarsi utili una serie di elementi di fatto come:

  • il monitoraggio dei voli aerei, delle prenotazioni alberghiere, degli abbonamenti telefonici;
  • la disponibilità in Italia di immobili, utenze e conti correnti;
  • l’individuazione del luogo ove il contribuente svolge la sua attività economica e professionale;
  • la località ove il contribuente, oltre che i suoi familiari, soggiorna;
  • eventuali dichiarazioni rese dai terzi;
  • la disponibilità di autoveicoli;
  • l’esistenza di cariche societarie ricoperte in entità societarie residenti; 
  • la titolarità di una partita Iva attiva;
  • la stipula di atti soggetti a registrazione in Italia .

Come abbiamo visto, secondo il secondo comma dell’art. 2 del TUIR  è considerato contribuente residente colui che è, per la maggior parte del periodo di imposta, ai fini di quanto disposto dal Codice Civile:

  • iscritto nell’anagrafe della popolazione (italiana) residente;
  • o mantiene il domicilio ( luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi);
  • o la residenza (luogo in cui la persona ha la dimora abituale, nel quale, cioè, una persona abita e svolge in maniera continuativa la propria vita personale)
Si parla di residenza “anagrafica” in riferimento alla residenza fissata con iscrizione presso l’anagrafe di un comune, dove il soggetto decide di dimorare abituale. L’iscrizione all’anagrafe è per i cittadini un obbligo, che si estende anche a coloro che sono sottoposti alla loro potestà (ad esempio, i figli minori).

Ricordiamo che le richiamate condizioni sono tra loro in rapporto di “alternatività” e non di concorrenzialità e pertanto è sufficiente la presenza di una delle tre per considerare come residente un contribuente.

L’art. 2 comma 2 del TUIR collega i requisiti di cui si è detto all’elemento temporale ed esattamente utilizzando la locuzione “…per la maggior parte del periodo di imposta…” che è riferita alla permanenza nel territorio dello Stato per almeno 183 o 184 giorni a seconda che si tratti di anno bisestile o meno.
L’aspetto temporale è dunque un elemento essenzialmente discriminante per poter poi di fatto rendere operativa, o meno, la tassazione.

Si veda la  “Risoluzione del 03/12/2008 n. 471 – Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso – Istanza di interpello – ART. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. Persone fisiche – Disciplina dell’acquisto o della perdita della residenza in caso di trasferimento in corso d’anno – Art. 2, comma 2, TUIR

SintesiUna persona fisica che trasferisce la propria residenza all’estero dopo la meta’ del periodo d’imposta, continua ad essere considerata fiscalmente residente in Italia fino al termine del periodo d’imposta stesso; la possibilità’ di frazionare ai fini della residenza fiscale il periodo d’imposta in cui e’ avvenuto il trasferimento, come previsto dal paragrafo 10 del commentario OCSE all’art.4 del Modello di Convenzione, trova applicazione solo se contemplata dalla convenzione bilaterale in essere con lo stato estero di residenza.

Come abbiamo visto, la legislazione fiscale italiana tassa  i redditi, in capo al contribuente,  in quanto soggetto residente, ovunque essi siano prodotti. Il reddito è, quindi,  assoggettato a tassazione su base mondiale, “worldwide principle”.

Nuovo orientamento della Corte di Cassazione: la valenza degli interessi e degli affari economico-patrimoniali è prioritaria rispetto al luogo delle relazioni affettive e familiari

La Corte di cassazione affermando che la valenza degli interessi e degli affari economico-patrimoniali è prioritaria rispetto al luogo delle relazioni affettive e familiari (che rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo con il quale il soggetto ha il più stretto collegamento)  ha assunto un orientamento differente rispetto al passato ((Cassazione nn. 32992/2018, 45752/2017 e 6501/2015).

Corte di cassazione, ordinanza n. 32992/2018

Gli Ermellini hanno confermato la prevalenza degli interessi economici del soggetto passivo, intesi come centro principale degli affari e interessi, rispetto ai legami affettivi e familiari (elementi di natura morale o personale)

Sempre con l’ordinanza n. 11620 del 4 maggio 2021 la Corte di cassazione si è così espressa:

“3.5 – Sotto il medesimo profilo, assume ulteriore rilevanza – ai
fini dell’individuazione della fissazione del domicilio – il concetto di
riconoscibilità dello stesso da parte dei terzi, riconoscibilità che –
secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, alla quale
deve darsi continuità – va individuata in relazione alla gestione degli  interessi e degli affari economico-patrimoniali, prioritariamente rispetto al luogo delle relazioni affettive e familiari (Cass., Sez. V, 20dicembre 2018, n. 32992; Cass., Sez. V, 31 marzo 2015, n. 6501).
Ne consegue che il domicilio deve, non solo, essere il luogo di
gestione dei propri interessi, riconoscibile dai terzi (Cass., Sez. V, 2
marzo 2020, n. 5642; Cass., n. 24246/2011, cit.; Cass., Sez. V, 22
ottobre 2010, n. 21689; Cass., Sez. V, 15 giugno 2010, n. 14434),
ma questa riconoscibilità deve essere agganciata a indici tali da
individuare in Italia prioritariamente gli interessi del contribuente di
carattere economico e patrimoniale (Cass., n. 32992/2018, cit.;
Cass., n. 6501/2015, cit.).

La Corte di Cassazione con ordinanza del 25/05/2022, n. 16954, richiamando l’ordinanza n. 32992/2018, ha ribadito che le relazioni affettive e familiari non rivestono un ruolo preponderante rispetto agli  interessi e gli affari economico-patrimoniali, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi.

RIFORMA DELLA FISCALITÀ INTERNAZIONALE – NUOVE REGOLE PER LA RESIDENZA DELLE PERSONE FISICHE

L’art. 3 (Principi generali relativi al diritto tributario dell’Unione europea e internazionale), primo comma, della legge delega 9 agosto 2023, n. 111, dispone che:”
1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1 il Governo osserva, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 2, anche i seguenti ulteriori principi e criteri direttivi generali:
……………………………….
“c) provvedere alla revisione della disciplina della residenza
fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti diversi
dalle società come criterio di collegamento personale
all’imposizione, al fine di renderla coerente con la migliore prassi
internazionale e con le convenzioni sottoscritte dall’Italia per
evitare le doppie imposizioni, nonché coordinarla con la disciplina
della stabile organizzazione e dei regimi speciali vigenti per i
soggetti che trasferiscono la residenza in Italia anche valutando la
possibilità di adeguarla all’esecuzione della prestazione lavorativa
in modalità agile;”

Nella nuova formulazione,  contenuta nella bozza di decreto legislativo,  di attuazione della legge delega 9 agosto 2023, n. 111 (“Delega al Governo per la riforma fiscale”), relativo alla riforma della fiscalità internazionale, approvata, in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri di lunedì 16 ottobre 2023, che dovrebbe entrare in vigore dal periodo d’imposta 2024 , in merito alla residenza delle persone fisiche:

  • Viene eliminata la presunzione assoluta di residenza fiscale quale conseguenza dell’iscrizione di una persona fisica alle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta che da presunzione da assoluta diventa relativa e l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo di imposta diventa elemento presuntivo, soggetto a prova contraria, consentendo, quindi, al contribuente di poter fornire la prova contraria in merito al suo effettivo domicilio, indipendentemente dalla sua residenza anagrafica;
  • la mera presenza nel territorio dello stato è equiparata, quale criterio di radicamento, al domicilio e alla residenza;
  • per la determinazione della prevalenza temporale nell’anno divengono rilevanti “anche le frazioni di giorno”;
  • la nozione di domicilio viene espressamente svincolata da quella dettata dal codice civile e identificata, invece, nel luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.  Prevedendo espressamente la prevalenza delle relazioni personali e familiari della persona, si pongono in secondo ordine gli affari ed interessi di natura lavorativa ed economica. La nuova previsione normativa, sembra andare contro l’indirizzo giurisprudenziale di recente evoluzione della Corte di Cassazione, che, come abbiamo visto,  valorizza maggiormente gli interessi lavorativi, in contrapposizione con la precedente interpretazione che, invece, in linea con quanto previsto dalla nuova formulazione normativa, valorizzava  maggiormente gli interessi familiari.