Con il termine esterovestizione (foreign dressed companies) si intede indicare una società o un gruppo societario che utilizzando tecniche di pianficazione fiscale internazionale, costituisce società o stabili organizzazioni all’estero. Generalmente in Stati a più basso livello di tassazione, al fine di evadere le imposte nello Stato in cui sono residenti.
Poniamo, ad esempio, il caso di una Società estera B controllante residente in un Paese a bassa tassazione, a sua volta “controllata” da soggetti fiscalmente residenti in Italia, e di una Società Italiana A controllata dalla Società estera B: la Controllata Italiana A potrebbe artificiosamente fare in modo che la Controllante estera B percepisca royalty “a suo carico” al fine di ridurre artificiosamente gli “utili italiani”.
Poniamo un altro caso: Società italiana A che dovrebbe acquisire partecipazioni in un’altra società C. La Società italiana controllata A facendo acquisire le partecipazioni di C alla Controllante estera B trasferirebbe arteficiosamente la tassazione di eventuali futuri capital gain realizzati dalla cessione di quote di C ad una giurisdizione fiscale più favorevole (teniamo presente che ci sono ordinamenti fiscali che esentano completamente da tassazione le plusvalenze conseguite).
L’articolo 35, commi 13 e 14, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella l. 4.8.2006, n. 248. ha inserito, dopo il comma 5 dell’articolo 73 del TUIR, i commi 5-bis e 5-ter che introducono, una presunzione legale relativa di localizzazione in Italia della sede della amministrazione, e quindi della residenza, di societa’ ed enti esteri, che detengono partecipazioni di controllo in societa’ di capitali ed enti commerciali residenti in Italia, invertendo a loro carico l’onere della prova.
Ai fini di contrastare la presunzione di residenza fiscale italiana vedremo l’importanza per il contribuente di essere in grado con la precisa indicazione di elementi certi, sempre inerenti la sede dell’amministrazione, di poter dimostrare come la sede dell’amministrazione della società estera si trovi all’estero, ad esempio, provando, attraverso gli atti:
- La presenza all’estero di riunioni del CdA, oppure
- La presenza della sede amministrativa e contabile in un Paese estero.
Ai fini della presunzione legale di residenza fiscale italiana per le società costituite all’estero riportiamo un estratto dell’Art. 73 del TUIR (Commi 5 bis e 5 ter)
“5-bis. Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di societa’ ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa:
a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.
5-ter. Ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis, rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Ai medesimi fini, per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari di cui all’articolo 5, comma 5.”
L’Agenzia delle entrate, con la circolare 28/E/2006, punto 8, tratta delle norme introdotte dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223.
Riportiamo il punto 8.1 – Requisiti di applicabilita’– della circolare 28/E/2006:
“Come sottolinea la Relazione illustrativa, le disposizioni in esame
si applicano alle societa’ ed enti che presentano due rilevanti e
continuativi elementi di collegamento con il territorio dello Stato, in
quanto:
- detengono partecipazioni di controllo, di diritto o di fatto ai
sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, in societa’
ed enti residenti; - sono, a loro volta, controllati anche indirettamente ovvero
amministrati da soggetti residenti.
La norma e’ applicabile anche nelle ipotesi in cui tra i soggetti
residenti controllanti e controllati si interpongano piu’ sub-holding
estere. La presunzione di residenza in Italia della societa’ estera che
direttamente controlla una societa’ italiana, rendera’ operativa, infatti, la presunzione anche per la societa’ estera inserita nell’anello
immediatamente superiore della catena societaria; quest’ultima si trovera’, infatti, a controllare direttamente la sub-holding estera, considerata residente in Italia.
Ai sensi del comma 5-ter, il presupposto per la sussistenza del
controllo (dei soggetti residenti sull’entita’ estera e di questa su
societa’ e enti residenti) – e quindi della localizzazione in Italia della
sede dell’amministrazione – dovra’ valutarsi con riferimento alla data di chiusura dell’esercizio della entita’ controllata localizzata all’estero.
Il medesimo comma precisa che, per le persone fisiche, devono essere computati anche i voti spettanti al coniuge, ai familiari entro il terzo grado ed agli affini entro il secondo.
Nel suo complesso la previsione normativa vale a circoscrivere
l’inversione dell’onere della prova alle ipotesi in cui il collegamento con il territorio dello Stato e’ particolarmente evidente e continuativo.
Ovviamente, la norma non preclude all’amministrazione la possibilita’ di dedurre – anche in altri casi e assumendosene l’onere – la residenza in Italia di entita’ esterovestite.“
La circolare 28/E/2006, al punto 8 così si espime:
“Gli elementi di collegamento con il territorio dello Stato
individuati dalla norma sono astrattamente idonei a sorreggere la
presunzione di esistenza nel territorio dello Stato della sede
dell’amministrazione delle societa’ in esame. Si tratta, infatti, di
elementi gia’ valorizzati nella esperienza interpretativa e applicativa, sia a livello internazionale che nazionale. Essi si ispirano sia a criteri di individuazione dell’effective place of management and control elaborati in sede OCSE, sia ad alcuni indirizzi giurisprudenziali.
La norma prevede, in definitiva, l’inversione, a carico del
contribuente, dell’onere della prova, dotando l’ordinamento di uno strumento che solleva l’amministrazione finanziaria dalla necessita’ di provare l’effettiva sede della amministrazione di entita’ che presentano elementi di collegamento con il territorio dello Stato molteplici e significativi. In tale ottica la norma persegue l’obiettivo di migliorare l’efficacia dell’azione di contrasto nei confronti di pratiche elusive, facilitando il compito del verificatore nell’accertamento degli elementi di fatto per la determinazione della residenza effettiva delle societa’. In particolare, essa intende porre un freno al fenomeno delle cosiddette esterovestizioni, consistenti nella localizzazione della residenza fiscale delle societa’ in Stati esteri al prevalente scopo di sottrarsi agli obblighi fiscali previsti dall’ordinamento di appartenenza; a tal fine la norma valorizza gli aspetti certi, concreti e sostanziali della fattispecie, in luogo di quelli formali, in conformita’ al principio della “substance over form” utilizzato in campo internazionale.”
Per quanto attiene alla prova contraria il punto 8.3 della circolare 28/E/2006 sostiene che:
“Il contribuente, per vincere la presunzione, dovra’ dimostrare, con
argomenti adeguati e convincenti, che la sede di direzione effettiva della societa’ non e’ in Italia, bensi’ all’estero.
Tali argomenti e prove dovranno dimostrare che, nonostante i citati
presupposti di applicabilita’ della norma, esistono elementi di fatto,
situazioni od atti, idonei a dimostrare un concreto radicamento della
direzione effettiva nello Stato estero“.
Si rimanda punti della circolare 28/E/2006:
- 8.2 – Effetti
- 8.4 – Compatibilita’ con il Trattato dell’Unione europea e con le
convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia - 8.5 – Collegamento con l’art. 167 del TUIR
Come si vede con la formulazione del comma 5-bis dell’articolo 73 del DPR n 917/86 il nostro legislatore ha conferito particolare importanza ad evitare situazioni in cui società risultano soltanto formalmente (e non anche in sostanza) residenti all’estero contemplando una presunzione legale relativa di residenza fiscale italiana di società estera che controlla società italiane o con managemet residente in Italia.
Con l’obiettivo di contrastare il fenomeno delle società esterovestite l’Amministrazione finanziaria, infatti, può sfruttare, in base all’articolo 73 del DPR n 917/86, una presunzione legale relativa di residenza in virtù della quale si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti non residenti che ricadono nelle fattispecie previste dall’articolo 73 del DPR n 917/86 .
In questi casi si ha l’inversione dell’onere della prova sul contribuente: la società estera che ricade nelle fattispecie previste dall’ articolo 73 del DPR n 917/86 viene, salvo prova contraria (inversione dell’onere della prova) che il contribuente deve fornire, automaticamente considerata fiscalmente residente in Italia , con la conseguenza di vedere imputare sulla società estera la tassazione italiana.
La residenza fiscale, per le società, è disciplinata dal primo periodo del comma 3 dell’articolo 73 del Tuir (Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le societa’ e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.)
Quindi si considerano residenti, ai fini delle imposte sui redditi, le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato, alternativamente:
- La sede legale;
- La sede dell’amministrazione;
- L’oggetto principale dell’attività.
Questa formulazione, generale, lascia sull’Amministrazione finanziaria la prova di una eventuale residenza fiscale in Italia di enti esteri.
Il comma 5-bis dell’art. 73 del Tuir , al contario, introduce, nell’ambito del tema della residenza fiscale , una presunzione legale di residenza in Italia per società estere che ricadano in una delle seguenti fattispecie:
- la società estera è controllata, anche indirettamente, da soggetti residenti nel territorio italiano;
- la società estera è amministrata da un organo amministrativo composto in prevalenza da soggetti residenti nel territorio dello Stato.
Da cui un’inversione dell’onere della prova. La dimostrazione della propria residenza fiscale è posta a carico del contribuente e non dell’Amministrazione finanziaria.
La presunzione relativa di residenza determina, quindi, l’inversione dell’onere della prova a carico delle società estere.
Quindi la norma riportata si applica a società ed enti non residenti nel territorio dello Stato che soddisfano i seguenti requisiti:
- Detengono partecipazioni di controllo ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile in società ed enti commerciali residenti nel territorio dello Stato. Per effetto di questo articolo il controllo su tali soggetti può essere esercitato alternativamente:
- Tramite maggioranza assoluta dei voti nell’assemblea ordinaria;
- Mediante un numero di voti necessario a garantire un’influenza dominante sull’assemblea medesima;
- In virtù di particolari vincoli di natura contrattuale;
- Sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile da soggetti residenti nel territorio dello Stato. Oppure, in alternativa sono amministrati da un Consiglio di amministrazione o altro organo equivalente composto prevalentemente da persone fisiche residenti in Italia.
Il controllo può essere anche di natura indiretta. Pertanto, al fine di verificare la sussistenza del controllo su detti soggetti non residenti vanno computati anche i voti spettanti a società controllate, società fiduciarie o persone interposte.
Quanto, invece, ai soggetti controllanti, residenti nel territorio dello Stato, questi possono essere rappresentati sia da soggetti titolari di reddito di impresa (imprenditori individuali, società di persone e società di enti commerciali) sia da persone non titolari di reddito di impresa.
In base all’articolo 2727 cc: Le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato.
La norma contenuta nel comma 5-bis dell’articolo 73 del DPR n 917/86 costituisce una presunzione relativa ( cioè una presunzione che ammette prova contraria) di secondo livello ( al primo rilievo effettuato nei confronti della società si aggiunge un successivo rilievo presuntivo effettuato verso la compagine sociale).
In aggiunta, se i soggetti esteri non hanno proceduto a porre in essere nello Stato comportamenti dichiarativi si è in presenza di omessa dichiarazione e si rende applicabile la disposizione di cui all’articolo 41 comma 2 del DPR n. 600/73 che consente agli uffici verificatori di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui al terzo comma dell’art. 38 del DPR n. 600/73 e, quindi, di avvalersi di presunzioni anche prive dei requisiti della gravità della precisione e della concordanza.
In sede di controllo l’ufficio accertatore, quindi, ha la possibilità di procedere ad emettere un accertamento d’ufficio sui redditi di contribuenti (enti societari esteri) che hanno omesso la dichiarazione, quindi, nella fase dell’accertamento, l’Agenzia delle Entrate si può avvalere, senza aggiungere ulteriori mezzi di prova, della sola presunzione semplice.
Il contribuente ha la possibilità di contestare gli elementi posti a base dell’accertamento presuntivo nell’ambito del procedimento contenzioso .
il contribuente ha la possibilità di contrastare la presunzione con l’indicazione di elementi, sempre inerenti la sede dell’amministrazione dimostrando che la propria sede dell’amministrazione societaria si trova all’estero, ad esempio, provando, attraverso gli atti:
-
-
- La presenza all’estero di riunioni del CdA, oppure
- La presenza della sede amministrativa e contabile in un Paese estero.
-
E’ da rilevare che la presunzione non può essere vinta con la prova della insussistenza di altri elementi diversi dalla sede dell’amministrazione.
Ricordiamo che, in base al comma 3 dell’articolo 73 del Tuir, si considerano residenti, ai fini delle imposte sui redditi, le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato, alternativamente:
- La sede legale;
- La sede dell’amministrazione;
- L’oggetto principale dell’attività.
I criteri previsti dall’articolo 73 sono alternativi tra loro. Per cui è di fatto lasciata all’Amministrazione finanziaria, in caso di accertamento, la scelta del requisito su cui confrontarsi nel contenzioso eventuale.
Ne devira che è irrilevante per il contribuente, qualora non si sia in grado di resistere alla presunzione riguardante la localizzazione della sede dell’amministrazione, dimostrare che, in concreto, la sua attività (industriale, commerciale o finanziaria) è effettivamente svolta all’estero.
La prova circa l’esistenza all’estero della sede dell’amministrazione deve essere fornita in sede di accertamento, non prevedendo la norma la possibilità di dimostrare in via preventiva l’inapplicabilità della norma al caso concreto come, per esempio, previsto dalla normativa sul reddito delle “imprese estere controllate” ( Controlled Foreign Companies, c.d. Cfc). Parimenti non è consentito anticipare il momento del contraddittorio entro termini utili per l’adempimento spontaneo.
Al fine di vincere questa presunzione non è, quindi, possibile formulare istanza di interpello.
All’interno del modello di convenzione OCSE vengono definite le disposizioni che riguardano la residenza fiscale degli enti. Il modello di convenzione dirime ipotesi di “dual residence” attraverso l’applicazione delle c.d. “tie breaker rules“. Infatti, per poter determinare correttamente la residenza fiscale dell’ente il modello OCSE adotta come unico criterio dirimente quello del Place of Effective Management (PEM).
Questo significa che in caso di conflitti in merito alla corretta identificazione della residenza fiscale di una società, sarà dirimente il luogo in cui la stessa ha la propria sede di direzione effettiva (il place of effective management, appunto). La localizzazione in uno stato del PEM, quindi, identifica in quello Stato (unicamente) la residenza fiscale della società.
Secondo il modello OCSE di convenzione contro le doppie imposizioni per sede di direzione effettiva deve intendersi : il luogo ove vengono adottate le più importanti decisioni relative alla gestione della società e allo svolgimento della sua attività di impresa.
L’elemento fatturale con il quale ci si può difendere in caso di presunzione di residenza di cui al comma 5-bis dell’art. 73 del Tuir è la sede di direzione effettiva: il luogo in cui la persona o le persone che esercitano funzioni di rango più elevato (es. il CdA) adottano ufficialmente le decisioni. Ovvero il luogo in cui si delibera in merito alla società nel suo complesso.
Dal punto di vista sanzonatorio, se i soggetti esteri non hanno proceduto a porre in essere nello Stato comportamenti dichiarativi si è in presenza di omessa dichiarazione e si rendono applicabili:
- le disposizioni previste dal Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471 (Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi)
- al superamento del limite di cui al comma 1 dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 74/2000 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto) si configura il reato di evasione fiscale.