La legge tributaria italiana prevede per la tassazione sui dividendi di fonte estera se
- l’impresa non è stabilita in un Paese a fiscalità privilegiata;
- la partecipazione non è qualificata (Gli utili di fonte estera qualora siano derivanti da partecipazioni non qualificate non possono essere assoggettati a tassazione ordinaria – QUADRO RM – SEZIONE V);
- partecipazione è qualificata, ma gli utili sono prodotti dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 (QUADRO RM – SEZIONE V)
un’aliquota al 26% che si applica successivamente rispetto alla tassazione estera.
Una considerazione particolare merita la diversa base imponibile su cui calcolare la tassazione sui dividendi esteri a seconda se al momento dell’incasso intervenga o no un intermediario finanziario residente.
Le fattispecie che possiamo avere sono le seguenti:
- se al momento dell’incasso interviene un intermediario residente:
Ritenuta a titolo di imposta. L’articolo 27, commi 4, 4-bis e 5 del DPR n. 600/73, prevede l’assoggettamento dei dividendi esteri a ritenuta a titolo di imposta del 26%, , da calcolarsi sui dividendi percepiti al netto delle ritenute subite nello Stato estero di residenza della società erogante: la base imponibile rappresenta il c.d. “netto frontiera“; - nel caso in cui l’incasso da parte dei soci avvenga senza l’intervento di un intermediario residente, l’articolo 18, comma 1, del DPR n 917/86, stabilisce l’assoggettamento ad imposta sostitutiva non facendo alcun riferimento al valore “netto frontiera“, valore al quale fa invece riferimento il DPR n 600/73 (Infatti nel Quadro RM, SEZIONE V – Redditi di capitale soggetti ad imposizione sostitutiva, rigo RM12, colonna 3, va indicato l’ammontare del reddito, al lordo di eventuali ritenute subìte nello stato estero in cui il reddito è stato prodotto).
Quindi in questi casi il reddito prodotto all’estero non concorre alla formazione del reddito imponibile.
Ora è da tener presente che l’articolo 165 – Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero, comma 1, del DPR n 917/86 stabilisce che: “Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.”
Quindi, nei casi di cui sopra, le imposte pagate all’estero a titolo definitivo su tali redditi non sono ammesse in detrazione in quanto il reddito prodotto all’estero non concorre alla formazione del reddito imponibile.
Esistono convenzioni internazionali che prevedono per gli investitori non residenti un’aliquota del 15% sui dividendi. e rendono possibile chiedere il rimborso per la doppia tassazione. Quindi, una delle strade percorribili, ma complessa dal punto di vista della burocrazia, in modo da pagare solo il 15%, è presentare un’istanza di rimborso all’amministrazione fiscale del Paese estero una volta ricevuto il dividendo e a tasse pagate.
Credito d’imposta anche per i redditi assoggettati a imposta sostitutiva
La Corte di Cassazione in due sentenze:
- Sentenza della Corte di Cassazione Sez. Civile 5 Numero 25698 Anno 2022,
- Sentenza della Corte di Cassazione Sez. Civile 5 Numero 10204 Anno 2024
si è espressa per un superamento del sistema della doppia tassazione.
Nel “Principio di diritto” di cui al punto 1.7 delle RAGIONI DELLA DECISIONE della Sentenza della Corte di Cassazione Sez. Civile 5 Numero 25698 Anno 2022, si ritiene che, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, si deve considerare detraibile l’imposta sul reddito pagata in un Paese estero.
La suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 25698/2022 pubblicata il 1° settembre 2022 nell’esaminare la Convenzione Italia – Stati Uniti d’America per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito così si esprime
“L’art. 23, comma 3, della stessa Convenzione, dopo avere
previsto che l’Italia deve dedurre dalle imposte sul reddito, di cui all’art. 2, l’imposta sul reddito pagata negli Stati Uniti (secondo periodo), al terzo periodo stabilisce che, «[t]uttavia, nessuna deduzione sarà accordata ove l’elemento dì reddito sia assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta su richiesta del beneficiario di detto reddito in base alla legislazione italiana» (enfasi aggiunta).
1.4. Da tale disposizione pattizia si ricava a contrario che, qualora
l’assoggettamento a imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta, come nell’ipotesi di cui all’art. 27, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, o mediante imposta sostitutiva, come nella fattispecie, del tutto sovrapponibile alla prima in ragione dell’identità di funzione, di cui all’art. 18, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, quando il contribuente sia una persona fisica, avvenga non «su richiesta del beneficiario deI reddito» ma obbligatoriamente, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, l’imposta sul reddito pagata negli Stati Uniti d’America si deve considerare detraibile.
1.5. Tale interpretazione trova conferma nella diversità del testo
vigente degli accordi bilaterali contro le doppie imposizioni conclusi con altri Paesi, secondo cui «nessuna detrazione sarà accordata ove
l’elemento di reddito venga assoggettato in Italia ad imposizione
mediante imposta sostitutiva o ritenuta a titolo di imposta, ovvero ad imposizione sostitutiva con la stessa aliquota della ritenuta a titolo di imposta, anche su richiesta del contribuente,ai sensi della legislazione italiana» (enfasi aggiunta; art. 23, comma 2, quarto capoverso, della Convenzione tra Italia e Cipro, ratificata e resa esecutiva dalla legge 10 luglio 1982, n. 564; art. 22, comma 2, terzo capoverso, dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Malta, ratificato e reso esecutivo dalla legge 2 maggio 1983, n. 304; punto 11 del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno dell’Arabia Saudita, ratificato e reso esecutivo dalla legge 23 ottobre 2009, n. 159; art. 22, comma 2, quarto capoverso, della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Singapore, ratificata e resa esecutiva dalla legge 26 luglio 1978, n. 575; art. 12, comma 1, lett. a), secondo capoverso, dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato di Monaco, ratificato e reso esecutivo dalla legge 1° dicembre 2016, n. 231);
1.6. Ed invero, in base ad una interpretazione conforme della
norma pattizia (prevalente) la locuzione «anche sui richiesta del
contribuente», che figura nel testo di tali accordi, conferma che quando l’Italia ha inteso negare il credito d’imposta non solo nei casi in cui l’assoggettamento dell’elemento di reddito a imposta sostitutiva o a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta avvenga su richiesta del contribuente, ma anche nei casi in cui esso sia obbligatorio in base alla legge italiana, lo ha previsto espressamente.”
La sentenza n. 25698/2022 della Suprema Corte prevede, nel caso di dividendi esteri e più in generale di proventi finanziari, la possibilità di ottenere il credito d’imposta per l’imposta pagata all’estero, sia su proventi assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta che ad imposta sostitutiva, qualora con lo Stato estero sia in vigore una convenzione sulle doppie imposizioni che non escluda il diritto al credito d’imposta stesso.
Quindi in base alla sentenza n. 25698/2022 della Suprema Corte qualora l’assoggettamento a imposizione mediante imposta sostitutiva di cui all’art. 18, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, quando il contribuente sia una persona fisica, avvenga non «su richiesta del beneficiario deI reddito» ma obbligatoriamente, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, l’imposta sul reddito pagata nello Stato Estero si deve considerare detraibile.
Quindi, al fine di verificare la sussistenza al diritto al credito d’imposta si deve verificare con attenzione la relativa convenzione, anche se nella maggior parte delle Convenzioni stipulate con l’Italia l’esclusione è collegata alla possibilità del contribuente di poter optare per regimi di tassazione diversi.
Le sentenze della Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Verona (sentenza n. 423/2023, depositata il 29 luglio 2024) e della Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Siena (n.68 del 11/04/2024), fondate sul principio di diritto già espresso dalle due sentenze della Cassazione (25698/2022 e 10204/2024), hanno ribadito che i titoli di emittenti esteri non possono essere sottoposti a doppia tassazione.