Secondo la Corte di Cassazione, sentenza numero 19849 del 4 maggio 2021, il mancato adempimento degli obblighi previsti dal monitoraggio fiscale non può configurare una situazione rilevante penalmente.
L‘articolo 4, comma 1, dl 167/1990, ha posto l’obbligo per i residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività’ estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, di indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi (Quadro RW).
Il contribuente dovrà compilare il quadro RW per assolvere sia agli obblighi di monitoraggio fiscale che per il calcolo delle dovute IVIE (imposta sul valore degli immobili situati all’estero) di cui all’art. 19, commi da 13 a 17, del Decreto-legge del 06/12/2011 n. 201 e IVAFE (imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero) di cui all’art. 19, commi da 18 a 22, del Decreto-legge del 06/12/2011 n. 201 .
Se il contribuente non è tenuto alla presentazione della dichiarazione dei redditi deve presentare la dichiarazione con il solo frontespizio unitamente al quadro RW.
Ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del D.L. 167/1990 la violazione dell’obbligo di dichiarazione di investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati.
La violazione di cui sopra relativa alla detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 (individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001 (individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127 -bis, comma 4, (Soppresso da: Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1) del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”)), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati.
Quindi, qualora le attività estere di natura finanziaria siano detenute in “paradisi fiscali”, la sanzione è raddoppiata rispetto ai valori ordinari.
Secondo l’ipotesi avanzata in sede di contenzioso nella causa in oggetto, le consistenze patrimoniali non dichiarate sul quadro RW dovevano essere considerate redditi non dichiarati e come tali, superando i limiti previsti dall’articolo 4 del Decreto Legislativo 74/2000, adatti a configurare la rilevanza penale per dichiarazione infedele.
Tale impostazione si basava sulla presunzione che le attività estere non dichiarate sul quadro RW rappresetassero redditi non dichiarati prodotti all’estero.
La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 19849 del 4 maggio 2021, ha rigettato questa impostazione, ricordando che le normativa sul monitoraggio fiscale “non prevede un apparato sanzionatorio penale in caso di violazione dell’obbligo dichiarativo”, ma solo sanzioni amministrative pecuniarie per la mancata dichiarazione e\o per il mancato versamento delle imposte collegate (IVIE e IVAFE).
Secondo i giudici di legittimità:
“la somma di denaro detenuta da un contribuente italiano su un conto corrente di una banca estera (così come uno strumento finanziario o un bene immobile) non è considerata, di per sé sola, parte del reddito imponibile del contribuente italiano, restando tassabili in Italia alle condizioni prescritte dalla legge, esclusivamente le rendite – come gli interessi conseguiti da un investimento finanziario o le rendite immobiliari – che il bene detenuto all’estero dovesse eventualmente produrre; rendite che, peraltro, vanno dichiarate in quadri della dichiarazione dei redditi diversi dal quadro RW”
La presunzione di equivalenza tra attività estera non dichiarata e reddito estero non dichiarato non consente il soddisfacimento dei requisiti richiesti dalla legge per la configurazione penale della dichiarazione infedele e l’omissione del quadro RW in nessun modo può assumere rilevanza penale, dato che la normativa di riferimento, contenuta nell’art. 5 del Decreto Legge 167/1990, come convertito dalla Legge 227/1990, per la fattispecie sono previste solo sanzioni amministrative di tipo pecuniario, anche risolvibili in misura ridotta in caso di ravvedimento con versamento spontaneo.