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I Paradisi Fiscali e le Black List nella vigente normativa

I Paradisi Fiscali e le Black List nella vigente normativa

In primis una precisazione: il termine “paradisi fiscali” è una “inesatezza” tutta italiana, frutto di un errore di traduzione dell’espressione inglese “tax haven”, “rifugio fiscale”, confusa con la parola “heaven”,  “paradiso”.

Generalmente sono designati come “paradisi fiscali” territori sovrani e Paesi che usano la leva fiscale e altre misure di politica economica per attrarre capitali e investimenti nel settore finanziario e dei servizi.

Questi Paesi e territori offrono agli investitori esteri:

  • un ambiente di non tassazione o di imposizione puramente nominale;
  • regole giuridiche ed  amministrative particolarmente “facilitative”;
  • in genere, a causa del segreto bancario particolarmente rigoroso, le attività svolte non sono, in generale, oggetto di scambio di informazioni con altri paesi.

Potremmo stilare una classificazione dei paesi inseriti nelle black list, in base alla tipologia di tassazione o regime adottato:

  1. Pure Tax Haven: non ci sono tasse e garantisce l’assoluto segreto bancario anche con altri stati (i cosidetti PARADISI FISCALI);
  2. No taxation on foreign income: sono esclusi da ogni tassazione i redditi esterni, e si tassa solo il reddito interno;
  3. Low taxation: tassazione modesta su qualunque reddito;
  4. Special Taxation: paesi con regimi fiscale simile a quello dei paesi considerati “normali”, ma che permettono la costituzione di società flessibili.

Nel 1998 l’OCSE ha pubblicato il rapportoHarmful Tax Competition“, con lo scopo di studiare come i c.d. “paradisi fiscali” e i “regimi fiscali preferenziali dannosi”, indicando le “pratiche fiscali dannose”  .

Il Rapporto OCSE  “Towards Global Tax Co-operation” del 2000 ha identificato e valutato i regimi fiscali dannosi, elencando tutti i
regimi fiscali preferenziali che allora potevano essere considerati come “potenzialmente” dannosi. I regimi, identificati, erano 47.

Alla luce dell’evoluzione intervenuta dopo la pubblicazione del Rapporto 2000, il 14 novembre 2001  è stato pubblicato il rapporto
The OECD’s Project on Harmful Tax Practices: the 2001 Progress Report”.

Successivamente molti Stati hanno siglato accordi per lo scambio di informazioni sotto la forma di:

L’art. 26 del Modello OCSE ha sempre rappresentato lo standard internazionale per lo scambio di informazioni tributarie tra Stati: la sua prima ver­sione apparve nel Modello del 1963, e da allora sono stati più volte modificati sia la lettera dell’articolo che il Commentario.

Nel 2005 sono stati aggiunti, all’art. 26 i parr. 4 e 5, con lo scopo principale di impedire allo Stato destinatario della richiesta di scam­bio di opporre determinate tipologie di legislazione nazionale.

L’informazione richiesta non può essere negata:

  1. solo perché lo Stato alla quale è richiesta non ha un interesse proprio nello scambio;
  2. perché l’informazione è detenuta da un istituto bancario, un’istituzione finanziaria, “un’agenzia”, ovvero una fiduciaria (con il chiaro intento dell’OCSE di contrastare il segreto bancario).

Nel 2009, al verice di Londra,  il G20 ha dichiarato la fine del segreto bancario. 

A seguito di questa decisione l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) pubblicò due elenchi:

  • nella black list Costa Rica, Malaysia, Filippine, Uruguay;
  • nella “lista grigia” furono inclusi, invece, 38 paesi tra cui Lussemburgo, Svizzera, Austria, Belgio, Singapore, Cile e isole Cayman, Liechtenstein Liechtenstein, Antille olandesi, Belgio e Principato di Monaco, Paesi che, pur essendosi impegnati a rispettare le regole dell’Ocse non le hanno “in sostanza” applicate. I G20 hanno deciso che ci saranno sanzioni contro quei paesi che non forniscono le informazioni richieste, oltre all’irrigidimento dei vincoli amministrativi e il divieto per gli stati membri di depositare i loro fondi in questi paesi.

Un forte “colpo” ai Paradisi fiscali è stato inferto, dal 2014, anno delle sua introduzione, dal CRS. Il Common Reporting Standard (CRS); è uno standard informativo, sviluppato dall’OCSE, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD) ), per lo scambio automatico di informazioni, (Automatic Exchange Of Information (AEOI)), a livello globale, tra le autorità fiscali, rivolto a facilitare i controlli anti-evasione,sulle attività finanziarie detenute dai contribuenti .

(Vedi: http://www.oecd.org/tax/automatic-exchange/)

Introdotto nell’Unione Europea dalla Direttiva 2014/107/UE (DAC 2), questo standard di raccolta e condivisione di dati sui conti esteri, secondo la lista aggiornata al 10 Dicembre 2020,  vede impegnati, 110 Stati.

ELENCO DEGLI STATI CHE HANNO ADERITO AL CRS AGGIORNATA AL 22 novembre 2022

La pagina RAPPORTI DI SCAMBIO ATTIVATI PER INFORMAZIONI CRS (Ultimo aggiornamento: dicembre 2020) del sito OCSE( (Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD)) mostra tutte le relazioni di scambio bilaterali attualmente in essere per lo scambio automatico di informazioni CRS ai sensi dell’articolo 6 della convenzione multilaterale e del CRS MCAA (Multilateral Competent Authority Agreement), nonché nel quadro dell’UE. Inoltre, alcune giurisdizioni hanno concluso accordi bilaterali per lo scambio di informazioni CRS nell’ambito di trattati fiscali bilaterali o accordi sullo scambio di informazioni fiscali.

A partire da ottobre 2022, sono oltre 4900 i rapporti di scambio bilaterali attivati ​​rispetto a oltre 110 giurisdizioni impegnate nel CRS.

Per l’Italia risultano attive 75 relazioni di scambio bilaterali.

Proposto per la prima volta dalla Commissione nel gennaio 2016 l’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali è stato continuamente aggiornato (c.d. Black List UE) (Evoluzione della lista UE (scheda informativa) Inglese)

Il processo di monitoraggio segue una serie di linee guida procedurali concordate nel febbraio 2018.

Senza modificare il processo di monitoraggio dinamico, nel marzo 2019 il Consiglio ha deciso di limitare gli aggiornamenti dell’elenco a due volte l’anno a partire dal 2020, per concedere agli Stati membri dell’UE tempo sufficiente per modificare la legislazione nazionale ove necessario.

La lista dei Paesi Black List, rappresenta un elenco di Paesi in cui:

  • è in vigore un regime fiscale privilegiato, la cui caratteristica principale sta nell’avere un livello di tassazione molto basso oppure nullo:
  • non è stato previsto alcun meccanismo di scambio di informazioni fiscali con altri Paesi.

ministri delle finanze dell’Unione Europea aggiornano costantemente la Black List  delle giurisdizioni fiscali non cooperative sulla base di un intenso processo di analisi e di dialogo guidato dalla Commissione. L’elenco si è dimostrato altamente efficace, poiché molti paesi hanno modificato la propria legislazione e i propri sistemi fiscali per conformarsi alle norme internazionali. La Commissione ha valutato 92 paesi sulla base di tre criteri:

  • Trasparenza fiscale;
  • Buona governance;
  • Attività economica reale.

Oltre a questi criteri è stata verificata anche l’esistenza di un’aliquota dell’imposta sulle società pari a zero.

L’elenco adottato dal Consiglio il 14 febbraio 2023 è composto da:

  1. Samoa americane
  2. Anguilla
  3. Bahamas
  4. Isole Vergini Britanniche
  5. Costa Rica
  6. Figi
  7. Guam
  8. Isole Marshall
  9. Palau
  10. Panama
  11. Russia
  12. Samoa
  13. Trinidad e Tobago
  14. Isole Turks e Caicos
  15. Isole Vergini americane
  16. Vanuatu

Tra queste: Anguilla, Bahamas, Costa Rica, Isole Vergini Britanniche, Isole Marshall, Panama, Russia, Samoa, Trinidad e Tobago, Isole Turks e Caicos e Vanuatu figurano nell’ELENCO DEGLI STATI CHE HANNO ADERITO AL CRS AGGIORNATA AL 22 novembre 2022.

Quindi le giurisdizioni che figurano nella Black List UE al 14 febbraio 2023 che non hanno a CRS sono:

  1. Samoa americane;
  2. Figi;
  3. Guam;
  4. Palau;
  5. Isole Vergini degli Stati Uniti.

Di fatto la black list non ha nessun valore coercitivo: semplicemente  i  paesi in essa inclusi non potranno ricevere aiuti dall’Unione Europea, a meno che non si tratti di aiuti allo sviluppo. Imprese e privati potranno continuare ad avere rapporti con questi stati senza rischiare nessuna sanzione a livello europeo. La Commissione Europea, però, incoraggia i singoli stati membri, se lo riterranno necessario, a mettere in atto sanzioni più stringenti .

La LEGGE 29 dicembre 2022, n. 197 – “Legge di Bilancio 2023”  (art. 1 commi da 84 a 86) ha introdotto disposizioni in materia di deducibilità  nei  limiti  del loro  valore  normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali ( giurisdizioni  individuate  nell’allegato  I  alla  lista  UE   delle giurisdizioni  non  cooperative  a   fini   fiscali,   adottata   con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea).

Vedi: Deducibilità  nei  limiti  del loro  valore  normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali

L’elenco dei Paesi extra UE cosiddetti “black list” aiuta i soggetti coinvolti nella protezione del sistema finanziario UE a individuare con maggiore efficacia i rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (FdT).

L’elenco vale sia per gli Intermediari finanziari che per i Professionisti (anche in forma associata o societaria) – CED e ogni altro soggetto che rende in maniera professionale, anche per i propri associati o iscritti, servizi in materia di contabilità e tributi (compresi associazioni di categoria di imprenditori e commercianti, CAF e patronati).

In particolare, nel DECRETO LEGISLATIVO 21 novembre 2007, n. 231 sono contemplati gli obblighi di adeguata verifica rafforzata della clientela e le relative modalità di esecuzione.

In essi si prevede che i soggetti obbligati, in presenza di un elevato rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, debbano applicare misure rafforzate di adeguata verifica della clientela.

Tra gli altri fattori di cui tenere conto spicca proprio quello relativo ai clienti residenti o aventi sede in aree geografiche ad alto rischio individuati dalla Commissione europea, per i quali si applicano sempre misure di adeguata verifica rafforzata della clientela.

Quindi i rapporti professionali / le operazioni con soggetti ivi residenti comporteranno l’obbligo di:

  • rafforzare il grado e la natura delle verifiche atte a determinare se le operazioni siano sospette;
  • acquisire informazioni aggiuntive sul cliente e sul titolare effettivo / titolari effettivi;
  • approfondire gli elementi posti a fondamento delle valutazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto;
  • intensificare la frequenza dell’applicazione delle procedure finalizzate a garantire il controllo costante nel corso del rapporto.

In Italia sono stati pubblicati  il Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze che hanno individuato, ai fini della nostra legislazione fiscale i Paesi Black List.

La Black List “italiana” di cui al DM 4 maggio 1999  serve  ad attivare l’inversione dell’onere della prova riguardo all’effettiva residenza fiscale dei cittadini italiani emigrati nei Paesi indicati nella lista (Ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis del TUIR, introdotto dall’articolo 10 della legge n. 448 del 23 dicembre 1998, si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori  individuati dall’art. 1 (Individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato) del Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze).

Vedi: Black List – Art. 2, comma 2-bis del TUIR – Presunzione residenza cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori  individuati dall’art. 1 del Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze

Da considerare che il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze (Individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127-bis, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”)) non trova più applicazione per l’individuazione delle CFC in quanto l’art. 127-bis è stato soppresso dal Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1 e che la materia delle CFC è ora regolamentata dall’art. 167 del TU (Disposizioni in materia di imprese estere controllate. (ex art 127-bis)).

La lista di cui al Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze rappresenta anche la lista di riferimento per la compilazione del quadro RW per quanto riguarda la detenzione di attività patrimoniali e finanziarie in paesi non collaborativi.

Larticolo 4, comma 1, dl 167/1990, ha posto l’obbligo per i residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività’ estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, di indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi (Quadro RW).

i sensi dellarticolo 5, comma 2, del D.L. 167/1990 la violazione dell’obbligo di dichiarazione di investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. 

La violazione di cui sopra relativa alla detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 (individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001 (individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127 -bis, comma 4, (Soppresso da: Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1) del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”)), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. Nel caso in cui la dichiarazione prevista dall’articolo 4, comma 1, sia presentata entro novanta giorni dal termine, si applica la sanzione di euro 258.

Quindi qualora le attività estere di natura finanziaria siano detenute in “paradisi fiscali”, la sanzione è raddoppiata rispetto ai valori ordinari.

La lista di cui al Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanzerileva anche ai fini della Presunzione legale somme detenute all’estero costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia.

Nel caso di asset

opera la presunzione legale per la quale le somme detenute all’estero siano state costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia e pertanto l’Agenzia delle Entrate potrà contestare le imposte evase su tali importi (comma 2, art. 12 D.L. n. 78/2009.

Vedi: Black List – Art. 12 D.L. n. 78/2009 (Contrasto ai paradisi fiscali) – Presunzione legale somme detenute all’estero costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia

I soggetti passivi Iva hanno dovuto comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle operazioni effettuate fino all’anno 2016 con operatori economici con sede, residenza o domicilio negli Stati o territori a fiscalità privilegiata (cosiddetti “Paesi black list“) individuati dal decreto 4 maggio 1999 del Ministro delle Finanze e dal decreto 21 novembre 2001 del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Dal 2017 l’obbligo di comunicazione è stato soppresso (articolo 4, comma 4 del decreto legge del 22/10/2016 n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016 n. 225).

Il decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, nel corso degli anni,  è stato ripetutamente modificato.

In particolare, il decreto del Ministro delle finanze 24  febbraio 2014 ha eliminato”San Marino (Repubblica di San Marino)” dall’elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999.

 

 

 

 

I 23 Paesi senza imposte sul reddito

I 23 Paesi senza imposte sul reddito

E’ facile presumere che qualsiasi paese che non impone un’imposta sul reddito sarà sottofinanziato. Questo non avviene se la nazione ha una fonte primaria di reddito alternativa. Al mondo ci sono 23 Paesi in cui non ci sono tasse sul reddito, sei di questi sono ricchi di riserve di petrolio greggio. Inoltre, solo perché questi paesi non applicano imposte sul reddito non significa che offrono una vita esentasse. Le Bahamas, ad esempio, ricavano le proprie entrate fiscali da imposte sul valore aggiunto, tasse sulla proprietà immobiliare, tasse sui casinò, dazi all’importazione, tasse di bollo e diritti di licenza.

Elenco dei paesi senza imposte sul reddito

 Di seguito sono riportati tutti i 23 paesi che non applicano imposte sul reddito ai propri cittadini e residenti:

Bahrein

  • Regione: Medio Oriente

Un tempo protettorato britannico, l’arcipelago presenta un’economia diversificata. Mentre il petrolio e il gas naturale costituiscono l’85% delle entrate di bilancio del paese, il Bahrain ha anche un importante settore dell’ospitalità e della vendita al dettaglio. Tuttavia, occasionali conflitti tra manifestanti e forze di sicurezza si verificano a seguito di disordini politici in corso.

Per acquisire un permesso di soggiorno in Bahrain, bisogna essere pronti a presentare diversi moduli e pagare una somma considerevole. Gli espatriati dovranno investire un minimo di 100.000 BD (o $ 265.246,70) o acquistare proprietà del valore di almeno 50.000 BD (o $ 132.623,35). I candidati dovranno inoltre guadagnare un reddito mensile di almeno 500 BD (o $ 1.326,23) e disporre di un deposito fisso fino a 15.000 BD (o $ 39.787,01).

In alternativa, i lavoratori stranieri che ricevono un visto di lavoro da un datore di lavoro locale hanno diritto a un permesso di soggiorno. Detto datore di lavoro è responsabile dell’organizzazione delle pratiche burocratiche necessarie.  C’è anche un permesso di soggiorno per persone a carico per chi è sposato con un cittadino del Bahrein, anche se questo dovrà essere richiesto dal loro datore di lavoro.

Bermuda

  • Regione: Oceano Atlantico settentrionale

Le Bermuda sono uno dei tanti territori britannici d’oltremare che non riscuotono un’imposta sul reddito, sebbene siano i più antichi e popolosi. The Rock ha una lunga storia di turismo, che risale all’epoca vittoriana. Tuttavia, nonostante il turismo rappresenti una quota molto maggiore dell’occupazione, l’85% del PIL delle Bermuda proviene dal settore assicurativo e da altri servizi finanziari.

Oltre a sposare un locale, puoi ricevere un certificato di residente permanente, che può richiedere un periodo di residenza precedente fino a 10 anni e una commissione di $ 50.000.   È anche possibile accedere attraverso diversi permessi di lavoro, in particolare il permesso di lavoro per nuove imprese, il permesso di lavoro per imprenditori globali e il permesso di lavoro globale, sebbene quest’ultimo sia valido solo per un periodo di tempo limitato.

Isole Vergini Britanniche

  • Regione: Indie occidentali

Le Isole Vergini britanniche sono un altro paese caraibico fortemente dipendente dal turismo, che rappresenta circa il 45% del reddito nazionale. L’allevamento del bestiame è l’attività agricola più importante, poiché la scarsa qualità del suolo limita il potenziale di coltivazione. Il dollaro USA è la valuta legale nelle Isole Vergini britanniche dal 1959, poiché la sua economia è strettamente legata alle più popolose Isole Vergini americane.

Per diventare un residente permanente, una persona deve risiedere nelle Isole Vergini britanniche per un periodo di 20 anni. Devono quindi presentare un modulo di residenza di persona al governo del dipartimento dell’immigrazione delle Isole britanniche.

Brunei

  • Regione: Sud-est asiatico

Come il Bahrein, il Brunei deve gran parte della sua prosperità economica ai suoi numerosi giacimenti di petrolio e gas naturale, che rappresentano il 65% del suo PIL. Ciò consente al governo del Brunei di fornire servizi medici gratuiti e istruzione gratuita fino al livello universitario. La Casa di Bolkiah, la famiglia reale del Brunei, è rimasta al potere in Brunei per più di sei secoli.

Può essere molto difficile acquisire un permesso di soggiorno permanente per il Brunei, che in genere richiede il superamento di severi test sulla cultura, i costumi e la lingua locali.

Città del Vaticano

  • Regione: Europa occidentale

L’economia della Santa Sede (il governo mondiale della Chiesa cattolica) è sostenuta principalmente attraverso investimenti, entrate immobiliari e donazioni. Lo stato separato della Città del Vaticano è un’area murata di 121 acri all’interno della città di Roma.   La Città del Vaticano se la cava con la vendita di francobolli, monete, medaglie e altri cimeli turistici, i biglietti d’ingresso ai musei e le vendite di pubblicazioni. Nel febbraio 2014, nell’ambito di una campagna di riforma delle finanze della Santa Sede a causa di un crescente deficit, è stata creata la Segreteria dell’Economia per sovrintendere alle operazioni finanziarie e amministrative.

La cittadinanza della Città del Vaticano è limitata alle persone fisiche in queste circostanze specifiche: cardinali residenti nello Stato della Città del Vaticano oa Roma, diplomatici della Santa Sede, residenti autorizzati nello Stato della Città del Vaticano, quelli con autorizzazione papale a risiedere nello Stato, i coniugi e / o figli di cittadini locali.

Isole Cayman

  • Regione: Mar dei Caraibi

Come le Bermuda, le Isole Cayman sono entrambi uno dei territori britannici d’oltremare e sede di un importante centro finanziario offshore. Le Isole Cayman, tuttavia, derivano molto più del loro PIL dal turismo, circa il 70%. Nonostante la sua posizione remota, i residenti godono di un tenore di vita pari a quello della Svizzera.

L’immigrazione alle Isole Cayman non è particolarmente difficile fintanto che si risiede lì da almeno otto anni prima della domanda (anche se non più di nove anni prima della domanda, al di fuori di circostanze specifiche). Ciò richiederà una tassa di deposito di CI $ 1.000 (o $ 1.199,40). Una volta concesso il permesso, è prevista una tariffa annuale basata sul reddito fino a CI $ 12,500 (o $ 14,992,49).

Kuwait

  • Regione: Medio Oriente

Nonostante il settore pubblico impieghi il 74% della popolazione, il Kuwait è fortemente dipendente dal petrolio. Tuttavia, con il petrolio che rappresenta il 92% del suo sostanziale PIL, non sorprende che il Kuwait possa ancora permettersi di non imporre tasse sul reddito ai suoi cittadini. Secondo la CIA, gli stranieri in cerca di lavoro in Kuwait possono diventare vittime del lavoro forzato, in gran parte a causa di una legge sulla sponsorizzazione che rende difficile per i lavoratori sfuggire ai luoghi di lavoro abusivi.

Dal 2013, il governo del Kuwait ha lavorato per ridurre il numero di espatriati al fine di ridurre al minimo la concorrenza per i posti di lavoro di alto livello. Inoltre, agli espatriati di età superiore ai 50 anni è vietato legalmente lavorare nel settore pubblico del Kuwait.

Maldive

  • Regione: Asia meridionale

Sebbene le industrie del turismo e della pesca della nazione insulare abbiano registrato una crescita sostanziale, le Maldive stanno ancora affrontando una montagna di debiti in costante accumulo. Dato che l’80% dell’isola non è più alto di un metro sul livello del mare, c’è anche una crescente preoccupazione per gli effetti sia dell’erosione che dei livelli dell’acqua più elevati causati dal riscaldamento globale. Inoltre, secondo la CIA, sia gli estranei in cerca di lavoro alle Maldive che i residenti locali possono trovarsi vittime di lavori forzati.

La residenza alle Maldive è possibile, anche se è necessario prima acquisire un permesso di lavoro. Questo può essere ottenuto tramite un residente locale o un’azienda tramite il programma di sponsorizzazione. Successivamente, uno diventerà idoneo per un permesso di soggiorno.

Monaco

  • Regione: Europa occidentale

Monaco è una popolare destinazione turistica e, come in molti paesi senza tasse sul reddito, un importante centro bancario. Si noti che alle società verrà addebitata una tassa del 33% sui profitti a meno che i tre quarti dei profitti non vengano generati a Monaco. I residenti locali hanno uno standard di vita simile a quello delle fiorenti aree metropolitane francesi.

Ottenere un permesso di soggiorno a Monaco è costoso. Uno deve possedere o affittare una residenza di qualche tipo, come una casa o un appartamento, e avere un conto in una banca monegasca. Requisiti per un account: un deposito iniziale da € 500.000 a € 1.000.000 (da $ 586.328 a $ 1.159.495).

Nauru

  • Regione: Oceano Pacifico centrale

Nauru era una volta uno dei paesi più ricchi del mondo a causa delle massicce forniture di una specifica risorsa naturale: il fosfato. Attualmente, mentre sono in corso gli sforzi per estrarre “fosfato secondario” per mantenere a galla l’economia, il futuro dell’isola è incerto. Altre fonti di reddito del governo includono le licenze di pesca e l’Australian Regional Processing Centre per i richiedenti asilo.

Presumibilmente Nauru una volta aveva un programma di cittadinanza economica in cui la cittadinanza poteva essere accelerata a pagamento. Tuttavia, se tali informazioni sono mai state disponibili online, non sono più disponibili.

Isola Norfolk

  • Regione: Australia

Originariamente una colonia penale britannica fallita, l’isola di Norfolk fu successivamente reinsediata dai discendenti degli ammutinati dell’HMS Bounty. Il principale motore della crescita economica del territorio esterno australiano è la sua industria del turismo. Piuttosto che dipendere fortemente dalle esportazioni di cibo, l’isola di Norfolk è autosufficiente, producendo carne, pollame e uova.

I cittadini australiani e neozelandesi avranno il tempo più facile per immigrare a Norfolk Island, poiché hanno accesso a un processo esclusivo. I cittadini stranieri che desiderano vivere, lavorare e risiedere lì dovranno compilare e inviare una moltitudine di moduli e documenti.

Oman

  • Regione: Medio Oriente

L’Oman è un altro paese del Medio Oriente che dipende fortemente dal petrolio e dal gas, che genera tra il 68% e l’85% delle entrate del governo. La leadership del paese sta lavorando per diversificare l’economia rafforzando le sue industrie del turismo, della spedizione e della logistica, minerario, manifatturiero e dell’acquacoltura. Il sultano Qaboos bin Said, il monarca regnante più longevo dell’Oman, è morto nel gennaio 2020.

Il governo dell’Oman sta lavorando per creare più posti di lavoro a causa del crescente numero di cittadini stranieri che entrano nel paese.

Pitcairn

  • Regione: Oceano Pacifico

Pitcairn è l’ultimo residuo dell’Impero britannico nel Pacifico meridionale. L’economia di questo territorio britannico d’oltremare ruota principalmente intorno alla pesca, all’agricoltura, all’artigianato e ai francobolli. La popolazione dell’isola è attualmente stimata in sole 50 persone.

Il processo di immigrazione di Pitcairn è sorprendentemente semplice. Tutto ciò che deve essere fatto è compilare un modulo di domanda di transazione, pagare una quota e quindi partecipare a un colloquio con il vice governatore dell’isola.

Qatar

  • Regione: Medio Oriente

Il Qatar condivide molti aspetti con il Kuwait. Anche la sua economia dipende dal petrolio, sebbene nel caso del Qatar il suo settore energetico raccolga ulteriori profitti dal gas naturale. Nonostante ciò, l’industria rappresenta più della metà del PIL del paes. Sfortunatamente, secondo la CIA, un’altra somiglianza che il Qatar condivide con il suo paese del Medio Oriente è che è un luogo in cui molti lavoratori sono soggetti al lavoro forzato.

Coloro che desiderano risiedere e lavorare in Qatar dovranno essersi già assicurati una posizione presso un’azienda locale, oltre a ottenere l’autorizzazione della polizia dalla loro nazione natale.  Nel 2017, il Qatar ha sostituito i requisiti per i visti per i visitatori di oltre 80 paesi, inclusi gli Stati Uniti, con un sistema di esenzione. Ciò significa che i visitatori possono arrivare senza visto e rimanere per 30 o 90 giorni, a seconda dell’origine nazionale.

Saint Barthélemy

  • Regione: Indie occidentali

Dopo essere stata scambiata tra Francia e Svezia dal 1648 al 1877, Saint Barthélemy è diventata una collettività francese d’oltremare nel 2007. L’economia dell’isola ruota principalmente intorno al turismo e al commercio di lusso, con il primo responsabile della maggior parte dell’occupazione locale. Il costo della vita è notevolmente elevato.

Saint Barthélemy è diventata un territorio d’oltremare dell’UE nel 2012.

Saint Kitts e Nevis

  • Regione: Indie occidentali

L’economia di Saint Kitts e Nevis si basa sul turismo, un’industria che ha sostituito il pilastro originale, lo zucchero, nel 1970. In effetti, il governo ha chiuso l’industria dello zucchero nel 2005 dopo aver operato in perdita per diversi decenni. Nonostante gli sforzi per diversificare il suo settore agricolo, Saint Kitts e Nevis ha uno dei rapporti debito / PIL più alti al mondo.

Come soluzione parziale ai suoi problemi monetari, Saint Kitts e Nevis fornisce programmi di cittadinanza economica per i cittadini stranieri. Gli espatriati possono ottenere la residenza attraverso investimenti finanziari nell’isola.

Somalia

  • Regione: Africa

Dal crollo del regime autoritario di Siad Barre nel 1991, la Somalia è stata afflitta da combattimenti tra fazioni e attualmente manca di un governo nazionale efficace. Ci sono stati due governi ad interim: il governo nazionale di transizione nel 2000, seguito dal governo federale di transizione nel 2004. Il paese ha un’economia informale composta principalmente da bestiame, società di trasferimento di denaro e telecomunicazioni.

Nel 2015, il governo federale della Somalia ha approvato una nuova politica per limitare la dipendenza del paese dalle nazioni straniere e aprire più posti di lavoro per la forza lavoro locale.

Le Bahamas

  • Regione: Indie occidentali

Il turismo rappresenta la metà del PIL e della forza lavoro delle Bahamas. Il settore dei servizi finanziari dell’Arcipelago, che rappresenta il 15% del PIL, è considerato il secondo per importanza. Inoltre, le Bahamas sono l’unico paese dell’emisfero occidentale che non fa parte dell’Organizzazione mondiale del commercio.

Come parte dell’Immigration Act delle Bahamas, l’immigrazione è possibile per gli investitori stranieri tramite un acquisto di proprietà residenziali di almeno B $ 500.000 ($ 500.217), a condizione che si dimostri di avere mezzi sufficienti per sostenere se stessi ed eventuali persone a carico e quindi risieda nel paese per un massimo di 10 anni.

Gli Emirati Arabi Uniti

  • Regione: Medio Oriente

Sebbene gli Emirati Arabi Uniti abbiano a lungo derivato la maggior parte della loro ricchezza dal petrolio e dal gas naturale, questo paese mediorientale ha diversificato con successo la sua economia al punto che il settore energetico rappresenta solo il 30% del suo PIL. Ora le industrie e il settore dei servizi rappresentano ciascuno quasi la metà del PIL totale degli Emirati Arabi Uniti. Il paese ha un elevato tenore di vita e c’è stato un recente aumento della spesa per la creazione di posti di lavoro e l’espansione delle infrastrutture.

Parte del piano strategico degli Emirati Arabi Uniti per i prossimi anni è la creazione di ulteriori opportunità di lavoro per i cittadini stranieri.  Per lavorare negli Emirati Arabi Uniti, un espatriato deve essere sponsorizzato da un residente locale o da un’azienda tramite il programma di sponsorizzazione di Kafala . Tuttavia, i visti vengono concessi solo temporaneamente e dovranno essere rinnovati. La perdita dei posti di lavoro sponsorizzati significherà dover lasciare il paese.

Isole Turks e Caicos

  • Regione: Indie occidentali

Le Isole Turks e Caicos sono rimaste un territorio britannico d’oltremare dal 1962, anche dopo essere diventate brevemente indipendenti nel 1982. L’economia di queste isole ruota fortemente intorno al turismo, ai servizi finanziari e alla pesca. Il settore dei servizi rappresenta oltre il 90% del PIL totale.

Per avere diritto a un permesso di soggiorno, è necessario essere “indipendenti”, affittare / possedere una casa, essere in grado di investire fino a $ 500.000 o essere sposati con un residente locale. Coloro che soddisfano uno dei criteri di cui sopra devono semplicemente presentare un modulo di domanda al direttore dell’immigrazione e pagare una tassa relativamente piccola.

Vanuatu

  • Regione: Oceano Pacifico meridionale

Contrariamente alla tipica economia dell’isola in questo elenco, oltre un quarto del PIL di Vanuatu deriva dall’agricoltura, che impiega circa due terzi della popolazione. Detto questo, anche il turismo, i servizi finanziari offshore e la pesca sono settori importanti. Dopo che il turismo ha subito un duro colpo a causa dei danni causati dal ciclone Pam, il governo ha lavorato per rafforzare il settore, oltre a incrementare l’allevamento del bestiame.

Il percorso verso la cittadinanza di Vanuatu è semplice, anche se un po ‘costoso. Dopo aver completato il processo di autorizzazione FIU iniziale, che include una quota di $ 10.000, è necessario effettuare una donazione di $ 135.000 a una singola persona o $ 185.000 a una famiglia di quattro persone attraverso il Vanuatu Development Support Program.

Wallis e Futuna

  • Regione: Oceano Pacifico meridionale

Come Vanuatu, l’80% dei guadagni di Wallis e Futuna derivano dall’agricoltura, oltre che dal bestiame e dalla pesca. Il settore pubblico è il più grande datore di lavoro in questa collettività francese d’oltremare, rappresentando il 70% della popolazione, sebbene circa due terzi non siano retribuiti. La Francia è responsabile del finanziamento del settore pubblico, nonché dei servizi sanitari e educativi.

Poiché Wallis e Futuna sono una collettività francese, le condizioni di accesso sono identiche a quelle in Francia.

Sahara occidentale

  • Regione: Nord Africa

Il Sahara occidentale è un territorio non autonomo con un’economia di mercato, le cui industrie principali sono la pesca, l’estrazione di fosfati, il turismo e il nomadismo pastorale. A causa del suo status giuridico irrisolto, le risorse naturali del Sahara occidentale sono spesso a rischio di sfruttamento.

Come parte di uno sforzo per integrare il Sahara occidentale nel Regno marocchino, il Marocco ha stabilito una presenza militare sostanziale nel territorio e ha offerto incentivi ai suoi cittadini per immigrarvi.