Proposto per la prima volta dalla Commissione nel gennaio 2016 l’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali è stato continuamente aggiornato(Evoluzione della lista UE (scheda informativa) Inglese)
Il processo di monitoraggio segue una serie di linee guida procedurali concordate nel febbraio 2018.
Senza modificare il processo di monitoraggio dinamico, nel marzo 2019 il Consiglio ha deciso di limitare gli aggiornamenti dell’elenco a due volte l’anno a partire dal 2020, per concedere agli Stati membri dell’UE tempo sufficiente per modificare la legislazione nazionale ove necessario.
All’indirizzo https://www.consilium.europa.eu/it/policies/eu-list-of-non-cooperative-jurisdictions/timeline-eu-list-of-non-cooperative-jurisdictions/ è possibile consultare la Cronistoria – Lista UE delle giurisdizioni non cooperative
Con decisione dell’8 ottobre 2024 il Consiglio UE ha aggiornato la Black List dell’Unione Europea, individuati sulla base delle indagini portate avanti dalla Commissione UE.
La scelta della nuova lista dei paradisi fiscali è stata stilata esaminando la posizione di numerosi Paesi alla luce dei seguenti criteri:
trasparenza fiscale e scambio di informazioni;
presenza di regimi fiscali privilegiati e non necessità dei requisiti di sostanza economica delle attività;
sistemi con imposizione inconsistente o uguale a zero.
Di seguito vengono indicati i nuovi Paesi della Black List UE:
Samoa americane
Anguilla
Figi
Guam
Palau
Panama
Russia
Samoa
Trinidad e Tobago
Isole Vergini degli Stati Uniti
Vanuatu
Tra queste: Anguilla,Panama, Russia, Samoa, e Vanuatu figurano nell’ELENCO AGGIORNATO AL 16 MAGGIO 2024 DEGLI STATI CHE HANNO ADERITO AL COMMON REPORTING STANDARD (CRS) : scambio automatico di informazioni tra le autorità fiscali sulle attività finanziarie detenute dai contribuenti
Quindi le giurisdizioni che figurano nella Black List UE al 8 ottobre 2024 che non hanno aderito al CRS sono:
La LEGGE 29 dicembre 2022, n. 197 – “Legge di Bilancio 2023” (art. 1 commi da 84 a 86) ha introdotto le disposizioni in materia di deducibilità nei limiti del loro valore normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali ( giurisdizioni individuate nell’allegato I alla lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali, adottata con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea).
« 9-bis. Le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni, che hanno avuto concreta esecuzione, intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali sono ammessi in deduzione nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 9 (Art. 9 comma 3 del TUIR: Per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo piu’ prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.). Si considerano Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali le giurisdizioni individuate nell’allegato I alla lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali, adottata con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea.
9-ter. Le disposizioni del comma 9-bis non si applicano quando le imprese residenti in Italia forniscono la prova che le operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione. Le spese e gli altri componenti negativi deducibili ai sensi del primo periodo del presente comma e ai sensi del comma 9-bis sono separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi. L’Amministrazione, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito avviso con il quale e’ concessa al medesimo la possibilita’ di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove di cui al primo periodo. Ove l’Amministrazione non ritenga idonee le prove addotte, deve darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento. A tale fine, il contribuente puo’ interpellare l’Agenzia delle entrate ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212..
9-quater. Le disposizioni dei commi 9-bis e 9-ter non si applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti cui risulti applicabile l’articolo 167, concernente disposizioni in materia di imprese estere controllate.
9-quinquies. Le disposizioni dei commi 9-bis e 9-ter si applicano anche alle prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Paesi o territori individuati ai sensi dello stesso comma 9-bis ».
Come abbiamo visto ai sensi del novellato articolo 110 (Norme generali sulle valutazioni), comma 9-bis e seguenti del TUIR Tuir, le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni, che hanno avuto concreta esecuzione, intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali (giurisdizioni individuate nell’allegato I alla lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali, adottata con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea) sono ammessi in deduzione nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 9 del Tuir.
L’Art. 9 comma 3 del TUIRrecita: “Per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo piu’ prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.”
Il comma 9-quinquies del novellato articolo 110 (Norme generali sulle valutazioni) del TUIR dispone che le disposizioni in oggetto si applicano anche alle prestazioni di servizi rese da professionisti domiciliati in Paesi o territori non collaborativi.
Il comma 9-ter dell’articolo 110 del TUIR prevede che le disposizioni del comma 9-bis non si applicano quando le imprese residenti in Italia forniscono la prova
che le operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico e
Nello specifico il comma 7-bis. non ammetteva in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati ed il comma 7-ter prevedeva che le disposizioni di cui al comma 7-bis non si applicano quando le imprese residenti in Italia fornivano la prova che le operazioni poste in essere
rispondevano ad un effettivo interesse economico e
che le stesse avevano avuto concreta esecuzione
Successivamente, dal 01/01/2004 Le norme generali sulle valutazioni sono state inserite nell’art.110 del TUIR ed i commi d’interesse sono diventati 10 e 11, abrogati, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, dall’art. 1, comma 142, lett. a) legge 28 dicembre 2015 n. 208).
Con RISOLUZIONE N.46/E del 16 marzo 2004 l’amministrazione è stata chiamata ad esprimersi sulla disapplicazione delle disposizioni di cui all’articolo 76, comma 7-bis, sulla base delle condizioni previste dal successivo comma 7-ter
Nella RISOLUZIONE N.46/E del 16 marzo 2004 si legge: “il contribuente interessato a disapplicare l’articolo 110, comma 10, è ammesso a dimostrare la sussistenza di un effettivo interesse economico all’effettuazione di ciascuna operazione intrattenuta con detti fornitori. Dovrà pertanto acquisire e conservare tutti i documenti utili per poter risalire alla logica economica sottesa alla scelta di instaurare rapporti commerciali con un fornitore residente in un paese a fiscalità privilegiata. E’ utile sottolineare come tale scelta imprenditoriale deve essere sorretta da una valida giustificazione di tipo economico a beneficio della specifica attivitàimprenditoriale, connessa – in modo particolare – con l’entità del prezzo praticato, la qualità dei prodotti forniti e la tempistica e puntualità della consegna.”
Il comma 9-ter dell’articolo 110 del TUIR prevede che le spese e gli altri componenti negativi
derivanti da operazioni che hanno avuto concreta esecuzione,
intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Paesi o territori non cooperativi ai fini fiscali,
deducibili nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 9 del Tuir
devono essere separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi.
Il comma 9-quater dell’articolo 110 del TUIR prevede che le disposizioni dei commi 9-bis e 9-ter non si applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti cui risulti applicabile l’articolo 167, concernente disposizioni in materia di imprese estere controllate (Controlled Foreign Companies (CFC).
Proposto per la prima volta dalla Commissione nel gennaio 2016 l’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali è stato continuamente aggiornato(Evoluzione della lista UE (scheda informativa) Inglese)
Il processo di monitoraggio segue una serie di linee guida procedurali concordate nel febbraio 2018.
Senza modificare il processo di monitoraggio dinamico, nel marzo 2019 il Consiglio ha deciso di limitare gli aggiornamenti dell’elenco a due volte l’anno a partire dal 2020, per concedere agli Stati membri dell’UE tempo sufficiente per modificare la legislazione nazionale ove necessario.
All’indirizzo https://www.consilium.europa.eu/it/policies/eu-list-of-non-cooperative-jurisdictions/timeline-eu-list-of-non-cooperative-jurisdictions/ è possibile consultare la Cronistoria – Lista UE delle giurisdizioni non cooperative
Con decisione dell’8 ottobre 2024 il Consiglio UE ha aggiornato la Black List dell’Unione Europea, individuati sulla base delle indagini portate avanti dalla Commissione UE.
La scelta della nuova lista dei paradisi fiscali è stata stilata esaminando la posizione di numerosi Paesi alla luce dei seguenti criteri:
trasparenza fiscale e scambio di informazioni;
presenza di regimi fiscali privilegiati e non necessità dei requisiti di sostanza economica delle attività;
sistemi con imposizione inconsistente o uguale a zero.
Di seguito vengono indicati i nuovi Paesi della Black List UE:
Samoa americane
Anguilla
Figi
Guam
Palau
Panama
Russia
Samoa
Trinidad e Tobago
Isole Vergini degli Stati Uniti
Vanuatu
Tra queste: Anguilla,Panama, Russia, Samoa, e Vanuatu figurano nell’ELENCO AGGIORNATO AL 16 MAGGIO 2024 DEGLI STATI CHE HANNO ADERITO AL COMMON REPORTING STANDARD (CRS) : scambio automatico di informazioni tra le autorità fiscali sulle attività finanziarie detenute dai contribuenti
Quindi le giurisdizioni che figurano nella Black List UE al 8 ottobre 2024 che non hanno aderito al CRS sono:
Proposto per la prima volta dalla Commissione nel gennaio 2016 l’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali è stato continuamente aggiornato(Evoluzione della lista UE (scheda informativa) Inglese)
Il processo di monitoraggio segue una serie di linee guida procedurali concordate nel febbraio 2018.
Senza modificare il processo di monitoraggio dinamico, nel marzo 2019 il Consiglio ha deciso di limitare gli aggiornamenti dell’elenco a due volte l’anno a partire dal 2020, per concedere agli Stati membri dell’UE tempo sufficiente per modificare la legislazione nazionale ove necessario.
Il 14 febbraio 2023 gli Stati membri dell’UE hanno concordato l’ultimo aggiornamento dell’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali. A seguito dell’aggiornamento, l’allegato I dell’elenco UE è composto da 16 giurisdizioni a causa della loro mancanza di impegno a migliorare la loro buona governance fiscale o della mancanza di progressi nel rispetto dei loro precedenti impegni.
La prossima revisione è prevista per ottobre 2023.
Isole Vergini britanniche, Costa Rica, Isole Marshall e Russia aggiunte all’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali
Elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali
La lista dell’UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali fa parte del lavoro dell’UE per combattere l’evasione e l’elusione fiscale. È composto da paesi che non hanno rispettato i propri impegni di rispettare i criteri di buona governance fiscale entro un determinato periodo di tempo e paesi che si sono rifiutati di farlo.
Sia all’interno dell’UE che a livello internazionale, l’UE si adopera per promuovere e rafforzare i meccanismi di buona governance fiscale , una tassazione equa e la trasparenza fiscale globale al fine di contrastare la frode, l’evasione e l’elusione fiscali.
Data la natura globale della concorrenza fiscale sleale, ciò significa anche affrontare le sfide esterne alle basi imponibili dei paesi dell’UE.
Lo scopo dell’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative, che è pubblicato come allegato alle conclusioni adottate dal Consiglio Ecofin (allegato I) , non è quello di nominare e svergognare i paesi, ma di incoraggiare un cambiamento positivo nella loro legislazione e prassi fiscale attraverso cooperazione.
Le giurisdizioni che non rispettano ancora tutti gli standard fiscali internazionali ma si sono impegnate ad attuare le riforme sono incluse in un documento sullo stato di avanzamento (allegato II).
Una volta che una giurisdizione soddisfa tutti i suoi impegni, il suo nome viene rimosso dall’allegato.
L’elenco adottato dal Consiglio il 14 febbraio 2023 è composto da:
Samoa americane
Anguilla
Bahamas
Isole Vergini Britanniche
Costa Rica
Figi
Guam
Isole Marshall
Palau
Panama
Russia
Samoa
Trinidad e Tobago
Isole Turks e Caicos
Isole Vergini americane
Vanuatu
Motivi per aggiungere Isole Vergini britanniche, Costa Rica, Isole Marshall e Russia
Questa lista riveduta dell’UE di giurisdizioni fiscali non cooperative (allegato I) include paesi che non hanno avviato un dialogo costruttivo con l’UE sulla governance fiscale o non hanno rispettato i loro impegni di attuare le necessarie riforme. Tali riforme dovrebbero mirare a rispettare una serie di criteri oggettivi di buona governance fiscale , che includono trasparenza fiscale, tassazione equa e attuazione di norme internazionali volte a prevenire l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili .
Il gruppo del codice di condotta, l’organo del Consiglio dell’UE che prepara gli aggiornamenti dell’elenco, sta collaborando strettamente con organismi internazionali come l’FHTP per promuovere la buona governance fiscale in tutto il mondo.
Per le Isole Marshall , si teme che questa giurisdizione che ha un’aliquota pari a zero o solo nominale dell’imposta sul reddito delle società attiri profitti senza un’attività economica reale (criterio 2.2 dell’elenco UE). In particolare, le Isole Marshall sono risultate carenti nell’applicazione dei requisiti di sostanza economica. Le Isole Marshall sono state elencate già una volta, nel 2018.
Le Isole Vergini britanniche sono elencate perché non sono risultate sufficientemente conformi allo standard OCSE sullo scambio di informazioni su richiesta (criterio 1.2). Questa è la prima volta che questa giurisdizione viene elencata.
Per la prima volta da quando l’elenco è stato istituito, il Costa Rica è incluso perché non ha adempiuto al suo impegno di abolire o modificare gli aspetti dannosi del suo regime di esenzione dal reddito di fonte estera (criterio 2.1).
La Russia è inclusa nell’elenco dopo che il gruppo del codice di condotta ha vagliato la nuova legislazione russa adottata nel 2022 rispetto ai criteri di buona governance fiscale del codice e ha rilevato che la Russia non aveva adempiuto al suo impegno di affrontare gli aspetti dannosi di un regime speciale per le società holding internazionali (criterio 2.1 ). Inoltre, il dialogo con la Russia su questioni relative alla tassazione si è interrotto a seguito dell’aggressione russa contro l’Ucraina.
Documento sullo stato di avanzamento (allegato II)
Oltre all’elenco delle giurisdizioni fiscali non cooperative, il Consiglio ha approvato il consueto documento sullo stato di avanzamento (allegato II) che riflette la cooperazione in corso dell’UE con i suoi partner internazionali e gli impegni di questi paesi a riformare la loro legislazione per aderire alle norme fiscali concordate norme di buon governo. Il suo scopo è riconoscere il lavoro costruttivo in corso nel campo della tassazione e incoraggiare l’approccio positivo adottato dalle giurisdizioni cooperative per attuare i principi della buona governance fiscale.
Barbados, Giamaica, Macedonia del Nord e Uruguay hanno rispettato i loro impegni e potrebbero quindi essere rimossi dal documento sullo stato di avanzamento (allegato II).
A Hong Kong e alla Malaysia è stata concessa una proroga del termine per completare la riforma dei loro regimi di esenzione dal reddito di fonte estera per quanto riguarda le plusvalenze.
Anche al Qatar è stata concessa una proroga perché ha dovuto affrontare vincoli di riforma costituzionale per completare la sua riforma in tempo.
L’allegato II contiene anche due nuovi impegni nel contesto dei lavori del Forum globale: sia Aruba che Curaçao si sono impegnate a migliorare le decisioni del Forum globale per quanto riguarda lo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari. Anche il Belize e Israele hanno assunto questo impegno, ma figuravano già nell’allegato II per altri criteri.
L’Albania si è impegnata a modificare o abolire il suo regime potenzialmente dannoso.
Il resto dell’allegato II rimane invariato.
Quindi dal 14 febbraio 2023 la lista nera conta 16 giurisdizioni, mentre la lista grigia 18
Per essere considerate cooperative ai fini fiscali, le giurisdizioni sono vagliate in base a una serie di criteri:
Trasparenza fiscale
Fiscalità equa
Misure anti-BEPS
Trasparenza fiscale
le giurisdizioni dovrebbero scambiare dati fiscali con tutti gli Stati membri dell’UE attraverso lo scambio automatico di informazioni fiscali (AEOI), tramite il sistema comune di segnalazione (CRS) istituito dall’OCSE o tramite dispositivi equivalenti
le giurisdizioni dovrebbero anche essere in grado di scambiare informazioni fiscali su richiesta (EOIR)
le giurisdizioni dovrebbero essere parte della Convenzione multilaterale dell’OCSE sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale o disporre di una rete di accordi di scambio che copra tutti gli Stati membri dell’UE
l’aspetto della titolarità effettiva sarà incorporato in una fase successiva
Fiscalità equa
le giurisdizioni non dovrebbero avere misure fiscali preferenziali dannose
le giurisdizioni non dovrebbero facilitare strutture o accordi offshore che cercano di attrarre profitti senza alcuna attività economica reale
Misure anti-BEPS
le giurisdizioni dovrebbero impegnarsi ad attuare gli standard minimi anti-BEPS dell’OCSE, che riguardano le misure fiscali dannose, lo shopping dei trattati, la rendicontazione paese per paese e la risoluzione delle controversie
le giurisdizioni dovrebbero ricevere valutazioni positive di peer review per l’effettiva attuazione dello standard minimo anti-BEPS sulla segnalazione paese per paese
Nel novembre 2016 il Consiglio ha incaricato il gruppo “Codice di condotta (tassazione delle imprese)” , un gruppo speciale istituito dal Consiglio, di svolgere i lavori preparatori per la creazione dell’elenco.
Il gruppo Codice di condotta ha iniziato con lo screening di 92 giurisdizioni, selezionate sulla base di:
loro legami economici con l’UE
loro stabilità istituzionale
l’importanza del settore finanziario del paese
La relazione di screening e valutazione del gruppo è stata presentata al Consiglio e, sulla base della relazione, il 5 dicembre 2017 è stato adottato il primo elenco dell’UE. L’elenco (allegato I delle conclusioni del Consiglio) comprendeva 17 paesi o territori non appartenenti all’UE . Queste giurisdizioni non avevano assunto impegni sufficienti in risposta alle preoccupazioni dell’UE.
Ad accompagnare l’elenco c’era un documento sullo stato di avanzamento (allegato II) che indicava quali giurisdizioni avevano risposto con impegni sufficienti. Queste giurisdizioni avrebbero dovuto intraprendere azioni efficaci entro la fine del 2018, o in alcuni casi nel 2019, per evitare di essere quotate in futuro.
Gruppo Codice di condotta (Tassazione delle imprese) – Code of Conduct Group
Il gruppo “Codice di condotta”, assistito dal Segretariato generale del Consiglio (General Secretariat of the Council (GSC))., svolge lavori tecnici, screening e valutazioni delle giurisdizioni di paesi terzi sulla base dei criteri di screening e dell’ambito geografico concordato al fine di preparare le revisioni dell’elenco UE .
Da quando è stato istituito per la prima volta nel 2017, l’elenco è stato aggiornato regolarmente e rivisto a seguito del monitoraggio dinamico delle misure attuate dalle giurisdizioni per rispettare i loro impegni.
Si tratta di un processo continuo che comprende:
aggiornamento dei criteri in linea con gli standard fiscali internazionali
screening dei paesi in base a questi criteri
impegnarsi con i paesi che non si conformano
elencare e cancellare dall’elenco i paesi che intraprendono (o non intraprendono) le riforme
monitorare gli sviluppi per garantire che le giurisdizioni non facciano marcia indietro sulle precedenti riforme
Il processo di monitoraggio segue una serie di linee guida procedurali concordate nel febbraio 2018.
Senza modificare il processo di monitoraggio dinamico, nel marzo 2019 il Consiglio ha deciso di limitare gli aggiornamenti dell’elenco a due volte l’anno a partire dal 2020, per concedere agli Stati membri dell’UE tempo sufficiente per modificare la legislazione nazionale ove necessario.
L’ultima revisione è avvenuta nel febbraio 2023. La prossima revisione è prevista per ottobre 2023.
Misure difensive e altre normative e politiche pertinenti dell’UE
Affinché l’elenco dell’UE sia efficace, è importante che gli Stati membri dell’UE mettano in atto misure difensive efficaci nelle aree non fiscali e fiscali. Le misure difensive aiutano a proteggere le loro entrate fiscali ea combattere la frode, l’evasione e gli abusi fiscali .
Nell’approvare la lista UE, il Consiglio ha ritenuto che: “Misure difensive efficaci e proporzionate, sia in ambito non tributario che tributario, potrebbero essere applicate dall’UE e dagli Stati membri nei confronti delle giurisdizioni non cooperative, purché rientrino in tale elenco.”
Per quanto riguarda le aree non fiscali, il Consiglio ha invitato le istituzioni e gli Stati membri dell’UE a tenere conto dell’elenco dell’UE in:
politica estera
Cooperazione per lo sviluppo
relazioni economiche con paesi terzi
Inoltre, alcune norme di finanziamento dell’UE ora fanno esplicito riferimento all’elenco. I fondi provenienti da diversi strumenti dell’UE non possono essere convogliati attraverso entità nei paesi elencati, compresi i fondi provenienti da:
Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile (EFSD)
Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS)
Mandato di prestito esterno (ELM)
Quadro generale per la cartolarizzazione
Nelle sue conclusioni del 12 marzo 2019, il Consiglio ha accolto con favore il fatto che l’elenco “viene preso in considerazione dalla Commissione europea nell’attuazione delle operazioni di finanziamento e di investimento dell’UE”.
Gli Stati membri dell’UE hanno un ampio potere discrezionale sul tipo e sulla portata delle misure difensive che applicano in ambito fiscale. Questi dipendono in gran parte dai loro sistemi fiscali nazionali. Tuttavia, esiste un certo grado di coordinamento.
Misure nazionali
Nel dicembre 2017 i paesi dell’UE hanno concordato di applicare almeno una delle seguenti misure amministrative :
monitoraggio rafforzato delle transazioni
maggiori controlli di rischio per i contribuenti che beneficiano di regimi quotati
maggiori controlli di rischio per i contribuenti che utilizzano regimi fiscali che prevedono regimi quotati
Il 5 dicembre 2019 il Consiglio ha approvato orientamenti su un ulteriore coordinamento. Gli Stati membri si sono inoltre impegnati, a partire dal 1° gennaio 2021, a utilizzare la lista UE nell’applicazione di almeno una delle quattro misure legislative specifiche :
indeducibilità delle spese sostenute in una giurisdizione elencata
norme sulle società estere controllate (CFC), per limitare il differimento artificiale dell’imposta a entità offshore a bassa tassazione
misure di ritenuta d’acconto (WHT), per affrontare esenzioni o rimborsi impropri
limitazione dell’esenzione di partecipazione sui dividendi degli azionisti
Attualmente, 26 Stati membri applicano o hanno adottato misure per applicare almeno una delle quattro misure difensive concordate negli orientamenti del 2019. Di questi 26 Stati membri, 16 applicano almeno due delle quattro misure.
Ad oggi, 21 Stati membri hanno applicato misure difensive di natura sia amministrativa che legislativa alle giurisdizioni menzionate nella lista UE, mentre tre Stati membri hanno applicato misure difensive in conformità con il loro processo di quotazione nazionale, che attualmente include tutti o quasi tutti i giurisdizioni menzionate nell’allegato I delle conclusioni del Consiglio che istituiscono la lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali.
Anche la recente legislazione dell’UE fa esplicito riferimento all’elenco. Ad esempio, nel 2018 sono state concordate norme di trasparenza dell’UE per gli intermediari fiscali. Tali norme hanno introdotto nuovi obblighi di segnalazione per i regimi fiscali che coinvolgono i paesi elencati. Si applicano a partire dal 1° luglio 2020.
I Paradisi Fiscali e le Black List nella vigente normativa
In primis una precisazione: il termine “paradisi fiscali” è una “inesatezza” tutta italiana, frutto di un errore di traduzione dell’espressione inglese “tax haven”, “rifugio fiscale”, confusa con la parola “heaven”, “paradiso”.
Generalmente sono designati come “paradisi fiscali” territori sovrani e Paesi che usano la leva fiscale e altre misure di politica economica per attrarre capitali e investimenti nel settore finanziario e dei servizi.
Questi Paesi e territori offrono agli investitori esteri:
un ambiente di non tassazione o di imposizione puramente nominale;
regole giuridiche ed amministrative particolarmente “facilitative”;
in genere, a causa del segreto bancario particolarmente rigoroso, le attività svolte non sono, in generale, oggetto di scambio di informazioni con altri paesi.
Potremmo stilare una classificazione dei paesi inseriti nelle black list, in base alla tipologia di tassazione o regime adottato:
Pure Tax Haven: non ci sono tasse e garantisce l’assoluto segreto bancario anche con altri stati (i cosidetti PARADISI FISCALI);
No taxation on foreign income: sono esclusi da ogni tassazione i redditi esterni, e si tassa solo il reddito interno;
Low taxation: tassazione modesta su qualunque reddito;
Special Taxation: paesi con regimi fiscale simile a quello dei paesi considerati “normali”, ma che permettono la costituzione di società flessibili.
Nel 1998 l’OCSE ha pubblicato il rapporto “Harmful Tax Competition“, con lo scopo di studiare come i c.d. “paradisi fiscali” e i “regimi fiscali preferenziali dannosi”, indicando le “pratiche fiscali dannose” .
Il Rapporto OCSE “Towards Global Tax Co-operation” del 2000 ha identificato e valutato i regimi fiscali dannosi, elencando tutti i
regimi fiscali preferenziali che allora potevano essere considerati come “potenzialmente” dannosi. I regimi, identificati, erano 47.
L’art. 26 del Modello OCSE ha sempre rappresentato lo standard internazionale per lo scambio di informazioni tributarie tra Stati: la sua prima versione apparve nel Modello del 1963, e da allora sono stati più volte modificati sia la lettera dell’articolo che il Commentario.
Nel 2005 sono stati aggiunti, all’art. 26 i parr. 4 e 5, con lo scopo principale di impedire allo Stato destinatario della richiesta di scambio di opporre determinate tipologie di legislazione nazionale.
L’informazione richiesta non può essere negata:
solo perché lo Stato alla quale è richiesta non ha un interesse proprio nello scambio;
perché l’informazione è detenuta da un istituto bancario, un’istituzione finanziaria, “un’agenzia”, ovvero una fiduciaria (con il chiaro intento dell’OCSE di contrastare il segreto bancario).
Nel 2009, al verice di Londra, il G20 ha dichiarato la fine del segreto bancario.
A seguito di questa decisione l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) pubblicò due elenchi:
nella black list: Costa Rica, Malaysia, Filippine, Uruguay;
nella “lista grigia” furono inclusi, invece, 38 paesi tra cui Lussemburgo, Svizzera, Austria, Belgio, Singapore, Cile e isole Cayman, Liechtenstein Liechtenstein, Antille olandesi, Belgio e Principato di Monaco, Paesi che, pur essendosi impegnati a rispettare le regole dell’Ocse non le hanno “in sostanza” applicate. I G20 hanno deciso che ci saranno sanzioni contro quei paesi che non forniscono le informazioni richieste, oltre all’irrigidimento dei vincoli amministrativi e il divieto per gli stati membri di depositare i loro fondi in questi paesi.
Un forte “colpo” ai Paradisi fiscali è stato inferto, dal 2014, anno delle sua introduzione, dal CRS. Il Common Reporting Standard (CRS); è uno standard informativo, sviluppato dall’OCSE, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD) ), per lo scambio automatico di informazioni, (Automatic Exchange Of Information (AEOI)), a livello globale, tra le autorità fiscali, rivolto a facilitare i controlli anti-evasione,sulle attività finanziarie detenute dai contribuenti .
Introdotto nell’Unione Europea dalla Direttiva 2014/107/UE (DAC 2), questo standard di raccolta e condivisione di dati sui conti esteri, secondo la lista aggiornata al 10 Dicembre 2020, vede impegnati, 110 Stati.
La pagina RAPPORTI DI SCAMBIO ATTIVATI PER INFORMAZIONI CRS (Ultimo aggiornamento: dicembre 2020) del sito OCSE( (Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD)) mostra tutte le relazioni di scambio bilaterali attualmente in essere per lo scambio automatico di informazioni CRS ai sensi dell’articolo 6 della convenzione multilaterale e del CRS MCAA (Multilateral Competent Authority Agreement), nonché nel quadro dell’UE. Inoltre, alcune giurisdizioni hanno concluso accordi bilaterali per lo scambio di informazioni CRS nell’ambito di trattati fiscali bilaterali o accordi sullo scambio di informazioni fiscali.
A partire da ottobre 2022, sono oltre 4900 i rapporti di scambio bilaterali attivati rispetto a oltre 110 giurisdizioni impegnate nel CRS.
Per l’Italia risultano attive 75 relazioni di scambio bilaterali.
Proposto per la prima volta dalla Commissione nel gennaio 2016 l’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali è stato continuamente aggiornato (c.d. Black List UE)(Evoluzione della lista UE (scheda informativa) Inglese)
Il processo di monitoraggio segue una serie di linee guida procedurali concordate nel febbraio 2018.
Senza modificare il processo di monitoraggio dinamico, nel marzo 2019 il Consiglio ha deciso di limitare gli aggiornamenti dell’elenco a due volte l’anno a partire dal 2020, per concedere agli Stati membri dell’UE tempo sufficiente per modificare la legislazione nazionale ove necessario.
La lista dei Paesi Black List, rappresenta un elenco di Paesi in cui:
è in vigore un regime fiscale privilegiato, la cui caratteristica principale sta nell’avere un livello di tassazione molto basso oppure nullo:
non è stato previsto alcun meccanismo di scambio di informazioni fiscali con altri Paesi.
I ministri delle finanze dell’Unione Europea aggiornano costantemente la Black List delle giurisdizioni fiscali non cooperative sulla base di un intenso processo di analisi e di dialogo guidato dalla Commissione. L’elenco si è dimostrato altamente efficace, poiché molti paesi hanno modificato la propria legislazione e i propri sistemi fiscali per conformarsi alle norme internazionali. La Commissione ha valutato 92 paesi sulla base di tre criteri:
Trasparenza fiscale;
Buona governance;
Attività economica reale.
Oltre a questi criteri è stata verificata anche l’esistenza di un’aliquota dell’imposta sulle società pari a zero.
L’elenco adottato dal Consiglio il 14 febbraio 2023 è composto da:
Quindi le giurisdizioni che figurano nella Black List UE al 14 febbraio 2023 che non hanno a CRS sono:
Samoa americane;
Figi;
Guam;
Palau;
Isole Vergini degli Stati Uniti.
Di fatto la black list non ha nessun valore coercitivo: semplicemente i paesi in essa inclusi non potranno ricevere aiuti dall’Unione Europea, a meno che non si tratti di aiuti allo sviluppo. Imprese e privati potranno continuare ad avere rapporti con questi stati senza rischiare nessuna sanzione a livello europeo. La Commissione Europea, però, incoraggia i singoli stati membri, se lo riterranno necessario, a mettere in atto sanzioni più stringenti .
La LEGGE 29 dicembre 2022, n. 197 – “Legge di Bilancio 2023” (art. 1 commi da 84 a 86) ha introdotto disposizioni in materia di deducibilità nei limiti del loro valore normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali ( giurisdizioni individuate nell’allegato I alla lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali, adottata con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea).
L’elenco dei Paesi extra UE cosiddetti “black list” aiuta i soggetti coinvolti nella protezione del sistema finanziario UE a individuare con maggiore efficacia i rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (FdT).
L’elenco vale sia per gli Intermediari finanziari che per i Professionisti (anche in forma associata o societaria) – CED e ogni altro soggetto che rende in maniera professionale, anche per i propri associati o iscritti, servizi in materia di contabilità e tributi (compresi associazioni di categoria di imprenditori e commercianti, CAF e patronati).
In particolare, nel DECRETO LEGISLATIVO 21 novembre 2007, n. 231 sono contemplati gli obblighi di adeguata verifica rafforzata della clientela e le relative modalità di esecuzione.
In essi si prevede che i soggetti obbligati, in presenza di un elevato rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, debbano applicare misure rafforzate di adeguata verifica della clientela.
Tra gli altri fattori di cui tenere conto spicca proprio quello relativo ai clienti residenti o aventi sede in aree geografiche ad alto rischio individuati dalla Commissione europea, per i quali si applicano sempre misure di adeguata verifica rafforzata della clientela.
Quindi i rapporti professionali / le operazioni con soggetti ivi residenti comporteranno l’obbligo di:
rafforzare il grado e la natura delle verifiche atte a determinare se le operazioni siano sospette;
acquisire informazioni aggiuntive sul cliente e sul titolare effettivo / titolari effettivi;
approfondire gli elementi posti a fondamento delle valutazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto;
intensificare la frequenza dell’applicazione delle procedure finalizzate a garantire il controllo costante nel corso del rapporto.
La Black List “italiana” di cui al DM 4 maggio 1999 serve ad attivare l’inversione dell’onere della prova riguardo all’effettiva residenza fiscale dei cittadini italiani emigrati nei Paesi indicati nella lista (Ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis del TUIR, introdotto dall’articolo 10 della legge n. 448 del 23 dicembre 1998, si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori individuati dall’art. 1 (Individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato) del Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze).
Da considerare che il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze (Individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127-bis, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”)) non trova più applicazione per l’individuazione delle CFC in quanto l’art. 127-bis è stato soppresso dal Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1 e che la materia delle CFC è ora regolamentata dall’art. 167 del TU (Disposizioni in materia di imprese estere controllate. (ex art 127-bis)).
L‘articolo 4, comma 1, dl 167/1990, ha posto l’obbligo per i residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività’ estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, di indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi (Quadro RW).
i sensi dell’articolo 5, comma 2, del D.L. 167/1990 la violazione dell’obbligo di dichiarazione di investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati.
La violazione di cui sopra relativa alla detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 (individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001 (individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127 -bis, comma 4, (Soppresso da: Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1) del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”)), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. Nel caso in cui la dichiarazione prevista dall’articolo 4, comma 1, sia presentata entro novanta giorni dal termine, si applica la sanzione di euro 258.
Quindi qualora le attività estere di natura finanziaria siano detenute in “paradisi fiscali”, la sanzione è raddoppiata rispetto ai valori ordinari.
in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167 (l‘articolo 4, comma 1, dl 167/1990, ha posto l’obbligo per i residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività’ estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, di indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi (Quadro RW));
opera la presunzione legale per la quale le somme detenute all’estero siano state costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia e pertanto l’Agenzia delle Entrate potrà contestare le imposte evase su tali importi (comma 2, art. 12 D.L. n. 78/2009.
I soggetti passivi Iva hanno dovuto comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle operazioni effettuate fino all’anno 2016 con operatori economici con sede, residenza o domicilio negli Stati o territori a fiscalità privilegiata (cosiddetti “Paesi black list“) individuati dal decreto 4 maggio 1999 del Ministro delle Finanze e dal decreto 21 novembre 2001 del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Dal 2017 l’obbligo di comunicazione è stato soppresso (articolo 4, comma 4 del decreto legge del 22/10/2016 n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016 n. 225).
Sia all’interno dell’UE che a livello internazionale, l’UE sta lavorando per promuovere e rafforzare i meccanismi di buona governance fiscale, una tassazione equa e la trasparenza fiscale globale al fine di contrastare la frode, l’evasione e l’elusione fiscali.
Data la natura globale della concorrenza fiscale sleale, ciò significa anche affrontare le sfide esterne alle basi imponibili dei paesi dell’UE.
L’obiettivo dell’elenco dell’UE delle giurisdizioni non cooperative, pubblicato come allegato alle conclusioni adottate dal Consiglio Ecofin, (allegato I) non è nominare e umiliare i paesi, ma incoraggiare un cambiamento positivo nella loro legislazione e prassi fiscale, attraverso la cooperazione.
Le giurisdizioni che non rispettano ancora tutte le norme fiscali internazionali ma si sono impegnate ad attuare le riforme sono incluse in un documento sullo stato dei lavori (allegato II).
Una volta che una giurisdizione soddisfa tutti i suoi impegni, il suo nome viene rimosso dall’allegato.
L’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali adottato dal Consiglio il 4 ottobre 2022 è composto da:
Samoa americane Anguilla Bahamas Figi Guam Palau Panama Samoa Trinidad e Tobago Isole Turks e Caicos Isole Vergini americane Vanuatu
La lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali fa parte della strategia esterna dell’UE in materia di imposizione e ha lo scopo di contribuire agli sforzi messi in atto per promuovere la buona governance in materia fiscale a livello mondiale.
Di fatto la black list non ha nessun valore coercitivo: semplicemente i paesi in essa inclusi non potranno ricevere aiuti dall’Unione Europea, a meno che non si tratti di aiuti allo sviluppo. Imprese e privati potranno continuare ad avere rapporti con questi stati senza rischiare nessuna sanzione a livello europeo. La Commissione Europea, però, incoraggia i singoli stati membri, se lo riterranno necessario, a mettere in atto sanzioni più stringenti .
L’elenco dei Paesi extra UE cosiddetti “black list” aiuta i soggetti coinvolti nella protezione del sistema finanziario UE a individuare con maggiore efficacia i rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (FdT).
L’elenco vale sia per gli Intermediari finanziari che per i Professionisti (anche in forma associata o societaria) – CED e ogni altro soggetto che rende in maniera professionale, anche per i propri associati o iscritti, servizi in materia di contabilità e tributi (compresi associazioni di categoria di imprenditori e commercianti, CAF e patronati).
In particolare, negli artt. 24 e 25 del D.Lgs. n. 231-2007 sono contemplati gli obblighi di adeguata verifica rafforzata della clientela e le relative modalità di esecuzione.
In essi si prevede che i soggetti obbligati, in presenza di un elevato rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, debbano applicare misure rafforzate di adeguata verifica della clientela.
Tra gli altri fattori di cui tenere conto spicca proprio quello relativo ai clienti residenti o aventi sede in aree geografiche ad alto rischio individuati dalla Commissione europea, per i quali si applicano sempre misure di adeguata verifica rafforzata della clientela.
Quindi i rapporti professionali / le operazioni con soggetti ivi residenti comporteranno l’obbligo di:
rafforzare il grado e la natura delle verifiche atte a determinare se le operazioni siano sospette;
acquisire informazioni aggiuntive sul cliente e sul titolare effettivo / titolari effettivi;
approfondire gli elementi posti a fondamento delle valutazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto;
intensificare la frequenza dell’applicazione delle procedure finalizzate a garantire il controllo costante nel corso del rapporto.
Nella revisione periodica della lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali, l’UE ha deciso di includere Dominica e rimuovere Barbados.
Sono inoltre apportate le seguenti modifiche:
Giurisdizioni che cooperano con l’UE e hanno attuato tutti gli impegni:
Namibia
Santa Lucia
Marocco
Giurisdizioni che cooperano con l’UE nell’attuazione degli impegni:
Giamaica
In seguito a tale aggiornamento, 12 giurisdizioni continuano a figurare nella lista delle giurisdizioni non cooperative:
Via libera dell’Ecofin alla nuova black list UE: sale a 15 il numero delle giurisdizioni che non rispettano gli standard fiscali internazionali.
I Paesi di seguito elencati sono quelli che si sono rifiutati di impegnarsi con l’UE o di affrontare le carenze del buon governo fiscale (situazione il 12 marzo 2019).
Le cinque giurisdizioni che già si trovavano nella lista nera (Guam, Samoa, Samoa Americane, isole Vergini americane, Trinidad e Tobago) non hanno assunto impegni a mettersi in regola con gli standard internazionali e UE.
Altre tre giurisdizioni (Barbados, Emirati Arabi Uniti e Isole Marshall), già incluse nella black list e quindi trasferite nella lista grigia di cui fanno parte gli Stati che hanno assunto l’impegno ad adeguarsi agli standard, sono state nuovamente incluse nella black list, assieme ad altri sette 7 Stati, trasferiti dalla lista grigia a quella nera perché non hanno ancora raggiunto tale obiettivo.
Quindi vengono aggiunte alla lista: Aruba, Barbados, Belize, le Bermuda, Dominica, Fiji, Isole Marshall, Oman, Emirati Arabi e Vanuatu.
Altri 34 paesi (compresa la Svizzera) continueranno a essere monitorati nel 2019 (lista grigia), perché si sono impegnati a modificare la loro legislazione nazionale, mentre 25 paesi del censimento iniziale sono stati rimossi.
Di fatto la black list non ha nessun valore coercitivo: semplicemente i 15 paesi non potranno ricevere aiuti dall’Unione Europea, a meno che non si tratti di aiuti allo sviluppo. Imprese e privati potranno continuare ad avere rapporti con questi stati senza rischiare nessuna sanzione a livello europeo. La Commissione Europea, però, incoraggia i singoli stati membri, se lo riterranno necessario, a mettere in atto sanzioni più stringenti .
L’elenco dei Paesi extra UE cosiddetti “black list” aiuta i soggetti coinvolti nella protezione del sistema finanziario UE a individuare con maggiore efficacia i rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (FdT).
L’elenco vale sia per gli Intermediari finanziari che per i Professionisti (anche in forma associata o societaria) – CED e ogni altro soggetto che rende in maniera professionale, anche per i propri associati o iscritti, servizi in materia di contabilità e tributi (compresi associazioni di categoria di imprenditori e commercianti, CAF e patronati).
In particolare, negli artt. 24 e 25 del D.Lgs. n. 231-2007 sono contemplati gli obblighi di adeguata verifica rafforzata della clientela e le relative modalità di esecuzione.
In essi si prevede che i soggetti obbligati, in presenza di un elevato rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, debbano applicare misure rafforzate di adeguata verifica della clientela.
Tra gli altri fattori di cui tenere conto spicca proprio quello relativo ai clienti residenti o aventi sede in aree geografiche ad alto rischio individuati dalla Commissione europea, per i quali si applicano sempre misure di adeguata verifica rafforzata della clientela.
Quindi i rapporti professionali / le operazioni con soggetti ivi residenti comporteranno l’obbligo di:
rafforzare il grado e la natura delle verifiche atte a determinare se le operazioni siano sospette;
acquisire informazioni aggiuntive sul cliente e sul titolare effettivo / titolari effettivi;
approfondire gli elementi posti a fondamento delle valutazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto;
intensificare la frequenza dell’applicazione delle procedure finalizzate a garantire il controllo costante nel corso del rapporto.