Il regime del “margine” rappresenta un regime Iva speciale previsto per chi rivende beni usati, oggetti d’arte, antiquariato o oggetti da collezione”.
Il regime viene disciplinato dagli articoli 36, 37, 38, 39 e 40 del Decreto Legge n. 41 del 23 febbraio 1995, norma che ha recepito la direttiva 94/5/CE del Consiglio del 14 febbraio 1994 che completa il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto e modifica la direttiva 77/388/CEE “Regime particolare applicabile ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione“.
Nel preambolo alla direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, è detto: “È opportuno adottare un regime comunitario d’imposizione applicabile ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato, inteso ad evitare la doppia imposizione e le distorsioni di concorrenza tra soggetti passivi“.
A questo proposito un’apposito il Capo IV del Titolo XII, Regimi speciali, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio è specificamente dedicato ai “Regimi speciali applicabili ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato“.
L’applicazione del regime è finalizzata ad evitare fenomeni di doppia o reiterata imposizione per i beni che, dopo la prima uscita dal circuito commerciale, sono ceduti ad un soggetto passivo d’imposta per la successiva rivendita, con una conseguente ulteriore imposizione Iva in relazione al prezzo di vendita da questi praticato.
Al momento dell’acquisto, il rivenditore versa normalmente un corrispettivo comprensivo di Iva, anche se questa non ha formato oggetto di specifica rivalsa, per cui qualora allatto della rivendita si assoggettasse ad Iva si opererebbe una duplicazione dell’imposta.
Il regime del margine si applica in particolare ai “beni usati” o con la terminologia del legislatore europeo, ai “beni d’occasione”, ovvero a quei beni mobili suscettibili di reimpiego, nello stato originario o anche dopo eventuali riparazioni.
I soggetti interessati dal regime del margine possono, comunque, applicare le ordinarie regole Iva.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale, il suddetto regime non ha natura agevolativa, esso si identifica come un regime speciale di assolvimento dell’Iva, per il cui accesso è necessario che ricorrano tutti gli elementi richiesti dalla norma, sia oggettivi sia soggettivi.
La base imponibile dell’imposta relativa alla rivendita è data dalla differenza (quindi il margine) tra il prezzo di vendita e quello di acquisto, al cui importo vanno comprese le spese di riparazioni eventuali e di quelle accessorie.
In pratica è il margine che residua a favore del rivenditore, che costituisce la base imponibile su cui applicare l’Iva prevista per la tipologia di bene oggetto di rivendita e non il corrispettivo della cessione.
L’art. 2 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio dispone che:
1. Sono soggette all’IVA le operazioni seguenti:
a) |
le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale; |
b) |
gli acquisti intracomunitari di beni effettuati a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro:
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c) |
…………. |
d) |
le importazioni di beni. |
2. |
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L’art. 4 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, primo comma, lettera b, specifica che non sono soggetti all’IVA: “gli acquisti intracomunitari di mezzi di trasporto d’occasione quali definiti dall’articolo 327, paragrafo 3 (sono considerati «mezzi di trasporto d’occasione» i veicoli terrestri, le imbarcazioni e gli aeromobili di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), quando sono beni d’occasione che non soddisfano le condizioni per essere considerati mezzi di trasporto nuovi), quando il venditore è un soggetto passivo–rivenditore che agisce in quanto tale e il mezzo di trasporto d’occasione acquistato è stato assoggettato all’IVA nello Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto, conformemente al regime transitorio applicabile ai mezzi di trasporto d’occasione“.
Nella direttiva 2006/112/CE del Consiglio il Regime transitorio applicabile ai mezzi di trasporto d’occasione è regolamentato dagli artt. dal 326 al 332.
È necessario distinguere due differenti ipotesi a cui corrispondono due diverse nozioni di autovettura usata:
- caso di uno scambio intracomunitario tra soggetti passivi d’imposta (articolo 36, comma 10, Dl 41/1995). In tal caso, gli autoveicoli (veicoli con motore di cilindrata superiore a 48 cc. o potenza superiore a 7,2 kw, destinati al trasporto di persone o cose) costituiscono beni usati se, ai sensi dell’articolo 38, comma 4, Dl 331/1993:
- hanno percorso oltre 6.000 chilometri;
- la cessione è effettuata decorso il termine di sei mesi dalla data del provvedimento di prima immatricolazione o di iscrizione in pubblici registri (o di altri provvedimenti equipollenti).
Le due condizioni devono ricorrere contemporaneamente.
- caso di uno scambio nazionale, cioè interno al territorio dello Stato. In tal caso, infatti, gli autoveicoli possono essere considerati usati (e, quindi, assoggettabili al regime del margine) al ricorrere delle condizioni di ordine generale previste dall’articolo 36, comma 1, Dl 41/1995, cioè se trattasi di beni suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione. Negli scambi nazionali di autovetture, quindi, non operano, ai fini della qualifica di “usato”, i limiti previsti espressamente per quelli intracomunitari.
Definita la nozione di “bene usato” con riferimento al settore degli autoveicoli, occorre precisare che la loro successiva commercializzazione può essere effettuata con l’applicazione dell’Iva, ai sensi dell’articolo 36, comma 1, Dl 41/1995 (vedi: art. 314 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio) secondo il sistema del margine quando il rivenditore, soggetto d’imposta in Italia, li ha acquistati:
- da un privato consumatore
- da un operatore economico che non ha potuto esercitare il diritto alla detrazione
- da un soggetto passivo d’imposta comunitario in regime di franchigia nel proprio Stato membro
- da un soggetto passivo (nazionale o comunitario) che ha applicato, a sua volta, il regime del margine.
In presenza delle condizioni sopra richiamate, quindi, il rivenditore italiano può decidere di applicare il regime del margine (secondo il metodo globale di determinazione della base imponibile).
Sulla fattura emessa dal rivenditore non dovrà essere esposta l’Iva, ma dovrà essere indicato che trattasi di “operazione soggetta al regime del margine di cui all’articolo 36 del DL 41/95 e successive modificazioni”. L’Iva dovuta andrà calcolata, con aliquota ordinaria, scorporandola dalla differenza, se positiva, tra il prezzo di vendita del veicolo e il prezzo di acquisto della stesso (secondo lo schema tipico del regime speciale).
Le categorie a cui potrebbe interessare il regime del margine sono due:
- coloro che abitualmente esercitano il commercio (all’ingrosso, al dettaglio o in maniera ambulante) di beni mobili usati, oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione;
- coloro che non esercitano abitualmente attività di commercio dell’usato, ma occasionalmente, effettuano cessioni di tali beni.
Naturalmente entrambi devono essere soggetti passivi Iva esercenti attività di impresa, arte o professione.
Si ricorda che la condizione essenziale per potersi avvalere del regime del margine è che i beni siano stati acquistati senza Iva o con Iva indetraibile.
L’applicazione dell’Iva al solo utile lordo permette di evitare la doppia tassazione dei beni usati, ovvero di quei beni per i quali il rivenditore, nel momento dell’acquisto, ha pagato un prezzo che già comprende l’Iva e che non è stata oggetto di rivalsa.
In tal caso, ove si assoggettasse a Iva l’intero corrispettivo della rivendita, si determinerebbe una duplicazione dell’imposta.
Per la determinazione dell’imposta “sul margine” l’articolo 36 del Dl 41/1995 ha previsto tre diversi metodi, che variano a seconda della natura dei beni rivenduti, delle modalità di esercizio dell’attività e dei soggetti rivenditori.
I metodi sono i seguenti:
- analitico;
- forfettario;
- globale.
Ai fini della rivendita di auto usate rilevano il metodo analitico o il metodo globale.
Il metodo analitico viene applicato da coloro che operano nel settore dei beni usati e consiste nella determinazione analitica del margine, in quanto la base imponibile su cui calcolare l’imposta viene individuata per ogni singola operazione di rivendita.
L’Iva sulla rivendita è commisurata per ciascun bene, sulla differenza tra il prezzo di rivendita e il prezzo pagato dal rivenditore per l’acquisto (aumentato delle relative spese accessorie e di riparazione), valori che vanno considerati al lordo dell’Iva.
Il margine lordo viene determinato togliendo dal corrispettivo praticato per la rivendita (al lordo dell’Iva) il prezzo di acquisto del bene (al lordo dell’eventuale Iva addebitata al rivenditore) e delle spese accessorie e di riparazione (al lordo dell’imposta addebitata al rivenditore).
A calcoli effettuati si può verificare che:
- se il prezzo di vendita è maggiore del prezzo di acquisto (margine positivo), in questo caso l’imposta dovuta si calcola su tale differenza positiva, da cui dovrà essere scorporata l’Iva, applicando uno dei procedimenti di scorporo previsti dall’articolo 27, comma 4, DPR 633/1972, con riferimento all’aliquota propria del bene oggetto della rivendita;
- se il prezzo di vendita è minore del prezzo di acquisto (margine negativo), in tal caso, non è dovuta alcuna imposta e in sede di liquidazione il margine sarà considerato pari a zero.
Con l’applicazione del metodo analitico, ogni singola operazione va trattata separatamente dalle altre e non è ammessa la compensazione tra margini positivi e margini negativi.
L’Amministrazione Finanziaria è intervenuta sulle spese di riparazione e accessorie, precisando che per tali devono intendersi le spese sostenute dal rivenditore inerenti o alla fase di acquisizione del bene o a quella successiva di riutilizzazione dello stesso.
Abbiamo, dunque, le spese per oneri tributari nonché quelli di intermediazione relativi all’acquisto, le spese peritali, quelle notarili, di agenzia, di trasporto, e naturalmente vi sono tutte le spese di riparazione e di restauro del bene.
La circolare del Ministero delle Finanze, la n. 177 del 22 giugno 1995, ha chiarito che in relazione a tali prestazioni, la norma non concede al rivenditore che opera nel regime del margine la facoltà di scegliere se esercitare la detrazione dell’Iva addebitatagli in via di rivalsa, o se imputare l’intero corrispettivo dell’operazione comprensivo dell’imposta, tra i costi da considerare ai fini della determinazione del margine, in quanto il regime del margine si caratterizza per la indetraibilità dell’Iva assolta sugli acquisti.
Non sono incluse nei costi da computare per la determinazione del margine, le spese generali sostenute per l’esercizio dell’attività; queste ultime, non sono riferibili ai singoli beni o alle singole operazioni di rivendita e danno luogo alla detrazione della relativa imposta secondo le regole generali.
Non sono comprese tra i predetti costi le spese non direttamente connesse alla riattivazione di beni ovvero alla loro preparazione prima della rivendita, in quanto sostenute per la loro normale utilizzazione.
I soggetti che applicano il metodo analitico di determinazione del regime, devono istituire un apposito registro (di carico e scarico) dove annotare gli acquisti e le cessioni dei singoli beni, specificando:
- la data dell’operazione
- la natura, qualità e quantità dei beni acquistati o ceduti;
- il prezzo di acquisto, al lordo dell’eventuale imposta;
- il corrispettivo comprensivo dell’imposta relativa alla cessione;
- la differenza tra tali ultimi importi (ovvero il margine conseguito).
Nel registro si andranno ad annotare anche i costi al lordo dell’eventuale imposta, relativi alle riparazioni effettuate sui beni acquistati, in vista della loro rivendita, nonché le spese accessorie concernenti gli acquisti stessi.
Tale annotazione è necessaria in quanto per la determinazione del margine, il prezzo di acquisto di ogni bene deve essere aumentato delle spese di riparazione e di quelle accessorie.
Le annotazioni relative alle cessioni devono essere eseguite negli stessi termini previsti per l’annotazione dei corrispettivi, e cioè entro il primo giorno non festivo successivo a quello in cui le operazioni sono effettuate.
Le annotazioni relative agli acquisti dei beni devono, invece, essere eseguite entro quindici giorni dall’acquisto stesso, ma comunque non oltre la data di registrazione della corrispondente cessione.
Entro le liquidazioni mensili e trimestrali, il contribuente deve effettuare una ricognizione dei singoli margini positivi conseguiti nel periodo, effettuando la loro somma e distinguendo le diverse aliquote applicabili alle cessioni.
Successivamente, i detti margini positivi devono essere registrati separatamente nel registro dei corrispettivi per concorrere alla liquidazione dell’imposta secondo le regole ordinarie.
I soggetti – tenuti all’emissione della fattura per ciascuna operazione effettuata e all’annotazione nel relativo registro – che esercitano anche il commercio di beni rientranti nel regime del margine possono annotare il totale dei margini conseguiti in ciascun periodo di imposta nello stesso registro sopra citato, entro il termine di esecuzione della liquidazione dell’imposta, evitando di tenere il registro dei corrispettivi.
I soggetti in regime del margine che, per talune operazioni, optano per l’applicazione dell’Iva nei modi ordinari e che, pertanto devono obbligatoriamente emettere fattura, sono tenuti alla registrazione della fattura stessa nel registro ex articolo 23 DPR 633/1972.
Tali soggetti, se operano nell’ambito del commercio al minuto, possono annotare le fatture nel registro di cui all’articolo 24, DPR 633/1972, indicando l’importo globale delle operazioni effettuate in ciascun giorno e i numeri delle relative fatture nei termini previsti dal medesimo articolo.
Le citate regole non trovano applicazione nelle ipotesi di cessioni di beni rientranti nel regime del margine, effettuate in via occasionale da contribuenti che non svolgono abitualmente il commercio dei detti beni.
In tali ipotesi, gli elementi necessari per l’individuazione del margine e il margine risultante devono essere distintamente indicati, con le modalità e nei termini stabiliti per le liquidazioni periodiche, nel registro usualmente utilizzato dal cedente nell’esercizio della propria attività, ossia in quello di cui all’articolo 23 o 24 del citato DPR 633/1972, tenendo naturalmente conto dei margini positivi ai fini delle liquidazioni periodiche dell’imposta.
Il metodo globale, previsto dal comma 8 dell’articolo 36 del Dl 41/1995, tipicamente utilizzato dai rivenditori professionali di beni usati, prevede che da tutte le vendite effettuate nel periodo di riferimento si sottragga l’importo di tutti gli acquisti (inclusi quelli relativi alle spese di riparazione ed accessorie) registrati nello stesso periodo.
L’imposta dovuta per ciascun periodo è commisurata al margine globale dato dalla differenza tra l’ammontare complessivo delle cessioni e quello degli acquisti (aumentato delle spese di riparazione e accessorie) effettuati nei periodi di riferimento.
Se l’ammontare degli acquisti supera quello delle vendite, l’eccedenza può essere computata nella liquidazione relativa al periodo successivo.
Li operatori che svolgono in maniera abituale il commercio di veicoli usati possono adottare il metodo globale.
I soggetti che applicano il metodo globale di determinazione del regime sono obbligati a tenere due registri separati.
- Un primo registro servirà per annotare gli acquisti dei beni assoggettati al regime del margine, in relazione ai quali devono essere indicati, oltre alla relativa data, la natura, la quantità, la qualità e il costo d’acquisto.
- Un secondo registro dove indicare le cessioni con l’indicazione della natura, qualità e quantità dei beni ceduti, dei relativi corrispettivi, comprensivi dell’imposta e distinti per aliquota.
Relativamente alla emissione della fattura, la regola fondamentale è quella che chi applica il regime in esame, a prescindere dal metodo, non può esporre in fattura (qualora venga emessa) l’imposta distintamente dal corrispettivo, ma deve annotare nella stessa che si tratta di operazione soggetta al regime del margine, indicando anche il riferimento normativo.
Le attività interessate dal suddetto regime sono svolte prevalentemente da soggetti che commerciano al dettaglio o in forma ambulante, e per tale tipologia di operatori, l’emissione della fattura non è obbligatoria, se non è espressamente richiesta dal cliente.
Naturalmente l’emissione della fattura è in ogni caso obbligatoria nell’ipotesi di operazioni per le quali si è scelto di applicare il regime ordinario, e in questo caso la fattura emessa riporterà l’espressa indicazione dell’imposta applicata all’intero corrispettivo.
Le sanzioni previste dal D.L. 41 del 1995 (art. 38, comma 5) riguardano la tenuta dei registri previsti dalla norma.
In particolare, per le omissioni o gli errori relativi alle annotazioni effettuate dai soggetti che applicano il regime del margine, si applicano le sanzioni previste dall’articolo 42, DPR 633/1972, per le corrispondenti violazioni commesse in applicazione del regime Iva ordinario.
Chi omette le annotazioni prescritte è punito con la pena pecuniaria in misura da due a quattro volte l’imposta relativa alle operazioni.
Se, invece, sono presenti delle inesattezze, che determinano un’imposta inferiore, verrà applicata la stessa sanzione commisurata alla differenza.