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Tassazione dei Trust ai fini delle imposte sui redditi

L’Agenzia delle entrate, in passato,  ha fornito alcune indicazioni circa l’applicazione al trust delle imposte dirette e indirette, con le circolari:

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022 con istruzioni sulla disciplina dei trust. Il documento fa il punto sul trattamento fiscale dei trust alla luce delle ultime modifiche normative e degli orientamenti espressi dalla giurisprudenza e contiene le indicazioni definitive dell’Agenzia delle Entrate.

Per poter stabilire l’esatta tassazione di un Trust ai fini delle imposte sui redditi occore stabilire se questi è un Trust

  • residente o non residente

e se è un Trust

  • opaco o trasparente

e, ai fini della determinazione del reddito prodotto dal trust (sia opaco che trasparente), se l’attività svolta dal trust ha natura  natura

  • commerciale”( trust che abbia ad oggetto principale l’esercizio dell’attività di impresa e che possa essere qualificato sotto il profilo fiscale come ente commerciale) o “non commerciale

Se è un Trust è non residente bisogna verificare se questi sia

  • stabilito in Stati e territori considerati a fiscalità privilegiata in base all’articolo 47-bis del TUIR  (regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, qualora il livello nominale di tassazione dei redditi prodotti dal trust sia inferiore al 50 di quello applicabile in Italia), in relazione ai redditi prodotti dal trust;

o se

La residenza fiscale dei trust

Il fatto che un Trust sia regolamentato da una legislazione estera non vuole affatto dire che questo sia un Trust estero.

Per stabilire la residenza fiscale dei trust in base alla legislazione italiana , in primis, bisogna fare riferimento all’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 3,  prima parte, del  Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.).

Ai sensi dell’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 3,  prima parte, del  Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.),  ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le societa’ e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.

Dei tre criteri di collegamento con il territorio dello Stato (sede legale, sede dell’amministrazione, oggetto principale) previsti dall’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 3,  prima parte, del  (T.U.I.R.)alternativi fra di loro, il primo criterio, la sede legale trova difficilmente applicazione con riferimento ai trust.

Come riconosce  la stessa Agenzia delle Entrate nella circolare del 6 agosto 2007, n. 48/E (paragrafo 3.1) e nella circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022, nella maggioranza dei casi, la residenza del trust verrà determinata in base:

  • alla sede dell’amministrazione che coincide, normalmente, con il luogo di residenza del trustee.
    Se il trustee opera come tale in uno Stato diverso da quello di residenza, assumerà rilievo tale secondo Stato;

o

  • all’oggetto principale dell’attività. Ai sensi dell’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 5 del  (T.U.I.R.):In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente e’ determinato in base all’attivita’ effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti.

Particolarmente problematica è la determinazione dell’oggetto principale ove il trust fund sia localizzato in luogo diverso da quello dove il trustee svolge la propria attività di gestione.

L’Agenzia delle Entrate nella circolare del 6 agosto 2007, n. 48/E (paragrafo 3.1)  e nella circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022, precisa che con riferimento:

  • ai trust immobiliari occorre avere riguardo al luogo di prevalente localizzazione degli immobili;
  • ai trust mobiliari occorre avere riguardo all’effettiva attività esercitata.

L’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 3,  ,  seconda parte, del Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.) dispone che: ” .Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato ….. salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre,residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprieta’ di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonche’ vincoli di destinazione sugli stessi.”

Quindi, ai sensi dell’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 3,  del  (T.U.I.R.) si considerano  residenti in Italia i Trust istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis (Decreto del 04/09/1996 – Min. Finanze (Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni)

  • salvo prova contraria, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti in Italia;
  • quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprieta’ di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonche’ vincoli di destinazione sugli stessi.

Ai sensi del Decreto del 04/09/1996 – Min. Finanze, Modificato dal Decreto del 23/03/2017 Articolo 1

Gli Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni sono:

Albania;
Alderney;
Algeria;
Andorra;
Anguilla;
Arabia Saudita;
Argentina;
Armenia;
Aruba;
Australia;
Austria;
Azerbaijan;
Bangladesh;
Barbados;
Belgio;
Belize;
Bermuda;
Bielorussia;
Bosnia Erzegovina;
Brasile;
Bulgaria;
Camerun;
Canada;
Cile;
Cina;
Cipro;
Colombia;
Congo (Repubblica del Congo);
Corea del Sud;
Costa d’Avorio;
Costa Rica;
Croazia;
Curacao;
Danimarca;
Ecuador;
Egitto;
Emirati Arabi Uniti;
Estonia;
Etiopia;
Federazione Russa;
Filippine;
Finlandia;
Francia;
Georgia;
Germania;
Ghana;
Giappone;
Gibilterra;
Giordania;
Grecia;
Groenlandia;
Guernsey;
Herm;
Hong Kong;
India;
Indonesia;
Irlanda;
Islanda;
Isola di Man;
Isole Cayman;
Isole Cook;
Isole Faroe;
Isole Turks e Caicos;
Isole Vergini Britanniche;
Israele;
Jersey;
Kazakistan;
Kirghizistan;
Kuwait;
Lettonia;
Libano;
Liechtenstein;
Lituania;
Lussemburgo;
Macedonia;
Malaysia;
Malta;
Marocco;
Mauritius;
Messico;
Moldova;
Monaco;
Montenegro;
Montserrat;
Mozambico;
Nauru;
Nigeria;
Niue;
Norvegia;
Nuova Zelanda;
Oman;
Paesi Bassi;
Pakistan;
Polonia;
Portogallo;
Qatar;
Regno Unito;
Repubblica Ceca;
Repubblica Slovacca;
Romania;
Saint Kitts e Nevis;
Saint Vincent e Grenadine;
Samoa;
San Marino;
Santa Sede;
Senegal;
Serbia;
Seychelles;
Singapore;
Sint Maarten;
Siria;
Slovenia;
Spagna;
Sri Lanka;
Stati Uniti d’America;
Sud Africa;
Svezia;
Svizzera;
Tagikistan;
Taiwan;
Tanzania;
Thailandia;
Trinitad e Tobago;
Tunisia;
Turchia;
Turkmenistan;
Ucraina;
Uganda;
Ungheria;
Uruguay;
Uzbekistan;
Venezuela;
Vietnam;
Zambia.

Stati aventi un regime fiscale privilegiato

Riportiamo l’art. 47/bis del TUIR (introdotto dal punto b del primo comma dell’art. 5 del  Decreto legislativo del 29/11/2018 n. 142 , emanato in attuazione della  direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016  (cosiddetta Anti Tax Avoidance Directive – ATAD 1), facente parte del pacchetto anti elusione (Anti Tax Avoidance Package) varato dalla Commissione Europea per introdurre negli Stati membri un insieme di misure di contrasto alle pratiche di elusione fiscale che a sua volta si basa sulle raccomandazioni dell’OCSE del 2015 volte ad affrontare l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (progetto Base erosion and profit shifting (BEPS)), come modificata dalla direttiva (UE) 2017/952 del Consiglio del 29 maggio 2017 (Atad 2 ), allo scopo di contrastare i cd. disallineamenti da ibridi (Azione BEPS 2) che coinvolgono i Paesi terzi, ovvero le differenze di trattamento fiscale a norma delle leggi di due o più giurisdizioni fiscali per ottenere una doppia non imposizione.che individua i criteri in base ai quali individuare quali siano i Paesi a fiscalità privilegiata.

Art. 47-bis. Disposizioni in materia di regimi fiscali privilegiati.

In vigore dal 12/01/2019

Modificato da: Decreto legislativo del 29/11/2018 n. 142 Articolo 5

1. I regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati:

a) nel caso in cui l’impresa o l’ente non residente o non localizzato in Italia sia sottoposto a controllo ai sensi dell’articolo 167, comma 2, da parte di un partecipante residente o localizzato in Italia, laddove si verifichi la condizione di cui al comma 4, lettera a), del medesimo articolo 167* (* assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla meta’ di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia);

b) in mancanza del requisito del controllo di cui alla lettera a), laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia. A tali fini, tuttavia, si tiene conto anche di regimi speciali che non siano applicabili strutturalmente alla generalita’ dei soggetti svolgenti analoga attivita’ dell’impresa o dell’ente partecipato, che risultino fruibili soltanto in funzione delle specifiche caratteristiche soggettive o temporali del beneficiario e che, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale al di sotto del predetto limite e sempreche’, nel caso in cui il regime speciale riguardi solo particolari aspetti dell’attivita’ economica complessivamente svolta dal soggetto estero, l’attivita’ ricompresa nell’ambito di applicazione del regime speciale risulti prevalente, in termini di ricavi ordinari, rispetto alle altre attivita’ svolte dal citato soggetto.

2. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente testo unico che fanno riferimento ai regimi fiscali privilegiati di cui al comma 1, il soggetto residente o localizzato nel territorio dello Stato che detenga, direttamente o indirettamente, partecipazioni di un’impresa o altro ente, residente o localizzato in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui al comma 1, puo’ dimostrare che:

a) il soggetto non residente svolga un’attivita’ economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali;

b) dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al comma 1.

3. Ai fini del comma 2, il contribuente puo’ interpellare l’amministrazione ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212.

In base al punto a) del primo comma dell’art. 47/bis del TUIR i regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati nel caso in cui l’impresa o l’ente non residente o non localizzato in Italia sia sottoposto a controllo ai sensi dell’articolo 167, comma 2, (si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le societa’ e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite societa’ fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, da parte di persone fisiche e soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c), nonche’, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d);

b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili e’ detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o piu’ societa’ controllate ai sensi dell”articolo 2359 del codice civile o tramite societa’ fiduciaria o interposta persona, da persone fisiche e soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c), nonche’, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui 73, comma 1, lettera d).) da parte di un partecipante residente o localizzato in Italia, laddove si verifichi la condizione di cui al comma 4, lettera a), del medesimo articolo 167 (assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla meta’ di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono indicati i criteri per effettuare, con modalita’ semplificate, la verifica della presente condizione, tra i quali quello dell’irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile).

In base al punto b) del primo comma dell’art. 47/bis del TUIR in mancanza del requisito del controllo di cui alla lettera a), i regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia.

Ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies),del TUIR, sono redditi di capitale le sole distribuzioni effettuate da trust istituiti in Stati a regime fiscale privilegiato ai sensi dell’art. 47/bis del TUIR, che esclude dalla nozione di Stato a fiscalità privilegiata gli Stati UE/SEE. Ne deriva che l’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies),del TUIR non trova applicazione alle distribuzioni dei trust UE/SEE.

E’ da considerare che mentre il  punto b) del primo comma dell’art. 47/bis del TUIR si riferisce a TASSAZIONE NOMINALE il comma 4, lettera a), del medesimo articolo 167 si riferisce a TASSAZIONE EFFETTIVA.

Per confrontare il livello di tassazione nominale, per l’Italia si devono considerare l’Ires (senza addizionali) e l’Irap; mentre per lo Stato estero bisogna valutare le imposte sui redditi societari da individuare facendo riferimento, qualora esistente, alla Convenzione contro le doppie imposizioni, tenendo conto anche delle eventuali imposte di natura identica o analoga intervenute in sostituzione di quelle menzionate espressamente nella Convenzione (circolare 35/E/2016 dell’agenzia delle Entrate).

Il  provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 16 settembre 2016,N. PROT. 143239 , “Disposizioni in materia di imprese estere controllate. Criteri per determinare con modalità semplificata l’effettivo livello di tassazione di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR”,  si aggiunge alle indicazioni  già fornite dall’Agenzia delle Entrate con la precedente circolare n. 35/E del 4 agosto 2016 e si occupa di definire i criteri per determinare con modalità semplificate l’effettivo livello di tassazione applicabile al soggetto controllato localizzato all’estero.

Trust trasparente e Trust opaco

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito cosa si intende per trust trasparente e trust opaco nella  circolare del 6 agosto 2007, n. 48/E, nella  Risoluzione del 05/11/2008 n. 425 – Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso e nella circolare del 27 dicembre 2010, n. 61/E.

La Risoluzione del 05/11/2008 n. 425, così si espime:
L’articolo 73,  comma  2  del  TUIR dispone che “Nei casi in cui i beneficiari  del trust  siano  individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in  ogni caso   ai   beneficiari  in  proporzione  alla  quota  di  partecipazione  individuata nell’atto   di   costituzione  del  trust  o  in  altri  documenti  successivi ovvero in mancanza in parti uguali”.
 La circolare  n.  48  del  6  agosto 2007, che ha fornito le prime indicazioni  sulla tassazione  dei  trust,  ha  chiarito  che  “l’articolo 73 individua, ai  fini della tassazione, due principali tipologie di trust:
    –  trust  con  beneficiari  di reddito individuati, i cui redditi vengono  imputati per trasparenza ai beneficiari (trust trasparenti)
    –  trust   senza  beneficiari  di  reddito  individuati,  i  cui  redditi vengono direttamente attribuiti al trust medesimo (trust opachi).
 In particolare,   per   quanto   riguarda   la   disciplina  dei  redditi  del  beneficiario del  trust,  la  circolare  ha  chiarito  che,  “premesso  che il  presupposto di  applicazione  dell’imposta  e’  il  possesso  di  redditi, per  “beneficiario individuato”  è  da  intendersi  il  beneficiario  di  “reddito  individuato”, vale  a  dire  il soggetto che esprime, rispetto a quel reddito,  una capacità   contributiva   attuale.    E’   necessario,   quindi,  che  il  beneficiario non  solo  sia  puntualmente individuato, ma che risulti titolare  del diritto  di  pretendere  dal  trustee  l’assegnazione  di  quella parte di  reddito che gli viene imputata per trasparenza.”.
 Benché’ privo  di  soggettività giuridica di tipo civilistico, il trust e’ un  soggetto passivo  IRES,  destinatario  di norme che disciplinano – tra l’altro  – in modo speciale l’imputazione per trasparenza dei redditi.  La tassazione per trasparenza di un trust presuppone che il reddito sia immediatamente e originariamente riferibile ai beneficiari.  La riferibilità immediata dei redditi  ai  beneficiari – quale presupposto  della tassazione  per  trasparenza  –  esclude  che  vi  sia  discrezionalità  alcuna in  capo  al  trustee in ordine sia alla individuazione dei beneficiari  sia alla eventuale imputazione del reddito ai beneficiari stessi.  In sostanza,  il  diritto all’assegnazione del reddito deve nascere ab origine  a favore di determinati beneficiari.
 Al contrario,  se  il  trustee  ha  il  potere di scegliere se, quando, in che  misura o  a  chi  attribuire  il  reddito  del trust, tale discrezionalità fa  venir meno   l’automatismo   che  e’  il  presupposto  della  imputazione  per  trasparenza, indipendentemente   dalla   effettiva   percezione,  in  capo  al beneficiario.
 Invero, se  il  trustee  ha  il potere di decidere l’attribuzione del reddito,  vuole dire  che  egli  ha un potere su quel reddito, potere che gli deriva dal  possesso del  reddito  stesso.  Conseguentemente  quel  reddito e’ imputato al  trust e non al beneficiario.
 Al contrario,  se  i  beneficiari  sono  predeterminati  in  conseguenza della  volontà del  disponente  –  espressa nell’atto istitutivo del trust o in atti  successivi – il reddito è a titolo originario dei beneficiari.
 In ordine  alla  nozione  di  “beneficiario di reddito individuato” che – come  evidenziato- e’  il  presupposto  della  tassazione  per  trasparenza,  si  fa  presente che  la  stessa  è riferibile a un soggetto destinatario del reddito  relativo al  periodo,  della  cui  imposizione si tratta.

ll trust può dirsi:

  • opaco quando il trustee ha potere discrezionale circa l’attribuzione dei frutti.  Si  ha una mancanza di un diritto soggettivo in capo ai beneficiari circa l’attribuzione di questi frutti. I beneficiari saranno ragionevolmente titolari di una “aspettativa” ma non potranno pretendere i frutti dal trustee;
  • trasparente quando il trustee è privo del potere discrezionale e deve attribuire i frutti ai beneficiari,  titolari di un diritto soggettivo alla percezione degli stessi.

Quindi, ai fini della individuazione del regime fiscale applicabile al reddito  per effetto di quanto previsto dall’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 73 del Tuir (“Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali”), si distinguono due tipologie di trust:

  • trust trasparente”, ovvero trust con beneficiario di reddito “individuato, il cui reddito è tassato in capo al beneficiario, mediante “imputazione” per trasparenza e applicando le regole proprie di tassazione di tale soggetto beneficiario;
  • trust opaco, ovvero trust senza beneficiario di reddito “individuato”, il cui reddito è tassato in capo al trust quale soggetto passivo IRES.

I redditi imputati ai beneficiari sono qualificati, ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies),del TUIR, redditi di capitale.

La circolare del 27 dicembre 2010, n. 61/E pone in evidenza che è “possibile che un trust sia al contempo opaco e trasparente (cosiddetto trust misto). Ciò avviene, per esempio, quando l’atto istitutivo preveda che parte del reddito di un trust sia accantonata a capitale e parte sia invece distribuita ai beneficiari. In questo caso, la parte di reddito accantonata dovrà essere tassata in capo al trust mentre l’altra verrà imputata ai beneficiari, qualora ricorrano i presupposti per l’imputazione, vale a dire quando i beneficiari abbiano diritto dipercepire il reddito non accantonato a capitale.

Tassazione dei Trust ai fini delle imposte sui redditi

La Legge del 27/12/2006 n. 296 (legge finanziaria 2007) Articolo 1, comma 74 ha contribuito a colmare, seppur parzialmente, l’assenza di una disciplina fiscale specifica nell’ordinamento tributario nazionale in materia di trust, intervenendo sull’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 1, lettere b), c) e d) del Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.):

“Sono soggetti all’imposta sul reddito delle societa’:

………………………….

b) …………………………. i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciali;

c) …………………………. i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciale nonche’ gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato;(3)

d) le societa’ e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalita’ giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.”

stabilendo che i trust (residenti o non residenti) sono inclusi tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES).

Quindi, ai sensi dell’articolo 73 (Soggetti passivi) del  (T.U.I.R.)  il trust è annoverato tra i soggetti IRES e, come tale:

  • se residente in Italia è assoggettato a tassazione per i redditi ovunque prodotti;
  • se non residente, è assoggettato a tassazione solo con riferimento ai redditi prodotti in Italia.

Autonoma soggettività tributaria del Trust

Come abbiamo visto dall’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 1, lettere b), c) e d) del Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.), è stata riconosciuta al trust autonoma soggettività tributaria, stabilendo che i trust (residenti o non residenti) sono inclusi tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES).

In particolare, ai fini della determinazione del reddito del trust rilevano in Italia:

  • per i trust residenti nel territorio dello Stato che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, in quanto “enti commerciali” ai sensi della lettera b), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir, tutti i redditi ovunque prodotti;
  • per i trust residenti nel territorio dello Stato che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, in quanto “enti non commerciali” ai sensi della lettera c), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir, tutti  i redditi ovunque prodotti;
  • per i trust non residenti, i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, in quanto “enti non residenti” ai sensi della lettera d), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir, salvo le seguenti ipotesi:
    • beneficiario “individuato” residente ( Vedi dopo: Trust trasparente residente e non residente); e
    • beneficiario residente di trust opaco stabilito in Paesi a fiscalità privilegiata ( Vedi dopo: Trust opaco estero).

Nelle ultime due ipotesi citate (casi in cui si applica, rispettivamente, l’articolo 73, comma 2, del Tuir per i trust trasparenti non residenti (Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali.) e l’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies (Sono redditi di capitale …… i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti, nonche’ i redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalita’ privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis, anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati ai sensi dell’articolo 73), del Tuir per le attribuzioni da parte di trust opachi stabiliti in Stati aventi un regime fiscale privilegiato con riferimento ai redditi da essi prodotti) nei confronti del beneficiario residente (ai fini della imputazione o dell’attribuzione) rileva il reddito complessivamente prodotto dal trust non residente riferibile al beneficiario, indipendentemente dal rispetto del requisito di territorialità di cui all’articolo 23 del Tuir, superando il chiarimento fornito nel paragrafo 4.1 della circolare n. 48/E del 2007.

Trattamento fiscale dei redditi attribuiti da trust esteri a beneficiari italiani

L’articolo 13 (TRUST) del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili), interviene a modifica delle norme del TUIR che disciplinano il trattamento fiscale dei redditi attribuiti da trust esteri a beneficiari italiani. In particolare:

Determinazione del reddito prodotto dal trust

Ai fini della determinazione del reddito prodotto dal trust (sia opaco che trasparente) si applicano le regole fiscali previste in base alla natura, “commerciale” o “non commercialedell’attività svolta dal trust (Cfr. circolare n. 61/E del 2010: “Nel caso di trust opaco il metodo di calcolo del reddito dipenderà dall’applicazione delle norme relative alla tipologia di ente alla quale il trust appartiene (commerciale residente, non commerciale residente, non residente).
Con riferimento ai trust con beneficiari individuati (trust trasparenti), invece, il comma 2 dell’articolo 73 del TUIR prevede che: “Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazioni individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero in mancanza in partiuguali”.)
.

In particolare, il reddito è determinato, nel caso di trust (opaco o trasparente) residente nel territorio dello Stato:

  •  che ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale (Di cui alla lettera b), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir) , secondo le regole previste per i soggetti IRES che esercitano attività commerciale;
  •  che non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale (Di cui alla lettera c), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir) secondo le regole previste per gli enti non commerciali ai sensi dell’articolo 143 del Tuir, secondo cui «Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera c), comma 1, dell’articolo 73  è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva».

Nel caso di trust (opaco o trasparente) non residente il reddito prodotto in Italia è determinato

  •  con oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale,  ai sensi dell’articolo 151 del Tuir (Reddito complessivo delle societa’ e degli enti commerciali non residenti.);
  • con oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività non commerciale,  ai sensi dell’articolo 153 del Tuir (Reddito complessivo degli enti non commerciali non residenti.);

Come anticipato, nel caso di trust trasparente, il reddito ovunque conseguito è assoggettato a tassazione per trasparenza in capo al beneficiario (residente) come reddito di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies), del Tuir.

Qualora il beneficiario sia una persona fisica, tale reddito, imputato «in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali» (Cfr. ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 73 del Tuir), concorre alla formazione del reddito complessivo che è tassato con le aliquote progressive Irpef.

La circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022 chiarisce che: “in caso di trust trasparente il reddito “imputato” al beneficiario residente è tassato come reddito di capitale, a prescindere dalla circostanza che il trust sia o meno residente in Italia.

Ai sensi della richiamato articolo 44, comma 1, lettera g-sexies), del Tuir sono considerati redditi di capitale «i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti».

In base a tale disposizione (articolo 44, comma 1, lettera g-sexies del TUIR ), in caso di trust trasparente il reddito “imputato” al beneficiario residente è tassato come reddito di capitale, a prescindere dalla circostanza che il trust sia o meno residente in Italia.

Al riguardo, come chiarito nella circolare n. 61/E del 2010, l’espressione

«anche se non residenti» non può che intendersi riferita ai trust, posto che la finalità della norma è quella di rendere il beneficiario residente “individuato” soggetto passivo con riferimento a tutti i redditi allo stesso imputati derivanti dalle attività del trust, a prescindere dalla residenza di quest’ultimo.

Resta fermo che se il reddito imputato sia stato prodotto dal trust in Italia ed ivi già tassato ai sensi dell’articolo 73 del Tuir, primo comma, lett. b) e c), lo stesso non sconterà ulteriore imposizione in capo al beneficiario residente.

Pertanto, qualora il reddito prodotto dal trust abbia già scontato una tassazione a titolo d’imposta o di imposta sostitutiva, detto reddito non concorre alla formazione della base imponibile fino a concorrenza del reddito già tassato, neanche in caso di imputazione per trasparenza, in capo al beneficiario individuato.

Trust trasparente residente e non residente

Nel caso di trust trasparente (vale a dire trust con “beneficiario individuato) il reddito prodotto dal trust è “imputato” al beneficiario “in ogni caso”, cioè “indipendentemente” dalla “effettiva percezione”, secondo un criterio di imputazione per trasparenza e, conseguentemente, tali redditi sono assoggettati ad imposizione in capo al beneficiario individuato (Cfr. articolo 73, comma 2, ultimo periodo del Tuir: “Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali.”).

Come chiarito dalla  circolare n. 48/E del 2007, perbeneficiario individuato” è da intendersi il beneficiario di “reddito individuato”, vale a dire il soggetto che esprime, rispetto a quel reddito, una capacità contributiva effettiva. È necessario, quindi, che il “beneficiario” sia puntualmente “individuato” e che risulti titolare del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza.

Conseguentemente, l’attribuzione effettiva al beneficiario individuato del reddito già tassato per imputazione in capo allo stesso non sarà imponibile dal  momento che si tratta del medesimo reddito.

Analogamente, se il reddito conseguito dal trust fruisce di un regime di non imponibilità o di esenzione previsto dalla normativa, la relativa attribuzione effettiva al beneficiario non dà luogo a tassazione in capo a quest’ultimo.

Trust opaco residente

Nel caso di trust opaco residente nel territorio dello Stato, ovvero di trust in cui il beneficiario non sia “individuato” nei termini sopra esposti, l’imposizione dei redditi da questo prodotto avviene nei confronti del trust stesso.

Come anticipato, il reddito prodotto dal trust opaco è assoggettato ad IRES in capo al trust, in quanto autonomo soggetto passivo di imposta, applicando le regole fiscali previste in base alla natura “commerciale” o “non commerciale” dell’attività svolta dal trust.

Trust opaco commerciale

Nel caso in cui il trust opaco si qualifichi comecommerciale, il reddito va determinato applicando le regole previste dagli articoli 81 e seguenti del Tuir in materia di reddito d’impresa, ivi inclusa la disciplina in materia di plusvalenze esenti (articolo 87) e di dividendi (articolo 89). Ne deriva che, in caso di distribuzione del reddito ai beneficiari “non individuati”, si rende applicabile l’articolo 44, comma 1, lettera e), del Tuir, che prevede la tassazione come reddito di capitale degli utili derivanti dalla partecipazione al patrimonio anche di enti, diversi dalle società, assoggettati ad IRES, tra i quali rientrano i trust. Tale impostazione risponde anche a ragioni di ordine logico-sistematico, laddove il trattamento fiscale dei redditi generati nell’ambito di un trust commerciale non differisce da quello riservato alle distribuzioni di utili da parte di soggetti IRES e risulta coerente con la circostanza che all’atto della distribuzione si configura (almeno in quel momento) un diritto patrimoniale sugli utili generati dal trust commerciale. Coerentemente con tale impostazione, si ritiene che alle distribuzioni effettuate a favore dei beneficiari si applichi anche la presunzione legale di cui all’articolo 47, comma 1, del Tuir, in base alla quale, ove nel patrimonio del trust siano presenti sia riserve di utili che di capitali, si considerano prioritariamente distribuite le riserve di utili, a prescindere dalla natura della riserva cui il trustee abbia imputato le somme distribuite ai beneficiari.

In relazione a tali distribuzioni, il trust opaco commerciale residente assume il ruolo di sostituto d’imposta, tenuto ad effettuare la ritenuta alla fonte nella misura del 26 per cento sui redditi distribuiti ai beneficiari persone fisiche, ai sensi dell’articolo 27, comma 1, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Ritenuta sui dividendi).

Qualora un trust opaco commerciale, prima della pubblicazione del presente documento di prassi, abbia effettuato distribuzioni senza l’applicazione della suddetta ritenuta, può procedere, ai sensi dell’articolo 10, comma 3, dello Statuto dei diritti del contribuente, al versamento dell’importo dovuto, maggiorato dei relativi interessi legali e senza applicazione delle sanzioni, tenuto conto che, nel caso specifico, ricorrono condizioni di obiettiva incertezza.

Trust opaco non commerciale

Nel caso in cui il trust si qualifichi come ente “non commerciale”, la base imponibile del reddito del trust, cui applicare l’aliquota IRES, deve essere determinata ai sensi del richiamato articolo 143 del Tuir. Tuttavia, diversamente dal caso di trust opaco avente natura commerciale, rimangono validi i chiarimenti resi nella circolare n. 48/E del 2007, tenuto conto del fatto che il trust opaco non commerciale, determinando i propri redditi imponibili in virtù dell’applicazione dell’articolo 143 del Tuir, determina il reddito imponibile con le medesime categorie reddituali e in applicazione delle medesime regole previste per le persone fisiche con la conseguenza che un’ulteriore eventuale tassazione al momento della distribuzione darebbe luogo a un’ulteriore (ingiustificata) tassazione in capo al beneficiario.

Trust opaco estero

In generale, il trust opaco estero è soggetto passivo in Italia per i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, ai sensi degli articoli 151 e 153 del Tuir e, ordinariamente, la relativa “attribuzione” al beneficiario non dà luogo a tassazione in capo allo stesso.

Tuttavia, come espressamente disciplinato dalla lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir, nel caso di trust opaco stabilito in Stati e territori che, con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust, si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis del Tuir, le “attribuzioni” a soggetti residenti in Italia (anche se non “beneficiari individuati (Secondo l’accezione attribuibile a tale espressione nel comma 2 dell’articolo 73 del Tuir)), assumono rilevanza reddituale in capo agli stessi.

In particolare, la richiamata lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir (modificata dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 13 (TRUST) del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili)) prevede che costituiscono redditi di capitale anche «i redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che con riferimento ai redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis del Tuir, anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati ai sensi dell’articolo 73 del Tuir».

Pertanto, se il trust opaco è stabilito in uno Stato o territorio che, con riferimento ai redditi ivi prodotti, integra un livello di tassazione inferiore alla metà di quello applicabile in Italia, in coerenza con l’interpretazione fornita già con la citata circolare 27 dicembre 2010, n. 61/E, le “attribuzioni” di reddito da parte del trust al beneficiario (anche se non “individuato”) sono assoggettate ad imposizione in capo allo stesso beneficiario come reddito di capitale e in base al criterio di cassa (“… redditi corrisposti …”).

In tal caso, infatti, alla tassazione ridotta in capo al trust estero corrisponde, comunque, l’imposizione in capo al beneficiario residente per le attribuzioni da parte del trust.

Tale posizione interpretativa e la novella legislativa di cui all’articolo 44 del Tuir, trovano fondamento nella circostanza che trattasi di redditi che non subiscono una tassazione congrua nella giurisdizione di stabilimento del trust prima di essere attribuiti ai soggetti residenti in Italia.

Le “attribuzioni” al beneficiario residente sono assoggettate ad imposizione in Italia sulla base del criterio di cassa che regola, in genere, la tassazione dei redditi di capitale, a differenza delle “attribuzioni” di trust trasparenti per le quali come detto vale il criterio di imputazione.

Allo scopo di evitare aggiramenti della disciplina in ragione del mero dato formale, o nominalistico, il legislatore ha esteso la medesima disciplina anche agli istituti che in sostanza incorporano le caratteristiche proprie dei trust, richiamando espressamente anche gli «istituti aventi analogo contenuto» al trust.

Al riguardo, si precisa che per individuare quali siano gli istituti aventi contenuto analogo si deve fare riferimento agli elementi essenziali e caratterizzanti dell’istituto del trust con un esame da effettuare caso per caso.

Tali disposizioni si applicano alla generalità dei trust opachi esteri “stabiliti” in predetti Stati o territori che si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis del Tuir.

Al riguardo, appare opportuno sottolineare che il rinvio all’articolo 47-bis del Tuir ha il fine di fornire una modalità di individuazione dei regimi fiscali applicati ai trust esteri nei Paesi di stabilimento che prefigurano un regime fiscale privilegiato.

Peraltro, la disposizione in questione prevede chiaramente che gli Stati esteri, sono considerati o meno a fiscalità privilegiata con esclusivo riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust ivi residente. Quindi, l’elemento che viene preso in considerazione, ai fini dell’applicazione della lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir, è il trattamento fiscale del trust.

Tenuto conto che le disposizioni dell’articolo 47-bis del Tuir sono riferibili a partecipazioni in società, le stesse si rendono applicabili nell’ambito in questione solo in quanto compatibili.

Pertanto, l’individuazione dei trust opachi esteri che godono di un regime fiscale privilegiato deve essere operata sulla base delle indicazioni contenute nella lettera b) del comma 1 dell’articolo 47-bis del Tuir (Richiamato dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 13 (TRUST) del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili)), secondo cui, come sopra accennato, con riferimento al trattamento dei redditi prodotti del trust, si considerano a fiscalità privilegiata gli Stati e territori, per i quali «il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia», considerando, anche i «regimi speciali che non siano applicabili strutturalmente alla generalità dei soggetti svolgenti analoga attività dell’impresa o dell’ente partecipato che risultino fruibili soltanto in funzione delle specifiche caratteristiche soggettive o temporali del beneficiario e che, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale al di sotto del predetto limite e sempreché, nel caso in cui il regime speciale riguardi solo particolari aspetti dell’attività economica complessivamente svolta dal soggetto estero, l’attività ricompresa nell’ambito di applicazione del regime speciale risulti prevalente, in termini di ricavi ordinari, rispetto alle altre attività svolte dal citato soggetto».

Ne consegue che il reddito di un trust opaco corrisposto ad un soggetto italiano, qualora il livello nominale di tassazione dei redditi prodotti dal trust sia inferiore al 50 di quello applicabile in Italia, è sempre considerato imponibile in Italia, ai sensi della lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir. In tali casi si deve tener conto anche di eventuali regimi speciali applicabili al trust che, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale.

A tal fine, occorre confrontare il livello nominale di tassazione del reddito prodotto dal trust nell’ordinamento fiscale nel quale il trust è stabilito, al momento di produzione del reddito, con l’aliquota Ires vigente nel medesimo periodo d’imposta, indipendentemente dalla natura commerciale o meno del trust.

Per i trust non commerciali che producono esclusivamente redditi di natura finanziaria, occorre confrontare il livello nominale di tassazione del Paese ove è stabilito il trust non residente con quello applicabile in Italia sui redditi di natura finanziaria soggetti alle imposte sostitutive o alle ritenute alla fonte a titolo di imposta vigenti nel periodo d’imposta assunto ai fini del confronto (generalmente nella misura del 26 per cento), facendo sempre riferimento al momento della produzione del reddito distribuzione.

Sulla base di quanto stabilito al comma 2 dell’articolo 47-bis del Tuir, che fa riferimento alla detenzione diretta o indiretta di “partecipazioni” in un’impresa o altro ente, non è applicabile il successivo comma 3 secondo cui il contribuente può interpellare, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b) della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. interpello probatorio), l’Amministrazione.

Tale ultima disposizione prevede che il contribuente può interpellare l’amministrazione per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente a «la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti».

Come chiarito nella circolare 1° aprile 2016, n. 9/E, con la locuzione «nei casi espressamente previsti» il legislatore, scegliendo un approccio fondato sulla tassatività dei casi, ha previsto la possibilità di ricorrere all’interpello probatorio nelle sole ipotesi, e per i soli soggetti, per i quali tale facoltà sia espressamente riconosciuta mediante l’espresso richiamo dell’articolo 11, comma 1, lettera b) della legge n. 212 del 2000.

Per quanto concerne il terminestabiliti utilizzato dal legislatore, si rileva che, in generale, lo stesso deve essere inteso con riferimento alla giurisdizione di residenza del trust in base alle relative regole, quale risultante al momento della “attribuzione” al beneficiario residente, fermo restando che il reddito distribuito sia stato tassato in capo al trust, al momento della produzione, nel rispetto del livello minimo di tassazione previsto dal citato articolo 47-bis del Tuir.

Qualora il criterio ivi utilizzato sia quello della sede di amministrazione ed il trust si consideri stabilito (rectius, fiscalmente residente) nel Paese in cui il trustee ha la propria residenza fiscale, in presenza di due co-trustee, di cui uno residente in uno Stato o Paese appartenente all’Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo (SEE) e uno stabilito in un Paese a fiscalità privilegiata, ai fini della individuazione della residenza (per l’applicazione dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies) occorre far riferimento allo Stato dove il trust è effettivamente assoggettato ad imposizione.

Analoghe considerazioni devono essere svolte nel caso in cui il criterio utilizzato sia quello dell’oggetto principale. Detto criterio è strettamente legato alla tipologia di trust (o analoghe istituzioni). Se l’oggetto del trust (beni vincolati nel trust) è dato da un patrimonio immobiliare situato interamente in Italia, l’individuazione della residenza è agevole; se invece i beni immobili sono situati in Stati diversi occorre fare riferimento al criterio della prevalenza. Nel caso di patrimoni mobiliari o misti, l’oggetto dovrà essere identificato con l’effettiva e concreta attività esercitata, essendo a tal fine irrilevante la residenza del trustee ovvero dei beneficiari. In altri termini, lo stabilimento (rectius, residenza) in uno Stato membro dell’Unione europea o aderente allo SEE, individuato nella prospettiva italiana sulla base dei criteri di cui all’articolo 73 del Tuir, non è in grado di disattivare l’applicazione della lettera g-sexies), nella ipotesi in cui il trust, in virtù della norma interna di tale Stato oppure della eventuale convenzione per evitare le doppie imposizioni da esso sottoscritta con uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata, risulti residente in quest’ultimo Stato.

Nel caso in cui il trust non sia considerato fiscalmente residente in uno Stato, secondo la legislazione di detto Stato, nonostante l’attività di amministrazione del trust sia ivi prevalentemente effettuata, ai fini dell’applicazione della norma in oggetto, il trust deve comunque considerarsi “stabilito” in quel Paese (ad es. i trust

«resident but not domiciled») qualora i redditi prodotti dal trust non subiscano in tale Paese alcuna imposizione né in capo al trust né in capo agli eventuali beneficiari residenti Italia.

Detta circostanza si può verificare, a titolo esemplificativo, con riferimento a trust, con più co-trustee, stabiliti nel Regno Unito. In tal caso, qualora il disponente non sia ivi residente né domiciliato (al momento della costituzione del trust e di eventuali apporti successivi) e vi sia almeno un trustee non residente o non domiciliato nel Regno Unito, i co-trustee (“single deemed person”) non sono considerati come ivi residenti, a prescindere dalla circostanza che vi sia una maggioranza di trustee inglesi o che l’amministrazione del trust venga effettuata nel Regno Unito. Di conseguenza questa tipologia di trust, pur avendo la sede dell’amministrazione nel Regno Unito, gode, in detto Paese dei vantaggi fiscali riservati ai trust offshore.

Analoghe considerazioni valgono anche nel caso in cui il trust sia considerato stabilito in uno Stato UE o SEE, se beneficia di un regime fiscale (di esenzione) previsto per i trust offshore (es. i trust stabiliti a Cipro).

Imponibili per Trust opaco o trasparente

Quando il trust è opaco (spesso si tratta di ente non commerciale) la base imponibile fiscale sarà data dalla somma delle varie categorie reddituali e il trust liquida l’IRES al 24%.

Diversamente se il trust è trasparente la base imponibile è determinata sempre con le stesse modalità dal trust e tuttavia il reddito, anziché scontare l’IRES al 24%, viene imputato ai beneficiari; il trust avrà cura di indicare il codice fiscale dei vari beneficiari, i quali avranno cura di indicare nella loro dichiarazione dei redditi (oltre al reddito) anche il codice fiscale del trust che glielo ha attribuito.

Il trust opaco non determina profili impositivi in capo ai beneficiari: una volta pagata l’IRES da parte del trust le successive attribuzioni di frutti ai beneficiari non sono soggetti a tassazione.

Il trust opaco estero è soggetto passivo in Italia per i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, ai sensi degli articoli 151 e 153 del Tuir e, ordinariamente, la relativa “attribuzione” al beneficiario non dà luogo a tassazione in capo allo stesso.

Tuttavia, nel caso di trust opaco stabilito in Stati e territori che si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis del Tuir, le “attribuzioni” a soggetti residenti in Italia (anche se non “beneficiari individuati (Secondo l’accezione attribuibile a tale espressione nel comma 2 dell’articolo 73 del Tuir)), assumono rilevanza reddituale in capo agli stessi.

L’interposizione del Trust

Nell’ipotesi in cui un trust è interposto formalmente nella titolarità di beni o attività (cosiddetta “interposizione fittizia”), il reddito di cui “appare titolare” il trust è assoggettato ad imposizione, per “imputazione”, direttamente in capo all’interponente residente in Italia secondo le categorie previste dall’articolo 6 del Tuir (sia esso il disponente o il beneficiario), considerando il trust quale soggetto interposto.

L’interposizione del trust, ai fini della tassazione del reddito dallo stesso prodotto, fa venir meno l’applicazione delle regole fiscali illustrate nei paragrafi precedenti con riferimento al trust sia opaco che trasparente.

In particolare, le attribuzioni effettuate dal trust interposto non generano redditi imponibili per il beneficiario (anche se diverso dall’interponente) (Ferma restando la rilevanza, ai fini dell’imposta di donazione e successione, delle attribuzioni effettuate dal trustee al beneficiario, comprensive anche dei redditi imponibili già tassati ai fini delle imposte sui redditi ove l’interponente sia il disponente. I predetti redditi imponibili invece sono esclusi dall’imposta sulle donazioni e successioni ove l’interponente sia invece il beneficiario destinatario delle attribuzioni), anche se il trust è istituito in un Paese a fiscalità privilegiata, a condizione che e nella misura in cui tali attribuzioni derivino da redditi che, in ragione dell’interposizione del trust, sono già stati assoggettati ad imposizione direttamente in capo all’interponente residente in Italia secondo le categorie previste dall’articolo 6 del Tuir.

Coerentemente con quanto appena illustrato, nell’ipotesi di decesso del soggetto disponente, tenuto conto della interposizione del trust tra i beni e i diritti che compongono l’attivo ereditario di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 sono inclusi anche quelli formalmente nella titolarità del trust, qualificato come interposto.

Determinazione dei redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44 comma 1 lettera g-sexies)

Ai fini della determinazione del reddito di capitale da assoggettare a tassazioni in capo al beneficiario (anche non “individuato”), il decreto ha inoltre introdotto una presunzione legale relativa con la finalità di assicurare l’imposizione dei redditi anche nel caso in cui il beneficiario della “attribuzione” non riceva dal trustee elementi idonei ad individuare la parte imponibile come reddito di capitale dell’attribuzione ricevuta.

In particolare, il comma 4-quater all’articolo 45 del Tuir (Introdotto dalla lettera b) del comma 1 dell’articolo 13 (TRUST) del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili)) prevede che

«Qualora in relazione alle attribuzioni di trust esteri, nonché di istituti aventi analogo contenuto, a beneficiari residenti in Italia, non sia possibile distinguere tra redditi e patrimonio, l’intero ammontare percepito costituisce reddito».

La norma detta una presunzione relativa, con la finalità di assicurare l’imposizione anche nel caso in cui il beneficiario della “attribuzione” effettuata dal trust opaco estero stabilito in giurisdizioni a fiscalità privilegiata non riceva dal trustee elementi idonei ad individuare la parte imponibile della stessa.

Con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione, sebbene la disposizione operi un generico riferimento ai “trust esteri”, si ritiene che la stessa si applichi, in linea di principio, ai trust opachi stabiliti in giurisdizioni a fiscalità privilegiata in quanto:

  • la relazione illustrativa nella parte in cui chiarisce che la modifica risolve «il problema inerente i redditi provenienti da trust opachi esteri per i quali spesso i beneficiari italiani si dicono impossibilitati a distinguere la parte delle attribuzioni riferibile al patrimonio del trust rispetto a quelle riferibili al reddito»;
  • sotto il profilo sistematico, come precisato al paragrafo 2.3, le attribuzioni da parte di trust opachi esteri a beneficiari residenti, ordinariamente, non danno luogo a tassazione in capo agli stessi.

Come anticipato in premessa, infatti, il decreto ha inteso prevedere regole puntuali sul trattamento dei redditi corrisposti da tali trust opachi stabiliti in giurisdizioni a fiscalità privilegiata, prevedendo l’inclusione delle relative “attribuzioni” tra i redditi di capitale di cui alla lettera g-sexies) e introducendo la presunzione relativa con il comma 4-quater.

L’applicazione della disposizione implica che sia operata una distinzione tra la quota di attribuzione riferibile:

  • al “patrimonio”, costituito dalla dotazione patrimoniale iniziale ed ogni eventuale successivo “trasferimento” effettuato dal disponente (o da terzi) a favore del trust;

e quella,

  • al “reddito”, costituito da ogni provento conseguito dal trust, compresi i redditi eventualmente reinvestiti o capitalizzati nel trust

Ai fini della applicazione della presunzione, occorre rideterminare il reddito secondo la normativa fiscale italiana.

Pertanto, l’intero ammontare percepito costituisce reddito di capitale per il beneficiario residente in Italia qualora non emerga, da apposita documentazione contabile ed extracontabile (ad esempio, a titolo meramente esemplificativo, rendicontazioni bancarie, finanziarie, ecc.) del trustee, la distinzione fra il “patrimonio” e il “reddito”, come sopra definiti.

A tal fine, il trustee deve mantenere una contabilità analitica che distingua la quota/attribuzione riferibile al valore dei beni in trust al momento del conferimento iniziale, al netto di eventuali attribuzioni di patrimonio effettuate a favore dei beneficiari, dalla quota riferibile ai redditi realizzati di anno in anno, al netto di eventuali attribuzioni a favore dei beneficiari.

L’eventuale distinzione, tra reddito e patrimonio, operata dalle delibere di distribuzione del trust, deve essere in ogni caso supportata dalla documentazione contabile del trust.

Ad esempio, nel caso di distribuzione del provento derivante dalla vendita di un bene, conferito in trust dal disponente, costituisce reddito la parte eccedente il costo o valore di acquisto del bene come risultante dalla documentazione contabile. Da ultimo si ricorda che, anche con riferimento ai redditi attribuiti da trust opachi stabiliti in giurisdizioni a fiscalità privilegiata da assoggettare ad imposizione nei confronti dei beneficiari residenti deve essere ricompresa la generalità dei redditi prodotti dal trust ovunque nel mondo e, che, qualora siano oggetto di attribuzione redditi di fonte italiana percepiti dal trust e già tassati nei suoi confronti in Italia, gli stessi non sono oggetto di imposizione nei confronti del beneficiario residente al quale sono attribuiti (Si veda quanto chiarito, relativamente a fattispecie analoghe, dalla circolare n. 48/E del 2007 circa il divieto di doppia imposizione ai sensi dell’articolo 163 del Tuir).

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L’amministrazione finanziaria ha chiarito che nei casi in cui l’agire del trustee sia limitato o condizionato dalla volontà del disponente o dei beneficiari, il trust, anche se esistente sotto il profilo civilistico, non rileva ai fini tributari: ne consegue che i redditi imputati al trust vengono riferiti al disponente.

I redditi imputati al beneficiario di trust costituiscono redditi di capitale.