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Trust Autodichiarato, Trust Autodestinato, Trust Autodichiarato ed Autodestinato

I soggetti del trust o, più correttamente, le “posizioni giuridiche“ del trust, sono generalmente tre, settlor/disponente, trustee e beneficiary/beneficiario:

  • il disponente, settlor, colui che promuove/istituisce il trust, il settlor (disponente) trasferisce l’intestazione (non la proprietà, così come è intesa nel diritto italiano) di quei beni perché vengano amministrati dall’amministratore/gestore, il trustee, nell’interesse dei beneficiari e nei limiti di quanto stabilito nell’atto istitutivo. Nella prassi il disponente opera un conferimento irrevocabile: i beni confluiscono nel fondo in via definitiva, uscendo dalla disponibilità materiale e giuridica (salvo riserve di usufrutto, possesso, ecc);
  • l’amministratore/gestore, il trustee, colui che gestisce i beni conferiti nel trust nell’interesse dei beneficiari e secondo quanto disposto nell’atto istitutivo. Il trustee, gestore giuridico della relazione che si instaura, per volontà del disponente, tra il trustee e i beneficiari,  è un proprietario limitato e temporaneo che agisce quale titolare fiduciario di una posizione funzionale e vincolata al soddisfacimento degli interessi dei beneficiari;
  • il beneficiario,  beneficiary, “posizione giuridica” espressa o implicita. Anche il beneficiary può essere una persona fisica o giuridica, un insieme di soggetti determinati anche genericamente e/o non ancora esistenti al momento della costituzione del trust, come spesso avviene nei trust costituiti a scopo benefico.

Posizione eventuale è quella del guardiano, Il settlor, al momento della costituzione del trust, può scegliere un protector per controllare la gestione del trust nell’interesse del beneficiary.

La Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 è l’accordo internazionale che, sancendo il riconoscimento di tal tipo di negozio fiduciario nei paesi aderenti, ha contribuito a delinearne i tratti essenziali trasferendo in norme positive gli elementi portanti di una prassi giuridico-commerciale che andava progressivamente diffondendosi.

La Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 relativa alla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento è stata resa esecutiva in Italia con L. 16 ottobre 1989 n. 364, entrata in vigore il 1
gennaio 1992.

Per effetto della   Legge del 16 ottobre 1989 n. 364 possono essere riconosciuti effetti giuridici in Italia solo ai trust costituiti secondo la legge di uno Stato che preveda il Trust nel proprio ordinamento giuridico quale istituto tipico così come previsto nella Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, contenuto minimo ed indefettibile.

L’art. 2 della Convenzione descrive le caratteristiche essenziali del trust:

“Articolo 2

Ai fini della presente Convenzione, il termine “trust” si riferisce ai rapporti giuridici creati – tra vivi o in caso di morte – da una persona, il disponente, quando i beni sono stati posti sotto il controllo di un trustee a beneficio di un beneficiario o per uno scopo specifico.

Un trust ha le seguenti caratteristiche:

A.  i beni costituiscono un fondo separato e non fanno parte del patrimonio del trustee;

B. la titolarità dei beni in trust è intestata al trustee o a nome di altra persona per conto del trustee;

C. il trustee ha il potere e il dovere, rispetto al quale risponde, di amministrare, impiegare o disporre dei beni secondo le condizioni del trust e gli obblighi speciali che gli sono imposti dalla legge.

La riserva da parte del disponente di determinati diritti e poteri, e il fatto che il trustee possa egli stesso avere diritti in qualità di beneficiario, non sono necessariamente incompatibili con l’esistenza di un trust.”

Le caratteristiche del trust, dettate dall’articolo 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, sono:

  • distinzione dei beni del trust dal patrimonio del trustee;
  •  intestazione degli stessi al trustee o ad altra persona per suo conto;
  • obbligatorietà della condotta del trustee nell’amministrazione, gestione e disponibilità dei beni secondo le finalità del trust e le norme particolari impostegli dalla legge regolatrice.

Il terzo comma dell’art. 2 della Convenzione, specificando le caratteristiche che deve avere un Trust, tra l’altro, dispone che;” La riserva da parte del disponente di determinati diritti e poteri, ed il fatto che il trustee possa egli stesso avere diritti in qualità di beneficiario, non sono necessariamente incompatibili con l’esistenza di un trust.”

Nel trust autodichiarato:

  • il disponente si autonomina trustee e, quindi, convergono sulla medesima persona il ruolo di disponente e quello di trustee;
  • non ha luogo il trasferimento dei beni, tipico del trust, che, però, tecnicamente fuoriescono dalla sfera patrimoniale del disponente;
  • i beni restano nella materiale disponibilità del disponente;
  • il disponente, pur mantenendo il controllo materiale dei beni, operando una separazione  all’interno del suo patrimonio, impone un vincolo di destinazione sui beni conferiti in trust.

In quanto al riconoscimento di un  trust autodichiarato, è sempre da tenere nella massima considerazione che lo scopo del trust deve poter essere sempre considerato meritevole secondo i principi dell’ordinamento giuridico di riferimento.

Negli ordinamenti che disciplinano il trust, si è evoluta  la nozione di trust simulato (“sham trust”), che si ha quando il disponente mantiene, anche in via di fatto, il controllo dei beni costituiti in trust, e ne dispone come cosa propria.

Come abbiamo visto, l’art. 2 della Convenzione richiede espressamente che i beni costituiti in trust siano posti sotto il controllo del trustee, nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato.

E’ pertanto essenziale, al fine del riconoscimento del trust, che il disponente perda effettivamente il controllo sui beni costituiti in trust, che deve spettare soltanto al trustee.
Secondo il terzo comma dell’art. 2 della Convenzione, il fatto che il disponente conservi alcuni diritti o alcune facoltà non è necessariamente incompatibile con l’esistenza di un trust, ma deve essere chiaro che il controllo spetta al trustee.

Il trust simulato (“sham trust”) è nullo fin dall’origine, e i beni si considerano a tutti gli effetti di proprietà del disponente.

Contro  la riconoscibilità in Italia del trust autodichiarato, vi è una consolidata giurisprudenza, che ha spesso ritenuto illegittimo il trust nel quale il disponente mantiene la disponibilità dei beni.

I vantaggi fiscali di un trust autodichiarato potrebbero essere:

  •  una ritardata imposizione ai fini delle imposte indirette in quanto queste non sono dovute al momento della costituzione del vincolo, ma solo al momento in cui vengono posti in essere gli atti con cui vengono attribuiti i beni vincolati in trust ai beneficiari (Vedi: Tassazione dei Trust ai fini delle imposte indirette);
  • se il reddito derivante dai beni conferiti in trust era, in capo al disponente,  soggetto ad un’elevata aliquota IRPEF, usufruire dell’aliquota IRES del 24% (Vedi: Tassazione dei Trust ai fini delle imposte sui redditi).

L’Agenzia delle entrate considera inesistenti, sotto il profilo fiscale, i trust nei quali il disponente si riserva poteri rilevanti sull’amministrazione del patrimonio o sulla sua destinazione (cosiddetti “trust interposti”), con conseguente tassazione dei redditi in capo al disponente.

Nel trust autodestinato convergono nel medesimo soggetto il ruolo del disponente e quello del beneficiario. 

È evidente che nel caso di un trust autodestinato bisogna porre un’elevata attenzione a tutti quei fattori che possono portare a considerare la non validità in Italia del trust.

Ricordiamo che lo scopo del trust deve potere essere sempre considerato meritevole secondo i principi dell’ordinamento giuridico di riferimento.

Fermo restando le condizioni generali affinché un trust possa essere riconosciuto valido, il trust autodestinato, (aggiungiamo) con più beneficiari, potrebbe essere valido per quanto attiene il terzo comma dell’art. 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 che dispone, come abbiamo visto, che: “ La riserva da parte del disponente di determinati diritti ……. non sono necessariamente incompatibili con l’esistenza di un trust.

Perché parliamo di trust autodestinato con più beneficiari, a parte, scusate se ci ripetiamo,  le condizioni generali affinché un trust possa considerarsi valido, il terzo comma dell’art. 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 testualmente dispone che non è necessariamente incompatibile con l’esistenza di un trust  il fatto che il disponente possa egli stesso avere determinati diritti.
Secondo noi se la Convenzione avesse voluto intendere che il disponente potesse rivestire egli stesso la figura di unico beneficiario si sarebbe espressa testualmente in tal senso e non disponendo che  “il disponente possa egli stesso avere determinati diritti”.

Inoltre, come minimo, dati i vantaggi fiscali che l’istituzione di un trust autodestinato potrebbe comportare questo sarà guardato sempre con sospetto dalle autorità fiscali.

Possiamo anche avere anche il caso di trust autodestinato ed autodichiarato in cui le tre  “posizioni giuridiche“ del trust, disponente, trustee e beneficiario confluiscono in un unico soggetto.

In questo caso, a maggior ragione, per le considerazioni fin qui poste, un trust autodestinato ed autodichiarato, in cui le tre  “posizioni giuridiche“ del trust confluiscono in un unico soggetto, non può essere considerato valido in Italia. 

 

 

Modalità dichiarative di un Trust ai fini delle imposte sui redditi

La Legge del 27/12/2006 n. 296 (legge finanziaria 2007) Articolo 1, comma 74 ha contribuito a colmare, seppur parzialmente, l’assenza di una disciplina fiscale specifica nell’ordinamento tributario nazionale in materia di TRUST, intervenendo sull’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 1, lettere b), c) e d) del Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.):

“Sono soggetti all’imposta sul reddito delle societa’:

………………………….

b) …………………………. i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciali;

c) …………………………. i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciale nonche’ gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato;(3)

d) le societa’ e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalita’ giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.”

L’Agenzia delle entrate  ha fornito  indicazioni circa l’applicazione al trust delle imposte dirette  con le circolari del:

Il 20 ottobre 2022 l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la circolare n. 34 /E . Il documento fa il punto sul trattamento fiscale dei trust alla luce delle ultime modifiche normative e degli orientamenti espressi dalla giurisprudenza.

Ai sensi dell’articolo 73 (Soggetti passivi) del  (T.U.I.R.)  il trust è annoverato tra i soggetti IRES e, come tale:

  • se residente in Italia è assoggettato a tassazione per i redditi ovunque prodotti;
  • se non residente, è assoggettato a tassazione solo con riferimento ai redditi prodotti in Italia.

Autonoma soggettività tributaria del Trust

Come abbiamo visto dall’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 1, lettere b), c) e d) del Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.), è stata riconosciuta al trust autonoma soggettività tributaria, stabilendo che i trust (residenti o non residenti) sono inclusi tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES).

In particolare, ai fini della determinazione del reddito del trust rilevano in Italia:

  • per i trust residenti nel territorio dello Stato che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, in quanto “enti commerciali” ai sensi della lettera b), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir, tutti i redditi ovunque prodotti;
  • per i trust residenti nel territorio dello Stato che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, in quanto “enti non commerciali” ai sensi della lettera c), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir, tutti  i redditi ovunque prodotti;
  • per i trust non residenti, i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, in quanto “enti non residenti” ai sensi della lettera d), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir, salvo le seguenti ipotesi:
    • beneficiario “individuato” residente ( Vedi dopo: Trust trasparente residente e non residente); e
    • beneficiario residente di trust opaco stabilito in Paesi a fiscalità privilegiata ( Vedi dopo: Trust opaco estero stabilito in Stati e territori che, con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust, si considerano a fiscalità privilegiata).

Nelle ultime due ipotesi citate (casi in cui si applica, rispettivamente, l’articolo 73, comma 2, del Tuir per i trust trasparenti non residenti (Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali.) e l’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies (Sono redditi di capitale …… i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti, nonche’ i redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalita’ privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis, anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati ai sensi dell’articolo 73), del Tuir per le attribuzioni da parte di trust opachi stabiliti in Stati aventi un regime fiscale privilegiato con riferimento ai redditi da essi prodotti) nei confronti del beneficiario residente (ai fini della imputazione o dell’attribuzione) rileva il reddito complessivamente prodotto dal trust non residente riferibile al beneficiario, indipendentemente dal rispetto del requisito di territorialità di cui all’articolo 23 del Tuir, superando il chiarimento fornito nel paragrafo 4.1 della circolare n. 48/E del 2007.

Per poter stabilire l’esatta tassazione e le relative modalità dichiarative di un Trust ai fini delle imposte sui redditi occore stabilire se questi è un Trust

  • residente o non residente. Il fatto che un Trust sia regolamentato da una legislazione estera non vuole affatto dire che questo sia un Trust estero. (A questo proposito vedi: La residenza fiscale dei trust)

e se è un Trust

e, ai fini della determinazione del reddito prodotto dal trust (sia opaco che trasparente), se l’attività svolta dal trust ha natura  natura

  • commerciale”(trust che abbia ad oggetto principale l’esercizio dell’attività di impresa e che possa essere qualificato sotto il profilo fiscale come ente commerciale) o “non commerciale

Se è un Trust è non residente bisogna verificare se questi sia

  • stabilito in Stati e territori considerati a fiscalità privilegiata in base all’articolo 47-bis del TUIR  (regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, qualora il livello nominale di tassazione dei redditi prodotti dal trust sia inferiore al 50 di quello applicabile in Italia), in relazione ai redditi prodotti dal trust;

o se

Quando il trust è opaco (spesso si tratta di ente non commerciale) la base imponibile fiscale sarà data dalla somma delle varie categorie reddituali e il trust liquida l’IRES al 24%.

Il trust opaco non determina profili impositivi in capo ai beneficiari: una volta pagata l’IRES da parte del trust le successive attribuzioni di frutti ai beneficiari non sono soggetti a tassazione.

Diversamente se il trust è trasparente la base imponibile è determinata sempre con le stesse modalità dal trust e tuttavia il reddito, anziché scontare l’IRES al 24%, viene imputato ai beneficiari; il trust avrà cura di indicare il codice fiscale dei vari beneficiari, i quali avranno cura di indicare nella loro dichiarazione dei redditi (oltre al reddito) anche il codice fiscale del trust che glielo ha attribuito.

Nel caso di trust trasparente il reddito ovunque conseguito è assoggettato a tassazione per trasparenza in capo al beneficiario (residente) come reddito di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies del TUIR.

Trust trasparente residente e non residente

Nel caso di trust trasparente (vale a dire trust con “beneficiario individuato”) il reddito prodotto dal trust è “imputato” al beneficiario “in ogni caso”, cioè “indipendentemente” dalla “effettiva percezione”, secondo un criterio di imputazione per trasparenza e, conseguentemente, tali redditi sono assoggettati ad imposizione in capo al beneficiario individuato.
A tali fini, come chiarito dalla circolare n. 48/E del 2007, per
“beneficiario individuato” è da intendersi il beneficiario di “reddito individuato”, vale a dire il soggetto che esprime, rispetto a quel reddito, una capacità contributiva effettiva. È necessario, quindi, che il “beneficiario” sia puntualmente “individuato”
e che risulti titolare del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza.
Conseguentemente, l’attribuzione effettiva al beneficiario individuato del reddito già tassato per imputazione in capo allo stesso non sarà imponibile dal momento che si tratta del medesimo reddito.
Analogamente, se il reddito conseguito dal trust fruisce di un regime di non imponibilità o di esenzione previsto dalla normativa, la relativa attribuzione effettiva al beneficiario non dà luogo a tassazione in capo a quest’ultimo. 

Con riferimento ai trust con beneficiari individuati (trust trasparenti),  il comma 2 dell’articolo 73 del TUIR prevede che:Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazioni individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero in mancanza in parti uguali.

Pertanto, i Trust trasparenti determinano il reddito complessivo senza dover liquidare l’imposta.

In tal caso si dovrà prima determinare il reddito in base alla tipologia di Trust trasparente:

In particolare:

  • nel caso di trust  trasparente residente nel territorio dello Stato che ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, il reddito è determinato secondo le regole previste per i soggetti IRES che esercitano attività commerciale (Codice  natura giuridica rivestita 54 – Quadro RF del Modello SC);
  • nel caso di trust trasparente residente nel territorio dello Stato che non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, il reddito è determinato secondo le regole previste per gli enti non commerciali ai sensi dell’articolo 143 del Tuir, secondo cui «Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 73 (i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciale) è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva» (somma dei redditi positivi determinati nei vari quadri (Codice  natura giuridica rivestita 54 – Modello ENC somma dei quadri es. RA, RB, RD, RE, RF) ;
  • nel caso di trust  trasparente non residente che ha per oggetto
    esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale
    , il reddito prodotto in Italia è determinato ai sensi dell’articolo 151 del Tuir (Reddito complessivo delle societa’ e degli enti commerciali non residenti). (Codice  natura giuridica rivestita 44 – Il reddito complessivo dei trust  trasparenti non residenti (di cui alla lettera d) del comma 1 dell’art. 73 del TUIR) è dichiarato nel modello REDDITI SC.
    Il predetto reddito è formato soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato, di cui all’art. 23 del TUIR,
    ad esclusione di quelli esenti da imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva (si veda il paragrafo 2.4.3 “Società ed enti non residenti nel territorio dello Stato” contenuto nelle “Istruzioni generali dei modelli “Redditi” 2023 delle società e degli enti REDDITI SC – REDDITI ENC –
    REDDITI SP”). I redditi concorrono a formare il reddito complessivo della società o ente commerciale non residente (indicato
    nel quadro RN) e sono determinati secondo le disposizioni del Titolo I del TUIR, relative alle categorie nelle quali rientrano (indicate nei quadri RA, RB, RL, RT, nonché RH per i redditi di partecipazione), ad eccezione dei redditi d’impresa (indicati nel quadro RF) derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante
    stabili organizzazioni, di cui all’art. 23, comma 1, lett. e) del TUIR, ai quali si applicano le disposizioni previste dall’art. 152 del TUIR (Reddito di societa’ ed enti commerciali non residenti derivante da attivita’ svolte nel territorio dello Stato mediante stabile organizzazione)
    ;
  • nel caso di trust trasparente non residente che non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, il reddito prodotto in Italia è determinato ai sensi dell’articolo 153 del Tuir(Reddito complessivo degli enti non commerciali non residenti) (Codice  natura giuridica rivestita 44 –  Modello ENC somma dei quadri es. RA, RB, RD, RE, RF) .

Successivamente si dovrà compilare il Quadro PN (Imputazione del reddito del Trust) del Modello della Dichiarazione dei redditi, nel Modello ENC per i Trust non commerciali, nel Modello SC per i Trust commerciali

Vedi:

IMPUTAZIONE DEL REDDITO DEL TRUST NON COMMERCIALE TRASPARENTE – DICHIARAZIONE DEI REDDITI – Modello ENC 2023 – QUADRO PN

IMPUTAZIONE DEL REDDITO DEL TRUST COMMERCIALE TRASPARENTE – DICHIARAZIONE DEI REDDITI – Modello SC 2023 – QUADRO PN

Nella Sezione V del Quadro PN vanno indicati i redditi prodotti all’estero nei periodi d’imposta in cui il trust risulta trasparente e le relative imposte resesi definitive.

La Sezione VII del Quadro PN è dedicata ai Redditi o alle Perdite da imputare ai beneficiari 

Dichiarazione dei redditi del beneficiario del trust trasparente

I redditi imputati ai beneficiari di Trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti sono qualificati redditi di capitale, ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies), prima parte, del TUIR.

Le “attribuzioni” al beneficiario residente sono assoggettate ad imposizione in Italia sulla base del criterio di imputazione a differenza del criterio di cassa che regola, in genere, la tassazione dei redditi di capitale.

Nel caso di trust trasparente, il reddito ovunque conseguito è assoggettato a tassazione per trasparenza in capo al beneficiario (residente) come reddito di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies), del Tuir.

Qualora il beneficiario sia una persona fisica, tale reddito, imputato «in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali» (Cfr. ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 73 del Tuir), concorre alla formazione del reddito complessivo che è tassato con le aliquote progressive Irpef.

La circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022 chiarisce che: “in caso di trust trasparente il reddito “imputato” al beneficiario residente è tassato come reddito di capitale, a prescindere dalla circostanza che il trust sia o meno residente in Italia.

Ai sensi della richiamato articolo 44, comma 1, lettera g-sexies), del Tuir sono considerati redditi di capitale «i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti».

In base a tale disposizione (articolo 44, comma 1, lettera g-sexies del TUIR ), in caso di trust trasparente il reddito “imputato” al beneficiario residente è tassato come reddito di capitale, a prescindere dalla circostanza che il trust sia o meno residente in Italia.

Al riguardo, come chiarito nella circolare n. 61/E del 2010, l’espressione «anche se non residenti» non può che intendersi riferita ai trust, posto che la finalità della norma è quella di rendere il beneficiario residente “individuato” soggetto passivo con riferimento a tutti i redditi allo stesso imputati derivanti dalle attività del trust, a prescindere dalla residenza di quest’ultimo.

Quindi il beneficiario del Trust dovrà compilare il Quadro RL del Modello Dichiarazione dei redditi Persone Fisiche – SEZIONE I-B – Redditi di capitale imputati da Trust

Vedi: Redditi di capitale imputati da Trust trasparenti o misti residenti e non residenti di cui all’art. 73, comma 2, del TUIR

I dati indicati nel rigo RL4 del Quadro RL del Modello Dichiarazione dei redditi Persone Fisiche – SEZIONE I-B – Redditi di capitale imputati da Trust – vanno riportati nei corrispondenti righi del quadro RN (Colonna 5 (Reddito complessivo) del Rigo RN1 – Reddito complessivo )

Resta fermo che se il reddito imputato sia stato prodotto dal trust in Italia ed ivi già tassato ai sensi dell’articolo 73 del Tuir, primo comma, lett. b) e c), lo stesso non sconterà ulteriore imposizione in capo al beneficiario residente.

Pertanto, qualora il reddito prodotto dal trust abbia già scontato una tassazione a titolo d’imposta o di imposta sostitutiva, detto reddito non concorre alla formazione della base imponibile fino a concorrenza del reddito già tassato, neanche in caso di imputazione per trasparenza, in capo al beneficiario individuato.

Trust opaco

In particolare,

  • nel caso di trust  opaco residente nel territorio dello Stato il reddito è determinato:
    • Se ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commercialesecondo le regole previste per i soggetti IRES che esercitano attività commerciale (Codice  natura giuridica rivestita 54 – Quadro RF del Modello SC);
    • Se non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commercialesecondo le regole previste per gli enti non commerciali ai sensi dell’articolo 143 del Tuir, secondo cui «Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 73 (i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciale) è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva» (somma dei redditi positivi determinati nei vari quadri (Codice  natura giuridica rivestita 54 – Modello ENC somma dei quadri es. RA, RB, RD, RE, RF) ;
  • nel caso di trust  opaco non residente nel territorio dello Stato il reddito prodotto in Italia è determinato:
    • Se ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale,  ai sensi dell’articolo 151 del Tuir (Reddito complessivo delle societa’ e degli enti commerciali non residenti). (Codice  natura giuridica rivestita 44 – Il reddito complessivo dei trust  non residenti (di cui alla lettera d) del comma 1 dell’art. 73 del TUIR) è dichiarato nel modello REDDITI SC.
      Il predetto reddito è formato soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato, di cui all’art. 23 del TUIR,
      ad esclusione di quelli esenti da imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva (si veda il paragrafo 2.4.3 “Società ed enti non residenti nel territorio dello Stato” contenuto nelle “Istruzioni generali dei modelli “Redditi” 2023 delle società e degli enti REDDITI SC – REDDITI ENC – REDDITI SP”). I redditi concorrono a formare il reddito complessivo della società o ente commerciale non residente (indicato nel quadro RN) e sono determinati secondo le disposizioni del Titolo I del TUIR, relative alle categorie nelle quali rientrano (indicate nei quadri RA, RB, RL, RT, nonché RH per i redditi di partecipazione), ad eccezione dei redditi d’impresa (indicati nel quadro RF) derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni, di cui all’art. 23, comma 1, lett. e) del TUIR, ai quali si applicano le disposizioni previste dall’art. 152 del TUIR (Reddito di societa’ ed enti commerciali non residenti derivante da attivita’ svolte nel territorio dello Stato mediante stabile organizzazione)
      ;
    • Se non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale,  ai sensi dell’articolo 153 del Tuir(Reddito complessivo degli enti non commerciali non residenti) (Codice  natura giuridica rivestita 44 –  Modello ENC Quadro RN: Il reddito è dato dalla somma dei quadri es. RA, RB, RD, RE, RF) .

Trust opaco residente

Nel caso di trust opaco residente nel territorio dello Stato, ovvero di trust in cui il beneficiario non sia “individuato”, l’imposizione dei redditi da questo prodotto avviene nei confronti del trust stesso.

Il reddito prodotto dal trust opaco è assoggettato ad IRES in capo al trust, in quanto autonomo soggetto passivo di imposta, applicando le regole fiscali previste in base alla natura “commerciale” o “non commerciale” dell’attività svolta dal trust.

Trust opaco commerciale residente
(Codice  natura giuridica rivestita 54 – Il reddito d’impresa è determinato nel Quadro RF del Modello SC – Liquidazione dell’imposta Quadro RN)

Nel caso in cui il trust opaco si qualifichi comecommerciale, il reddito va determinato applicando le regole previste dagli articoli 81 e seguenti del Tuir in materia di reddito d’impresa, ivi inclusa la disciplina in materia di plusvalenze esenti (articolo 87) e di dividendi (articolo 89). Ne deriva che, in caso di distribuzione del reddito ai beneficiari “non individuati”, si rende applicabile l’articolo 44, comma 1, lettera e), del Tuir, che prevede la tassazione come reddito di capitale degli utili derivanti dalla partecipazione al patrimonio anche di enti, diversi dalle società, assoggettati ad IRES, tra i quali rientrano i trust. Tale impostazione risponde anche a ragioni di ordine logico-sistematico, laddove il trattamento fiscale dei redditi generati nell’ambito di un trust commerciale non differisce da quello riservato alle distribuzioni di utili da parte di soggetti IRES e risulta coerente con la circostanza che all’atto della distribuzione si configura (almeno in quel momento) un diritto patrimoniale sugli utili generati dal trust commerciale. Coerentemente con tale impostazione, si ritiene che alle distribuzioni effettuate a favore dei beneficiari si applichi anche la presunzione legale di cui all’articolo 47, comma 1, del Tuir, in base alla quale, ove nel patrimonio del trust siano presenti sia riserve di utili che di capitali, si considerano prioritariamente distribuite le riserve di utili, a prescindere dalla natura della riserva cui il trustee abbia imputato le somme distribuite ai beneficiari.

In relazione a tali distribuzioni, il trust opaco commerciale residente assume il ruolo di sostituto d’imposta, tenuto ad effettuare la ritenuta alla fonte a titolo d’imposta nella misura del 26 per cento sui redditi distribuiti ai beneficiari persone fisiche, ai sensi dell’articolo 27, comma 1, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Ritenuta sui dividendi).

Trust opaco non commerciale residente
(Codice  natura giuridica rivestita 54 – Modello ENC Quadro RN: Il reddito è dato dalla somma dei quadri es. RA, RB, RD, RE, RF)

Nel caso in cui il trust si qualifichi come ente “non commerciale”, la base imponibile del reddito del trust, cui applicare l’aliquota IRES, deve essere determinata ai sensi del richiamato articolo 143 del Tuir. Tuttavia, diversamente dal caso di trust opaco avente natura commerciale, rimangono validi i chiarimenti resi nella circolare n. 48/E del 2007, tenuto conto del fatto che il trust opaco non commerciale, determinando i propri redditi imponibili in virtù dell’applicazione dell’articolo 143 del Tuir, determina il reddito imponibile con le medesime categorie reddituali e in applicazione delle medesime regole previste per le persone fisiche con la conseguenza che un’ulteriore eventuale tassazione al momento della distribuzione darebbe luogo a un’ulteriore (ingiustificata) tassazione in capo al beneficiario.

Trust misto

E’ possibile che un trust sia al contempo opaco e trasparente. Ciò avviene, ad esempio, quando l’atto istitutivo preveda che parte del reddito di un trust sia accantonata a capitale e parte sia invece attribuita ai beneficiari. In questo caso, il reddito accantonato sarà tassato in capo al trust mentre il reddito
attribuito ai beneficiari, qualora ne ricorrano i presupposti, vale a dire quando i beneficiari abbiano diritto di percepire il reddito, sarà imputato a questi ultimi.
Dopo aver determinato il reddito del trust, il trustee indicherà la parte di esso attribuito al trust – sulla quale il trust stesso assolverà l’IRES – nonché la parte imputata per trasparenza ai beneficiari – su cui questi ultimi assolveranno le imposte sul reddito.

Al Trust misto sono dedicati i righi RF66 e RF67 del quadro RF del modello SC.

Nel rigo RF66, colonna 3, va indicato il reddito o la perdita di cui al rigo RF63. Nelle colonne 1 e 2 va indicata, in caso di Trust misto, la quota del predetto reddito o perdita da riportare rispettivamente nel quadro PN e nel quadro RN.
Nel rigo RF67, colonna 3, va indicato l’ammontare delle perdite di periodi d’imposta precedenti utilizzabili in diminuzione del reddito conseguito dal Trust. Nelle colonne 1 e 2 va indicata, in caso di Trust misto, la quota delle predette perdite da riportare rispettivamente nel quadro PN e nel quadro RN.

Trust opaco non residente

In generale, il trust opaco estero è soggetto passivo in Italia per i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, ai sensi degli articoli 151 e 153 del Tuir e, ordinariamente, la relativa “attribuzione” al beneficiario non dà luogo a tassazione in capo allo stesso.

Se il trust estero è “opaco” e non produce redditi in Italia,  è soggetto passivo d’imposta nello Stato estero di sua residenza (e non in Italia) e come tale paga  le imposte  nello Stato estero e, poiché il trust non è “trasparente”, neppure i beneficiari devono pagare imposte in Italia.

Trust opaco estero stabilito in Stati e territori che, con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust, si considerano a fiscalità privilegiata

L’articolo 13 (TRUST) del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili), interviene a modifica delle norme del TUIR che disciplinano il trattamento fiscale dei redditi attribuiti da trust esteri a beneficiari italiani. In particolare dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 13 viene modificato l’articolo 44 (Redditi di capitale), comma 1, lettera g-sexies),del TUIR, al fine di qualificare come redditi di capitale assoggettabili ad IRPEF anche quelli corrisposti da trust opachi (e istituti analoghi) stabiliti in Stati e territori considerati a fiscalità privilegiata in base all’articolo 47-bis del TUIR (regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, qualora il livello nominale di tassazione dei redditi prodotti dal trust sia inferiore al 50 di quello applicabile in Italia), in relazione ai redditi prodotti dal trust.

Articolo 44 (Redditi di capitale), comma 1, lettera g-sexies),del TUIR: “ i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti, nonche’ i redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalita’ privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis , anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati ai sensi dell’articolo 73“.

In generale, come abbiamo visto, il trust opaco estero è soggetto passivo in Italia per i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, ai sensi degli articoli 151 e 153 del TUIR e, ordinariamente, la relativa “attribuzione” al beneficiario non dà luogo a tassazione
in capo allo stesso.
Tuttavia, come espressamente disciplinato dall’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies),del TUIR, nel caso di trust opaco stabilito in Stati e territori che, con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust, si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis del TUIR , le “attribuzioni” a soggetti residenti in Italia (anche se non “beneficiari individuati”, assumono rilevanza reddituale in capo agli stessi.

Pertanto, se il trust opaco è stabilito in uno Stato o territorio che, con riferimento ai redditi ivi prodotti, integra un livello di tassazione (nominale) inferiore alla metà di quello applicabile in Italia, in coerenza con l’interpretazione fornita già con la circolare n. 61/E del 2010, le “attribuzioni” di reddito da parte del trust al beneficiario (anche se non “individuato”) sono assoggettate ad imposizione in capo allo stesso beneficiario come reddito di capitale e in base al criterio di cassa (“…redditi corrisposti …”).

Le “attribuzioni” al beneficiario residente sono assoggettate ad imposizione in Italia sulla base del criterio di cassa che regola, in genere, la tassazione dei redditi di capitale, a differenza delle “attribuzioni” di trust trasparenti per le quali  vale il criterio di imputazione.

Tali disposizioni si applicano alla generalità dei trust opachi esteri “stabiliti” in predetti Stati o territori che si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis del Tuir.

Al riguardo, appare opportuno sottolineare che il rinvio all’articolo 47-bis del Tuir ha il fine di fornire una modalità di individuazione dei regimi fiscali applicati ai trust esteri nei Paesi di stabilimento che prefigurano un regime fiscale privilegiato.

Peraltro, la disposizione in questione prevede chiaramente che gli Stati esteri, sono considerati o meno a fiscalità privilegiata con esclusivo riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust ivi residente. Quindi, l’elemento che viene preso in considerazione, ai fini dell’applicazione della lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir, è il trattamento fiscale del trust.

Tenuto conto che le disposizioni dell’articolo 47-bis del Tuir sono riferibili a partecipazioni in società, le stesse si rendono applicabili nell’ambito in questione solo in quanto compatibili.

Pertanto, l’individuazione dei trust opachi esteri che godono di un regime fiscale privilegiato deve essere operata sulla base delle indicazioni contenute nella lettera b) del comma 1 dell’articolo 47-bis del Tuir (Richiamato dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 13 (TRUST) del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili)), secondo cui, come sopra accennato, con riferimento al trattamento dei redditi prodotti del trust, si considerano a fiscalità privilegiata gli Stati e territori, per i quali «il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia», considerando, anche i «regimi speciali che non siano applicabili strutturalmente alla generalità dei soggetti svolgenti analoga attività dell’impresa o dell’ente partecipato che risultino fruibili soltanto in funzione delle specifiche caratteristiche soggettive o temporali del beneficiario e che, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale al di sotto del predetto limite e sempreché, nel caso in cui il regime speciale riguardi solo particolari aspetti dell’attività economica complessivamente svolta dal soggetto estero, l’attività ricompresa nell’ambito di applicazione del regime speciale risulti prevalente, in termini di ricavi ordinari, rispetto alle altre attività svolte dal citato soggetto».

Ne consegue che il reddito di un trust opaco corrisposto ad un soggetto italiano, qualora il livello nominale di tassazione dei redditi prodotti dal trust sia inferiore al 50 di quello applicabile in Italia, è sempre considerato imponibile in Italia, ai sensi della lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir. In tali casi si deve tener conto anche di eventuali regimi speciali applicabili al trust che, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale.

A tal fine, occorre confrontare il livello nominale di tassazione del reddito prodotto dal trust nell’ordinamento fiscale nel quale il trust è stabilito, al momento di produzione del reddito, con l’aliquota Ires vigente nel medesimo periodo d’imposta, indipendentemente dalla natura commerciale o meno del trust.

Per i trust non commerciali che producono esclusivamente redditi di natura finanziaria, occorre confrontare il livello nominale di tassazione del Paese ove è stabilito il trust non residente con quello applicabile in Italia sui redditi di natura finanziaria soggetti alle imposte sostitutive o alle ritenute alla fonte a titolo di imposta vigenti nel periodo d’imposta assunto ai fini del confronto (generalmente nella misura del 26 per cento), facendo sempre riferimento al momento della produzione del reddito distribuzione.

Sulla base di quanto stabilito al comma 2 dell’articolo 47-bis del Tuir, che fa riferimento alla detenzione diretta o indiretta di “partecipazioni” in un’impresa o altro ente, non è applicabile il successivo comma 3 secondo cui il contribuente può interpellare, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b) della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. interpello probatorio), l’Amministrazione.

Tale ultima disposizione prevede che il contribuente può interpellare l’amministrazione per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente a «la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti».

Come chiarito nella circolare 1° aprile 2016, n. 9/E, con la locuzione «nei casi espressamente previsti» il legislatore, scegliendo un approccio fondato sulla tassatività dei casi, ha previsto la possibilità di ricorrere all’interpello probatorio nelle sole ipotesi, e per i soli soggetti, per i quali tale facoltà sia espressamente riconosciuta mediante l’espresso richiamo dell’articolo 11, comma 1, lettera b) della legge n. 212 del 2000.

Per quanto concerne il terminestabiliti utilizzato dal legislatore, si rileva che, in generale, lo stesso deve essere inteso con riferimento alla giurisdizione di residenza del trust in base alle relative regole, quale risultante al momento della “attribuzione” al beneficiario residente, fermo restando che il reddito distribuito sia stato tassato in capo al trust, al momento della produzione, nel rispetto del livello minimo di tassazione previsto dal citato articolo 47-bis del Tuir.

Qualora il criterio ivi utilizzato sia quello della sede di amministrazione ed il trust si consideri stabilito (rectius, fiscalmente residente) nel Paese in cui il trustee ha la propria residenza fiscale, in presenza di due co-trustee, di cui uno residente in uno Stato o Paese appartenente all’Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo (SEE) e uno stabilito in un Paese a fiscalità privilegiata, ai fini della individuazione della residenza (per l’applicazione della lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir) occorre far riferimento allo Stato dove il trust è effettivamente assoggettato ad imposizione.

Analoghe considerazioni devono essere svolte nel caso in cui il criterio utilizzato sia quello dell’oggetto principale. Detto criterio è strettamente legato alla tipologia di trust (o analoghe istituzioni). Se l’oggetto del trust (beni vincolati nel trust) è dato da un patrimonio immobiliare situato interamente in Italia, l’individuazione della residenza è agevole; se invece i beni immobili sono situati in Stati diversi occorre fare riferimento al criterio della prevalenza. Nel caso di patrimoni mobiliari o misti, l’oggetto dovrà essere identificato con l’effettiva e concreta attività esercitata, essendo a tal fine irrilevante la residenza del trustee ovvero dei beneficiari. In altri termini, lo stabilimento (rectius, residenza) in uno Stato membro dell’Unione europea o aderente allo SEE, individuato nella prospettiva italiana sulla base dei criteri di cui all’articolo 73 del Tuir, non è in grado di disattivare l’applicazione della lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir, nella ipotesi in cui il trust, in virtù della norma interna di tale Stato oppure della eventuale convenzione per evitare le doppie imposizioni da esso sottoscritta con uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata, risulti residente in quest’ultimo Stato.

Nel caso in cui il trust non sia considerato fiscalmente residente in uno Stato, secondo la legislazione di detto Stato, nonostante l’attività di amministrazione del trust sia ivi prevalentemente effettuata, ai fini dell’applicazione della norma in oggetto, il trust deve comunque considerarsi “stabilito” in quel Paese (ad es. i trust

«resident but not domiciled») qualora i redditi prodotti dal trust non subiscano in tale Paese alcuna imposizione né in capo al trust né in capo agli eventuali beneficiari residenti Italia.

Detta circostanza si può verificare, a titolo esemplificativo, con riferimento a trust, con più co-trustee, stabiliti nel Regno Unito. In tal caso, qualora il disponente non sia ivi residente né domiciliato (al momento della costituzione del trust e di eventuali apporti successivi) e vi sia almeno un trustee non residente o non domiciliato nel Regno Unito, i co-trustee (“single deemed person”) non sono considerati come ivi residenti, a prescindere dalla circostanza che vi sia una maggioranza di trustee inglesi o che l’amministrazione del trust venga effettuata nel Regno Unito. Di conseguenza questa tipologia di trust, pur avendo la sede dell’amministrazione nel Regno Unito, gode, in detto Paese dei vantaggi fiscali riservati ai trust offshore.

Analoghe considerazioni valgono anche nel caso in cui il trust sia considerato stabilito in uno Stato UE o SEE, se beneficia di un regime fiscale (di esenzione) previsto per i trust offshore (es. i trust stabiliti a Cipro).

Dichiarazione dei redditi del beneficiario del trust opaco stabilito in Stati e territori considerati a fiscalità privilegiata

Il beneficiario del trust opaco stabilito in Stati e territori che, con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust, sono considerati a fiscalità privilegiata in base all’articolo 47-bis del TUIR (regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, qualora il livello nominale di tassazione dei redditi prodotti dal trust sia inferiore al 50 di quello applicabile in Italia) dovrà compilare il Quadro RL del Modello Dichiarazione dei redditi Persone Fisiche – SEZIONE I-A – Redditi di capitale, indicando nella colonna 1 del Rigo RL2 il codice 9,  nella colonna 2 l’importo relativo alla tipologia di reddito indicato;
nella colonna 3 l’importo complessivo delle ritenute d’acconto subite.
Nel rigo RL3, va indicata nelle rispettive colonne, la somma degli importi esposti nei righi da RL1 a RL2. L’importo indicato al rigo RL3, colonna 2 (somma dei redditi), sommato agli altri redditi Irpef, deve essere riportato nel rigo RN1, colonna 5, del quadro RN. L’importo indicato al rigo RL3, colonna 3 (somma delle ritenute subite), deve essere sommato alle altre ritenute e riportato nel rigo RN33 , colonna 4, del quadro RN. 

Trust  istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis

L’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 3,  seconda parte, del Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.) dispone che: ” .… Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato ….. salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre,residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprieta’ di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonche’ vincoli di destinazione sugli stessi.”

Quindi, ai sensi dell’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 3,  del  (T.U.I.R.) si considerano  residenti in Italia i Trust istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis (Decreto del 04/09/1996 – Min. Finanze (Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni)

  • salvo prova contraria, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti in Italia;
  • quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprieta’ di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonche’ vincoli di destinazione sugli stessi.

Ai sensi del Decreto del 04/09/1996 – Min. Finanze, Modificato dal Decreto del 23/03/2017 Articolo 1

Gli Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni sono:

Albania;
Alderney;
Algeria;
Andorra;
Anguilla;
Arabia Saudita;
Argentina;
Armenia;
Aruba;
Australia;
Austria;
Azerbaijan;
Bangladesh;
Barbados;
Belgio;
Belize;
Bermuda;
Bielorussia;
Bosnia Erzegovina;
Brasile;
Bulgaria;
Camerun;
Canada;
Cile;
Cina;
Cipro;
Colombia;
Congo (Repubblica del Congo);
Corea del Sud;
Costa d’Avorio;
Costa Rica;
Croazia;
Curacao;
Danimarca;
Ecuador;
Egitto;
Emirati Arabi Uniti;
Estonia;
Etiopia;
Federazione Russa;
Filippine;
Finlandia;
Francia;
Georgia;
Germania;
Ghana;
Giappone;
Gibilterra;
Giordania;
Grecia;
Groenlandia;
Guernsey;
Herm;
Hong Kong;
India;
Indonesia;
Irlanda;
Islanda;
Isola di Man;
Isole Cayman;
Isole Cook;
Isole Faroe;
Isole Turks e Caicos;
Isole Vergini Britanniche;
Israele;
Jersey;
Kazakistan;
Kirghizistan;
Kuwait;
Lettonia;
Libano;
Liechtenstein;
Lituania;
Lussemburgo;
Macedonia;
Malaysia;
Malta;
Marocco;
Mauritius;
Messico;
Moldova;
Monaco;
Montenegro;
Montserrat;
Mozambico;
Nauru;
Nigeria;
Niue;
Norvegia;
Nuova Zelanda;
Oman;
Paesi Bassi;
Pakistan;
Polonia;
Portogallo;
Qatar;
Regno Unito;
Repubblica Ceca;
Repubblica Slovacca;
Romania;
Saint Kitts e Nevis;
Saint Vincent e Grenadine;
Samoa;
San Marino;
Santa Sede;
Senegal;
Serbia;
Seychelles;
Singapore;
Sint Maarten;
Siria;
Slovenia;
Spagna;
Sri Lanka;
Stati Uniti d’America;
Sud Africa;
Svezia;
Svizzera;
Tagikistan;
Taiwan;
Tanzania;
Thailandia;
Trinitad e Tobago;
Tunisia;
Turchia;
Turkmenistan;
Ucraina;
Uganda;
Ungheria;
Uruguay;
Uzbekistan;
Venezuela;
Vietnam;
Zambia.

In tal caso si dovrà determinare il reddito e le modalità dichiarative in base alla tipologia di Trust residente, ricordando che:

  • Quando il trust è opaco (spesso si tratta di ente non commerciale) la base imponibile fiscale sarà data dalla somma delle varie categorie reddituali e il trust liquida l’IRES al 24%. Il trust opaco non determina profili impositivi in capo ai beneficiari: una volta pagata l’IRES da parte del trust le successive attribuzioni di frutti ai beneficiari non sono soggetti a tassazione.
  • Diversamente se il trust è trasparente la base imponibile è determinata sempre con le stesse modalità dal trust e tuttavia il reddito, anziché scontare l’IRES al 24%, viene imputato ai beneficiari; il trust avrà cura di indicare il codice fiscale dei vari beneficiari, i quali avranno cura di indicare nella loro dichiarazione dei redditi (oltre al reddito) anche il codice fiscale del trust che glielo ha attribuito.

In particolare:

  • nel caso di trust trasparente residente nel territorio dello Stato:
    • che ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, il reddito è determinato secondo le regole previste per i soggetti IRES che esercitano attività commerciale (Codice  natura giuridica rivestita 54 – Quadro RF del Modello SC);
    • che non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, il reddito è determinato secondo le regole previste per gli enti non commerciali ai sensi dell’articolo 143 del Tuir, secondo cui «Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 73 (i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciale) è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva» (somma dei redditi positivi determinati nei vari quadri (Codice  natura giuridica rivestita 54 – Modello ENC somma dei quadri es. RA, RB, RD, RE, RF) ;
  • nel caso di trust  opaco residente nel territorio dello Stato il reddito è determinato:
    • Se ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commercialesecondo le regole previste per i soggetti IRES che esercitano attività commerciale (Codice  natura giuridica rivestita 54 – Quadro RF del Modello SC);
    • Se non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commercialesecondo le regole previste per gli enti non commerciali ai sensi dell’articolo 143 del Tuir, secondo cui «Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 73 (i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciale) è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva» (somma dei redditi positivi determinati nei vari quadri (Codice  natura giuridica rivestita 54 – Modello ENC somma dei quadri es. RA, RB, RD, RE, RF).

 

 

Redditi di capitale imputati da Trust trasparenti o misti residenti e non residenti di cui all’art. 73, comma 2, del TUIR

La circolare dell’Agenzia delle entrate n. 34 del 20 ottobre 2022, paragrafo 3 precisa che nel caso di trust trasparente il reddito ovunque conseguito è assoggettato a tassazione per trasparenza in capo al beneficiario (residente) come reddito di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies), del Tuir. Qualora il beneficiario sia una persona fisica, tale reddito, imputato «in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del
trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali» concorre alla formazione del reddito complessivo che è tassato con le aliquote progressive Irpef.

Ai sensi della richiamata lettera lettera g-sexies) dell’articolo 44, comma 1, del Tuir, infatti, sono considerati redditi di capitale «i redditi al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti».
In base a tale disposizione, in caso di trust trasparente il reddito “imputato” al beneficiario residente è tassato come reddito di capitale, a prescindere dalla circostanza che il trust sia o meno residente in Italia.
Al riguardo, come chiarito nella richiamata circolare n. 61/E del 2010, l’espressione «anche se non residenti» non può che intendersi riferita ai trust, posto che la finalità della norma è quella di rendere il beneficiario residente “individuato” soggetto passivo con riferimento a tutti i redditi allo stesso imputati derivanti dalle
attività del trust, a prescindere dalla residenza di quest’ultimo.
Resta fermo che se il reddito imputato sia stato prodotto dal trust in Italia ed ivi già tassato ai sensi dell’articolo 73 del Tuir, lo stesso non sconterà ulteriore imposizione in capo al beneficiario residente.
Pertanto, qualora il reddito prodotto dal trust abbia già scontato una tassazione a titolo d’imposta o di imposta sostitutiva, detto reddito non concorre alla formazione della base imponibile fino a concorrenza del reddito già tassato, neanche in caso di imputazione per trasparenza, in capo al beneficiario individuato.

Nel rigo RL4 del Quadro RL del Modello Dichiarazione dei redditi Persone Fisiche – SEZIONE I-B – Redditi di capitale imputati da Trust vanno indicati gli importi sotto elencati, trasferiti al dichiarante da Trust trasparenti o misti di cui al  comma 2 dell’articolo 73 del TUIR ( “Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazioni individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero in mancanza in parti uguali”) di cui lo stesso è beneficiario. Tali dati vanno riportati nei corrispondenti righi del quadro RN (Colonna 5 (Reddito complessivo) del Rigo RN1 – Reddito complessivo )

Nella particolare ipotesi in cui il dichiarante sia beneficiario di più Trust deve essere compilato un rigo distinto per ogni Trust, avendo cura di riportare nel quadro RN il totale degli importi indicati in ciascun rigo.

La casella “Trust estero” va barrata in caso di redditi attributi ai beneficiari da Trust trasparenti non residenti privi di codice fiscale
rilasciato dall’Amministrazione finanziaria italiana. In tal caso la colonna 1 non va compilata.

In particolare, va indicato:

(1 Regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, qualora il livello nominale di tassazione dei redditi prodotti dal trust sia inferiore al 50 di quello applicabile in Italia

IMPUTAZIONE DEL REDDITO DEL TRUST NON COMMERCIALE TRASPARENTE – DICHIARAZIONE DEI REDDITI – Modello ENC 2023 – QUADRO PN

16.1  GENERALITÀ

Il quadro PN del Modello ENC (Enti non commerciali ed equiparati) della Dichiarazione dei Redditi va compilato dai Trust Non Commerciali con beneficiari individuati (cd. “Trust trasparenti”) che ai sensi dell’art. 73, comma 2, del TUIR devono imputare in ogni caso i redditi conseguiti ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del Trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali. Pertanto, i Trust trasparenti determinano il reddito complessivo senza dover liquidare l’imposta.

In presenza di Trust senza beneficiari individuati (cd. “Trust opachi”) i redditi conseguiti restano nella disponibilità del Trust stesso che deve provvedere a liquidare l’imposta dovuta mediante la compilazione del quadro RN.

Se l’atto istitutivo del Trust prevede, ad esempio, che una parte del reddito resti nella disponibilità del Trust e una parte invece sia attribuita ai beneficiari individuati (cd. “Trust misto”), il Trust è soggetto ad IRES per la parte di reddito non attribuita ai beneficiari, per la quale deve compilare il quadro RN, mentre per la parte di reddito e degli altri importi attribuiti ai beneficiari deve essere compilato anche il presente quadro PN.

16.2 SEZIONE I – REDDITO O PERDITA DA IMPUTARE AL TRUST TRASPARENTE NON COMMERCIALE

Nella presente sezione è determinato, il reddito conseguito dal Trust senza liquidazione dell’imposta. Il reddito del Trust è imputato ai beneficiari nel periodo d’imposta in corso alla data di chiusura del periodo di gestione del Trust in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del Trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali. Le eventuali perdite fiscali attribuite ai beneficiari sono distintamente indicate e possono essere utilizzate dai beneficiari che partecipano al trust in regime di impresa. Si precisa che in caso di “Trust misto” solo la parte del reddito complessivo e degli altri importi che sono attribuiti ai beneficiari vanno indicati nel presente quadro, la parte che resta in capo al Trust va indicata nel quadro RN.

Nel rigo PN1, colonna 1, va indicato l’ammontare delle imposte e degli oneri dedotti dal reddito complessivo nei precedenti esercizi e successivamente rimborsati e non compresi nei quadri RC, RF o RG.

  • In colonna 3, va indicato l’importo delle liberalità in denaro o in natura erogate in favore dei soggetti indicati dall’art. 14, comma 1, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, qualora non sia stata esercitata la facoltà di cui al comma 3 del suddetto articolo, nonchè l’importo delle erogazioni liberali, delle donazioni e di altri atti a titolo gratuito effettuati nei confronti di trust ovvero dei fondi speciali di cui al comma 3 dell’art. 1 della Legge 22 giugno 2016, n. 112 (“Legge Dopo di Noi”)(art. 6, comma 9, della legge n. 112 del 2016); quest’ultimo importo va evidenziato anche in colonna 2. Inoltre, in caso di Trust misto, gli importi devono essere diminuiti di quanto indicato al rigo RN13, colonne 2 e 3.
  • In colonna 4, va indicato l’ammontare della deduzione per investimenti in start-up innovative, pari alla somma degli importi di cui ai righi RS164 e RS165. Inoltre, in caso di Trust misto, l’importo deve essere diminuito di quanto indicato al rigo RN13, colonna
  • In colonna 5, va indicato fino a concorrenza della somma dei redditi d’impresa determinati nei quadri RC, RD, RF o RG e RH, al netto dell’importo indicato in colonna 4, l’ammontare della deduzione “ACE (aiuto alla crescita economica)”, di cui al rigo RS84, colonna 4. Inoltre, in caso di Trust misto, l’importo deve essere decurtato di quanto indicato al rigo RN13, colonna
  • In colonna 6, va indicato il reddito complessivo che risulta dalla somma dei redditi positivi determinati nei vari quadri (es. RA, RB, RD, RE, RF, ) aumentato dell’importo di colonna 1 e al netto degli importi indicati nelle colonne 3, 4 e 5.

Nel rigo PN2, colonna 1, vanno indicati, fino a concorrenza dell’importo di rigo PN1, colonna 6, gli oneri deducibili dal reddito complessivo sostenuti nel periodo di imposta, che sono stati indicati nel prospetto degli oneri del quadro RS, al rigo RS31. In colonna 2, va indicato, l’ammontare deducibile di cui al rigo RS290 fino a concorrenza della differenza tra l’importo di rigo PN1, colonna 6, e l’importo di colonna 1 del presente rigo. In colonna 3, la somma degli importi indicati nelle colonne 1 e 2. In caso di Trust misto, gli importi di cui ai righi RS31 e RS290 vanno considerati al netto di quanto indicato, rispettivamente, nelle colonne 1 e 2 del rigo RN15.

Nel rigo PN3 va indicato il reddito imponibile da imputare ai beneficiari risultante dalla differenza tra l’importo di rigo PN1, colonna 6 e quello di rigo PN2, colonna 3. Il reddito imponibile è aumentato dell’importo corrispondente all’ammontare che non ha concorso alla formazione del reddito nei periodi d’imposta precedenti, ai sensi dell’’art. 6, comma 4, del d.m. 7 maggio 2019, di cui al rigo RS174, colonna 4 (“Recupero per decadenza” Start-up).

Nel rigo PN4 va indicato l’importo delle perdite attribuite ai beneficiari.

16.3 SEZIONE II – IMPORTI DA ATTRIBUIRE AI BENEFICIARI DEL TRUST TRASPARENTE NON COMMERCIALE

Nella presente sezione vanno indicati gli importi da attribuire ai beneficiari.

Nel rigo PN5, vanno indicati i crediti per imposte pagate all’estero relativi a redditi esteri prodotti ovvero a utili conseguiti o plusvalenze realizzate (per il credito di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 147 del 2015 (Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato)), in esercizi antecedenti a quello in cui il trust risulta trasparente, come determinati nell’apposito quadro CE.

Nel rigo PN6 va indicato:

  • in colonna 2, l’ammontare del credito d’imposta derivante dalla partecipazione a fondi comuni di investimento;
  • in colonna 1, da compilare solo in caso di “Trust misto”, l’importo totale del credito d’imposta derivante dalla partecipazione a fondi comuni di investimento;
  • in colonna 4, riservata ai trust che attribuiscono ai beneficiari il credito d’imposta di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 147 del 2015 (Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato)), relativamente a utili conseguiti o plusvalenze realizzate in esercizi anteriori a quello in cui il trust risulta trasparente, l’ammontare delle imposte assolte dai soggetti partecipati residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, individuati in base ai criteri di cui all’art. 47-bis del TUIR (Disposizioni in materia di regimi fiscali privilegiati), sugli utili maturati durante il periodo di possesso delle partecipazioni, in proporzione degli utili conseguiti o delle partecipazioni cedute;
  • in colonna 3, da compilare solo in caso di “Trust misto”, l’importo totale delle imposte assolte dai soggetti di cui alla colonna

Nel rigo PN7, colonna 2, vanno indicati gli altri crediti d’imposta (vedere a tal fine le istruzioni del quadro RN, rigo RN25). La colonna 1 va compilata solo in caso di “Trust misto” per indicare l’importo totale.

Nel rigo PN8 vanno indicate le ritenute subite da attribuire ai beneficiari.

Nel rigo PN9, colonna 3 va indicato l’ammontare degli acconti versati dal Trust attribuiti ai beneficiari.

  • in colonna 2, va indicato l’ammontare corrispondente al credito riversato, al netto delle somme versate a titolo di sanzione e interessi, qualora nel corso del periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione siano state versate somme richieste con appositi atti di recupero emessi a seguito dell’indebito utilizzo in compensazione di crediti IRES esistenti ma non disponibili (ad es. utilizzo di crediti in misura superiore al limite annuale previsto dall’art. 34 (Disposizioni in materia di compensazione e versamenti diretti) della legge n. 388 del 2000). Attraverso tale esposizione, la validità del credito oggetto di riversamento viene rigenerata ed equiparata a quella dei crediti formatisi nel periodo d’imposta relativo alla presente In caso di “Trust misto”, la somma dell’importo indicato nella presente colonna e di quello indicato nel quadro RN, rigo RN 33, col.5, non può essere superiore all’importo effettivamente versato nel corso del periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione.
  • in colonna 4, deve essere indicato l’importo relativo al versamento di eventuali imposte sostitutive che può essere scomputato dall’imposta dovuta, ai sensi dell’art. 79 del TUIR (rigo RS462);

La colonna 1 va compilata solo in caso di “Trust misto” per indicare l’importo totale.

Nel rigo PN10, va indicato:

  • in colonna 1 l’ammontare dell’agevolazione attribuita ai beneficiari, pari alla differenza tra l’importo di cui al rigo RS84, colonna 4 e quello di cui al rigo PN1, colonna 5 e, in caso di trust misto, al netto di quanto indicato al rigo RN13, colonna 5;
  • in colonna 2 l’ammontare dell’agevolazione attribuita ai beneficiari, pari alla differenza tra la somma degli importi di cui ai righi RS164 e RS165 e l’importo di cui al rigo PN1, colonna 4 e, in caso di trust misto, al netto di quanto indicato al rigo RN13, colonna 4;
  • in colonna 3, l’importo la cui tassazione può essere rateizzata per effetto della disciplina di cui all’art. 166 del Tuir, indicato nel quadro TR, rigo
  • in colonna 4, la somma degli importi indicati nelle colonne 1, 2 e 3 del rigo RS411, diminuita dell’agevolazione fruita dal dichiarante, ai sensi del ccomma 5 dell’art. 188-bis del TUIR, sul reddito indicato nel rigo RS410, ai fini della determinazione dell’agevolazione da parte del beneficiario; in caso di trust misto, ai fini del calcolo dell’agevolazione, il valore del reddito totale realizzato nel comune di Campione d’Italia
    (RCI) (che ha concorso al reddito nel quadro RN) deve essere determinato al netto dell’importo qui indicato;
  • in colonna 5, la somma degli importi indicati nelle colonne 1 e 2 del rigo RS493, ai fini della determinazione dell’agevolazione da parte del beneficiario; in caso di trust misto, ai fini del calcolo dell’agevolazione, il valore del reddito totale realizzato nella Zona Economica Speciale (ZES)  (RTZ) (che ha concorso al reddito nel quadro RN) deve essere determinato al netto dell’importo qui indicato;
  • in colonna 6, la quota dell’ACE ((aiuto alla crescita economica) innovativa (L’art. 19, commi 2-7, del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, c.d. “Decreto Sostegni Bis”, prevede un rafforzamento dell’Aiuto alla Crescita Economica denominato “ACE innovativa 2021”) che i beneficiari del Trust devono recuperare, indicata nella colonna 8 del rigo RS84 di tutti i moduli

16.4  SEZIONE III – UTILIZZO ECCEDENZA IRES DELLA PRECEDENTE DICHIARAZIONE

Nel rigo PN11 va riportata l’eccedenza d’imposta risultante dalla precedente dichiarazione.

Nel rigo PN12 va indicato l’importo dell’eccedenza di cui al rigo PN11 utilizzato entro la data di presentazione della dichiarazione ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 mediante il modello di pagamento F24 per il versamento di tributi e contributi propri.

Nel rigo PN13 va indicata l’eccedenza di cui al rigo PN11 che il Trust attribuisce ai beneficiari individuati. Nel rigo PN14 va indicato il risultato della seguente somma algebrica:

PN11 – (PN12 + PN13),

il cui importo corrisponde all’eccedenza che il Trust può riportare e che può utilizzare in compensazione. In caso di Trust misto, al fine di determinare la parte di eccedenza da attribuire ai beneficiari e la parte che resta in capo al Trust, devono essere compilati i righi da RN30 a RN32. L’importo da attribuire ai beneficiari, indicato nel rigo RN32, deve essere riportato nel rigo PN13, e gli altri righi della presente sezione non vanno compilati.

16.5  SEZIONE IV – CREDITI D’IMPOSTA CONCESSI AL TRUST E TRASFERITI AI BENEFICIARI

In tale sezione vanno indicati i crediti d’imposta derivanti da agevolazioni concesse al trust indicati nel quadro RU che lo stesso attribuisce ai beneficiari.

Nei righi da PN15 a PN18 va indicato:

  • in colonna 1, il codice credito così come desunto dalla tabella allegata alle istruzioni del quadro RU;
  • in colonna 2, l’anno di insorgenza del diritto al credito;
  • in colonna 3, l’ammontare del credito attribuito ai

Nel caso in cui non sia sufficiente un unico modulo devono essere utilizzati altri moduli, avendo cura di numerare distintamente ciascuno di essi e di riportare la numerazione progressiva nella casella posta in alto a destra.

16.6  SEZIONE V – REDDITI PRODOTTI ALL’ESTERO E/O UTILI CONSEGUITI E PLUSVALENZE REALIZZATE DERIVANTI DA PARTECIPAZIONI IN CONTROLLATE ESTERE E RELATIVE IMPOSTE

In tale sezione vanno indicati i redditi prodotti all’estero e le relative imposte resesi definitive nei periodi d’imposta in cui il Trust risulta trasparente. In tale sezione vanno, altresì, indicati, relativamente al credito di cui all’art. 3 (Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato) del decreto legislativo n. 147 del 2015 (c.d. credito d’imposta indiretto), gli utili conseguiti e le plusvalenze realizzate derivanti da partecipazioni in controllate estere nei periodi d’imposta in cui il trust risulta trasparente e le relative imposte resesi definitive; solo per tale fattispecie va compilata anche la colonna 6.

Nei righi da PN19 a PN21 vanno indicati:

  • in colonna 1, il codice dello Stato estero desunto dalla tabella “Elenco dei Paesi e territori esteri”;
  • in colonna 2, il periodo d’imposta di produzione del reddito o di conseguimento degli utili o di realizzo delle plusvalenze derivanti da partecipazioni in controllate estere. In caso di esercizio non coincidente con l’anno solare, va indicato l’anno di inizio dell’esercizio. Si precisa comunque che la quota di reddito estero o la quota di utili conseguiti o plusvalenze realizzate, per ciascun beneficiario a cui è imputata, rileverà nel periodo d’imposta in corso alla data di chiusura dell’esercizio del Trust;
  • in colonna 3, il reddito estero conseguito dal Trust o gli utili conseguiti o le plusvalenze realizzate derivanti da partecipazioni in controllate estere;
  • in colonna 4, l’importo, già compreso in colonna 5, corrispondente all’imposta di competenza relativa al reddito prodotto all’estero o agli utili maturati dalla controllata estera il cui pagamento a titolo definitivo avverrà entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d’imposta successivo, qualora il Trust si avvalga della facoltà di cui all’art. 165 (Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero), comma 5, del TUIR;
  • in colonna 5, l’imposta estera resasi definitiva relativa al reddito estero conseguito dal Trust o l’ammontare delle imposte resesi definitive assolte dai soggetti controllati residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, individuati in base ai criteri di cui all’art. 47-bis, comma 1, del TUIR (Disposizioni in materia di regimi fiscali privilegiati), sugli utili maturati durante il periodo di possesso delle partecipazioni, in proporzione degli utili conseguiti o delle partecipazioni

Nel caso in cui non sia sufficiente un unico modulo devono essere utilizzati altri moduli, avendo cura di numerare distintamente ciascuno di essi e di riportare la numerazione progressiva nella casella posta in alto a destra;

  • in colonna 6, uno dei seguenti codici:
    • codice 1, se il rigo è compilato ai fini della determinazione da parte dei beneficiari del credito d’imposta indiretto;
    • codice 2, se il rigo è compilato ai fini della determinazione da parte dei beneficiari di entrambi i crediti (credito d’imposta ex 165, comma 1, del TUIR e credito d’imposta indiretto).

Pertanto, in caso di compilazione del rigo ai fini della determinazione da parte dei beneficiari del solo credito d’imposta ex art. 165 (Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero), comma 1, del TUIR, la presente colonna non va compilata.

16.7  SEZIONE VI – ECCEDENZE D’IMPOSTA DI CUI ALL’ART. 165, COMMA 6, DEL TUIR

In tale sezione vanno indicate le eccedenze d’imposta nazionale e/o estera di cui all’art. 165 (Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero), comma 6, del TUIR, con riferimento ai redditi conseguiti all’estero in esercizi precedenti a quello in cui il Trust risulta trasparente, come determinati nell’apposito quadro CE. Si precisa che deve essere compilato un rigo distinto per ciascuno Stato di produzione del reddito da cui derivano le eccedenze.

16.8  SEZIONE VII – REDDITI E/O PERDITE IMPUTATI AI BENEFICIARI

In tale sezione vanno indicati i redditi e/o le perdite da imputare ai beneficiari nel periodo d’imposta in corso alla data di chiusura dell’esercizio del Trust indipendentemente dall’effettiva percezione.

Nei righi da PN27 a PN30 va indicato:

  • in colonna 1, il codice fiscale del soggetto beneficiario;
  • in colonna 2, il codice dello Stato estero di residenza per i beneficiari non residenti in Italia (vedere la tabella “Elenco dei Paesi e territori esteri”);
  • in colonna 3, la rispettiva quota di partecipazione;
  • in colonna 4, l’importo del reddito di cui al rigo PN3 spettante in ragione della quota di partecipazione di cui a colonna 3;
  • in colonna 5, l’importo delle perdite di cui al rigo PN4 imputato ai beneficiari in ragione della quota di partecipazione di cui a colonna
  • in colonna 6, per gli immobili detenuti all’estero va riportata la quota del reddito di partecipazione riferibile ai redditi fondiari degli immobili esteri non locati, per i quali è dovuta l’IVIE, indicata nel quadro RL, rigo RL10, col. 1A, che concorre alla formazione del reddito dei beneficiari diversi da persone fisiche nonché dei beneficiari persone fisiche che detengono la partecipazione in regime di

Nel caso in cui non sia sufficiente un unico modulo devono essere utilizzati altri moduli, avendo cura di numerare distintamente ciascuno di essi e di riportare la numerazione progressiva nella casella posta in alto a destra.

16.9  SEZIONE VIII – REDDITI DERIVANTI DA PARTECIPAZIONI IN SOGGETTI CONTROLLATI NON RESIDENTI

Nel rigo PN31 va indicato, in colonna 1, il totale dei redditi derivanti da partecipazioni in soggetti controllati non residenti, definiti ai sensi dell’art. 167 (Disposizioni in materia di imprese estere controllate), commi 2 e 3, del TUIR , da imputare ai beneficiari. Nella colonna 2 vanno indicate le imposte sul reddito dell’anno pagate dal soggetto estero partecipato. Nella colonna 3, vanno indicate le imposte sul reddito relative agli anni precedenti pagate dal soggetto estero.

Nella colonna 4, vanno indicate le imposte pagate all’estero sugli utili distribuiti dall’impresa, società od ente non residente.

IMPUTAZIONE DEL REDDITO DEL TRUST COMMERCIALE TRASPARENTE – DICHIARAZIONE DEI REDDITI – Modello SC 2023 – QUADRO PN

10.1  GENERALITÀ

Il quadro PN del Modello SC (Società di Capitali) della Dichiarazione dei Redditi va compilato dai Trust Commerciali con beneficiari individuati (cd. “Trust trasparenti”) che ai sensi dell’art. 73, comma 2, del TUIR devono imputare in ogni caso i redditi conseguiti ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del Trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali. Pertanto, i Trust trasparenti determinano il reddito complessivo senza dover liquidare l’imposta.

In presenza di Trust senza beneficiari individuati (cd. “Trust opachi”) i redditi conseguiti restano nella disponibilità del Trust stesso che deve provvedere a liquidare l’imposta dovuta mediante la compilazione del quadro RN.

Se l’atto istitutivo del Trust prevede, ad esempio, che una parte del reddito resti nella disponibilità del Trust e una parte invece sia attribuita ai beneficiari individuati (cd. “Trust misto”), il Trust è soggetto ad IRES per la parte di reddito non attribuita ai beneficiari, per la quale deve compilare il quadro RN, mentre per la parte di reddito e degli altri importi attribuiti ai beneficiari deve essere compilato anche il  quadro PN.

10.2  SEZIONE I – REDDITO O PERDITA DA IMPUTARE AL TRUST

Nella presente sezione è determinato, ai sensi dell’art. 83 del TUIR, il reddito conseguito dal Trust senza liquidazione dell’imposta. Il reddito del Trust è imputato ai beneficiari nel periodo d’imposta in corso alla data di chiusura del periodo di gestione del Trust in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del Trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali. Le eventuali perdite fiscali attribuite ai beneficiari possono essere utilizzate dai beneficiari che partecipano al trust in regime d’impresa. Si precisa che in caso di “Trust misto” solo la parte del reddito complessivo e degli altri importi che sono attribuiti ai beneficiari vanno indicati nel presente quadro, la parte che resta nella disponibilità del Trust va riportata nel quadro RN.

Nel rigo PN1, colonna 2, va indicato l’importo delle liberalità in denaro o in natura erogate in favore dei soggetti indicati dall’art. 14, comma 1, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, qualora non sia stata esercitata la facoltà di cui al comma 3 del suddetto articolo, nonché l’importo delle erogazioni liberali, delle donazioni e di altri atti a titolo gratuito effettuati nei confronti di trust ovvero dei fondi speciali di cui al comma 3 dell’art. 1 della Legge 22 giugno 2016, n. 112 (“Legge Dopo di Noi”)(art. 6, comma 9, della legge n. 112 del 2016); quest’ultimo importo va indicato anche in colonna 1.

In colonna 3, va indicato il reddito di cui al rigo RF63 o in caso di Trust misto il reddito di cui al rigo RF66 colonna 1, al netto dell’importo indicato in colonna 2 del presente rigo.

Nel rigo PN2 va indicata, non preceduta dal segno meno, la perdita, di rigo RF63, o in caso di Trust misto, la perdita indicata al rigo RF66, colonna 1.

Nel rigo PN3 va indicato:

  • nella colonna 1, l’ammontare delle perdite di periodi di imposta precedenti computabili in diminuzione del reddito in misura limitata (art. 84, comma 1, del TUIR);
  • nella colonna 2, l’ammontare delle perdite di periodi di imposta precedenti computabili in diminuzione del reddito in misura piena (art. 84, comma 2, del TUIR);
  • nella colonna 3, l’ammontare delle perdite di periodi d’imposta precedenti (pari alla somma della colonna 1 e della colonna 2) che non può eccedere l’importo di cui al rigo PN1, colonna

In caso di Trust misto l’importo da indicare è quello di cui al rigo RF67, colonna 1.

Nel rigo PN4, va indicato:

  • in colonna 1, l’ammontare pari alla somma di rigo RS164 e RS165, fino a concorrenza della differenza tra l’importo di rigo PN1, colonna 3, e quello di rigo PN3, colonna 3;
  • in colonna 2, l’ammontare indicato nel rigo RS113, colonna 12, fino a concorrenza della differenza tra l’importo di rigo PN1, colonna 3, e la somma di rigo PN3, colonna 3, e rigo PN4, colonna 1;
  • in colonna 3, l’ammontare deducibile di cui al rigo RS290, fino a concorrenza della differenza tra l’im- porto di rigo PN1, colonna 3, e la somma di rigo PN3, colonna 3, e di rigo PN4, colonne 1 e 2;
  • in colonna 5, il reddito imponibile da imputare ai beneficiari risultante dalla seguente operazione:

PN1, colonna 3 – PN3, colonna 3 – PN4, colonna 1 – PN4, colonna 2 – PN4, colonna 3

oppure la perdita di rigo PN2 diminuita dei proventi esenti dall’imposta, diversi da quelli di cui all’art. 87 del TUIR, per la parte del loro ammontare – da indicare in colonna 4 – che eccede i componenti negativi non dedotti per effetto dell’applicazione dell’art. 109, comma 5, del TUIR. In colonna 5, va indicato zero qualora  i proventi esenti siano di ammontare maggiore della perdita. Il reddito imponibile è aumentato dell’importo corrispondente all’ammontare che non ha concorso alla formazione del reddito nei periodi d’imposta precedenti, ai sensi dell’art. 6, comma 4, del d.m. 7 maggio 2019, di cui al rigo RS174, colonna 4 (“Recupero per decadenza” Start-up).

10.3  SEZIONE II – IMPORTI DA ATTRIBUIRE AI BENEFICIARI DEL TRUST

Nella presente sezione vanno indicati gli importi da attribuire ai beneficiari.

Nel rigo PN5, vanno indicati i crediti per imposte pagate all’estero relativi a redditi esteri prodotti ovvero a utili conseguiti o plusvalenze realizzate (per il credito di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 147 del 2015 (Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato)) in esercizi anteriori a quello in cui il trust risulta trasparente, come determinati nell’apposito quadro CE.

Nel rigo PN6 va indicato:

  • in colonna 2, l’ammontare del credito d’imposta derivante dalla partecipazione a fondi comuni di investimento;
  • in colonna 1, da compilare solo in caso di “Trust misto”, l’importo totale del credito d’imposta derivante dalla partecipazione a fondi comuni di investimento;
  • in colonna 4, riservata ai trust che attribuiscono ai beneficiari il credito d’imposta di cui allart. 3 del d.lgs. n. 147 del 2015 (Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato)), relativamente a utili conseguiti o plusvalenze realizzate in esercizi anteriori a quello in cui il trust risulta trasparente, l’ammontare delle imposte assolte dai soggetti partecipati residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’art. 47-bis del TUIR (Disposizioni in materia di regimi fiscali privilegiati), sugli utili maturati durante il periodo di possesso delle partecipazioni, in proporzione degli utili conseguiti o delle partecipazioni cedute;
  • in colonna 3, da compilare solo in caso di “Trust misto”, l’importo totale delle imposte assolte dai soggetti di cui a colonna

Nel rigo PN7, in colonna 2, vanno indicati i crediti d’imposta (vedere a tal fine le istruzioni del quadro RN, rigo RN14). La colonna 1 va compilata solo in caso di “Trust misto” per indicare l’importo totale.

Nel rigo PN8, vanno indicate le ritenute subite da attribuire ai beneficiari.

Nel rigo PN9, colonna 3, va indicato l’ammontare degli acconti versati dal Trust attribuiti ai beneficiari. In colonna 2 va indicato l’ammontare corrispondente al credito riversato, al netto delle somme versate a titolo di sanzione e interessi, qualora nel corso del periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione siano state versate somme richieste con appositi atti di recupero emessi a seguito dell’indebito utilizzo in compen- sazione di crediti IRES esistenti ma non disponibili (ad es. utilizzo di crediti in misura superiore al limite annuale previsto dall’art. 34 (Disposizioni in materia di compensazione e versamenti diretti) della legge n. 388 del 2000). Attraverso tale esposizione, la validità del credito oggetto di riversamento viene rigenerata ed equiparata a quella dei crediti formatisi nel periodo d’imposta relativo alla presente dichiarazione. In caso di “Trust misto”, la somma dell’importo indicato nella presente colonna e di quello indicato nel quadro RN, rigo RN22, colonna 5, non può essere superiore all’importo ef- fettivamente versato nel corso del periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione.

In colonna 4 deve essere indicato l’importo, relativo al versamento di eventuali imposte sostitutive, che può essere scomputato dall’imposta dovuta ai sensi dell’art. 79 del TUIR (rigo RS462).

La colonna 1 va compilata solo in caso di “Trust misto” per indicare l’importo totale.

Nel rigo PN10, va indicato:

  • in colonna 1, l’ammontare dell’agevolazione attribuita ai beneficiari, pari alla differenza tra l’importo di cui al rigo RS113, colonna 12, e quello di cui al rigo PN4, colonna 2, al netto di quello eventualmente indicato in colonna 6 del rigo
  • colonna 2, l’ammontare dell’agevolazione attribuita ai beneficiari, pari alla differenza tra l’importo della somma di rigo RS164 e RS165 e l’importo di cui al rigo PN4, colonna 1, al netto di quello eventualmente indicato in colonna 5 del rigo
  • colonna 3, l’importo la cui tassazione può essere rateizzata per effetto della disciplina di cui all’art. 166 del Tuir, indicato nel quadro TR, rigo TR2;
  • in colonna 4, la somma degli importi indicati nelle colonne 1, 2 e 3 del rigo RS411 diminuita dell’agevolazione fruita dal dichiarante, ai sensi del comma 5 dell’art. 188-bis del TUIR, sul reddito indicato nel rigo RS410, ai fini della determinazione dell’agevolazione da parte del beneficiario; in caso di trust misto, ai fini del calcolo dell’agevolazione, il valore del reddito totale realizzato nel comune di Campione d’Italia
    (RCI)
    (che ha concorso al reddito nel quadro RN) deve essere determinato al netto dell’importo qui indicato;
  • in colonna 5, la somma degli importi indicati nelle colonne 1 e 2 del rigo RS493, ai fini della determina- zione dell’agevolazione da parte del beneficiario; in caso di trust misto, ai fini del calcolo dell’agevolazione, il valore del reddito totale realizzato nella Zona Economica Speciale (ZES)  (RTZ)(che ha concorso al reddito nel quadro RN) deve essere determinato al netto dell’importo qui indicato;
  • in colonna 6, la quota dell’ACE ((aiuto alla crescita economica) innovativa (L’art. 19, commi 2-7, del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, c.d. “Decreto Sostegni Bis”, prevede un rafforzamento dell’Aiuto alla Crescita Economica denominato “ACE innovativa 2021”) (che i beneficiari del Trust devono recuperare, indicata nella colonna 16 del rigo RS113, di tutti i moduli

10.4  SEZIONE III – UTILIZZO ECCEDENZA IRES DELLA PRECEDENTE DICHIARAZIONE

Nel rigo PN11 va riportata l’eccedenza d’imposta risultante dalla precedente dichiarazione.

Nel rigo PN12 va indicato l’importo dell’eccedenza di cui al rigo PN11 utilizzato entro la data di presenta- zione della dichiarazione ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 mediante il modello di pagamento F24 per il versamento di tributi propri.

Nel rigo PN13 va indicata l’eccedenza di cui al rigo PN11 non utilizzata in compensazione che il Trust attribuisce ai beneficiari individuati.

Nel rigo PN14 va indicato il risultato della seguente somma algebrica: PN11– (PN12+ PN13), il cui importo corrisponde all’eccedenza che il Trust può riportare e che può utilizzare in compensazione.

In caso di Trust misto, al fine di determinare la parte di eccedenza IRES da attribuire ai beneficiari e la parte che resta nella disponibilità del Trust, devono essere compilati i righi da RN19 a RN21, del quadro RN. L’importo da attribuire ai beneficiari, indicato nel rigo RN21, deve essere riportato nel rigo PN13, e gli altri righi della presente sezione non vanno compilati.

10.5  SEZIONE IV – CREDITI D’IMPOSTA CONCESSI AL TRUST E TRASFERITI AI BENEFICIARI

In tale sezione vanno indicati i crediti d’imposta derivanti da agevolazioni concesse al Trust indicati nel quadro RU che lo stesso attribuisce ai beneficiari.

Nei righi da PN15 a PN18 va indicato:

  • in colonna 1, il codice credito così come desunto dalla tabella allegata alle istruzioni del quadro RU;
  • in colonna 2, l’anno di insorgenza del diritto al credito;
  • in colonna 3, l’ammontare del credito attribuito ai

Nel caso in cui non sia sufficiente un unico modulo devono essere utilizzati altri moduli, avendo cura di numerare distintamente ciascuno di essi e di riportare la numerazione progressiva nella casella posta in alto a destra.

10.6  SEZIONE V – REDDITI PRODOTTI ALL’ESTERO E/O UTILI CONSEGUITI E PLUSVALENZE REALIZZATE DERIVANTI DA PARTECIPAZIONI IN CONTROLLATE ESTERE E RELATIVE IMPOSTE

In tale sezione vanno indicati i redditi prodotti all’estero nei periodi d’imposta in cui il trust risulta trasparente e le relative imposte resesi definitive. In tale sezione vanno, altresì, indicati, relativamente al credito di cui all’art. 3 (Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato) del decreto legislativo n. 147 del 2015 (c.d. credito d’imposta indiretto), gli utili conseguiti e le plusvalenze realizzate derivanti da partecipazioni in controllate estere nei periodi d’imposta in cui il trust risulta trasparente e le relative imposte resesi definitive; solo per tale fattispecie va compilata anche la colonna 6. Nei righi da PN19 a PN21 vanno indicati:

  • in colonna 1, il codice dello Stato estero desunto dalla tabella allegata alle istruzioni del presente modello;
  • in colonna 2, il periodo d’imposta di produzione del reddito o di conseguimento degli utili o di realizzo delle plusvalenze derivanti da partecipazioni in controllate estere. In caso di esercizio non coincidente con l’anno solare, va indicato l’anno di inizio dell’esercizio. Si precisa comunque che la quota di reddito estero o la quota di utili conseguiti o plusvalenze realizzate, per ciascun beneficiario a cui è imputata, rileverà nel periodo d’imposta in corso alla data di chiusura dell’esercizio del Trust;
  • in colonna 3, il reddito estero conseguito dal Trust o gli utili conseguiti o le plusvalenze realizzate derivanti da partecipazioni in controllate estere;
  • in colonna 4, l’importo, già compreso in colonna 5, corrispondente all’imposta di competenza relativa al reddito prodotto all’estero o agli utili maturati dalla controllata estera il cui pagamento a titolo definitivo avverrà entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d’imposta successivo, qualora il Trust si avvalga della facoltà di cui all’art. 165 (Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero), comma 5, del TUIR;
  • in colonna 5, l’imposta estera resasi definitiva relativa al reddito estero conseguito dal Trust o l’ammontare delle imposte resesi definitive assolte dai soggetti controllati residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’art. 47-bis, comma 1, del TUIR (Disposizioni in materia di regimi fiscali privilegiati), sugli utili maturati durante il periodo di possesso delle partecipazioni, in proporzione degli utili conseguiti o delle partecipazioni cedute;
  • in colonna 6, uno dei seguenti codici:

Pertanto, in caso di compilazione del rigo ai fini della determinazione da parte dei beneficiari del solo credito d’imposta ex art. 165 (Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero), comma 1, del TUIR, la presente colonna non va compilata.

10.7  SEZIONE VI – ECCEDENZE D’IMPOSTA DI CUI ALL’ART. 165, COMMA 6, DEL TUIR

In tale sezione vanno indicate le eccedenze d’imposta nazionale e/o estera di cui all’art. 165 (Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero), comma 6, del TUIR, con riferimento ai redditi conseguiti all’estero in esercizi precedenti a quello in cui il Trust risulta trasparente, come determinate nell’apposito quadro CE.

Si precisa che deve essere compilato un rigo distinto per ciascuno Stato di produzione del reddito da cui derivano le eccedenze.

Nel caso in cui non sia sufficiente un unico modulo devono essere utilizzati altri moduli, avendo cura di numerare distintamente ciascuno di essi e di riportare la numerazione progressiva nella casella posta in alto a destra.

10.8  SEZIONE VII – REDDITI O PERDITE IMPUTATI AI BENEFICIARI

In tale sezione va indicato il reddito o la perdita da imputare ai beneficiari nel periodo d’imposta in corso alla data di chiusura dell’esercizio del Trust indipendentemente dall’effettiva percezione.

Nei righi da PN27 a PN30 va indicato:

  • in colonna 1, il codice fiscale del soggetto beneficiario;
  • in colonna 2, il codice dello Stato estero di residenza per i beneficiari non residenti in Italia che va desunto dalla tabella “Elenco dei paesi e territori esteri”;
  • in colonna 3, la rispettiva quota di partecipazione;
  • in colonna 4, l’importo del reddito o della perdita di cui al rigo PN4 spettante in ragione della quota di partecipazione di cui a colonna

Nel caso in cui non sia sufficiente un unico modulo devono essere utilizzati altri moduli, avendo cura di numerare distintamente ciascuno di essi e di riportare la numerazione progressiva nella casella posta in alto a destra.

10.9  SEZIONE VIII – REDDITI DERIVANTI DA PARTECIPAZIONI IN SOGGETTI CONTROLLATI NON RESIDENTI

Nel rigo PN31 va indicato in colonna 1, il totale dei redditi derivanti da partecipazione in soggetti controllati non residenti come definiti ai sensi dell’art. 167 (Disposizioni in materia di imprese estere controllate), commi 2 e 3, del TUIR, da imputare ai beneficiari. Nella colonna 2 vanno indicate le imposte sul reddito dell’anno pagate dal soggetto estero partecipato. Nella colonna 3, vanno indicate le imposte sul reddito relative agli anni precedenti pagate dal soggetto estero.

Nella colonna 4, vanno indicate le imposte pagate all’estero sugli utili distribuiti dall’impresa, società od ente non residente.

Tassazione dei Trust ai fini delle imposte sui redditi

L’Agenzia delle entrate, in passato,  ha fornito alcune indicazioni circa l’applicazione al trust delle imposte dirette e indirette, con le circolari:

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022 con istruzioni sulla disciplina dei trust. Il documento fa il punto sul trattamento fiscale dei trust alla luce delle ultime modifiche normative e degli orientamenti espressi dalla giurisprudenza e contiene le indicazioni definitive dell’Agenzia delle Entrate.

Per poter stabilire l’esatta tassazione di un Trust ai fini delle imposte sui redditi occore stabilire se questi è un Trust

  • residente o non residente

e se è un Trust

  • opaco o trasparente

e, ai fini della determinazione del reddito prodotto dal trust (sia opaco che trasparente), se l’attività svolta dal trust ha natura  natura

  • commerciale”( trust che abbia ad oggetto principale l’esercizio dell’attività di impresa e che possa essere qualificato sotto il profilo fiscale come ente commerciale) o “non commerciale

Se è un Trust è non residente bisogna verificare se questi sia

  • stabilito in Stati e territori considerati a fiscalità privilegiata in base all’articolo 47-bis del TUIR  (regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, qualora il livello nominale di tassazione dei redditi prodotti dal trust sia inferiore al 50 di quello applicabile in Italia), in relazione ai redditi prodotti dal trust;

o se

La residenza fiscale dei trust

Il fatto che un Trust sia regolamentato da una legislazione estera non vuole affatto dire che questo sia un Trust estero.

Per stabilire la residenza fiscale dei trust in base alla legislazione italiana , in primis, bisogna fare riferimento all’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 3,  prima parte, del  Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.).

Ai sensi dell’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 3,  prima parte, del  Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.),  ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le societa’ e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.

Dei tre criteri di collegamento con il territorio dello Stato (sede legale, sede dell’amministrazione, oggetto principale) previsti dall’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 3,  prima parte, del  (T.U.I.R.)alternativi fra di loro, il primo criterio, la sede legale trova difficilmente applicazione con riferimento ai trust.

Come riconosce  la stessa Agenzia delle Entrate nella circolare del 6 agosto 2007, n. 48/E (paragrafo 3.1) e nella circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022, nella maggioranza dei casi, la residenza del trust verrà determinata in base:

  • alla sede dell’amministrazione che coincide, normalmente, con il luogo di residenza del trustee.
    Se il trustee opera come tale in uno Stato diverso da quello di residenza, assumerà rilievo tale secondo Stato;

o

  • all’oggetto principale dell’attività. Ai sensi dell’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 5 del  (T.U.I.R.):In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente e’ determinato in base all’attivita’ effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti.

Particolarmente problematica è la determinazione dell’oggetto principale ove il trust fund sia localizzato in luogo diverso da quello dove il trustee svolge la propria attività di gestione.

L’Agenzia delle Entrate nella circolare del 6 agosto 2007, n. 48/E (paragrafo 3.1)  e nella circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022, precisa che con riferimento:

  • ai trust immobiliari occorre avere riguardo al luogo di prevalente localizzazione degli immobili;
  • ai trust mobiliari occorre avere riguardo all’effettiva attività esercitata.

L’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 3,  ,  seconda parte, del Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.) dispone che: ” .Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato ….. salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre,residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprieta’ di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonche’ vincoli di destinazione sugli stessi.”

Quindi, ai sensi dell’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 3,  del  (T.U.I.R.) si considerano  residenti in Italia i Trust istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis (Decreto del 04/09/1996 – Min. Finanze (Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni)

  • salvo prova contraria, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti in Italia;
  • quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprieta’ di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonche’ vincoli di destinazione sugli stessi.

Ai sensi del Decreto del 04/09/1996 – Min. Finanze, Modificato dal Decreto del 23/03/2017 Articolo 1

Gli Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni sono:

Albania;
Alderney;
Algeria;
Andorra;
Anguilla;
Arabia Saudita;
Argentina;
Armenia;
Aruba;
Australia;
Austria;
Azerbaijan;
Bangladesh;
Barbados;
Belgio;
Belize;
Bermuda;
Bielorussia;
Bosnia Erzegovina;
Brasile;
Bulgaria;
Camerun;
Canada;
Cile;
Cina;
Cipro;
Colombia;
Congo (Repubblica del Congo);
Corea del Sud;
Costa d’Avorio;
Costa Rica;
Croazia;
Curacao;
Danimarca;
Ecuador;
Egitto;
Emirati Arabi Uniti;
Estonia;
Etiopia;
Federazione Russa;
Filippine;
Finlandia;
Francia;
Georgia;
Germania;
Ghana;
Giappone;
Gibilterra;
Giordania;
Grecia;
Groenlandia;
Guernsey;
Herm;
Hong Kong;
India;
Indonesia;
Irlanda;
Islanda;
Isola di Man;
Isole Cayman;
Isole Cook;
Isole Faroe;
Isole Turks e Caicos;
Isole Vergini Britanniche;
Israele;
Jersey;
Kazakistan;
Kirghizistan;
Kuwait;
Lettonia;
Libano;
Liechtenstein;
Lituania;
Lussemburgo;
Macedonia;
Malaysia;
Malta;
Marocco;
Mauritius;
Messico;
Moldova;
Monaco;
Montenegro;
Montserrat;
Mozambico;
Nauru;
Nigeria;
Niue;
Norvegia;
Nuova Zelanda;
Oman;
Paesi Bassi;
Pakistan;
Polonia;
Portogallo;
Qatar;
Regno Unito;
Repubblica Ceca;
Repubblica Slovacca;
Romania;
Saint Kitts e Nevis;
Saint Vincent e Grenadine;
Samoa;
San Marino;
Santa Sede;
Senegal;
Serbia;
Seychelles;
Singapore;
Sint Maarten;
Siria;
Slovenia;
Spagna;
Sri Lanka;
Stati Uniti d’America;
Sud Africa;
Svezia;
Svizzera;
Tagikistan;
Taiwan;
Tanzania;
Thailandia;
Trinitad e Tobago;
Tunisia;
Turchia;
Turkmenistan;
Ucraina;
Uganda;
Ungheria;
Uruguay;
Uzbekistan;
Venezuela;
Vietnam;
Zambia.

Stati aventi un regime fiscale privilegiato

Riportiamo l’art. 47/bis del TUIR (introdotto dal punto b del primo comma dell’art. 5 del  Decreto legislativo del 29/11/2018 n. 142 , emanato in attuazione della  direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016  (cosiddetta Anti Tax Avoidance Directive – ATAD 1), facente parte del pacchetto anti elusione (Anti Tax Avoidance Package) varato dalla Commissione Europea per introdurre negli Stati membri un insieme di misure di contrasto alle pratiche di elusione fiscale che a sua volta si basa sulle raccomandazioni dell’OCSE del 2015 volte ad affrontare l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (progetto Base erosion and profit shifting (BEPS)), come modificata dalla direttiva (UE) 2017/952 del Consiglio del 29 maggio 2017 (Atad 2 ), allo scopo di contrastare i cd. disallineamenti da ibridi (Azione BEPS 2) che coinvolgono i Paesi terzi, ovvero le differenze di trattamento fiscale a norma delle leggi di due o più giurisdizioni fiscali per ottenere una doppia non imposizione.che individua i criteri in base ai quali individuare quali siano i Paesi a fiscalità privilegiata.

Art. 47-bis. Disposizioni in materia di regimi fiscali privilegiati.

In vigore dal 12/01/2019

Modificato da: Decreto legislativo del 29/11/2018 n. 142 Articolo 5

1. I regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati:

a) nel caso in cui l’impresa o l’ente non residente o non localizzato in Italia sia sottoposto a controllo ai sensi dell’articolo 167, comma 2, da parte di un partecipante residente o localizzato in Italia, laddove si verifichi la condizione di cui al comma 4, lettera a), del medesimo articolo 167* (* assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla meta’ di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia);

b) in mancanza del requisito del controllo di cui alla lettera a), laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia. A tali fini, tuttavia, si tiene conto anche di regimi speciali che non siano applicabili strutturalmente alla generalita’ dei soggetti svolgenti analoga attivita’ dell’impresa o dell’ente partecipato, che risultino fruibili soltanto in funzione delle specifiche caratteristiche soggettive o temporali del beneficiario e che, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale al di sotto del predetto limite e sempreche’, nel caso in cui il regime speciale riguardi solo particolari aspetti dell’attivita’ economica complessivamente svolta dal soggetto estero, l’attivita’ ricompresa nell’ambito di applicazione del regime speciale risulti prevalente, in termini di ricavi ordinari, rispetto alle altre attivita’ svolte dal citato soggetto.

2. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente testo unico che fanno riferimento ai regimi fiscali privilegiati di cui al comma 1, il soggetto residente o localizzato nel territorio dello Stato che detenga, direttamente o indirettamente, partecipazioni di un’impresa o altro ente, residente o localizzato in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui al comma 1, puo’ dimostrare che:

a) il soggetto non residente svolga un’attivita’ economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali;

b) dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al comma 1.

3. Ai fini del comma 2, il contribuente puo’ interpellare l’amministrazione ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212.

In base al punto a) del primo comma dell’art. 47/bis del TUIR i regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati nel caso in cui l’impresa o l’ente non residente o non localizzato in Italia sia sottoposto a controllo ai sensi dell’articolo 167, comma 2, (si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le societa’ e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite societa’ fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, da parte di persone fisiche e soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c), nonche’, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d);

b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili e’ detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o piu’ societa’ controllate ai sensi dell”articolo 2359 del codice civile o tramite societa’ fiduciaria o interposta persona, da persone fisiche e soggetti di cui agli articoli 5 e 73, comma 1, lettere a), b) e c), nonche’, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui 73, comma 1, lettera d).) da parte di un partecipante residente o localizzato in Italia, laddove si verifichi la condizione di cui al comma 4, lettera a), del medesimo articolo 167 (assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla meta’ di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono indicati i criteri per effettuare, con modalita’ semplificate, la verifica della presente condizione, tra i quali quello dell’irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile).

In base al punto b) del primo comma dell’art. 47/bis del TUIR in mancanza del requisito del controllo di cui alla lettera a), i regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia.

Ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies),del TUIR, sono redditi di capitale le sole distribuzioni effettuate da trust istituiti in Stati a regime fiscale privilegiato ai sensi dell’art. 47/bis del TUIR, che esclude dalla nozione di Stato a fiscalità privilegiata gli Stati UE/SEE. Ne deriva che l’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies),del TUIR non trova applicazione alle distribuzioni dei trust UE/SEE.

E’ da considerare che mentre il  punto b) del primo comma dell’art. 47/bis del TUIR si riferisce a TASSAZIONE NOMINALE il comma 4, lettera a), del medesimo articolo 167 si riferisce a TASSAZIONE EFFETTIVA.

Per confrontare il livello di tassazione nominale, per l’Italia si devono considerare l’Ires (senza addizionali) e l’Irap; mentre per lo Stato estero bisogna valutare le imposte sui redditi societari da individuare facendo riferimento, qualora esistente, alla Convenzione contro le doppie imposizioni, tenendo conto anche delle eventuali imposte di natura identica o analoga intervenute in sostituzione di quelle menzionate espressamente nella Convenzione (circolare 35/E/2016 dell’agenzia delle Entrate).

Il  provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 16 settembre 2016,N. PROT. 143239 , “Disposizioni in materia di imprese estere controllate. Criteri per determinare con modalità semplificata l’effettivo livello di tassazione di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR”,  si aggiunge alle indicazioni  già fornite dall’Agenzia delle Entrate con la precedente circolare n. 35/E del 4 agosto 2016 e si occupa di definire i criteri per determinare con modalità semplificate l’effettivo livello di tassazione applicabile al soggetto controllato localizzato all’estero.

Trust trasparente e Trust opaco

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito cosa si intende per trust trasparente e trust opaco nella  circolare del 6 agosto 2007, n. 48/E, nella  Risoluzione del 05/11/2008 n. 425 – Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso e nella circolare del 27 dicembre 2010, n. 61/E.

La Risoluzione del 05/11/2008 n. 425, così si espime:
L’articolo 73,  comma  2  del  TUIR dispone che “Nei casi in cui i beneficiari  del trust  siano  individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in  ogni caso   ai   beneficiari  in  proporzione  alla  quota  di  partecipazione  individuata nell’atto   di   costituzione  del  trust  o  in  altri  documenti  successivi ovvero in mancanza in parti uguali”.
 La circolare  n.  48  del  6  agosto 2007, che ha fornito le prime indicazioni  sulla tassazione  dei  trust,  ha  chiarito  che  “l’articolo 73 individua, ai  fini della tassazione, due principali tipologie di trust:
    –  trust  con  beneficiari  di reddito individuati, i cui redditi vengono  imputati per trasparenza ai beneficiari (trust trasparenti)
    –  trust   senza  beneficiari  di  reddito  individuati,  i  cui  redditi vengono direttamente attribuiti al trust medesimo (trust opachi).
 In particolare,   per   quanto   riguarda   la   disciplina  dei  redditi  del  beneficiario del  trust,  la  circolare  ha  chiarito  che,  “premesso  che il  presupposto di  applicazione  dell’imposta  e’  il  possesso  di  redditi, per  “beneficiario individuato”  è  da  intendersi  il  beneficiario  di  “reddito  individuato”, vale  a  dire  il soggetto che esprime, rispetto a quel reddito,  una capacità   contributiva   attuale.    E’   necessario,   quindi,  che  il  beneficiario non  solo  sia  puntualmente individuato, ma che risulti titolare  del diritto  di  pretendere  dal  trustee  l’assegnazione  di  quella parte di  reddito che gli viene imputata per trasparenza.”.
 Benché’ privo  di  soggettività giuridica di tipo civilistico, il trust e’ un  soggetto passivo  IRES,  destinatario  di norme che disciplinano – tra l’altro  – in modo speciale l’imputazione per trasparenza dei redditi.  La tassazione per trasparenza di un trust presuppone che il reddito sia immediatamente e originariamente riferibile ai beneficiari.  La riferibilità immediata dei redditi  ai  beneficiari – quale presupposto  della tassazione  per  trasparenza  –  esclude  che  vi  sia  discrezionalità  alcuna in  capo  al  trustee in ordine sia alla individuazione dei beneficiari  sia alla eventuale imputazione del reddito ai beneficiari stessi.  In sostanza,  il  diritto all’assegnazione del reddito deve nascere ab origine  a favore di determinati beneficiari.
 Al contrario,  se  il  trustee  ha  il  potere di scegliere se, quando, in che  misura o  a  chi  attribuire  il  reddito  del trust, tale discrezionalità fa  venir meno   l’automatismo   che  e’  il  presupposto  della  imputazione  per  trasparenza, indipendentemente   dalla   effettiva   percezione,  in  capo  al beneficiario.
 Invero, se  il  trustee  ha  il potere di decidere l’attribuzione del reddito,  vuole dire  che  egli  ha un potere su quel reddito, potere che gli deriva dal  possesso del  reddito  stesso.  Conseguentemente  quel  reddito e’ imputato al  trust e non al beneficiario.
 Al contrario,  se  i  beneficiari  sono  predeterminati  in  conseguenza della  volontà del  disponente  –  espressa nell’atto istitutivo del trust o in atti  successivi – il reddito è a titolo originario dei beneficiari.
 In ordine  alla  nozione  di  “beneficiario di reddito individuato” che – come  evidenziato- e’  il  presupposto  della  tassazione  per  trasparenza,  si  fa  presente che  la  stessa  è riferibile a un soggetto destinatario del reddito  relativo al  periodo,  della  cui  imposizione si tratta.

ll trust può dirsi:

  • opaco quando il trustee ha potere discrezionale circa l’attribuzione dei frutti.  Si  ha una mancanza di un diritto soggettivo in capo ai beneficiari circa l’attribuzione di questi frutti. I beneficiari saranno ragionevolmente titolari di una “aspettativa” ma non potranno pretendere i frutti dal trustee;
  • trasparente quando il trustee è privo del potere discrezionale e deve attribuire i frutti ai beneficiari,  titolari di un diritto soggettivo alla percezione degli stessi.

Quindi, ai fini della individuazione del regime fiscale applicabile al reddito  per effetto di quanto previsto dall’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 73 del Tuir (“Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali”), si distinguono due tipologie di trust:

  • trust trasparente”, ovvero trust con beneficiario di reddito “individuato, il cui reddito è tassato in capo al beneficiario, mediante “imputazione” per trasparenza e applicando le regole proprie di tassazione di tale soggetto beneficiario;
  • trust opaco, ovvero trust senza beneficiario di reddito “individuato”, il cui reddito è tassato in capo al trust quale soggetto passivo IRES.

I redditi imputati ai beneficiari sono qualificati, ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies),del TUIR, redditi di capitale.

La circolare del 27 dicembre 2010, n. 61/E pone in evidenza che è “possibile che un trust sia al contempo opaco e trasparente (cosiddetto trust misto). Ciò avviene, per esempio, quando l’atto istitutivo preveda che parte del reddito di un trust sia accantonata a capitale e parte sia invece distribuita ai beneficiari. In questo caso, la parte di reddito accantonata dovrà essere tassata in capo al trust mentre l’altra verrà imputata ai beneficiari, qualora ricorrano i presupposti per l’imputazione, vale a dire quando i beneficiari abbiano diritto dipercepire il reddito non accantonato a capitale.

Tassazione dei Trust ai fini delle imposte sui redditi

La Legge del 27/12/2006 n. 296 (legge finanziaria 2007) Articolo 1, comma 74 ha contribuito a colmare, seppur parzialmente, l’assenza di una disciplina fiscale specifica nell’ordinamento tributario nazionale in materia di trust, intervenendo sull’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 1, lettere b), c) e d) del Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.):

“Sono soggetti all’imposta sul reddito delle societa’:

………………………….

b) …………………………. i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciali;

c) …………………………. i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciale nonche’ gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato;(3)

d) le societa’ e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalita’ giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.”

stabilendo che i trust (residenti o non residenti) sono inclusi tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES).

Quindi, ai sensi dell’articolo 73 (Soggetti passivi) del  (T.U.I.R.)  il trust è annoverato tra i soggetti IRES e, come tale:

  • se residente in Italia è assoggettato a tassazione per i redditi ovunque prodotti;
  • se non residente, è assoggettato a tassazione solo con riferimento ai redditi prodotti in Italia.

Autonoma soggettività tributaria del Trust

Come abbiamo visto dall’articolo 73 (Soggetti passivi), comma 1, lettere b), c) e d) del Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.), è stata riconosciuta al trust autonoma soggettività tributaria, stabilendo che i trust (residenti o non residenti) sono inclusi tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES).

In particolare, ai fini della determinazione del reddito del trust rilevano in Italia:

  • per i trust residenti nel territorio dello Stato che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, in quanto “enti commerciali” ai sensi della lettera b), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir, tutti i redditi ovunque prodotti;
  • per i trust residenti nel territorio dello Stato che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, in quanto “enti non commerciali” ai sensi della lettera c), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir, tutti  i redditi ovunque prodotti;
  • per i trust non residenti, i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, in quanto “enti non residenti” ai sensi della lettera d), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir, salvo le seguenti ipotesi:
    • beneficiario “individuato” residente ( Vedi dopo: Trust trasparente residente e non residente); e
    • beneficiario residente di trust opaco stabilito in Paesi a fiscalità privilegiata ( Vedi dopo: Trust opaco estero).

Nelle ultime due ipotesi citate (casi in cui si applica, rispettivamente, l’articolo 73, comma 2, del Tuir per i trust trasparenti non residenti (Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali.) e l’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies (Sono redditi di capitale …… i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti, nonche’ i redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalita’ privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis, anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati ai sensi dell’articolo 73), del Tuir per le attribuzioni da parte di trust opachi stabiliti in Stati aventi un regime fiscale privilegiato con riferimento ai redditi da essi prodotti) nei confronti del beneficiario residente (ai fini della imputazione o dell’attribuzione) rileva il reddito complessivamente prodotto dal trust non residente riferibile al beneficiario, indipendentemente dal rispetto del requisito di territorialità di cui all’articolo 23 del Tuir, superando il chiarimento fornito nel paragrafo 4.1 della circolare n. 48/E del 2007.

Trattamento fiscale dei redditi attribuiti da trust esteri a beneficiari italiani

L’articolo 13 (TRUST) del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili), interviene a modifica delle norme del TUIR che disciplinano il trattamento fiscale dei redditi attribuiti da trust esteri a beneficiari italiani. In particolare:

Determinazione del reddito prodotto dal trust

Ai fini della determinazione del reddito prodotto dal trust (sia opaco che trasparente) si applicano le regole fiscali previste in base alla natura, “commerciale” o “non commercialedell’attività svolta dal trust (Cfr. circolare n. 61/E del 2010: “Nel caso di trust opaco il metodo di calcolo del reddito dipenderà dall’applicazione delle norme relative alla tipologia di ente alla quale il trust appartiene (commerciale residente, non commerciale residente, non residente).
Con riferimento ai trust con beneficiari individuati (trust trasparenti), invece, il comma 2 dell’articolo 73 del TUIR prevede che: “Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazioni individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero in mancanza in partiuguali”.)
.

In particolare, il reddito è determinato, nel caso di trust (opaco o trasparente) residente nel territorio dello Stato:

  •  che ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale (Di cui alla lettera b), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir) , secondo le regole previste per i soggetti IRES che esercitano attività commerciale;
  •  che non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale (Di cui alla lettera c), comma 1, dell’articolo 73 del Tuir) secondo le regole previste per gli enti non commerciali ai sensi dell’articolo 143 del Tuir, secondo cui «Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera c), comma 1, dell’articolo 73  è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva».

Nel caso di trust (opaco o trasparente) non residente il reddito prodotto in Italia è determinato

  •  con oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale,  ai sensi dell’articolo 151 del Tuir (Reddito complessivo delle societa’ e degli enti commerciali non residenti.);
  • con oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività non commerciale,  ai sensi dell’articolo 153 del Tuir (Reddito complessivo degli enti non commerciali non residenti.);

Come anticipato, nel caso di trust trasparente, il reddito ovunque conseguito è assoggettato a tassazione per trasparenza in capo al beneficiario (residente) come reddito di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies), del Tuir.

Qualora il beneficiario sia una persona fisica, tale reddito, imputato «in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali» (Cfr. ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 73 del Tuir), concorre alla formazione del reddito complessivo che è tassato con le aliquote progressive Irpef.

La circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022 chiarisce che: “in caso di trust trasparente il reddito “imputato” al beneficiario residente è tassato come reddito di capitale, a prescindere dalla circostanza che il trust sia o meno residente in Italia.

Ai sensi della richiamato articolo 44, comma 1, lettera g-sexies), del Tuir sono considerati redditi di capitale «i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti».

In base a tale disposizione (articolo 44, comma 1, lettera g-sexies del TUIR ), in caso di trust trasparente il reddito “imputato” al beneficiario residente è tassato come reddito di capitale, a prescindere dalla circostanza che il trust sia o meno residente in Italia.

Al riguardo, come chiarito nella circolare n. 61/E del 2010, l’espressione

«anche se non residenti» non può che intendersi riferita ai trust, posto che la finalità della norma è quella di rendere il beneficiario residente “individuato” soggetto passivo con riferimento a tutti i redditi allo stesso imputati derivanti dalle attività del trust, a prescindere dalla residenza di quest’ultimo.

Resta fermo che se il reddito imputato sia stato prodotto dal trust in Italia ed ivi già tassato ai sensi dell’articolo 73 del Tuir, primo comma, lett. b) e c), lo stesso non sconterà ulteriore imposizione in capo al beneficiario residente.

Pertanto, qualora il reddito prodotto dal trust abbia già scontato una tassazione a titolo d’imposta o di imposta sostitutiva, detto reddito non concorre alla formazione della base imponibile fino a concorrenza del reddito già tassato, neanche in caso di imputazione per trasparenza, in capo al beneficiario individuato.

Trust trasparente residente e non residente

Nel caso di trust trasparente (vale a dire trust con “beneficiario individuato) il reddito prodotto dal trust è “imputato” al beneficiario “in ogni caso”, cioè “indipendentemente” dalla “effettiva percezione”, secondo un criterio di imputazione per trasparenza e, conseguentemente, tali redditi sono assoggettati ad imposizione in capo al beneficiario individuato (Cfr. articolo 73, comma 2, ultimo periodo del Tuir: “Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali.”).

Come chiarito dalla  circolare n. 48/E del 2007, perbeneficiario individuato” è da intendersi il beneficiario di “reddito individuato”, vale a dire il soggetto che esprime, rispetto a quel reddito, una capacità contributiva effettiva. È necessario, quindi, che il “beneficiario” sia puntualmente “individuato” e che risulti titolare del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza.

Conseguentemente, l’attribuzione effettiva al beneficiario individuato del reddito già tassato per imputazione in capo allo stesso non sarà imponibile dal  momento che si tratta del medesimo reddito.

Analogamente, se il reddito conseguito dal trust fruisce di un regime di non imponibilità o di esenzione previsto dalla normativa, la relativa attribuzione effettiva al beneficiario non dà luogo a tassazione in capo a quest’ultimo.

Trust opaco residente

Nel caso di trust opaco residente nel territorio dello Stato, ovvero di trust in cui il beneficiario non sia “individuato” nei termini sopra esposti, l’imposizione dei redditi da questo prodotto avviene nei confronti del trust stesso.

Come anticipato, il reddito prodotto dal trust opaco è assoggettato ad IRES in capo al trust, in quanto autonomo soggetto passivo di imposta, applicando le regole fiscali previste in base alla natura “commerciale” o “non commerciale” dell’attività svolta dal trust.

Trust opaco commerciale

Nel caso in cui il trust opaco si qualifichi comecommerciale, il reddito va determinato applicando le regole previste dagli articoli 81 e seguenti del Tuir in materia di reddito d’impresa, ivi inclusa la disciplina in materia di plusvalenze esenti (articolo 87) e di dividendi (articolo 89). Ne deriva che, in caso di distribuzione del reddito ai beneficiari “non individuati”, si rende applicabile l’articolo 44, comma 1, lettera e), del Tuir, che prevede la tassazione come reddito di capitale degli utili derivanti dalla partecipazione al patrimonio anche di enti, diversi dalle società, assoggettati ad IRES, tra i quali rientrano i trust. Tale impostazione risponde anche a ragioni di ordine logico-sistematico, laddove il trattamento fiscale dei redditi generati nell’ambito di un trust commerciale non differisce da quello riservato alle distribuzioni di utili da parte di soggetti IRES e risulta coerente con la circostanza che all’atto della distribuzione si configura (almeno in quel momento) un diritto patrimoniale sugli utili generati dal trust commerciale. Coerentemente con tale impostazione, si ritiene che alle distribuzioni effettuate a favore dei beneficiari si applichi anche la presunzione legale di cui all’articolo 47, comma 1, del Tuir, in base alla quale, ove nel patrimonio del trust siano presenti sia riserve di utili che di capitali, si considerano prioritariamente distribuite le riserve di utili, a prescindere dalla natura della riserva cui il trustee abbia imputato le somme distribuite ai beneficiari.

In relazione a tali distribuzioni, il trust opaco commerciale residente assume il ruolo di sostituto d’imposta, tenuto ad effettuare la ritenuta alla fonte nella misura del 26 per cento sui redditi distribuiti ai beneficiari persone fisiche, ai sensi dell’articolo 27, comma 1, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Ritenuta sui dividendi).

Qualora un trust opaco commerciale, prima della pubblicazione del presente documento di prassi, abbia effettuato distribuzioni senza l’applicazione della suddetta ritenuta, può procedere, ai sensi dell’articolo 10, comma 3, dello Statuto dei diritti del contribuente, al versamento dell’importo dovuto, maggiorato dei relativi interessi legali e senza applicazione delle sanzioni, tenuto conto che, nel caso specifico, ricorrono condizioni di obiettiva incertezza.

Trust opaco non commerciale

Nel caso in cui il trust si qualifichi come ente “non commerciale”, la base imponibile del reddito del trust, cui applicare l’aliquota IRES, deve essere determinata ai sensi del richiamato articolo 143 del Tuir. Tuttavia, diversamente dal caso di trust opaco avente natura commerciale, rimangono validi i chiarimenti resi nella circolare n. 48/E del 2007, tenuto conto del fatto che il trust opaco non commerciale, determinando i propri redditi imponibili in virtù dell’applicazione dell’articolo 143 del Tuir, determina il reddito imponibile con le medesime categorie reddituali e in applicazione delle medesime regole previste per le persone fisiche con la conseguenza che un’ulteriore eventuale tassazione al momento della distribuzione darebbe luogo a un’ulteriore (ingiustificata) tassazione in capo al beneficiario.

Trust opaco estero

In generale, il trust opaco estero è soggetto passivo in Italia per i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, ai sensi degli articoli 151 e 153 del Tuir e, ordinariamente, la relativa “attribuzione” al beneficiario non dà luogo a tassazione in capo allo stesso.

Tuttavia, come espressamente disciplinato dalla lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir, nel caso di trust opaco stabilito in Stati e territori che, con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust, si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis del Tuir, le “attribuzioni” a soggetti residenti in Italia (anche se non “beneficiari individuati (Secondo l’accezione attribuibile a tale espressione nel comma 2 dell’articolo 73 del Tuir)), assumono rilevanza reddituale in capo agli stessi.

In particolare, la richiamata lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir (modificata dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 13 (TRUST) del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili)) prevede che costituiscono redditi di capitale anche «i redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che con riferimento ai redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis del Tuir, anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati ai sensi dell’articolo 73 del Tuir».

Pertanto, se il trust opaco è stabilito in uno Stato o territorio che, con riferimento ai redditi ivi prodotti, integra un livello di tassazione inferiore alla metà di quello applicabile in Italia, in coerenza con l’interpretazione fornita già con la citata circolare 27 dicembre 2010, n. 61/E, le “attribuzioni” di reddito da parte del trust al beneficiario (anche se non “individuato”) sono assoggettate ad imposizione in capo allo stesso beneficiario come reddito di capitale e in base al criterio di cassa (“… redditi corrisposti …”).

In tal caso, infatti, alla tassazione ridotta in capo al trust estero corrisponde, comunque, l’imposizione in capo al beneficiario residente per le attribuzioni da parte del trust.

Tale posizione interpretativa e la novella legislativa di cui all’articolo 44 del Tuir, trovano fondamento nella circostanza che trattasi di redditi che non subiscono una tassazione congrua nella giurisdizione di stabilimento del trust prima di essere attribuiti ai soggetti residenti in Italia.

Le “attribuzioni” al beneficiario residente sono assoggettate ad imposizione in Italia sulla base del criterio di cassa che regola, in genere, la tassazione dei redditi di capitale, a differenza delle “attribuzioni” di trust trasparenti per le quali come detto vale il criterio di imputazione.

Allo scopo di evitare aggiramenti della disciplina in ragione del mero dato formale, o nominalistico, il legislatore ha esteso la medesima disciplina anche agli istituti che in sostanza incorporano le caratteristiche proprie dei trust, richiamando espressamente anche gli «istituti aventi analogo contenuto» al trust.

Al riguardo, si precisa che per individuare quali siano gli istituti aventi contenuto analogo si deve fare riferimento agli elementi essenziali e caratterizzanti dell’istituto del trust con un esame da effettuare caso per caso.

Tali disposizioni si applicano alla generalità dei trust opachi esteri “stabiliti” in predetti Stati o territori che si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis del Tuir.

Al riguardo, appare opportuno sottolineare che il rinvio all’articolo 47-bis del Tuir ha il fine di fornire una modalità di individuazione dei regimi fiscali applicati ai trust esteri nei Paesi di stabilimento che prefigurano un regime fiscale privilegiato.

Peraltro, la disposizione in questione prevede chiaramente che gli Stati esteri, sono considerati o meno a fiscalità privilegiata con esclusivo riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust ivi residente. Quindi, l’elemento che viene preso in considerazione, ai fini dell’applicazione della lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir, è il trattamento fiscale del trust.

Tenuto conto che le disposizioni dell’articolo 47-bis del Tuir sono riferibili a partecipazioni in società, le stesse si rendono applicabili nell’ambito in questione solo in quanto compatibili.

Pertanto, l’individuazione dei trust opachi esteri che godono di un regime fiscale privilegiato deve essere operata sulla base delle indicazioni contenute nella lettera b) del comma 1 dell’articolo 47-bis del Tuir (Richiamato dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 13 (TRUST) del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili)), secondo cui, come sopra accennato, con riferimento al trattamento dei redditi prodotti del trust, si considerano a fiscalità privilegiata gli Stati e territori, per i quali «il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia», considerando, anche i «regimi speciali che non siano applicabili strutturalmente alla generalità dei soggetti svolgenti analoga attività dell’impresa o dell’ente partecipato che risultino fruibili soltanto in funzione delle specifiche caratteristiche soggettive o temporali del beneficiario e che, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale al di sotto del predetto limite e sempreché, nel caso in cui il regime speciale riguardi solo particolari aspetti dell’attività economica complessivamente svolta dal soggetto estero, l’attività ricompresa nell’ambito di applicazione del regime speciale risulti prevalente, in termini di ricavi ordinari, rispetto alle altre attività svolte dal citato soggetto».

Ne consegue che il reddito di un trust opaco corrisposto ad un soggetto italiano, qualora il livello nominale di tassazione dei redditi prodotti dal trust sia inferiore al 50 di quello applicabile in Italia, è sempre considerato imponibile in Italia, ai sensi della lettera g-sexies) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir. In tali casi si deve tener conto anche di eventuali regimi speciali applicabili al trust che, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale.

A tal fine, occorre confrontare il livello nominale di tassazione del reddito prodotto dal trust nell’ordinamento fiscale nel quale il trust è stabilito, al momento di produzione del reddito, con l’aliquota Ires vigente nel medesimo periodo d’imposta, indipendentemente dalla natura commerciale o meno del trust.

Per i trust non commerciali che producono esclusivamente redditi di natura finanziaria, occorre confrontare il livello nominale di tassazione del Paese ove è stabilito il trust non residente con quello applicabile in Italia sui redditi di natura finanziaria soggetti alle imposte sostitutive o alle ritenute alla fonte a titolo di imposta vigenti nel periodo d’imposta assunto ai fini del confronto (generalmente nella misura del 26 per cento), facendo sempre riferimento al momento della produzione del reddito distribuzione.

Sulla base di quanto stabilito al comma 2 dell’articolo 47-bis del Tuir, che fa riferimento alla detenzione diretta o indiretta di “partecipazioni” in un’impresa o altro ente, non è applicabile il successivo comma 3 secondo cui il contribuente può interpellare, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b) della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. interpello probatorio), l’Amministrazione.

Tale ultima disposizione prevede che il contribuente può interpellare l’amministrazione per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente a «la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti».

Come chiarito nella circolare 1° aprile 2016, n. 9/E, con la locuzione «nei casi espressamente previsti» il legislatore, scegliendo un approccio fondato sulla tassatività dei casi, ha previsto la possibilità di ricorrere all’interpello probatorio nelle sole ipotesi, e per i soli soggetti, per i quali tale facoltà sia espressamente riconosciuta mediante l’espresso richiamo dell’articolo 11, comma 1, lettera b) della legge n. 212 del 2000.

Per quanto concerne il terminestabiliti utilizzato dal legislatore, si rileva che, in generale, lo stesso deve essere inteso con riferimento alla giurisdizione di residenza del trust in base alle relative regole, quale risultante al momento della “attribuzione” al beneficiario residente, fermo restando che il reddito distribuito sia stato tassato in capo al trust, al momento della produzione, nel rispetto del livello minimo di tassazione previsto dal citato articolo 47-bis del Tuir.

Qualora il criterio ivi utilizzato sia quello della sede di amministrazione ed il trust si consideri stabilito (rectius, fiscalmente residente) nel Paese in cui il trustee ha la propria residenza fiscale, in presenza di due co-trustee, di cui uno residente in uno Stato o Paese appartenente all’Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo (SEE) e uno stabilito in un Paese a fiscalità privilegiata, ai fini della individuazione della residenza (per l’applicazione dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies) occorre far riferimento allo Stato dove il trust è effettivamente assoggettato ad imposizione.

Analoghe considerazioni devono essere svolte nel caso in cui il criterio utilizzato sia quello dell’oggetto principale. Detto criterio è strettamente legato alla tipologia di trust (o analoghe istituzioni). Se l’oggetto del trust (beni vincolati nel trust) è dato da un patrimonio immobiliare situato interamente in Italia, l’individuazione della residenza è agevole; se invece i beni immobili sono situati in Stati diversi occorre fare riferimento al criterio della prevalenza. Nel caso di patrimoni mobiliari o misti, l’oggetto dovrà essere identificato con l’effettiva e concreta attività esercitata, essendo a tal fine irrilevante la residenza del trustee ovvero dei beneficiari. In altri termini, lo stabilimento (rectius, residenza) in uno Stato membro dell’Unione europea o aderente allo SEE, individuato nella prospettiva italiana sulla base dei criteri di cui all’articolo 73 del Tuir, non è in grado di disattivare l’applicazione della lettera g-sexies), nella ipotesi in cui il trust, in virtù della norma interna di tale Stato oppure della eventuale convenzione per evitare le doppie imposizioni da esso sottoscritta con uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata, risulti residente in quest’ultimo Stato.

Nel caso in cui il trust non sia considerato fiscalmente residente in uno Stato, secondo la legislazione di detto Stato, nonostante l’attività di amministrazione del trust sia ivi prevalentemente effettuata, ai fini dell’applicazione della norma in oggetto, il trust deve comunque considerarsi “stabilito” in quel Paese (ad es. i trust

«resident but not domiciled») qualora i redditi prodotti dal trust non subiscano in tale Paese alcuna imposizione né in capo al trust né in capo agli eventuali beneficiari residenti Italia.

Detta circostanza si può verificare, a titolo esemplificativo, con riferimento a trust, con più co-trustee, stabiliti nel Regno Unito. In tal caso, qualora il disponente non sia ivi residente né domiciliato (al momento della costituzione del trust e di eventuali apporti successivi) e vi sia almeno un trustee non residente o non domiciliato nel Regno Unito, i co-trustee (“single deemed person”) non sono considerati come ivi residenti, a prescindere dalla circostanza che vi sia una maggioranza di trustee inglesi o che l’amministrazione del trust venga effettuata nel Regno Unito. Di conseguenza questa tipologia di trust, pur avendo la sede dell’amministrazione nel Regno Unito, gode, in detto Paese dei vantaggi fiscali riservati ai trust offshore.

Analoghe considerazioni valgono anche nel caso in cui il trust sia considerato stabilito in uno Stato UE o SEE, se beneficia di un regime fiscale (di esenzione) previsto per i trust offshore (es. i trust stabiliti a Cipro).

Imponibili per Trust opaco o trasparente

Quando il trust è opaco (spesso si tratta di ente non commerciale) la base imponibile fiscale sarà data dalla somma delle varie categorie reddituali e il trust liquida l’IRES al 24%.

Diversamente se il trust è trasparente la base imponibile è determinata sempre con le stesse modalità dal trust e tuttavia il reddito, anziché scontare l’IRES al 24%, viene imputato ai beneficiari; il trust avrà cura di indicare il codice fiscale dei vari beneficiari, i quali avranno cura di indicare nella loro dichiarazione dei redditi (oltre al reddito) anche il codice fiscale del trust che glielo ha attribuito.

Il trust opaco non determina profili impositivi in capo ai beneficiari: una volta pagata l’IRES da parte del trust le successive attribuzioni di frutti ai beneficiari non sono soggetti a tassazione.

Il trust opaco estero è soggetto passivo in Italia per i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, ai sensi degli articoli 151 e 153 del Tuir e, ordinariamente, la relativa “attribuzione” al beneficiario non dà luogo a tassazione in capo allo stesso.

Tuttavia, nel caso di trust opaco stabilito in Stati e territori che si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47-bis del Tuir, le “attribuzioni” a soggetti residenti in Italia (anche se non “beneficiari individuati (Secondo l’accezione attribuibile a tale espressione nel comma 2 dell’articolo 73 del Tuir)), assumono rilevanza reddituale in capo agli stessi.

L’interposizione del Trust

Nell’ipotesi in cui un trust è interposto formalmente nella titolarità di beni o attività (cosiddetta “interposizione fittizia”), il reddito di cui “appare titolare” il trust è assoggettato ad imposizione, per “imputazione”, direttamente in capo all’interponente residente in Italia secondo le categorie previste dall’articolo 6 del Tuir (sia esso il disponente o il beneficiario), considerando il trust quale soggetto interposto.

L’interposizione del trust, ai fini della tassazione del reddito dallo stesso prodotto, fa venir meno l’applicazione delle regole fiscali illustrate nei paragrafi precedenti con riferimento al trust sia opaco che trasparente.

In particolare, le attribuzioni effettuate dal trust interposto non generano redditi imponibili per il beneficiario (anche se diverso dall’interponente) (Ferma restando la rilevanza, ai fini dell’imposta di donazione e successione, delle attribuzioni effettuate dal trustee al beneficiario, comprensive anche dei redditi imponibili già tassati ai fini delle imposte sui redditi ove l’interponente sia il disponente. I predetti redditi imponibili invece sono esclusi dall’imposta sulle donazioni e successioni ove l’interponente sia invece il beneficiario destinatario delle attribuzioni), anche se il trust è istituito in un Paese a fiscalità privilegiata, a condizione che e nella misura in cui tali attribuzioni derivino da redditi che, in ragione dell’interposizione del trust, sono già stati assoggettati ad imposizione direttamente in capo all’interponente residente in Italia secondo le categorie previste dall’articolo 6 del Tuir.

Coerentemente con quanto appena illustrato, nell’ipotesi di decesso del soggetto disponente, tenuto conto della interposizione del trust tra i beni e i diritti che compongono l’attivo ereditario di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 sono inclusi anche quelli formalmente nella titolarità del trust, qualificato come interposto.

Determinazione dei redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44 comma 1 lettera g-sexies)

Ai fini della determinazione del reddito di capitale da assoggettare a tassazioni in capo al beneficiario (anche non “individuato”), il decreto ha inoltre introdotto una presunzione legale relativa con la finalità di assicurare l’imposizione dei redditi anche nel caso in cui il beneficiario della “attribuzione” non riceva dal trustee elementi idonei ad individuare la parte imponibile come reddito di capitale dell’attribuzione ricevuta.

In particolare, il comma 4-quater all’articolo 45 del Tuir (Introdotto dalla lettera b) del comma 1 dell’articolo 13 (TRUST) del Decreto-legge del 26/10/2019 n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili)) prevede che

«Qualora in relazione alle attribuzioni di trust esteri, nonché di istituti aventi analogo contenuto, a beneficiari residenti in Italia, non sia possibile distinguere tra redditi e patrimonio, l’intero ammontare percepito costituisce reddito».

La norma detta una presunzione relativa, con la finalità di assicurare l’imposizione anche nel caso in cui il beneficiario della “attribuzione” effettuata dal trust opaco estero stabilito in giurisdizioni a fiscalità privilegiata non riceva dal trustee elementi idonei ad individuare la parte imponibile della stessa.

Con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione, sebbene la disposizione operi un generico riferimento ai “trust esteri”, si ritiene che la stessa si applichi, in linea di principio, ai trust opachi stabiliti in giurisdizioni a fiscalità privilegiata in quanto:

  • la relazione illustrativa nella parte in cui chiarisce che la modifica risolve «il problema inerente i redditi provenienti da trust opachi esteri per i quali spesso i beneficiari italiani si dicono impossibilitati a distinguere la parte delle attribuzioni riferibile al patrimonio del trust rispetto a quelle riferibili al reddito»;
  • sotto il profilo sistematico, come precisato al paragrafo 2.3, le attribuzioni da parte di trust opachi esteri a beneficiari residenti, ordinariamente, non danno luogo a tassazione in capo agli stessi.

Come anticipato in premessa, infatti, il decreto ha inteso prevedere regole puntuali sul trattamento dei redditi corrisposti da tali trust opachi stabiliti in giurisdizioni a fiscalità privilegiata, prevedendo l’inclusione delle relative “attribuzioni” tra i redditi di capitale di cui alla lettera g-sexies) e introducendo la presunzione relativa con il comma 4-quater.

L’applicazione della disposizione implica che sia operata una distinzione tra la quota di attribuzione riferibile:

  • al “patrimonio”, costituito dalla dotazione patrimoniale iniziale ed ogni eventuale successivo “trasferimento” effettuato dal disponente (o da terzi) a favore del trust;

e quella,

  • al “reddito”, costituito da ogni provento conseguito dal trust, compresi i redditi eventualmente reinvestiti o capitalizzati nel trust

Ai fini della applicazione della presunzione, occorre rideterminare il reddito secondo la normativa fiscale italiana.

Pertanto, l’intero ammontare percepito costituisce reddito di capitale per il beneficiario residente in Italia qualora non emerga, da apposita documentazione contabile ed extracontabile (ad esempio, a titolo meramente esemplificativo, rendicontazioni bancarie, finanziarie, ecc.) del trustee, la distinzione fra il “patrimonio” e il “reddito”, come sopra definiti.

A tal fine, il trustee deve mantenere una contabilità analitica che distingua la quota/attribuzione riferibile al valore dei beni in trust al momento del conferimento iniziale, al netto di eventuali attribuzioni di patrimonio effettuate a favore dei beneficiari, dalla quota riferibile ai redditi realizzati di anno in anno, al netto di eventuali attribuzioni a favore dei beneficiari.

L’eventuale distinzione, tra reddito e patrimonio, operata dalle delibere di distribuzione del trust, deve essere in ogni caso supportata dalla documentazione contabile del trust.

Ad esempio, nel caso di distribuzione del provento derivante dalla vendita di un bene, conferito in trust dal disponente, costituisce reddito la parte eccedente il costo o valore di acquisto del bene come risultante dalla documentazione contabile. Da ultimo si ricorda che, anche con riferimento ai redditi attribuiti da trust opachi stabiliti in giurisdizioni a fiscalità privilegiata da assoggettare ad imposizione nei confronti dei beneficiari residenti deve essere ricompresa la generalità dei redditi prodotti dal trust ovunque nel mondo e, che, qualora siano oggetto di attribuzione redditi di fonte italiana percepiti dal trust e già tassati nei suoi confronti in Italia, gli stessi non sono oggetto di imposizione nei confronti del beneficiario residente al quale sono attribuiti (Si veda quanto chiarito, relativamente a fattispecie analoghe, dalla circolare n. 48/E del 2007 circa il divieto di doppia imposizione ai sensi dell’articolo 163 del Tuir).

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L’amministrazione finanziaria ha chiarito che nei casi in cui l’agire del trustee sia limitato o condizionato dalla volontà del disponente o dei beneficiari, il trust, anche se esistente sotto il profilo civilistico, non rileva ai fini tributari: ne consegue che i redditi imputati al trust vengono riferiti al disponente.

I redditi imputati al beneficiario di trust costituiscono redditi di capitale.

 

 

 

Trust trasparente e Trust opaco

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito cosa si intende per trust trasparente e trust opaco nella  circolare del 6 agosto 2007, n. 48/E, nella  Risoluzione del 05/11/2008 n. 425 – Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso e nella circolare del 27 dicembre 2010, n. 61/E.

La Risoluzione del 05/11/2008 n. 425, così si espime:
L’articolo 73,  comma  2  del  TUIR dispone che “Nei casi in cui i beneficiari  del trust  siano  individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in  ogni caso   ai   beneficiari  in  proporzione  alla  quota  di  partecipazione  individuata nell’atto   di   costituzione  del  trust  o  in  altri  documenti  successivi ovvero in mancanza in parti uguali”.
 La circolare  n.  48  del  6  agosto 2007, che ha fornito le prime indicazioni  sulla tassazione  dei  trust,  ha  chiarito  che  “l’articolo 73 individua, ai  fini della tassazione, due principali tipologie di trust:
    –  trust  con  beneficiari  di reddito individuati, i cui redditi vengono  imputati per trasparenza ai beneficiari (trust trasparenti)
    –  trust   senza  beneficiari  di  reddito  individuati,  i  cui  redditi vengono direttamente attribuiti al trust medesimo (trust opachi).
 In particolare,   per   quanto   riguarda   la   disciplina  dei  redditi  del  beneficiario del  trust,  la  circolare  ha  chiarito  che,  “premesso  che il  presupposto di  applicazione  dell’imposta  e’  il  possesso  di  redditi, per  “beneficiario individuato”  è  da  intendersi  il  beneficiario  di  “reddito  individuato”, vale  a  dire  il soggetto che esprime, rispetto a quel reddito,  una capacità   contributiva   attuale.    E’   necessario,   quindi,  che  il  beneficiario non  solo  sia  puntualmente individuato, ma che risulti titolare  del diritto  di  pretendere  dal  trustee  l’assegnazione  di  quella parte di  reddito che gli viene imputata per trasparenza.”.
 Benché’ privo  di  soggettività giuridica di tipo civilistico, il trust e’ un  soggetto passivo  IRES,  destinatario  di norme che disciplinano – tra l’altro  – in modo speciale l’imputazione per trasparenza dei redditi.  La tassazione per trasparenza di un trust presuppone che il reddito sia immediatamente e originariamente riferibile ai beneficiari.  La riferibilità immediata dei redditi  ai  beneficiari – quale presupposto  della tassazione  per  trasparenza  –  esclude  che  vi  sia  discrezionalità  alcuna in  capo  al  trustee in ordine sia alla individuazione dei beneficiari  sia alla eventuale imputazione del reddito ai beneficiari stessi.  In sostanza,  il  diritto all’assegnazione del reddito deve nascere ab origine  a favore di determinati beneficiari.
 Al contrario,  se  il  trustee  ha  il  potere di scegliere se, quando, in che  misura o  a  chi  attribuire  il  reddito  del trust, tale discrezionalità fa  venir meno   l’automatismo   che  e’  il  presupposto  della  imputazione  per  trasparenza, indipendentemente   dalla   effettiva   percezione,  in  capo  al beneficiario.
 Invero, se  il  trustee  ha  il potere di decidere l’attribuzione del reddito,  vuole dire  che  egli  ha un potere su quel reddito, potere che gli deriva dal  possesso del  reddito  stesso.  Conseguentemente  quel  reddito e’ imputato al  trust e non al beneficiario.
 Al contrario,  se  i  beneficiari  sono  predeterminati  in  conseguenza della  volontà del  disponente  –  espressa nell’atto istitutivo del trust o in atti  successivi – il reddito è a titolo originario dei beneficiari.
 In ordine  alla  nozione  di  “beneficiario di reddito individuato” che – come  evidenziato- e’  il  presupposto  della  tassazione  per  trasparenza,  si  fa  presente che  la  stessa  è riferibile a un soggetto destinatario del reddito  relativo al  periodo,  della  cui  imposizione si tratta.

ll trust può dirsi:

  • opaco quando il trustee ha potere discrezionale circa l’attribuzione dei frutti.  Si  ha una mancanza di un diritto soggettivo in capo ai beneficiari circa l’attribuzione di questi frutti. I beneficiari saranno ragionevolmente titolari di una “aspettativa” ma non potranno pretendere i frutti dal trustee;
  • trasparente quando il trustee è privo del potere discrezionale e deve attribuire i frutti ai beneficiari,  titolari di un diritto soggettivo alla percezione degli stessi.

Quindi, ai fini della individuazione del regime fiscale applicabile al reddito  per effetto di quanto previsto dall’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 73 del Tuir (“Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali”), si distinguono due tipologie di trust:

  • trust trasparente”, ovvero trust con beneficiario di reddito “individuato, il cui reddito è tassato in capo al beneficiario, mediante “imputazione” per trasparenza e applicando le regole proprie di tassazione di tale soggetto beneficiario;
  • trust opaco, ovvero trust senza beneficiario di reddito “individuato”, il cui reddito è tassato in capo al trust quale soggetto passivo IRES.

I redditi imputati ai beneficiari sono qualificati, ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies),del TUIR, redditi di capitale.

La circolare del 27 dicembre 2010, n. 61/E pone in evidenza che è “possibile che un trust sia al contempo opaco e trasparente (cosiddetto trust misto). Ciò avviene, per esempio, quando l’atto istitutivo preveda che parte del reddito di un trust sia accantonata a capitale e parte sia invece distribuita ai beneficiari. In questo caso, la parte di reddito accantonata dovrà essere tassata in capo al trust mentre l’altra verrà imputata ai beneficiari, qualora ricorrano i presupposti per l’imputazione, vale a dire quando i beneficiari abbiano diritto dipercepire il reddito non accantonato a capitale.

Tassazione dei Trust ai fini delle imposte indirette

L’Agenzia delle entrate, in passato,  ha fornito alcune indicazioni circa l’applicazione al trust delle imposte dirette e indirette, con le circolari:

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022 con istruzioni sulla disciplina dei trust. Il documento fa il punto sul trattamento fiscale dei trust alla luce delle ultime modifiche normative e degli orientamenti espressi dalla giurisprudenza e contiene le indicazioni definitive dell’Agenzia delle Entrate.

Tassazione dei Trust ai fini delle imposte indirette

La Corte di Cassazione,Sez. V civ., con la sentenza del 24 febbraio 2023, n. 5800 si è così espressa: “l’istituzione di un trust ed il conferimento in esso di beni che ne costituiscono la dotazione sono atti fiscalmente neutri, in quanto non danno luogo ad un passaggio effettivo e stabile di ricchezza, ad un incremento del patrimonio del trustee, che acquista solo formalmente la titolarità dei beni, per poi trasferirla al beneficiario finale, sicché non sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni, prevista dall’art. 2, comma 47, del D.L. n. 262 del 2006, conv. in L. n. 286 del 2006, che sarà dovuta, invece, al momento del trasferimento dei beni o diritti dal “trustee” al beneficiario. Solo questa interpretazione è conforme ai principi delineati dall’art. 53 Cost., secondo cui l’imposizione non deve essere arbitraria ma ragionevole, connessa ad un effettivo indice di ricchezza (in questi termini, Sez. 5, Sentenza n. 29507 del 24/12/2020)“.

Istituzione del Trust

L’atto istitutivo con cui il disponente esprime la volontà di costituire il trust, se redatto con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, è assoggettato all’imposta di registro in misura fissa ai sensi dell’articolo 11 della Tariffa, parte prima, del  D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (€ 200,00, secondo comma dell’art. 26 D.L. n. 104 12/09/2013), anche quando nel medesimo atto venga disposta la dotazione patrimoniale al trust.

Dotazione dei beni in Trust

La medesima tassazione si applica anche agli atti con cui il disponente dota il trust di beni, vincolandoli agli scopi del trust. Infatti, in linea con l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, tale atto «non determina effetti traslativi perché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso (trustee), che è tenuto solo ad amministrarlo e a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista di un suo ritrasferimento ai beneficiari del trust» (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 8082 del 2020).

Pertanto, ai predetti atti, se redatti con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, sarà applicata l’imposta di registro in misura fissa  ai sensi del sopra citato articolo 11 della Tariffa, parte prima, del  D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (€ 200,00, secondo comma dell’art. 26 D.L. n. 104 12/09/2013).

Al riguardo, si osserva che, alla luce delle caratteristiche essenziali dell’istituto come sopra delineate, la dotazione di beni in trust può comportare la decadenza dalle agevolazioni fiscali ai fini delle imposte indirette fruite dal disponente e collegate al mantenimento dei beni per un determinato intervallo temporale (ad esempio, agevolazione c.d. “prima casa” in relazione ad immobile acquistato dal disponente da meno di cinque anni, ai sensi della Nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986).

Il trasferimento dal “disponente/settlor” all’“amministratore/gestore/trustee,” di immobili e partecipazioni sociali per una durata determinata o fino alla morte del disponente, i cui beneficiari siano i discendenti di quest’ultimo, è soggetto all’imposta a tassazione fissa

La Corte di cassazione, Sezione 6 Civile, con l’ordinanza del 4 gennaio 2021, n. 13 ha fatto proprio il principio secondo cui Il trasferimento dal “settlor” al “trustee” di immobili e partecipazioni sociali per una durata determinata o fino alla morte del disponente, i cui beneficiari siano i discendenti di quest’ultimo, avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, perché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso trustee, che è tenuto solo ad amministrarlo e a custodirlo in regime di “segregazione patrimoniale”, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del trust». Detto atto, pertanto, è soggetto all’imposta a tassazione fissa, sia per quanto attiene all’imposta di registro sia alle imposte ipotecaria e catastale (Cass 975/2018, Cass 21614/16, Cass 25478/15).

Il principio secondo cui con l’istituzione di un trust non si
verificano di regola effetti traslativi è stato molto di recente
riconfermato da questa Corte anche in riferimento all’ l’imposta
sulle successioni e donazioni, prevista dall’art. 2, comma 47, del d.l. n. 262 del 2006 (conv. con modif. dalla L. n. 286 del 2006)
anche per i vincoli di destinazione, avendo precisato che tale
imposta è dovuta non al momento della costituzione dell’atto
istitutivo o di dotazione patrimoniale, fiscalmente neutri in quanto
meramente attuativi degli scopi di segregazione ed apposizione
del vincolo, bensì in seguito all’eventuale trasferimento finale del
bene al beneficiario, in quanto solo quest’ultimo costituisce un
effettivo indice di ricchezza ai sensi dell’art. 53 Cost. (Cass
19167/19; Cass 1131/19)

Attribuzione dei beni ai beneficiari

Gli atti con cui vengono attribuiti i beni vincolati in trust ai beneficiari realizzano il presupposto impositivo dell’imposta sulle successioni e donazioni.

Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, la «costituzione del vincolo di destinazione» (di cui all’art. 2, comma 47 del decreto legge n. 262 del 2006) non integra un autonomo presupposto ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, ma è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale.

Nel trust, tale trasferimento imponibile si realizza solo all’atto «di eventuale attribuzione del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo» (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 8082 del 2020).

In ordine all’individuazione del momento in cui si realizza l’effettivo trasferimento di ricchezza mediante un’attribuzione “stabile” dei beni confluiti nel trust a favore del beneficiario, occorre far riferimento anche alle clausole statutarie che disciplinano il concreto assetto degli interessi patrimoniali e giuridici dell’istituto in esame. In particolare, è necessario analizzare puntualmente le clausole contenute nell’atto istitutivo e nello Statuto del trust o emergenti da ulteriori documenti.

Detta attribuzione stabile, infatti, in linea generale, si verifica all’atto di attribuzione dei beni, formale o meno, dal trustee al beneficiario, ma potrebbe essere rinvenibile anche già all’atto di costituzione o di dotazione del trust, nell’ipotesi in cui i beneficiari individuati (o individuabili) siano titolari di diritti pieni ed esigibili, non subordinati alla discrezionalità del trustee o del disponente, tali da consentire loro l’arricchimento e l’ampliamento della propria sfera giuridico-patrimoniale già al momento dell’istituzione del trust.

Si tratta di ipotesi in cui i beneficiari nominativamente o, comunque, inequivocabilmente individuati (o individuabili) abbiano il diritto di ottenere dal trustee, in qualunque momento, sulla base delle clausole dell’atto istitutivo e di eventuali ulteriori disposizioni, il trasferimento di quanto spettante.

In altri termini, tali diritti determinano un arricchimento in capo al beneficiario in conseguenza dell’atto istitutivo o della devoluzione patrimoniale del trust, integrando il presupposto impositivo nel senso delineato dall’orientamento della Corte di Cassazione, con applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni all’atto di costituzione o di dotazione del trust.

Potrebbe rientrare nella descritta ipotesi il trust in cui al beneficiario viene attribuito il diritto a ricevere dal trustee un bene, ad esempio un dato immobile o una somma di denaro richiesta, oppure il diritto a ricevere una rendita periodica.

Tale soluzione è coerente con le disposizioni dell’articolo 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 che prevede che «L’imposta è applicata secondo […] gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione […]».

Resta in ogni caso impregiudicato il potere dell’Amministrazione finanziaria di verificare in concreto l’effettivo trasferimento dei beni e dei diritti a favore del beneficiario nei termini sopra indicati.

Liquidazione dell’imposta

Ai fini della liquidazione dell’imposta, si conferma in questa sede quanto chiarito nella circolare n. 48/E del 2007 secondo cui il trust è un rapporto giuridico complesso con un’unica causa fiduciaria e tutte le vicende del trust (istituzione, dotazione patrimoniale, gestione, realizzazione dell’interesse del beneficiario, il raggiungimento dello scopo) sono collegate alla medesima causa.

Pertanto, le aliquote e le franchigie, previste all’articolo 2, commi 48 e 49 del decreto legge n. 262 del 2006, sono individuate, all’atto della attribuzione dei beni, sulla base del rapporto di parentela intercorrente tra il disponente e il beneficiario.

Al riguardo:

  1. nel caso in cui il beneficiario è il coniuge o un parente in linea retta del disponente, al valore del bene attribuito viene applicata l’aliquota del 4%, e una franchigia pari a 1.000.000 di euro;
  2. nel caso in cui i beneficiari sono fratelli e sorelle del disponente, l’aliquota applicabile è quella del 6% e la franchigia è pari a 100.000 euro;
  3. nel caso in cui i beneficiari sono altri parenti fino al quarto grado, affini in linea retta o affini in linea collaterale fino al terzo grado l’aliquota è del 6% e non è prevista nessuna franchigia;
  4. nel caso in cui i beneficiari sono altri soggetti l’aliquota applicabile è quella dell’8%.

Ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, trattandosi di una fattispecie di donazione definibile “a formazione progressiva”, con cui il disponente provvederà ad arricchire i beneficiari per mezzo del programma negoziale attuato tramite il trustee, i requisiti della territorialità individuati dall’articolo 2 del d.lgs. n. 346 del 1990 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni), ovvero la residenza del disponente e la localizzazione dei beni apportati, devono essere verificati all’atto di apporto dei beni al trust, momento in cui si verifica l’effettivo “spossessamento” dei beni da parte del disponente per effetto della segregazione.

Determinazione del valore dei beni

Con riferimento alla determinazione del valore dei beni, vincolati in trust e trasferiti ai beneficiari, si precisa che, ai sensi dell’articolo 2, comma 49 del decreto legge n. 262 del 2006, l’imposta sulle successioni e donazioni è determinata applicando le aliquote previste al «valore globale dei beni e dei diritti al netto degli oneri da cui è gravato il beneficiario diversi da quelli indicati all’articolo 58, comma 1 del citato testo unico di cui al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346.

L’articolo 56 del d.lgs. n. 346 del 1990 stabilisce che il predetto valore dei beni e dei diritti è determinato a norma degli articoli da 14 a 19 e dell’articolo 34, commi 3, 4 e 5 del  d.lgs. n. 346 del 1990.

Al riguardo, si chiarisce che il valore dei beni dovrà essere determinato in base alle specifiche disposizioni sopra richiamate, a seconda del tipo di bene trasferito, con riferimento alla data dell’atto con il quale viene effettuato il trasferimento.

Ad esempio, nell’ipotesi di attribuzione di un immobile, la base imponibile sarà determinata assumendo il valore venale in comune commercio alla data del relativo atto (cfr. articolo 14, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 346 del 1990).

Nel caso in cui, ad esempio, l’attribuzione abbia ad oggetto azioni, obbligazioni, altri titoli e quote sociali quotati in borsa o negoziati nel mercato ristretto, la relativa base imponibile sarà determinata assumendo la media dei prezzi di compenso o dei prezzi determinati nell’ultimo trimestre anteriore alla data dell’atto di attribuzione (cfr. articolo 16, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 346 del 1990); nel caso in cui, invece, ad essere attribuiti sono azioni o titoli o quote di partecipazioni al capitale non quotate in borsa, né negoziati nel mercato ristretto, o quote di società non azionarie, la base imponibile viene determinata assumendo il valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data dell’atto di attribuzione, del patrimonio netto dell’ente o della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato (articolo 16, comma 1, lett. b, d.lgs. n. 346 del 1990).

Esenzioni, agevolazioni

L’eventuale spettanza di esenzioni e/o agevolazioni in capo ai beneficiari in relazione alle attribuzioni potrà essere valutata, di volta in volta, sulla base della presenza dei relativi presupposti.

Ad esempio, nell’ipotesi di attribuzione al beneficiario di un bene immobile, quest’ultimo potrà richiedere l’applicazione dell’agevolazione c.d. “prima casa” ai sensi dell’articolo 69, comma 3, della legge 21 novembre 2000, n. 342, in presenza dei relativi presupposti.

Si ritiene che la volontà di fruire delle agevolazioni deve essere manifestata dal richiedente con una dichiarazione resa nell’atto di attribuzione (cfr. circolare 7 maggio 2001, n. 44 (chiarimenti in merito all’imposta sulle successioni e sulle donazioni)).

Imposta ipotecaria e catastale

Le modalità di applicazione delle imposte ipotecaria e catastale alla fattispecie dei trust, in mancanza di specifiche disposizioni, sono stabilite dal d.lgs. n. 347 del 1990 (Testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale).

Tali imposte sono dovute, rispettivamente, per le formalità di trascrizione di atti che importano trasferimento di proprietà di beni immobili o costituzione o trasferimento di diritti reali immobiliari e per le volture catastali conseguenti ai medesimi atti.

Al riguardo, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia di trust sopra richiamato, gli atti di dotazione dei beni in trust comportano trasferimenti di beni meramente strumentali e finalizzati al solo compimento degli scopi del trust e non si traducono in effettivi trasferimenti di ricchezza dal disponente al trustee, non determinando effetti traslativi. L’effettivo trasferimento di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile, nel trust, si realizza solo all’atto di attribuzione del bene al beneficiario.

Ciò posto, le formalità e le volture catastali eseguite in dipendenza degli atti con cui il disponente effettua la dotazione di beni immobili o diritti reali immobiliari al trust, al momento della costituzione del vincolo, sono soggette alle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa (Per l’imposta ipotecaria, cfr. art. 1 del d.lgs. n. 347 del 1990 e art. 4 della Tariffa allegata, per l’imposta catastale, cfr.  art. 10, comma 2  del d.lgs. n. 347 del 1990).

Analogamente, le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa saranno dovute nell’ipotesi di formalità e volture catastali eseguite per effetto dell’atto di sostituzione del trustee.

Le formalità e le volture catastali eseguite in dipendenza di atti di attribuzione dei beni immobili o diritti reali immobiliari vincolati in trust ai beneficiari, realizzando l’effettivo trasferimento dei beni in questione, sono soggette, invece, alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale (Per l’imposta ipotecaria, cfr. art. 1 del d.lgs. n. 347 del 1990 e art. 1 della Tariffa allegata, per l’imposta catastale, cfr.  art. 10, comma 1  del d.lgs. n. 347 del 1990).

Atti formati all’estero

Le conclusioni relative alla tassazione dei trust ai fini delle imposte indirette, restano valide anche per gli atti relativi ai trust esteri in presenza dei presupposti per l’applicabilità dell’imposta sulle successioni e donazioni e delle imposte ipotecaria e catastale, con riferimento agli atti di attribuzione di patrimonio posti in essere da trust esteri che risultano formati all’estero, gli stessi sono soggetti ad obbligo di registrazione nei casi previsti dall’articolo 2, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 131 del 1986, ovvero quando «comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato».

Altra ipotesi in cui è previsto l’obbligo di registrazione per gli atti formati all’estero è data dal comma 1-bis dell’articolo 55 del d.lgs. n. 346 del 1990 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni) che dispone la registrazione in termine fisso per «gli atti aventi ad oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all’estero nei confronti di beneficiari residenti nello Stato».

Pertanto, si ritiene che l’atto di costituzione dei beni in trust formato all’estero vada assoggettato a registrazione in termine fisso, in misura fissa (Articolo 11 della Tariffa, Parte Prima d.P.R. n. 131 del 1986), trattandosi di una donazione definibile “a formazione progressiva” in cui il disponente provvederà ad arricchire i beneficiari per mezzo del programma negoziale attuato tramite il trustee. Tale obbligo di registrazione non contrasta con la circostanza che l’imposta sulle successioni e donazioni, come chiarito nei paragrafi precedenti, verrà applicata solo al momento dell’effettiva attribuzione dei beni ai beneficiari.

Con riguardo agli obblighi di registrazione, ai fini dell’applicabilità dell’imposta sulle successioni e donazioni è necessario richiamare l’articolo 45, comma 4-quater del Testo unico delle imposte sui redditi del 22/12/1986 n. 917 (T.U.I.R.) che dispone che «Qualora in relazione alle attribuzioni di trust esteri, nonché di istituti aventi analogo contenuto, a beneficiari residenti in Italia, non sia possibile distinguere tra redditi e patrimonio, l’intero ammontare percepito costituisce reddito».

Al riguardo, fermi restando i chiarimenti dei paragrafi precedenti in relazione all’applicazione della norma citata e, in particolare, alle modalità con cui distinguere la quota riferibile al patrimonio da quella riferibile al reddito, alle predette attribuzioni di patrimonio è applicabile l’imposta sulle successioni e donazioni, ai sensi dell’art. 2, comma 47 del decreto legge n. 262 del 2006, sussistendone i relativi presupposti.

Pertanto, in applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 346 del 1990 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni), nel caso in cui il disponente del trust sia residente in Italia, agli atti di attribuzioni di patrimonio sarà applicabile l’imposta proporzionale sulle successioni e donazioni, anche se i beni patrimoniali trasferiti siano esistenti all’estero.

Nel caso in cui il disponente non risieda in Italia, la predetta imposta sulle attribuzioni dei beni patrimoniali sarà applicata limitatamente ai beni e ai diritti esistenti nel territorio dello Stato.

Separazione patrimoniale – Scopo del trust – Utilizzo illecito di un trust

Separazione patrimoniale

La principale caratteristica del Trust è il fatto che i beni che si vogliono vincolare in trust non sono più di proprietà del disponente, settlor, ma diventano di proprietà del trustee, pur non facendo parte del patrimonio personale di quest’ultimo. 
Il bene di cui è titolare il trustee  è vincolato al trust, quindi sottoposto ad un vincolo di destinazione e di separazione.

La Corte di Cassazione con sentenza n. 8082 del 2020 si è pronunciata nel senso che tale atto «non determina effetti traslativi perché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso (trustee), che è tenuto solo ad amministrarlo e a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista di un suo ritrasferimento ai beneficiari del trust».

La separazione patrimoniale che caratterizza i beni oggetto del trust consente di evitare che essi possano essere aggrediti dai creditori, sia del disponente (che non ne è più proprietario), sia del beneficiario (che non ne è ancora proprietario), ma anche del trustee, poiché si tratta di beni separati dal suo patrimonio personale. I beni costituiti in trust possono dunque essere aggrediti solo dai creditori del trust.

I terzi creditori non possono aggredire i beni oggetto del Trust ed affidati all’amministratore/gestore, il trustee, poiché gli stessi sono sottoposti

  • ad un “vincolo di destinazione”, rappresentato dallo scopo del Trust deciso dal disponente, settlor, nell’atto di costituzione del Trust, e
  • ad un “vincolo di separazione”: i beni diventano di proprietà del Trustee ma non si “confondono” con i beni personali di proprietà del Trustee stesso (per esempio, se egli muore o fallisce, i beni del Trust di cui egli è proprietario non cadono in successione, né entrano nella massa fallimentare).

La circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022 in merito alla segregazione patrimoniale, così si esprime:

“Giova ricordare che detto istituto si sostanzia in un rapporto giuridico fiduciario mediante il quale un soggetto definito “disponente” (o settlor) – con negozio unilaterale, cui generalmente seguono uno o più atti dispositivi – trasferisce ad un altro soggetto, definito “trustee”, beni (di qualsiasi natura), affinché quest’ultimo li gestisca e li amministri, coerentemente con quanto previsto dall’atto istitutivo del trust per il raggiungimento delle finalità individuate dal disponente medesimo.
L’effetto principale dell’istituzione di un trust è la segregazione patrimoniale in virtù della quale i beni in trust costituiscono un patrimonio separato e autonomo rispetto al patrimonio del disponente, del trustee e dei beneficiari, con la conseguenza che tali beni non potranno essere escussi dai creditori di tali soggetti.
L’articolo 2 della citata Convenzione (Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985), oltre a fornire la definizione di trust,
ne individua caratteristiche essenziali, ovvero:
«a) i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del
patrimonio del trustee;
b) i beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un’altra persona per conto del trustee;
c) il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre beni secondo i termini del trust e le norme particolari impostegli dalla legge»

…………………………………………………………………………………………………

In particolare, l’articolo 39 novies del decreto legge 30 dicembre 2005, n.
273, convertito dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, ha introdotto l’articolo 2645- ter rubricato «Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche»
nel Libro VI, titolo I, capo I, del codice civile.
Tale disposizione, di ampia portata (Ai sensi del quale «Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere
opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto
previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo». ), prevede la trascrizione di determinati atti «al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione», consentendo la “segregazione” dei beni oggetto dell’atto di destinazione, sottraendoli alle più svariate vicende che possono verificarsi e, in tal modo, introducendo una rilevante eccezione all’articolo 2740 del codice civile, per effetto del quale ciascun soggetto risponde delle proprie obbligazioni «con tutti i propri beni presenti e futuri».”

La Corte di Cassazione con la sentenza del 20 febbraio 2015 n. 3456, si è così espressa:” in ossequio al principio di diritto di recente posto da questa stessa sezione (Sez. 1, Sentenza n. 10105 del 2014) secondo cui il trust non è un ente dotato di personalità giuridica,
ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato e formalmente intestati al trustee, che è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi non quale legale rappresentante, ma come
colui che dispone del diritto. Ne consegue che esso non è litisconsorte necessario, ad esempio, nel procedimento per la dichiarazione di fallimento della società che vi ha conferito l’intera sua azienda,
comprensiva di crediti e di debiti, in quanto l’effetto proprio del trust non è quello di dare vita ad un nuovo soggetto di diritto, ma quello di istituire un patrimonio destinato ad un fine prestabilito.
.

Scopo del trust

Lo scopo del trust deve potere essere sempre considerato meritevole secondo i principi dell’ordinamento giuridico di riferimento.

Tra gli usi più frequenti vi sono quelli motivati da:

  • protezione dei beni: spesso il trust viene istituito a protezione di beni immobili; per esso non è infatti infrequente l’uso del termine “blindatura patrimoniale“. Una delle caratteristiche più apprezzate del trust è infatti la segregazione del patrimonio conferito cosicché esso risulterà insensibile ad ogni evento pregiudizievole che coinvolge personalmente uno o più soggetti protagonisti del trust. Per questa sua utilissima caratteristica il trust viene sempre di più impiegato per separare e proteggere il patrimonio personale da quello aziendale o per tutelare tutti quei soggetti il cui patrimonio può essere compromesso da attività professionali rischiose (medici, avvocati, funzionari ecc.) o, semplicemente, da comportamenti personali avventati (gioco d’azzardo, uso di droghe e alcool ecc.).
  • riservatezza: le disposizioni contenute nel trust possono essere riservate, e questo può essere un motivo sufficiente per la sua creazione; la riservatezza è riferita prevalentemente ai trust cd. ‘opachi’ (in Italia penalizzati dalla normativa fiscale), dove il trust può rappresentare un ottimo strumento di controllo di enti e società (di norma è impiegato all’estero in attività di ingegneria fiscale).
  • tutela dei minori e dei soggetti diversamente abili: spesso, come visto, le disposizioni testamentarie prevedono che i minori abbiano un godimento limitato dei beni fino alla maggiore età o che i soggetti diversamente abili possano godere dei beni in trust senza esserne pieni proprietari;
  • tutela del patrimonio per finalità successorie: di frequente un trust viene costituito allo scopo di tutelare un patrimonio nell’organizzazione di un efficiente passaggio generazionale dell’azienda e del patrimonio dell’imprenditore. E’ importante, però, tenere presente che la separazione patrimoniale è solo una conseguenza della costituzione del trust, e non può mai esserne la ragione. Un trust, per essere valido, deve  avere una sua finalità  considerata meritevole di tutela dal nostro ordinamento giuridico e non può mai essere costituito al solo fine di ottenere la separazione patrimoniale,  per ragioni di protezione del patrimonio. La separazione patrimoniale garantita dal trust è un effetto della costituzione dei beni in trust, che garantisce la destinazione dei beni costituiti in trust alla finalità indicata dal disponente, ma non può essere la motivazione della nascita del trust, né può essere utilizzata a danno dei creditori o in frode al fisco. In Italia, alcuni hanno costituito trust  al solo scopo di difendere il proprio patrimonio dai creditori, oppure ottenere indebiti vantaggi fiscali, trust sperò dichiarati nulli, o quantomeno inesistenti e inefficaci nei confronti dei creditori e del fisco, da numerose sentenze, anche della Corte di Cassazione;
  • beneficenza (“charitable trust”): in molti ordinamenti di common law gli enti di beneficenza debbono essere costituiti in forma di trust;
  • forme di investimenti e pensionistiche: i piani di investimento pensionistici ed i fondi comuni sono derivazione dei trust fund anglosassoni;
  • vantaggi di natura fiscale: un trust può dare vantaggi fiscali. Se il risparmio di imposta è l’unico motivo che ha spinto ad istituire un trust, può essere considerato illegittimo e sanzionato. Come qualsiasi istituto giuridico, l’uso elusivo od evasivo è contrario alle norme di legge e sanzionato.
  • altro: il trust, come detto, è idoneo a realizzare una vasta molteplicità di scopi non facilmente enumerabili.

La circolare n. 34 /E del 20 ottobre 2022 in merito allo scopo del Trust, così si esprime:

“Nella pratica, fermo restando l’elemento essenziale della “segregazione”, si riscontrano diversi utilizzi dell’istituto che si differenziano per le finalitàperseguite, si pensi ad esempio:
– al “trust di scopo”, istituito per il perseguimento di un specifico e
determinato fine individuato dal disponente (affare, attività, ecc.);
– al “trust familiare”, istituito con finalità di assistenza o in vista della
successione;
– al “trust Dopo di Noi”, istituito a favore dei soggetti con disabilità gravi nel rispetto dei requisiti previsti dalla legge 22 giugno 2016, n. 112 (“Legge Dopo di Noi”);
– al “trust di garanzia”, istituito per tutelare l’interesse di uno o più
creditori del disponente;
– al “trust liquidatorio”, istituito per realizzare la liquidazione dell’attivo dei beni del disponente.”

La Corte di Cassazione con la sentenza del 9 maggio 2014 n. 10105 si è  pronunciata sulla validità di un trust interno quale strumento di supporto rispetto alle  misure negoziali di risoluzione della crisi d’impresa; “E’ valido il trust interno istituito da una società in bonis per realizzare con altri mezzi il risultato equivalente della procedura liquidatoria. E’ parimenti valido il trust interno endo-concorsuale ovvero istituito quale strumento integrativo e/o attuativo delle misure concordate di risoluzione della crisi d’impresa previste dalla legge fallimentare. Non è invece riconoscibile nel nostro ordinamento, ai sensi dell’art. 15 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, il trust liquidatorio quando, da un’indagine sulla causa in concreto del medesimo, risulta che sia stato istituito da società in stato di insolvenza per eludere le norme imperative concorsuali poste a tutela dei creditori del disponente”.

Utilizzo illecito di un trust

É ovvio che viene attenzionato l’utilizzo di un trust  finalizzato a perseguire scopi illegali da parte di soggetti prossimi all’insolvenza, falliti, gravati da ingenti debiti tributari.

L’utilizzo illecito di un trust può essere finalizzato a frodare i creditori pregressi (sottraendo garanzia patrimoniale in violazione dell’art. 2740 c.c. (Responsabilita’ patrimoniale), tale disposizione ha carattere imperativo con la conseguenza, che la sua violazione è colpita da nullità assoluta ex art 1418 c.1 cc. (Cause di nullita’ del contratto))

Può sussistere anche  un rischio penale, come nei casi di:

In tema di protezione dei beni (blindatura patrimoniale“) dai creditori, la differenza tra utilizzo legittimo e illegittimo del Trust  è dato anche dalla tempistica. La protezione patrimoniale efficace è quella realizzata in via preventiva.: regola  della protezione patrimoniale è agire in tempi non sospetti.
Un trust è valido ed efficace se il suo scopo è meritevole e la dotazione patrimoniale è di data anteriore al sorgere dei debiti.

Il trust, in quanto atto a titolo gratuito, è sempre soggetto all’azione revocatoria ordinaria ( Ai sensi dell’art. 2903 c.c., l’azione revocatoria ordinaria (le cui condizioni sono stabilite nell’art. 2901 c.c.) si prescrive nel termine di 5 anni dal compimento dell’atto pregiudizievole da parte del debitore.) semplificata (ex art. 2929 bis c.c. (Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilita’ o di alienazioni a titolo gratuito)) e fallimentare (vedi Sez. III : Degli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, ,  artt. da 64 a 71 del Regio decreto del 16/03/1942 n. 267), quindi non può essere utilizzato in frode dei creditori (c.d. “Sham Trust”), e ad esso si applica anche la norma che consente ai creditori che siano danneggiati da un atto del debitore che ha costituito un vincolo di indisponibilità o ha trasferito a titolo gratuito beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, successivamente al sorgere del credito, di procedere all’esecuzione forzata (se muniti di titolo esecutivo) senza aver prima ottenuto una sentenza dichiarativa dell’inefficacia dell’atto, a condizione che trascrivano il pignoramento entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole (art. 2929-bis del codice civile, introdotto dal decreto legge 27 giugno 2015, n. 83 (c.d. Decreto Giustizia per la Crescita)), norma volta ad eliminare le “storture” dell’utilizzo dei Trust in frode ai creditori (“Sham Trust”) .

Lo scopo dell’art. 2929 bis c.c. è quello di aumentare le tutele dei creditori.

L’Art. 2929 -bis  c.c. – “Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito” così dispone:

“Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto e’ stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole, interviene nell’esecuzione da altri promossa. Quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore promuove l’azione esecutiva nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario. Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all’esecuzione di cui al titolo V del libro III del codice di procedura civile quando contestano la sussistilenza dei presupposti di cui al primo comma, nonchè la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore.”

Quindi,  il creditore ha un anno di tempo dalla data di trascrizione del vincolo di indisponibilità (ad es.: il Trust) o della donazione per  far pignorare l’immobile o il bene mobile registrato del debitore, anche senza avere ottenuto la revocatoria dell’atto.

Prima dell’introduzione dell’ art. 2929 – bis c.c., era il creditore a dover provare con la revocatoria di aver subito un pregiudizio dagli atti di disposizione patrimoniale messi in atto dal debitore cercando di ottenerne la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti, con l’introduzione dell’ art. 2929 – bis c.c., si presume di fatto una mala fede del debitore che ha posto in essere donazioni o vincoli di destinazione al proprio patrimonio e la possibilità per il creditore di procedere direttamente con l’esecuzione. 
L’unico vincolo del creditore per poter utilizzare questa procedura rapida, è che egli deve trascrivere il pignoramento entro un anno dalla trascrizione della donazione o del vincolo di indisponibilità.

Il debitore potrà dunque ovviamente opporsi all’esecuzione, ma potrà ad esempio accadere che il suo immobile gli venga pignorato e venduto all’asta e che, solo successivamente, si giunga ad una sentenza che confermi la validità dell’atto di Trust, di donazione o del fondo patrimoniale e, dunque, l’illegittimità della vendita forzata.

Si può quindi affermare che l’efficacia di tutti gli atti di trust, donazione, fondo patrimoniale ed altri vincoli di destinazione è subordinata al trascorrere di 1 anno dalla trascrizione nei registri immobiliari.

Da tener presente che le Sezioni unite della Cassazione,  con l’ordinanza 7621 del 18 marzo 2019, hanno affermato il principio secondo cui Il giudice italiano è competente per giudicare la validità di un trust costituito all’estero da un disponente italiano a favore di un beneficiario italiano e con nomina di un trustee non di nazionalità italiana.

Le regole istitutive del Trust

Nella legislazione italiana manca una disciplina specifica del trust, e ciò rende necessario il rinvio a una legge straniera per la sua regolamentazione. La scelta della legge applicabile è un aspetto molto delicato, che non deve essere sottovalutato per le conseguenze che può avere sul funzionamento del trust costituito in Italia, ma anche sulla sua stessa validità.

Chi intende costituire un trust in Italia deve tenere conto sia delle disposizioni della legge scelta per regolamentare il trust (e della relativa giurisprudenza), sia delle norme dettate dalla Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, e verificare infine la compatibilità delle clausole dell’atto costitutivo con le norme di ordine pubblico italiane, ma anche con le regole di carattere fiscale.

La Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 è l’accordo internazionale che, sancendo il riconoscimento di tal tipo di negozio fiduciario nei paesi aderenti, ha contribuito a delinearne i tratti essenziali trasferendo in norme positive gli elementi portanti di una prassi giuridico-commerciale che andava progressivamente diffondendosi.

La Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 relativa alla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento è stata resa esecutiva in Italia con L. 16 ottobre 1989 n. 364, entrata in vigore il 1
gennaio 1992.

Gli Stati aderenti alla Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 relativa alla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento sono:

Australia
Canada
Cina
Cipro
Francia
Italia
Liechtenstein
Lussemburgo
Malta
Monaco
Olanda
Panama
San Marino
Svizzera
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord
Stati Uniti d’America

il Regno Unito di Gran Bretagna ed il Canada hanno ratificato la Convenzione anche in rappresentanza di altri territori,
come l’isola di Guernsey, Jersey e le isole di Turks and Caicos, e province come l’Alberta e la Colombia britannica.

La Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 accorda riconoscimento  solo al trust costituito per atto volontario del disponente.

Questi possono essere disposti per atto inter vivos o mortis causa.

Così come previsto nella Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, relativa alla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento, resa esecutiva in Italia con L. 16 ottobre 1989 n. 364, gli elementi essenziali caratterizzanti i trust sono i seguenti:

  • la separazione dei beni del trust rispetto al patrimonio del disponente, del trustee e dei beneficiari;
  • l’intestazione dei beni medesimi al trustee;
  • il potere-dovere del trustee di amministrare, gestire e disporre dei beni secondo il regolamento del trust o le norme di legge.

Per effetto della   Legge del 16 ottobre 1989 n. 364 possono essere riconosciuti effetti giuridici in Italia solo ai trust costituiti secondo la legge di uno Stato che preveda il Trust nel proprio ordinamento giuridico quale istituto tipico così come previsto nella Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, contenuto minimo ed indefettibile.

Da tener presente che molti altri ordinamenti nazionali, che non hanno aderito alla Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, contemplano l’istituto del trust.

Ora è da tener presente che una delle caratteristiche della
Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 (Articolo 6:
Un trust è regolato dalla legge scelta dal disponente….) a cui l’Italia ha aderito, è quella di lasciare nella piena libertà del disponente la scelta della legge regolatrice del trust, legge che, come abbiamo detto, preveda il Trust nel proprio ordinamento giuridico quale istituto tipico così come previsto nella Convenzione, contenuto minimo ed indefettibile.

L’art. 21 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 (Ogni Stato contraente può riservarsi il diritto di applicare le disposizioni del capo III solo ai trust la cui validità è regolata dalla legge di uno Stato contraente.), consente agli Stati aderenti di limitare l’efficacia del riconoscimento dei trust solo a quelli costituiti secondo una delle legislazioni degli Stati aderenti alla Convenzione , ma, a tale proposito, l’Italia non ha espresso alcuna riserva così da impartire alle norme convenzionali cui si è sottoposta un’efficacia  detta universale,  che legittima il ricorso a qualsivoglia legislazione che disciplina il trust, così come previsto nella Convenzione.

Quindi,  ai fini della legittimazione di un Trust nell’ordinamento italiano, c’è da mettere in risalto che l’applicabilità della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 e la conseguente libertà di  scelta da parte del disponente della legislazione regolatrice del trust, è vincolata alla presenza degli elementi caratteristici della Convenzione, non esistendo i quali, viene meno il riconoscimento dell’entità giuridica  formata, solo apparentemente vestita da trust.

Ogni volta, quindi, bisogna verificare se la legislazione nazionale cui il disponente ha fatto ricorso o le regole dettate nell’esplicazione della sua volontà, rispettano le condizioni minime perché si configuri,  ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, un trust.

L’art. 2 della Convenzione descrive le caratteristiche essenziali del trust:

“Articolo 2
Ai fini della presente Convenzione, il termine “trust” si riferisce ai rapporti giuridici creati – tra vivi o in caso di morte – da una persona, il disponente, quando i beni sono stati posti sotto il controllo di un trustee a beneficio di un beneficiario o per uno scopo specifico.

Un trust ha le seguenti caratteristiche:

UN. i beni costituiscono un fondo separato e non fanno parte del patrimonio del trustee;
B. la titolarità dei beni in trust è intestata al trustee oa nome di altra persona per conto del trustee;
C. il trustee ha il potere e il dovere, rispetto al quale risponde, di amministrare, impiegare o disporre dei beni secondo le condizioni del trust e gli obblighi speciali che gli sono imposti dalla legge.

La riserva da parte del disponente di determinati diritti e poteri, e il fatto che il trustee possa egli stesso avere diritti in qualità di beneficiario, non sono necessariamente incompatibili con l’esistenza di un trust.”

Le caratteristiche del trust, dettate dall’articolo 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, sono:
• distinzione dei beni del trust dal patrimonio del trustee;
• intestazione degli stessi al trustee o ad altra persona per suo conto;
• obbligatorietà della condotta del trustee nell’amministrazione, gestione e disponibilità dei beni secondo le finalità del trust e le norme particolari impostegli dalla legge regolatrice.

Le caratteristiche del trust, dettate dall’articolo 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, sono necessarie per la concreta fruibilità delle tutele previste  dall’articolo 11 della Convenzione.
“Articolo 11

E’ riconosciuto come trust il trust creato in conformità alla legge indicata nel precedente Capo.

Tale riconoscimento implica, come minimo, che i beni in trust costituiscono un fondo separato, che il trustee può citare in giudizio ed essere citato in giudizio nella sua qualità di trustee, e che può comparire o agire in tale veste davanti a un notaio o a qualsiasi persona che agisca in una veste ufficiale.

Nella misura in cui la legge applicabile al trust richiede o prevede, tale riconoscimento implica, in particolare:

UN. che i creditori personali del trustee non possono rivalersi sui beni in trust;
B. che i beni in trust non facciano parte del patrimonio del trustee in caso di sua insolvenza o bancarotta;
C. che i beni in trust non facciano parte del patrimonio matrimoniale del trustee o del suo coniuge né facciano parte del patrimonio del trustee alla sua morte;
D. che i beni in trust possano essere recuperati quando il trustee, in violazione del trust, abbia mescolato beni in trust con i propri beni o abbia alienato beni in trust. Tuttavia, i diritti e gli obblighi di qualsiasi terzo detentore dei beni restano soggetti alla legge determinata dalle norme sul conflitto di leggi del foro.

Il trustee esercita ogni azione attiva e passiva riferibile al trust, ma è sottoposto alla  segregazione patrimoniale; i creditori personali del trustee non possono aggredire i beni del trust che rimangono separati tanto nel caso di fallimento del trustee che in relazione ai suoi rapporti matrimoniali e successori.

Nel caso poi che la condotta del trustee conduca ad una confusione dei beni, diviene possibile la rivendicazione del patrimonio del trust da parte di chi, disponente o beneficiario, sia legittimato a pretendere il corretto rispetto della dotazione patrimoniale del trust.

Negli ordinamenti che disciplinano il trust, si è evoluta  la nozione di trust simulato (“sham trust”), che si ha quando il disponente mantiene, anche in via di fatto, il controllo dei beni costituiti in trust, e ne dispone come cosa propria.

Come abbiamo visto, l’art. 2 della Convenzione richiede espressamente che i beni costituiti in trust siano posti sotto il controllo del trustee, nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato.

E’ pertanto essenziale, al fine del riconoscimento del trust, che il disponente perda effettivamente il controllo sui beni costituiti in trust, che deve spettare soltanto al trustee.
Secondo la Convenzione, il fatto che il disponente conservi alcuni diritti o alcune facoltà non è necessariamente incompatibile con l’esistenza di un trust, ma deve essere chiaro che il controllo spetta al trustee.

Il trust simulato (“sham trust”) è nullo fin dall’origine, e i beni si considerano a tutti gli effetti di proprietà del disponente.

Contro  la riconoscibilità in Italia del trust autodichiarato, un trust autodichiarato, cioè un trust nel quale il trustee è lo stesso disponente, vi è una consolidata giurisprudenza, che ha spesso ritenuto illegittimo il trust nel quale il disponente mantiene la disponibilità dei beni.

L’Agenzia delle entrate considera inesistenti, sotto il profilo fiscale, i trust nei quali il disponente si riserva poteri rilevanti sull’amministrazione del patrimonio o sulla sua destinazione (cosiddetti “trust interposti”), con conseguente tassazione dei redditi in capo al disponente.

L’art. 6 della Convenzione e fissa il principio della libertà della scelta della legge applicabile al trust ed in subordine, qualora la legge prescelta dal disponente sia inapplicabile all’operazione effettuata, la scelta non ha effetto e si applica la legge applicabile in base ai criteri di cui all’articolo 7.

Articolo 6
Un trust è regolato dalla legge scelta dal disponente. La scelta deve essere espressa o implicita nei termini dell’atto istitutivo o della scrittura comprovante il trust, interpretati, se necessario, alla luce delle circostanze del caso.Ove la legge prescelta ai sensi del comma precedente non preveda i trust o la categoria di trust interessati, la scelta non ha effetto e si applica la legge di cui all’articolo 7.
Articolo 7
Qualora non sia stata scelta alcuna legge applicabile, un trust sarà disciplinato dalla legge con la quale presenta il collegamento più stretto.Per l’accertamento della legge con la quale un trust è più strettamente connesso si fa riferimento in particolare a:
UN. il luogo di amministrazione del trust designato dal disponente;
B. la posizione dei beni del trust;
C. il luogo di residenza o di attività del trustee;
D. gli oggetti del trust e i luoghi in cui devono essere realizzati.

L’art. 12 della Convenzione conferisce al trustee la facoltà di rendere pubblica la sua qualità  attraverso la registrazione dei beni oggetto del trust ovvero mediante qualsiasi altra modalità idonea a rendere nota ai terzi l’esistenza del trust, salvi i divieti e le incompatibilità della registrazione con la legislazione dello Stato in cui si richiede l’iscrizione.

“Articolo 12
Qualora il trustee intenda iscrivere beni, mobili o immobili, o titoli di proprietà degli stessi, ha diritto, nella misura in cui ciò non sia vietato o contrario alla legge dello Stato in cui si richiede l’iscrizione, di farlo in la sua qualità di trustee o in altro modo che l’esistenza del trust sia rivelata.”

L’art. 13 della Convenzione, premesso che tra gli Stati aderenti alla Convenzione vi sono degli ordinamenti che non contemplano la figura negoziale del trust, ordinamenti no-trust,, si attribuisce a ciascuno Stato la libertà di non riconoscere quelle operazioni i cui elementi portanti sono riconducibili a  ordinamenti di Stati che non prevedono l’istituto del trust, salvo che si tratti di elementi quali la legge da applicare, il luogo di amministrazione dei beni, la residenza abituale del fiduciario, non ritenuti rilevanti ai fini del giudizio di ammissibilità.

Articolo 13
Nessuno Stato è tenuto a riconoscere un trust i cui elementi significativi, ad eccezione della scelta della legge applicabile, del luogo di amministrazione e della residenza abituale del trustee, siano più strettamente connessi con Stati che non hanno l’istituto del trust fiducia o la categoria di fiducia coinvolta.”

Con l’art. 13 della Convenzione si è inteso evidentemente lasciare impregiudicata la libertà degli Stati aderenti alla Convenzione nella scelta delle categorie di trust ammissibili, adottando come criterio discerezionale la compatibilità tra gli elementi essenziali del negozio in concreto compiuto e la legislazione degli Stati ai quali questi elementi sono connessi.