La suprema Corte di cassazione, Sez. V Civile, con la sentenza n. 25698/2022 pubblicata il 1° settembre 2022, si è espressa in materia di “foreign tax credit” per evitare la doppia imposizione per i redditi prodotti all’estero ammettendo la possibilità di utilizzare il credito d’imposta estero, anche per i redditi assoggettati a imposta sostitutiva.
La Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (cd. Legge di Bilancio 2018) ha modificato la disciplina della tassazione dei dividendi percepiti da persone fisiche non in regime di impresa, rendendo omogeneo il trattamento delle partecipazioni ‘qualificate’ e ‘non qualificate’, ovvero assoggettando entrambe ad una ritenuta a titolo di imposta del 26% (art.1 comma 1003 lett.a) che ha modificato l’art. 27 – Ritenuta sui dividendi – Decreto del Presidente della Repubblica del 29/09/1973 n. 600)
L’art.1 comma 1005 della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 stabilisce che le disposizioni di cui ai commi da 999 a 1006 si applicano ai
redditi di capitale percepiti a partire dal 1º gennaio 2018.
In base all’art. 18 del TUIR (Imposizione sostitutiva dei redditi di capitale di fonte estera) il contribuente deve applicare un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 26% dell’ammontare percepito dei dividendi esteri, se percepiti direttamente dal contribuente senza applicazione di ritenuta da parte di un intermediario finanziario residente.
Quindi, In base all’art. 18 del TUIR (Imposizione sostitutiva dei redditi di capitale di fonte estera), tali redditi sono soggetti ad imposizione sostitutiva nella stessa misura della ritenuta alla fonte a titolo di imposta applicata in italia sui redditi della stessa natura (26%).
In base al primo comma dell’art. 18 del TUIR il contribuente ha la facoltà di non avvalersi del regime di imposizione sostitutiva e in tal caso compete il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero. In tal caso i redditi vanno dichiarati nel quadro RL, sez. I-A.
Di contro le istruzioni ministeriali al Quadro RM SEZIONE V – Redditi di capitale soggetti ad imposizione sostitutiva dispongono che: “Gli utili di fonte estera (compresi quelli derivanti da strumenti finanziari e da contratti di associazione in partecipazione) qualora siano derivanti da partecipazioni non qualificate non possono essere assoggettati a tassazione ordinaria. Inoltre, dal 1 gennaio 2018, anche gli utili e gli altri proventi di fonte estera derivanti da partecipazioni di natura qualificata, formatisi con utili prodotti dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017, sono assoggettati a tassazione come le partecipazioni non qualificate, pertanto, non devono più essere assoggettati a tassazione ordinaria. Gli utili e gli altri proventi di natura qualificata derivanti dalla partecipazione al capitale di società ed enti esteri di ogni tipo, formatisi con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017, deliberate dal 1 gennaio 2018 al 31 dicembre 2022, continuano ad essere indicati nel quadro RL, Sezione I.”
Per gli utili e gli altri proventi assimilati di natura qualificata e non qualificata provenienti da società residenti in Paesi o territori a fiscalità privilegiata i cui titoli non sono negoziati in mercati regolamentati, vedere istruzioni quadro RL.
Quindi, ricapitolando: Gli utili di fonte estera derivanti da partecipazioni di natura qualificata, formatisi con utili prodotti dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017, e non qualificata, provenienti da società residenti in Paesi o territori non a fiscalità privilegiata, non devono più essere assoggettati a tassazione ordinaria, non concorrono alla formazione del reddito complessivo (Quadro RL Sezione I-A), ma sono assoggettati ad imposizione sostitutiva nella stessa misura della ritenuta alla fonte a titolo di imposta applicata in Italia sui redditi della stessa natura( 26%) (art. 18 del TUIR)(Quadro RM SEZIONE V).
La sussistenza del requisito della qualificazione della quota sociale è riscontrabile, sotto il profilo tributario, dall’articolo 67, comma 1, lettera c) del DPR n. 917/86.
I redditi di capitale di fonte estera dei contribuenti che detengono partecipazioni di natura non qualificata, percepiti direttamente dal contribuente senza l’intervento di intermediari residenti vanno obbligatoriamente dichiarati nella sezione V del quadro RM.
Per i redditi di capitale di fonte estera dichiarati nel quadro RL, sez. I-A (riportati nel quadro RN al rigo RN1 per la determinazione del reddito complessivo) trova applicazione l’art. 165 TUIR che prevede che se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.
La natura ’“sostitutiva” dell’imposta (art. 18 del TUIR (Imposizione sostitutiva dei redditi di capitale di fonte estera) comporta il mancato concorso alla formazione del reddito complessivo, condizione necessaria richiesta , di cui al primo comma dell’art. 165 TUIR, cui consegue l’impossibilità di fruire del credito per le imposte estere ex .
Per quanto attiene il credito d’imposta il contribuente dovrà riportare le risultanze del quadro CE (Credito di imposta per redditi prodotti all’estero) al rigo RN29.
L’art. 165 TUIR prevede che il contribuente possa detrarre dall’imposta sui redditi dovuta in Italia un credito per le imposte versate all’estero.
Ai sensi dell’art. 165 comma 1 del TUIR, la detrazione è, però, ammissibile “fino a concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione”.
L’imposta dovuta in Italia costituisce, quindi, il limite massimo entro cui può essere operata la detrazione; infatti, se le imposte versate all’estero superano quelle dovute in Italia, si genera una limitata doppia imposizione del provento e l’eccedenza di imposta estera non è recuperabile.
Il credito per le imposte pagate all’estero può essere scomputo dall’imposta dovuta in Italia se il reddito estero concorre alla formazione del reddito complessivo da dichiarare in Italia. A tal fine, l’art. 165, comma 10, del TUIR stabilisce che se un reddito estero concorre solo parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera deve essere ridotta in misura corrispondente.
Per poter beneficiare del credito d’imposta sono richieste le seguenti condizioni:
- produzione di un reddito estero;
- pagamento delle imposte estere a titolo definitivo;
- concorso del reddito estero alla formazione del reddito imponibile in Italia.
Con tale metodo, infatti, quando l’imposta estera, rispetto a quella dovuta in Italia (Paese di residenza del contribuente) è:
- inferiore, occorre versare all’Erario italiano la differenza;
- superiore, non si dà luogo a “restituzione” dell’eccedenza, in quanto il credito compete solo fino a concorrenza dell’imposta italiana relativa al reddito estero.
Il comma 1 dell’articolo 165 del TUIR prevede la regola generale per il calcolo del “foreign tax credit”, stabilendo che le imposte estere pagate a titolo definitivo sono detraibili dall’imposta netta dovuta, nei limiti della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi esteri e il reddito complessivo, al netto delle perdite dei precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.
Quanto sopra può essere reso con la seguente formula:
(Reddito estero / (Reddito complessivo – perdite pregresse)) x imposta italiana
Le disposizioni contenute nell’articolo 165 del TUIR subordinano il riconoscimento del credito a particolari limiti e condizioni.
- L’accreditamento delle imposte estere non può essere superiore alla quota d’imposta italiana, corrispondente al rapporto “Reddito Estero” / “Reddito complessivo”, da assumere nei limiti dell’imposta netta dovuta per il periodo d’imposta in cui il reddito estero ha concorso al complessivo reddito imponibile.
- Il rapporto “Reddito Estero” / “Reddito complessivo” al netto delle perdite di esercizi precedenti, può risultare superiore ad “1” quando le perdite, coeve e/o pregresse, sono così elevate da assorbire interamente il reddito di fonte italiana e parte di quello estero. In tal caso, come conferma anche la Relazione al decreto legislativo n. 344 del 2003, e come già chiarito nelle istruzioni ai modelli di dichiarazione, il rapporto si considera pari a “1”, non potendo l’imposta relativa al reddito estero essere riconosciuta in misura superiore all’imposta effettivamente dovuta. Infatti, in caso contrario, si determinerebbe un finanziamento delle imposte estere.
Il quadro CE è riservato ai contribuenti che hanno prodotto all’estero redditi per i quali si è resa definitiva l’imposta ivi pagata al fine di determinare il credito spettante ai sensi dell’art. 165 del TUIR.
Le imposte da indicare sono quelle divenute definitive entro il termine di presentazione della dichiarazione, oppure, nel caso di opzione di cui al comma 5 dell’ art. 165 del TUIR, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo.
Si considerano pagate a titolo definitivo le imposte divenute irripetibili, pertanto, non vanno indicate, ad esempio, le imposte pagate in acconto o in via provvisoria e quelle per le quali è prevista la possibilità di rimborso totale o parziale.
Nel caso in cui il reddito prodotto all’estero abbia concorso parzialmente alla formazione del reddito complessivo in Italia, ai sensi del comma 10 dell’art. 165 del TUIR, anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente.
E’ necessario conservare la documentazione da cui risultino:
- l’ammontare del reddito prodotto
- le imposte pagate in via definitiva
al fine di poterle esibire a richiesta degli uffici finanziari.
Ricapitolando, ai sensi dell’art. 165 del TUIR e delle istruzioni ministeriali al Quadro RM SEZIONE V, le persone fisiche (non imprenditori) che percepiscono utili di fonte estera derivanti da partecipazioni di di natura qualificata, formatisi con utili prodotti dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017, e non qualificata, provenienti da società residenti in Paesi o territori non a fiscalità privilegiata, non possono beneficiare del credito per le imposte assolte all’estero sugli stessi dividendi, in quanto, il credito per le imposte estere è concesso solo laddove il reddito estero concorre alla formazione del reddito complessivo.
La prassi più recente (principio di diritto n. 15 del 2019 (Corretta determinazione del credito d’imposta estero sulla base delle disposizioni di cui all’articolo 23, paragrafo 3, della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia – Stati Uniti – applicabilità dell’articolo 165, comma 10, del TUIR.) risoluzione n. 36/E del 15/03/2019 (Interpello art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212 – Libero professionista in regime forfetario – Imposta versata a San Marino – Credito imposta per le imposte versate all’estero – Articolo 165 del TUIR – Applicazione – Esclusione) e risposta a interpello n. 300 del 2019) conferma tale conclusione.
Ora è da considerare che le convenzioni contro le doppie imposizioni concluse dall’Italia prevedono la tassazione concorrente dei dividendi nei due stati contraenti (con una limitazione all’aliquota di ritenuta nello stato della fonte, per es.,per quanto attiene la convenzione tra Italia e Bulgaria l’imposta cosi’ applicata non puo’ eccedere il 10 per cento dell’ammontare lordo dei dividendi (vedi art.8), e la possibilità di fruire in Italia del credito per le imposte assolte all’estero.
La Bulgaria assoggetta i dividendi ad un’aliquota del 5%, quindi inferiore a quella massima del 10 prevista convenzionalmente.
Nei recenti trattati la possibilità di fruire in Italia del credito per le imposte assolte all’estero è stato oggetto di un’apposita pattuizione, che prevede l’esclusione del credito di imposta nel caso in cui il reddito non concorre alla formazione del reddito complessivo “anche su richiesta del contribuente”.
Esaminiamo per. es l’art. 22 della convenzione tra Italia e Cile che dispone che:”Tuttavia, nessuna detrazione sarà accordata ove l’elemento di reddito venga assoggettato in Italia, ai sensi della legislazione italiana, ad imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta o ad imposizione sostitutiva con la stessa aliquota della ritenuta a titolo di imposta, su richiesta o meno del beneficiario del reddito“.
Diversa, in generale, la condizione delle convenzioni meno recenti.
Poniamo il caso, per. es., della convenzione tra Italia e Bulgaria dove nell’art. 22 – Metodo per evitare le doppie imposizioni – si legge:”Tuttavia, nessuna deduzione sara’ accordata ove l’elemento di reddito venga assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo di imposta su richiesta del beneficiario del reddito in base alla legislazione italiana.“
Ma, per quanto detto sopra, l’assoggettamento in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo di imposta è ex lege e non su richiesta del beneficiario del reddito.
Dottrina e gli operatori, nonostante la posizione contraria dell’Agenzia delle Entrate, sostengono da tempo, in via interpretativa che, nell’ambito delle Convenzioni che contengono la formulazione meno recente (assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo di imposta su richiesta del beneficiario del reddito), le imposte estere debbano essere considerate deducibili dall’imposta italiana, in quanto la normativa interna sarebbe di fatto incompatibile con le disposizioni convenzionali che prevalgono sul diritto interno.
La suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 25698/2022 pubblicata il 1° settembre 2022 nell’esaminare la Convenzione Italia – Stati Uniti d’America per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito così si esprime
“L’art. 23, comma 3, della stessa Convenzione, dopo avere
previsto che l’Italia deve dedurre dalle imposte sul reddito, di cui all’art. 2, l’imposta sul reddito pagata negli Stati Uniti (secondo periodo), al terzo periodo stabilisce che, «[t]uttavia, nessuna deduzione sarà accordata ove l’elemento dì reddito sia assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta su richiesta del beneficiario di detto reddito in base alla legislazione italiana» (enfasi aggiunta).
1.4. Da tale disposizione pattizia si ricava a contrario che, qualora
l’assoggettamento a imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta, come nell’ipotesi di cui all’art. 27, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, o mediante imposta sostitutiva, come nella fattispecie, del tutto sovrapponibile alla prima in ragione dell’identità di funzione, di cui all’art. 18, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, quando il contribuente sia una persona fisica, avvenga non «su richiesta del beneficiario deI reddito» ma obbligatoriamente, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, l’imposta sul reddito pagata negli Stati Uniti d’America si deve considerare detraibile.
1.5. Tale interpretazione trova conferma nella diversità del testo
vigente degli accordi bilaterali contro le doppie imposizioni conclusi con altri Paesi, secondo cui «nessuna detrazione sarà accordata ove
l’elemento di reddito venga assoggettato in Italia ad imposizione
mediante imposta sostitutiva o ritenuta a titolo di imposta, ovvero ad imposizione sostitutiva con la stessa aliquota della ritenuta a titolo di imposta, anche su richiesta del contribuente,ai sensi della legislazione italiana» (enfasi aggiunta; art. 23, comma 2, quarto capoverso, della Convenzione tra Italia e Cipro, ratificata e resa esecutiva dalla legge 10 luglio 1982, n. 564; art. 22, comma 2, terzo capoverso, dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Malta, ratificato e reso esecutivo dalla legge 2 maggio 1983, n. 304; punto 11 del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno dell’Arabia Saudita, ratificato e reso esecutivo dalla legge 23 ottobre 2009, n. 159; art. 22, comma 2, quarto capoverso, della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Singapore, ratificata e resa esecutiva dalla legge 26 luglio 1978, n. 575; art. 12, comma 1, lett. a), secondo capoverso, dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato di Monaco, ratificato e reso esecutivo dalla legge 1° dicembre 2016, n. 231);
1.6. Ed invero, in base ad una interpretazione conforme della
norma pattizia (prevalente) la locuzione «anche sui richiesta del
contribuente», che figura nel testo di tali accordi, conferma che quando l’Italia ha inteso negare il credito d’imposta non solo nei casi in cui l’assoggettamento dell’elemento di reddito a imposta sostitutiva o a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta avvenga su richiesta del contribuente, ma anche nei casi in cui esso sia obbligatorio in base alla legge italiana, lo ha previsto espressamente.”
La sentenza n. 25698/2022 della Suprema Corte prevede, nel caso di dividendi esteri e più in generale di proventi finanziari, la possibilità di ottenere il credito d’imposta per l’imposta pagata all’estero, sia su proventi assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta che ad imposta sostitutiva, qualora con lo Stato estero sia in vigore una convenzione sulle doppie imposizioni che non escluda il diritto al credito d’imposta stesso.
Quindi in base alla sentenza n. 25698/2022 della Suprema Corte qualora l’assoggettamento a imposizione mediante imposta sostitutiva di cui all’art. 18, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, quando il contribuente sia una persona fisica, avvenga non «su richiesta del beneficiario deI reddito» ma obbligatoriamente, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, l’imposta sul reddito pagata nello Stato Estero si deve considerare detraibile.
Quindi, al fine di verificare la sussistenza al diritto al credito d’imposta si deve verificare con attenzione la relativa convenzione, anche se nella maggior parte delle Convenzioni stipulate con l’Italia l’esclusione è collegata alla possibilità del contribuente di poter optare per regimi di tassazione diversi.
A seguito della sentenza n. 25698/2022 della Corte di Cassazione , in assenza di uno specifico quadro della dichiarazione dei redditi per l’indicazione del credito d’imposta e per l’impossibilità degli intermediari residenti di attribuire direttamente il credito d’imposta, l’unica strada per il riconoscimento del suo è quella di richiedere all’Agenzia delle Entrate il rimborso dell’imposta pagata all’estero.
Attualmente il rimborso del credito d’imposta può essere richiesto dal contribuente solo attraverso una istanza ex primo comma dell’art. 38 del dpr 602/1973, entro 48 mesi dall’assoggettamento alla ritenuta a titolo d’imposta o dal pagamento dell’imposta sostitutiva, salvo successivamente adire la Corte di Giustizia Tributaria in caso di diniego.
Da considerare che solo nel caso di dividendi esteri assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta sul netto frontiera (quando il dividendo è riscosso da un intermediario italiano, la base imponibile della ritenuta d’imposta è il “netto frontiera”, cioè la somma messa a disposizione del titolare del dividendo, ossia sull’importo dei dividendi al netto delle imposte applicate nello Stato estero di residenza. Se invece il dividendo viene riscosso all’estero, la tassazione sostitutiva – equivalente alla ritenuta d’imposta – viene fatta sull’importo lordo del dividendo.), una volta ricevuto il rimborso occorrerà riassoggettarlo a tassazione sostituiva del 26% nel quadro RM della dichiarazione dei redditi, sempre che l’Agenzia delle Entrate non intervenga direttamente nella riscossione dell’imposta.
In merito al concetto di “netto frontiera” due sono le disposizioni normative che interessano:
- la prima è l’art. 27 del D.P.R. n. 600/1973, che, ai commi 4 e 4-bis, se nell’incasso interviene un soggetto intermediario stabilito sul territorio italiano, stabilisce l’assoggettamento alla ritenuta a titolo di imposta pari al 26% .
La ritenuta a titolo di imposta del 26% deve calcolarsi
sui dividendi al netto delle ritenute subite nello Stato estero: base imponibile “netto frontiera”; - la seconda è l’art. 18, comma 1, del T.U.I.R.che stabilisce l’assoggettamento alla imposta sostitutiva nel caso in cui l’incasso da parte dei soci fosse diretto.
L‘art. 18 del T.U.I.R. non fa alcun riferimento al valore “netto frontiera”, valore al quale fa invece riferimento il D.P.R. n. 600/1973, ma si limita a disciplinare l’aliquota di tassazione equiparandola a quella applicabile a titolo di imposta.
Se ne potrebbe dedurre che la base imponibile di riferimento sia differente a seconda che intervenga o meno un intermediario: nel caso di un suo intervento la base di tassazione sarebbe inferiore,
venendo la medesima ridotta delle ritenute operate all’estero.
Mentre, infatti, in base ai principi generali che regolano la materia l’imposta sostitutiva del 26%, da liquidare nel rigo RM12 del modello REDDITI PF, dovrebbe avere quale base imponibile il dividendo assunto al netto delle imposte assolte all’estero, le istruzioni al modello di dichiarazione rimangono ferme nello stabilire che la base imponibile è individuata nell’utile al lordo delle ritenute subite all’estero, soluzione che troverebbe conferma anche nella risoluzione n. 80/2007 (….Nel caso in cui, invece, la materiale riscossione degli utili distribuiti dai soggetti non residenti non dovesse avvenire per il tramite di un intermediario residente che interviene nella riscossione del reddito in qualità di sostituto d’imposta, troverebbe applicazione l’art.18 del Tuir il quale dispone che tali redditi devono essere assoggettati ad un’imposizione sostitutiva da applicare all’utile/dividendo distribuito dal soggetto non residente, che va considerato al lordo delle eventuali ritenute operate all’estero a titolo definitivo……).
Per es. la differenza, nel caso della Bulgaria, supponendo un utile lordo di 100, è pari a 1,3: assumendo quale base imponibile l’utile al netto delle imposte estere l’imposta italiana sarebbe pari a 24,7 (il 26% di 95 (La Bulgaria assoggetta i dividendi ad un’aliquota del 5%)), mentre, in base alle istruzioni essa ammonterebbe a 26 (il 26% di 100).
Riassoggettando il rimborso ricevuto pari a 5 a tassazione sostituiva del 26% nel quadro RM della dichiarazione dei redditi otterremmo un’imposta di 1,3 che, sommata a quella di 24,7 ( base imponibile “netto frontiera” pari a 95) ammonterebbe a 26 (26% di 100), in accordo con le istruzioni al modello di dichiarazione che stabiliscono che la base imponibile è individuata nell’utile al lordo delle ritenute subite all’estero.