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Credito d’imposta estero per i redditi assoggettati a imposta sostitutiva – Corte di cassazione sentenza n. 25698/2022

La suprema Corte di cassazione, Sez. V Civile, con la sentenza n. 25698/2022 pubblicata il 1° settembre 2022, si è espressa in materia di “foreign tax credit” per evitare la doppia imposizione per i redditi prodotti all’estero ammettendo la possibilità di utilizzare il credito d’imposta estero, anche per i redditi assoggettati a imposta sostitutiva.

La Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (cd. Legge di Bilancio 2018) ha modificato la disciplina della tassazione dei dividendi percepiti da persone fisiche non in regime di impresa, rendendo omogeneo il trattamento delle partecipazioni ‘qualificate’ e ‘non qualificate’, ovvero assoggettando entrambe ad una ritenuta a titolo di imposta del 26% (art.1 comma 1003 lett.a) che ha modificato l’art. 27 – Ritenuta sui dividendi – Decreto del Presidente della Repubblica del 29/09/1973 n. 600)
L’art.1 comma 1005 della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 stabilisce che le disposizioni di cui ai commi da 999 a 1006 si applicano ai
redditi di capitale percepiti a partire dal 1º gennaio 2018.

In base all’art. 18 del TUIR (Imposizione sostitutiva dei redditi di capitale di fonte estera) il contribuente deve applicare un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 26% dell’ammontare percepito dei dividendi esteri, se percepiti direttamente dal contribuente senza applicazione di ritenuta da parte di un intermediario finanziario residente.

Quindi, In base all’art. 18 del TUIR (Imposizione sostitutiva dei redditi di capitale di fonte estera)tali redditi sono soggetti ad imposizione sostitutiva nella stessa misura della ritenuta alla fonte a titolo di imposta applicata in italia sui redditi della stessa natura (26%).

In base al primo comma dell’art. 18 del TUIR il contribuente ha la facoltà di non avvalersi del regime di imposizione sostitutiva e in tal caso compete il credito d’imposta per le imposte pagate all’esteroIn tal caso i redditi vanno dichiarati nel quadro RL, sez. I-A.

Di contro le istruzioni ministeriali al Quadro RM SEZIONE V – Redditi di capitale soggetti ad imposizione sostitutiva dispongono che: “Gli utili di fonte estera (compresi quelli derivanti da strumenti finanziari e da contratti di associazione in partecipazione) qualora siano derivanti da partecipazioni non qualificate non possono essere assoggettati a tassazione ordinaria. Inoltre, dal 1 gennaio 2018, anche gli utili e gli altri proventi di fonte estera derivanti da partecipazioni di natura qualificata, formatisi con utili prodotti dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017, sono assoggettati a tassazione come le partecipazioni non qualificate, pertanto, non devono più essere assoggettati a tassazione ordinaria. Gli utili e gli altri proventi di natura qualificata derivanti dalla partecipazione al capitale di società ed enti esteri di ogni tipo, formatisi con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017, deliberate dal 1 gennaio 2018 al 31 dicembre 2022, continuano ad essere indicati nel quadro RL, Sezione I.”

Per gli utili e gli altri proventi assimilati di natura qualificata e non qualificata provenienti da società residenti in Paesi o territori a fiscalità privilegiata i cui titoli non sono negoziati in mercati regolamentati, vedere istruzioni quadro RL.

Quindi, ricapitolando: Gli utili di fonte estera derivanti da partecipazioni di natura qualificata, formatisi con utili prodotti dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017, e non qualificata, provenienti da società residenti in Paesi o territori non a fiscalità privilegiata,  non devono più essere assoggettati a tassazione ordinaria, non concorrono alla formazione del reddito complessivo (Quadro RL Sezione I-A), ma sono assoggettati ad imposizione sostitutiva nella stessa misura della ritenuta alla fonte a titolo di imposta applicata in Italia sui redditi della stessa natura( 26%) (art. 18 del TUIR)(Quadro RM SEZIONE V).

La sussistenza del requisito della qualificazione della quota sociale è riscontrabile, sotto il profilo tributario, dall’articolo 67, comma 1, lettera c) del DPR n. 917/86.

I redditi di capitale di fonte estera dei contribuenti  che detengono partecipazioni di natura non qualificata, percepiti direttamente dal contribuente senza l’intervento di intermediari residenti vanno obbligatoriamente  dichiarati nella sezione V del quadro RM.

Per i redditi di capitale di fonte estera  dichiarati nel quadro RL, sez. I-A (riportati nel quadro RN al rigo RN1 per la determinazione del reddito complessivo) trova applicazione l’art. 165 TUIR che prevede che se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.

La natura “sostitutiva” dell’imposta (art. 18 del TUIR (Imposizione sostitutiva dei redditi di capitale di fonte estera) comporta il mancato concorso alla formazione del reddito complessivo, condizione necessaria richiesta , di cui al primo comma dell’art. 165 TUIR, cui consegue l’impossibilità di fruire del credito per le imposte estere ex .

Per quanto attiene il credito d’imposta il contribuente dovrà riportare le risultanze del quadro CE (Credito di imposta per redditi prodotti all’estero) al rigo RN29.

L’art. 165 TUIR  prevede che il contribuente possa detrarre dall’imposta sui redditi dovuta in Italia un credito per le imposte versate all’estero.

Ai sensi dell’art. 165 comma 1 del TUIR, la detrazione è, però, ammissibile “fino a concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione”.

L’imposta dovuta in Italia costituisce, quindi, il limite massimo entro cui può essere operata la detrazione; infatti, se le imposte versate all’estero superano quelle dovute in Italia, si genera una limitata doppia imposizione del provento e l’eccedenza di imposta estera non è recuperabile.

Il credito per le imposte pagate all’estero può essere scomputo dall’imposta dovuta in Italia se il reddito estero concorre alla formazione del reddito complessivo da dichiarare in Italia. A tal fine, l’art. 165, comma 10, del TUIR stabilisce che se un reddito estero concorre solo parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera deve essere ridotta in misura corrispondente.

Per poter beneficiare del credito d’imposta sono richieste le seguenti condizioni:

  • produzione di un reddito estero;
  • pagamento delle imposte estere a titolo definitivo;
  • concorso del reddito estero alla formazione del reddito imponibile in Italia.

Con tale metodo, infatti, quando l’imposta estera, rispetto a quella dovuta in Italia (Paese di residenza del contribuente) è:

  • inferiore, occorre versare all’Erario italiano la differenza;
  • superiore, non si dà luogo a “restituzione” dell’eccedenza, in quanto il credito compete solo fino a concorrenza dell’imposta italiana relativa al reddito estero.

Il comma 1 dell’articolo 165 del TUIR prevede la regola generale per il calcolo del “foreign tax credit”, stabilendo che le imposte estere pagate a titolo definitivo sono detraibili dall’imposta netta dovuta, nei limiti della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi esteri e il reddito complessivo, al netto delle perdite dei precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.

Quanto sopra può essere reso con la seguente formula:

(Reddito estero / (Reddito complessivo – perdite pregresse)) x imposta italiana

Le disposizioni contenute nell’articolo 165 del TUIR subordinano il riconoscimento del credito a particolari limiti e condizioni.

  • L’accreditamento delle imposte estere non può essere superiore alla quota d’imposta italianacorrispondente al rapporto “Reddito Estero” /  “Reddito complessivo”, da assumere nei limiti dell’imposta netta dovuta per il periodo d’imposta in cui il reddito estero ha concorso al complessivo reddito imponibile.
  • Il rapporto  “Reddito Estero” /  “Reddito complessivo” al netto delle perdite di esercizi precedenti, può risultare superiore ad “1” quando le perdite, coeve e/o pregresse, sono così elevate da assorbire interamente il reddito di fonte italiana e parte di quello estero. In tal caso, come conferma anche la Relazione al decreto legislativo n. 344 del 2003, e come già chiarito nelle istruzioni ai modelli di dichiarazione, il rapporto si considera pari a “1”, non potendo l’imposta relativa al reddito estero essere riconosciuta in misura superiore all’imposta effettivamente dovuta. Infatti, in caso contrario, si determinerebbe un finanziamento delle imposte estere.

Il quadro CE è riservato ai contribuenti che hanno prodotto all’estero redditi per i quali si è resa definitiva l’imposta ivi pagata al fine di determinare il credito spettante ai sensi dell’art. 165 del TUIR.

Le imposte da indicare sono quelle divenute definitive entro il termine di presentazione della dichiarazione, oppure, nel caso di opzione di cui al comma 5 dell’ art. 165 del TUIR, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo.

Si considerano pagate a titolo definitivo le imposte divenute irripetibili, pertanto, non vanno indicate, ad esempio, le imposte pagate in acconto o in via provvisoria e quelle per le quali è prevista la possibilità di rimborso totale o parziale.

Nel caso in cui il reddito prodotto all’estero abbia concorso parzialmente alla formazione del reddito complessivo in Italia, ai sensi del comma 10 dell’art. 165 del TUIR, anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente.

E’ necessario conservare la documentazione da cui risultino:

  • l’ammontare del reddito prodotto
  • le imposte pagate in via definitiva

al fine di poterle esibire a richiesta degli uffici finanziari.

Ricapitolando, ai sensi dell’art. 165 del TUIR e delle istruzioni ministeriali al Quadro RM SEZIONE V, le persone fisiche (non imprenditori) che percepiscono utili di fonte estera derivanti da partecipazioni di di natura qualificata, formatisi con utili prodotti dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017, e non qualificata, provenienti da società residenti in Paesi o territori non a fiscalità privilegiata, non possono beneficiare del credito per le imposte assolte all’estero sugli stessi dividendi, in quanto, il credito per le imposte estere è concesso solo laddove il reddito estero concorre alla formazione del reddito complessivo.

La prassi più recente  (principio di diritto n. 15 del 2019 (Corretta determinazione del credito d’imposta estero sulla base delle disposizioni di cui all’articolo 23, paragrafo 3, della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia – Stati Uniti – applicabilità dell’articolo 165, comma 10, del TUIR.) risoluzione n. 36/E del 15/03/2019 (Interpello art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212 – Libero professionista in regime forfetario – Imposta versata a San Marino – Credito imposta per le imposte versate all’estero – Articolo 165 del TUIR – Applicazione – Esclusione)risposta a interpello n. 300 del 2019) conferma tale conclusione.

Ora è da considerare che le convenzioni contro le doppie imposizioni concluse dall’Italia prevedono la tassazione concorrente dei dividendi nei due stati contraenti (con una limitazione all’aliquota di ritenuta nello stato della fonte, per es.,per quanto attiene la convenzione tra Italia e  Bulgaria l’imposta cosi’ applicata non puo’ eccedere il 10 per cento dell’ammontare lordo dei dividendi (vedi art.8), e la possibilità di fruire in Italia del credito per le imposte assolte all’estero.

La Bulgaria assoggetta i dividendi ad un’aliquota del 5%, quindi inferiore a quella massima del 10 prevista convenzionalmente.

Nei recenti trattati  la possibilità di fruire in Italia del credito per le imposte assolte all’estero è stato oggetto di un’apposita pattuizione, che prevede l’esclusione del credito di imposta nel caso in cui il reddito non concorre alla formazione del reddito complessivo “anche su richiesta del contribuente”.

Esaminiamo per. es l’art. 22 della convenzione tra Italia e Cile che dispone che:”Tuttavia, nessuna detrazione sarà accordata ove l’elemento di reddito venga assoggettato in Italia, ai sensi della legislazione italiana, ad imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta o ad imposizione sostitutiva con la stessa aliquota della ritenuta a titolo di imposta, su richiesta o meno del beneficiario del reddito“.

Diversa, in generale, la condizione delle convenzioni meno recenti.

Poniamo il caso, per. es., della convenzione tra Italia e  Bulgaria dove nell’art. 22 – Metodo per evitare le doppie imposizioni – si legge:”Tuttavia, nessuna deduzione sara’ accordata ove l’elemento di reddito venga assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo di imposta su richiesta del beneficiario del reddito in base alla legislazione italiana.

Ma, per quanto detto sopra, l’assoggettamento in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo di imposta è ex lege e non su richiesta del beneficiario del reddito.

Dottrina e gli operatori, nonostante la posizione contraria dell’Agenzia delle Entrate, sostengono da tempo, in via interpretativa che, nell’ambito delle Convenzioni che contengono la formulazione meno recente (assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo di imposta su richiesta del beneficiario del reddito), le imposte estere debbano essere considerate deducibili dall’imposta italiana, in quanto la normativa interna sarebbe di fatto incompatibile con le disposizioni convenzionali che prevalgono sul diritto interno.

La suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 25698/2022 pubblicata il 1° settembre 2022 nell’esaminare la Convenzione Italia – Stati Uniti d’America per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito così si esprime

“L’art. 23, comma 3, della stessa Convenzione, dopo avere
previsto che l’Italia deve dedurre dalle imposte sul reddito, di cui all’art. 2, l’imposta sul reddito pagata negli Stati Uniti (secondo periodo), al terzo periodo stabilisce che, «[t]uttavia, nessuna deduzione sarà accordata ove l’elemento dì reddito sia assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta su richiesta del beneficiario di detto reddito in base alla legislazione italiana» (enfasi aggiunta).
1.4. Da tale disposizione pattizia si ricava a contrario che, qualora
l’assoggettamento a imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta, come nell’ipotesi di cui all’art. 27, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, o mediante imposta sostitutiva, come nella fattispecie, del tutto sovrapponibile alla prima in ragione dell’identità di funzione, di cui all’art. 18, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, quando il contribuente sia una persona fisica, avvenga non «su richiesta del beneficiario deI reddito» ma obbligatoriamente, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, l’imposta sul reddito pagata negli Stati Uniti d’America si deve considerare detraibile.
1.5. Tale interpretazione trova conferma nella diversità del testo
vigente degli accordi bilaterali contro le doppie imposizioni conclusi con altri Paesi, secondo cui «nessuna detrazione sarà accordata ove
l’elemento di reddito venga assoggettato in Italia ad imposizione
mediante imposta sostitutiva o ritenuta a titolo di imposta, ovvero ad imposizione sostitutiva con la stessa aliquota della ritenuta a titolo di imposta, anche su richiesta del contribuente,ai sensi della legislazione italiana» (enfasi aggiunta; art. 23, comma 2, quarto capoverso, della Convenzione tra Italia e Cipro, ratificata e resa esecutiva dalla legge 10 luglio 1982, n. 564; art. 22, comma 2, terzo capoverso, dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Malta, ratificato e reso esecutivo dalla legge 2 maggio 1983, n. 304; punto 11 del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno dell’Arabia Saudita, ratificato e reso esecutivo dalla legge 23 ottobre 2009, n. 159; art. 22, comma 2, quarto capoverso, della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Singapore, ratificata e resa esecutiva dalla legge 26 luglio 1978, n. 575; art. 12, comma 1, lett. a), secondo capoverso, dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato di Monaco, ratificato e reso esecutivo dalla legge 1° dicembre 2016, n. 231);
1.6. Ed invero, in base ad una interpretazione conforme della
norma pattizia (prevalente) la locuzione «anche sui richiesta del
contribuente», che figura nel testo di tali accordi, conferma che quando l’Italia ha inteso negare il credito d’imposta non solo nei casi in cui l’assoggettamento dell’elemento di reddito a imposta sostitutiva o a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta avvenga su richiesta del contribuente, ma anche nei casi in cui esso sia obbligatorio in base alla legge italiana, lo ha previsto espressamente.”

La  sentenza n. 25698/2022 della Suprema Corte prevede, nel caso di dividendi esteri e più in generale di proventi finanziari, la possibilità di ottenere il credito d’imposta per l’imposta pagata all’estero, sia su proventi assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta che ad imposta sostitutiva, qualora con lo Stato estero sia in vigore una convenzione sulle doppie imposizioni che non escluda il diritto al credito d’imposta stesso.

Quindi in base alla sentenza n. 25698/2022 della Suprema Corte qualora l’assoggettamento a imposizione mediante  imposta sostitutiva di cui all’art. 18, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, quando il contribuente sia una persona fisica, avvenga non «su richiesta del beneficiario deI reddito» ma obbligatoriamente, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, l’imposta sul reddito pagata nello Stato Estero si deve considerare detraibile.

Quindi, al fine di verificare la sussistenza al diritto al credito d’imposta si deve verificare con attenzione la relativa convenzione,  anche se nella maggior parte delle Convenzioni stipulate con l’Italia l’esclusione è collegata alla possibilità del contribuente di poter optare per regimi di tassazione diversi.

A seguito della sentenza n. 25698/2022 della Corte di Cassazione , in assenza di uno specifico quadro della dichiarazione dei redditi per l’indicazione del credito d’imposta e per l’impossibilità degli intermediari residenti di attribuire direttamente il credito d’imposta, l’unica strada per il riconoscimento del suo è quella di richiedere all’Agenzia delle Entrate il rimborso dell’imposta pagata all’estero.

Attualmente il rimborso del credito d’imposta può essere richiesto dal contribuente solo attraverso una istanza ex primo comma dell’art. 38 del dpr 602/1973, entro 48 mesi dall’assoggettamento alla ritenuta a titolo d’imposta o dal pagamento dell’imposta sostitutiva, salvo successivamente adire la Corte di Giustizia Tributaria in caso di diniego.

Da considerare che solo nel caso di dividendi esteri assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta sul netto frontiera (quando il dividendo è riscosso da un intermediario italiano, la base imponibile della ritenuta d’imposta è il “netto frontiera”, cioè la somma messa a disposizione del titolare del dividendo, ossia sull’importo dei dividendi al netto delle imposte applicate nello Stato estero di residenza. Se invece il dividendo viene riscosso all’estero, la tassazione sostitutiva – equivalente alla ritenuta d’imposta – viene fatta sull’importo lordo del dividendo.), una volta ricevuto il rimborso occorrerà riassoggettarlo a tassazione sostituiva del 26% nel quadro RM della dichiarazione dei redditi, sempre che l’Agenzia delle Entrate non intervenga direttamente nella riscossione dell’imposta.

In merito al concetto di “netto frontiera” due sono le disposizioni normative che interessano:

  •  la prima è l’art. 27 del D.P.R. n. 600/1973, che, ai commi 4 e 4-bis,  se nell’incasso interviene un soggetto intermediario stabilito sul territorio italiano, stabilisce l’assoggettamento alla ritenuta a titolo di imposta pari al 26% .
    La ritenuta a titolo di imposta del 26% deve calcolarsi
    sui dividendi al netto delle ritenute subite nello Stato estero: base imponibile “netto frontiera”;
  • la seconda è l’art. 18, comma 1, del T.U.I.R.che stabilisce l’assoggettamento alla imposta sostitutiva nel caso in cui l’incasso da parte dei soci fosse diretto.

L‘art. 18 del T.U.I.R. non fa alcun riferimento al valore “netto frontiera”, valore al quale fa invece riferimento il D.P.R. n. 600/1973, ma si limita a disciplinare l’aliquota di tassazione equiparandola a quella applicabile a titolo di imposta.
Se ne potrebbe dedurre che la base imponibile di riferimento sia differente a seconda che intervenga o meno un intermediario: nel caso di un suo intervento la base di tassazione sarebbe inferiore,
venendo la medesima ridotta delle ritenute operate all’estero.

Mentre, infatti, in base ai principi generali che regolano la materia l’imposta sostitutiva del 26%, da liquidare nel rigo RM12 del modello REDDITI  PF, dovrebbe avere quale base imponibile il dividendo assunto al netto delle imposte assolte all’estero, le istruzioni al modello di dichiarazione rimangono ferme nello stabilire che la base imponibile è individuata nell’utile al lordo delle ritenute subite all’estero, soluzione che troverebbe conferma anche nella risoluzione n. 80/2007 (….Nel caso in cui, invece, la materiale riscossione degli utili distribuiti dai soggetti non residenti non dovesse avvenire per il tramite di un intermediario residente che interviene nella riscossione del reddito in qualità di sostituto d’imposta, troverebbe applicazione l’art.18 del Tuir il quale dispone che tali redditi devono essere assoggettati ad un’imposizione sostitutiva da applicare all’utile/dividendo distribuito dal soggetto non residente, che va considerato al lordo delle eventuali ritenute operate all’estero a titolo definitivo……).

Per es. la differenza, nel caso della Bulgaria, supponendo un utile lordo di 100, è pari a  1,3: assumendo quale base imponibile l’utile al netto delle imposte estere l’imposta italiana sarebbe pari a 24,7 (il 26% di 95 (La Bulgaria assoggetta i dividendi ad un’aliquota del 5%)), mentre, in base alle istruzioni essa ammonterebbe a 26 (il 26% di 100).

Riassoggettando il rimborso ricevuto  pari a 5 a tassazione sostituiva del 26% nel quadro RM della dichiarazione dei redditi otterremmo un’imposta di 1,3 che, sommata a quella di 24,7 ( base imponibile “netto frontiera” pari a  95) ammonterebbe a 26 (26% di 100), in accordo con le istruzioni al modello di dichiarazione che stabiliscono che la base imponibile è individuata nell’utile al lordo delle ritenute subite all’estero.

Società di Capitali – Credito per le imposte pagate all’estero

Quando una società residente in Italia percepisce un dividendo da una società estera, il provento potrebbe essere assoggettato a tassazione non solo nel nostro Paese, ma anche nello Stato di residenza della società erogante (doppia imposizione giuridica internazionale).

La doppia imposizione giuridica internazionale si realizza
quando uno stesso reddito giuridicamente qualificato viene
tassato da due Stati in capo alla stessa persona
Concetto differente dalla doppia imposizione economica,
per cui più persone sono tassate in relazione allo stesso
reddito economicamente qualificato (es., tassazione del
reddito in capo alla società quale utile ed in capo ai soci
quali dividendi).
La doppia imposizione giuridica internazionale si
verifica,  quindi,  in caso di esercizio concorrente della potestà
impositiva da parte di due Stati rispetto allo stesso reddito.
Ciò si verifica, comunemente, quando una persona residente
in uno Stato («Stato della residenza») consegue un reddito
prodotto in un altro Stato («Stato della fonte») ed entrambi
gli Stati assoggettano il reddito a tassazione in base alle
rispettive norme domestiche.

Il metodo del credito d’imposta è uno dei metodi previsti dagli
ordinamenti fiscali per la eliminazione della doppia
imposizione giuridica internazionale.

In generale,  ad esempio, una società residente nello Stato della residenza consegue un reddito d’impresa mediante stabile organizzazione nello Stato della fonte.
Lo Stato della residenza tassa il reddito poiché assoggetta la società a tassazione su base mondiale, “worldwide principle”, in quanto soggetto residente, mentre lo Stato della fonte,  in base al principio di territorialità, tassa il reddito in virtù del criterio di collegamento della stabile organizzazione.

Le società di capitali, considerate fiscalmente residenti in Italia, ai sensi dell’articolo 73 del DPR n. 917/86, sono assoggettate a tassazione sui redditi ovunque prodotti.

La qualificazione di un soggetto come fiscalmente residente in Italia, ed il conseguente assoggettamento ad imposizione dei redditi ovunque prodotti,  “worldwide principle”non pregiudica, tuttavia, l’eventuale potere impositivo del Paese in cui il reddito viene prodotto.

Questo provoca, quindi, la cosiddetta doppia tassazione internazionale in cui, evidentemente, lo stesso reddito viene tassato per ben due volte: la prima sulla base della tua residenza fiscale dal tuo cosiddetto “Country of Residence” e la seconda sulla base della fonte del reddito dal cosiddetto “Country of Source”.
Questo fenomeno è annullato o mitigato dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni.

Sono, infatti, le convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate tra l’Italia e i vari Paesi esteri a stabilire in quali casi vi è tassazione concorrente tra due stati per uno stesso reddito.
Le Convenzioni bilaterali con i diversi Stati esteri sono volte a consentire di recuperare l’imposta versata all’estero oppure a ridurre (o eliminare) il prelievo dello Stato della fonte.

Infatti, in presenza di fattispecie quali quelle sopra richiamate, la
doppia imposizione può essere eliminata:

  • unilateralmente: in base alle norme domestiche degli Stati;
  • bilateralmente: in base a disposizioni contenute nelle
    convenzioni fiscali internazionali.

I metodi previsti dagli ordinamenti per la eliminazione della
doppia imposizione sono, principalmente:

  • metodo della esenzione: lo Stato della residenza non
    assoggetta a tassazione il reddito di fonte estera;
  • metodo del credito d’imposta: lo Stato della residenza
    assoggetta a tassazione il reddito di fonte estera,
    riconoscendo un credito in relazione alle imposte che tale
    reddito ha scontato nello Stato della fonte,

Tali metodi sono anche previsti dal Modello OCSE di
convenzione contro le doppie imposizione (rispettivamente agli
articoli 23 A e 23 B)  (MODEL CONVENTION WITH RESPECT TO TAXES ON INCOME AND ON CAPITAL).

L’istituto del credito di imposta costituisce, quindi, un rimedio contro la doppia imposizione che viene a crearsi in presenza di redditi transnazionali assoggettati a tassazione, in capo al medesimo soggetto, sia nel Paese in cui il reddito è prodotto, sia nel Paese di residenza (vedi premessa alla circolare n. 9 del 5 marzo 2015 )

Per eliminare la doppia imposizione,

L’art. 165 TUIR (1) prevede che il contribuente possa detrarre dall’imposta sui redditi dovuta in Italia un credito per le imposte versate all’estero.

Ai sensi dell’art. 165 comma 1 del TUIR, la detrazione è, però, ammissibile “fino a concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione”.

L’imposta dovuta in Italia costituisce, quindi, il limite massimo entro cui può essere operata la detrazione; infatti, se le imposte versate all’estero superano quelle dovute in Italia, si genera una limitata doppia imposizione del provento e l’eccedenza di imposta estera non è recuperabile.

Il credito per le imposte pagate all’estero può essere scomputo dall’IRES dovuta in Italia se il reddito estero concorre alla formazione del reddito complessivo da dichiarare in Italia. A tal fine, l’art. 165, comma 10, del TUIR stabilisce che se un reddito estero concorre solo parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera deve essere ridotta in misura corrispondente.

Di conseguenza, l’imposta estera in caso di utili di fonte estera può essere detratta dall’IRES per un ammontare pari:

  • al 5% del totale in caso di utili tassati in misura ridotta;
  • al 100% del totale in caso di utili imponibili in misura piena in Italia.

La norma è coerente con il sistema sull’imposizione dei redditi: nei limiti in cui opera la parziale esclusione del reddito estero dall’imponibile, alla mancata tassazione corrisponde simmetricamente il mancato riconoscimento del credito di imposta per i redditi prodotti all’estero.

L’ordinamento fiscale italiano ha adottato il credito d’imposta (c.d. “foreign tax credit” (FTC) ) sui redditi prodotti all’estero dai propri residenti.

Il “foreign tax credit” è generalmente previsto dai sistemi di tassazione dei redditi che tassano i residenti sul reddito mondiale, (il cosiddetto “worldwide principle”) per mitigare la doppia imposizione.

Per poter beneficiare del credito d’imposta sono richieste le seguenti condizioni:

  • produzione di un reddito estero;
  • pagamento delle imposte estere a titolo definitivo;
  • concorso del reddito estero alla formazione del reddito imponibile in Italia.

Con tale metodo, infatti, quando l’imposta estera, rispetto a quella dovuta in Italia (Paese di residenza del contribuente) è:

    • inferiore, occorre versare all’Erario italiano la differenza;
    • superiore, non si dà luogo a “restituzione” dell’eccedenza, in quanto il credito compete solo fino a concorrenza dell’imposta italiana relativa al reddito estero.

Il comma 1 dell’articolo 165 del TUIR prevede la regola generale per il calcolo del “foreign tax credit”, stabilendo che le imposte estere pagate a titolo definitivo sono detraibili dall’imposta netta dovuta, nei limiti della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi esteri e il reddito complessivo, al netto delle perdite dei precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.

Quanto sopra può essere reso con la seguente formula:

(Reddito estero / (Reddito complessivo – perdite pregresse)) x imposta italiana

Le disposizioni contenute nell’articolo 165 del TUIR subordinano il riconoscimento del credito a particolari limiti e condizioni.

  • L’accreditamento delle imposte estere non può essere superiore alla quota d’imposta italiana, corrispondente al rapporto “Reddito Estero” /  “Reddito complessivo”, da assumere nei limiti dell’imposta netta dovuta per il periodo d’imposta in cui il reddito estero ha concorso al complessivo reddito imponibile.
  • Il rapporto  “Reddito Estero” /  “Reddito complessivo” al netto delle perdite di esercizi precedenti, può risultare superiore ad “1” quando le perdite, coeve e/o pregresse, sono così elevate da assorbire interamente il reddito di fonte italiana e parte di quello estero. In tal caso, come conferma anche la Relazione al decreto legislativo n. 344 del 2003, e come già chiarito nelle istruzioni ai modelli di dichiarazione, il rapporto si considera pari a “1”, non potendo l’imposta relativa al reddito estero essere riconosciuta in misura superiore all’imposta effettivamente dovuta. Infatti, in caso contrario, si determinerebbe un finanziamento delle imposte estere.

Ai fini dell’individuazione dell’imposta estera detraibile, è opportuno analizzare separatamente gli elementi della formula di cui al comma 1 dell’articolo 165 del TUIR e la relazione esistente tra la quota d’imposta italiana e l’imposta netta dovuta.

Il numeratore del rapporto di cui al comma 1 dell’art. 165 del TUIR, è rappresentato dal reddito estero che ha concorso a formare il reddito complessivo in Italia che  deve essere assunto al “lordo” dei costi sostenuti per la sua produzione.

Tuttavia tale modalità di computo

  • se, da una parte, garantisce la simmetria tra l’ammontare del reddito estero assoggettato al tributo estero e il reddito estero preso a riferimento per la determinazione del credito d’imposta
  • dall’altra, in ragione della diversa composizione del numeratore (reddito estero al lordo dei costi) rispetto al denominatore del rapporto (reddito complessivo al netto dei costi di produzione), potrebbe essere strumentalizzata mediante operazioni finalizzate a un’indebita “monetizzazione” del credito d’imposta,  operazioni che potrebbero essere oggetto di sindacato elusivo, in applicazione dell’articolo 37-bis del D.P.R. n. 600/1973, ferma restando l’applicazione delle ulteriori norme specificamente previste dall’ordinamento al fine di contrastare eventuali fenomeni di abuso.

Il reddito d’impresa prodotto all’estero mediante reddito di lavoro autonomo saranno assunti al netto dei costi sostenuti per la loro produzione, così come rideterminati con riferimento alla normativa fiscale italiana.

Al denominatore del rapporto il reddito complessivo è assunto “al netto” delle perdite dei precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.

Il comma 4 dell’articolo 165 del TUIR (4. La detrazione di cui al comma 1 deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta cui appartiene il reddito prodotto all’estero al quale si riferisce l’imposta di cui allo stesso comma 1, a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione. Nel caso in cui il pagamento a titolo definitivo avvenga successivamente si applica quanto previsto dal comma 7) stabilisce che la detrazione deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo cui “appartiene” il reddito prodotto all’estero al quale si riferisce l’imposta, a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione.

Il comma 8 dell’articolo 165 del TUIR nega il diritto alla detrazione delle imposte pagate all’estero in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero.
In base a tale disposizione, il contribuente non può fruire del credito di cui all’articolo 165 del TUIR qualora la dichiarazione relativa all’annualità oggetto di controllo sia omessa (o debba essere considerata tale) o il reddito estero non sia stato dichiarato.

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 165 del TUIR, “i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 del Tuir ( Art. 23 – Applicazione dell’imposta ai non residenti – 1. Ai fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti dei non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato: ……..) per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato”.

La definizione  che richiama l’articolo 23 del TUIR di “reddito prodotto all’estero” si rende applicabile solo nei casi in cui non sia in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato della fonte del reddito.
Infatti, i suddetti criteri di collegamento non operano in presenza di una Convenzione che contenga una disposizione analoga a quella di cui all’articolo 23B del Modello OCSE (MODEL CONVENTION WITH RESPECT TO TAXES ON INCOME AND ON CAPITAL), che elimina la doppia imposizione con il metodo del credito, consentendo al contribuente di detrarre dall’imposta sul reddito dovuta nello Stato di residenza le imposte pagate all’estero sui redditi ivi prodotti.

In applicazione della norma convenzionale, pertanto, il diritto al credito viene riconosciuto in riferimento a qualsiasi elemento di reddito che lo Stato della fonte ha assoggettato ad imposizione conformemente alla specifica Convenzione applicabile.

In mancanza di una Convenzione, invece, occorre fare riferimento all’articolo 23 del TUIR secondo cui, ai fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti dei non residenti, un reddito è da considerare come prodotto nel territorio dello Stato, quando sia possibile stabilirne il collegamento con una fonte produttiva situata in Italia, sulla base di precisi parametri che il legislatore interno ha tipizzato.

Nel caso di redditi prodotti in più Stati esteri, il legislatore fiscale italiano ha adottato il metodo per country limitation prevedendo, al comma 3 dell’articolo 165 del TUIR, che la detrazione debba essere effettuata separatamente per ciascuno Stato. Ai sensi dei commi 1 e 3 dell’articolo 165 del TUIR, la detrazione per singolo Stato deve essere calcolata in base al rapporto tra il reddito estero di ciascuno Stato e il reddito complessivo netto. In altri termini, il denominatore tiene conto sia dei redditi che delle perdite conseguiti in Italia e all’estero.

(Circolare n. 9 del 5 marzo 2015 – 7.3.5. Calcolo eccedenze in ipotesi di produzione di redditi in più Stati e collegamento con il principio della per country limitation – In applicazione del principio della per country limitation di cui al comma 3 dell’articolo 165 del TUIR, la determinazione delle detrazioni spettanti a titolo di foreign tax credit e delle eventuali eccedenze deve essere effettuata separatamente Stato per Stato. Il numeratore del rapporto previsto dal primo comma dell’articolo 165 del TUIR (RE/RCN) dovrà comprendere solo i redditi complessivamente prodotti in uno stesso Stato.)

L’Agenzia delle Entrate con la già richiamata  circolare n. 9 del 5 marzo 2015 ha fornito importanti chiarimenti in merito alla determinazione e fruizione del credito per le imposte pagate all’estero.

La circolare in oggetto analizza le due criticità tipiche che possono sorgere per effetto della nozione di “reddito prodotto all’estero” :

  1. Conseguimento all’estero di singoli elementi di reddito (interessi, dividendi, royalties);
  2. Conseguimento all’estero di  redditi che non sono riconducibili a una delle singole categorie previste dall’articolo 23 del TUIR (redditi di natura commerciale in assenza di una stabile organizzazione, ecc.).

Per beneficiare del credito d’imposta previsto dall’articolo 165 del TUIR è necessario che i redditi prodotti all’estero concorrano alla formazione del reddito complessivo del soggetto residente. L’istituto non è quindi applicabile in presenza di redditi assoggettati a ritenuta a titolo di imposta o a imposizione sostitutiva, operata dallo stesso contribuente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi ai sensi dell’articolo 18 del TUIR.

(Art. 18 – Imposizione sostitutiva dei redditi di capitale di fonte estera

1. I redditi di capitale corrisposti da soggetti non residenti a soggetti residenti nei cui confronti in Italia si applica la ritenuta a titolo di imposta o l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 2, comma 1-bis, del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, sono soggetti ad imposizione sostitutiva delle imposte sui redditi con la stessa aliquota della ritenuta a titolo d’imposta. Il contribuente ha la facolta’ di non avvalersi del regime di imposizione sostitutiva ed in tal caso compete il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle distribuzioni di utili di cui all’articolo 27, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

2. Si considerano corrisposti da soggetti non residenti anche gli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e degli altri titoli di cui all’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, nonche’ di quelli con regime fiscale equiparato, emessi all’estero a decorrere dal 10 settembre 1992.)

Sulla base di tale disposizione i redditi di capitale corrisposti da soggetti non residenti e percepiti direttamente all’estero senza l’intervento di un sostituto d’imposta sono soggetti, a cura del contribuente, in occasione della presentazione della dichiarazione dei redditi, ad imposizione sostitutiva nella stessa misura delle ritenute a titolo d’imposta, che sarebbero applicate se tali redditi fossero corrisposti da sostituti d’imposta o intermediari italiani. Il contribuente ha facoltà di non avvalersi del regime di imposizione sostitutiva, applicando la tassazione ordinaria, ed in tal caso compete il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero.

Il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero è organicamente inserito nella disciplina delle imposte sui redditi ed è condizionato dalla presenza di redditi esteri nel reddito complessivo. Ciò implica che l’operatività dell’istituto è limitata ai tributi stranieri che si sostanziano in un’imposta sul reddito o, quanto meno, in tributi con natura similare.

Nell’articolo 165 del TUIR resta sostanzialmente immutato il criterio generale già previsto nel previgente articolo 15 del TUIR, secondo cui la detrazione è consentita quando le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo

Come già affermato nella circolare del 12 giugno 2002, n. 50, la definitività dell’imposta pagata all’estero coincide con la sua “irripetibilità”, ossia con la circostanza che essa non è più suscettibile di modificazione a favore del contribuente (Le imposte pagate all’estero sono detraibili se divenute “irripetibili” e, di conseguenza, non possono essere considerate tali quelle suscettibili di modificazione a favore del contribuente (Es: imposte pagate in acconto o in via provvisoria e quelle per le quali e’ prevista la possibilità’ di rimborso totale o parziale). Si possono considerare “non ripetibili”, e quindi detraibili, anche le imposte pagate all’estero nell’anno in corso, qualora siano già’ state dichiarate all’estero e pagate prima di effettuare la dichiarazione
dei redditi in Italia e soddisfino i predetti requisiti di
immodificabilita’. Se sono suscettibili di rimborso, le imposte pagate
all’estero si possono detrarre nell’anno in corso, al netto del
rimborso, solo se questo è  già stato richiesto ed ottenuto prima di
effettuare la dichiarazione in Italia e si possa considerare certo nel
suo ammontare.)
Con Circolare del 08/02/1980 n. 3 – Min. Finanze – Imposte Dirette,  si è definito che la correlazione esistente tra imposta pagata in via definitiva e il relativo reddito non esclude che l’imposta possa essere considerata “definitiva”, anche qualora il reddito sia ancora suscettibile di verifica nello Stato estero in cui viene prodotto.

Non possono, invece, considerarsi definitive le imposte pagate in acconto o in via provvisoria e quelle per le quali è prevista, sin dal momento del pagamento, la possibilità di rimborso totale o parziale, anche mediante “compensazione” con altre imposte dovute nello Stato estero.

Per quanto riguarda le imposte suscettibili di parziale rimborso, queste possono essere comunque detratte, al netto del rimborso spettante, sempre che si possa considerare certo il relativo ammontare alla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia.

Le imposte estere devono considerarsi “pagate a titolo definitivo” nel periodo d’imposta in cui le stesse sono state versate al Fisco estero, a nulla rilevando il periodo d’imposta in cui il beneficiario del reddito estero è venuto in possesso della relativa certificazione. La certificazione, infatti, ha valenza meramente probatoria e, pertanto, non determina la definitività del pagamento del tributo. Sarà, quindi, premura del contribuente munirsi tempestivamente della documentazione idonea a dimostrare il pagamento dell’imposta nello Stato estero.

L’Agenzia delle Entrate ritiene che, ai fini della verifica della detrazione spettante, il contribuente è tenuto a conservare i seguenti documenti:

  • un prospetto recante l’indicazione, separatamente Stato per Stato, dell’ammontare dei redditi prodotti all’estero, l’ammontare delle imposte pagate in via definitiva in relazione ai medesimi, la misura del credito spettante, determinato sulla base della formula di cui al primo comma dell’articolo 165 del TUIR ( RE/RCN x Imposta Italiana);
  • la copia della dichiarazione dei redditi presentata nel Paese estero, qualora sia ivi previsto tale adempimento;
  • la ricevuta di versamento delle imposte pagate nel Paese estero;
  • l’eventuale certificazione rilasciata dal soggetto che ha corrisposto i redditi di fonte estera;
  • l’eventuale richiesta di rimborso, qualora non inserita nella dichiarazione dei redditi.

Nel caso in cui un soggetto residente in Italia produca reddito in uno Stato con cui è in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni, è possibile computare il credito per le imposte pagate all’estero nel limite della ritenuta convenzionale. Se lo Stato estero ha applicato una ritenuta più alta di quella convenzionale, la differenza, non accreditabile in Italia, potrà essere oggetto di rimborso nello Stato estero, secondo le modalità ivi previste.

Si può calcolare come credito d’imposta la tassa pagata anche in eccesso rispetto all’imposizione italiana, fino a concorrenza di un eventuale eccedenza italiana rispetto al medesimo reddito prodotto all’estero negli otto esercizi precedenti. Tecnicamente, si applicano i cosiddetti carry back e carry forward, ovvero riporto all’indietro o in avanti delle eccedenze. (Fonte: circolare n. 9 del 5 marzo 20157.3. Le modalità di calcolo delle eccedenze e il riporto all’indietro (carry back)
e in avanti (carry forward)
Per quanto attiene alla pratica applicazione dell’istituto, il comma 6
prevede la rilevazione di due opposte eccedenze:
a) dell’imposta estera pagata a titolo definitivo che eccede la quota di
imposta italiana relativa al reddito prodotto nel medesimo Paese (indicata, negli esempi, come “Ecc IE”, che confluisce nel relativo basket);
b) della quota d’imposta italiana che eccede le imposte estere pagate su
tale reddito Paese (indicata, negli esempi, come “Ecc II”, che confluisce nel
relativo basket).
L’istituto consente quindi la compensazione delle due eccedenze, attuata
con il riporto all’indietro o in avanti, in un arco temporale che copre
complessivamente sedici esercizi.
Ogniqualvolta risulti un’eccedenza delle imposte estere pagate a titolo
definitivo rispetto alla quota di imposta italiana relativa al medesimo reddito prodotto in uno Stato (inteso come flusso complessivo delle varie componenti), è possibile – a regime – verificare la capienza del canestro (di seguito, “basket”) in cui sono state precedentemente memorizzate le eventuali eccedenze di segno opposto, ossia le eccedenze dell’imposta italiana rispetto a quella estera, sorte negli otto esercizi precedenti, con riferimento al reddito prodotto nel medesimo Stato.
Pertanto, la predetta eccedenza dell’imposta estera, quale risulta dal basket “eccedenza imposta estera” (Ecc IE), può essere computata a credito fino a concorrenza dell’ammontare complessivo del basket “eccedenza imposta italiana” (Ecc II). In particolare, essa può essere utilizzata in riduzione dell’imposta di periodo in cui viene verificata l’esistenza di tale capienza. Anche in tal caso, il sistema non consente il finanziamento delle imposte estere, bensì comporta la riliquidazione, a favore del contribuente, delle imposte italiane precedentemente versate.
La residua eccedenza di imposta estera (o il suo intero ammontare se nel
precedente periodo di osservazione non si erano formate eccedenze di imposta italiana) può essere riportata a nuovo fino all’ottavo esercizio successivo e potrà essere utilizzata come credito al verificarsi – nel medesimo Paese estero – dell’opposta eccedenza della quota di imposta italiana. Alla scadenza dell’ultimo periodo in cui è consentito il riporto, l’eventuale residuo di eccedenze di imposte estere sarà azzerato e non potrà essere portato in diminuzione dal reddito imponibile del soggetto residente, né altrimenti recuperato in Italia.).

MODELLO SC 2019 – REDDITI 2018 – QUADRO CE – CREDITO DI IMPOSTA PER REDDITI PRODOTTI ALL’ESTERO E PER IMPOSTE ASSOLTE DALLE CONTROLLATE ESTERE

Il quadro CE è riservato ai soggetti che hanno prodotto all’estero redditi per i quali si è resa definitiva l’imposta ivi pagata al fine di determinare il credito spettante ai sensi dell’art. 165 del TUIR.
Le imposte da indicare sono quelle divenute definitive entro il termine di presentazione della presente dichiarazione, oppure, nel caso di opzione di cui al comma 5 dell’art. 165 del TUIR, entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d’imposta successivo. Si considerano pagate a titolo definitivo le imposte divenute irripetibili, pertanto, non vanno indicate, ad esempio, le imposte pagate in acconto o in via provvisoria e quelle per le quali è prevista la possibilità di rimborso totale o parziale.

Si ricorda che nel caso in cui il reddito prodotto all’estero abbia concorso parzialmente alla formazione del reddito complessivo in Italia, ai sensi del comma 10 dell’art. 165 del TUIR, anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente.

Si ricorda che è necessario conservare la documentazione da cui risultino l’ammontare del reddito prodotto e le imposte pagate in via definitiva al fine di poterle esibire a richiesta degli uffici finanziari.

La determinazione del credito va effettuata con riferimento al reddito prodotto in ciascuno Stato estero ed al singolo periodo di produzione.

L’importo del rigo CE26  va riportato nel corrispondente rigo RN13 del quadro RN

QUADRO RN – DETERMINAZIONE DELL’IRES

  • Nel rigo RN3, va indicato:

in colonna 2, dai soggetti che fruiscono del credito d’imposta di cui all’art. 3 del decreto legislativo n. 147 del 2015 (D.lgs._n._147_del_14.9.2015), l’ammontare delle imposte assolte dalle società partecipate residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato inclusi nel decreto o nel provvedimento emanati ai sensi dell’art. 167, comma 4, del TUIR, sugli utili maturati durante il periodo di possesso delle partecipazioni, in proporzione degli utili conseguiti o delle partecipazioni cedute;

  • Nel rigo RN13 va indicata:

la somma dei crediti per imposte estere esposti nel rigo CE26 del quadro CE, nelle colonne 8 e 9 dei righi RS75 e RS76 (art. 167, comma 6 e comma 7 del TUIR (nella stesura anteriore al D.Lgs. 29 novembre 2018, n.142, con entrata in vigore al periodo d’imposta successivo al 31/12/2018), nonché nel rigo RF68, colonna 3.

(1) “Art. 165

Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero

1. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.

2. I redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato.

3. se concorrono redditi prodotti in più’ Stati esteri, la detrazione si applica separatamente per ciascuno Stato.

4. La detrazione di cui al comma 1 deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta cui appartiene il reddito prodotto all’estero al quale si riferisce l’imposta di cui allo stesso comma 1, a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione. Nel caso in cui il pagamento a titolo definitivo avvenga successivamente si applica quanto previsto dal comma 7.

5. 5. [Per i redditi d’impresa prodotti all’estero mediante stabile organizzazione o da società controllate di cui alla sezione III del capo II del Titolo II,] la detrazione di cui al comma 1 può essere calcolata dall’imposta del periodo di competenza anche se il pagamento a titolo definitivo avviene entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d’imposta successivo. L’esercizio della facoltà di cui al periodo precedente è condizionato all’indicazione, nelle dichiarazioni dei redditi, delle imposte estere detratte per le quali ancora non è avvenuto il pagamento a titolo definitivo (1).

6. 6. L’imposta estera pagata a titolo definitivo su redditi prodotti nello stesso Stato estero eccedente la quota di imposta italiana relativa ai medesimi redditi esteri, costituisce un credito d’imposta fino a concorrenza della eccedenza della quota d’imposta italiana rispetto a quella estera pagata a titolo definitivo in relazione allo stesso reddito estero, verificatasi negli esercizi precedenti fino all’ottavo. Nel caso in cui negli esercizi precedenti non si sia verificata tale eccedenza, l’eccedenza dell’imposta estera può essere riportata a nuovo fino all’ottavo esercizio successivo ed essere utilizzata quale credito d’imposta nel caso in cui si produca l’eccedenza della quota di imposta italiana rispetto a quella estera relativa allo stesso reddito di cui al primo periodo del presente comma. Le disposizioni di cui al presente comma relative al riporto in avanti e all’indietro dell’eccedenza si applicano anche ai redditi d’impresa prodotti all’estero dalle singole società partecipanti al consolidato nazionale e mondiale, anche se residenti nello stesso paese, salvo quanto previsto dall’ articolo 136 , comma 6. (2)

7. Se l’imposta dovuta in Italia per il periodo d’imposta nel quale il reddito estero ha concorso a formare l’imponibile e’ stata gia’ liquidata, si procede a nuova liquidazione tenendo conto anche dell’eventuale maggior reddito estero, e la detrazione si opera dall’imposta dovuta per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione nella quale e’ stata richiesta. Se e’ gia’ decorso il termine per l’accertamento, la detrazione e’ limitata alla quota dell’imposta estera proporzionale all’ammontare del reddito prodotto all’estero acquisito a tassazione in Italia.

8. La detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata.

9. Per le imposte pagate all’estero dalle società’ , associazioni e imprese di cui all’articolo 5 e dalle società’ che hanno esercitato l’opzione di cui agli articoli 115 e 116 la detrazione spetta ai singoli soci nella proporzione ivi stabilita.

10. Nel caso in cui il reddito prodotto all’estero concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente.

(1) Comma modificato dall’articolo 15, comma 1, lettera a), del D.Lgs.14 settembre 2015, n. 147.
(2) Comma da ultimo modificato dall’articolo 15, comma 1, lettera b), del D.Lgs.14 settembre 2015, n. 147.”