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Pianificazione fiscale aggressiva (elusione fiscale internazionale) – BEPS – Disposizioni Comunitarie e Nazionali – Giurisprudenza

Pianificazione fiscale aggressiva (Aggressive tax planning (ATP)) elusione fiscale internazionale – Disposizioni Comunitarie e Nazionali – Giurisprudenza

Il termine evasione fiscale indica la violazione di specifiche norme fiscali da parte di un cittadino o azienda contribuente volte a ridurre o eliminare il prelievo fiscale da parte di uno Stato.

L’elusione fiscale è il comportamento messo in pratica dal contribuente che pone in essere un negozio giuridico o una concatenazione di atti giuridici di per sé leciti, al solo scopo di ridurre l’obbligazione tributaria.  A differenza dell’evasione fiscale, l’elusione non è perseguibile penalmente, ma può costituire un illecito amministrativo.

L’abuso di diritto è un concetto che è sorto nel settore civilistico per poi subentrare nell’ambito tributario.

Con la nozione di abuso di diritto, in ambito civilistico, si fa riferimento, anche grazie ad interpretazioni giurisprudenziali, ad un esercizio del diritto che seppur formalmente rispetta il quadro normativo crea un’ingiustificata sproporzione fra colui che è il beneficio del titolare del diritto e il sacrificio che è imposto alla controparte.

L’abuso del diritto in materia tributaria è un istituto di origine giurisprudenziale ed è generalmente individuato in quelle operazioni prive di spessore economico che l’impresa mette in atto con l’obiettivo principale di ottenere risparmi di imposta attraverso l’utilizzo distorto di schemi giuridici.

L’evasione fiscale, quindi,  può essere definita come un comportamento che mira ad occultare e a contrastare il prelievo fiscale, l’elusione fiscale rappresenta un vero e proprio abuso del diritto, ovvero la messa in pratica di comportamenti e azioni che hanno come obiettivo ultimo quello di raggirare le leggi a proprio vantaggio, mettendo in pratica comportamenti che indirettamente portano alla diminuzione del prelievo fiscale.

La Corte di Giustizia dell’unione Europea (CGUE) con la sentenza Halifax (C-255/02 del 21 febbraio 2006) si è così espressa:

  • al punto 69: “L’applicazione della normativa comunitaria non può estendersi fino a comprendere i comportamenti abusivi degli operatori economici, vale a dire operazioni realizzate non nell’ambito di transazioni commerciali normali, bensì al solo scopo di beneficiare abusivamente dei vantaggi previsti dal diritto comunitario (v., in tal senso, in particolare, sentenze 11 ottobre 1977, causa 125/76, Cremer, Racc. pag. 1593, punto 21; 3 marzo 1993, causa C‑8/92, General Milk Products, Racc. pag. I‑779, punto 21, e Emsland‑Stärke, cit., punto 51)”;
  • al punto 73: “.….A un soggetto passivo che ha la scelta tra due operazioni la sesta direttiva non impone di scegliere quella che implica un maggiore pagamento IVA. Al contrario, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 85 delle conclusioni, il soggetto passivo ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di limitare la sua contribuzione fiscale.”;
  • al punto 75: “.…. Deve altresì risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo scopo delle operazioni controverse è essenzialmente l’ottenimento di un vantaggio fiscale. Come ha precisato l’avvocato generale al paragrafo 89 delle conclusioni, il divieto di comportamenti abusivi non vale più ove le operazioni di cui trattasi possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di vantaggi fiscali.”.

La Corte di Giustizia dell’unione Europea (CGUE) con la sentenza C-425/06 del 21 febbraio 2008 si è espressa:

  • al punto 42 , citando la sentenza Halifax: ” Ai punti 74 e 75 della citata sentenza Halifax e a., la Corte ha anzitutto dichiarato, interpretando la sesta direttiva, che l’esistenza di un pratica abusiva può essere riconosciuta allorché:
    – le operazioni controverse, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la traspone, hanno il risultato di procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da tali disposizioni;

    – da un insieme di elementi oggettivi risulta che lo scopo delle operazioni controverse è essenzialmente l’ottenimento di un vantaggio fiscale.“;
  • al punto 45: “………. la sesta direttiva deve essere interpretata nel senso che l’esistenza di una pratica abusiva può essere riconosciuta qualora il perseguimento di un vantaggio fiscale costituisca lo scopo essenziale dell’operazione o delle operazioni controverse“. Nella motivazione, la Corte spiega che l’abuso può ricorrere anche quando lo scopo di conseguire un vantaggio fiscale sia essenziale, e cioè non esclusivo, il che non esclude l’esistenza dell’abuso quando concorrono altre ragioni economiche;
  • al punto 47: “………. Quando un soggetto passivo ha la scelta tra due operazioni, la sesta direttiva non impone di scegliere quella che implica un maggiore pagamento di IVA. Al contrario, il soggetto passivo ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di limitare la sua contribuzione fiscale (sentenza Halifax e a., cit., punto 73)”.

Secondo una pluriennale e consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’unione Europea (CGUE) (sentenze del 14 febbraio 1995, C-279/93; 13 luglio 1993; C-330/91; 12 aprile 1994, C-1/9; 15 maggio 1997, C-250/95), pur essendo la materia dell’imposizione diretta attribuita alla competenza degli Stati membri, gli stessi sono, comunque, vincolati al rispetto dei diritti e principi fondamentali dell’ordinamento comunitario.

Sul tema si è espresssa la Corte di Giustizia dell’unione Europea (CGUE) con la sentenza a C – 196/04, Cadbury Schweppes del 12 settembre 2006, punto 40:”Secondo una giurisprudenza costante, se è vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario (sentenze 29 aprile 1999, causa C-311/97, Royal Bank of Scotland, Racc. pag. I‑2651, punto 19; 7 settembre 2004, causa C‑319/02, Manninen, Racc. pag. I‑7477, punto 19, e 13 dicembre 2005, causa C‑446/03, Marks & Spencer, Racc. pag. I‑10837, punto 29).

La Suprema Corte ha sostenuto (Cassazione, sentenza n.7393 dell’11 maggio 2012) che:

“il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, sebbene non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio di imposta, in assenza di ragioni economiche apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici (cfr., tra le tante, Cass. 6800/09, 4737/10, 20029/10, 1372/11).
……. stante l’origine sovranazionale del principio in esame e la sua connotazione nel diritto interno -come subito si dirà – anche come principio di diretta derivazione costituzionale, ritiene la Corte del tutto non condivisibile l’assunto della ricorrente, secondo la quale il rilievo officioso di tale principio, da parte della CTR, avrebbe integrato il vizio di extrapetizione, e sarebbe stato comunque impedito dalla presenza nell’ordinamento di una clausola generale antielusiva, costituita dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis. (Successivamente alla pubblicazione della Sentenza l’articolo 1 del decreto legislativo 128 del 5 agosto 2015  “disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale”, ha disposto l’abrogazione dell’ art. 37-bis del D.P.R. 600/73 (disposizioni antielusione) e introduce il nuovo articolo 10-bis nella Legge 212/2000 (Statuto dei diritti del Contribuente) che individua i presupposti dell’abuso del diritto)
A tal riguardo va osservato, infatti, che nel nostro ordinamento il principio del divieto di abuso del diritto trova la sua derivazione, per quel che concerne i tributi armonizzati (l’IVA, le accise ed i diritti doganali), da un principio generale del diritto comunitario, secondo cui i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme di tale diritto.
L’applicazione delle stesse non può – per vero – essere estesa fino a comprendere pratiche abusive, ossia operazioni effettuate, non nell’ambito di normali transazioni commerciali, ma esclusivamente allo scopo di beneficiare abusivamente dei vantaggi previsti dal diritto comunitario (cfr, tra le tante, C. Giust CE, 9.3.99, causa C -212/97, Centros, C. Giust. CE, 21.2.06, causa C – 255/02, Halifax, C. Giust. CE, 6.4.06, causa C – 456/04, Agip Petroli, C. Giust. CEr 12.9.06, causa C – 196/04, Cadbury Schweppes, C. Giust. CE, 5.7.07, causa C – 321/05). Ed anche nella giurisprudenza di questa Corte si è affermato, in relazione ai tributi armonizzati (e segnatamente all’IVA), che le pratiche abusive consistenti nell’impiego di una forma giuridica, o di un regolamento contrattuale, al fine di realizzare quale scopo principale, ancorchè non esclusivo, un risparmio di imposta, consistono in abusi di diritti fondamentali garantiti dall’ordinamento comunitario e, pertanto, assumono rilievo normativo primario in tale ordinamento, indipendentemente dalla presenza di una clausola generale antielusiva nell’ordinamento fiscale italiano (cfr. Cass. 25374/08).
Per quanto concerne, poi, i tributi non armonizzati (imposte dirette) che – come quello oggetto della presente controversia (imposta sui redditi) – esulano dai tributi comunitari, il principio del divieto di abuso del diritto trova, invece, fondamento nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione, dettati dall’art. 53 Cost.. Nè tale principio contrasta con quello di riserva di legge in materia tributaria (art. 23 Cost.), atteso che – lungi dal tradursi nell’imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge – esso si concreta esclusivamente nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo, o prioritario, scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali.
Il principio in parola comporta, dunque, l’inopponibilità del negozio stesso all’amministrazione finanziaria, per qualsivoglia profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione elusiva, anche diversi da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche disposizioni antielusive (cfr. Cass. S.U. 30055/08, Cass. 4737/10, 1372/11).”

In tema di Fiscalità Internazionale si parla di  pianificazione fiscale aggressiva (Aggressive tax planning (ATP), espressione che è stata usata all’interno del progetto Base Erosion and Profit Shifting (BEPS) di cui parleremo), categoria concettuale del diritto tributario globale che consiste nello sfruttamento dei divari e delle discrepanze tra i sistemi fiscali dei diversi Stati, comportamenti dei contribuenti che seppur “leciti”, in realtà cercano di “aggirare” la normativa fiscale al fine di ridurre il carico tributarioal fine di conseguire vantaggi d’imposta che gli Stati non avrebbero altrimenti inteso concedere, provocando l’erosione della base imponibile interna e il trasferimento degli utili ( (Base Erosion and Profit Shifting» ( BEPS). 

Elementi costitutivi della Pianificazione Fiscale Aggressiva sono:

  1. Lo sfruttamento delle disparità tra sistemi tributari diversi (differenze tra le norme impositive di ordinamenti diversi), al solo fine di trarre un indebito vantaggio fiscale. Come abbiamo visto, la Pianificazione Fiscale Aggressiva non elude o viola direttamente alcuna norma. Con lo sfruttamento delle disparità tra sistemi tributari diversi  l’obbiettivo è, appunto,  sfruttare le asimmetrie tra ordinamenti tributari come, ad esempio, possono essere le diverse definizioni di stabile organizzazione, dividendo o interesse. Le pratiche di Pianificazione Fiscale Aggressiva che sfruttano queste disparità tra sistemi tributari diversi non sono  efficacemente contrastabili con misure antielusive di tipo unilaterale;
  2. Il disallineamento tra luogo di produzione e luogo di tassazione della ricchezza;
  3. Il risultato di una doppia non imposizione a livello internazionale che gli Stati interessati non hanno inteso concedere. Questo elemento ha luogo quando un dato reddito non è tassato né nella giurisdizione di origine (Stato che ha una tassazione territoriale,  tassazione del reddito nello Stato della fonte), Né nella giurisdizione di residenza del percettore finale (Stato che ha una tassazione “worldwide taxation principle, basata sulla residenza). Questa ultima  fattispecie (doppia non imposizione a livello internazionale che gli Stati interessati non hanno inteso concedere) deve essere tenuta ben distinta da quella delle doppia non imposizione volontaria, che si verifica quando gli Stati hanno avuto ben presenti ed intenzionalmente perseguito l’effetto della non imposizione. Ciò accade, ad esempio, quando lo Stato di residenza dell’investitore che ha una tassazione “worldwide taxation principle“ concede il credito per le imposte pagate all’estero.

In data 6 dicembre 2012 la Commissione Europea ha emesso la    raccomandazione n. 2012/772/UE sulla pianificazione fiscale aggressiva.

Di grande interesse è il punto 4 della raccomandazione che qui si riporta integralmente:

4.   Norma generale antiabuso

4.1.

Per contrastare le pratiche di pianificazione fiscale aggressiva che non rientrano nell’ambito di applicazione delle norme nazionali specifiche intese a combattere l’elusione fiscale, gli Stati membri dovrebbero adottare una norma generale antiabuso adattata alle situazioni nazionali, alle situazioni transfrontaliere limitate all’Unione e alle situazioni che coinvolgono paesi terzi.

4.2.

Per dare effetto al punto 4.1 gli Stati membri sono incoraggiati a inserire la seguente clausola nella legislazione nazionale:

«Una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni che sia stata posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti un vantaggio fiscale deve essere ignorata. Le autorità nazionali devono trattare tali costruzioni a fini fiscali facendo riferimento alla loro «sostanza economica».

4.3.

Ai fini del punto 4.2 per «costruzione» si intende una transazione, un regime, un’azione, un’operazione, un accordo, una sovvenzione, un’intesa, una promessa, un impegno o un evento. Una costruzione può comprendere più di una misura o di una parte.

4.4.

Ai fini del punto 4.2 una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale. Per determinare se la costruzione o la serie di costruzioni è artificiosa, le autorità nazionali sono invitate a valutare se presenta una o più delle seguenti situazioni:

a)

la qualificazione giuridica delle singole misure di cui è composta la costruzione non è coerente con il fondamento giuridico della costruzione nel suo insieme;

b)

la costruzione o la serie di costruzioni è posta in essere in un modo che non sarebbe normalmente impiegato in quello che dovrebbe essere un comportamento ragionevole in ambito commerciale;

c)

la costruzione o la serie di costruzioni comprende elementi che hanno l’effetto di compensarsi o di annullarsi reciprocamente;

d)

le operazioni concluse sono di natura circolare;

e)

la costruzione o la serie di costruzioni comporta un significativo vantaggio fiscale, di cui tuttavia non si tiene conto nei rischi commerciali assunti dal contribuente o nei suoi flussi di cassa;

f)

le previsioni di utili al lordo delle imposte sono insignificanti rispetto all’importo dei previsti vantaggi fiscali.

4.5.

Ai fini del punto 4.2, la finalità di una costruzione o di una serie di costruzioni artificiose consiste nell’eludere l’imposizione quando, a prescindere da eventuali intenzioni personali del contribuente, contrasta con l’obiettivo, lo spirito e la finalità delle disposizioni fiscali che sarebbero altrimenti applicabili.

4.6.

Ai fini del punto 4.2, una data finalità deve essere considerata fondamentale se qualsiasi altra finalità che è o potrebbe essere attribuita alla costruzione o alla serie di costruzioni sembri per lo più irrilevante alla luce di tutte le circostanze del caso.

4.7.

Nel determinare se una costruzione o una serie di costruzioni artificiose ha comportato un vantaggio fiscale di cui al punto 4.2, le autorità nazionali sono invitate a confrontare l’importo dell’imposta dovuta dal contribuente, tenendo conto della o delle costruzioni, con l’importo che lo stesso contribuente dovrebbe versare nelle stesse circostanze in assenza della o delle costruzioni. In tale contesto è utile esaminare se si verifica una o più delle seguenti situazioni:

a)

un importo non è compreso nella base imponibile;

b)

il contribuente beneficia di una detrazione;

c)

vi è una perdita a fini fiscali;

d)

non è dovuta alcuna ritenuta alla fonte;

e)

l’imposta estera è compensata.

La Legge 11 marzo 2014, n. 23, dedica l’art. 5 alla “Disciplina dell’abuso del diritto ed elusione fiscale“:

“1. Il Governo e’ delegato ad attuare, con i decreti legislativi  dicui  all’articolo  1,  la  revisione   delle   vigenti   disposizioni antielusive al fine di unificarle al principio generale  del  divieto dell’abuso del diritto,  in  applicazione  dei  seguenti  principi  ecriteri  direttivi,  coordinandoli   con   quelli   contenuti   nellar accomandazione  della  Commissione  europea   sulla   pianificazionefiscale aggressiva n. 2012/772/UE del 6 dicembre 2012:    

 a) definire la condotta abusiva come uso  distorto  di  strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta,  ancorche’  tale condotta non sia in contrasto con alcuna specifica disposizione;    

 b) garantire la liberta’ di scelta del contribuente  tra  divers eoperazioni comportanti anche un diverso carico fiscale e, a tal fine:

  1. considerare lo scopo di ottenere indebiti  vantaggi  fiscali come causa prevalente dell’operazione abusiva;       
  2. escludere la configurabilita’ di  una  condotta  abusiva  se l’operazione o la serie di  operazioni  e’  giustificata  da  ragioni extrafiscali  non  marginali;  stabilire  che  costituiscono  ragioni extrafiscali anche  quelle  che  non  producono  necessariamente  una redditivita’ immediata dell’operazione, ma rispondono ad esigenze  di natura organizzativa e determinano  un  miglioramento  strutturale  e funzionale dell’azienda del contribuente;     

c) prevedere l’inopponibilita’ degli strumenti giuridici  di  cui alla lettera a)  all’amministrazione  finanziaria  e  il  conseguente potere della stessa di d isconoscere il relativo risparmio di imposta;     

d)  disciplinare  il  regime  della  prova   ponendo   a   carico dell’amministrazione finanziaria l’onere  di  dimostrare  il  disegno abusivo e le eventuali modalita’ di manipolazione  e  di  alterazione funzionale degli strumenti  giuridici  utilizzati,  nonche’  la  loro mancata conformita’ a una  normale  logica  di  mercato,  prevedendo, invece, che gravi sul contribuente l’onere di allegare l’esistenza divalide   ragioni   extrafiscali   alternative   o   concorrenti   che giustifichino il ricorso a tali strumenti;     

e) prevedlla  motivazione  dell’accertamento  fiscale,  a  pena  di nullita’ dell’accertamento stesso;     

f) prevedere specifiche regole procedimentali che garantiscano un efficace  contraddittorio   con   l’amministrazione   finanziaria   e salvaguardino il diritto di difesa in ogni fase del procedimento di accertamento tributario”.

I principi appena esposti sono stati attuati con l’art. 10-bis della legge 27 dicembre 2000, n. 212 (c.d. Statuto del contribuente), introdottodall’ar.1, comma 1 del DECRETO LEGISLATIVO 5 agosto 2015, n. 128, modificato dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156,

L’Art. 10-bis – Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscaleintrodotto nella Legge del 27/07/2000 n. 212Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente – dispone:

“1.Configurano abuso del diritto una o piu’ operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.

2. Ai fini del comma 1 si considerano:

a) operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformita’ dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato;

b) vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalita’ delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario.

3. Non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalita’ di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attivita’ professionale del contribuente.

4. Resta ferma la liberta’ di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale.

5. Il contribuente puo’ proporre interpello ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera c), per conoscere se le operazioni costituiscano fattispecie di abuso del diritto.

6. Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, l’abuso del diritto e’ accertato con apposito atto, preceduto, a pena di nullita’, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto.

7. La richiesta di chiarimenti e’ notificata dall’amministrazione finanziaria ai sensi dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell’atto impositivo. Tra la data di ricevimento dei chiarimenti ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta e quella di decadenza dell’amministrazione dal potere di notificazione dell’atto impositivo intercorrono non meno di sessanta giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazione dell’atto impositivo e’ automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei sessanta giorni.

8. Fermo quanto disposto per i singoli tributi, l’atto impositivo e’ specificamente motivato, a pena di nullita’, in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, agli indebiti vantaggi fiscali realizzati, nonche’ ai chiarimenti forniti dal contribuente nel termine di cui al comma 6.

9. L’amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d’ufficio, in relazione agli elementi di cui ai commi 1 e 2. Il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza delle ragioni extrafiscali di cui al comma 3.

10. In caso di ricorso, i tributi o i maggiori tributi accertati, unitamente ai relativi interessi, sono posti in riscossione, ai sensi dell’articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e, successive modificazioni, e dell’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

11. I soggetti diversi da quelli cui sono applicate le disposizioni del presente articolo possono chiedere il rimborso delle imposte pagate a seguito delle operazioni abusive i cui vantaggi fiscali sono stati disconosciuti dall’amministrazione finanziaria, inoltrando a tal fine, entro un anno dal giorno in cui l’accertamento e’ divenuto definitivo ovvero e’ stato definito mediante adesione o conciliazione giudiziale, istanza all’Agenzia delle entrate, che provvede nei limiti dell’imposta e degli interessi effettivamente riscossi a seguito di tali procedure.

12. In sede di accertamento l’abuso del diritto puo’ essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie.

13. Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie“. (1)

La Corte di Cassazione con la Sentenza 05 dicembre 2019, n. 31772 si è così espressa: “In materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, la cui ricorrenza deve essere provata dal contribuente. (Cass. 23/11/2018, n. 30404; conforme Cass.n. 6836/2019)”.

DIRETTIVE DELL’UNIONE EUROPEA VOLTE AD ARGINARE I MECCANISMI DI PIANIFICAZIONE FISCALE AGGRESSIVA

BEPS e  Anti Tax Avoidance Directive – ATAD

Il 12 febbraio 2013  l’OCSE ha pubblicato l’“Addressing Base Erosion and Profit Shifting” (Affrontare l’erosione della base e lo spostamento dei profitti). 

L’Addressing Base Erosion and Profit Shifting presenta gli studi ed i dati disponibili sull’esistenza e l’entità dell’erosione della base e del trasferimento dei profitti (BEPS). Il rapporto raccomanda lo sviluppo di un piano d’azione per affrontare le questioni BEPS in modo completo.

Il progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) dell’OCSE / G20 mira a creare un unico insieme di norme fiscali internazionali basate sul consenso per affrontare il BEPS e quindi a proteggere le basi imponibili offrendo al contempo maggiore certezza e prevedibilità ai contribuenti.

Nel quadro inclusivo OCSE / G20 sul BEPS, oltre 135 paesi stanno attuando  15 azioni  per contrastare l’elusione fiscale, migliorare la coerenza delle norme fiscali internazionali e garantire un ambiente fiscale più trasparente:

  • Azione 1 Sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazioneNecessità di individuare una corretta disciplina fiscale per l’economia digitale, caratterizzata da una crescente dicotomia tra luogo in cui avviene la vendita di beni e servizi e luogo della tassazione del  relativo reddito. Infatti, laddove un imprenditore ritrae utili da operazioni poste in essere online, svolte il più delle volte con clienti localizzati in un Paese diverso da quello della residenza fiscale della stesso imprenditore, allo stato attuale, si verifica una inadeguata allocazione dei diritti impositivi sui profitti d’impresa, per via della mancanza di regole che riconducano tali diritti impositivi alla giurisdizione fiscale  dello Stato in cui l’imprenditore ha la residenza fiscale ed in cui si esercita l’attività.
  • Azione 2 Neutralizzare gli effetti degli accordi di disallineamento ibrido  – I disalinneamenti da ibrido scaturiscono dalla mancanza di uniformità e convergenza fra i sistemi tributari dei singoli Stati. La Action 2 si basa sulla necessità di introdurre apposite disposizioni nei trattati  (per. es. le tie-breaker, incluse nei trattati fiscali per aiutare a determinare quale paese ha il diritto di tassare un individuo come paese di residenza nel caso in cui l’individuo si qualifichi come residente (ai fini fiscali) ai sensi delle leggi nazionali di entrambi i paesi.) e raccomandazioni volte a neutralizzare gli effetti (come ad esempio doppia deduzione, doppia non tassazione, differimento a lungo termine della tassazione) derivanti dall’utilizzo di strumenti ed entità ibride (vedi il precedente rapporto nel “Le Strutture Ibride (Hybrid Mismatch Arrangements): Tematiche di politica e compliance fiscale) per assicurare che queste non siano in “operazioni” di di mero arbitraggio fiscale (pratica di pianificazione fiscale aggressiva che consiste nello sfruttare a proprio vantaggio le differenze di carico fiscale in vigore in due o più differenti paesi, localizzando le proprie attività produttive dove subiscono un minor carico fiscale). Nell’ambito della Action 2 è sta pubblicato il rapporto “Neutralizzazione degli effetti degli accordi di disallineamento dei rami di azienda“.
  • Azione 3 Società estera controllata – Rafforzamento della disciplina Controlled foreign companies (cfc)
  • Azione 4 Limitazione delle detrazioni di interessi  -Identificazione di best practices che supportino l’elaborazione di regole volte a contrastare l’erosione della base imponibile che deriva da transazioni finanziarie infragruppo così da limitare l’eccessiva deducibilità di componenti negativi di reddito, laddove essa si presti a generare scenari di totale abbattimento fiscale.
  • Azione 5 Pratiche fiscali dannose  – Favorire azioni volte a prevenire pratiche fiscali dannose incrementando la trasparenza e facendo emergere la sostanza delle operazioni che effettivamente si intendono realizzare, anche attraverso l’incentivazione di scambi di informazioni.
  • Azione 6 Prevenzione dell’abuso dei trattati fiscali – Rafforzando le clausole antiabuso, evitare l’abuso delle convenzioni contro le doppie imposizioni con l’obiettivo di prevenire la concessione  di benefici  convenzionali in circostanze inappropriate (il “treaty shopping” rappresenta una particolare forma di international tax planning “elusivo” attuata attraverso l’indebito utilizzo delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni sui redditi).
  • Azione 7 Definizione di stabile organizzazione – Il lavoro svolto nell’ambito dell’azione 7 di BEPS fornisce modifiche alla definizione di stabile organizzazione nel modello di convenzione fiscale dell’OCSE per affrontare le strategie utilizzate per prevenire artificiosi occultamenti di stabili organizzazioni ed evitare di avere una presenza imponibile in una giurisdizione ai sensi dei trattati fiscali, ad esempio tramite i cosiddetti  “commissionaire arrangements” privi di effettiva
    sostanza economica o non coerenti con funzioni e
    attivita` svolte.
  • Le modifiche limiteranno inoltre l’applicazione di una serie di eccezioni alla definizione di stabile organizzazione alle attività di natura preparatoria o ausiliaria e garantiranno che non sia possibile trarre vantaggio da queste eccezioni frammentando un’attività operativa coesa in più piccole operazioni; affronteranno anche le situazioni in cui l’eccezione applicabile ai cantieri è aggirata attraverso i contratti di scissione tra imprese strettamente collegate.
    Le modifiche alle definizioni di stabile organizzazione sono state integrate nel modello di convenzione fiscale dell’OCSE del 2017 e nella parte IV della  CONVENZIONE MULTILATERALE PER L’ATTUAZIONE DI MISURE RELATIVE ALLE CONVENZIONI FISCALI FINALIZZATE A PREVENIRE L’EROSIONE DELLA BASE IMPONIBILE E LO SPOSTAMENTO DEI PROFITTI (Multilateral Instrument (MLI)) (articoli da 12 a 15). Lo strumento multilaterale (MLI) è uno strumento flessibile che consente alle giurisdizioni di adottare misure relative ai trattati BEPS per contrastare il BEPS e rafforzare la loro rete di trattati. Il MLI è stato firmato da quasi 90 giurisdizioni e circa la metà dei firmatari del MLI ha finora adottato gli articoli del MLI che implementano le modifiche alla stabile organizzazione.
  • Azioni 8 – 9 -10 Prezzi di trasferimento – L’Ocse evidenzia la tendenza, nell’ambito delle multinazionali, all’allocazione dei profitti, a fini meramente fiscali, in Paesi diversi da quelli in cui ha effettivamente luogo l’attività economica, attraverso una inappropriata allocazione di rischi, intangible e capitali. Emerge quindi la necessità di adottare più chiare definizioni di questi ultimi nonchè di valorizzarli adeguatamente in maniera tale da consentire un’equa allocazione dei profitti, coerente con la creazione del valore.
  • Il rapporto contiene revisioni alle Linee guida OCSE sui prezzi di trasferimento per allineare i risultati dei prezzi di trasferimento con la creazione di valore. La guida rivista si concentra sulle seguenti aree chiave: questioni relative ai prezzi di trasferimento relative alle transazioni che coinvolgono beni immateriali; accordi contrattuali, inclusa l’allocazione contrattuale dei rischi e dei relativi utili, che non sono supportati dalle attività effettivamente svolte; il livello di ritorno al finanziamento fornito da un membro di un gruppo multinazionale ricco di capitale, se tale rendimento non corrisponde al livello di attività intrapresa dalla società di finanziamento; e altre aree ad alto rischio.
  • A tal proposito rileva evidenziare come la disciplina del transfer pricing, applicata con riferimento agli intangible, sia oggetto di particolare attenzione da parte dell’Ocse che, il 30 luglio 2013,  ha pubblicato il “Revised discussion draft on transfer pricing aspects on intangible” .
    Vedi: “Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations 2017.
  • Azione 11 Analisi dei dati BEPS – Il rapporto BEPS Action 11 Measuring and Monitoring BEPS ha stabilito metodologie per raccogliere e analizzare i dati sugli effetti economici e fiscali dei comportamenti di elusione fiscale e sull’impatto delle misure proposte nell’ambito del progetto BEPS.
  • Azione 12 Regole sulla divulgazione obbligatoria – L’azione è finalizzata a strutturare la condivisione, tra le varie Amministrazioni finanziarie, degli schemi di pianificazione fiscale aggressiva riscontrati. Il piano, mira inoltre a incentivare la trasparenza dei contribuenti che intendono attuare schemi di pianificazione fiscale attraverso specifiche disclosure rules.
  • Azione 13 Reporting paese per paese – Nell’ambito dell’azione 13 BEPS, tutte le grandi imprese multinazionali (MNE) sono tenute a preparare un rapporto paese per paese (CbC) con dati aggregati sulla ripartizione globale di reddito, profitto, imposte pagate e attività economica tra le giurisdizioni fiscali in cui opera . Questo rapporto CbC è condiviso con le amministrazioni fiscali di queste giurisdizioni, per l’utilizzo in prezzi di trasferimento di alto livello e valutazioni del rischio BEPS.
  • Azione 14 Procedura di mutuo accordo –  L’obiettivo è quello di agevolare le procedure di risoluzione dei conflitti attraverso lo sviluppo di innovative modalità di risoluzione delle controversie attraverso un solido processo di revisione tra pari che cerca di aumentare l’efficienza e migliorare la tempestività della risoluzione delle controversie sulla doppia imposizione.
  • Azione 15 Strumento multilaterale – per assicurare che le azioni siano prontamente attuate, saranno definiti strumenti multilaterali prevedendo la possibilità, per i paesi interessati, di modificare gli accordi bilaterali in modo da adeguarsi al rapido evolversi dell’economia globale.

I rapporti finali del progetto BEPS, sono stati approvati e pubblicati il 5 ottobre 2015.

Dichiarazione esplicativa 2015 ( EN / FR / ES / DEU )
Azione 1: affrontare le sfide fiscali dell’economia digitale  ( EN  / FR )
Azione 2: neutralizzazione degli effetti di accordi ibridi non corrispondenti  ( EN  / FR / DEU )
Azione 3: progettazione di regole efficaci per società estere controllate  ( EN / FR  / ES )
Azione 4: Limitare l’erosione della base che comporta detrazioni di interessi e altri pagamenti finanziari ( EN / FR /  DEU  / KOR )
Azione 5: Contrastare le pratiche fiscali dannose in modo più efficace, tenendo conto della trasparenza e della sostanza ( EN / FR  / ES  / DEU )
Azione 6: Prevenire la concessione di vantaggi derivanti dal trattato in circostanze inadeguate ( EN / ES )
Azione 7: prevenire l’elusione artificiale di Stabile organizzazione di stato ( EN / FR  / ES )
Azioni 8-10: allineare i risultati dei prezzi di trasferimento con la creazione di valore ( EN / FR  / ES )
Azione 11: misurazione e monitoraggio BEPS ( EN )
Azione 12: norme sulla divulgazione  obbligatoria ( EN /  FR  / ES / KOR )
Azione 13: Guida alla documentazione sui prezzi di trasferimento e alla rendicontazione paese per paese ( EN / FR  / ES  / DEU )
Azione 14: rendere più efficaci i meccanismi di risoluzione delle controversie ( EN / FR  / ES  / KOR )
Azione 15: sviluppo di uno strumento multilaterale per modificare i trattati fiscali bilaterali ( EN / FR  / ES )

Nella sezione del sito OCSE dedicata al BEPS è pubblicata una mappa interattiva attraverso la quale è possibile verificare per ogni Stato la sua adesione:

La Commissione Europea per accertare una pianificazione fiscale aggressiva (Aggressive Tax Planning (ATP)) ha individuato dei “canali”, che sono:

  • trasferimento del debito, ovvero trasferimento degli utili ad altra giurisdizione con bassa imposizione fiscale;
  • collocazione “strategica” in Paesi con una bassa imposizione dei diritti di proprietà intellettuale e dei beni immaterialii;
  • abuso dei prezzi di trasferimento mediante il quale le basi imponibili dei paesi a bassa imposizione fiscale vengono aumentate artificiosamente a spese di quelle dei paesi in cui l’imposizione fiscale è alta.

A  seguito delle raccomandazioni BEPS dell’OCSE del 2015 è stata emanata la direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016  (cosiddetta Anti Tax Avoidance Directive – ATAD 1) che fa parte del pacchetto anti elusione (Anti Tax Avoidance Package) varato dalla Commissione Europea per introdurre negli Stati membri un insieme di misure di contrasto alle pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno.

L’art. 6 della direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016 (Atad  (Anti tax avoidance Directive) 1 contempla la norma generale anti elusione (General Anti Avoidance Rule (GAAR)) concepita per combattere gli scenari di elusione fiscale che in  forma giuridica legittima mirano a eludere le conseguenze giuridiche

Nell’art. 6 della ATAD 1 sono contemplati cumulativamente un  test soggetto ed un test oggettivo che esaminano l’intenzione soggettiva dei contribuenti e la realtà economica oggettiva.

Al riguardo del test soggettivo (comma 1 art. 6)  vengono considerate quelle costruzioni poste in essere allo scopo principale  di ottenere un vantaggio fiscale  in contrasto con l’oggetto o la finalità del diritto fiscale applicabile.

Al riguardo del test oggettivo (comma 1 art. 6) una costruzione o una serie di costruzioni è considerata non genuina nella misura in cui non sia stata posta in essere per valide ragioni commerciali che rispecchiano la realtà economica.

In seguito è stata emanata la direttiva (UE) 2017/952 del Consiglio del 29 maggio 2017 (Atad 2 ) recante modifiche alla direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016 (Atad 1) relativamente ai disallineamenti da ibridi con i paesi terzi, una serie di misure volte a prevenire l’evasione delle multinazionali impedendo loro di sfruttare le differenze tra le diverse giurisdizioni fiscali per determinare una sostanziale erosione delle basi imponibili.
L’Atad 2 ha lo scopo di regolamentare i disallineamenti da ibridi limitatamente ai Paesi terzi, dato che le forme più diffuse di disallineamento da ibridi intra-Ue sono state coperte dalla direttiva Atad 1.

In attuazione delle due Direttive è stato emanato il D.Lgs. 29 novembre 2018, n. 142 (GU Serie Generale n.300 del 28-12-2018) che ha novellato vari artt. del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917:

CAPO I. DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DEDUCIBILITÀ DEGLI INTERESSI PASSIVI.

CAPO II. DISPOSIZIONI IN MATERIA DI IMPOSIZIONE IN USCITA.

CAPO III. DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SOCIETÀ CONTROLLATE NON RESIDENTI.

SEZIONE I. DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SOCIETÀ CONTROLLATE ESTERE.

  • Articolo 4  Modifiche all’articolo 167 (Disposizioni in materia di imprese estere controllate) del Testo unico delle imposte sui redditi.

SEZIONE II. DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DIVIDENDI E PLUSVALENZE.

  • Articolo 5 Modifiche alle disposizioni del Testo unico riguardanti dividendi e plusvalenze relativi a partecipazioni in soggetti non residenti.

CAPO IV. DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DISALLINEAMENTI DA IBRIDI.

CAPO V. DEFINIZIONI E DISPOSIZIONI DI COORDINAMENTO.

CAPO VI. DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI.

La  Convenzione sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale  (Multilateral Convention on Mutual Administrative Assistance  in Tax Matters) è stata sviluppata congiuntamente dall’OCSE e dal Consiglio d’Europa nel 1988 e modificata dal Protocollo nel 2010. La Convenzione è lo strumento multilaterale più completo disponibile per tutte le forme di cooperazione per contrastare l’evasione e l’elusione fiscali.

La Convenzione, nel rispetto dei diritti fondamentali dei contribuenti, facilita la cooperazione internazionale per un migliore funzionamento delle leggi fiscali nazionali. Prevede tutte le possibili forme di cooperazione amministrativa tra gli stati nella valutazione e riscossione delle imposte. Questa cooperazione spazia dallo scambio di informazioni, compresi gli scambi automatici, al recupero di crediti fiscali esteri.

Il 15 luglio 2014 è stato  approvato dal Consiglio dell’OCSE il Common Reporting Standard (CRS) , sviluppato in risposta alla richiesta del G20, che  invita le giurisdizioni a ottenere informazioni dai loro istituti finanziari e scambiare automaticamente tali informazioni con altre giurisdizioni su base annuale. Il Common Reporting Standard (CRS) stabilisce le informazioni sui conti finanziari da scambiare, gli istituti finanziari tenuti a segnalare, i diversi tipi di conti e contribuenti coperti, nonché le procedure comuni di due diligence che devono essere seguite dagli istituti finanziari.

Oltre 150 giurisdizioni si sono impegnate allo scambio di informazioni su richiesta (Exchange Of Information on Request – EOIR) e oltre 100 a quello automatico (Automatic Exchange of Information – AEOI). 110 hanno aderito al Common reporting standard (CRS) scambio automatico di informazioni tra le autorità fiscali sulle attività finanziarie detenute dai contribuenti (Vedi: ELENCO DEGLI STATI CHE ANNO ADERITO AL CRS AGGIORNATA AL 29 Settembre 2020).

Direttive DAC (Directive Administrative Cooperation)

La direttiva n. 2011/16/UE  (DAC 1) del 15 febbraio 2011 che ha abrogato, con effetto dal 1° gennaio 2013, Direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati Membri nel settore delle imposte dirette, implementando “Mandatory Disclosure Rules” (MDR), stabilisce le norme e le procedure in base alle quali gli Stati membri cooperano tra loro ai fini dello scambio di informazioni fiscali per le Amministrazioni finanziarie volte ad arginare i meccanismi di pianificazione fiscale aggressiva introducendo sistemi di controllo ispirati alla c.d. cooperative compliance. Negli anni la DAC 1 è stata varie volte modificata, estendendone sempre più il suo ambito di applicazione.

Evoluzione delle Direttive DAC (Directive Administrative Cooperation) dal 2011 ad oggi

DAC  Direttiva del Consiglio Attuazione
1 15/02/2011 2011/16/UE  Cooperazione amministrativa nel settore fiscale, scambio automatico di informazioni dai periodi d’imposta dal 1o gennaio 2014 (abroga la Direttiva 77/799/CEE) D. Lgs.  4 marzo 2014, n. 29
2 09/12/2014 2014/107/UE recante modifiche alla direttiva 2011/16/UE Amplia le categorie di reddito oggetto di scambio automaticoobbligo di trasmettere informazioni, per i periodi d’imposta a decorrere dal 1o gennaio 2016, per quanto concerne i Conti Bancari Normativa italiana di riferimento 
3 08/12/2015 2015/2376/UE recante modifiche alla direttiva 2011/16/UE Estende lo scambio automatico obbligatorio di informazioni ai ruling preventivi transfrontalieri e agli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento D. Lgs. 15 marzo 2017, n. 32 
4 25/05/2016 2016/881/UE recante modifiche alla direttiva 2011/16/UE Scambio automatico obbligatorio di informazioni in materia di rendicontazione Paese per Paese

Vedi BEPS Action 13

Articolo 1, commi 145 e 146 della legge 28 dicembre 2015, n. 208

D.M. 23/02/2017

5 06/12/2016 2016/2258/UE recante modifiche alla direttiva 2011/16/UE Accesso da parte delle autorità fiscali alle informazioni in materia di antiriciclaggio Legge 25 ottobre 2017, n, 163

D.Lgs. 18 maggio 2018, n. 60

6 25/05/2018 2018/822/UE recante modifiche alla direttiva 2011/16/UE Scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale relativamente ai meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica.

Vedi BEPS Action 12

D.Lgs. n. 100/2020

D.M. 17/11/2020

7 22/03/2021 2021/514/UErecante modifiche alla direttiva 2011/16/UE Scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale esteso alle piattaforme digitali In attesa di attuazione

La direttiva europea DAC 6 (direttiva UE n. 2018/822), recepita nel ns. ordinamento dal D.Lgs. n. 100/2020,  ha come chiaro obiettivo quello di cercare di contrastare la pianificazione fiscale aggressiva imponendo l’obbligo a intermediari e professionisti di informare le autorità fiscali in merito a schemi o meccanismi transfrontalieri fiscalmente aggressivi di cui vengano a conoscenza.

Vedi: DAC (Directives Administrative Cooperation) 6: Comunicazione dei meccanismi transfrontalieri connotati da elementi di pericolosità fiscale o potenzialmente idonei ad aggirare il funzionamento dello scambio automatico di informazione sui conti finanziari ovvero a consentire l’utilizzo di strutture offshore opache

ESEMPI DI PIANIFICAZIONE FISCALE AGGRESSIVA

Il “treaty shopping

Nel quadro della Pianificazione Fiscale Aggressiva si inserisce il “treaty shopping” che rappresenta una particolare forma di international tax planning “elusivo” attuata attraverso l’indebito utilizzo delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni sui redditi.

L’espressione, di origine americana, deriva dal cosiddetto “forum shopping”, attività che consiste nella ricerca della Corte di Giustizia che si ritiene più indicata per ottenere una favorevole decisione.

Il treaty shopping è una modalità di abuso delle convenzioni internazionali che prevede l’interposizione di una (o più)   società veicolo, le cosiddette”conduit companies“  (definite anche strutture-ponte), strutture di comodo che non svolgono alcuna reale attività,  costituite al solo scopo di dare corso all’abuso dei trattati internazionali, tra lo Stato in cui il reddito viene prodotto e il Paese dove è collocato il destinatario di tale reddito, “beneficiario effettivo”,  al fine di ottenere un beneficio fiscale.

Il treaty shopping viene a configurarsi,quindi, mediante le conduit companiesin un fenomeno di interposizione di catene di società, nel quale alcuni enti vengono sfruttati per trasferire redditi da Stati che prevedono una elevata imposizione fiscale a a Stati a bassa tassazione.

Poniamo che uno Stato colpisca gli utili provenienti da Stati a fiscalità privilegiata, una conduit company, posizionata in un terzo Stato a fiscalità ordinaria ,  potrebbe essere utilizzata per “convogliare” gli utili ed aggirare la norma.

A questo proposito esaminiamo l’articolo 89 del T.U.I.R..

Il comma 2  dell’articolo 89 del T.U.I.R. prevede che gli utili distribuiti, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione,anche nei casi di cui all’articolo 47, comma 7, dalle società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e c) non concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti in quanto esclusi dalla formazione del reddito della società o dell’ente ricevente per il 95 per cento del loro ammontare (con la dicitura “utili distribuiti”, si prevede, ai fini IRES, l’imposizione per cassa).

Ai sensi del comma 3modificato dall’art. 5 del  Decreto legislativo del 29/11/2018 n. 142 (in vigore dal 12/01/2019), verificandosi la condizione dell’articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo,  l’esclusione da tassazione nella misura del 95%, si applica agli utili provenienti  dalle società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato, solo se:

  • diversi da quelli residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, comma 1 (1)
  • o, se ivi residenti o localizzati, sia dimostrato, anche a seguito dell’esercizio dell’interpello di cui al medesimo articolo 47-bis, comma 3, il rispetto, sin dal primo periodo di possesso della partecipazione, della condizione indicata nel medesimo articolo, comma 2, lettera b).

Il  D.L. n. 223 del 4 luglio 2006, art. 36, modificando gli artt. 47 e 89 del T.U.I.R. ha introdotto in questi la dicitura “utili provenienti“.

La locuzione “provenienti” riconduce a tassazione integrale anche gli utili percepiti dal soggetto residente indirettamente tramite una o più sub-holding intermedie.

Il regime di tassazione integrale è applicabile, quindi, non solo agli utili distribuiti direttamente dai soggetti residenti nei Paesi a fiscalità privilegiata ma anche a quelli generati nei Paesi a fiscalità privilegiata che giungono alla società residente in Italia tramite una o più società intermedie, qualificabili come conduit companies.

Si considerano utili provenienti dalle società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata, gli utili percepiti a fronte di:

  • partecipazioni dirette, anche non di controllo;
  • partecipazioni indirette, anche non di controllo, attraverso il controllo su una società localizzata in uno Stato o territorio a regime fiscale ordinario.

Quindi, ai sensi dell’art. 89, comma 3,  , la tassazione integrale degli utili trova applicazione in relazione ai dividendi percepiti da soggetti residenti in caso di partecipazioni indirette, anche non di controllo, in società localizzate in Paesi o territori a regime fiscale privilegiato, attraverso l’esercizio del controllo su una società interposta (la conduit company) localizzata in uno Stato o territorio a regime fiscale ordinario.

La formulazione dell’art. 89  ha una spiccata finalità antielusiva, imponendo  l’individuazione della reale provenienza degli utili, percepiti da soggetti residenti in Italia, provenienti, anche indirettamente, da soggetti residenti in  Stati o territori a regime fiscale privilegiato, e, quindi, colpendo le triangolazioni che utilizzano società intermedie che operano come mere conduit companies.

Vedi: Il “treaty shopping”: indebito utilizzo delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni sui redditi

La compravendita di bare fiscali

 Aziende che vantano grandi volumi di utili di uno Stato A acquisiscono, senza alcun motivo economico apparente, aziende le cui perdite sono talmente gravi da essere fiscalmente rilevanti in uno Stato B.

In questo caso, mancando il motivo economico e rilevando che quello fiscale è il rilevante, siamo in presenza di una pratica di pianificazione fiscale aggressiva, un abuso del diritto tributario, che, come abbiamo visto, è, per consolidata giurispudenza, sanzionabile.

Nulla questio qualora fosse dimostrato un reale interesse economico.

(1) Per gli effetti e l’applicabilità delle disposizioni contenute nell’Art. 10-bis della Legge del 27/07/2000 n. 212 vedasi l’art. 1, commi 4 e 5 del decreto legislativo 5 agosto 2015 n. 128.