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Vantaggi e svantaggi di alcuni Paradisi Fiscali che non hanno Imposte sulle Società e sui Capital Gains

Generalmente sono designati come “paradisi fiscali” territori sovrani e Paesi che usano la leva fiscale e altre misure di politica economica per attrarre capitali e investimenti nel settore finanziario e dei servizi.

Attualmente sul web si trovano molti siti che promettono l‘apertura, senza mettere mai fisicamente piede nel paese e per modiche cifre, di società “offshore” prive di reale costrutto anche in “Paradisi Fiscali” situati nelle parti più disparate del globo.

Aprire una “società offshore” in un così detto “Paradiso Fiscaleè un’operazione da valutare con molta attenzione perchè a fronte di alcuni possibili vantaggi può comportare notevoli rischi se non si procede in maniera seria e ponderata.

Basti considerare il fenomeno dell’ esterovestizione

Per inquadrare concretamente le possibili conseguenze si potrà incorrere in:

  • Sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi
    • Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471 – Art.1
      Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive, si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare delle imposte dovute
       ……
    • Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471 – Art.5
      Nel caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul valore aggiunto si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare del tributo dovuto per il periodo d’imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione. ……..
  • Reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto
    • Decreto legislativo del 10/03/2000 n. 74- Art.5
      E’ punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa e’ superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.

Con il termine esterovestizione (foreign dressed companies) si intede indicare una società o un gruppo societario che utilizzando tecniche di pianficazione fiscale aggressiva, costituisce società o stabili organizzazioni all’estero. Generalmente in Stati a più basso livello di tassazione, al fine di evadere le imposte nello Stato in cui sono residenti.

Quindi in caso di esterovestizione siamo in presenza ad un fenomeno di evasione fiscale.

Ai sensi dell’articolo 73, comma 3, Tuir una società di capitali è considerata fiscalmente residente in Italia quando per la maggior parte del periodo d’imposta (183 gg.) ha mantenuto

  • la sede legale
  • o la sede dell’amministrazione
  • o l’oggetto principale

nel territorio dello Stato.

Come si vede, tali criteri  sono fra loro alternativi, è sufficiente il realizzarsi di uno solo di essi affinché una società estera venga considerata fiscalmente residente in Italia e sottoposta a tassazione in Italia, in base del noto principio della tassazione su base mondiale dei redditi (c.d. worldwide principle,  principio che l’Italia, così come la maggior parte dei Paesi occidentali, ha adottato nel proprio diritto tributario).

L’Amministrazione finanziaria italiana applica il principio secondo il quale i redditi del soggetto considerato fiscalmente residente in Italia sono soggetti a tassazione diretta dal fisco italiano indipendentemente dal luogo ove tali redditi sono stati prodotti.

Ai fini dell’esterovestizione, le disposizioni dettate per le società dall’art. 73 T.U.I.R. attribuiscono particolare rilevanza non solo al dato formale della sede legale della società, situata in Italia, ma anche a quelli sostanziali, relativi

  • all’ubicazione nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione
  • od allo svolgimento, in Italia, dell’oggetto principale dell’impresa.

Per quanto attiene l’oggetto principale dell’impresa si devono considerare i commi 4 e 5 dell’art. 73 del T.U.I.R.:

4. L’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente e’ determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività’ essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.

5. In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente e’ determinato in base all’attività’ effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti. 

Per quanto attiene all’ubicazione nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione occorrerà fare riferimento alla situazione di fatto e individuare il luogo dove effettivamente gli amministratori della società esercitano l’attività amministrativa in modo stabile.

Posto che il criterio della sede legale ha natura prettamente formale, per stabilire se una società estera è fiscalmente residente in Italia occorre analizzare, da un punto di vista sostanziale, i criteri di collegamento con il territorio dello Stato:

  • sede dell’amministrazione
  • e oggetto principale.

L’onere della prova grava sull’Amministrazione finanziaria che, nell’ambito della propria attività ispettiva, dovrà dimostrare che la società è fittiziamente estera.

Ora spesso si vive nell’errata convinzione che basti costituire una società in un “Paradiso fiscale” per poter ususruire dei suoi “vantaggi“.

Invertendo il ragionamento, perchè una società sia considerata “estera” come si può sostenere che l’amministrazione è condotta dall’estero, quando, ed è quasi sempre la “normalità“ nel caso di “società offshore” situate in “Paradisi Fiscali” lontanissimi, l’imprenditore/amministratore non si è mai recato in loco?

Basti pensare ai “paradisi fiscali”  situati nel Pacifico.

Anche sulla base del consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, per individuare la residenza fiscale di una società o di un ente estero, occorre fare riferimento al criterio della “sede effettiva”.

La sede dell’amministrazione, contrapposta alla sede legale, coincide con la “sede effettiva” dell’impresa estera, intesa come il luogo dove:

  • hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente;
  • si convocano le assemblee.

La sede effettiva può essere definita come quel luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente, il luogo ove si concretizzano gli atti produttivi e negoziali dell’ente, nonché i rapporti economici che il medesimo intrattiene con i terzi.

Per determinare il luogo della sede dell’attività economica di una società occorre prendere in considerazione un complesso di fattori:

  • la sede statutaria;
  • il luogo dell’amministrazione centrale;
  •  il luogo di riunione dei dirigenti societari;
  • il luogo in cui si adotta la politica generale di tale società.

Possono rilevare anche altri elementi:

  •  il luogo di riunione delle assemblee generali;
  • di tenuta dei documenti amministrativi e contabili;
  • di svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie e bancarie (a proposito di questo punto basti considerare che le operazioni bancarie, nel caso di “Paradisi fiscali” posizionati oltre oceano, sono quasi sempre svolte tramite servizi “online”).

Per una disamina completa del fenomeno dell’esterovestizione non si può prescindere da un’attenta lettura dei commi 5-bis e 5-ter dell’art. 73 del T.U.I.R. introdotti dal  D.L. 4 luglio 2006, n. 223,(Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche’ interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale). art.35, commi 13 e 14, convertito, con modificazioni, nella l. 4.8.2006, n. 248.

5-bis. Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 (a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato; b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;), se, in alternativa:

a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;

b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

5-ter. Ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis, rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Ai medesimi fini, per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari di cui all’articolo 5, comma 5.

Il comma 5-bis con la dicitura “salvo prova contraria” introduce una sostanziale inversione dell’onere della prova sulla esistenza nel territorio dello Stato estero della sede dell’amministrazione di società il cui controllo risulti riconducibile, anche in via indiretta, a soggetti italiani.

Quindi , in sintesi, ai sensi del comma 5-bis la società estera che detiene partecipazioni di controllo di società italiane si considera, salvo prova contraria, “esterovestita” se, in alternativa, siamo in presenza di una delle seguenti fattispecie:

  • è controllata, anche indirettamente da soggetti residenti in Italia;
  • è  amministrata da soggetti residenti residenti in Italia.

Questo può essere il caso di “società offshore” posizionate in “Paradisi Fiscali” al solo fine di sfruttare la loro legislazione fiscale favorevole nella tassazione di capital gains.

Il comma 5-bis ha introdotto una presunzione relativa che il contribuente può superare, dimostrando che si tratti di una collocazione sostanziale e non puramente formale.

Dovrà essere il contribuente a portare prove a proprio favore per dimostrare l’effettiva attività svolta all’estero e che che trattasi di una collocazione sostanziale e non puramente formale.

Quindi, in sintesi, nel caso di una titolarità in una società situata in un “Paradiso fiscale” si dovrà fare riferimento al criterio della “sede effettiva”, intesa come il luogo dove:

  • hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente;
  • si convocano le assemblee.

Nel caso in cui, poi, che la società situata in un “Paradiso fiscale” detenga quote di controllo di una società italiana, nei casi previsti dal comma 5-bis dellìart. 73 del TUIR si dovrà poter dimostrare che si tratta di una collocazione sostanziale e non puramente formale

Per tutte queste ragioni  ci limiteremo a considerare i “Paradisi Fiscali” più vicini a noi e facilmente raggiungibili, partendo da quelli situati in Europa per arrivare a quelli situati nell’Atlantico, dove sarà più agevole da un punto di vista sostanziale, soddisfare i criteri di collegamento con il territorio dello Stato:

  • sede dell’amministrazione
  • e oggetto principale;
  • collocazione sostanziale e non puramente formale.

Le dipendenze della corona  sono tre territori insulari nelle isole britanniche che sono possedimenti autonomi della corona britannica : la giurisdizione (Bailiwick) di Guernsey , la giurisdizione (Bailiwick) di Jersey, ambedue situate nel Canale della Manica (Isole del Canale), e l’isola di Man nel Mare d’Irlanda al largo della costa nord-occidentale dell’Inghilterra.Non fanno parte del Regno Unito (UK) né sono territori britannici d’oltremare .  Hanno lo status di “territori per i quali il Regno Unito è responsabile”, piuttosto che stati sovrani.

Nella giurisdizione (Bailiwick) di Guernsey , nella giurisdizione (Bailiwick) di Jersey e nell’isola di Man i capital gains non sono tassati.

La giurisdizione (Bailiwick) di Guernsey , la giurisdizione (Bailiwick) di Jersey e l’isola di Man, con alcune eccezioni,  hanno imposte sulle società pari allo 0%.

Le Isole Cayman  sono un territorio britannico d’oltremare autonomo e il più grande per popolazione. Il territorio di 264 chilometri quadrati (102 miglia quadrate) comprende le tre isole di Grand Cayman , Cayman Brac e Little Cayman , che si trovano a sud di Cuba e a nord-est dell’Honduras , tra la Giamaica e la penisola messicana dello Yucatán . La capitale è George Town a Grand Cayman, che è la più popolosa delle tre isole.

Le Isole Cayman sono considerate parte della zona geografica dei Caraibi occidentali e delle Grandi Antille . Il territorio è un importante centro finanziario offshore mondiale per le imprese internazionali e le persone facoltose, in gran parte a causa del fatto che lo stato non applica tasse su alcun reddito guadagnato o immagazzinato.

Con un PIL pro capite di $ 91.392, le Isole Cayman hanno il più alto tenore di vita dei Caraibi. Nelle Isole Cayman risiedono immigrati provenienti da oltre 130 paesi e territori.

Senza tassazione diretta, le isole sono un fiorente centro finanziario offshore. Più di 99.000 società attive sono state registrate nelle Isole Cayman a partire dal 2016, tra cui quasi 300 banche, 750 assicuratori e 10.500 fondi comuni di investimento. Una borsa valori è stata aperta nel 1997. Le industrie del turismo e dei servizi finanziari creano una maggioranza significativa del prodotto interno lordo (PIL). L’industria del turismo si rivolge al mercato del lusso e si rivolge principalmente ai visitatori del Nord America. I Caymaniani godono di uno dei più alti rendimenti pro capite e uno dei più alti standard di vita al mondo.

Nelle Isole Cayman

  • non sono previste imposte sulle società
  • non sono previste imposte sui capital gains
  • viene mantenuta una relativa privacy aziendale.

Reddito aziendale, plusvalenze, buste paga o altre imposte dirette non sono imposte alle società nelle Isole Cayman.

Le Isole Vergini Britanniche sono un territorio d’oltremare del Regno Unito. Fanno parte dell’arcipelago delle Isole Vergini nel Mar delle Antille ripartito tra Regno Unito e Stati Uniti d’America.

Le Isole Vergini Britanniche sono un arcipelago di 40 isole, 15 delle quali abitate fra cui Tortola, Anegada e Virgin Gorda. Il capoluogo è la cittadina di Road Town, situata sull’isola di Tortola.

Il capo dello Stato è il sovrano del Regno Unito (attualmente re Carlo III), che esercita le sue funzioni tramite un governatore; a quest’ultimo spettano, su mandato del sovrano, alcuni incarichi tra i quali quello della nomina del primo ministro.

Nelle Isole Vergini britanniche (BVI)

  • non sono previste imposte sulle società
  • non sono previste imposte sui capital gains
  • non  è prevista alcuna ritenuta d’acconto
  • viene mantenuto l’anonimato aziendale.

Anguilla è un territorio britannico d’oltremare nei Caraibi. È una delle Isole Sottovento più settentrionali delle Piccole Antille, situata a est di Porto Rico e delle Isole Vergini e direttamente a nord di Saint Martin.  Nel 1980 Anguilla si è separata formalmente da Saint Kitts e Nevis diventando un territorio britannico d’oltremare separato.

Sempre più imprenditori si stanno riversando sull’isola per registrare le loro International Business Company (IBC) principalmente per politiche fiscali favorevoli e per un’elevata Privacy aziendale.

Per una Anguilla International Business Company (IBC)

  • non sono previste imposte sulle società
  • non sono previste imposte sui capital gains
  • viene mantenuto l’anonimato aziendale.

Bermuda  è un territorio d’oltremare britannico nel Nord Atlantico, costituito da un una catena di isole che comprende circa trecento isolotti, scogli e affioramenti corallini, venti dei quali abitati, dette le Bermude.

Il capoluogo è Hamilton, situato nella Grande Bermuda.

Le Bermude non impongono tasse su profitti delle Società, reddito, dividendi o plusvalenze.

Le Bahamas sono considerate un paradiso fiscale data la mancanza di:

  • imposta sul reddito;
  • imposta sulle plusvalenze;
  • imposta di successione;
  • imposta sulle società;
  • ritenuta d’acconto su dividendi, interessi, royalties.

Il Belize è uno Stato indipendente dell’America centro-settentrionale che si estende per 22966 km² con una popolazione di 377968 abitanti (stimati nel luglio 2016. La sua capitale è Belmopan.

Confina a nord con il Messico, a est si affaccia sul mar dei Caraibi e sul golfo dell’Honduras, a sud e ovest confina con il Guatemala.

Un tempo colonia con il nome di Honduras Britannico, è indipendente dal 1981 ma è amministrativamente uno dei quindici reami del Commonwealth e il suo capo di Stato è il sovrano del Regno Unito re Carlo III.

Il Belize è conosciuto anche come “la strategica backdoor degli Stati Uniti” e “un piccolo USA”. È l’unico paese dell’area dell’America centrale la cui principale lingua ufficiale è l’inglese. Inoltre, è l’unico posto al mondo che ha una Comunità caraibica (CARICOM), un’Area di libero scambio americana (FTAA).

Per una Belize International Business Company (IBC)

  • non sono previste imposte sulle società
  • non sono previste imposte sui capital gains
  • viene mantenuto l’anonimato aziendale.

Ora sono da fare, necessariamente, delle considerazioni che implicano le normative internazionali e nazionali.

Tutte queste giurisdizioni sono ricomprese nell’ELENCO DEGLI STATI CHE HANNO ADERITO AL CRS AGGIORNATO AL 22 novembre 2022.

Da considerare, al proposito, che un forte “colpo” ai Paradisi fiscali è stato inferto, dal 2014, anno delle sua introduzione, proprio dal CRS. Il Common Reporting Standard (CRS); è uno standard informativo, sviluppato dall’OCSE, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD) ), per lo scambio automatico di informazioni, (Automatic Exchange Of Information (AEOI)), a livello globale, tra le autorità fiscali, rivolto a facilitare i controlli anti-evasione, sulle attività finanziarie detenute dai contribuenti .

(Vedi: http://www.oecd.org/tax/automatic-exchange/)

Introdotto nell’Unione Europea dalla Direttiva 2014/107/UE (DAC 2), questo standard di raccolta e condivisione di dati sui conti esteri, secondo la lista aggiornata al 10 Dicembre 2020,  vede impegnati, 110 Stati.

La pagina RAPPORTI DI SCAMBIO ATTIVATI PER INFORMAZIONI CRS (Ultimo aggiornamento: dicembre 2020) del sito OCSE( (Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD)) mostra tutte le relazioni di scambio bilaterali attualmente in essere per lo scambio automatico di informazioni CRS ai sensi dell’articolo 6 della convenzione multilaterale e del CRS MCAA (Multilateral Competent Authority Agreement), nonché nel quadro dell’UE. Inoltre, alcune giurisdizioni hanno concluso accordi bilaterali per lo scambio di informazioni CRS nell’ambito di trattati fiscali bilaterali o accordi sullo scambio di informazioni fiscali.

A partire da ottobre 2022, sono oltre 4900 i rapporti di scambio bilaterali attivati ​​rispetto a oltre 110 giurisdizioni impegnate nel CRS.

Per l’Italia risultano attive 75 relazioni di scambio bilaterali.

Guernsey, Jersey, Isola di Man, Anguilla, le Isole Cayman, le Isole Vergini Britanniche, Bermuda, Bahamas e Belize figurano tra le giurisdizioni di cui all’Allegato D  del Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze 28 dicembre 2015 che  forniranno alle autorità italiane le informazioni di cui all’art. 3 del Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze 28 dicembre 2015 recante l’attuazione della legge 18 giugno 2015, n. 95 e della direttiva 2014/107/UE del Consiglio, del 9 dicembre 2014, recante modifica della direttiva 2011/16/UE  riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale.

L’Art. 3. Obblighi di comunicazione deDecreto del Ministero dell’Economia e Finanze 28 dicembre 2015 prevede che:

“1. Con riferimento ai periodi di imposta a decorrere dal 1° gennaio 2016, secondo la tempistica riportata, per ciascuna giurisdizione oggetto di comunicazione, nell’allegato «C» al presente decreto vigente alla data del 15 maggio di ciascun anno, le istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione trasmettono all’Agenzia delle entrate le seguenti informazioni:

a) in relazione ad ogni conto oggetto di comunicazione:

1) il nome, l’indirizzo, la giurisdizione o le giurisdizioni di residenza, il NIF o i NIF di ciascuna persona oggetto di comunicazione nonche’, nel caso di persone fisiche, la data e il luogo di nascita per ciascuna persona oggetto di comunicazione che e’ titolare di conto e, nel caso di un’entita’ non finanziaria passiva che e’ titolare di conto e che, dopo l’applicazione delle procedure di adeguata verifica in materia fiscale di cui all’allegato «A», e’ identificata come avente una o piu’ persone che esercitano il controllo che sono persone oggetto di comunicazione, il nome, l’indirizzo, la giurisdizione o le giurisdizioni di residenza e il NIF o i NIF dell’entita’ e il nome, l’indirizzo, la giurisdizione o le giurisdizioni di residenza, il NIF o i NIF e la data e il luogo di nascita di ogni persona che esercita il controllo che e’ una persona oggetto di comunicazione;

2) il numero di conto o, se assente, altra sequenza identificativa del rapporto di conto;

3) la denominazione e il codice fiscale dell’istituzione finanziaria italiana tenuta alla comunicazione;

4) il saldo o il valore del conto, compreso, nel caso di un contratto di assicurazione per il quale e’ misurabile un valore maturato o di un contratto di rendita, il valore maturato o il valore di riscatto, alla fine del pertinente anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione alla clientela ovvero, se il conto e’ stato chiuso nel corso di tale anno o periodo, la chiusura del conto;

b) nel caso di un conto di custodia, oltre alle informazioni elencate nella lettera a):

1) l’importo totale lordo degli interessi, l’importo totale lordo dei dividendi, nonche’ l’importo totale lordo degli altri redditi generati in relazione alle attivita’ detenute nel conto in ogni caso pagati o accreditati sul conto o in relazione al conto nel corso dell’anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione alla clientela;

2) gli introiti totali lordi derivanti dalla vendita o dal riscatto delle attivita’ finanziarie pagati o accreditati sul conto nel corso dell’anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione alla clientela in relazione al quale l’istituzione finanziaria italiana tenuta alla comunicazione ha agito in qualita’ di custode, intermediario, intestatario o altrimenti come agente per il titolare del conto;

c) nel caso di un conto di deposito, oltre alle informazioni elencate nella lettera a), l’importo totale lordo degli interessi pagati o accreditati sul conto nel corso dell’anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione alla clientela;

d) nel caso di conti diversi da quelli di cui alle lettere b) e c), oltre alle informazioni elencate nella lettera a), l’importo totale lordo pagato o accreditato al titolare del conto in relazione al conto nel corso dell’anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione alla clientela con riferimento al quale l’istituzione finanziaria italiana tenuta alla comunicazione agisce in qualita’ di incaricata dal debitore o dal beneficiario effettivo o in nome proprio, compreso l’importo complessivo di eventuali pagamenti di riscatto effettuati al titolare del conto nel corso dell’anno solare o di altro adeguato periodo di rendicontazione alla clientela.

2. In deroga a quanto disposto dal comma 1, non sussiste l’obbligo di comunicare il NIF se quest’ultimo non e’ rilasciato dalla giurisdizione oggetto di comunicazione o se tale giurisdizione non richiede la comunicazione del NIF.

3. In deroga a quanto disposto dal comma 1, per i conti preesistenti non sussiste l’obbligo di comunicare il NIF o i NIF o la data di nascita o il luogo di nascita se tali dati non sono gia’ conservati presso l’istituzione finanziaria italiana tenuta alla comunicazione e sempreche’ la stessa non sia stata obbligata a raccoglierli in esecuzione di obblighi normativi o regolamentari. In ogni caso al fine di acquisire il NIF o i NIF, la data di nascita e il luogo di nascita, le istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione contattano, almeno una volta all’anno, il titolare del conto nel periodo compreso tra l’anno in cui il rispettivo conto e’ stato identificato come conto oggetto di comunicazione e la fine del decimo anno successivo a quello in cui e’ avvenuta tale identificazione.

4. Per adempiere gli obblighi di cui al comma 1, le istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione determinano l’importo e la qualificazione dei pagamenti effettuati sulla base delle definizioni e qualificazioni giuridiche previste dalla legislazione tributaria italiana.

5. Le informazioni trasmesse all’Agenzia delle entrate indicano la valuta con la quale sono denominati gli importi comunicati.

6. Il termine per la trasmissione all’Agenzia delle entrate delle informazioni relative all’anno solare precedente e’ il 30 giugno di ciascun anno. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le modalita’ di trasmissione e il termine di scadenza per il primo invio di dati.

7. L’Agenzia delle entrate trasmette le informazioni di cui al comma 1 riguardanti i residenti in ciascuna giurisdizione oggetto di comunicazione all’autorita’ competente della giurisdizione considerata entro il 30 settembre dell’anno successivo a quello cui si riferiscono le informazioni.”

Proposto per la prima volta dalla Commissione nel gennaio 2016 l’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali è stato continuamente aggiornato (c.d. Black List UE) (Evoluzione della lista UE (scheda informativa) Inglese)

Il processo di monitoraggio segue una serie di linee guida procedurali concordate nel febbraio 2018.

Senza modificare il processo di monitoraggio dinamico, nel marzo 2019 il Consiglio ha deciso di limitare gli aggiornamenti dell’elenco a due volte l’anno a partire dal 2020, per concedere agli Stati membri dell’UE tempo sufficiente per modificare la legislazione nazionale ove necessario.

La lista dei Paesi Black List, rappresenta un elenco di Paesi in cui:

  • è in vigore un regime fiscale privilegiato, la cui caratteristica principale sta nell’avere un livello di tassazione molto basso oppure nullo:
  • non è stato previsto alcun meccanismo di scambio di informazioni fiscali con altri Paesi.

ministri delle finanze dell’Unione Europea aggiornano costantemente la Black List  delle giurisdizioni fiscali non cooperative sulla base di un intenso processo di analisi e di dialogo guidato dalla Commissione. L’elenco si è dimostrato altamente efficace, poiché molti paesi hanno modificato la propria legislazione e i propri sistemi fiscali per conformarsi alle norme internazionali. La Commissione ha valutato 92 paesi sulla base di tre criteri:

  • Trasparenza fiscale;
  • Buona governance;
  • Attività economica reale.

Oltre a questi criteri è stata verificata anche l’esistenza di un’aliquota dell’imposta sulle società pari a zero.

Anguilla, Bahamas e le Isole Vergini Britanniche figurano nell’elenco delle giurisdizioni fiscali non cooperative adottato dal Consiglio dell’Unione Europea il 14 febbraio 2023.

La LEGGE 29 dicembre 2022, n. 197 – “Legge di Bilancio 2023”  (art. 1 commi da 84 a 86) ha introdotto disposizioni in materia di deducibilità  nei  limiti  del loro  valore  normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali ( giurisdizioni  individuate  nell’allegato  I  alla  lista  UE   delle giurisdizioni  non  cooperative  a   fini   fiscali,   adottata   con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea).

Vedi: Deducibilità  nei  limiti  del loro  valore  normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali

Guernsey, Jersey, Isola di Man, Anguilla, le Isole Cayman, le Isole Vergini Britanniche, Bermuda, Bahamas e Belize sono incluse nella Black List “italiana” di cui al DM 4 maggio 1999  che serve  ad attivare l’inversione dell’onere della prova riguardo all’effettiva residenza fiscale dei cittadini italiani emigrati nei Paesi indicati nella lista (Ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis del TUIR, introdotto dall’articolo 10 della legge n. 448 del 23 dicembre 1998, si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori  individuati dall’art. 1 (Individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato) del Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze).

Vedi: Black List – Art. 2, comma 2-bis del TUIR – Presunzione residenza cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori  individuati dall’art. 1 del Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze

Guernsey, Jersey, Isola di Man, Anguilla, le Isole Cayman, le Isole Vergini Britanniche, Bermuda, Bahamas e Belize sono incluse anche nel Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001 (individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127 -bis, comma 4, (Soppresso da: Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1) del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”))

Da considerare che il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze (Individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127-bis, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”)) non trova più applicazione per l’individuazione delle CFC in quanto l’art. 127-bis è stato soppresso dal Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1 e che la materia delle CFC è ora regolamentata dall’art. 167 del TU (Disposizioni in materia di imprese estere controllate. (ex art 127-bis)).

La lista di cui al Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze è richiamata dal Decreto-legge del 01/07/2009 n. 78, art. 12 Contrasto ai paradisi fiscali:

“………………….

2. In deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attivita’ di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 10 maggio 1999, n. 107, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 novembre 2001, n. 273, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tale caso, le sanzioni previste dall’articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono raddoppiate.

2-bis. Per l’accertamento basato sulla presunzione di cui al comma 2, i termini di cui all’ articolo 43, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e all’ articolo 57, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono raddoppiati.

2-ter. Per le violazioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’ articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni, riferite agli investimenti e alle attività di natura finanziaria di cui al comma 2, i termini di cui all’ articolo 20 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, sono raddoppiati…………”

La lista di cui al Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze rileva anche ai fini della Presunzione legale somme detenute all’estero costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia.

Nel caso di asset

opera la presunzione legale per la quale le somme detenute all’estero siano state costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia e pertanto l’Agenzia delle Entrate potrà contestare le imposte evase su tali importi (comma 2, art. 12 D.L. n. 78/2009.

Vedi: Black List – Art. 12 D.L. n. 78/2009 (Contrasto ai paradisi fiscali) – Presunzione legale somme detenute all’estero costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia

In base al comma 2-bis dell’art. 12 del Decreto-legge del 01/07/2009 n. 78 trova riscontro il raddoppio dei termini di accertamento basato sulla presunzione di cui al comma 2per cui  i termini di cui all’ articolo 43, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (l’avviso di accertamento puo’ essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata), e successive modificazioni, e all’ articolo 57, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla l’avviso di accertamento dell’imposta a norma del primo comma dell’articolo 55 puo’ essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata), e successive modificazioni, sono raddoppiati.

Quindi Nel caso di asset

l’avviso di accertamento puo’ essere notificato entro il 31 dicembre del quattordicesimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

La lista di cui al Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze rappresenta anche la lista di riferimento per la compilazione del quadro RW per quanto riguarda la detenzione di attività patrimoniali e finanziarie in paesi non collaborativi.

Larticolo 4, comma 1, dl 167/1990, ha posto l’obbligo per i residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività’ estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, di indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi (Quadro RW).

i sensi dellarticolo 5, comma 2, del D.L. 167/1990 la violazione dell’obbligo di dichiarazione di investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. 

La violazione di cui sopra relativa alla detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 (individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001 (individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127 -bis, comma 4, (Soppresso da: Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1) del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”)), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. Nel caso in cui la dichiarazione prevista dall’articolo 4, comma 1, sia presentata entro novanta giorni dal termine, si applica la sanzione di euro 258.

Quindi qualora le attività estere di natura finanziaria siano detenute in “paradisi fiscali”, la sanzione è raddoppiata rispetto ai valori ordinari.

I soggetti passivi Iva hanno dovuto comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle operazioni effettuate fino all’anno 2016 con operatori economici con sede, residenza o domicilio negli Stati o territori a fiscalità privilegiata (cosiddetti “Paesi black list“) individuati dal decreto 4 maggio 1999 del Ministro delle Finanze e dal decreto 21 novembre 2001 del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Dal 2017 l’obbligo di comunicazione è stato soppresso (articolo 4, comma 4 del decreto legge del 22/10/2016 n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016 n. 225).

 

 

La “bufala” di alcuni “Paradisi Fiscali”

In primis una precisazione: il termine “paradisi fiscali” è una “inesatezza” tutta italiana, frutto di un errore di traduzione dell’espressione inglese “tax haven”, “rifugio fiscale”, confusa con la parola “heaven”,  “paradiso”.

Generalmente sono designati come “paradisi fiscali” territori sovrani e Paesi che usano la leva fiscale e altre misure di politica economica per attrarre capitali e investimenti nel settore finanziario e dei servizi.

Questi Paesi e territori offrono agli investitori esteri:

  • un ambiente di non tassazione o di imposizione puramente nominale;
  • regole giuridiche ed  amministrative particolarmente “facilitative”;
  • in genere, a causa del segreto bancario particolarmente rigoroso, le attività svolte non sono, in generale, oggetto di scambio di informazioni con altri paesi.

Potremmo stilare una classificazione dei paradisi fiscali inseriti nelle black list, in base alla tipologia di tassazione o regime adottato:

  1. Pure Tax Haven: non ci sono tasse e garantisce l’assoluto segreto bancario anche con altri stati (i cosidetti PARADISI FISCALI);
  2. No taxation on foreign income: sono esclusi da ogni tassazione i redditi esterni, e si tassa solo il reddito interno;
  3. Low taxation: tassazione modesta su qualunque reddito;
  4. Special Taxation: paesi con regimi fiscale simile a quello dei paesi considerati “normali”, ma che permettono la costituzione di società flessibili.

Nel 1998 l’OCSE ha pubblicato il rapporto “Harmful Tax Competition“, con lo scopo di studiare come i c.d. “paradisi fiscali” e i “regimi fiscali preferenziali dannosi”, indicando le “pratiche fiscali dannose”  .

Il Rapporto OCSE  “Towards Global Tax Co-operation” del 2000 ha identificato e valutato i regimi fiscali dannosi, elencando tutti i
regimi fiscali preferenziali che allora potevano essere considerati come “potenzialmente” dannosi. I regimi, identificati, erano 47.

Alla luce dell’evoluzione intervenuta dopo la pubblicazione del Rapporto 2000, il 14 novembre 2001  è stato pubblicato il rapporto
The OECD’s Project on Harmful Tax Practices: the 2001 Progress Report”.

Successivamente molti Stati hanno siglato accordi per lo scambio di informazioni sotto la forma di:

L’art. 26 del Modello OCSE ha sempre rappresentato lo standard internazionale per lo scambio di informazioni tributarie tra Stati: la sua prima ver­sione apparve nel Modello del 1963, e da allora sono stati più volte modificati sia la lettera dell’articolo che il Commentario.

Nel 2005 sono stati aggiunti, all’art. 26 i parr. 4 e 5, con lo scopo principale di impedire allo Stato destinatario della richiesta di scam­bio di opporre determinate tipologie di legislazione nazionale.

L’informazione richiesta non può essere negata:

  1. solo perché lo Stato alla quale è richiesta non ha un interesse proprio nello scambio;
  2. perché l’informazione è detenuta da un istituto bancario, un’istituzione finanziaria, “un’agenzia”, ovvero una fiduciaria (con il chiaro intento dell’OCSE di contrastare il segreto bancario).

Nel 2009, al verice di Londra,  il G20 ha dichiarato la fine del segreto bancario. 

A seguito di questa decisione l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) pubblicò due elenchi:

  • nella black list Costa Rica, Malaysia, Filippine, Uruguay;
  • nella “lista grigia” furono inclusi, invece, 38 paesi tra cui Lussemburgo, Svizzera, Austria, Belgio, Singapore, Cile e isole Cayman, Liechtenstein Liechtenstein, Antille olandesi, Belgio e Principato di Monaco, Paesi che, pur essendosi impegnati a rispettare le regole dell’Ocse non le hanno “in sostanza” applicate. I G20 hanno deciso che ci saranno sanzioni contro quei paesi che non forniscono le informazioni richieste, oltre all’irrigidimento dei vincoli amministrativi e il divieto per gli stati membri di depositare i loro fondi in questi paesi.

Un forte “colpo” ai Paradisi fiscali è stato inferto, dal 2014, anno delle sua introduzione, dal CRS. Il Common Reporting Standard (CRS); è uno standard informativo, sviluppato dall’OCSE, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD) ), per lo scambio automatico di informazioni, (Automatic Exchange Of Information (AEOI)), a livello globale, tra le autorità fiscali, rivolto a facilitare i controlli anti-evasione, sulle attività finanziarie detenute dai contribuenti .

(Vedi: http://www.oecd.org/tax/automatic-exchange/)

Introdotto nell’Unione Europea dalla Direttiva 2014/107/UE (DAC 2), questo standard di raccolta e condivisione di dati sui conti esteri, secondo la lista aggiornata al 10 Dicembre 2020,  vede impegnati, 110 Stati.

ELENCO DEGLI STATI CHE HANNO ADERITO AL CRS AGGIORNATA AL 22 novembre 2022

La pagina RAPPORTI DI SCAMBIO ATTIVATI PER INFORMAZIONI CRS (Ultimo aggiornamento: dicembre 2020) del sito OCSE( (Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD)) mostra tutte le relazioni di scambio bilaterali attualmente in essere per lo scambio automatico di informazioni CRS ai sensi dell’articolo 6 della convenzione multilaterale e del CRS MCAA (Multilateral Competent Authority Agreement), nonché nel quadro dell’UE. Inoltre, alcune giurisdizioni hanno concluso accordi bilaterali per lo scambio di informazioni CRS nell’ambito di trattati fiscali bilaterali o accordi sullo scambio di informazioni fiscali.

A partire da ottobre 2022, sono oltre 4900 i rapporti di scambio bilaterali attivati ​​rispetto a oltre 110 giurisdizioni impegnate nel CRS.

Per l’Italia risultano attive 75 relazioni di scambio bilaterali.

Proposto per la prima volta dalla Commissione nel gennaio 2016 l’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali è stato continuamente aggiornato (c.d. Black List UE) (Evoluzione della lista UE (scheda informativa) Inglese)

Il processo di monitoraggio segue una serie di linee guida procedurali concordate nel febbraio 2018.

Senza modificare il processo di monitoraggio dinamico, nel marzo 2019 il Consiglio ha deciso di limitare gli aggiornamenti dell’elenco a due volte l’anno a partire dal 2020, per concedere agli Stati membri dell’UE tempo sufficiente per modificare la legislazione nazionale ove necessario.

La lista dei Paesi Black List, rappresenta un elenco di Paesi in cui:

  • è in vigore un regime fiscale privilegiato, la cui caratteristica principale sta nell’avere un livello di tassazione molto basso oppure nullo:
  • non è stato previsto alcun meccanismo di scambio di informazioni fiscali con altri Paesi.

ministri delle finanze dell’Unione Europea aggiornano costantemente la Black List  delle giurisdizioni fiscali non cooperative sulla base di un intenso processo di analisi e di dialogo guidato dalla Commissione. L’elenco si è dimostrato altamente efficace, poiché molti paesi hanno modificato la propria legislazione e i propri sistemi fiscali per conformarsi alle norme internazionali. La Commissione ha valutato 92 paesi sulla base di tre criteri:

  • Trasparenza fiscale;
  • Buona governance;
  • Attività economica reale.

Oltre a questi criteri è stata verificata anche l’esistenza di un’aliquota dell’imposta sulle società pari a zero.

L’elenco adottato dal Consiglio il 14 febbraio 2023 è composto da:

  1. Samoa americane
  2. Anguilla
  3. Bahamas
  4. Isole Vergini Britanniche
  5. Costa Rica
  6. Figi
  7. Guam
  8. Isole Marshall
  9. Palau
  10. Panama
  11. Russia
  12. Samoa
  13. Trinidad e Tobago
  14. Isole Turks e Caicos
  15. Isole Vergini americane
  16. Vanuatu

Tra queste: Anguilla, Bahamas, Costa Rica, Isole Vergini Britanniche, Isole Marshall, Panama, Russia, Samoa, Trinidad e Tobago, Isole Turks e Caicos e Vanuatu figurano nell’ELENCO DEGLI STATI CHE HANNO ADERITO AL CRS AGGIORNATA AL 22 novembre 2022.

Quindi le giurisdizioni che figurano nella Black List UE al 14 febbraio 2023 che non hanno aderito al CRS, non fornendo uno scambio automatico di informazioni, (Automatic Exchange Of Information (AEOI)), a livello globale, tra le autorità fiscali, rivolto a facilitare i controlli anti-evasione, sulle attività finanziarie detenute dai contribuenti , sono:

  1. Samoa americane;
  2. Figi;
  3. Guam;
  4. Palau;
  5. Isole Vergini degli Stati Uniti.

Di fatto la black list non ha nessun valore coercitivo: semplicemente  i  paesi in essa inclusi non potranno ricevere aiuti dall’Unione Europea, a meno che non si tratti di aiuti allo sviluppo. Imprese e privati potranno continuare ad avere rapporti con questi stati senza rischiare nessuna sanzione a livello europeo. La Commissione Europea, però, incoraggia i singoli stati membri, se lo riterranno necessario, a mettere in atto sanzioni più stringenti .

La LEGGE 29 dicembre 2022, n. 197 – “Legge di Bilancio 2023”  (art. 1 commi da 84 a 86) ha introdotto disposizioni in materia di deducibilità  nei  limiti  del loro  valore  normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali ( giurisdizioni  individuate  nell’allegato  I  alla  lista  UE   delle giurisdizioni  non  cooperative  a   fini   fiscali,   adottata   con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea).

Vedi: Deducibilità  nei  limiti  del loro  valore  normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali

L’elenco dei Paesi extra UE cosiddetti “black list” aiuta i soggetti coinvolti nella protezione del sistema finanziario UE a individuare con maggiore efficacia i rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (FdT).

L’elenco vale sia per gli Intermediari finanziari che per i Professionisti (anche in forma associata o societaria) – CED e ogni altro soggetto che rende in maniera professionale, anche per i propri associati o iscritti, servizi in materia di contabilità e tributi (compresi associazioni di categoria di imprenditori e commercianti, CAF e patronati).

In particolare, nel DECRETO LEGISLATIVO 21 novembre 2007, n. 231 sono contemplati gli obblighi di adeguata verifica rafforzata della clientela e le relative modalità di esecuzione.

In essi si prevede che i soggetti obbligati, in presenza di un elevato rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, debbano applicare misure rafforzate di adeguata verifica della clientela.

Tra gli altri fattori di cui tenere conto spicca proprio quello relativo ai clienti residenti o aventi sede in aree geografiche ad alto rischio individuati dalla Commissione europea, per i quali si applicano sempre misure di adeguata verifica rafforzata della clientela.

Quindi i rapporti professionali / le operazioni con soggetti ivi residenti comporteranno l’obbligo di:

  • rafforzare il grado e la natura delle verifiche atte a determinare se le operazioni siano sospette;
  • acquisire informazioni aggiuntive sul cliente e sul titolare effettivo / titolari effettivi;
  • approfondire gli elementi posti a fondamento delle valutazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto;
  • intensificare la frequenza dell’applicazione delle procedure finalizzate a garantire il controllo costante nel corso del rapporto.

In Italia sono stati pubblicati  il Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze che hanno individuato, ai fini della nostra legislazione fiscale i Paesi Black List.

La Black List “italiana” di cui al DM 4 maggio 1999  serve  ad attivare l’inversione dell’onere della prova riguardo all’effettiva residenza fiscale dei cittadini italiani emigrati nei Paesi indicati nella lista (Ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis del TUIR, introdotto dall’articolo 10 della legge n. 448 del 23 dicembre 1998, si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori  individuati dall’art. 1 (Individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato) del Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze).

Vedi: Black List – Art. 2, comma 2-bis del TUIR – Presunzione residenza cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori  individuati dall’art. 1 del Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze

Da considerare che il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze (Individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127-bis, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”)) non trova più applicazione per l’individuazione delle CFC in quanto l’art. 127-bis è stato soppresso dal Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1 e che la materia delle CFC è ora regolamentata dall’art. 167 del TU (Disposizioni in materia di imprese estere controllate. (ex art 127-bis)).

La lista di cui al Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze rappresenta anche la lista di riferimento per la compilazione del quadro RW per quanto riguarda la detenzione di attività patrimoniali e finanziarie in paesi non collaborativi.

Larticolo 4, comma 1, dl 167/1990, ha posto l’obbligo per i residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività’ estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, di indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi (Quadro RW).

i sensi dellarticolo 5, comma 2, del D.L. 167/1990 la violazione dell’obbligo di dichiarazione di investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. 

La violazione di cui sopra relativa alla detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 (individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001 (individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127 -bis, comma 4, (Soppresso da: Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1) del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”)), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. Nel caso in cui la dichiarazione prevista dall’articolo 4, comma 1, sia presentata entro novanta giorni dal termine, si applica la sanzione di euro 258.

Quindi qualora le attività estere di natura finanziaria siano detenute in “paradisi fiscali”, la sanzione è raddoppiata rispetto ai valori ordinari.

La lista di cui al Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanzerileva anche ai fini della Presunzione legale somme detenute all’estero costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia.

Nel caso di asset

opera la presunzione legale per la quale le somme detenute all’estero siano state costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia e pertanto l’Agenzia delle Entrate potrà contestare le imposte evase su tali importi (comma 2, art. 12 D.L. n. 78/2009.

Vedi: Black List – Art. 12 D.L. n. 78/2009 (Contrasto ai paradisi fiscali) – Presunzione legale somme detenute all’estero costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia

I soggetti passivi Iva hanno dovuto comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle operazioni effettuate fino all’anno 2016 con operatori economici con sede, residenza o domicilio negli Stati o territori a fiscalità privilegiata (cosiddetti “Paesi black list“) individuati dal decreto 4 maggio 1999 del Ministro delle Finanze e dal decreto 21 novembre 2001 del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Dal 2017 l’obbligo di comunicazione è stato soppresso (articolo 4, comma 4 del decreto legge del 22/10/2016 n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016 n. 225).

Il decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, nel corso degli anni,  è stato ripetutamente modificato.

In particolare, il decreto del Ministro delle finanze 24  febbraio 2014 ha eliminato”San Marino (Repubblica di San Marino)” dall’elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999.

Come abbiamo visto i  “Paradisi fiscali che figurano nella Black List UE al 14 febbraio 2023 che non hanno aderito al CRS e che, quindi, che non forniscono uno scambio automatico di informazioni, a livello globale tra le autorità fiscali, sono:

  1. Samoa americane;
  2. Figi;
  3. Guam;
  4. Palau;
  5. Isole Vergini degli Stati Uniti.

Come si vede questi “Paradisi fiscali” sono giurisdizioni lontane e in cui difficilmente, se non impossibile, si potrà dimostrate un’attivià e/o un’amministrazione in loco, requisiti ai sensi dell’articolo 73, comma 3, Tuir , come vedremo, essenziali per poter sfuggire alla così detta “esterovestizione” e non ricadere in un caso di “evasione fiscale”, con le annesse pesanti conseguenze anche penali.

Si fa riferimento a “Paradisi fiscali”  anche come Paesi senza imposta generale sul reddito delle società.

Nel 2022 Paesi senza imposta generale sul reddito delle società

PAESE CRS (PRIMO SCAMBIO DI INFORMAZIONI PREVISTO  (ALLEGATO F ALL’ACCORDO))
Anguilla September 2017
Bahamas September 2018
Bahrein* September 2018
Belize* September 2018
Bermude September 2017
Isole Vergini Britanniche September 2017
Isole Cayman September 2017
Guernsey September 2017
Isola di Man September 2017
Jersey September 2017
Saint Barthelemy *
Tokelau *
Isole Turks e Caicos September 2017
Emirati Arabi Uniti* September 2018
Vanuatu September 2018
Isole Wallis e Futuna *
Fonti: OCSE, “Tabella II.1. Aliquota legale dell’imposta sul reddito delle società”; PwC, “Riepiloghi fiscali mondiali – Imposte societarie”; Bloomberg Tax, “Guide nazionali – Aliquote dell’imposta sulle società”.

Note: * Il Bahrein non ha un’imposta generale sul reddito delle società, ma ha un’imposta sul reddito delle società mirata per le compagnie petrolifere, che può raggiungere il 46%. Si veda Deloitte, “International Tax – Bahrain Highlights 2022”, ultimo aggiornamento gennaio 2022, http://www2.deloitte.com/content/dam/Deloitte/global/Documents/Tax/dttl-tax-bahrainhighlights-2022.pdf . In Belize l’aliquota dell’imposta sulle società è del 40%, ma poiché questa aliquota si applica solo all’industria petrolifera, l’aliquota dell’imposta sulle società in Belize è stata inclusa in questo database allo 0% per garantire la coerenza del trattamento in tutte le giurisdizioni. Cfr. OCSE, “Corporate Tax Statistics: Fourth Edition”, novembre 2022, https://www.oecd.org/tax/tax-policy/corporate-tax-statistics-fourth-edition.pdf.

Gli Emirati Arabi Uniti sono una federazione di sette emirati separati. Dal 1960, ogni emirato ha la facoltà di imporre un’aliquota dell’imposta sulle società fino al 55% su qualsiasi attività commerciale. In pratica, questa tassa viene riscossa principalmente su banche estere e compagnie petrolifere. Per ulteriori informazioni sul sistema di tassazione negli Emirati Arabi Uniti, consultare PwC, “Riepiloghi fiscali in tutto il mondo – Aliquote dell’imposta sul reddito delle società (CIT)”.

Saint-Barthélemy (o Collectivité de Saint-Barthélemy), spesso abbreviata in Saint Barts, è un’isola delle Antille e dal 22 febbraio 2007 una una  collettività francese d’oltremare ( collectivité d’outre-mer , o COM )

Le isole Tokelau sono un territorio dipendente della Nuova Zelanda costituito da tre atolli corallini tropicali situati nell’oceano Pacifico del Sud all’incirca a 10° di latitudine sud, circa 480 km a nord delle isole Samoa.

Wallis e Futuna , ufficialmente il Territorio delle Isole Wallis e Futuna , è una  collettività francese d’oltremare ( collectivité d’outre-mer , o COM ) nel Sud Pacifico , situata tra Tuvalu a nord-ovest, Fiji a sud-ovest, Tonga a sud-est, Samoa a est e Tokelau a nord-est.

Anche considerando questo elenco si può constatare come le pochissime giurisdizioni che non hanno aderito al CRS sono situate oltre oceano e per loro valgono le considerazioni svolte.

Attualmente sul web si trovano molti siti che promettono l‘apertura, anche a distanza e per modiche cifre, di società “offshore” prive di reale costrutto anche in “Paradisi Fiscali” situati nelle parti più disparate del globo.

Niente di più pericoloso se si considera la normativa italiana in merito e le possibili, in alcuni casi quasi certe, conseguenze sanzonatorie, non solo monetarie, ma anche penali.

Per inquadrare concretamente le possibili conseguenze:

  • Sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi
    • Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471 – Art.1
      Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive, si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare delle imposte dovute
       ……
    • Decreto legislativo del 18/12/1997 n. 471 – Art.5
      Nel caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul valore aggiunto si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare del tributo dovuto per il periodo d’imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione. ……..
  • Reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto
    • Decreto legislativo del 10/03/2000 n. 74- Art.5
      E’ punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa e’ superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.

Cosideriamo il fenomeno dell’ esterovestizione

Con il termine esterovestizione (foreign dressed companies) si intede indicare una società o un gruppo societario che utilizzando tecniche di pianficazione fiscale aggressiva, costituisce società o stabili organizzazioni all’estero. Generalmente in Stati a più basso livello di tassazione, al fine di evadere le imposte nello Stato in cui sono residenti.

Quindi in caso di esterovestizione siamo in presenza ad un fenomeno di evasione fiscale.

Ai sensi dell’articolo 73, comma 3, Tuir una società di capitali è considerata fiscalmente residente in Italia quando per la maggior parte del periodo d’imposta (183 gg.) ha mantenuto

  • la sede legale
  • o la sede dell’amministrazione
  • o l’oggetto principale

nel territorio dello Stato.

Come si vede, tali criteri  sono fra loro alternativi, è sufficiente il realizzarsi di uno solo di essi affinché la società o l’ente vengano sottoposti a tassazione in Italia, in base del noto principio della tassazione su base mondiale dei redditi (c.d. worldwide principle,  principio che l’Italia, così come la maggior parte dei Paesi occidentali, ha adottato nel proprio diritto tributario).

L’Amministrazione finanziaria italiana applica il principio secondo il quale i redditi del soggetto residente sono soggetti a tassazione diretta dal fisco italiano indipendentemente dal luogo ove tali redditi sono stati prodotti.

Ai fini dell’esterovestizione, le disposizioni dettate per le società dall’art. 73 T.U.I.R. attribuiscono particolare rilevanza non solo al dato formale della sede legale della società, situata in Italia, ma anche a quelli sostanziali, relativi

  • all’ubicazione nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione
  • od allo svolgimento, in Italia, dell’oggetto principale dell’impresa.

Per quanto attiene l’oggetto principale dell’impresa si devono considerare i commi 4 e 5 dell’art. 73 del T.U.I.R.:

4. L’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente e’ determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività’ essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.

5. In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente e’ determinato in base all’attività’ effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti. 

Per quanto attiene all’ubicazione nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione occorrerà fare riferimento alla situazione di fatto e individuare il luogo dove effettivamente gli amministratori della società esercitano l’attività amministrativa in modo stabile.

Riprendiamo il caso dei  “Paradisi fiscali che figurano nella Black List UE al 14 febbraio 2023 che non hanno aderito al CRS:

  1. Samoa americane;
  2. Figi;
  3. Guam;
  4. Palau;
  5. Isole Vergini degli Stati Uniti.

o quello di

  1. Saint Barthelemy
  2. Tokelau
  3. Isole Wallis e Futuna

Come si potrà dimostrare, a meno di un trasferimento effettivo dell’amministrazione e dell’attività in questi paesi, che le stesse sono state condotte in loco?

L’articolo 4, paragrafo 3 (1modello di Convenzione OCSE (2017 update), per evitare fenomeni di doppia imposizione, prevede che, nell’ipotesi in cui una società sia considerata residente in due diversi Stati, la residenza fiscale della persona giuridica sarà individuata sulla base di un accordo tra le autorità competenti (denominato mutual agreement), che dovrà tenere conto:

  • del luogo di direzione effettiva (place of effective management);
  • del luogo di costituzione (the place where it is incorporated or otherwise constituted);
  • di ogni altro fattore rilevante (any other relevant factors).

L’Italia, formulando specifiche osservazioni all’articolo 4, paragrafo 3, del modello Ocse di Convenzione (Commentaries on the articles of the Model of Tax Convention), Observations on the Commentary (2), ha introdotto una particolare riserva per effetto della quale, nel determinare la residenza fiscale di una società, oltre alla “sede della direzione effettiva”, dovrà essere attribuita estrema rilevanza anche al luogo nel quale viene svolta l’attività principale dell’impresa.

In base a quanto previsto dall’articolo 4, paragrafo 3, del Modello OCSE (3. Quando, in base alle disposizioni del paragrafo 1, una persona diversa da un individuo è residente di entrambi gli Stati contraenti, si considera residente solo del Stato in cui si trova la sua sede di direzione effettiva) e dalla sentenza n. 136/1998 della Corte di cassazione, la sede effettiva della società deve considerarsi:

il luogo in cui la società svolge la sua prevalente attività direttiva ed amministrativa per l’esercizio dell’impresa, cioè il centro effettivo dei suoi interessi, dove la società vive ed opera, dove si trattano gli affari e dove i diversi fattori dell’impresa vengono organizzati e coordinati per l’esplicazione ed il raggiungimento dei fini sociali”.

Quindi, posto che il criterio della sede legale ha natura prettamente formale per stabilire se una società estera è fiscalmente residente in Italia, occorre analizzare, da un punto di vista sostanziale, i criteri di collegamento con il territorio dello Stato:

  • sede dell’amministrazione
  • e oggetto principale.

L’onere della prova grava sull’Amministrazione finanziaria che, nell’ambito della propria attività ispettiva, dovrà dimostrare che la società è fittiziamente estera.

Ora spesso si vive nell’errata convinzione che basti costituire una società in un “Paradiso fiscale” per poter ususruire dei suoi “vantaggi“.

Invertendo il ragionamento, perchè una società sia considerata “estera” come si può sostenere che l’amministrazione è condotta dall’estero, quando, ed è quasi sempre la “normalità“, l’imprenditore/amministratore non si è mai recato in loco?

Basti pensare ai “paradisi fiscali” di cui sopra situati oltre oceano.

Anche sulla base del consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, per individuare la residenza fiscale di una società o di un ente estero, occorre fare riferimento al criterio della “sede effettiva”.

La sede dell’amministrazione, contrapposta alla sede legale, coincide con la “sede effettiva” dell’impresa estera, intesa come il luogo dove:

  • hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente;
  • si convocano le assemblee.

La sede effettiva può essere definita come quel luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente, il luogo ove si concretizzano gli atti produttivi e negoziali dell’ente, nonché i rapporti economici che il medesimo intrattiene con i terzi.

Per determinare il luogo della sede dell’attività economica di una società occorre prendere in considerazione un complesso di fattori:

  •  la sede statutaria;
  • il luogo dell’amministrazione centrale;
  •  il luogo di riunione dei dirigenti societari;
  • il luogo in cui si adotta la politica generale di tale società.

Possono rilevare anche altri elementi:

  •  il luogo di riunione delle assemblee generali;
  • di tenuta dei documenti amministrativi e contabili;
  • di svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie e bancarie (a proposito di questo punto basti considerare che le operazioni bancarie, nel caso di “Paradisi fiscali” posizionati oltre oceano, sono quasi sempre svolte tramite servizi “online”).

La  Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 6476 del 9 marzo 2021 ha ribadito che se le decisioni concrete che riguardano la direzione e la gestione delle attività di impresa vengono adottate in Italia, anche la società che ha fissato la residenza all’estero va considerata fiscalmente residente nel territorio dello Stato.

La  Corte si esprime in merito stabilendo che:

Merita, invece, condivisione la seconda censura, con la
quale l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione dell’art. 73 del
d.lgs. n. 917 del 1986 per non avere la Commissione regionale
attribuito rilevanza, al fine di ritenere la società verificata
assoggettabile al regime fiscale italiano ai sensi dell’art. 73 del
d.lgs. n. 917 del 1986, al fatto, emerso dall’accertamento, che le
decisioni fondamentali di management necessarie alla sua gestione
venissero assunte in Italia.
Invero, come recentemente ribadito da questa Corte, al fine di
stabilire se il reddito prodotto da una società possa essere
sottoposto a tassazione in Italia, assume rilevanza decisiva il fatto
che l’adozione delle decisioni riguardanti la direzione e la gestione
dell’attività di impresa avvenga nel territorio italiano, nonostante la
società abbia localizzato la propria residenza fiscale all’estero
(Cass. Sez. 5 , 21/6/2019, n. 16697Cass. Sez. 5, del 7/2/2013, n. 2869Cass. Sez. 5, 21/12/2018, n. 33234).
Tale ricostruzione è coerente con la lettera dell’art. 73, comma 3, del d.lgs. n. 917 del 1986, ai sensi del quale «ai fini delle
imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che
per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o
la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio
della Stato».
Questa Corte ha, infatti, precisato che la nozione di «sede
dell’amministrazione», in quanto contrapposta alla «sede legale»,
deve ritenersi coincidente con quella di «sede effettiva» (di matrice
civilistica), intesa come il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e si convocano le
assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per
l’accentramento – nei rapporti interni e con i terzi – degli organi e
degli uffici societari in vista del compimento degli affari e
dell’impulso dell’attività dell’ente (in tal senso, Cass. Sez. 5
21/6/2019, n. 16697
, con ampia motivazione che il Collegio

condivide, nonché Cass. n. 3604 del 1984; Cass. n. 5359 del 1988;
Cass. n. 497 del 1997; Cass. n. 7037 del 2004; Cass. n. 6021 del
2009; Cass. Sez. 6-3, 28/1/2014, n. 1813).
Sulla stessa linea si è posta la Corte di giustizia nella sentenza Causa C-73/06 del 28 giugno 2007, Planzer Luxembourg Sàrl, in cui è stato
affermato che la nozione di sede dell’attività economica «indica il
luogo in cui vengono adottate le decisioni essenziali concernenti la
direzione generale della società e in cui sono svolte le funzioni di
amministrazione centrale di quest’ultima (punto 60)».
E’ stato, inoltre, chiarito che la fattispecie della
esterovestizione, tesa ad accordare prevalenza al dato fattuale
dello svolgimento dell’attività direttiva presso un territorio diverso
da quello in cui ha sede legale la società, non contrasta con la
libertà di stabilimento.
Se ne trae conferma dalla sentenza della Corte di Giustizia 12 settembre 2006, C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (richiamata da Cass. Sez. 5 , 21/6/2019, n.16697, cit.), la quale, con riferimento al fenomeno dellalocalizzazione all’estero della residenza fiscale di una società, ha stabilito che la circostanza che una società sia stata creata in unoStato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per sé sola un abuso di tale libertà; tuttavia, una misuranazionale che restringa la libertà di stabilimento è ammessa se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad escludere la normativa dello Stato membro interessato.”

Ma, per una disamina completa del fenomeno dell’esterovestizione non si può prescindere da un’attenta lettura dei commi 5-bis e 5-ter dell’art. 73 del T.U.I.R. introdotti dal  D.L. 4 luglio 2006, n. 223,(Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche’ interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale). art.35, commi 13 e 14, convertito, con modificazioni, nella l. 4.8.2006, n. 248.

5-bis. Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa:

a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;

b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

5-ter. Ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis, rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Ai medesimi fini, per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari di cui all’articolo 5, comma 5.

Il comma 5-bis con la dicitura “salvo prova contraria” introduce una sostanziale inversione dell’onere della prova sulla esistenza nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione di società estere il cui controllo risulti riconducibile, anche in via indiretta, a soggetti italiani.

Quindi , in sintesi, ai sensi del comma 5-bis la società estera si considera, salvo prova contraria, “esterovestita” se, in alternativa, siamo in presenza di una delle seguenti fattispecie:

  • è controllata, anche indirettamente da soggetti residenti in Italia;
  • è  amministrata da soggetti residenti residenti in Italia.

Il comma 5-bis ha introdotto una presunzione relativa che il contribuente può superare, dimostrando che si tratti di una collocazione sostanziale e non puramente formale.

Dovrà essere il contribuente a portare prove a proprio favore per dimostrare l’effettiva attività svolta all’estero.

l’Agenzia delle entrate, con la circolare 28/E/2006, punto 8,SOCIETA’ ED ENTI ESTEROVESTITI (Art. 35, commi 13 e 14) (3), tratta delle norme introdotte  dal D.L. 223/2006 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche’ interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale).

La circolare ha precisato che in applicazione della norma in oggetto, il soggetto estero si considera, ad ogni effetto, residente nel territorio dello Stato e quindi soggetto a tutti gli obblighi strumentali e sostanziali che l’ordinamento prevede per le società e gli enti residenti

Il contribuente, per vincere la presunzione, dovrà dimostrare, con
argomenti adeguati e convincenti, che la sede di direzione effettiva della società non è in Italia, bensì all’estero. Tali argomenti e prove dovranno dimostrare che, nonostante i citati presupposti di applicabilità della norma, esistono elementi di fatto, situazioni od
atti, idonei a dimostrare un concreto radicamento della direzione effettiva nello Stato estero.

Ad esempio, sotto il profilo sostanziale, dovrà essere provato  che:

  • Gli insediamenti produttivi/commerciali all’estero sono effettivi ed esistono delle ragioni imprenditoriali sottese agli stessi;
  • Esiste autonomia gestionale dei soggetti preposti all’attività di impresa all’estero (c.d. country manager).

Con la raccomandazione 2012/772/Ue la Commissione Europea si è espressa sulla pianificazione fiscale aggressiva.

Esprimendosi sulla Norma generale antiabuso la Commissione (punto 4.2 della raccomandazione 2012/772/Ue) ha definito: «Una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni che sia stata posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti un vantaggio fiscale deve essere ignorata. Le autorità nazionali devono trattare tali costruzioni a fini fiscali facendo riferimento alla loro «sostanza economica».

Punto 4.4 : Ai fini del punto 4.2 una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43809/2015, relativa alla contestazione di esterovestizione di una struttura societaria di gruppo collocata in Lussemburgo titolare di alcuni marchi ha  sottolineato tre concetti:

  • la costruzione di puro artificio;
  • la finalità prevalente di elusione;
  • la libertà di scelta fra carichi fiscali diversi.

Secondo i supremi giudici il vantaggio fiscale è indebito non perché l’imprenditore sfrutta le opportunità offerte dal mercato o da una più conveniente legislazione fiscale, ma lo è solo se è ottenuto mediante costruzioni non aderenti alla realtà.

Con la Sentenza 15 marzo 2022 n. 8297 la Corte di cassazione è tornata ad occuparsi dell’esterovestizione. Richiamando un proprio consolidato orientamento, a Corte ha precisato:

“Questa Corte infatti ha più volte affermato che in tema di imposte sui redditi ricorre l’ipotesi di esterovestizione allorché una società, la quale ha nel territorio dello Stato la sede dell’amministazlone da intendersi come luogo in cui si svolge in concreto la direzione e gestione dell’attività di impresa e dal quale promanano le relative decisioni, localizzi la propria residenza fiscale all’estero al solo fine di fruire di una legisiazone tributaria pia vantaggiosa (Cass., 21 giugno 2019, n. 16697).

Sul tema dell’esterovestizione è  ritornata a giudicare la Corte di cassazione con la Sentenza n.26538 del 08/09/2022, nella quale gli Ermellini hanno confermato che sussiste l’esterovestizione di una società in presenza di una struttura di puro artificio e della quale riportiamo un estratto:

“La questione involge, più in particolare, l’esatta individuazione dei parametri normativi di riferimento ai fini della individuazione della soggettività passiva nello Stato di una società avente sede in altro Paese.

Il legislatore, sul punto, ha, in primo luogo, stabilito, con l’art. 73, comma 3, che, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.

Il parametro di riferimento, quindi, è previsto dal legislatore sulla base di diversi criteri di collegamento effettivo con il territorio dello Stato, individuati facendo riferimento al dato formale della sede ovvero agli ulteriori criteri sostanziali che tengono conto o della peculiare attività economica prevalentemente esercitata per conseguire lo scopo sociale ovvero del luogo da cui promanano gli impulsi volitivi inerenti l’attività di gestione dell’ente.

Pertanto, il profilo di riferimento, al fine di concretizzare la valutazione della soggettività passiva dell’ente nel territorio dello Stato è costituito, in siffatte ipotesi, dalla esistenza di un rapporto tra il soggetto giuridico ed il territorio di riferimento.”

Altro aspetto da considerare è la rilevanza IVA dell’esterovestizione. L’art. 4 DPR 633/1972 prevede che tutte le attività imprenditoriali svolte in Italia sono ivi assoggettate ad imposizione.

Sulla base della normativa attualmente vigente si può ipotizzare che tutte le operazioni che la potenziale esterovestita ha posto in essere invece di essere ipotetiche operazioni intracomunitarie o territorialmente non rilevanti siano da sottoporre ad IVA in Italia.

Ne consegue che tutte le suddette operazioni potrebbero essere ricondotte a cessioni e/o prestazioni nazionali soggette ad IVA, con il corollario di conseguenti sanzioni amministrative e penali.

Vanno  attentamente valutate le eventuali conseguenze, sotto il profilo penale tributario, che l’estorovestizione comporta e se si è in presenza di un’evasione fiscale internazionale o di una  mera elusione fiscale.

Tale aspetto assume particolare evidenza nella considerazione che le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie, restando possibile solo l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie.

Ai sensi dellarticolo 10-bis L. 212/2000 (Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale), configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti.

Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi fiscali determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.

Nella maggior parte dei casi la fattispecie penalmente rilevante nei casi in cui venga accertata l’esistenza di una società esterovestita è il delitto di omessa presentazione in Italia delle dichiarazioni fiscali relative alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto (7.

In sintesi, quando l’impresa ha sede all’estero, ma la maggior parte dell’attività si svolge in Italia, in presenza di una fittizia localizzazione all’estero della residenza fiscale, con, di fatto, attività svolta in italia, la dichiarazione dei redditi va fatta in Italia, altrimenti, al superamento del limite  di cui al comma 1 dell‘articolo 5 D.Lgs. n. 74/2000 si configura il reato di evasione fiscale (E’ punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa e’ superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.1-bis.).

Potrebbe essere diverso il caso di Paesi a noi più vicini o facilmente raggiungibili che, pur non avendo una tassazione nulla ed aderendo al CRS, hanno, comunque, un basso livello di tassazione.

In questi, in linea generale ed al contrario dei “Paradisi Fiscali” su esaminati, sarà più agevole da un punto di vista sostanziale, soddisfare i criteri di collegamento con il territorio dello Stato:

  • sede dell’amministrazione
  • e oggetto principale.

Le 20 aliquote dell’imposta sul reddito delle società più basse al mondo, 2022 (escluse le giurisdizioni con un’aliquota dell’imposta sul reddito delle società pari allo zero per cento)

Paese Continente Aliquota fiscale
Barbados Nord America 5,5%
Turkmenistan Asia 8%
Ungheria Europa 9%
Andorra Europa 10%
Bosnia Erzegovina Europa 10%
Bulgaria Europa 10%
Kossovo, Repubblica di Europa 10%
Kirghizistan Asia 10%
Paraguay Sud America 10%
Qatar Asia 10%
L’ex Repubblica jugoslava di Macedonia Europa 10%
Timor Est Oceania 10%
Cina, regione amministrativa speciale di Macao Asia 12%
Repubblica di Moldavia Europa 12%
Cipro Europa 12,5%
Gibilterra Europa 12,5%
Irlanda Europa 12,5%
Liechtenstein Europa 12,5%
Albania Europa 15%
Georgia Asia 15%
Fonti: OCSE, “Tabella II.1. Aliquota legale dell’imposta sul reddito delle società”; PwC, “Riepiloghi fiscali mondiali – Imposte societarie”; Bloomberg Tax, “Guide nazionali – Aliquote dell’imposta sulle società”; e ricercato individualmente, vedi Tax Foundation, “worldwide-corporate-tax-rates”.

(1)  3. Where by reason of the provisions of paragraph 1 a person other than an individual is a resident of both Contracting States, then it shall be deemed to be a resident only of the State in which its place of effective management is situated. the competent authorities of the Contracting States shall endeavour to determine by mutual agreement the Contracting State of which such person shall be deemed to be a resident for the purposes of the Convention, having regard to its place of effective management, the place where it is incorporated or otherwise constituted and any other relevant factors. – Se, in virtù delle disposizioni del paragrafo 1, una persona diversa da una persona fisica è residente di entrambi gli Stati contraenti, essa si considera residente solo dello Stato in cui è situata la sua sede effettiva. le autorità competenti degli Stati contraenti si adoperano per determinare di comune accordo lo Stato contraente di cui tale persona è considerata residente ai fini della Convenzione, tenuto conto della sua sede della direzione effettiva, del luogo in cui è costituita o altrimenti costituito e qualsiasi altro fattore rilevante.

(225. As regards paragraphs 24 and 24.1, Italy holds the view that the place where the main and substantial activity of the entity is carried on is also to be taken into account when determining the place of effective management of a person other than an individual. – Per quanto riguarda i paragrafi 24 e 24.1, l’Italia ritiene che il luogo in cui viene svolta l’attività principale e sostanziale dell’entità debba essere preso in considerazione anche nel determinare la sede della direzione effettiva di un soggetto diverso da un individuo.

(3(…….. Gli elementi di collegamento con il territorio dello Stato individuati dalla norma sono astrattamente idonei a sorreggere la presunzione di esistenza nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione delle società in esame. Si tratta, infatti, di elementi già valorizzati nella esperienza interpretativa e applicativa, sia a livello internazionale che nazionale. Essi si ispirano sia a criteri
di individuazione dell’effective place of management and control elaborati in sede OCSE, sia ad alcuni indirizzi giurisprudenziali.
La norma prevede, in definitiva, l’inversione, a carico del contribuente, dell’onere della prova, dotando l’ordinamento di uno strumento che solleva l’amministrazione finanziaria dalla necessità di provare l’effettiva sede della amministrazione di entità che presentano elementi di collegamento con il territorio dello Stato molteplici e significativi. In tale ottica la norma persegue l’obiettivo di migliorare l’efficacia dell’azione di contrasto nei confronti di pratiche elusive, facilitando il compito del verificatore nell’accertamento degli elementi di fatto per la determinazione della residenza effettiva delle società. In particolare, essa intende porre un freno al fenomeno delle cosiddette esterovestizioni, consistenti nella localizzazione della residenza fiscale delle società in Stati esteri al prevalente scopo di sottrarsi agli obblighi fiscali previsti dall’ordinamento di appartenenza; a tal fine la norma valorizza gli aspetti certi, concreti e sostanziali della fattispecie, in luogo di quelli formali, in conformità al principio della “substance over form” utilizzato in campo internazionale.

…………………

8.3 Prova contraria
Il contribuente, per vincere la presunzione, dovrà dimostrare, con
argomenti adeguati e convincenti, che la sede di direzione effettiva della società non è in Italia, bensì all’estero. Tali argomenti e prove dovranno dimostrare che, nonostante i citati presupposti di applicabilità della norma, esistono elementi di fatto, situazioni od
atti, idonei a dimostrare un concreto radicamento della direzione effettiva nello Stato estero.

…………………)

(4) 30 – Ai punti 74 e 75 della sentenza Halifax e a. (C‑255/02, EU:C:2006:121), la Corte ha dichiarato che l’accertamento di una pratica abusiva in materia di IVA richiede, da un lato, che le operazioni di cui trattasi, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva IVA e della normativa nazionale di trasposizione abbiano come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da dette disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale delle operazioni di cui trattasi si limita all’ottenimento di tale vantaggio fiscale.

(530      In tale contesto, va ricordato che, affinché una normativa nazionale venga considerata come diretta ad evitare le frodi e gli abusi, il suo scopo specifico dev’essere quello di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate a fruire indebitamente di un’agevolazione fiscale (v., in tal senso, sentenze del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 55, nonché del 5 luglio 2012, SIAT, C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 40).

31      Pertanto, una presunzione generale di frode e di abuso non può giustificare né un provvedimento fiscale che pregiudichi gli obiettivi di una direttiva, né un provvedimento fiscale che pregiudichi l’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato (sentenze del 26 settembre 2000, Commissione/Belgio, C‑478/98, EU:C:2000:497, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata, nonché del 5 luglio 2012, SIAT, C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 38).

32      Per verificare se un’operazione persegue un obiettivo di frode e di abuso, le autorità nazionali competenti non possono limitarsi ad applicare criteri generali predeterminati, ma devono procedere, caso per caso, a un esame complessivo dell’operazione interessata. L’introduzione di un provvedimento fiscale di portata generale che escluda automaticamente talune categorie di contribuenti dall’agevolazione fiscale, senza che l’amministrazione finanziaria sia tenuta a fornire il benché minimo principio di prova o di indizio di frode e abuso, eccederebbe quanto necessario per evitare le frodi e gli abusi (v., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2017, Euro Park Service, C‑14/16, EU:C:2017:177, punti 55 e 56).

(6)  42      In secondo luogo, riguardo alla questione se lo scopo essenziale di un’operazione si limiti all’ottenimento di tale vantaggio fiscale, si deve ricordare che, in materia di IVA, la Corte ha già dichiarato che, quando il soggetto passivo ha la scelta tra due operazioni, non è obbligato a scegliere quella che implica un maggiore pagamento di IVA, ma, al contrario, ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di ridurre la sua contribuzione fiscale (v., in particolare, sentenze Halifax e a., C‑255/02, EU:C:2006:121, punto 73; Part Service, C‑425/06, EU:C:2008:108, punto 47, nonché Weald Leasing, C‑103/09, EU:C:2010:804, punto 27). I soggetti passivi sono generalmente liberi di scegliere le strutture organizzative e le modalità operative che ritengano più idonee per le loro attività economiche nonché al fine di limitare i loro oneri fiscali (sentenza RBS Deutschland Holdings, C‑277/09, EU:C:2010:810, punto 53).

(7)  Articolo 5 D.Lgs. n. 74/2000 – Omessa dichiarazione.

  1. 1. E’ punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa e’ superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.1-bis. E’ punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate e’ superiore ad euro cinquantamila.2. Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.

I Paradisi Fiscali e le Black List nella vigente normativa

I Paradisi Fiscali e le Black List nella vigente normativa

In primis una precisazione: il termine “paradisi fiscali” è una “inesatezza” tutta italiana, frutto di un errore di traduzione dell’espressione inglese “tax haven”, “rifugio fiscale”, confusa con la parola “heaven”,  “paradiso”.

Generalmente sono designati come “paradisi fiscali” territori sovrani e Paesi che usano la leva fiscale e altre misure di politica economica per attrarre capitali e investimenti nel settore finanziario e dei servizi.

Questi Paesi e territori offrono agli investitori esteri:

  • un ambiente di non tassazione o di imposizione puramente nominale;
  • regole giuridiche ed  amministrative particolarmente “facilitative”;
  • in genere, a causa del segreto bancario particolarmente rigoroso, le attività svolte non sono, in generale, oggetto di scambio di informazioni con altri paesi.

Potremmo stilare una classificazione dei paesi inseriti nelle black list, in base alla tipologia di tassazione o regime adottato:

  1. Pure Tax Haven: non ci sono tasse e garantisce l’assoluto segreto bancario anche con altri stati (i cosidetti PARADISI FISCALI);
  2. No taxation on foreign income: sono esclusi da ogni tassazione i redditi esterni, e si tassa solo il reddito interno;
  3. Low taxation: tassazione modesta su qualunque reddito;
  4. Special Taxation: paesi con regimi fiscale simile a quello dei paesi considerati “normali”, ma che permettono la costituzione di società flessibili.

Nel 1998 l’OCSE ha pubblicato il rapportoHarmful Tax Competition“, con lo scopo di studiare come i c.d. “paradisi fiscali” e i “regimi fiscali preferenziali dannosi”, indicando le “pratiche fiscali dannose”  .

Il Rapporto OCSE  “Towards Global Tax Co-operation” del 2000 ha identificato e valutato i regimi fiscali dannosi, elencando tutti i
regimi fiscali preferenziali che allora potevano essere considerati come “potenzialmente” dannosi. I regimi, identificati, erano 47.

Alla luce dell’evoluzione intervenuta dopo la pubblicazione del Rapporto 2000, il 14 novembre 2001  è stato pubblicato il rapporto
The OECD’s Project on Harmful Tax Practices: the 2001 Progress Report”.

Successivamente molti Stati hanno siglato accordi per lo scambio di informazioni sotto la forma di:

L’art. 26 del Modello OCSE ha sempre rappresentato lo standard internazionale per lo scambio di informazioni tributarie tra Stati: la sua prima ver­sione apparve nel Modello del 1963, e da allora sono stati più volte modificati sia la lettera dell’articolo che il Commentario.

Nel 2005 sono stati aggiunti, all’art. 26 i parr. 4 e 5, con lo scopo principale di impedire allo Stato destinatario della richiesta di scam­bio di opporre determinate tipologie di legislazione nazionale.

L’informazione richiesta non può essere negata:

  1. solo perché lo Stato alla quale è richiesta non ha un interesse proprio nello scambio;
  2. perché l’informazione è detenuta da un istituto bancario, un’istituzione finanziaria, “un’agenzia”, ovvero una fiduciaria (con il chiaro intento dell’OCSE di contrastare il segreto bancario).

Nel 2009, al verice di Londra,  il G20 ha dichiarato la fine del segreto bancario. 

A seguito di questa decisione l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) pubblicò due elenchi:

  • nella black list Costa Rica, Malaysia, Filippine, Uruguay;
  • nella “lista grigia” furono inclusi, invece, 38 paesi tra cui Lussemburgo, Svizzera, Austria, Belgio, Singapore, Cile e isole Cayman, Liechtenstein Liechtenstein, Antille olandesi, Belgio e Principato di Monaco, Paesi che, pur essendosi impegnati a rispettare le regole dell’Ocse non le hanno “in sostanza” applicate. I G20 hanno deciso che ci saranno sanzioni contro quei paesi che non forniscono le informazioni richieste, oltre all’irrigidimento dei vincoli amministrativi e il divieto per gli stati membri di depositare i loro fondi in questi paesi.

Un forte “colpo” ai Paradisi fiscali è stato inferto, dal 2014, anno delle sua introduzione, dal CRS. Il Common Reporting Standard (CRS); è uno standard informativo, sviluppato dall’OCSE, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD) ), per lo scambio automatico di informazioni, (Automatic Exchange Of Information (AEOI)), a livello globale, tra le autorità fiscali, rivolto a facilitare i controlli anti-evasione,sulle attività finanziarie detenute dai contribuenti .

(Vedi: http://www.oecd.org/tax/automatic-exchange/)

Introdotto nell’Unione Europea dalla Direttiva 2014/107/UE (DAC 2), questo standard di raccolta e condivisione di dati sui conti esteri, secondo la lista aggiornata al 10 Dicembre 2020,  vede impegnati, 110 Stati.

ELENCO DEGLI STATI CHE HANNO ADERITO AL CRS AGGIORNATA AL 22 novembre 2022

La pagina RAPPORTI DI SCAMBIO ATTIVATI PER INFORMAZIONI CRS (Ultimo aggiornamento: dicembre 2020) del sito OCSE( (Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD)) mostra tutte le relazioni di scambio bilaterali attualmente in essere per lo scambio automatico di informazioni CRS ai sensi dell’articolo 6 della convenzione multilaterale e del CRS MCAA (Multilateral Competent Authority Agreement), nonché nel quadro dell’UE. Inoltre, alcune giurisdizioni hanno concluso accordi bilaterali per lo scambio di informazioni CRS nell’ambito di trattati fiscali bilaterali o accordi sullo scambio di informazioni fiscali.

A partire da ottobre 2022, sono oltre 4900 i rapporti di scambio bilaterali attivati ​​rispetto a oltre 110 giurisdizioni impegnate nel CRS.

Per l’Italia risultano attive 75 relazioni di scambio bilaterali.

Proposto per la prima volta dalla Commissione nel gennaio 2016 l’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali è stato continuamente aggiornato (c.d. Black List UE) (Evoluzione della lista UE (scheda informativa) Inglese)

Il processo di monitoraggio segue una serie di linee guida procedurali concordate nel febbraio 2018.

Senza modificare il processo di monitoraggio dinamico, nel marzo 2019 il Consiglio ha deciso di limitare gli aggiornamenti dell’elenco a due volte l’anno a partire dal 2020, per concedere agli Stati membri dell’UE tempo sufficiente per modificare la legislazione nazionale ove necessario.

La lista dei Paesi Black List, rappresenta un elenco di Paesi in cui:

  • è in vigore un regime fiscale privilegiato, la cui caratteristica principale sta nell’avere un livello di tassazione molto basso oppure nullo:
  • non è stato previsto alcun meccanismo di scambio di informazioni fiscali con altri Paesi.

ministri delle finanze dell’Unione Europea aggiornano costantemente la Black List  delle giurisdizioni fiscali non cooperative sulla base di un intenso processo di analisi e di dialogo guidato dalla Commissione. L’elenco si è dimostrato altamente efficace, poiché molti paesi hanno modificato la propria legislazione e i propri sistemi fiscali per conformarsi alle norme internazionali. La Commissione ha valutato 92 paesi sulla base di tre criteri:

  • Trasparenza fiscale;
  • Buona governance;
  • Attività economica reale.

Oltre a questi criteri è stata verificata anche l’esistenza di un’aliquota dell’imposta sulle società pari a zero.

L’elenco adottato dal Consiglio il 14 febbraio 2023 è composto da:

  1. Samoa americane
  2. Anguilla
  3. Bahamas
  4. Isole Vergini Britanniche
  5. Costa Rica
  6. Figi
  7. Guam
  8. Isole Marshall
  9. Palau
  10. Panama
  11. Russia
  12. Samoa
  13. Trinidad e Tobago
  14. Isole Turks e Caicos
  15. Isole Vergini americane
  16. Vanuatu

Tra queste: Anguilla, Bahamas, Costa Rica, Isole Vergini Britanniche, Isole Marshall, Panama, Russia, Samoa, Trinidad e Tobago, Isole Turks e Caicos e Vanuatu figurano nell’ELENCO DEGLI STATI CHE HANNO ADERITO AL CRS AGGIORNATA AL 22 novembre 2022.

Quindi le giurisdizioni che figurano nella Black List UE al 14 febbraio 2023 che non hanno a CRS sono:

  1. Samoa americane;
  2. Figi;
  3. Guam;
  4. Palau;
  5. Isole Vergini degli Stati Uniti.

Di fatto la black list non ha nessun valore coercitivo: semplicemente  i  paesi in essa inclusi non potranno ricevere aiuti dall’Unione Europea, a meno che non si tratti di aiuti allo sviluppo. Imprese e privati potranno continuare ad avere rapporti con questi stati senza rischiare nessuna sanzione a livello europeo. La Commissione Europea, però, incoraggia i singoli stati membri, se lo riterranno necessario, a mettere in atto sanzioni più stringenti .

La LEGGE 29 dicembre 2022, n. 197 – “Legge di Bilancio 2023”  (art. 1 commi da 84 a 86) ha introdotto disposizioni in materia di deducibilità  nei  limiti  del loro  valore  normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali ( giurisdizioni  individuate  nell’allegato  I  alla  lista  UE   delle giurisdizioni  non  cooperative  a   fini   fiscali,   adottata   con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea).

Vedi: Deducibilità  nei  limiti  del loro  valore  normale dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali

L’elenco dei Paesi extra UE cosiddetti “black list” aiuta i soggetti coinvolti nella protezione del sistema finanziario UE a individuare con maggiore efficacia i rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (FdT).

L’elenco vale sia per gli Intermediari finanziari che per i Professionisti (anche in forma associata o societaria) – CED e ogni altro soggetto che rende in maniera professionale, anche per i propri associati o iscritti, servizi in materia di contabilità e tributi (compresi associazioni di categoria di imprenditori e commercianti, CAF e patronati).

In particolare, nel DECRETO LEGISLATIVO 21 novembre 2007, n. 231 sono contemplati gli obblighi di adeguata verifica rafforzata della clientela e le relative modalità di esecuzione.

In essi si prevede che i soggetti obbligati, in presenza di un elevato rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, debbano applicare misure rafforzate di adeguata verifica della clientela.

Tra gli altri fattori di cui tenere conto spicca proprio quello relativo ai clienti residenti o aventi sede in aree geografiche ad alto rischio individuati dalla Commissione europea, per i quali si applicano sempre misure di adeguata verifica rafforzata della clientela.

Quindi i rapporti professionali / le operazioni con soggetti ivi residenti comporteranno l’obbligo di:

  • rafforzare il grado e la natura delle verifiche atte a determinare se le operazioni siano sospette;
  • acquisire informazioni aggiuntive sul cliente e sul titolare effettivo / titolari effettivi;
  • approfondire gli elementi posti a fondamento delle valutazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto;
  • intensificare la frequenza dell’applicazione delle procedure finalizzate a garantire il controllo costante nel corso del rapporto.

In Italia sono stati pubblicati  il Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze che hanno individuato, ai fini della nostra legislazione fiscale i Paesi Black List.

La Black List “italiana” di cui al DM 4 maggio 1999  serve  ad attivare l’inversione dell’onere della prova riguardo all’effettiva residenza fiscale dei cittadini italiani emigrati nei Paesi indicati nella lista (Ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis del TUIR, introdotto dall’articolo 10 della legge n. 448 del 23 dicembre 1998, si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori  individuati dall’art. 1 (Individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato) del Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze).

Vedi: Black List – Art. 2, comma 2-bis del TUIR – Presunzione residenza cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori  individuati dall’art. 1 del Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze

Da considerare che il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze (Individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127-bis, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”)) non trova più applicazione per l’individuazione delle CFC in quanto l’art. 127-bis è stato soppresso dal Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1 e che la materia delle CFC è ora regolamentata dall’art. 167 del TU (Disposizioni in materia di imprese estere controllate. (ex art 127-bis)).

La lista di cui al Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanze rappresenta anche la lista di riferimento per la compilazione del quadro RW per quanto riguarda la detenzione di attività patrimoniali e finanziarie in paesi non collaborativi.

Larticolo 4, comma 1, dl 167/1990, ha posto l’obbligo per i residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività’ estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, di indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi (Quadro RW).

i sensi dellarticolo 5, comma 2, del D.L. 167/1990 la violazione dell’obbligo di dichiarazione di investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. 

La violazione di cui sopra relativa alla detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 (individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001 (individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 127 -bis, comma 4, (Soppresso da: Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 Articolo 1) del testo unico delle imposte sui redditi (cd. “black list”)), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. Nel caso in cui la dichiarazione prevista dall’articolo 4, comma 1, sia presentata entro novanta giorni dal termine, si applica la sanzione di euro 258.

Quindi qualora le attività estere di natura finanziaria siano detenute in “paradisi fiscali”, la sanzione è raddoppiata rispetto ai valori ordinari.

La lista di cui al Decreto del 04/05/1999 – Min. Finanze ed il Decreto del 21/11/2001 – Min. Economia e Finanzerileva anche ai fini della Presunzione legale somme detenute all’estero costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia.

Nel caso di asset

opera la presunzione legale per la quale le somme detenute all’estero siano state costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia e pertanto l’Agenzia delle Entrate potrà contestare le imposte evase su tali importi (comma 2, art. 12 D.L. n. 78/2009.

Vedi: Black List – Art. 12 D.L. n. 78/2009 (Contrasto ai paradisi fiscali) – Presunzione legale somme detenute all’estero costituite con redditi non assoggettati a tassazione in Italia

I soggetti passivi Iva hanno dovuto comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle operazioni effettuate fino all’anno 2016 con operatori economici con sede, residenza o domicilio negli Stati o territori a fiscalità privilegiata (cosiddetti “Paesi black list“) individuati dal decreto 4 maggio 1999 del Ministro delle Finanze e dal decreto 21 novembre 2001 del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Dal 2017 l’obbligo di comunicazione è stato soppresso (articolo 4, comma 4 del decreto legge del 22/10/2016 n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016 n. 225).

Il decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, nel corso degli anni,  è stato ripetutamente modificato.

In particolare, il decreto del Ministro delle finanze 24  febbraio 2014 ha eliminato”San Marino (Repubblica di San Marino)” dall’elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999.

 

 

 

 

I 23 Paesi senza imposte sul reddito

I 23 Paesi senza imposte sul reddito

E’ facile presumere che qualsiasi paese che non impone un’imposta sul reddito sarà sottofinanziato. Questo non avviene se la nazione ha una fonte primaria di reddito alternativa. Al mondo ci sono 23 Paesi in cui non ci sono tasse sul reddito, sei di questi sono ricchi di riserve di petrolio greggio. Inoltre, solo perché questi paesi non applicano imposte sul reddito non significa che offrono una vita esentasse. Le Bahamas, ad esempio, ricavano le proprie entrate fiscali da imposte sul valore aggiunto, tasse sulla proprietà immobiliare, tasse sui casinò, dazi all’importazione, tasse di bollo e diritti di licenza.

Elenco dei paesi senza imposte sul reddito

 Di seguito sono riportati tutti i 23 paesi che non applicano imposte sul reddito ai propri cittadini e residenti:

Bahrein

  • Regione: Medio Oriente

Un tempo protettorato britannico, l’arcipelago presenta un’economia diversificata. Mentre il petrolio e il gas naturale costituiscono l’85% delle entrate di bilancio del paese, il Bahrain ha anche un importante settore dell’ospitalità e della vendita al dettaglio. Tuttavia, occasionali conflitti tra manifestanti e forze di sicurezza si verificano a seguito di disordini politici in corso.

Per acquisire un permesso di soggiorno in Bahrain, bisogna essere pronti a presentare diversi moduli e pagare una somma considerevole. Gli espatriati dovranno investire un minimo di 100.000 BD (o $ 265.246,70) o acquistare proprietà del valore di almeno 50.000 BD (o $ 132.623,35). I candidati dovranno inoltre guadagnare un reddito mensile di almeno 500 BD (o $ 1.326,23) e disporre di un deposito fisso fino a 15.000 BD (o $ 39.787,01).

In alternativa, i lavoratori stranieri che ricevono un visto di lavoro da un datore di lavoro locale hanno diritto a un permesso di soggiorno. Detto datore di lavoro è responsabile dell’organizzazione delle pratiche burocratiche necessarie.  C’è anche un permesso di soggiorno per persone a carico per chi è sposato con un cittadino del Bahrein, anche se questo dovrà essere richiesto dal loro datore di lavoro.

Bermuda

  • Regione: Oceano Atlantico settentrionale

Le Bermuda sono uno dei tanti territori britannici d’oltremare che non riscuotono un’imposta sul reddito, sebbene siano i più antichi e popolosi. The Rock ha una lunga storia di turismo, che risale all’epoca vittoriana. Tuttavia, nonostante il turismo rappresenti una quota molto maggiore dell’occupazione, l’85% del PIL delle Bermuda proviene dal settore assicurativo e da altri servizi finanziari.

Oltre a sposare un locale, puoi ricevere un certificato di residente permanente, che può richiedere un periodo di residenza precedente fino a 10 anni e una commissione di $ 50.000.   È anche possibile accedere attraverso diversi permessi di lavoro, in particolare il permesso di lavoro per nuove imprese, il permesso di lavoro per imprenditori globali e il permesso di lavoro globale, sebbene quest’ultimo sia valido solo per un periodo di tempo limitato.

Isole Vergini Britanniche

  • Regione: Indie occidentali

Le Isole Vergini britanniche sono un altro paese caraibico fortemente dipendente dal turismo, che rappresenta circa il 45% del reddito nazionale. L’allevamento del bestiame è l’attività agricola più importante, poiché la scarsa qualità del suolo limita il potenziale di coltivazione. Il dollaro USA è la valuta legale nelle Isole Vergini britanniche dal 1959, poiché la sua economia è strettamente legata alle più popolose Isole Vergini americane.

Per diventare un residente permanente, una persona deve risiedere nelle Isole Vergini britanniche per un periodo di 20 anni. Devono quindi presentare un modulo di residenza di persona al governo del dipartimento dell’immigrazione delle Isole britanniche.

Brunei

  • Regione: Sud-est asiatico

Come il Bahrein, il Brunei deve gran parte della sua prosperità economica ai suoi numerosi giacimenti di petrolio e gas naturale, che rappresentano il 65% del suo PIL. Ciò consente al governo del Brunei di fornire servizi medici gratuiti e istruzione gratuita fino al livello universitario. La Casa di Bolkiah, la famiglia reale del Brunei, è rimasta al potere in Brunei per più di sei secoli.

Può essere molto difficile acquisire un permesso di soggiorno permanente per il Brunei, che in genere richiede il superamento di severi test sulla cultura, i costumi e la lingua locali.

Città del Vaticano

  • Regione: Europa occidentale

L’economia della Santa Sede (il governo mondiale della Chiesa cattolica) è sostenuta principalmente attraverso investimenti, entrate immobiliari e donazioni. Lo stato separato della Città del Vaticano è un’area murata di 121 acri all’interno della città di Roma.   La Città del Vaticano se la cava con la vendita di francobolli, monete, medaglie e altri cimeli turistici, i biglietti d’ingresso ai musei e le vendite di pubblicazioni. Nel febbraio 2014, nell’ambito di una campagna di riforma delle finanze della Santa Sede a causa di un crescente deficit, è stata creata la Segreteria dell’Economia per sovrintendere alle operazioni finanziarie e amministrative.

La cittadinanza della Città del Vaticano è limitata alle persone fisiche in queste circostanze specifiche: cardinali residenti nello Stato della Città del Vaticano oa Roma, diplomatici della Santa Sede, residenti autorizzati nello Stato della Città del Vaticano, quelli con autorizzazione papale a risiedere nello Stato, i coniugi e / o figli di cittadini locali.

Isole Cayman

  • Regione: Mar dei Caraibi

Come le Bermuda, le Isole Cayman sono entrambi uno dei territori britannici d’oltremare e sede di un importante centro finanziario offshore. Le Isole Cayman, tuttavia, derivano molto più del loro PIL dal turismo, circa il 70%. Nonostante la sua posizione remota, i residenti godono di un tenore di vita pari a quello della Svizzera.

L’immigrazione alle Isole Cayman non è particolarmente difficile fintanto che si risiede lì da almeno otto anni prima della domanda (anche se non più di nove anni prima della domanda, al di fuori di circostanze specifiche). Ciò richiederà una tassa di deposito di CI $ 1.000 (o $ 1.199,40). Una volta concesso il permesso, è prevista una tariffa annuale basata sul reddito fino a CI $ 12,500 (o $ 14,992,49).

Kuwait

  • Regione: Medio Oriente

Nonostante il settore pubblico impieghi il 74% della popolazione, il Kuwait è fortemente dipendente dal petrolio. Tuttavia, con il petrolio che rappresenta il 92% del suo sostanziale PIL, non sorprende che il Kuwait possa ancora permettersi di non imporre tasse sul reddito ai suoi cittadini. Secondo la CIA, gli stranieri in cerca di lavoro in Kuwait possono diventare vittime del lavoro forzato, in gran parte a causa di una legge sulla sponsorizzazione che rende difficile per i lavoratori sfuggire ai luoghi di lavoro abusivi.

Dal 2013, il governo del Kuwait ha lavorato per ridurre il numero di espatriati al fine di ridurre al minimo la concorrenza per i posti di lavoro di alto livello. Inoltre, agli espatriati di età superiore ai 50 anni è vietato legalmente lavorare nel settore pubblico del Kuwait.

Maldive

  • Regione: Asia meridionale

Sebbene le industrie del turismo e della pesca della nazione insulare abbiano registrato una crescita sostanziale, le Maldive stanno ancora affrontando una montagna di debiti in costante accumulo. Dato che l’80% dell’isola non è più alto di un metro sul livello del mare, c’è anche una crescente preoccupazione per gli effetti sia dell’erosione che dei livelli dell’acqua più elevati causati dal riscaldamento globale. Inoltre, secondo la CIA, sia gli estranei in cerca di lavoro alle Maldive che i residenti locali possono trovarsi vittime di lavori forzati.

La residenza alle Maldive è possibile, anche se è necessario prima acquisire un permesso di lavoro. Questo può essere ottenuto tramite un residente locale o un’azienda tramite il programma di sponsorizzazione. Successivamente, uno diventerà idoneo per un permesso di soggiorno.

Monaco

  • Regione: Europa occidentale

Monaco è una popolare destinazione turistica e, come in molti paesi senza tasse sul reddito, un importante centro bancario. Si noti che alle società verrà addebitata una tassa del 33% sui profitti a meno che i tre quarti dei profitti non vengano generati a Monaco. I residenti locali hanno uno standard di vita simile a quello delle fiorenti aree metropolitane francesi.

Ottenere un permesso di soggiorno a Monaco è costoso. Uno deve possedere o affittare una residenza di qualche tipo, come una casa o un appartamento, e avere un conto in una banca monegasca. Requisiti per un account: un deposito iniziale da € 500.000 a € 1.000.000 (da $ 586.328 a $ 1.159.495).

Nauru

  • Regione: Oceano Pacifico centrale

Nauru era una volta uno dei paesi più ricchi del mondo a causa delle massicce forniture di una specifica risorsa naturale: il fosfato. Attualmente, mentre sono in corso gli sforzi per estrarre “fosfato secondario” per mantenere a galla l’economia, il futuro dell’isola è incerto. Altre fonti di reddito del governo includono le licenze di pesca e l’Australian Regional Processing Centre per i richiedenti asilo.

Presumibilmente Nauru una volta aveva un programma di cittadinanza economica in cui la cittadinanza poteva essere accelerata a pagamento. Tuttavia, se tali informazioni sono mai state disponibili online, non sono più disponibili.

Isola Norfolk

  • Regione: Australia

Originariamente una colonia penale britannica fallita, l’isola di Norfolk fu successivamente reinsediata dai discendenti degli ammutinati dell’HMS Bounty. Il principale motore della crescita economica del territorio esterno australiano è la sua industria del turismo. Piuttosto che dipendere fortemente dalle esportazioni di cibo, l’isola di Norfolk è autosufficiente, producendo carne, pollame e uova.

I cittadini australiani e neozelandesi avranno il tempo più facile per immigrare a Norfolk Island, poiché hanno accesso a un processo esclusivo. I cittadini stranieri che desiderano vivere, lavorare e risiedere lì dovranno compilare e inviare una moltitudine di moduli e documenti.

Oman

  • Regione: Medio Oriente

L’Oman è un altro paese del Medio Oriente che dipende fortemente dal petrolio e dal gas, che genera tra il 68% e l’85% delle entrate del governo. La leadership del paese sta lavorando per diversificare l’economia rafforzando le sue industrie del turismo, della spedizione e della logistica, minerario, manifatturiero e dell’acquacoltura. Il sultano Qaboos bin Said, il monarca regnante più longevo dell’Oman, è morto nel gennaio 2020.

Il governo dell’Oman sta lavorando per creare più posti di lavoro a causa del crescente numero di cittadini stranieri che entrano nel paese.

Pitcairn

  • Regione: Oceano Pacifico

Pitcairn è l’ultimo residuo dell’Impero britannico nel Pacifico meridionale. L’economia di questo territorio britannico d’oltremare ruota principalmente intorno alla pesca, all’agricoltura, all’artigianato e ai francobolli. La popolazione dell’isola è attualmente stimata in sole 50 persone.

Il processo di immigrazione di Pitcairn è sorprendentemente semplice. Tutto ciò che deve essere fatto è compilare un modulo di domanda di transazione, pagare una quota e quindi partecipare a un colloquio con il vice governatore dell’isola.

Qatar

  • Regione: Medio Oriente

Il Qatar condivide molti aspetti con il Kuwait. Anche la sua economia dipende dal petrolio, sebbene nel caso del Qatar il suo settore energetico raccolga ulteriori profitti dal gas naturale. Nonostante ciò, l’industria rappresenta più della metà del PIL del paes. Sfortunatamente, secondo la CIA, un’altra somiglianza che il Qatar condivide con il suo paese del Medio Oriente è che è un luogo in cui molti lavoratori sono soggetti al lavoro forzato.

Coloro che desiderano risiedere e lavorare in Qatar dovranno essersi già assicurati una posizione presso un’azienda locale, oltre a ottenere l’autorizzazione della polizia dalla loro nazione natale.  Nel 2017, il Qatar ha sostituito i requisiti per i visti per i visitatori di oltre 80 paesi, inclusi gli Stati Uniti, con un sistema di esenzione. Ciò significa che i visitatori possono arrivare senza visto e rimanere per 30 o 90 giorni, a seconda dell’origine nazionale.

Saint Barthélemy

  • Regione: Indie occidentali

Dopo essere stata scambiata tra Francia e Svezia dal 1648 al 1877, Saint Barthélemy è diventata una collettività francese d’oltremare nel 2007. L’economia dell’isola ruota principalmente intorno al turismo e al commercio di lusso, con il primo responsabile della maggior parte dell’occupazione locale. Il costo della vita è notevolmente elevato.

Saint Barthélemy è diventata un territorio d’oltremare dell’UE nel 2012.

Saint Kitts e Nevis

  • Regione: Indie occidentali

L’economia di Saint Kitts e Nevis si basa sul turismo, un’industria che ha sostituito il pilastro originale, lo zucchero, nel 1970. In effetti, il governo ha chiuso l’industria dello zucchero nel 2005 dopo aver operato in perdita per diversi decenni. Nonostante gli sforzi per diversificare il suo settore agricolo, Saint Kitts e Nevis ha uno dei rapporti debito / PIL più alti al mondo.

Come soluzione parziale ai suoi problemi monetari, Saint Kitts e Nevis fornisce programmi di cittadinanza economica per i cittadini stranieri. Gli espatriati possono ottenere la residenza attraverso investimenti finanziari nell’isola.

Somalia

  • Regione: Africa

Dal crollo del regime autoritario di Siad Barre nel 1991, la Somalia è stata afflitta da combattimenti tra fazioni e attualmente manca di un governo nazionale efficace. Ci sono stati due governi ad interim: il governo nazionale di transizione nel 2000, seguito dal governo federale di transizione nel 2004. Il paese ha un’economia informale composta principalmente da bestiame, società di trasferimento di denaro e telecomunicazioni.

Nel 2015, il governo federale della Somalia ha approvato una nuova politica per limitare la dipendenza del paese dalle nazioni straniere e aprire più posti di lavoro per la forza lavoro locale.

Le Bahamas

  • Regione: Indie occidentali

Il turismo rappresenta la metà del PIL e della forza lavoro delle Bahamas. Il settore dei servizi finanziari dell’Arcipelago, che rappresenta il 15% del PIL, è considerato il secondo per importanza. Inoltre, le Bahamas sono l’unico paese dell’emisfero occidentale che non fa parte dell’Organizzazione mondiale del commercio.

Come parte dell’Immigration Act delle Bahamas, l’immigrazione è possibile per gli investitori stranieri tramite un acquisto di proprietà residenziali di almeno B $ 500.000 ($ 500.217), a condizione che si dimostri di avere mezzi sufficienti per sostenere se stessi ed eventuali persone a carico e quindi risieda nel paese per un massimo di 10 anni.

Gli Emirati Arabi Uniti

  • Regione: Medio Oriente

Sebbene gli Emirati Arabi Uniti abbiano a lungo derivato la maggior parte della loro ricchezza dal petrolio e dal gas naturale, questo paese mediorientale ha diversificato con successo la sua economia al punto che il settore energetico rappresenta solo il 30% del suo PIL. Ora le industrie e il settore dei servizi rappresentano ciascuno quasi la metà del PIL totale degli Emirati Arabi Uniti. Il paese ha un elevato tenore di vita e c’è stato un recente aumento della spesa per la creazione di posti di lavoro e l’espansione delle infrastrutture.

Parte del piano strategico degli Emirati Arabi Uniti per i prossimi anni è la creazione di ulteriori opportunità di lavoro per i cittadini stranieri.  Per lavorare negli Emirati Arabi Uniti, un espatriato deve essere sponsorizzato da un residente locale o da un’azienda tramite il programma di sponsorizzazione di Kafala . Tuttavia, i visti vengono concessi solo temporaneamente e dovranno essere rinnovati. La perdita dei posti di lavoro sponsorizzati significherà dover lasciare il paese.

Isole Turks e Caicos

  • Regione: Indie occidentali

Le Isole Turks e Caicos sono rimaste un territorio britannico d’oltremare dal 1962, anche dopo essere diventate brevemente indipendenti nel 1982. L’economia di queste isole ruota fortemente intorno al turismo, ai servizi finanziari e alla pesca. Il settore dei servizi rappresenta oltre il 90% del PIL totale.

Per avere diritto a un permesso di soggiorno, è necessario essere “indipendenti”, affittare / possedere una casa, essere in grado di investire fino a $ 500.000 o essere sposati con un residente locale. Coloro che soddisfano uno dei criteri di cui sopra devono semplicemente presentare un modulo di domanda al direttore dell’immigrazione e pagare una tassa relativamente piccola.

Vanuatu

  • Regione: Oceano Pacifico meridionale

Contrariamente alla tipica economia dell’isola in questo elenco, oltre un quarto del PIL di Vanuatu deriva dall’agricoltura, che impiega circa due terzi della popolazione. Detto questo, anche il turismo, i servizi finanziari offshore e la pesca sono settori importanti. Dopo che il turismo ha subito un duro colpo a causa dei danni causati dal ciclone Pam, il governo ha lavorato per rafforzare il settore, oltre a incrementare l’allevamento del bestiame.

Il percorso verso la cittadinanza di Vanuatu è semplice, anche se un po ‘costoso. Dopo aver completato il processo di autorizzazione FIU iniziale, che include una quota di $ 10.000, è necessario effettuare una donazione di $ 135.000 a una singola persona o $ 185.000 a una famiglia di quattro persone attraverso il Vanuatu Development Support Program.

Wallis e Futuna

  • Regione: Oceano Pacifico meridionale

Come Vanuatu, l’80% dei guadagni di Wallis e Futuna derivano dall’agricoltura, oltre che dal bestiame e dalla pesca. Il settore pubblico è il più grande datore di lavoro in questa collettività francese d’oltremare, rappresentando il 70% della popolazione, sebbene circa due terzi non siano retribuiti. La Francia è responsabile del finanziamento del settore pubblico, nonché dei servizi sanitari e educativi.

Poiché Wallis e Futuna sono una collettività francese, le condizioni di accesso sono identiche a quelle in Francia.

Sahara occidentale

  • Regione: Nord Africa

Il Sahara occidentale è un territorio non autonomo con un’economia di mercato, le cui industrie principali sono la pesca, l’estrazione di fosfati, il turismo e il nomadismo pastorale. A causa del suo status giuridico irrisolto, le risorse naturali del Sahara occidentale sono spesso a rischio di sfruttamento.

Come parte di uno sforzo per integrare il Sahara occidentale nel Regno marocchino, il Marocco ha stabilito una presenza militare sostanziale nel territorio e ha offerto incentivi ai suoi cittadini per immigrarvi.