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OCSE – Utili commerciali – Art. 7 (Business Profits) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale

L’articolo 7 (Utili commerciali – Business Profits) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale dell’OCSE (Model Tax Convention on Income and Capital) (Vedi: Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale 2017 (versione completa) – OECD Model Tax Convention on Income and Capital) regolamenta la tassazione dei redditi prodotti nel territorio dello Stato Estero da un soggetto non ivi residente per il tramite della sua Stabile Organizzazione.

Articolo 7 (Utili commerciali – Business Profits) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale dell’OCSE

1. Gli utili di un’impresa di uno Stato contraente sono imponibili solo in tale Stato, a meno che l’impresa non svolga la propria attività nell’altro Stato contraente tramite una stabile organizzazione ivi situata. Se l’impresa svolge la propria attività come sopra indicato, gli utili attribuibili alla stabile organizzazione conformemente alle disposizioni del paragrafo 2 possono essere tassati in tale altro Stato.

2. Ai fini del presente articolo e dell’articolo [23 A] [23 B], gli utili attribuibili in ogni Stato contraente alla stabile organizzazione di cui al paragrafo 1 sono gli utili che ci si potrebbe aspettare di realizzare, in particolare nei suoi rapporti con altre parti dell’impresa, se fosse un’impresa separata e indipendente impegnata nelle stesse o simili attività alle stesse o simili condizioni, tenendo conto delle funzioni svolte, dei beni utilizzati e dei rischi assunti dall’impresa tramite la stabile organizzazione e tramite le altre parti dell’impresa.

3. Qualora, conformemente al paragrafo 2, uno Stato contraente regoli gli utili attribuibili a una stabile organizzazione di un’impresa di uno degli Stati contraenti e assoggetta di conseguenza a tassazione gli utili dell’impresa che sono stati tassati nell’altro Stato, l’altro Stato, nella misura necessaria per eliminare la doppia imposizione su tali utili, effettuerà un’appropriata rettifica dell’importo dell’imposta applicata su tali utili. Nel determinare tale rettifica, le autorità competenti degli Stati contraenti si consulteranno, se necessario.

4. Quando gli utili includono voci di reddito trattate separatamente in altri articoli della presente Convenzione, le disposizioni di tali articoli non sono influenzate dalle disposizioni del presente articolo.

Il Commentario all’art. 7 del  Modello di Convenzioni OCSE (traduzione:  OCSE – Commentario ad Art. 7 (Utili Commerciali) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale) (vedi: COMMENTARY ON ARTICLE 7-OF-THE-MODEL-TAX-CONVENTION) fornisce una serie di utili indicazioni.

 

OCSE – Commentario ad Art. 7 (Utili Commerciali) del Modello di Convenzione fiscale sul reddito e sul capitale

Commentario all’art. 7 del  Modello di Convenzioni OCSE 

COMMENTO ALL’ARTICOLO 7 RELATIVO ALLA TASSAZIONE DEGLI UTILI DELLE IMPRESE
I. Osservazioni preliminari
1. Questo articolo assegna diritti di imposizione fiscale in relazione agli utili aziendali di un’impresa di uno Stato contraente nella misura in cui tali utili non siano soggetti a norme diverse ai sensi di altri articoli della Convenzione. Incorpora il principio fondamentale secondo cui, a meno che un’impresa di uno Stato contraente non abbia una stabile organizzazione situata nell’altro Stato, gli utili aziendali di tale impresa non possono essere tassati da tale altro Stato a meno che tali utili non rientrino in categorie speciali di reddito per le quali altri articoli della Convenzione conferiscono diritti di imposizione fiscale a tale altro Stato.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
2. L’articolo 5, che include la definizione del concetto di stabile organizzazione, è quindi rilevante per determinare se gli utili aziendali di un’impresa di uno Stato contraente possano essere tassati nell’altro Stato. Tale articolo, tuttavia, non assegna di per sé diritti di imposizione: quando un’impresa di uno Stato contraente svolge attività nell’altro Stato contraente tramite una stabile organizzazione ivi situata, è necessario determinare quali siano, se presenti, gli utili che l’altro Stato può tassare. L’articolo 7 fornisce la risposta a tale domanda determinando che l’altro Stato può tassare gli utili attribuibili alla stabile organizzazione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
2.1 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
3. I principi alla base dell’articolo 7, e in particolare del paragrafo 2 dell’articolo, hanno una lunga storia. Quando l’OCSE ha esaminato per la prima volta quali criteri dovrebbero essere utilizzati nell’attribuzione degli utili a una stabile organizzazione, questa questione era stata precedentemente affrontata in un gran numero di convenzioni fiscali e in vari modelli sviluppati dalla Società delle Nazioni. I principi di entità separata e di libera concorrenza, su cui si basa il paragrafo 2, erano già stati incorporati in queste convenzioni e modelli e l’OCSE ha ritenuto che fosse sufficiente ribadire questi principi con alcuni lievi emendamenti e modifiche allo scopo principale di chiarimento.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
4. L’esperienza pratica ha tuttavia dimostrato che vi erano notevoli variazioni nell’interpretazione di questi principi generali e di altre disposizioni delle versioni precedenti dell’articolo 7. Questa mancanza di un’interpretazione comune ha creato problemi di doppia imposizione e di non imposizione. Nel corso del

anni, il Comitato per gli Affari Fiscali ha dedicato molto tempo e sforzi per cercare di garantire un’interpretazione e un’applicazione più coerenti delle norme dell’Articolo. Piccole modifiche alla formulazione dell’Articolo e una serie di modifiche al Commentario sono state apportate quando è stata adottata la Convenzione Modello Fiscale del 1977. Un rapporto che affrontava tale questione nel caso specifico delle banche è stato pubblicato nel 1984.1 Nel 1987, notando che la determinazione degli utili attribuibili a una stabile organizzazione poteva dare origine a una certa incertezza, il Comitato ha intrapreso una revisione della questione che ha portato all’adozione, nel 1993, del rapporto intitolato “Attribuzione del reddito alle stabili organizzazioni”2 e a successive modifiche al Commentario.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
5. Nonostante tale lavoro, le pratiche dei paesi OCSE e non OCSE in merito all’attribuzione degli utili alle stabili organizzazioni e l’interpretazione dell’articolo 7 da parte di tali paesi hanno continuato a variare notevolmente. Il Comitato ha riconosciuto la necessità di fornire maggiore certezza ai contribuenti: nel suo rapporto Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations3 (le “OECD Transfer Pricing Guidelines”), ha indicato che ulteriori lavori avrebbero affrontato l’applicazione del principio di libera concorrenza alle stabili organizzazioni. Tale lavoro ha prodotto, nel 2008, un rapporto intitolato Attribution of Profits to Permanent Establishments4 (il “Rapporto 2008”).
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
6. L’approccio sviluppato nel Rapporto del 2008 non era vincolato né dall’intento originale né dalla pratica storica e dall’interpretazione dell’Articolo 7. Invece, l’attenzione era rivolta alla formulazione dell’approccio più preferibile per attribuire profitti a una stabile organizzazione ai sensi dell’Articolo 7, date le operazioni e il commercio multinazionali odierni. Quando ha approvato il Rapporto del 2008, il Comitato ha ritenuto che le linee guida ivi incluse rappresentassero un approccio migliore per attribuire profitti a stabili organizzazioni rispetto a quanto fosse stato precedentemente disponibile. Ha anche riconosciuto, tuttavia, che vi erano differenze tra alcune delle conclusioni del

 

1 “La tassazione delle imprese bancarie multinazionali”, in Prezzi di trasferimento e imprese multinazionali: tre questioni fiscali, OCSE, Parigi, 1984.
2 Attribuzione del reddito alle stabili organizzazioni, Issues in International Taxation No. 5, OCSE, Parigi, 1994; riprodotto nel Volume II a pagina R(13)-1.
3 La versione originale di tale rapporto è stata approvata dal Consiglio dell’OCSE il
27 giugno 1995 e da allora è stato aggiornato più volte. Pubblicato dall’OCSE come Linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento per le imprese multinazionali e le amministrazioni fiscali.
4 Disponibile pressohttp://www.oecd.org/dataoecd/20/36/41031455.pdf.

Relazione del 2008 e l’interpretazione dell’articolo 7 precedentemente fornita nel presente Commento.
(Modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
7. Al fine di fornire la massima certezza su come i profitti debbano essere attribuiti alle stabili organizzazioni, il Comitato ha pertanto deciso che le conclusioni complete del Rapporto del 2008 debbano essere riflesse in una nuova versione dell’Articolo 7, insieme al Commentario di accompagnamento, da utilizzare nella negoziazione di futuri trattati e nella modifica dei trattati esistenti. Inoltre, al fine di fornire una maggiore certezza per l’interpretazione dei trattati che erano già stati conclusi sulla base della precedente formulazione dell’Articolo 7, il Comitato ha deciso che debba essere preparato anche un Commentario rivisto per quella precedente versione dell’Articolo, per tenere conto di quegli aspetti del rapporto che non erano in conflitto con il Commentario nella sua formulazione prima dell’adozione del Rapporto del 2008.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
8. La nuova versione dell’articolo, che ora compare nel Modello di Convenzione Fiscale, è stata adottata nel 2010. Allo stesso tempo, il Comitato ha adottato una versione rivista del Rapporto del 2008 al fine di garantire che le conclusioni di tale rapporto potessero essere lette in armonia con la nuova formulazione e la numerazione modificata di questa nuova versione dell’articolo. Mentre le conclusioni e le interpretazioni incluse nel rapporto rivisto che è stato così adottato nel 20101 (di seguito denominato “il Rapporto”) sono identiche a quelle del Rapporto del 2008, tale versione rivista tiene conto della stesura dell’articolo come si legge ora (l’Allegato al presente Commento include, per riferimento storico, il testo della precedente formulazione dell’articolo 7 e tale Commento rivisto, come si leggevano prima dell’adozione della versione attuale dell’articolo).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
9. La versione attuale dell’articolo riflette quindi l’approccio sviluppato nel Rapporto e deve essere interpretata alla luce delle linee guida in esso contenute. Il Rapporto affronta l’attribuzione degli utili sia alle stabili organizzazioni in generale (Parte I del Rapporto) sia, in particolare, alle stabili organizzazioni di imprese operanti nel settore finanziario, dove il commercio tramite una stabile organizzazione è diffuso (Parte II del Rapporto, che riguarda le stabili organizzazioni di banche, Parte III, che riguarda le stabili organizzazioni di imprese che svolgono commercio globale e Parte IV, che riguarda le stabili organizzazioni di imprese che svolgono attività assicurativa).
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)

1 Attribuzione degli utili alle stabili organizzazioni, OCSE, Parigi, 2010.

II. Commento alle disposizioni dell’articolo
Paragrafo 1
10. Il paragrafo 1 incorpora le norme per l’assegnazione dei diritti di imposizione sugli utili aziendali delle imprese di ogni Stato contraente. In primo luogo, stabilisce che, a meno che un’impresa di uno Stato contraente non abbia una stabile organizzazione situata nell’altro Stato, gli utili aziendali di tale impresa non possono essere tassati da tale altro Stato. In secondo luogo, stabilisce che se tale impresa svolge attività nell’altro Stato tramite una stabile organizzazione ivi situata, gli utili attribuibili alla stabile organizzazione, come determinato in conformità al paragrafo 2, possono essere tassati da tale altro Stato. Come spiegato di seguito, tuttavia, il paragrafo 4 limita l’applicazione di tali norme disponendo che l’articolo 7 non pregiudica l’applicazione di altri articoli della Convenzione che prevedono norme speciali per determinate categorie di utili (ad esempio quelli derivanti dall’esercizio di navi e aeromobili nel traffico internazionale) o per determinate categorie di reddito che possono anche costituire utili aziendali (ad esempio il reddito derivante da un’impresa in relazione alle attività personali di un artista o di uno sportivo).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
10.1 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
11. Il primo principio alla base del paragrafo 1, vale a dire che gli utili di un’impresa di uno Stato contraente non sono tassati nell’altro Stato a meno che l’impresa non svolga la sua attività in tale altro Stato tramite una stabile organizzazione ivi situata, ha una lunga storia e riflette il consenso internazionale secondo cui, come regola generale, finché un’impresa di uno Stato non ha una stabile organizzazione in un altro Stato, non dovrebbe essere correttamente considerata come partecipante alla vita economica di tale altro Stato in misura tale che l’altro Stato dovrebbe avere diritti di imposizione sui suoi utili.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
12. Il secondo principio, che si riflette nella seconda frase del paragrafo, è che il diritto di tassazione dello Stato in cui è situata la stabile organizzazione non si estende ai profitti che l’impresa può ricavare da tale Stato ma che non sono attribuibili alla stabile organizzazione. Questa è una questione su cui storicamente ci sono state divergenze di opinioni, alcuni paesi hanno da tempo perseguito un principio di “forza di attrazione” generale secondo cui redditi come altri profitti aziendali, dividendi, interessi e royalties derivanti da fonti nel loro territorio erano completamente tassabili da loro se il beneficiario aveva una stabile organizzazione in quel territorio, anche se tale reddito non era chiaramente attribuibile a tale stabile organizzazione. Mentre alcune convenzioni fiscali bilaterali

includono una norma antielusione limitata basata su un approccio di forza di attrazione ristretta che si applica solo ai profitti aziendali derivati da attività simili a quelle svolte da una stabile organizzazione, l’approccio generale di forza di attrazione descritto sopra è stato ora respinto nella prassi dei trattati fiscali internazionali. Il principio che è ora generalmente accettato nelle convenzioni sulla doppia imposizione si basa sulla visione secondo cui nel tassare i profitti che un’impresa estera deriva da un particolare paese, le autorità fiscali di quel paese dovrebbero esaminare le diverse fonti di profitto che l’impresa deriva dal loro paese e dovrebbero applicare a ciascuna il test della stabile organizzazione, soggetto alla possibile applicazione di altri articoli della Convenzione. Questa soluzione consente un’amministrazione e una conformità fiscale più semplici ed efficienti ed è più adatta al modo in cui l’attività viene comunemente svolta. L’organizzazione dell’attività moderna è altamente complessa. Esiste un numero considerevole di aziende, ciascuna delle quali è impegnata in un’ampia diversità di attività e svolge attività commerciali in molti paesi. Un’azienda può istituire una stabile organizzazione in un altro paese attraverso la quale svolge attività di produzione mentre una parte diversa della stessa azienda vende beni diversi in quell’altro paese tramite agenti indipendenti. Tale società può avere ragioni commerciali perfettamente valide per farlo: queste possono essere basate, ad esempio, sul modello storico della sua attività o sulla convenienza commerciale. Se il paese in cui è situata la stabile organizzazione volesse arrivare al punto di cercare di determinare e tassare l’elemento di profitto di ciascuna delle transazioni effettuate tramite agenti indipendenti, al fine di aggregare tale profitto con i profitti della stabile organizzazione, tale approccio interferirebbe seriamente con le normali attività commerciali e sarebbe contrario agli obiettivi della Convenzione.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
12.1 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
12.2 (Eliminato il 17 luglio 2008; vedi CRONOLOGIA)
13. Come indicato nella seconda frase del paragrafo 1, gli utili attribuibili alla stabile organizzazione sono determinati in conformità alle disposizioni del paragrafo 2, che fornisce il significato della frase “utili attribuibili alla stabile organizzazione” di cui al paragrafo 1. Poiché il paragrafo 1 concede diritti di imposizione allo Stato in cui è situata la stabile organizzazione solo per quanto riguarda gli utili attribuibili a tale stabile organizzazione, il paragrafo impedisce pertanto a tale Stato, fatta salva l’applicazione di altri articoli della

Convenzione, di tassare l’impresa dell’altro Stato contraente sugli utili che non sono attribuibili alla stabile organizzazione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
14. Lo scopo del paragrafo 1 è di limitare il diritto di uno Stato contraente di tassare gli utili aziendali delle imprese dell’altro Stato contraente. Come confermato dal paragrafo 3 dell’articolo 1, il paragrafo non limita il diritto di uno Stato contraente di tassare i propri residenti ai sensi delle disposizioni sulle società estere controllate presenti nel suo diritto interno, anche se tale imposta imposta a questi residenti può essere calcolata con riferimento alla parte degli utili di un’impresa che è residente dell’altro Stato contraente che è attribuibile alla partecipazione di questi residenti a tale impresa. L’imposta così riscossa da uno Stato sui propri residenti non riduce gli utili dell’impresa dell’altro Stato e non può, pertanto, essere considerata riscossa su tali utili (vedere anche il paragrafo 81 del Commentario all’articolo 1).
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)

Paragrafo 2
15. Il paragrafo 2 fornisce la regola di base per la determinazione degli utili attribuibili a una stabile organizzazione. Secondo il paragrafo, questi utili sono gli utili che la stabile organizzazione potrebbe aspettarsi di realizzare se fosse un’impresa separata e indipendente impegnata nelle stesse o simili attività alle stesse o simili condizioni, tenendo conto delle funzioni svolte, delle attività utilizzate e dei rischi assunti tramite la stabile organizzazione e tramite altre parti dell’impresa. Inoltre, il paragrafo chiarisce che questa regola si applica rispetto ai rapporti tra la stabile organizzazione e le altre parti dell’impresa.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
15.1 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
15.2 (Eliminato il 17 luglio 2008; vedi CRONOLOGIA)
15.3 (Eliminato il 17 luglio 2008; vedi CRONOLOGIA)
15.4 (Eliminato il 17 luglio 2008; vedi CRONOLOGIA)
16. L’approccio di base incorporato nel paragrafo ai fini della determinazione di quali siano gli utili attribuibili alla stabile organizzazione è pertanto quello di richiedere la determinazione degli utili in base alla finzione che la stabile organizzazione sia un’impresa separata e che tale impresa sia indipendente dal resto dell’impresa di cui fa parte, nonché da qualsiasi altra persona. La seconda parte di tale finzione

corrisponde al principio di libera concorrenza che è applicabile anche, ai sensi delle disposizioni dell’articolo 9, ai fini della rettifica degli utili delle imprese associate (vedere paragrafo 1 del Commento all’articolo 9).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
17. Il paragrafo 2 non cerca di allocare gli utili complessivi dell’intera impresa alla stabile organizzazione e alle sue altre parti, ma, invece, richiede che gli utili attribuibili a una stabile organizzazione siano determinati come se si trattasse di un’impresa separata. Gli utili possono quindi essere attribuiti a una stabile organizzazione anche se l’impresa nel suo complesso non ha mai realizzato utili. Al contrario, il paragrafo 2 può comportare che non vengano attribuiti utili a una stabile organizzazione anche se l’impresa nel suo complesso ha realizzato utili.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
17.1 (Rinumerato il 17 luglio 2008; vedi STORIA)
17.2 (Rinumerato il 17 luglio 2008; vedi STORIA)
17.3 (Rinumerato il 17 luglio 2008; vedi STORIA)
17.4 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
17.5 (Rinumerato il 17 luglio 2008; vedi STORIA)
17.6 (Rinumerato il 17 luglio 2008; vedi STORIA)
17.7 (Rinumerato il 17 luglio 2008; vedi STORIA)
18. Chiaramente, tuttavia, quando un’impresa di uno Stato contraente ha una stabile organizzazione nell’altro Stato contraente, il primo Stato ha interesse a che la direttiva del paragrafo 2 sia correttamente applicata dallo Stato in cui è situata la stabile organizzazione. Poiché tale direttiva si applica a entrambi gli Stati contraenti, lo Stato dell’impresa deve, in conformità con l’articolo 23 A o 23 B, eliminare la doppia imposizione sugli utili correttamente attribuibili alla stabile organizzazione (vedereparagrafo 27di seguito). In altre parole, se lo Stato in cui è ubicata la stabile organizzazione tenta di tassare gli utili che non sono attribuibili alla stabile organizzazione ai sensi dell’articolo 7, ciò potrebbe comportare una doppia imposizione di utili che dovrebbero essere tassati correttamente solo nello Stato dell’impresa.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
18.1 (Eliminato il 17 luglio 2008; vedi CRONOLOGIA)
18.2 (Eliminato il 17 luglio 2008; vedi CRONOLOGIA)
18.3 (Eliminato il 17 luglio 2008; vedi CRONOLOGIA)

19. Come indicato inparagrafi 8 E9 sopra, l’articolo 7, come attualmente formulato, riflette l’approccio sviluppato nella relazione adottata dal Comitato per gli affari fiscali nel 2010. La relazione si occupava principalmente dell’applicazione della finzione di impresa separata e indipendente che sta alla base del paragrafo 2 e lo scopo principale delle modifiche apportate a tale paragrafo in seguito all’adozione della relazione era di garantire che la determinazione degli utili attribuibili a una stabile organizzazione seguisse l’approccio proposto in tale relazione. La relazione fornisce quindi una guida dettagliata su come gli utili attribuibili a una stabile organizzazione dovrebbero essere determinati ai sensi delle disposizioni del paragrafo 2.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
20. Come spiegato nel Rapporto, l’attribuzione degli utili a una stabile organizzazione ai sensi del paragrafo 2 deriverà dal calcolo degli utili (o delle perdite) derivanti da tutte le sue attività, comprese le transazioni con imprese indipendenti, le transazioni con imprese associate (con applicazione diretta delle Linee guida OCSE sui prezzi di trasferimento) e le transazioni con altre parti dell’impresa. Questa analisi comporta due fasi descritte di seguito. L’ordine dell’elenco delle voci all’interno di ciascuna di queste due fasi non intende essere prescrittivo, in quanto le varie voci possono essere interconnesse (ad esempio, il rischio è inizialmente attribuito a una stabile organizzazione in quanto svolge le funzioni significative del personale rilevanti per l’assunzione di tale rischio, ma il riconoscimento e la caratterizzazione di una successiva transazione tra la stabile organizzazione e un’altra parte dell’impresa che gestisce il rischio può portare a un trasferimento del rischio e del capitale di supporto all’altra parte dell’impresa).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
21. Nella prima fase viene effettuata un’analisi funzionale e fattuale che porterà a:
— l’attribuzione alla stabile organizzazione, ove opportuno, dei diritti e degli obblighi derivanti dalle transazioni tra l’impresa di cui la stabile organizzazione fa parte e imprese distinte;
— l’identificazione delle funzioni significative delle persone rilevanti per l’attribuzione della proprietà economica dei beni e l’attribuzione della proprietà economica dei beni alla stabile organizzazione;
— l’identificazione delle funzioni significative del personale rilevanti ai fini dell’assunzione dei rischi e l’attribuzione dei rischi alla stabile organizzazione;
— l’identificazione delle altre funzioni della stabile organizzazione;

— il riconoscimento e la determinazione della natura di quei rapporti tra la stabile organizzazione e altre parti della stessa impresa che possono essere opportunamente riconosciuti, avendo superato il test di soglia di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a),paragrafo 26;E
— l’attribuzione del capitale in base alle attività e ai rischi attribuiti alla stabile organizzazione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
22. Nella seconda fase, tutte le transazioni con imprese associate attribuite alla stabile organizzazione vengono valutate in conformità alle linee guida delle Linee guida sui prezzi di trasferimento dell’OCSE e queste Linee guida vengono applicate per analogia alle transazioni tra la stabile organizzazione e le altre parti dell’impresa di cui fa parte. Il processo comporta la determinazione del prezzo su base di libera concorrenza di queste transazioni riconosciute tramite:
— la determinazione della comparabilità tra le transazioni e le transazioni non controllate, stabilita applicando direttamente i fattori di comparabilità delle Linee guida (caratteristiche della proprietà o dei servizi, circostanze economiche e strategie aziendali) o per analogia (analisi funzionale, termini contrattuali) alla luce delle particolari circostanze fattuali della stabile organizzazione; e
— l’applicazione per analogia di uno dei metodi delle Linee guida per giungere a una compensazione a condizioni di libera concorrenza per i rapporti tra la stabile organizzazione e le altre parti dell’impresa, tenendo conto delle funzioni svolte e delle attività e dei rischi attribuiti alla stabile organizzazione e alle altre parti dell’impresa.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
23. Ognuna di queste operazioni è analizzata più approfonditamente nel Rapporto, in particolare per quanto riguarda l’attribuzione degli utili alle stabili organizzazioni di imprese operanti nel settore finanziario, dove l’attività di negoziazione tramite una stabile organizzazione è diffusa (cfr. Parte II del Rapporto, che tratta delle stabili organizzazioni di banche; Parte III, che tratta delle stabili organizzazioni di imprese che svolgono attività di negoziazione a livello mondiale, e Parte IV, che tratta delle stabili organizzazioni di imprese che svolgono attività assicurativa).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
24. Il paragrafo 2 si riferisce specificamente ai rapporti tra la stabile organizzazione e le altre parti dell’impresa di cui la stabile organizzazione fa parte, al fine di sottolineare che la finzione di impresa separata e indipendente del paragrafo richiede che tali rapporti siano trattati allo stesso modo di transazioni simili che hanno luogo tra

imprese indipendenti. Tale riferimento specifico alle transazioni tra la stabile organizzazione e altre parti dell’impresa non limita tuttavia la portata del paragrafo. Quando una transazione che ha luogo tra l’impresa e un’impresa associata influisce direttamente sulla determinazione degli utili attribuibili alla stabile organizzazione (ad esempio l’acquisizione da parte della stabile organizzazione da un’impresa associata di beni che saranno venduti tramite la stabile organizzazione), il paragrafo 2 richiede inoltre che, ai fini del calcolo degli utili attribuibili alla stabile organizzazione, le condizioni della transazione siano modificate, se necessario, per riflettere le condizioni di una transazione simile tra imprese indipendenti. Supponiamo, ad esempio, che la stabile organizzazione situata nello Stato S di un’impresa dello Stato R acquisisca una proprietà da un’impresa associata dello Stato T. Se il prezzo previsto nel contratto tra le due imprese associate supera quello che sarebbe stato concordato tra imprese indipendenti, il paragrafo 2 dell’articolo 7 del trattato tra lo Stato R e lo Stato S autorizzerà lo Stato S ad adeguare gli utili attribuibili alla stabile organizzazione per riflettere quanto un’impresa separata e indipendente avrebbe pagato per tale proprietà. In tal caso, lo Stato R potrà anche adeguare gli utili dell’impresa dello Stato R ai sensi del paragrafo 1 dell’articolo 9 del trattato tra lo Stato R e lo Stato T, il che innescherà l’applicazione del corrispondente meccanismo di adeguamento del paragrafo 2 dell’articolo 9 di tale trattato.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
25. Le transazioni tra la stabile organizzazione e altre parti dell’impresa di cui fa parte non hanno conseguenze legali per l’impresa nel suo complesso. Ciò implica la necessità di un esame più approfondito di queste transazioni rispetto alle transazioni tra due imprese associate. Ciò implica anche un esame più approfondito della documentazione (nell’inevitabile assenza, ad esempio, di contratti legalmente vincolanti) che potrebbe altrimenti esistere.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
26. In genere non si intende imporre requisiti di documentazione più gravosi in relazione a tali transazioni rispetto a quelli applicati alle transazioni tra imprese associate. Inoltre, come nel caso della documentazione sui prezzi di trasferimento a cui si fa riferimento nelle Linee guida sui prezzi di trasferimento dell’OCSE, i requisiti non dovrebbero essere applicati in modo tale da imporre ai contribuenti costi e oneri sproporzionati rispetto alle circostanze. Tuttavia, considerando l’unicità della natura di una transazione, i paesi vorrebbero richiedere ai contribuenti di dimostrare chiaramente che sarebbe opportuno riconoscere la transazione. Pertanto, ad esempio, una registrazione contabile e una documentazione contemporanea che dimostri una transazione che trasferisce rischi, responsabilità e benefici economicamente significativi sarebbero utili

punto di partenza ai fini dell’attribuzione dei profitti. I contribuenti sono incoraggiati a preparare tale documentazione, in quanto potrebbe ridurre sostanzialmente il potenziale di controversie in merito all’applicazione dell’approccio. Le amministrazioni fiscali darebbero effetto a tale documentazione, nonostante la sua mancanza di effetto legale, nella misura in cui:
— la documentazione è coerente con la sostanza economica delle attività svolte all’interno dell’impresa, come risulta dall’analisi funzionale e fattuale;
— gli accordi documentati in relazione all’operazione, considerati nel loro complesso, non differiscono da quelli che sarebbero stati adottati da imprese indipendenti comparabili che si comportano in modo commercialmente razionale, o se lo fanno, la struttura così come presentata nella documentazione del contribuente non impedisce praticamente all’amministrazione fiscale di determinare un prezzo di trasferimento appropriato; e
— la gestione presentata nella documentazione del contribuente non viola i principi dell’approccio esposto nel rapporto, ad esempio pretendendo di trasferire i rischi in modo da separarli dalle funzioni.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
27. Le parole iniziali del paragrafo 2 e la frase “in ogni Stato contraente” indicano che il paragrafo 2 si applica non solo ai fini della determinazione degli utili che lo Stato contraente in cui è situata la stabile organizzazione può tassare in conformità all’ultima frase del paragrafo 1, ma anche per l’applicazione degli articoli 23 A e 23 B da parte dell’altro Stato contraente. Quando un’impresa di uno Stato svolge attività tramite una stabile organizzazione situata nell’altro Stato, il primo Stato menzionato deve esentare gli utili attribuibili alla stabile organizzazione (articolo 23 A) o riconoscere un credito per l’imposta riscossa dall’altro Stato su tali utili (articolo 23 B). Ai sensi di entrambi questi articoli, tale Stato deve pertanto determinare gli utili attribuibili alla stabile organizzazione al fine di fornire un’esenzione dalla doppia imposizione ed è tenuto a seguire le disposizioni del paragrafo 2 a tale scopo.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
28. La finzione di impresa separata e indipendente che è imposta dal paragrafo 2 è limitata alla determinazione degli utili attribuibili a una stabile organizzazione. Non si estende alla creazione di reddito nozionale per l’impresa che uno Stato contraente potrebbe tassare come tale ai sensi della sua legge nazionale sostenendo che tale reddito è coperto da un altro articolo della Convenzione che, in conformità con il paragrafo 4 dell’articolo 7, consente la tassazione di tale reddito nonostante il paragrafo 1 dell’articolo 7.

Supponiamo, ad esempio, che le circostanze di un caso particolare giustifichino la considerazione che la proprietà economica di un edificio utilizzato dalla stabile organizzazione debba essere attribuita alla sede centrale (vedere paragrafo 75 della Parte I della Relazione). In tal caso, il paragrafo 2 potrebbe richiedere la deduzione di una rendita nozionale nella determinazione degli utili della stabile organizzazione. Tale finzione, tuttavia, non potrebbe essere interpretata come creazione di reddito da beni immobili ai fini dell’articolo 6. In effetti, la finzione imposta dal paragrafo 2 non modifica la natura del reddito derivante dall’impresa; si applica semplicemente per determinare gli utili attribuibili alla stabile organizzazione ai fini degli articoli 7, 23 A e 23 B. Analogamente, il fatto che, ai sensi del paragrafo 2, un onere di interessi fittizio possa essere dedotto nel determinare gli utili attribuibili a una stabile organizzazione non significa che siano stati pagati interessi all’impresa di cui la stabile organizzazione fa parte ai fini dei paragrafi 1 e 2 dell’articolo 11. La finzione di impresa separata e indipendente non si estende all’articolo 11 e, ai fini di tale articolo, non si può ritenere che una parte di un’impresa abbia effettuato un pagamento di interessi a un’altra parte della stessa impresa. Chiaramente, tuttavia, se gli interessi pagati da un’impresa a una persona diversa sono pagati su un debito contratto in relazione a una stabile organizzazione dell’impresa e sono sostenuti da tale stabile organizzazione, questo pagamento di interessi reali può, ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 11, essere tassato dallo Stato in cui è ubicata la stabile organizzazione. Inoltre, laddove un trasferimento di attività tra una stabile organizzazione e il resto dell’impresa è considerato un’operazione ai fini del paragrafo 2 dell’articolo 7, l’articolo 13 non impedisce agli Stati di tassare i profitti o i guadagni derivanti da tale operazione, purché tale tassazione sia conforme all’articolo 7 (vedere i paragrafi 4, 8 e 10 del Commento all’articolo 13).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
29. Alcuni Stati ritengono che, come questione di politica, la finzione di impresa separata e indipendente che è imposta dal paragrafo 2 non dovrebbe essere limitata all’applicazione degli articoli 7, 23 A e 23 B, ma dovrebbe estendersi anche all’interpretazione e all’applicazione di altri articoli della Convenzione, in modo da garantire che le stabili organizzazioni siano, per quanto possibile, trattate allo stesso modo delle filiali. Questi Stati possono quindi considerare che gli oneri nozionali per le transazioni che, ai sensi del paragrafo 2, sono dedotti nel calcolo degli utili di una stabile organizzazione dovrebbero essere trattati, ai fini di altri articoli della Convenzione, allo stesso modo dei pagamenti che sarebbero effettuati da una filiale alla sua società madre. Questi Stati possono quindi desiderare di includere nei loro trattati fiscali disposizioni in base alle quali gli oneri per le transazioni interne dovrebbero essere riconosciuti ai fini degli articoli 6 e 11 (si noti, tuttavia, che l’imposta sarà riscossa in

conformemente a tali disposizioni solo nella misura prevista dal diritto interno). In alternativa, questi Stati potrebbero voler stabilire che non vengano riconosciute transazioni interne in circostanze in cui una transazione equivalente tra due imprese distinte darebbe origine a un reddito coperto dall’articolo 6 o 11 (in tal caso, tuttavia, sarà importante garantire che una quota appropriata delle spese relative a ciò che altrimenti sarebbe stato riconosciuto come transazione venga attribuita alla parte rilevante dell’impresa). Gli Stati che prendono in considerazione queste alternative dovrebbero, tuttavia, tenere conto del fatto che, a causa di considerazioni speciali applicabili agli oneri di interessi interni tra diverse parti di un’impresa finanziaria (ad esempio una banca), le transazioni che hanno comportato tali oneri sono state riconosciute da tempo, anche prima dell’adozione della presente versione dell’articolo.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
30. Il paragrafo 2 determina gli utili attribuibili a una stabile organizzazione ai fini della norma del paragrafo 1 che assegna i diritti di imposizione su tali utili. Una volta che gli utili attribuibili a una stabile organizzazione sono stati determinati conformemente al paragrafo 2 dell’articolo 7, spetta al diritto interno di ogni Stato contraente determinare se e come tali utili debbano essere tassati, purché vi sia conformità con i requisiti del paragrafo 2 e le altre disposizioni della Convenzione. Il paragrafo 2 non affronta la questione se le spese siano deducibili quando si calcola il reddito imponibile dell’impresa in uno degli Stati contraenti. Le condizioni per la deducibilità delle spese sono una questione da determinare dal diritto interno, fatte salve le disposizioni della Convenzione e, in particolare, il paragrafo 3 dell’articolo 24 (vedereparagrafi 33E34sotto).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
31. Pertanto, ad esempio, mentre le norme di diritto interno che ignorerebbero il riconoscimento di transazioni che dovrebbero essere riconosciute ai fini della determinazione degli utili attribuibili a una stabile organizzazione ai sensi del paragrafo 2 o che negherebbero la deduzione di spese non sostenute esclusivamente a beneficio della stabile organizzazione violerebbero chiaramente il paragrafo 2, le norme che impediscono la deduzione di determinate categorie di spese (ad esempio spese di intrattenimento) o che stabiliscono quando una spesa particolare dovrebbe essere dedotta non sono interessate dal paragrafo 2. Nel fare tale distinzione, tuttavia, potrebbero sorgere alcune difficili questioni come nel caso delle restrizioni di diritto interno basate sul momento in cui una spesa o un elemento di reddito viene effettivamente pagato. Poiché, ad esempio, un internal dealing non comporterà un effettivo trasferimento o pagamento tra due persone diverse, l’applicazione di tali restrizioni di diritto interno dovrebbe generalmente tenere conto della natura del

negoziazione e, pertanto, trattare il trasferimento o il pagamento in questione come se fosse stato effettuato tra due persone diverse.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
32. Le differenze tra le legislazioni nazionali dei due Stati in materia di questioni quali i tassi di ammortamento, i tempi di riconoscimento del reddito e le restrizioni alla deducibilità di determinate spese si tradurranno normalmente in un importo diverso di reddito imponibile in ciascuno Stato, anche se, ai fini della Convenzione, l’importo degli utili attribuibili alla stabile organizzazione sarà stato calcolato sulla base del paragrafo 2 in entrambi gli Stati (vedere anche i paragrafi da 39 a 43 del Commentario agli articoli 23 A e 23 B). Pertanto, anche se il paragrafo 2 si applica ugualmente allo Stato contraente in cui è situata la stabile organizzazione (ai fini del paragrafo 1) e all’altro Stato contraente (ai fini degli articoli 23 A o 23 B), è probabile che l’importo del reddito imponibile su cui un’impresa di uno Stato contraente sarà tassata nello Stato in cui l’impresa ha una stabile organizzazione sarà, per un dato periodo imponibile, diverso dall’importo del reddito imponibile rispetto al quale il primo Stato dovrà fornire un’agevolazione ai sensi degli articoli 23 A o 23 B. Inoltre, nella misura in cui la differenza deriva da variazioni della legislazione nazionale in merito ai tipi di spese deducibili, anziché da differenze temporali nel riconoscimento di tali spese, la differenza sarà permanente.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
33. Nel tassare gli utili attribuibili a una stabile organizzazione situata sul suo territorio, uno Stato contraente dovrà tuttavia tenere conto delle disposizioni del paragrafo 3 dell’articolo 24. Tale paragrafo richiede, tra le altre cose, che le spese siano deducibili alle stesse condizioni, indipendentemente dal fatto che siano sostenute ai fini di una stabile organizzazione situata in uno Stato contraente o ai fini di un’impresa di tale Stato. Come affermato nel paragrafo 40 del Commentario all’articolo 24:
Alle stabili organizzazioni deve essere accordato lo stesso diritto delle imprese residenti di dedurre le spese commerciali che sono, in generale, autorizzate dalla legge fiscale a essere dedotte dagli utili imponibili. Tali deduzioni dovrebbero essere consentite senza restrizioni diverse da quelle imposte anche alle imprese residenti.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
34. Il requisito imposto dal paragrafo 3 dell’articolo 24 è lo stesso indipendentemente dal modo in cui le spese sostenute da un’impresa a beneficio di una stabile organizzazione vengono prese in considerazione ai fini del paragrafo 2 dell’articolo 7. In alcuni casi, non sarà appropriato considerare che si sia verificata una negoziazione tra diverse parti dell’impresa. In

tali casi, le spese sostenute da un’impresa ai fini delle attività svolte dalla stabile organizzazione saranno direttamente dedotte nella determinazione degli utili della stabile organizzazione (ad esempio lo stipendio di un operaio edile locale assunto e pagato localmente per lavorare esclusivamente in un cantiere che costituisce una stabile organizzazione di un’impresa estera). In altri casi, le spese sostenute dall’impresa saranno attribuite a funzioni svolte da altre parti dell’impresa in tutto o in parte a beneficio della stabile organizzazione e un onere appropriato sarà dedotto nella determinazione degli utili attribuibili alla stabile organizzazione (ad esempio spese generali relative a funzioni amministrative svolte dalla sede centrale a beneficio della stabile organizzazione). In entrambi i casi, il paragrafo 3 dell’articolo 24 richiederà che, per quanto riguarda la stabile organizzazione, le spese siano deducibili alle stesse condizioni di quelle applicabili a un’impresa di tale Stato. Pertanto, qualsiasi spesa sostenuta dall’impresa direttamente o indirettamente a beneficio della stabile organizzazione non deve, ai fini fiscali, essere trattata meno favorevolmente di una spesa simile sostenuta da un’impresa di tale Stato. Tale regola si applicherà indipendentemente dal fatto che, ai fini del paragrafo 2 del presente articolo 7, la spesa sia attribuita direttamente alla stabile organizzazione (primo esempio) o sia attribuita a un’altra parte dell’impresa ma riflessa in un onere fittizio alla stabile organizzazione (secondo esempio).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
35. Il paragrafo 3 dell’articolo 5 stabilisce una norma speciale per una sede fissa di attività che sia un cantiere edile o un progetto di costruzione o installazione. Tale sede fissa di attività è una stabile organizzazione solo se dura più di dodici mesi. L’esperienza ha dimostrato che questi tipi di stabili organizzazioni possono dare origine a problemi speciali nell’attribuzione di profitti a loro ai sensi dell’articolo 7.
(Modificato il 15 luglio 2014; vedere STORIA)
36. Questi problemi sorgono principalmente quando i beni sono forniti o i servizi eseguiti dalle altre parti dell’impresa o da una parte correlata in relazione al cantiere o al progetto di costruzione o installazione. Mentre questi problemi possono sorgere con qualsiasi stabile organizzazione, sono particolarmente acuti per i cantieri e i progetti di costruzione o installazione. In queste circostanze, è necessario prestare molta attenzione al principio generale secondo cui i profitti sono attribuibili a una stabile organizzazione solo per quanto riguarda le attività svolte dall’impresa tramite tale stabile organizzazione.
(Modificato il 15 luglio 2014; vedere STORIA)

37. Ad esempio, laddove tali beni siano forniti dalle altre parti dell’impresa, gli utili derivanti da tale fornitura non derivano dalle attività svolte tramite la stabile organizzazione e non sono ad essa attribuibili. Analogamente, gli utili derivanti dalla fornitura di servizi (come pianificazione, progettazione, disegno di progetti o fornitura di consulenza tecnica) da parte delle parti dell’impresa che operano al di fuori dello Stato in cui si trova la stabile organizzazione non derivano dalle attività svolte tramite la stabile organizzazione e non sono ad essa attribuibili.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
38. L’articolo 7, nella sua formulazione prima del 2010, comprendeva il seguente paragrafo 3:
Nella determinazione degli utili di una stabile organizzazione, sono ammesse in deduzione le spese sostenute per gli scopi della stabile organizzazione, comprese le spese di direzione e le spese generali di amministrazione, sia nello Stato in cui è situata la stabile organizzazione sia altrove.
Sebbene tale paragrafo intendesse originariamente chiarire che il paragrafo 2 richiedeva che le spese sostenute direttamente o indirettamente a beneficio di una stabile organizzazione fossero prese in considerazione nella determinazione degli utili della stabile organizzazione, anche se tali spese erano state sostenute al di fuori dello Stato in cui era ubicata la stabile organizzazione, a volte era stato interpretato come una limitazione della deduzione delle spese che avevano beneficiato indirettamente la stabile organizzazione all’importo effettivo delle spese.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
39. Ciò era particolarmente vero per le spese generali e amministrative, espressamente menzionate in quel paragrafo. Nella versione precedente del paragrafo 2, come interpretata nel Commentario, ciò non costituiva generalmente un problema, poiché una quota delle spese generali e amministrative dell’impresa poteva di solito essere assegnata solo a una stabile organizzazione su base di costo.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
40. Tuttavia, come formulato ora, il paragrafo 2 richiede il riconoscimento e l’armamentodeterminazione del prezzo di mercato delle transazioni attraverso le quali una parte dell’impresa svolge funzioni a vantaggio della stabile organizzazione (ad esempio tramite la fornitura di assistenza nella gestione quotidiana). La deduzione di un onere di libera concorrenza per queste transazioni, in contrapposizione a una deduzione limitata all’importo delle spese, è richiesta dal paragrafo 2. Il precedente paragrafo 3 è stato pertanto eliminato per evitare che venga interpretato erroneamente come limitazione della deduzione all’importo delle spese stesse. Tale eliminazione non influisce sul requisito, ai sensi del paragrafo 2, che nel determinare gli utili attribuibili a una stabile organizzazione, tutti

le spese rilevanti dell’impresa, ovunque sostenute, siano prese in considerazione. A seconda delle circostanze, ciò avverrà tramite la deduzione di tutte o parte delle spese o tramite la deduzione di un onere di libera concorrenza nel caso di una negoziazione tra la stabile organizzazione e un’altra parte dell’impresa.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
40.1 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
40.2 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
40.3 (Rinumerato e modificato il 17 luglio 2008; vedere STORIA)
41. L’articolo 7, come formulato prima del 2010, includeva anche una disposizione che consentiva l’attribuzione degli utili a una stabile organizzazione sulla base di una ripartizione degli utili totali dell’impresa tra le sue varie parti. Tale metodo, tuttavia, doveva essere applicato solo nella misura in cui la sua applicazione fosse stata consuetudinaria in uno Stato contraente e che il risultato fosse conforme ai principi dell’articolo 7. Per il Comitato, metodi diversi dalla ripartizione degli utili totali di un’impresa possono essere applicati anche nei casi più difficili. Il Comitato ha quindi deciso di eliminare tale disposizione perché la sua applicazione era diventata molto eccezionale e a causa delle preoccupazioni circa il fatto che fosse estremamente difficile garantire che il risultato della sua applicazione fosse conforme al principio di libera concorrenza.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
42. Allo stesso tempo, il Comitato ha anche deciso di eliminare un’altra disposizione che era presente nella versione precedente dell’articolo e secondo la quale gli utili da attribuire alla stabile organizzazione dovevano essere “determinati con lo stesso metodo anno per anno, a meno che non vi siano valide e sufficienti ragioni per procedere diversamente”. Tale disposizione, che intendeva garantire un trattamento continuo e coerente, era appropriata finché si accettava che gli utili attribuibili a una stabile organizzazione potessero essere determinati tramite metodi diretti o indiretti o persino sulla base di una ripartizione degli utili totali dell’impresa tra le sue varie parti. Il nuovo approccio elaborato dal Comitato, tuttavia, non consente l’applicazione di metodi così fondamentalmente diversi e pertanto evita la necessità di tale disposizione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
43. Un’ultima disposizione che è stata eliminata dall’articolo nello stesso momento prevedeva che “nessun utile può essere attribuito ad una stabile organizzazione in ragione del mero acquisto da parte di detta stabile organizzazione di beni o merci per l’impresa”. Il comma 4 d) dell’articolo 5, come formulato a quel tempo, riconosceva che quando un’impresa di uno Stato contraente

manteneva nell’altro Stato una sede fissa di affari esclusivamente allo scopo di acquistare beni per sé, la sua attività in tale sede non dovrebbe essere considerata come se avesse raggiunto un livello tale da giustificare la tassazione in tale altro Stato (le modifiche apportate all’articolo 5 nel 2017 hanno limitato la portata di tale eccezione). Tuttavia, laddove il comma 4 d) non fosse applicabile perché altre attività erano svolte dall’impresa tramite tale sede di affari, che pertanto costituiva una stabile organizzazione, era opportuno attribuire gli utili a tutte le funzioni svolte in tale sede. Infatti, se le attività di acquisto fossero state svolte da un’impresa indipendente, l’acquirente sarebbe stato remunerato a condizioni di libera concorrenza per i suoi servizi. Inoltre, poiché un’esenzione fiscale limitata alle attività di acquisto intraprese per l’impresa richiedeva che le spese sostenute ai fini dello svolgimento di tali attività fossero escluse dalla determinazione degli utili della stabile organizzazione, tale esenzione potrebbe sollevare problemi amministrativi. Il Comitato ha pertanto ritenuto che una disposizione in base alla quale nessun utile dovrebbe essere attribuito a una stabile organizzazione in ragione del mero acquisto di beni o merci per l’impresa non fosse coerente con il principio di libera concorrenza e non dovesse essere inclusa nell’articolo.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)

Paragrafo 3
44. La combinazione degli articoli 7 (che limita i diritti di imposizione dello Stato in cui è situata la stabile organizzazione) e 23 A e 23 B (che obbligano l’altro Stato a fornire un’esenzione dalla doppia imposizione) garantisce che non vi sia una doppia imposizione non esentata degli utili correttamente attribuibili alla stabile organizzazione. Questo risultato può richiedere che i due Stati risolvano le differenze basate su diverse interpretazioni del paragrafo 2 ed è importante che siano disponibili meccanismi per risolvere tutte tali differenze nella misura necessaria per eliminare la doppia imposizione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
45. Come già indicato, la necessità per i due Stati contraenti di raggiungere un’intesa comune per quanto riguarda l’applicazione del paragrafo 2 al fine di eliminare i rischi di doppia imposizione ha portato il Comitato a sviluppare una guida dettagliata sull’interpretazione di tale paragrafo. Questa guida è riflessa nel Rapporto, che attinge ai principi delle Linee guida sui prezzi di trasferimento dell’OCSE.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
46. I rischi di doppia imposizione saranno solitamente evitati perché il contribuente determinerà gli utili attribuibili alla stabile organizzazione nella

stesso modo in ogni Stato contraente e conformemente al paragrafo 2 come interpretato dalla relazione, il che garantirà lo stesso risultato ai fini degli articoli 7 e 23 A o 23 B (vedere, tuttavia,paragrafo66). Nella misura in cuiogni Stato concorda che il contribuente ha fatto ciò, dovrebbe astenersi dall’adeguare gli utili al fine di raggiungere un risultato diverso ai sensi del paragrafo 2. Ciò è illustrato nel seguente esempio.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
47. Esempio. Uno stabilimento di produzione situato nello Stato R di un’impresa dello Stato R ha trasferito beni per la vendita a una stabile organizzazione dell’impresa situata nello Stato S. Ai fini della determinazione degli utili attribuibili alla stabile organizzazione ai sensi del paragrafo 2, il Rapporto prevede che un’operazione debba essere riconosciuta e che un prezzo di libera concorrenza nozionale debba essere determinato per tale operazione. La documentazione dell’impresa, che è coerente con l’analisi funzionale e fattuale e che è stata utilizzata dal contribuente come base per il calcolo del suo reddito imponibile in ogni Stato, mostra che si è verificata un’operazione nella natura di una vendita di beni da parte dello stabilimento nello Stato R alla stabile organizzazione nello Stato S e che un prezzo di libera concorrenza nozionale di 100 è stato utilizzato per determinare gli utili attribuibili alla stabile organizzazione. Entrambi gli Stati concordano sul fatto che il riconoscimento dell’operazione e il prezzo utilizzato dal contribuente sono conformi ai principi del Rapporto e delle Linee guida sui prezzi di trasferimento dell’OCSE. In questo caso, entrambi gli Stati dovrebbero astenersi dall’adeguare gli utili sulla base del fatto che avrebbe dovuto essere utilizzato un prezzo di libera concorrenza diverso; finché c’è accordo sul fatto che il contribuente si è conformato al paragrafo 2, le amministrazioni fiscali di entrambi gli Stati non possono sostituire il loro giudizio a quello del contribuente in merito a quali siano le condizioni di libera concorrenza. In questo esempio, il fatto che lo stesso prezzo di libera concorrenza sia stato utilizzato in entrambi gli Stati e che entrambi gli Stati riconosceranno tale prezzo ai fini dell’applicazione della Convenzione garantirà che qualsiasi doppia imposizione relativa a tale operazione sarà eliminata ai sensi dell’articolo 23 A o 23 B.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
48. Nell’esempio precedente, entrambi gli Stati hanno concordato che il riconoscimento dell’operazione e il prezzo utilizzato dal contribuente erano conformi ai principi del Rapporto e delle Linee guida OCSE sui prezzi di trasferimento. Tuttavia, gli Stati contraenti potrebbero non sempre raggiungere tale accordo. In alcuni casi, il Rapporto e le Linee guida OCSE sui prezzi di trasferimento potrebbero consentire diverse interpretazioni del paragrafo 2 e, nella misura in cui una doppia imposizione risulterebbe altrimenti da queste diverse interpretazioni, è essenziale garantire che tale doppia imposizione venga eliminata. Il paragrafo 3 fornisce il meccanismo che garantisce tale risultato.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)

49. Ad esempio, come spiegato nei paragrafi da 105 a 171 della Parte I della Relazione,il paragrafo 2 consente approcci diversi per determinare, sulla base dell’attribuzione di capitale “libero” a una stabile organizzazione, la spesa per interessi attribuibile a tale stabile organizzazione. Il Comitato ha riconosciuto che ciò potrebbe creare problemi, in particolare per le istituzioni finanziarie. Ha concluso che in questo e in altri casi in cui i due Stati contraenti hanno interpretato il paragrafo 2 in modo diverso e non è possibile concludere che una delle due interpretazioni non sia conforme al paragrafo 2, è importante garantire che qualsiasi doppia imposizione che altrimenti deriverebbe da tale differenza venga eliminata.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
50. Il paragrafo 3 garantirà che questo risultato venga raggiunto. È importante notare, tuttavia, che i casi in cui sarà necessario ricorrere a tale paragrafo sono piuttosto limitati.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
51. In primo luogo, come spiegato inparagrafo 46sopra, laddove il contribuente abbia determinato gli utili attribuibili alla stabile organizzazione nello stesso modo in ogni Stato contraente ed entrambi gli Stati convengono che il contribuente ha proceduto in tal senso in conformità al paragrafo 2 come interpretato dalla relazione, non dovrebbero essere apportate rettifiche agli utili per raggiungere un risultato diverso ai sensi del paragrafo 2.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
52. In secondo luogo, il paragrafo 3 non intende in alcun modo limitare i rimedi già disponibili per garantire che ogni Stato contraente rispetti i propri obblighi ai sensi degli articoli 7 e 23 A o 23 B. Ad esempio, se la determinazione, da parte di uno Stato contraente, degli utili attribuibili a una stabile organizzazione situata in tale Stato non è conforme al paragrafo 2, il contribuente potrà utilizzare i rimedi giuridici nazionali disponibili e la procedura di mutuo accordo prevista dall’articolo 25 per affrontare il fatto che il contribuente non è stato tassato da tale Stato in conformità alla Convenzione. Analogamente, tali rimedi saranno disponibili anche se l’altro Stato non determina, ai fini dell’articolo 23 A o 23 B, gli utili attribuibili alla stabile organizzazione in conformità al paragrafo 2 e pertanto non rispetta le disposizioni del presente articolo.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
53. Tuttavia, qualora il contribuente non abbia determinato gli utili attribuibili alla stabile organizzazione conformemente al paragrafo 2, ciascuno Stato ha il diritto di procedere ad una rettifica al fine di garantire la conformità

con quel paragrafo. Quando uno Stato effettua un aggiustamento conformemente al paragrafo 2, quel paragrafo certamente consente all’altro Stato di effettuare un aggiustamento reciproco in modo da evitare qualsiasi doppia imposizione attraverso l’applicazione combinata del paragrafo 2 e dell’articolo 23 A o 23 B (vedereparagrafo 65di seguito). Tuttavia, potrebbe essere che la legge nazionale di quell’altro Stato (ad esempio lo Stato in cui si trova la stabile organizzazione) non gli consenta di apportare tale modifica o che tale Stato non abbia alcun incentivo a farlo da solo se l’effetto è quello di ridurre l’importo degli utili che era precedentemente imponibile in tale Stato. Potrebbe anche essere che, come indicato sopra, i due Stati contraenti adottino interpretazioni diverse del paragrafo 2 e non è possibile concludere che nessuna delle due interpretazioni non sia conforme al paragrafo 2.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
54. Tali preoccupazioni sono affrontate dal paragrafo 3. Il seguente esempio illustra l’applicazione di tale paragrafo.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
55. Esempio. Uno stabilimento di produzione situato nello Stato R di un’impresa dello Stato R ha trasferito beni per la vendita a una stabile organizzazione dell’impresa situata nello Stato S. Ai fini della determinazione degli utili attribuibili alla stabile organizzazione ai sensi del paragrafo 2, deve essere riconosciuta una transazione e deve essere determinato un prezzo di libera concorrenza nozionale per tale transazione. La documentazione dell’impresa, che è coerente con l’analisi funzionale e fattuale e che è stata utilizzata dal contribuente come base per il calcolo del suo reddito imponibile in ogni Stato, mostra che si è verificata una transazione nella natura di una vendita di beni da parte dello stabilimento nello Stato R alla stabile organizzazione nello Stato S e che è stato stabilito un prezzo nozionale di
90 è stato utilizzato per determinare gli utili attribuibili alla stabile organizzazione. Lo Stato S accetta l’importo utilizzato dal contribuente, ma lo Stato R ritiene che l’importo sia inferiore a quanto richiesto dalla sua legislazione nazionale e dal principio di libera concorrenza del paragrafo 2. Ritiene che il prezzo di libera concorrenza appropriato che avrebbe dovuto essere utilizzato sia 110 e adegua di conseguenza l’importo dell’imposta pagabile nello Stato R dopo aver ridotto l’importo dell’esenzione (articolo 23 A) o del credito (articolo 23 B) richiesto dal contribuente rispetto agli utili attribuibili alla stabile organizzazione. In tale situazione, poiché il prezzo della stessa transazione sarà stato determinato come 90 nello Stato S e 110 nello Stato R, gli utili di 20 potrebbero essere soggetti a doppia imposizione. Il paragrafo 3 affronterà tale situazione richiedendo allo Stato S, nella misura in cui vi sia effettivamente una doppia imposizione e che la rettifica effettuata dallo Stato R sia conforme al paragrafo 2, di fornire una rettifica corrispondente all’imposta pagabile nello Stato S sugli utili tassati in entrambi gli Stati.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)

56. Tuttavia, se lo Stato S non concorda sul fatto che l’adeguamento da parte dello Stato R fosse giustificato dal paragrafo 2, non riterrà di doverlo effettuare. In tal caso, la questione se lo Stato S debba effettuare l’adeguamento ai sensi del paragrafo 3 (se l’adeguamento da parte dello Stato R è giustificato ai sensi del paragrafo 2) o se lo Stato R debba astenersi dall’effettuare l’adeguamento iniziale (se non è giustificato ai sensi del paragrafo 2) sarà risolta tramite una procedura di mutuo accordo ai sensi del paragrafo 1 dell’articolo 25 utilizzando, se necessario, la disposizione arbitrale del paragrafo 5 dell’articolo 25 (poiché implica la questione se le azioni di uno o di entrambi gli Stati contraenti abbiano comportato o comporteranno per il contribuente una tassazione non conforme alla Convenzione). Attraverso tale procedura, i due Stati saranno in grado di concordare lo stesso prezzo di libera concorrenza, che può essere uno dei prezzi proposti dal contribuente e dai due Stati o uno diverso.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
57. Come mostra l’esempio inparagrafo 55,il paragrafo 3 affronta la preoccupazione che la Convenzione potrebbe non fornire una protezione adeguata contro la doppia imposizione in alcune situazioni in cui i due Stati contraenti adottano interpretazioni diverse del paragrafo 2 dell’articolo 7 e ogni Stato potrebbe essere considerato come tassante “in conformità” alla Convenzione. Il paragrafo 3 garantisce che in tal caso verrà fornita un’esenzione dalla doppia imposizione, il che è coerente con gli obiettivi generali della Convenzione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
58. Il paragrafo 3 condivide le caratteristiche principali del paragrafo 2 dell’articolo 9. In primo luogo, si applica a ciascun Stato rispetto a un aggiustamento effettuato dall’altro Stato. Si applica quindi reciprocamente indipendentemente dal fatto che l’aggiustamento iniziale sia stato effettuato dallo Stato in cui è situata la stabile organizzazione o dall’altro Stato. Inoltre, non si applica a meno che non vi sia un aggiustamento da parte di uno degli Stati.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
59. Come nel caso del paragrafo 2 dell’articolo 9, un adeguamento corrispondente non deve essere automaticamente effettuato ai sensi del paragrafo 3 semplicemente perché gli utili attribuiti alla stabile organizzazione sono stati adeguati da uno degli Stati contraenti. L’adeguamento corrispondente è richiesto solo se l’altro Stato ritiene che gli utili adeguati siano conformi al paragrafo 2. In altre parole, il paragrafo 3 non può essere invocato e non dovrebbe essere applicato quando gli utili attribuibili alla stabile organizzazione sono adeguati a un livello diverso da quello che sarebbero stati se fossero stati correttamente calcolati in conformità ai principi del paragrafo 2. Indipendentemente da quale Stato effettui l’adeguamento iniziale, l’altro Stato è tenuto a effettuare un adeguamento corrispondente appropriato solo se ritiene che l’

gli utili rettificati riflettono correttamente ciò che sarebbero stati gli utili se le transazioni della stabile organizzazione fossero state transazioni a condizioni di libera concorrenza. L’altro Stato è quindi impegnato a effettuare tale rettifica corrispondente solo se ritiene che la rettifica iniziale sia giustificata sia in linea di principio sia per quanto riguarda l’importo.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
59.1 In base alle leggi nazionali di alcuni paesi, un contribuente può essere autorizzato, in circostanze appropriate, a modificare una dichiarazione dei redditi precedentemente presentata per adeguare gli utili attribuibili a una stabile organizzazione al fine di riflettere un’attribuzione di utili che, a giudizio del contribuente, è conforme ai principi di entità separata e di libera concorrenza alla base dell’articolo 7. Laddove siano effettuati in buona fede, tali adeguamenti possono facilitare la corretta attribuzione degli utili a una stabile organizzazione conformemente al paragrafo 2. Tuttavia, può verificarsi una doppia imposizione, ad esempio, se tale adeguamento avviato dal contribuente aumenta gli utili attribuiti a una stabile organizzazione situata in uno Stato contraente ma non vi è alcun adeguamento corrispondente appropriato nell’altro Stato contraente. L’eliminazione di tale doppia imposizione rientra nell’ambito del paragrafo 3. Infatti, nella misura in cui sono state riscosse imposte sugli utili aumentati nel primo Stato menzionato, si può ritenere che tale Stato abbia adeguato gli utili attribuibili alla stabile organizzazione e abbia tassato gli utili che sono stati sottoposti a tassazione nell’altro Stato. In tali circostanze, l’articolo 25 consente alle autorità competenti degli Stati contraenti di consultarsi per eliminare la doppia imposizione; le autorità competenti possono pertanto, se necessario, ricorrere alla procedura amichevole per determinare se la rettifica iniziale soddisfa le condizioni del paragrafo 2 e, in tal caso, determinare l’importo della rettifica appropriata all’importo dell’imposta applicata sugli utili attribuibili alla stabile organizzazione in modo da eliminare la doppia imposizione.
(Aggiunto il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)
60. Il paragrafo 3 non specifica il metodo con cui deve essere effettuato un adeguamento corrispondente. Qualora l’adeguamento iniziale sia effettuato dallo Stato in cui è situata la stabile organizzazione, l’adeguamento previsto dal paragrafo 3 potrebbe essere concesso nell’altro Stato mediante l’adeguamento dell’importo del reddito che deve essere esentato ai sensi dell’articolo 23 A o del credito che deve essere concesso ai sensi dell’articolo 23 B. Qualora l’adeguamento iniziale sia effettuato da tale altro Stato, l’adeguamento previsto dal paragrafo 3 potrebbe essere effettuato dallo Stato in cui è situata la stabile organizzazione riaprendo la valutazione dell’impresa dell’altro Stato al fine di ridurre il reddito imponibile di un importo appropriato.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)

61. La questione dei cosiddetti “aggiustamenti secondari”, di cui si parla nel paragrafo 8 del Commentario all’articolo 9, non si pone nel caso di un aggiustamento ai sensi del paragrafo 3. Come indicato inparagrafo 28sopra, la determinazione degli utili attribuibili ad una stabile organizzazione è rilevante solo ai fini degli articoli 7 e 23 A e 23 B e non pregiudica l’applicazione degli altri articoli della Convenzione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
62. Come il paragrafo 2 dell’articolo 9, il paragrafo 3 lascia aperta la questione se debba esserci un periodo di tempo dopo la scadenza del quale uno Stato non sarebbe obbligato a effettuare un adeguamento appropriato degli utili attribuibili a una stabile organizzazione a seguito di una revisione al rialzo di tali utili nell’altro Stato. Alcuni Stati ritengono che l’impegno debba essere aperto, in altre parole, che per quanti anni lo Stato che effettua l’adeguamento iniziale sia andato indietro, l’impresa dovrebbe in equità essere assicurata di un adeguamento appropriato nell’altro Stato. Altri Stati ritengono che un impegno aperto di questo tipo sia irragionevole come questione di amministrazione pratica. Questo problema non è stato affrontato nel testo del paragrafo 2 dell’articolo 9 o del paragrafo 3, ma gli Stati contraenti sono lasciati liberi nelle convenzioni bilaterali di includere, se lo desiderano, disposizioni che riguardano la durata del periodo durante il quale uno Stato dovrebbe essere obbligato a effettuare un adeguamento appropriato (vedere su questo punto i paragrafi 39, 40 e 41 del Commentario all’articolo 25). Gli Stati contraenti possono anche voler affrontare questo problema attraverso una disposizione che limiti la durata di tempo durante la quale può essere effettuato un aggiustamento ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 7; tale soluzione evita la doppia imposizione che potrebbe altrimenti verificarsi quando non vi è alcun aggiustamento nell’altro Stato ai sensi del paragrafo 3 dell’articolo a seguito dell’aggiustamento del primo Stato ai sensi del paragrafo 2. Gli Stati contraenti che desiderano raggiungere tale risultato possono concordare bilateralmente di aggiungere il seguente paragrafo dopo il paragrafo 4:
5. Uno Stato contraente non deve apportare alcuna rettifica agli utili attribuibili a una stabile organizzazione di un’impresa di uno degli Stati contraenti dopo [periodo concordato bilateralmente] dalla fine dell’anno fiscale in cui gli utili sarebbero stati attribuibili alla stabile organizzazione. Le disposizioni del presente paragrafo non si applicano in caso di frode, grave negligenza o inadempimento intenzionale.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
63. Possono esserci casi in cui la rettifica iniziale effettuata da uno Stato non richiederà immediatamente una rettifica corrispondente all’importo dell’imposta applicata sugli utili nell’altro Stato (ad esempio quando la rettifica iniziale da parte di uno Stato degli utili attribuibili alla stabile organizzazione inciderà sulla determinazione dell’importo di una perdita attribuibile al resto dell’impresa).

nell’altro Stato). Le autorità competenti possono, conformemente alla seconda frase del paragrafo 3, determinare l’impatto futuro che la rettifica iniziale avrà sull’imposta che sarà pagabile nell’altro Stato prima che tale imposta venga effettivamente riscossa; in effetti, al fine di evitare il problema descritto nel paragrafo precedente, le autorità competenti possono voler utilizzare la procedura di mutuo accordo il prima possibile per determinare in quale misura una rettifica corrispondente potrebbe essere richiesta nell’altro Stato in una fase successiva.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
64. In caso di controversia tra le parti interessate in merito all’importo e alla natura dell’adeguamento appropriato, si dovrebbe attuare la procedura di mutuo accordo prevista dall’articolo 25, come nel caso di un adeguamento ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 9. In effetti, come mostrato nell’esempio inparagrafo 55sopra, se uno dei due Stati contraenti adegua gli utili attribuibili a una stabile organizzazione senza che l’altro Stato conceda un adeguamento corrispondente nella misura necessaria per evitare la doppia imposizione, il contribuente potrà utilizzare la procedura amichevole del paragrafo 1 dell’articolo 25 e, se necessario, la disposizione arbitrale del paragrafo 5 dell’articolo 25, per richiedere alle autorità competenti di concordare che l’adeguamento iniziale da parte di uno Stato o la mancata effettuazione di un adeguamento corrispondente da parte dell’altro Stato non sono conformi alle disposizioni della Convenzione (la disposizione arbitrale del paragrafo 5 dell’articolo 25 svolgerà un ruolo fondamentale nei casi in cui le autorità competenti non sarebbero altrimenti in grado di raggiungere un accordo, poiché garantirà che le questioni che impediscono un accordo siano risolte tramite arbitrato).
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
65. Il paragrafo 3 si applica solo nella misura necessaria per eliminare la doppia imposizione degli utili derivanti dalla rettifica. Supponiamo, ad esempio, che lo Stato in cui è situata la stabile organizzazione regoli gli utili che il contribuente ha attribuito alla stabile organizzazione per riflettere il fatto che il prezzo di una transazione tra la stabile organizzazione e il resto dell’impresa non era conforme al principio di libera concorrenza. Supponiamo che anche l’altro Stato concordi sul fatto che il prezzo utilizzato dal contribuente non era a libera concorrenza. In tal caso, l’applicazione combinata del paragrafo 2 e dell’articolo 23 A o 23 B richiederà a tale altro Stato di attribuire alla stabile organizzazione, ai fini dell’esenzione dalla doppia imposizione, utili rettificati che rifletterebbero un prezzo di libera concorrenza. In tal caso, il paragrafo 3 sarà rilevante solo nella misura in cui gli Stati adotteranno interpretazioni diverse di quale dovrebbe essere il prezzo di libera concorrenza corretto.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)

66. Il paragrafo 3 si applica solo in relazione alle differenze nella determinazione degli utili attribuiti a una stabile organizzazione che comportano l’attribuzione della stessa parte degli utili a parti diverse dell’impresa conformemente all’articolo. Come già spiegato (vedereparagrafi 30E31sopra), l’articolo 7 non riguarda il calcolo del reddito imponibile, ma piuttosto l’attribuzione degli utili ai fini dell’assegnazione dei diritti di imposizione tra i due Stati contraenti. L’articolo serve quindi solo ad allocare entrate e spese ai fini dell’assegnazione dei diritti di imposizione e non pregiudica la questione di quali entrate siano imponibili e quali spese siano deducibili, che è una questione di diritto interno purché vi sia conformità con il paragrafo 2. Laddove gli utili attribuiti alla stabile organizzazione siano gli stessi in ogni Stato, l’importo che sarà incluso nel reddito imponibile su cui sarà riscossa l’imposta in ogni Stato per un dato periodo imponibile può essere diverso date le differenze nelle norme di diritto interno,
ad esempio per il riconoscimento del reddito e la deduzione delle spese. Poiché queste diverse norme di diritto interno si applicano solo agli utili attribuiti a ciascun Stato, esse non determinano, di per sé, una doppia imposizione ai fini del paragrafo 3.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
67. Inoltre, il paragrafo 3 non si applica per influenzare il calcolo dell’esenzione o del credito ai sensi dell’articolo 23 A o 23 B, salvo ai fini della fornitura di ciò che altrimenti sarebbe un’indisponibile esenzione dalla doppia imposizione per l’imposta pagata allo Stato contraente in cui è situata la stabile organizzazione sugli utili che sono stati attribuiti alla stabile organizzazione in tale Stato. Questo paragrafo non si applicherà pertanto laddove tali utili siano stati completamente esentati dall’altro Stato o laddove l’imposta pagata nel primo Stato menzionato sia stata completamente accreditata sull’imposta dell’altro Stato ai sensi della legislazione nazionale di tale altro Stato e in conformità con l’articolo 23 A o 23 B.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
68. Alcuni Stati potrebbero preferire che i casi contemplati dal paragrafo 3 siano risolti tramite la procedura di mutuo accordo (un inadempimento in tal senso innesca l’applicazione della disposizione arbitrale del paragrafo 5 dell’articolo 25) se uno Stato non accetta unilateralmente di effettuare un adeguamento corrispondente, senza che venga data alcuna deferenza alla posizione preferita dello Stato che effettua l’adeguamento in merito al prezzo o al metodo di libera concorrenza. Questi Stati preferirebbero pertanto una disposizione che dia sempre la possibilità a uno Stato di negoziare con lo Stato che effettua l’adeguamento in merito al prezzo o al metodo di libera concorrenza da applicare. Gli Stati che condividono tale opinione potrebbero preferire utilizzare la seguente versione alternativa del paragrafo 3:

Qualora, conformemente al paragrafo 2, uno Stato contraente rettifica gli utili attribuibili a una stabile organizzazione di un’impresa di uno degli Stati contraenti e tassa di conseguenza gli utili dell’impresa che sono stati sottoposti a tassazione nell’altro Stato, l’altro Stato contraente, nella misura necessaria ad eliminare la doppia imposizione su tali utili, procede ad una rettifica appropriata se concorda con la rettifica effettuata dal primo Stato; se l’altro Stato contraente non concorda in tal senso, gli Stati contraenti eliminano di comune accordo ogni doppia imposizione che ne deriva.
(Modificato il 15 luglio 2014; vedere STORIA)
69. Questa versione alternativa intende garantire che lo Stato a cui viene chiesto di effettuare una rettifica corrispondente possa sempre richiedere che ciò avvenga tramite la procedura di mutuo accordo. Questa versione differisce significativamente dal paragrafo 3 in quanto non crea un obbligo legale per tale Stato di accettare di effettuare una rettifica corrispondente, anche laddove ritenga che la rettifica effettuata dall’altro Stato sia stata effettuata in conformità al paragrafo 2. La disposizione darebbe sempre la possibilità a uno Stato di negoziare con l’altro Stato su quale sia il prezzo o il metodo di libera concorrenza più appropriato. Qualora lo Stato in questione non accetti unilateralmente di effettuare la rettifica corrispondente, questa versione del paragrafo 3 garantirebbe che il contribuente abbia il diritto di accedere alla procedura di mutuo accordo per risolvere il caso. Inoltre, laddove la procedura di mutuo accordo venga attivata in un caso del genere, la disposizione impone un obbligo legale reciproco agli Stati contraenti di eliminare la doppia imposizione tramite mutuo accordo, anche se non fornisce uno standard sostanziale per stabilire quale Stato ha l’obbligo di compromettere la propria posizione per raggiungere tale mutuo accordo. Se i due Stati contraenti non raggiungono un accordo per eliminare la doppia imposizione, entrambi saranno in violazione del loro obbligo di trattato. L’obbligo di eliminare tali casi di doppia imposizione tramite mutuo accordo è quindi più forte dello standard del paragrafo 2 dell’articolo 25, che richiede semplicemente alle autorità competenti di “sforzarsi” di risolvere un caso tramite mutuo accordo.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
70. Se gli Stati contraenti concordano bilateralmente di sostituire il paragrafo 3 con l’alternativa di cui sopra, le osservazioni formulate inparagrafi 66E67per quanto riguarda il paragrafo 3 si applicherà anche a tale disposizione.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)

Paragrafo 4
71. Sebbene non sia stato ritenuto necessario nella Convenzione definire il termine “profitti”, si dovrebbe tuttavia comprendere che il termine, quando utilizzato in questo articolo e altrove nella Convenzione, ha un significato ampio, che include tutti i redditi derivanti dall’esercizio di un’impresa. Tale significato ampio corrisponde all’uso del termine fatto nelle leggi fiscali della maggior parte dei paesi membri dell’OCSE.
(Rinumerato il 22 luglio 2010; vedi STORIA)
72. In assenza del paragrafo 4, questa interpretazione del termine “profitti” avrebbe potuto dare origine a qualche incertezza circa l’applicazione della Convenzione. Se i profitti di un’impresa includono categorie di reddito che sono trattate separatamente in altri articoli della Convenzione, ad esempio i dividendi, si sarebbe posta la questione di quale articolo dovesse applicarsi a queste categorie di reddito, ad esempio nel caso dei dividendi, questo articolo o l’articolo 10.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
73. Nella misura in cui l’applicazione di questo articolo e dell’altro articolo pertinente determinerebbe lo stesso trattamento fiscale, la questione ha scarsa rilevanza pratica. Inoltre, altri articoli della Convenzione trattano specificamente questa questione in relazione ad alcuni tipi di reddito (ad esempio, il paragrafo 4 dell’articolo 6, il paragrafo 4 degli articoli 10 e 11, il paragrafo 3 della
Articolo 12, paragrafi 1 e 2 dell’articolo 17 e paragrafo 2 dell’articolo 21).
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
74. La questione, tuttavia, potrebbe sorgere rispetto ad altri tipi di reddito e pertanto è stato deciso di includere una regola di interpretazione che garantisca che gli articoli applicabili a specifiche categorie di reddito abbiano la precedenza sull’articolo 7. Da questa regola consegue che l’articolo 7 sarà applicabile agli utili aziendali che non appartengono a categorie di reddito coperte da questi altri articoli e, inoltre, ai redditi che, ai sensi del paragrafo 4 degli articoli 10 e 11, del paragrafo 3 dell’articolo 12 e del paragrafo 2 dell’articolo 21, rientrano nell’articolo 7. Questa regola, tuttavia, non disciplina il modo in cui il reddito sarà classificato ai fini del diritto interno; pertanto, se uno Stato contraente può tassare un elemento di reddito ai sensi di altri articoli della presente Convenzione, tale Stato può, ai propri fini fiscali interni, caratterizzare tale reddito come desidera (vale a dire come utili aziendali o come una specifica categoria di reddito) a condizione che il trattamento fiscale di tale elemento di reddito sia conforme alle disposizioni della Convenzione. Occorre inoltre rilevare che, qualora un’impresa di uno Stato contraente ricavi redditi da beni immobili tramite una stabile organizzazione situata nell’altro Stato, detto altro Stato non può assoggettare a tassazione tali redditi se derivano da beni immobili situati nel primo Stato o in uno Stato terzo (vedere paragrafo 4 della

Commento all’articolo 21 e ai paragrafi 9 e 10 del Commento agli articoli 23 A e 23 B).
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
75. È possibile che gli Stati contraenti concordino bilateralmente spiegazioni o definizioni speciali riguardanti il termine “profitti” al fine di chiarire la distinzione tra questo termine e, ad esempio, il concetto di dividendi. In particolare, potrebbe essere ritenuto opportuno farlo laddove in una convenzione in fase di negoziazione sia stata apportata una deviazione dalle definizioni negli articoli su dividendi, interessi e royalties.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
75.1 I programmi di scambio delle emissioni sono stati implementati in diversi paesi come parte di una strategia internazionale per affrontare il riscaldamento globale. In base a tali programmi, i permessi di emissione possono essere richiesti per svolgere determinate attività economiche che generano gas serra e possono essere riconosciuti crediti emessi rispetto a progetti di riduzione o rimozione delle emissioni in altri paesi. Dato il carattere multinazionale di determinati programmi di scambio delle emissioni (come il sistema di scambio delle emissioni dell’Unione europea), questi programmi presentano questioni specifiche ai sensi della Convenzione fiscale modello, in particolare il trattamento del reddito derivante dal rilascio e dallo scambio di permessi e crediti di emissione. Tali questioni sono esaminate nel rapporto del Comitato “Problemi di trattati fiscali relativi a permessi/crediti di emissione”.1 Come spiegato in tale rapporto, il reddito derivante dal rilascio o dallo scambio di permessi e crediti di emissione è generalmente coperto dall’articolo 7 e dall’articolo 13. In determinate circostanze, tuttavia, tale reddito può essere coperto dall’articolo 6, 8 o 21 (vedere il paragrafo 2.1 del Commento all’articolo 6 e il paragrafo 14.1 del Commento all’articolo 8).
(Aggiunto il 15 luglio 2014; vedi CRONOLOGIA)
76. Infine, occorre notare che due categorie di utili che in precedenza erano coperte da altri articoli della Convenzione sono ora coperte dall’articolo 7. In primo luogo, mentre la definizione di “royalties” nel paragrafo 2 dell’articolo 12 del progetto di Convenzione del 1963 e della Convenzione modello del 1977 includeva pagamenti “per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche”, il riferimento a tali pagamenti è stato successivamente eliminato da tale definizione al fine di garantire che i redditi derivanti dalla locazione di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche, compresi i redditi derivanti dalla locazione di container, rientrino nelle disposizioni dell’articolo 7 o dell’articolo 8 (vedere il paragrafo 9 del Commentario a tale articolo), a seconda dei casi, piuttosto che in quelle dell’articolo 12.

1 Riprodotto nel Volume II a pagina R(25)-1.

quelli dell’articolo 12, risultato che la Commissione per gli affari fiscali ritiene appropriato data la natura di tali redditi.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
77. In secondo luogo, prima del 2000, i redditi derivanti da servizi professionali e altre attività di carattere indipendente erano trattati in un articolo separato,
ovvero l’articolo 14. Le disposizioni di tale articolo erano simili a quelle applicabili agli utili aziendali, ma l’articolo 14 utilizzava il concetto di base fissa anziché quello di stabile organizzazione, poiché in origine si pensava che quest’ultimo concetto dovesse essere riservato alle attività commerciali e industriali. Tuttavia, non era sempre chiaro quali attività rientrassero nell’articolo 14 rispetto all’articolo 7. L’eliminazione dell’articolo 14 nel 2000 rifletteva il fatto che non vi erano differenze intenzionali tra i concetti di stabile organizzazione, come utilizzati nell’articolo 7, e di base fissa, come utilizzati nell’articolo 14, o tra il modo in cui gli utili venivano calcolati e le imposte venivano calcolate in base a quale articolo 7 o 14 si applicava. L’effetto della cancellazione dell’articolo 14 è che il reddito derivante da servizi professionali o altre attività di carattere indipendente è ora trattato ai sensi dell’articolo 7 come utili aziendali. Ciò è stato confermato dall’aggiunta, nell’articolo 3, di una definizione del termine “impresa” che prevede espressamente che tale termine includa servizi professionali o altre attività di carattere indipendente.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)

Osservazioni sul commento
78. Italiae il Portogallo ritengono essenziale tenere in considerazione che — indipendentemente dal significato attribuito alla quarta frase delparagrafo 77 — per quanto riguarda il metodo di calcolo delle imposte, gli ordinamenti nazionali non sono toccati dalla nuova formulazione del modello, vale a dire dall’eliminazione dell’articolo 14.
(Rinumerato il 22 luglio 2010; vedi STORIA)
79. (Eliminato il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)
80. (Eliminato il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)
81. (Eliminato il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)
82. Sveziadesidera chiarire che non ritiene che i diversi approcci per l’attribuzione del capitale “libero” inclusi nel Report Attribution of Profits to Permanent Organisations condurranno necessariamente a un risultato conforme al principio di libera concorrenza. Di conseguenza, la Svezia, quando esamina i fatti e le circostanze di ciascun caso, in molti casi non considererebbe che l’importo della detrazione degli interessi risultante dall’applicazione di questi approcci sia conforme al principio di libera concorrenza. Quando il

Qualora opinioni diverse sull’attribuzione del capitale “libero” comportino una doppia imposizione, si dovrà ricorrere alla procedura amichevole prevista dall’articolo 25.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
83. Con riferimento aparagrafi 27 E65,gli Stati Uniti desiderano chiarire come elimineranno la doppia imposizione derivante dall’applicazione del paragrafo 2 dell’articolo 7. Qualora un contribuente possa dimostrare all’autorità competente degli Stati Uniti che tale doppia imposizione non è stata eliminata dopo l’applicazione di meccanismi previsti dal diritto interno degli Stati Uniti, come l’utilizzo della limitazione del credito d’imposta estero creata da altre transazioni, gli Stati Uniti elimineranno tale doppia imposizione aggiuntiva.
(Sostituito il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
84. Tacchinonon condivide le opinioni espresse inparagrafo 28del Commento all’articolo 7.
(Aggiunto il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)

Riserve sull’articolo
85. Australiasi riserva il diritto di includere una disposizione che consenta l’applicazione della propria legislazione nazionale in relazione alla tassazione degli utili derivanti da qualsiasi forma di assicurazione.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
86. Australiasi riserva il diritto di includere una disposizione che chiarisca il proprio diritto di tassare una quota degli utili aziendali a cui un residente dell’altro Stato contraente ha diritto come beneficiario, laddove tali utili siano derivati da un fiduciario di un patrimonio fiduciario (diverso da alcuni fondi comuni di investimento che sono considerati società ai fini fiscali australiani) dallo svolgimento di un’attività in Australia tramite una stabile organizzazione.
(Rinumerato e modificato il 22 luglio 2010; vedere STORIA)
87. Coreae il Portogallo si riservano il diritto di tassare le persone che svolgono servizi professionali o altre attività di carattere indipendente se sono presenti sul loro territorio per un periodo o periodi superiori complessivamente a 183 giorni in un periodo di dodici mesi, anche se non dispongono di una stabile organizzazione (o di una base fissa) ai fini dello svolgimento di tali servizi o attività.
(Rinumerato il 22 luglio 2010; vedi STORIA)
88. Italia, il Portogallo e la Turchia si riservano il diritto di tassare le persone che svolgono servizi personali indipendenti ai sensi di un articolo separato che corrisponde all’articolo 14 così come era prima della sua eliminazione nel 2000. Nel caso della Turchia, il

la questione se includere o meno in tale articolo anche persone diverse dagli individui sarà decisa mediante negoziati bilaterali.
(Modificato il 15 luglio 2014; vedere STORIA)
89. Gli Stati Uniti si riservano il diritto di modificare l’articolo 7 per stabilire che, nell’applicazione dei paragrafi 1 e 2 dell’articolo, qualsiasi reddito o guadagno attribuibile a una stabile organizzazione durante la sua esistenza possa essere imponibile dallo Stato contraente in cui esiste la stabile organizzazione anche se i pagamenti sono differiti fino a dopo che la stabile organizzazione ha cessato di esistere. Gli Stati Uniti desiderano inoltre notare che si riservano il diritto di applicare tale norma anche ai sensi degli articoli 10, 11, 12, 13 e 21.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
90. Tacchinosi riserva il diritto di sottoporre il reddito derivante dalla locazione di container a una ritenuta alla fonte in tutti i casi. In caso di applicazione degli articoli 5 e 7 a tale reddito, la Turchia vorrebbe applicare la regola della stabile organizzazione ai casi di deposito semplice, deposito-agenzia e filiale operativa.
(Rinumerato il 22 luglio 2010; vedi STORIA)
91. Norvegiae gli Stati Uniti si riservano il diritto di trattare i redditi derivanti dall’uso, dalla manutenzione o dal noleggio di container utilizzati nel traffico internazionale ai sensi dell’articolo 8 allo stesso modo dei redditi derivanti dal trasporto marittimo e aereo.
(Rinumerato il 22 luglio 2010; vedi STORIA)
92. Australiae il Portogallo si riservano il diritto di proporre, nei negoziati bilaterali, una disposizione che stabilisca che, qualora le informazioni a disposizione dell’autorità competente di uno Stato contraente siano inadeguate per determinare gli utili da attribuire alla stabile organizzazione di un’impresa, l’autorità competente può applicare a tale impresa a tale scopo le disposizioni della legislazione fiscale di tale Stato, a condizione che tale legislazione venga applicata, nella misura in cui le informazioni a disposizione dell’autorità competente lo consentano, conformemente ai principi del presente articolo.
(Rinumerato il 22 luglio 2010; vedi STORIA)
93. Messicosi riserva il diritto di tassare nello Stato in cui è situata la stabile organizzazione i profitti aziendali derivanti dalla vendita di beni o merci effettuata direttamente dalla sua sede centrale situata nell’altro Stato contraente, a condizione che tali beni e merci siano dello stesso tipo o di tipo simile a quelli venduti tramite tale stabile organizzazione. Il governo del Messico applicherà questa norma solo come salvaguardia contro gli abusi e non come principio generale di “forza di attrazione”; pertanto, la norma non si applicherà

quando l’impresa dimostra che le vendite sono state effettuate per scopi diversi dall’ottenimento di un beneficio ai sensi della Convenzione.
(Rinumerato il 22 luglio 2010; vedi STORIA)
94. La Repubblica Ceca si riserva il diritto di aggiungere al paragrafo 3 una disposizione che limiti i possibili adeguamenti corrispondenti ai casi di buona fede.
(Aggiunto il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
95. Nuova Zelandasi riserva il diritto di utilizzare la versione precedente dell’articolo 7 tenendo conto delle sue osservazioni e riserve su tale versione (vale a dire la versione inclusa nel Modello di Convenzione Fiscale immediatamente prima dell’aggiornamento del 2010 del Modello di Convenzione Fiscale) perché non concorda con l’approccio riflesso nella Parte I del Rapporto 2010 Attribuzione degli utili alle stabili organizzazioni. Pertanto, non approva le modifiche al Commentario all’articolo apportate tramite tale aggiornamento.
(Aggiunto il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
96. Austria, Cile, Grecia, Messico, Repubblica Slovacca e Turchia si riservano il diritto di utilizzare la versione precedente dell’Articolo 7, vale a dire la versione che è stata inclusa nel Modello di Convenzione Fiscale immediatamente prima dell’aggiornamento del 2010 del Modello di Convenzione Fiscale. Pertanto, non approvano le modifiche al Commentario all’Articolo apportate tramite tale aggiornamento.
(Modificato il 21 novembre 2017; vedere STORIA)
97. Portogallosi riserva il diritto di continuare ad adottare nelle sue convenzioni il testo dell’articolo nella versione vigente prima del 2010, finché il suo diritto interno non sarà adattato per applicare il nuovo approccio.
(Aggiunto il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
98. Sloveniasi riserva il diritto di specificare che un eventuale adeguamento verrà effettuato ai sensi del paragrafo 3 solo se ritenuto giustificato.
(Aggiunto il 22 luglio 2010; vedi CRONOLOGIA)
99. Australiasi riserva il diritto di utilizzare la versione precedente dell’articolo 7 tenendo conto delle proprie osservazioni e riserve su tale versione (vale a dire la versione inclusa nel Modello di Convenzione fiscale immediatamente prima dell’aggiornamento del 2010 del Modello di Convenzione fiscale).
(Aggiunto il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)
100. Lettoniasi riserva il diritto di utilizzare la versione precedente dell’articolo 7, vale a dire la versione inclusa nel Modello di Convenzione fiscale immediatamente prima dell’aggiornamento del 2010 del Modello di Convenzione fiscale, fatte salve le sue posizioni su tale versione (vedere l’allegato alle posizioni delle economie non-OCSE sull’articolo 7).
(Aggiunto il 21 novembre 2017; vedi CRONOLOGIA)