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CIRCOLARE N. 30 /E DEL 27 OTTOBRE 2023 -Trattamento fiscale delle cripto-attività

 CIRCOLARE N. 30 /E DEL 27 OTTOBRE 2023

OGGETTO: Trattamento fiscale delle cripto-attività. Articolo 1, commi da 126 a 147, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023)

INDICE

Premessa

  1. Quadro tecnico – giuridico di riferimento
    1. Inquadramento delle cripto-attività in ambito europeo
    2. Il quadro unionale in materia di cooperazione amministrativa: la “DAC8”
    3. La normativa nazionale sugli strumenti finanziari in forma digitale
    4. Normativa ai fini dell’antiriciclaggio e monitoraggio fiscale
  2. Regime fiscale ante legge di bilancio 2023
    1. Società operanti nella intermediazione di cripto-valute
    2. Cessione degli utility token da parte della società emittente
    3. Regime fiscale titolari di cripto-attività fino al 31 dicembre 2022
      1. Redditi derivanti dalla cessione a “termine” e da prelievi da wallet
      2. Redditi derivanti da Contract for Difference (CFD)
      3. Redditi derivanti da token
      4. Redditi derivanti dallo staking
      5. Obblighi di monitoraggio fiscale (compilazione quadro RW)
      6. Imposta di bollo
  3. Regime fiscale post legge di bilancio 2023
    1. Regime fiscale titolari di cripto-attività in vigore dal 1° gennaio 2023
    2. Regime transitorio per le plusvalenze e minusvalenze realizzate fino al 31 dicembre 2022
    3. Modifiche al decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461
      1. Regime dichiarativo
      2. Regime del risparmio amministrato
      3. Regime del risparmio gestito
    4. Obblighi a carico degli intermediari
    5. Modifiche alla disciplina del monitoraggio fiscale
    6. Reddito d’impresa: valutazione delle cripto-attività
    7. Rideterminazione del valore delle cripto-attività
    8. Tassazione indiretta
      1. Imposta sul valore aggiunto
        1. Cripto-valute e servizi connessi
        2. Token
        3. Non Fungible Token (NFT)
      2. Imposta di bollo 94
      3. Imposta sul valore delle cripto-attività
      4. Imposta sulle successioni e donazioni
  4. Regolarizzazione delle cripto-attività
  5.  Presupposti di territorialità

Premessa

La legge di bilancio 2023 1 ha introdotto modifiche alla disciplina di tassazione delle “cripto-attività”, allo scopo di rendere la normativa fiscale coerente con l’evoluzione delle diverse tipologie di cripto-attività presenti nel sistema.
La rapidità di diffusione di tali attività presso i contribuenti e la varietà delle stesse, denota una complessità del fenomeno tale da non consentirne la riconducibilità ad unitarietà e, dunque, di qualificare “in astratto” e “a priori” le varie fattispecie riscontrabili sul mercato.
In tale quadro, è possibile individuare diverse attività che pur utilizzando la medesima tecnologia, non hanno natura omogenea e qualificazione giuridica.
La presente circolare, dopo aver fatto un excursus sui chiarimenti forniti in materia fino al 2022, fornisce indicazioni operative in merito alle nuove disposizioni introdotte dall’articolo 1, commi da 126 a 147, della legge di bilancio 2023.
Si osserva al riguardo che il legislatore ha previsto una nuova categoria di redditi diversi introducendo la lettera c-sexies) al comma 1 dell’articolo 67, del Tuir2, che definisce le cripto-attività come «una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga»3.
Nell’ambito applicativo della norma rientra ogni fenomeno reddituale riconducibile alla “detenzione”, rimborso e al “trasferimento” di “valori” e “diritti”, mediante la tecnologia distribuita (“distributed ledger technologies”, (DLT)4.
Le plusvalenze realizzate e gli altri proventi percepiti per effetto di operazioni aventi ad oggetto dette cripto-attività, comunque denominate, sono imponibili, in capo alle persone fisiche (purché il reddito non sia conseguito nell’esercizio di attività d’impresa, arti o professioni o in qualità di lavoratore dipendente), agli enti non commerciali (se l’operazione da cui deriva il reddito non è effettuata nell’esercizio di impresa commerciale), alle società semplici ed equiparate ai sensi dell’articolo 5 del Tuir, ai soggetti non residenti senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, quando il reddito si considera prodotto nel medesimo territorio ai sensi dell’articolo 23 del Tuir, come redditi diversi e assoggettati a tassazione, con la medesima aliquota applicabile alle attività finanziarie (26 per cento).
In considerazione della modifica del regime fiscale, viene prevista la possibilità per i soggetti che già detenevano cripto-attività alla data del 1° gennaio 2023 di rideterminare il costo o il valore di acquisto delle stesse a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 14 per cento5 con il versamento dell’intero importo o della prima rata entro il 15 novembre 20236.
La legge di bilancio, inoltre, offre la possibilità di prevenire possibili contestazioni in sede di controllo sul passato, per i contribuenti che hanno violato gli obblighi di monitoraggio fiscale7 non indicando nel quadro RW della propria dichiarazione la detenzione delle cripto-attività e/o che non hanno dichiarato i redditi derivanti dalle stesse8, regolarizzando la propria posizione presentando un’apposita istanza di emersione e versando la sanzione per l’omessa indicazione nonché, nel caso in cui le cripto-attività abbiano prodotto reddito, un’imposta sostitutiva in misura pari al 3,5 per cento del valore delle cripto-attività detenute al termine di ogni anno o al momento del realizzo, nonché l’ulteriore somma pari allo 0,5 per cento per ciascun anno del predetto valore a titolo di sanzioni e interessi9 (cfr. infra paragrafo 4).
Infine, il legislatore ha disposto una disciplina ad hoc in materia di imposta di bollo sui rapporti aventi ad oggetto le cripto-attività che il legislatore ha previsto nella misura del 2 per mille annui del relativo valore, nonché dell’imposta sul valore delle cripto-attività detenute da tutti i soggetti residenti nel territorio dello Stato10 (cfr. infra paragrafi 3.7.2 e 3.7.3).
Nelle pagine che seguono i riferimenti alle disposizioni normative contenute nella legge di bilancio sono richiamati indicando i soli commi (in corsivo).
In calce alla circolare vi è un “Glossario” nel quale sono definiti i termini utilizzati.
Si fa presente che il documento tiene conto dei contributi ricevuti dagli operatori in esito alla consultazione pubblica aperta il 15 giugno 2023 e conclusa in data 30 giugno 2023.

1 Cfr. articolo 1, commi da 126 a 147, della legge 29 dicembre 2022, n. 197.

2 Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

3 Cfr. articolo 1, comma 126, lettera a), della legge n. 197 del 2022.

4 Cfr. Glossario.

5 Cfr. articolo 1, commi da 133 a 137, della legge n. 197 del 2022.

6 Inizialmente il termine previsto dai commi 134 e 135 dell’articolo 1 della legge n. 197 del 2022 era il 30 giugno 2023. Tale termine è stato prorogato al 30 settembre 2023 dal comma 3-quinquies dell’articolo 4 del decreto legge 10 maggio 2023, n. 51 e successivamente prorogato al 15 novembre 2023 dall’articolo 2 del decreto legge 29 settembre 2023, n. 132.

7 Cfr. articolo 4, comma 1, del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227.

8 In tale ultima evenienza (omessa dichiarazione del reddito, ma corretta indicazione nel quadro RW), alla luce delle novità recate dall’articolo 21 del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, convertito con modificazioni alla legge 26 maggio 2023, n. 56– con il quale il legislatore ha fornito, tra l’altro, un’interpretazione autentica dell’articolo 1, comma 176, della legge n. 197 del 2022 – può altresì trovare applicazione il c.d. “ravvedimento speciale” di cui ai commi 174 e seguenti, della medesima legge di bilancio.

9 Cfr. articolo 1, commi da 138 a 143, della legge n. 197 del 2022.

10 Cfr. articolo 1, commi da 144 a 147, della legge n. 197 del 2022.

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  1. Quadro tecnico – giuridico di riferimento

    Nel settore finanziario si riscontra l’utilizzo sempre più diffuso delle potenzialità offerte dalla digitalizzazione.
    Tra le innovazioni più impattanti, hanno assunto rilievo le tecnologie decentralizzate cosiddette “distributed ledger technologies” (DLT)11. Si tratta di tecnologie di applicazione potenzialmente molto vasta, anche in ambiti non connessi con la finanza.
    Le cripto-attività sono rappresentazioni digitali di valore e di diritti, la cui diffusione è andata di pari passo con una nuova tecnologia cosiddetta di “registro distribuito” di informazioni digitali (DLT), la cui principale applicazione è rappresentata dalla blockchain.12 Il registro è “distribuito” in quanto è composto da unità indipendenti (“nodi”) invece che essere centralizzato in una unità da cui dipende l’accesso delle altre.
    La blockchain ne rappresenta una specifica tipologia, che prevede l’archiviazione delle informazioni in “blocchi” che, ad intervalli regolari, vengono condivisi dai nodi del sistema e resi immutabili. Questi registri possono ospitare una grande varietà di informazioni.
    Le cripto-attività possono essere distinte in due categorie:

    • unbacked crypto-assets”, cripto-attività prive di un meccanismo di stabilizzazione che ne ancori il valore a un’attività di riferimento (es. bitcoin, ma potrebbero essere ricomprese anche le cd. “stablecoins algoritmiche”, il cui meccanismo di stabilizzazione è basato proprio su un algoritmo che ne condiziona la domanda e l’offerta sul mercato);
    • “asset linked stablecoins”, cripto-attività garantite da attività sottostanti (es. valute ufficiali, crediti, merci, etc.) che mirano a mantenere un valore stabile rispetto a una valuta fiat13 (es. euro o dollari), un bene specifico o un pool o paniere di attività.

      Sulla base della funzione economica svolta è possibile effettuare una distinzione delle cripto-attività nelle seguenti tipologie14:

    • token di pagamento”, ossia mezzi di pagamento per l’acquisto di beni o servizi oppure strumenti finalizzati al trasferimento di denaro e di valori;
    • security token”, rappresentativi di diritti economici legati all’andamento dell’iniziativa imprenditoriale (ad esempio, il diritto di partecipare alla distribuzione dei futuri dividendi) e/o di diritti amministrativi (ad esempio diritti di voto su determinate materie);
    • utility token”, rappresentativi di diritti diversi, legati alla possibilità di utilizzare il prodotto o il servizio che l’emittente intende realizzare (ad esempio, licenza per l’utilizzo di un software ad esito del processo di sviluppo)15;
    • “non-fungible token” (“NFT”) è un token che rappresenta l’atto di proprietà e il certificato di autenticità scritto su catena di blocchi di un bene unico (digitale o fisico); gli NFT non sono quindi reciprocamente intercambiabili.

    Come già accennato, dal punto di vista tecnico, si tratta di stringhe di codici digitali criptati, generati in via informatica mediante algoritmi. Lo scambio di tali codici criptati tra gli utenti avviene attraverso specifiche applicazioni software come la blockchain. Pertanto, tali “attività” hanno natura esclusivamente “digitale” essendo create, memorizzate e utilizzate attraverso dispositivi elettronici e sono conservate, generalmente, in “portafogli elettronici” (cosiddetti “wallet”).
    In sostanza, i wallet consistono in un’applicazione per generare, gestire, archiviare o utilizzare le chiavi crittografiche, di cui la chiave pubblica, comunicata agli altri utenti, rappresenta l’indirizzo a cui associare la titolarità delle cripto-attività ricevute, mentre la chiave privata, mantenuta segreta per garantire la sicurezza, consente di effettuare operazioni di trasferimento. Poiché un token è un sistema di informazioni gestite attraverso un DLT, esso può assumere una varietà enorme di forme virtuali, al di là della valuta virtuale.
    Questo rende estremamente complesso il suo inquadramento dal punto di vista normativo.

11 Cfr. Glossario.

12 Cfr. dossier del Servizio studi del Senato sulla legge di bilancio 2023.

13 Cfr. Glossario.

14 Cfr. Glossario.

15 L’articolo 3, paragrafo 1, punto 9, del regolamento (UE) 2023/1114 del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 maggio 2023 relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 1095/2010 e le direttive 2013/36/UE e (UE) 2019/1937 (c.d. “MiCA”) definisce “«utility token»: un tipo di cripto-attività destinato unicamente a fornire l’accesso a un bene o a un servizio prestato dal suo emittente”.

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    1. Inquadramento delle cripto-attività in ambito europeo

Sebbene diverse cripto-attività non rientrano nell’ambito di applicazione della legislazione dell’Unione europea in materia di servizi finanziari, va rilevato che talune cripto-attività sono assimilabili a strumenti finanziari quali definiti all’articolo 4, paragrafo 1, punto 15, della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 (di seguito, MiFID II)16.
A conferma della non riconducibilità delle cripto-attività ad una univoca qualificazione giuridica, l’European Securities and Markets Authority (ESMA) e l’European Banking Authority (EBA) nei pareri rilasciati alla Commissione europea a gennaio 2019 hanno rilevato che, al di là della citata legislazione europea volta a combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, la maggior parte delle cripto-attività ad oggi non rientra nell’ambito di applicazione della legislazione europea in materia di servizi finanziari.
A livello internazionale e in diversi ambiti (ad esempio finanziario e regolamentare) sono state avviate iniziative al fine di integrare tali strumenti in quadri normativi definiti.

A livello europeo, il 24 settembre 2020, la Commissione europea ha pubblicato un pacchetto di misure che definiscono una strategia per i pagamenti retail e una strategia in materia di finanza digitale 17 e contestualmente ha pubblicato le seguenti proposte legislative:

          • il Markets in Crypto Assets Regulation (MiCA), che introduce una disciplina armonizzata per l’emissione e l’offerta al pubblico di cripto-attività, nonché per i relativi servizi (es. di negoziazione e portafoglio digitale). Le tre categorie di cripto-attività ricomprese nell’ambito di applicazione del MiCA, sono: (i) gli “e-money token”, un tipo di cripto-attività che mira a mantenere un valore stabile facendo riferimento al valore di una valuta ufficiale;
            (ii) gli “asset-referenced token”, un tipo di cripto-attività che non è un token di moneta elettronica e che mira a mantenere un valore stabile facendo riferimento a un altro valore o diritto o a una combinazione dei due, comprese una o più valute ufficiali;
            (iii) e le cripto-attività diverse dagli “e-money token” e dagli “asset-referenced token”, categoria residuale che comprende un’ampia gamma di cripto-attività (quali, ad esempio, gli utility token), diverse dagli strumenti finanziari o da altri prodotti già disciplinati da altri atti dell’Unione europea18; n. 648/2012, (UE) n. 600/2014, (UE) n. 909/2014 e (UE) 2016/1011
          • il Digital Operational Resilience Act (DORA), che ha come obiettivo il rafforzamento della resilienza operativa digitale dell’intero settore finanziario, anche attraverso l’introduzione di un regime di sorveglianza sui fornitori critici di servizi ICT, tra i quali potrebbero rientrare coloro che prestano servizi funzionali alla gestione delle cripto-attività;
          • la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito (DLT)19.

Con riferimento a tali proposte, si segnala la definitiva approvazione e pubblicazione del:

              • regolamento (UE) 2022/858 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2022 relativo a un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia a registro distribuito e che modifica i regolamenti (UE) n. 600/2014 e (UE) n. 909/2014 e la direttiva 2014/65/UE pubblicato in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 6 giugno 2022;
              • del regolamento (UE) 2022/2554 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2022 relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario e che modifica i regolamenti (CE) n. 1060/2009, (UE)

16 Relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE.

17 Cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni relativa a una strategia in materia di finanza digitale per l’UE del 24 settembre 2020 [COM (2020) 591].

18 In particolare, secondo quanto previsto dall’articolo 2, paragrafo 4, del MiCA, il regolamento «non si applica alle cripto-attività che rientrano in una o più delle definizioni seguenti:

        1. strumenti finanziari;

        2. depositi, compresi i depositi strutturati;

        3. fondi, eccetto ove siano qualificabili come token di moneta elettronica;

        4. posizioni inerenti a cartolarizzazione nel contesto di una cartolarizzazione ai sensi dell’articolo 2, punto 1, del regolamento (UE) 2017/2402;

        5. prodotti assicurativi non vita o vita che rientrano nelle classi di assicurazione elencati negli allegati I e II della direttiva n. 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio o contratti di riassicurazione e retrocessione di cui alla stessa direttiva;

        6. i prodotti pensionistici che, ai sensi del diritto nazionale, sono riconosciuti come aventi lo scopo principale di offrire all’investitore un reddito durante la pensione e che consentono all’investitore di godere di determinati vantaggi;

        7. gli schemi pensionistici aziendali o professionali riconosciuti ufficialmente che ricadono nell’ambito di applicazione della direttiva (UE) 2016/2341 del Parlamento europeo e del Consiglio o della direttiva 2009/138/CE;

        8. i singoli prodotti pensionistici per i quali il diritto nazionale richiede un contributo finanziario del datore di lavoro e nei quali il lavoratore o il datore di lavoro non può scegliere il fornitore o il prodotto pensionistico;

        9. un prodotto pensionistico individuale paneuropeo come definito all’articolo 2, punto 2), del regolamento (UE) 2019/1238 del Parlamento europeo e del Consiglio;

        10. regimi di sicurezza sociale contemplati dal regolamento (CE) n. 883/2004 e (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio».

19 Il regolamento (UE) 2022/858 modifica i regolamenti (UE) n. 600/2014 e (UE) n. 909/2014 e la MiFID II. In particolare, l’articolo 18 prevede che gli Stati membri adottino e pubblichino, entro il 23 marzo 2023, le disposizioni necessarie per conformarsi alla modifica dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 15, della MiFID II che introduce una nuova definizione di strumento finanziario includendovi gli strumenti emessi mediante tecnologia a registro distribuito. In attuazione di tale regolamento è stato emanato il decreto legge 17 marzo 2023, n. 25 contenente «Disposizioni urgenti in materia di emissioni e circolazione di determinati strumenti finanziari in forma digitale e di semplificazione della sperimentazione FinTech» convertito in legge 10 maggio 2023, n. 52.

20 Il regolamento MiCA è entrato in vigore 29 giugno 2023 e le relative disposizioni si applicano con la decorrenza prevista dall’articolo 149.

21 «Digital representation of a value or a right that is able to be transferred and stored electronically, using distributed ledger technology or similar technology».

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    1. Il quadro unionale in materia di cooperazione amministrativa: la “DAC823

      La direttiva in materia di cooperazione amministrativa (nel seguito, DAC8) 24 è volta a rendere ancora più efficace ed efficiente lo scambio di informazioni in ambito fiscale, prevedendo, tra l’altro lo scambio automatico obbligatorio di informazioni in relazione alle transazioni che hanno a oggetto cripto-attività.
      In tale ambito, le disposizioni della DAC8 (incluse le procedure di adeguata verifica, i requisiti di segnalazione e tutte le altre regole disciplinate nella proposta di direttiva), da un lato, riflettono quanto previsto dal Crypto-Asset Reporting Framework (CARF) approvato in ambito OCSE; e, dall’altro lato, utilizzano le “definizioni” contenute nel regolamento MiCA, anche al fine di ridurre al minimo gli oneri amministrativi in capo ai fornitori di servizi di cripto-attività.
      Va sottolineato che, laddove una norma internazionale in materia di comunicazione e scambio automatico di informazioni sulle cripto-attività sia considerata una norma minima o equivalente, le informazioni, che devono essere scambiate automaticamente in attuazione di tale norma e dell’accordo tra Autorità competenti dello Stato membro o degli Stati membri interessati e una giurisdizione non UE, sono considerate corrispondenti a quelle previste dalla DAC8 senza che sia necessaria l’adozione di un atto di esecuzione da parte della Commissione europea e a condizione che l’accordo tra Autorità competenti degli Stati membri interessati e della Giurisdizione non UE sia in vigore. In tali casi, dunque, le disposizioni della DAC8 non si applicheranno25.

      1. Ambito soggettivo

        Nell’ambito della nuova tipologia di scambio automatico relativo alle cripto-attività, sono stati individuati quali soggetti obbligati alla comunicazione, i Prestatori di Servizi di Cripto-attività (Crypto-Assets Service Providers, CASP). I CASP, infatti, si trovano in una posizione privilegiata per la raccolta e la verifica delle informazioni sui propri utenti e dispongono delle informazioni necessarie per valutare l’utilizzo delle cripto-attività, considerato che oggetto di comunicazione sono le cripto-attività che possono essere utilizzate a fini di pagamento o di investimento.
        In tale contesto, quindi, ai fini della comunicazione, i CASP dovranno valutare caso per caso se le cripto-attività non possano essere utilizzate per finalità di pagamento e investimento, tenendo conto delle esenzioni previste dal MiCA (ad esempio nel caso dei determinati utility token).
        In base alla DAC8 si considerano Prestatori di Servizi di Cripto-attività con Obbligo di Comunicazione i) i soggetti autorizzati da uno Stato membro (anche a seguito di notifica) ai sensi del regolamento MiCA ovvero, ii) i soggetti non autorizzati ai sensi del MiCA se trattasi di:

        1. una entità o persona fisica, fiscalmente residente in uno Stato membro;
        2. una entità costituita o organizzata secondo le leggi di uno Stato membro e avente personalità giuridica in uno Stato membro, o con l’obbligo di presentare dichiarazioni dei redditi o altre informazioni fiscali alle Autorità fiscali di uno Stato membro;
        3. una entità gestita da uno Stato membro;
        4. una entità o persona fisica, che ha la sede abituale della propria attività in uno Stato membro.

        La direttiva, quindi, si applicherà sia ai Prestatori di Servizi di Cripto-attività regolamentati e autorizzati ai sensi del MiCA sia ai gestori di cripto-attività che non lo sono26.
        In tale ultimo caso, va sottolineato che la direttiva si applicherà anche ai CASP non residenti nel territorio dell’UE che rientrano nella casistica indicata sopra, nei punti a), b), c) e d). Questi ultimi, infatti, saranno esonerati dalla comunicazione solo nel caso in cui siano residenti in una giurisdizione qualificata non UE “qualificata”, cioè con la quale sia in vigore un accordo qualificante effettivo tra Autorità competenti ai sensi del quale saranno scambiate informazioni corrispondenti a quelle previste dalla DAC8 con gli Stati membri di residenza degli utenti oggetto di comunicazione.
        Oggetto di comunicazione saranno quindi gli utenti di cripto-attività, ovvero persone fisiche o entità residenti in uno Stato membro (inclusa l’eredità di un soggetto che era residente in uno Stato membro), che siano clienti di un CASP tenuto alla comunicazione in relazione alle transazioni oggetto di comunicazione. Sono escluse (a) le entità il cui capitale sia negoziato in uno o più mercati regolamentati e (b) le entità ad esse associate, (c) le entità governative, (d) le organizzazioni internazionali, (e) le banche centrali e (f) alcune entità d’investimento.

      2. Ambito oggettivo

        Oggetto dello scambio DAC8 saranno le transazioni (operazioni di scambio e trasferimenti) relative alle cripto-attività, come definite nel MiCA, diverse dalla moneta digitale emessa da una Banca centrale, dalla moneta elettronica, o da qualsiasi cripto-attività in relazione alla quale il Prestatore di Servizi di Cripto-attività abbia stabilito in maniera adeguata che non può essere utilizzato per finalità di pagamento o investimento.

      3. Informazioni oggetto di scambio

      Per quanto riguarda le informazioni che saranno oggetto di scambio, la DAC8 prevede in sintesi che vengano scambiati i dati identificativi dei CASP e delle persone oggetto di comunicazione, incluse le persone che esercitano il controllo sulle entità che sono oggetto di comunicazione.
      Con riferimento alle cripto-attività, oltre alla denominazione con la quale sono identificate sul mercato, saranno oggetto di scambio le informazioni relative alle transazioni, a seconda che si tratti di un’operazione di scambio o di un trasferimento. Segnatamente, saranno comunicati:

      • l’importo lordo aggregato (sia pagato sia ricevuto), il numero aggregato di unità di cripto-attività (sia cedute sia acquistate) e il numero di Transazioni, in relazione ad acquisizioni o cessioni in cambio di valuta fiat;
      • il valore di mercato aggregato delle unità di cripto-attività (sta trasferite sia ricevute), il numero aggregato di unità di cripto attività (sia trasferite sia ricevute) e il numero di Transazioni in relazione ad acquisizioni o cessioni in cambio di altre cripto attività rilevanti ai fini della DAC8;
      • il valore di mercato aggregato, il numero aggregato di unità di cripto-attività e il numero di Operazioni di pagamento al dettaglio, in relazione a trasferimenti di cripto-attività in cambio di beni o servizi per un valore superiore a USD 50.000;
      • il valore di mercato aggregato, il numero aggregato di unità di cripto-attività e il numero di Transazioni oggetto di comunicazione, in relazione ai Trasferimenti di cripto attività (diversi dalle Operazioni di cui ai precedenti tre punti) suddivisi per tipo;
      • il valore di mercato aggregato, il numero aggregato di unità di cripto-attività e il numero di Trasferimenti effettuati dal CASP verso indirizzi di registro distribuito non associati a un CASP.

      Le prime informazioni che formeranno oggetto di scambio automatico saranno quelle relative all’anno di riferimento a partire dal 1o gennaio 2026 e saranno comunicate entro 9 mesi dalla fine dell’anno solare cui si riferiscono. Pertanto, il primo scambio avrà luogo entro la fine del settembre 2027.

22 L’articolo 2, paragrafo 3, del MiCA, in linea con il decimo considerando, prevede che «Il presente regolamento non si applica alle cripto-attività che sono uniche e non fungibili con altre cripto-attività».

23 La DAC8, approvata con direttiva UE 2023/2026 del Consiglio UE il 17 ottobre 2023, che modifica la direttiva 2011/16/UE, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale, pubblicata nella

G.U.U.E. Serie L del 24 ottobre 2023, dovrà essere recepita da ciascuno Stato membro entro il 31 dicembre 2025.

24 Rif. n. 8730/23 del 5 maggio 2023, fascicolo interistituzionale 2022/0413(CNS).

25 Negli altri casi la Commissione stabilisce mediante atti di esecuzione, su richiesta motivata di uno Stato membro o di propria iniziativa, se le informazioni che devono essere scambiate automaticamente in virtù di un accordo fra le autorità competenti dello Stato membro interessato e una giurisdizione non UE corrispondano a quelle specificate nella DAC8

26 Gli operatori che non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento ma che sono comunque tenuti a comunicare le informazioni sugli utenti residenti nell’UE dovrebbero essere tenuti a registrarsi in un unico Stato membro al fine di adempiere a tale obbligo.

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    1. La normativa nazionale sugli strumenti finanziari in forma digitale

      L’articolo 18 del regolamento (UE) 2022/858 per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia a registro distribuito ha espressamente confermato che sono strumenti finanziari, agli effetti della vigilanza finanziaria, anche quelli digitali emessi mediante tecnologia a registro distribuito:

      • sostituendo il punto 15 dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari con il seguente: «15) “strumento finanziario”: qualsiasi strumento riportato nella sezione C dell’allegato I, compresi gli strumenti emessi mediante tecnologia a registro distribuito»;
      • inserendo nell’articolo 93 il seguente paragrafo «3 bis. Entro il 23 marzo 2023 gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni necessarie per conformarsi all’articolo 4, paragrafo 1, punto 15, e le comunicano alla Commissione. Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 23 marzo 2023».

      Al fine di adeguare la regolamentazione dei mercati degli strumenti finanziari al nuovo regime pilota previsto dal richiamato Regolamento (UE)
      2022/858 per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia a registro distribuito e di disciplinare l’emissione e la circolazione in Italia delle principali tipologie di strumenti finanziari in “forma digitale”, è stato approvato il decreto legge 17 marzo 2023, n. 25 (contenente «Disposizioni urgenti in materia di emissioni e circolazione di determinati strumenti finanziari in forma digitale e di semplificazione della sperimentazione FinTech», convertito dalla legge 10 maggio 2023, n. 5227).
      Tale decreto ha legittimato l’emissione e la circolazione in forma digitale delle principali tipologie di strumenti finanziari disciplinati dalla normativa italiana e, al tempo stesso, hanno espressamente esteso l’applicabilità a tali strumenti della disciplina dei titoli di credito.
      In particolare, per effetto delle modifiche recate dall’articolo 31 del decreto legge n. 25 del 2023 al comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF) «Per “strumento finanziario” si intende qualsiasi strumento riportato nella Sezione C dell’Allegato I, compresi gli strumenti emessi mediante tecnologia a registro distribuito. Gli strumenti di pagamento non sono strumenti finanziari».
      Per forma digitale si intende la circostanza che taluni strumenti finanziari esistono soltanto come scritturazioni in un registro per la circolazione digitale. È ammessa la possibilità di emettere in tale forma i seguenti strumenti:

      1. azioni28;
      2. obbligazioni29;
      3. titoli di debito emessi dalle società a responsabilità limitata ai sensi dell’articolo 2483 del codice civile;
      4. ulteriori titoli di debito la cui emissione è consentita ai sensi dell’ordinamento italiano, nonché ai titoli di debito regolati dal diritto italiano emessi da emittenti diversi dagli emittenti italiani;
      5. ricevute di deposito relative ad obbligazioni e ad altri titoli di debito di emittenti non domiciliati emesse da emittenti italiani;
      6. strumenti del mercato monetario regolati dal diritto italiano;
      7. azioni o quote di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) italiani30.

      I nuovi strumenti finanziari digitali, essendo stati assoggettati alla disciplina dei corrispondenti titoli di credito e degli altri strumenti finanziari emessi in forma non digitale, devono ritenersi soggetti al relativo regime fiscale, secondo quanto è confermato dalla relazione illustrativa all’articolo 8 del decreto legge n. 25 del 2023, laddove chiarisce che «restano ferme la disciplina impositiva e le modalità di applicazione della stessa prevista per i corrispondenti strumenti finanziari non emessi in forma digitale».
      Pertanto, ai redditi derivanti dagli strumenti finanziari digitali si applicano le disposizioni sui redditi di capitale di cui all’articolo 44 del Tuir e sui redditi diversi di natura finanziaria di cui all’articolo 67, comma 1, lettere da c) a c-quinquies), del medesimo testo unico.
      In altri termini, con riferimento a tali strumenti non trova applicazione la citata lettera c-sexies).

27 Le disposizioni contenute nel decreto legge intendono adeguare l’ordinamento nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2022/858 e introdurre misure di semplificazione della sperimentazione FinTech.

28 Di cui al libro quinto, titolo V, capo V, sezione V del codice civile.

29 Di cui al libro quinto, titolo V, capo V, sezione VII del codice civile

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    1. Normativa ai fini dell’antiriciclaggio e monitoraggio fiscale

      Le valute virtuali rientrano in una più ampia categoria che viene definita cripto-attività, che ricomprende, come illustrato, diverse attività che pur utilizzando la medesima tecnologia, non hanno univoca qualificazione giuridica.
      Il d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 (Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione) come modificato dal d.lgs. 25 maggio 2017, n. 90 in recepimento della quarta direttiva antiriciclaggio (direttiva UE 849/2015) e, successivamente, dal d.lgs. 4 ottobre 2019, n. 125 in recepimento della quinta direttiva antiriciclaggio (direttiva UE 843/2018), all’articolo 1, comma 1, lettera qq), definisce la “valuta virtuale”: «la rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente».

      La riportata definizione non qualifica le valute virtuali in termini tali da ricondurle a una specifica categoria giuridica, ma ne descrive le possibili funzioni mettendone in luce tre elementi caratteristici: la rappresentazione di un “valore”, la natura digitale di tale rappresentazione e quella di non essere emesse né garantite da una banca centrale o da un’autorità pubblica.
      Ai fini della disciplina antiriciclaggio, i soggetti che svolgono attività di servizi relativi a cripto-valute possono rientrare tra i:

      • «prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale» definiti dalla lettera ff) del comma 2 dell’articolo 1 del d.lgs. n. 231 del 2007 come «ogni persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, anche online, servizi funzionali all’utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conversione da ovvero in valute aventi corso legale o in rappresentazioni digitali di valore, ivi comprese quelle convertibili in altre valute virtuali nonché i servizi di emissione, offerta, trasferimento e compensazione e ogni altro servizio funzionale all’acquisizione, alla negoziazione o all’intermediazione nello scambio delle medesime valute»31:
      • «prestatori di servizi di portafoglio digitale» definiti dalla successiva ff-bis) come «ogni persona fisica o giuridica che fornisce, a terzi, a titolo professionale, anche online, servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali».32

      Tali soggetti rientrano ai sensi delle lettere i) e i-bis) del comma 5 dell’articolo 3 del medesimo d.lgs. n. 231 del 2007 «nella categoria di altri operatori non finanziari» cui si applicano le disposizioni in materia di antiriciclaggio e che a sensi dell’articolo 17-bis, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141 devono essere iscritti in una sezione speciale del registro tenuto dall’organismo per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi (OAM).
      Il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 13 gennaio 202233 ha previsto le «Modalità e tempistica con cui i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e i prestatori di servizi di portafoglio digitale sono tenuti a comunicare la propria operatività sul territorio nazionale nonché forme di cooperazione tra il Ministero dell’economia e delle finanze e le forze di polizia». L’articolo 1, lettera f), del citato decreto definisce «valuta virtuale: la rappresentazione digitale di valore, non emessa nè garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata
      elettronicamente»34.
      Ai fini degli adempimenti relativi al monitoraggio fiscale, il citato d.lgs. n. 90 del 201735, oltre a modificare la previgente disciplina dell’antiriciclaggio, ha modificato alcune disposizioni del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167.
      In particolare, l’articolo 8, comma 7, lettera a), del d.lgs. n. 90 del 2017 aveva sostituito il comma 1 dell’articolo 1 del decreto legge n. 167 del 1990 con il seguente: «Gli intermediari bancari e finanziari di cui all’articolo 3, comma 2, gli altri operatori finanziari di cui all’articolo 3, comma 3, lettere a) e d), e gli operatori non finanziari di cui all’articolo 3, comma 5, lettera i), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni, che intervengono, anche attraverso movimentazione di conti, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento di cui all’articolo 1, comma 2, lettera s), del medesimo decreto sono tenuti a trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati di cui all’articolo 31, comma 2, del menzionato decreto, relativi alle predette operazioni, effettuate anche in valuta virtuale, di importo pari o superiore a 15.000 euro36, indipendentemente dal fatto che si tratti di un’operazione unica o di più operazioni che appaiano collegate per realizzare un’operazione frazionata e limitatamente alle operazioni eseguite per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali e di società semplici e associazioni equiparate ai sensi dell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917».

      Pertanto, a partire dal 4 luglio 2017, sono stati estesi gli obblighi di monitoraggio fiscale, ordinariamente previsti per gli intermediari bancari e finanziari, ai prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale che intervengono, attraverso movimentazione di “conti”, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento effettuate anche in valuta virtuale.
      Da ultimo, il comma 129, lettera a) ha modificato la predetta disciplina del monitoraggio fiscale ampliando dal 1° gennaio 2023 l’ambito soggettivo di coloro che sono tenuti a tale adempimento per includere i prestatori di servizi di portafoglio digitale e quello oggettivo con riferimento alle attività oggetto del monitoraggio per includere tra le operazioni da segnalare anche quelle relative alle cripto-attività.

30 Di cui all’articolo 1, comma 1, lettera l), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF).

31 Come modificata dall’articolo 1, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 4 ottobre 2019, n. 125.

32 Lettera introdotta dall’articolo 1, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 4 ottobre 2019, n. 125.

33 Previsto dall’articolo 17-bis, comma 8-ter, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141 e pubblicato nella G.U. Serie generale 17 febbraio 2022, n. 40.

34 La medesima definizione è contenuta nell’articolo 1, comma 2, lettera qq), del d.lgs. n. 231 del 1997.

35 In vigore dal 4 luglio 2017.

36 L’importo minimo per effettuare le comunicazioni è stato ridotto a 5.000 euro dall’articolo 16 decreto legge 21 giugno 2022, n. 73 con decorrenza dal 22 giugno 2022.

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  1. Regime fiscale ante legge di bilancio 2023

Come detto in precedenza, in assenza di una specifica normativa vigente applicabile al sistema delle cripto-attività (e in particolare alle cripto-valute), l’Amministrazione finanziaria ha fornito indicazioni secondo un approccio case by case in risposta a molte istanze di interpello da parte dei contribuenti aventi ad oggetto principalmente quesiti relativi alla detenzione trasferimento di cripto-valute.
Tra i primi documenti di prassi emanati si richiama la risoluzione 2 settembre 2016, n. 72/E, avente ad oggetto il «Trattamento fiscale applicabile alle società che svolgono attività di servizi relativi a monete virtuali» e, in particolare, a bitcoin (cfr. infra paragrafo 2.1).
I chiarimenti forniti in tale documento prendono spunto da quanto sancito nella sentenza 22 ottobre 2015 della Corte di Giustizia dell’Unione europea (causa C-264/14) che ha costituito necessario punto di riferimento sul piano della disciplina fiscale applicabile alle operazioni aventi ad oggetto tali attività.

Nel citato documento di prassi, infatti, si precisa che in «assenza di una specifica normativa applicabile al sistema delle monete virtuali, la predetta sentenza della Corte di Giustizia 37 costituisce necessariamente un punto di riferimento sul piano della disciplina fiscale applicabile alle monete virtuali e, nello specifico ai bitcoin».

Nella citata sentenza, la Corte europea ha riconosciuto che, le operazioni che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale bitcoin e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma corrispondente al margine costituito dalla differenza tra il prezzo di acquisto delle valute e quello di vendita praticato dall’operatore ai propri clienti (“exchanger”), costituiscono prestazioni di servizio a titolo oneroso che, agli effetti dell’IVA rientrano tra le operazioni «relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio» di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112/CE.

37 Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 22 ottobre 2015 (causa C-264/14).

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    1. Società operanti nella intermediazione di cripto-valute

      Come accennato con la richiamata risoluzione n. 72/E del 2016, in ossequio a quanto affermato dai giudici europei, è stato ritenuto che l’attività di intermediazione di valute tradizionali con bitcoin38, svolta in modo professionale ed abituale, costituisce una attività rilevante oltre agli effetti dell’Iva anche dell’Ires e dell’Irap.
      Coerentemente all’inquadramento giurisprudenziale europeo richiamato, la risoluzione ha chiarito che, ai fini della tassazione diretta, la società deve assoggettare ad imposizione i componenti di reddito derivanti dalla attività di intermediazione nell’acquisto e vendita di cripto-valute, al netto dei relativi costi inerenti a detta attività.
      Nel caso oggetto di esame della citata risoluzione, l’operatività della società era così articolata, in caso di ordine di:

      acquisto, il cliente anticipava le risorse finanziarie alla società che, effettuato l’acquisto di cripto-valute, provvedeva a registrare nel wallet del cliente i codici relativi alle cripto-valute acquistate;

      vendita, la società prelevava dal cliente le cripto-valute e gli accreditava, successivamente al completamento della vendita, la somma convenuta.

      A fronte di tali operazioni, la risoluzione n. 72/E ha chiarito che «Il guadagno (o la perdita) di competenza della Società è rappresentato dalla differenza tra quanto anticipato dal cliente e quanto speso dalla Società per l’acquisto o tra quanto incassato dalla Società per la vendita e quanto riversato al cliente.

      Tale elemento di reddito – derivante dalla differenza (positiva o negativa) tra prezzi di acquisto sostenuti dalla società e costi di acquisto a cui si è impegnato il cliente (nel caso in cui quest’ultimo abbia affidato alla società l’incarico a comprare) o tra prezzi di vendita praticati dall’istante [ndr. società] e ricavi di vendita garantiti al cliente (nel caso di affidamento di incarico a vendere) – è ascrivibile ai ricavi (o ai costi) caratteristici di esercizio dell’attività di intermediazione esercitata e, pertanto, contribuiscono quali elementi positivi (o negativi) alla formazione della materia imponibile soggetta ad ordinaria tassazione ai fini Ires (ed Irap).

      Con riferimento, ai bitcoin che a fine esercizio sono nella disponibilità (a titolo di proprietà) della Società si ritiene che gli stessi debbano essere valutati secondo il cambio in vigore alla data di chiusura dell’esercizio e tale valutazione assume rilievo ai fini fiscali ai sensi dell’articolo 9 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir). Occorre, quindi, far riferimento al valore normale, intendendosi per tale il valore corrispondente alla quotazione degli stessi bitcoin al termine dell’esercizio.

      A tal fine potrebbe ben farsi riferimento alla media delle quotazioni ufficiali rinvenibili sulle piattaforme on line in cui avvengono le compravendite di bitcoin». Nel caso in cui, invece, la società effettui attività di investimento in cripto-

      valute per conto proprio (con esclusione di qualsiasi attività nei confronti del pubblico e di ogni attività di intermediazione), è stato ritenuto che per le operazioni di acquisto e vendita di cripto-valute (trattate nella prospettazione contabile utilizzata “alla stregua” di valute estere) con contropartita una valuta avente corso legale, i relativi proventi od oneri concorrano alla formazione del reddito imponibile ai fini IRES, in misura pari alla differenza tra il prezzo di cessione e il costo di acquisto delle cripto-valute cedute.

      Nel diverso caso39 in cui i servizi prestati (nella specie, l’attività di “miner”) da una società risultino remunerati mediante dei corrispettivi definiti in termini di
      c.d. «monete virtuali» (i.e., cripto-valute), tenuto conto del principio espresso nella risposta ad interpello pubblicata n. 788 del 2021 (per cui «alle operazioni in valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali»), trovano applicazione le disposizioni del Tuir che disciplinano le operazioni in valuta estera. Va aggiunto che in relazione alla valutazione di tali «monete virtuali» detenute al termine di ciascun periodo d’imposta, si considera realizzata la differenza tra il valore fiscale iniziale e quello rilevato alla data di chiusura di ciascun periodo d’imposta, in applicazione di quanto disposto dall’articolo 110 del Tuir.
      Ai fini IRAP, è stato ritenuto che le remunerazioni della società “miner” concorrono alla formazione del suo valore della produzione netta, rappresentando di per sé ricavi per prestazioni di servizi ascrivibili alla sua attività caratteristica con il conseguente transito in voci rilevanti ai fini IRAP. Le oscillazioni di valore, invece, non sarebbero incluse nella base imponibile del tributo regionale, solo nella misura in cui non transitano da voci rilevati ai fini IRAP ovvero in assenza dei presupposti per l’applicazione del principio di correlazione.
      Per quanto riguarda, la tassazione ai fini delle imposte sul reddito dei clienti della società, persone fisiche che detengono le cripto-valute al di fuori dell’attività d’impresa, infine, la citata risoluzione n. 72/E del 2016 – in virtù della assimilazione delle operazioni relative alle cripto-valute a quelle in valuta tradizionale operata in sede unionale – evidenzia che le operazioni a pronti (acquisti e vendite) di valuta non generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa.
      Come si specificherà meglio in seguito i predetti chiarimenti non risultano più attuali alla luce delle novità introdotte dalla legge di bilancio 2023.

38 Riferibile in generale alle cripto-valute.

39 Risposta pubblicata il 17 ottobre 2022, n. 515.

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    1. Cessione degli utility token da parte della società emittente

      Diverse risposte ad istanze di interpello hanno riguardato il trattamento fiscale delle operazioni aventi ad oggetto l’emissione e lo scambio di utility token.
      Come anticipato, tra le diverse tipologie di token:

      i security token rappresentano diritti economici legati all’andamento dell’iniziativa imprenditoriale (ad esempio, il diritto di partecipare alla distribuzione dei futuri dividendi) e/o di diritti amministrativi (ad esempio diritti di voto su determinate materie);

      gli utility token rappresentano di diritti diversi, legati alla possibilità di utilizzare il prodotto o il servizio che l’emittente intende realizzare (ad esempio, licenza per l’utilizzo di un software ad esito del processo di sviluppo).

      Oltre ad attribuire i suddetti diritti, alcuni token possono essere scambiati sul mercato secondario tramite la piattaforma dell’emittente o su altre piattaforme di scambio.
      Si pensi, ad esempio, ad utility token emessi da una società rappresentativi unicamente del diritto di acquistare beni e servizi del soggetto emittente, con espressa esclusione di finalità di natura monetaria, speculativa e partecipativa.
      Tali token possono essere utilizzati direttamente dall’acquirente originario o ceduti a terzi, a fronte di corrispettivi anche in cripto-valuta.

      Con riferimento alle imposte sui redditi, per quanto riguarda un’operazione di cessione degli utility token40 da parte della società emittente, qualora sul piano contabile l’operazione sia rappresentata come una mera movimentazione finanziaria in applicazione dei corretti principi contabili, si ritiene che la stessa non assuma autonoma rilevanza fiscale ai fini IRES.

      Conseguentemente, ai fini delle imposte sui redditi, le somme incassate a seguito dell’assegnazione degli utility token non incidono sulla determinazione del reddito nel periodo d’imposta in cui i beni e/o le prestazioni di servizi concorrono alla formazione della base imponibile.
      Ai fini IRAP, si rammenta che il principio generale che sorregge il vigente sistema impositivo dell’IRAP, così come ridisegnato dalla legge 24 dicembre 2007, n. 24 (legge finanziaria 2008), è quello della “presa diretta da bilancio” delle voci espressamente individuate e considerate rilevanti ai fini impositivi.
      In particolare, l’abrogazione dell’articolo 11-bis del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 – che riconosceva la rilevanza nell’IRAP delle variazioni fiscali effettuate ai fini delle imposte sul reddito – ha determinato lo “sganciamento” del tributo regionale dall’imposta sul reddito stesso rendendo, in tal modo, le modalità di calcolo del tributo più aderenti ai criteri adottati in sede di redazione del bilancio di esercizio.
      Pertanto, nel presupposto dell’assenza di rilevazione tra le voci del conto economico rilevanti ai fini del tributo regionale, le somme incassate a fronte dell’assegnazione dei predetti utility token non concorrono alla formazione della base imponibile IRAP.
      Tra le fattispecie oggetto di interpello 41 , è stata esaminato il caso di compensi erogati agli amministratori e dipendenti di una società emettente sotto forma di token.
      Al riguardo è stato evidenziato che i redditi di lavoro dipendente di cui all’articolo 49 del Tuir, nonché quelli assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui al successivo articolo 50, comma 1, lettera c-bis), del Tuir sono disciplinati, ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del Tuir, dal principio di onnicomprensività, in applicazione del quale costituiscono reddito imponibile per il dipendente, ovvero per l’amministratore di società «tutte le somme ed i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro».
      In generale, quindi, sia le somme che i compensi in natura percepiti anche da terzi o a titolo di liberalità dal lavoratore, in ragione del suo status di dipendente o di amministratore, costituiscono reddito di lavoro dipendente, salvo quanto previsto tassativamente dai successivi commi del medesimo articolo 51.
      In particolare, il comma 3 del citato articolo prevede, tra l’altro, che «Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a lire 500.000 (euro 258,23); se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito».

      In relazione alla fattispecie in esame, con particolare riferimento all’erogazione, da parte della società/datore di lavoro, di compensi sotto forma di token ai propri amministratori e dipendenti, si ritiene che tali remunerazioni, in ossequio del principio di onnicomprensività, costituiscano per i percettori reddito di lavoro dipendente, da assoggettare a ritenuta d’acconto ai sensi dell’articolo 23 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 sempreché il valore di tale forma remunerativa non superi, per ciascun percettore, nel periodo d’imposta, euro 258,23.
      In relazione alla valorizzazione dei beni in natura, la prima parte del citato comma 3 dell’articolo 51 del Tuir prevede che «Ai fini della determinazione in denaro dei valori di cui al comma 1, compresi quelli dei beni ceduti e dei servizi prestati al coniuge del dipendente o a familiari indicati nell’articolo 12, o il diritto di ottenerli da terzi, si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell’articolo 9. Il valore normale dei generi in natura prodotti dall’azienda e ceduti ai dipendenti è determinato in misura pari al prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nelle cessioni al grossista».
      Pertanto, l’erogazione di compensi sotto forma di token genererà reddito di lavoro dipendente o assimilato a quello di lavoro dipendente sempreché, nel periodo d’imposta, il “valore normale” da attribuire a tale forma di retribuzione risulterà, per ciascun amministratore/dipendente, superiore ad euro 258,23.
      Tale orientamento è confermato anche alla luce delle novità introdotte dalla legge di bilancio 2023, in quanto, è possibile inquadrare il reddito del percettore, ancorché pagato in criptoattività, in base alle categorie di reddito “tradizionali”. Nello specifico, i token sono assegnati ad amministratori e dipendenti a fronte della prestazione lavorativa dagli stessi resa e, pertanto, non posso rilevare “autonomamente” quale attività da cui deriva un reddito diverso ai sensi della lettera c-sexies).

40 Cfr. risposta pubblicata il 28 settembre 2018, n. 14.

41 Cfr. risposta pubblicata il 28 settembre 2018, n. 14.

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    1. Regime fiscale titolari di cripto-attività fino al 31 dicembre 2022

      Come anticipato al paragrafo 2.1, con la risoluzione n. 72/E del 2016, è stato affermato il principio secondo cui alle operazioni avente ad oggetto valute virtuali risultano applicabili, in generale, le disposizioni fiscali vigenti in materia di valute estere aventi corso legale.
      Conseguentemente, nel fornire risposta a diverse istanze di interpello42, ai fini della tassazione dei redditi derivanti da tali attività, si è ritenuto corretto applicare alle operazioni di conversione di cripto-valuta con valuta avente corso legale, i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto le valute estere di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), comma 1-bis e comma 1-ter, del Tuir.
      In applicazione di tali principi, ai fini della tassazione delle imposte sul reddito delle persone fisiche che detengono le cripto-valute al di fuori dell’attività d’impresa, le regole di tassazione applicabili fino al 31 dicembre 2022 sono le seguenti:

      le operazioni a “pronti43 relative ad acquisti e vendite di valute virtualinon generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa;

      le operazioni a “termine” relative ad acquisti e vendite di valute virtuali, nonché taluni prelievi da wallet, invece, rilevano come meglio specificato al paragrafo successivo.

      Per i redditi realizzati dal 1° gennaio 2023, tale orientamento è da ritenersi superato alla luce delle novità introdotte dalla legge di bilancio 2023, per le quali si rinvia al paragrafo 3.1.

42 Cfr. risposta pubblicata il 24 novembre 2021, n. 788.

43 Per cessione a pronti si intende una transazione in cui si ha lo scambio contestuale di una valuta contro una valuta differente.

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      1. Redditi derivanti dalla cessione a “termine” e da prelievi da wallet

        Ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del Tuir costituiscono redditi diversi di natura finanziaria «le plusvalenze, diverse da quelle di cui alle lettere c) e c-bis), realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborsodi titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi, sempreché siano allo stato  grezzo o monetato, e di quote di partecipazione ad organismi d’investimento collettivo. Agli effetti dell’applicazione della presente lettera si considera cessione a titolo oneroso anche il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente».
        Ai sensi del comma 1-ter) del medesimo articolo 67 «Le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento sia superiore a cento milioni di lire (ndr 51.645,69 euro) per almeno sette giorni lavorativi continui».
        Applicando tali principi alle cripto-valute, consegue che cessioni a “termine” di tali attività rilevano sempre fiscalmente, mentre le cessioni a “pronti” generalmente non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa, salva l’ipotesi in cui la valuta ceduta derivi da prelievi da wallet, per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, ai sensi del combinato disposto degli articoli 67, comma 1, lettera c-ter), e comma 1-ter.
        Agli effetti di quest’ultima disposizione, il prelievo dai wallet è equiparato ad una cessione a titolo oneroso.
        Poiché esistono differenti tipologie di wallet, classificati in base a criteri diversi tra i quali quelli più rilevanti si basano sulla tecnologica del mezzo di conservazione (i.e. paper, hardware, desktop, mobile, web), il trasferimento da una tipologia di wallet ad un’altra di proprietà del medesimo contribuente non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante.
        Il valore in euro della giacenza media in cripto-valuta va calcolato secondo il cambio di riferimento all’inizio del periodo di imposta, e cioè al 1° gennaio dell’anno in cui si verifica il presupposto di tassazione (cfr. circolare 24 giugno
        1998, n. 165). Resta inteso che, qualora non risulti integrata la condizione precedentemente individuata, non si rendono deducibili neppure le minusvalenze eventualmente realizzate.
        Tenuto conto che manca un prezzo ufficiale giornaliero cui fare riferimento per il rapporto di cambio tra la cripto-valuta e l’euro all’inizio del periodo di imposta, il contribuente può utilizzare il rapporto di cambio al 1° gennaio rilevato sul sito dove ha acquistato la cripto-valuta o, in mancanza, quello rilevato sul sito dove effettua la maggior parte delle operazioni.
        Ai fini della eventuale tassazione del reddito diverso occorre, dunque, verificare se la conversione di una cripto-valuta con un’altra (oppure da cripto-valute in euro o altra valuta avente corso legale) avviene per effetto di una cessione a termine oppure in caso di cessione a pronti o di prelievo se la giacenza media dei wallet abbia superato il controvalore in euro di 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta.
        Ai fini della individuazione della fattispecie impositiva non rileva la tipologia di wallet detenuta dal contribuente, né la modalità di trasferimento delle cripto-valute (con o senza l’intervento di un intermediario). Il calcolo della suddetta giacenza media va effettuato rispetto a tutti i wallet detenuti dal contribuente.
        Per la determinazione dell’eventuale plusvalenza derivante dal prelievo dal wallet, che abbia superato la predetta giacenza media, si deve utilizzare il costo di acquisto e, nel caso di cripto-valute ricevute “a titolo gratuito” quello sostenuto dal donante, ai sensi del comma 6 dell’articolo 68 del Tuir.
        Tenuto conto che, ai sensi dell’articolo 67, comma 1-bis, del Tuir ai fini della determinazione delle plusvalenze/minusvalenze, si considerano cedute per prime le valute acquisite in data più recente; per determinare la plusvalenza conseguente a prelievi da wallet, che abbiano superato la predetta giacenza media, si deve utilizzare il costo di acquisto considerando cedute per prime le valute acquisite in data più recente.
        Il reddito, se percepito da una persona fisica al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, è soggetto ad imposta sostitutiva ai sensi dell’articolo 5 del d.lgs. 21 novembre 1997, n. 461, attualmente prevista nella misura del 26 per cento.
        Tali redditi sono indicati nel quadro RT del Modello Redditi – Persone Fisiche e sono soggetti ad imposta sostitutiva con aliquota del 26 per cento.

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      1. Redditi derivanti da Contract for Difference (CFD)

        In via di prassi sono stati forniti anche indicazioni in merito ad operazioni aventi ad oggetto cripto-valute realizzate mediante “contratti per differenza” (“Contract for Difference”, in breve “CFD”), caratterizzati da elevata propensione speculativa.
        L’esperienza mostra come il mercato delle cripto-valute sia un mercato estremamente volatile che presenta quindi forti oscillazioni al rialzo o al ribasso. Approfittando di tale volatilità può essere realizzata un’attività speculativa a breve termine.
        Il soggetto che pone in essere tali contratti non compra, materialmente, cripto-valute ma sottoscrive un contratto finanziario derivato denominato CFD.

        Sul punto, si precisa che l’articolo 1, comma 4, del TUF individua tra i contratti finanziari per differenza, i contratti di acquisto e vendita di valuta, estranei a transazioni commerciali e regolati per differenza, anche mediante operazioni di rinnovo automatico (c.d. “roll-over”).
        In relazione a tali forme contrattuali, è stato chiarito nelle risposte a interpelli che i redditi derivanti dalle operazioni realizzate sul mercato FOREX e da Contract for Difference aventi ad oggetto cripto-valute, costituiscono redditi diversi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-quater), del Tuir.
        Ai sensi dell’articolo 68, comma 8, del Tuir, i suddetti redditi sono costituiti dal risultato che si ottiene facendo la somma algebrica dei differenziali positivi o negativi nonché degli altri proventi od oneri, percepiti o sostenuti, in relazione a ciascuno dei rapporti.
        I redditi diversi di natura finanziaria in questione devono essere indicati nel quadro RT del Modello Redditi – Persone Fisiche e sono soggetti ad imposta sostitutiva con aliquota del 26 per cento.
        Tale orientamento deve ritenersi confermato, anche alla luce delle novità introdotte dalla legge di bilancio 2023, in quanto tali contratti non rientrano nell’ambito di applicazione della lettera c-sexies) del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir.
        In generale, i redditi derivanti da contratti derivati, ancorché aventi come sottostante cripto-attività, costituiscono redditi diversi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-quater), del Tuir.

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      1. Redditi derivanti da token

        In via di prassi sono stati fornite indicazioni anche in relazione alle operazioni relative alle Initial Coin Offerings (ICO), ovvero operazioni di raccolta di risorse finanziarie mediante blockchain che si realizza attraverso l’offerta agli investitori di una quantità determinata di diverse tipologie di token digitali (currency, security e utility).
        In sostanza, gli investitori che aderiscono a tali iniziative acquistano una certa quantità di token e, dunque, effettuano un investimento del proprio risparmio remunerato in vario modo.
        I token, oltre ad attribuire i specifici diritti, in alcuni casi possono essere scambiati sul mercato secondario tramite la piattaforma dello stesso emittente o su altre piattaforme.
        In relazione al trattamento fiscale applicabile alle ICO e, in particolare, ai token digitali, prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio 2023 e del decreto legge n. 25 del 2023, si ritiene quanto segue:

        qualora la partecipazione alle ICO dia diritto a ricevere una valuta virtuale, valgono i chiarimenti sopra forniti in merito alle stesse.

        relativamente ai security token in quanto rappresentativi di un rapporto produttivo di redditi di capitale:

        eventuali proventi derivanti da tali rapporti costituiscono redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera h), del Tuir e ai sensi del quinto comma dell’articolo 26 del d.P.R. n. 600, se percepiti da residenti sono soggetti a ritenuta a titolo di acconto, mentre se percepiti da non residenti sono soggetti a ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 26 per cento;

        la plusvalenza realizzata a seguito della cessione a titolo oneroso ovvero della chiusura del rapporto costituisce un reddito diverso ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-quinquies), del Tuir ed è soggetto ad imposta sostitutiva del 26 per cento;

        gli utility token, invece, costituiscono rapporti da cui deriva il diritto di acquistare a termine (quando sarà disponibile) il prodotto o il servizio e, pertanto, sono suscettibili di generare un reddito diverso ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-quater), del Tuir.

        Pertanto, ai fini della tassazione del reddito realizzato, occorre individuare, caso per caso, il tipo di token detenuto sulla base di una valutazione di tipo sostanziale.
        Tale orientamento deve ritenersi in parte superato dal 1° gennaio 2023 alla luce delle novità introdotte dalla legge di bilancio 2023, in quanto tali contratti, qualora non costituiscono strumenti finanziari emessi in forma digitale, rientrano nell’ambito di applicazione della lettera c-sexies) del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir.

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      1. Redditi derivanti dallo staking

        Come anticipato, tra le operazioni aventi ad oggetto cripto-attività, rientra l’attività definita di “staking” dalla quale possono derivare remunerazioni in cripto-attività (generalmente cripto-valuta)44.

        44 Cfr. risposta pubblicata il 26 agosto 2022, n. 437. Nello specifico è stato esaminato il caso di un contribuente che ha aperto un wallet per la gestione di cripto-valute presso una piattaforma gestita da una società italiana la quale offre servizi di compravendita/gestione (exchange) e servizi di staking su cripto-valute. Attraverso la predetta piattaforma, accessibile tramite sito web o app, il contribuente acquista, vende, trasferisce, riceve cripto-valute contro euro, altre cripto-valute o token, pagando una commissione variabile alla società italiana per i servizi resi.

        Lo “staking” è essenzialmente il processo utilizzato dalla blockchain delle criptovalute per raggiungere il consenso distribuito sulla generazione di un nuovo blocco attraverso il meccanismo di “Proof of Stake” (“PoS”), vale a dire un meccanismo algoritmico e criptografico che ricomprende tutte le operazioni informatiche volte a verificare la correttezza dei dati e, quindi, a registrare gli stessi nella relativa blockchain.
        Detto processo consente al contribuente di partecipare alla produzione e alla validazione di nuovi blocchi proposti da altri validatori, utilizzando le proprie cripto-valute come stake; a tal fine, la piattaforma pone sulle stesse un “vincolo di indisponibilità” per il tempo necessario alla produzione e alla convalida dei blocchi della relativa blockchain.
        Nel periodo di durata del “vincolo di indisponibilità”, le cripto-valute rimangono depositate sul proprio wallet e la produzione/convalida di nuovi blocchi comporta una remunerazione in cripto-valute determinata dalla stessa blockchain. In sostanza, per il tramite del soggetto che gestisce la piattaforma informatica necessaria per la produzione e la validazione dei nuovi blocchi, il contribuente riceve dalla stessa blockchain un premio in cripto-valute. Tale corrispettivo viene decurtato di una percentuale che la piattaforma trattiene per le attività di validazione e per la messa a disposizione di tutta l’infrastruttura informatica (hardware e software) necessaria per effettuare lo staking e per semplificare l’interazione con la blockchain.
        Il compenso in cripto-valute percepito dalla persona fisica, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, a fronte del “vincolo di disponibilità” delle stesse, cioè di un vincolo di non utilizzo per un certo periodo di tempo, è stato ritenuto inquadrabile tra i redditi di capitale di cui all’articolo 44, comma 1, lettera h), del Tuir.
        Pertanto, se accreditate nel wallet da una Società italiana, quest’ultima è tenuta all’applicazione della ritenuta nella misura del 26 per cento ai sensi dell’articolo 26, comma 5, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
        Conseguentemente, tali remunerazioni sono assoggettate a ritenuta a titolo d’acconto, in caso di percettore residente (con indicazione nella Sezione I-A “Redditi di capitale” del Quadro RL del Modello Redditi) e di imposta in caso di percettore non residente.
        Inoltre, dette remunerazioni se percepite da soggetti residenti senza l’intervento di una società italiana che ha applicato la ritenuta a titolo d’acconto, devono essere indicate in dichiarazione nella medesima Sezione I-A “Redditi di capitale” del Quadro RL del Modello Redditi 2023.
        Per le remunerazioni accreditate sul wallet a partire dal 1° gennaio 2023, tale orientamento si considera superato alla luce delle novità introdotte dalla legge di bilancio 2023, per le quali si rinvia al paragrafo 3.

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      1. Obblighi di monitoraggio fiscale (compilazione quadro RW)

        Ai fini degli adempimenti relativi agli obblighi di monitoraggio fiscale, come già illustrato, si è rilevato che il d.lgs. n. 90 del 2017, oltre a modificare la previgente disciplina antiriciclaggio, ha modificato alcune disposizioni del decreto legge n.167 del 1990, al fine di estendere gli obblighi di monitoraggio fiscale, ordinariamente previsti per gli intermediari bancari e finanziari, agli “operatori non finanziari” che intervengono, anche attraverso movimentazione di “conti”, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento effettuate anche in valuta virtuale, di importo pari o superiore a 5.000 euro (cfr. articolo 1).
        Per quanto riguarda, invece, gli obblighi di monitoraggio fiscale previsti dall’articolo 4 decreto legge n. 167 del 1990, si è ritenuto che la detenzione di valute virtuali da parte delle persone fisiche attraverso “portafogli” o “conti digitali” comporti l’obbligo di compilazione del Quadro RW del modello di dichiarazione dei redditi in quanto:

        la citata disposizione, prevede, tra gli altri soggetti, l’obbligo di compilazione del Quadro RW, da parte delle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato che, nel periodo d’imposta, detengono attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, tra cui le valute estere;

        la circolare 23 dicembre 2013, n. 38/E (paragrafo 1.3.1.) precisa che il medesimo obbligo sussiste anche per le attività finanziarie estere detenute in Italia al di fuori del circuito degli intermediari residenti.In base a tale circolare, l’obbligo di compilazione del Quadro RW è volta a rafforzare le attività di contrasto alle frodi internazionali attuate mediante l’illecito trasferimento e/o detenzione all’estero di attività produttive di reddito. Pertanto, in diverse risposte a interpelli, come specificato anche in sede di istruzioni alla compilazione della dichiarazione dei redditi, è stato specificato che sussiste l’obbligo di compilazione del citato Quadro RW anche nel caso in cui le cripto-valute siano detenute su chiavetta USB, sul telefonino o sul pc; in tal caso nella colonna 3 (“codice individuazione bene”) deve essere indicato il codice 14 – “Altre attività estere di natura finanziaria”, senza compilare la colonna 4 “Codice Paese estero”.
        Con la sentenza 27 gennaio 2020, n. 1077, il TAR del Lazio si è pronunciato a favore della linea interpretativa adottata dall’Agenzia delle Entrate, ribadendo che i soggetti titolari di cripto-valute sono obbligati a indicare tali valute nel Quadro RW della dichiarazione, ritenendo che le istruzioni per la compilazione del Quadro RW del Modello Redditi – Persone Fisiche 2019, rappresentano semplici indicazioni ricognitive di obblighi dichiarativi già precedentemente disposti dalla legge.
        Ai fini della compilazione di tale quadro, si ricorda che il controvalore in euro della cripto-valuta detenuta al 31 dicembre del periodo di riferimento deve essere determinato al cambio indicato a tale data sul sito dove il contribuente ha acquistato la cripto-valuta e che negli anni successivi, il contribuente dovrà indicare il controvalore detenuto alla fine di ciascun anno o alla data di vendita nel caso di cripto-valute vendute in corso d’anno.
        Qualora il contribuente abbia acquistato/venduto la cripto-valuta direttamente da/a altri utenti, senza l’intervento di piattaforme di negoziazione on line (“exchanger”), in mancanza di adeguata documentazione, può utilizzare il
        cambio indicato alle suddette date (fine di ciascun anno o data di vendita) sulla piattaforma on line dove effettua la maggior parte delle operazioni.
        Ai fini dell’esonero degli obblighi di monitoraggio fiscale, il primo periodo del comma 3 dell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990, dispone che «Gli obblighi di indicazione nella dichiarazione dei redditi previsti nel comma 1 non sussistono per le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento, qualora i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività e contratti siano stati assoggettati a ritenuta o imposta sostitutiva dagli intermediari stessi».
        Nella circolare 23 dicembre 2013, n. 38/E è stato chiarito che non è sufficiente che i flussi finanziari e i redditi delle attività oggetto di monitoraggio siano stati riscossi per il tramite di intermediari residenti, essendo previsto dal citato comma 3 dell’articolo 4 che l’esclusione da monitoraggio è subordinata anche all’applicazione del prelievo da parte del soggetto che interviene nella riscossione dei predetti flussi.
        Pertanto, l’esonero è previsto:

        per le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari finanziari residenti;

        per i contratti produttivi di redditi di natura finanziaria conclusi attraverso l’intervento degli intermediari finanziari residenti in qualità di controparti ovvero come mandatari di una delle controparti contrattuali;

        per le attività finanziarie e patrimoniali i cui redditi siano riscossi attraverso l’intervento degli intermediari.

        In tutti e tre casi l’esonero dagli obblighi di monitoraggio compete a condizione che i redditi di natura finanziaria e patrimoniale siano stati assoggettati a tassazione mediante l’applicazione dell’imposta sostitutiva nell’ambito dei regimi del risparmio amministrato o gestito di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997, delle imposte sostitutive o delle ritenute a titolo
        d’imposta o d’acconto sulla base delle disposizioni contenute nel d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 o in altre disposizioni.
        Come illustrato in precedenza, è stato esaminato il caso di detenzione di cripto-valute derivanti da attività di staking45, la cui remunerazione nei confronti delle persone fisiche (che realizzano tali redditi al di fuori dell’attività d’impresa) è soggetta ad imposizione ai sensi della citata lettera h) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir. In tale ipotesi, se l’accredito nel wallet avviene ad opera di una società italiana, quest’ultima è tenuta all’applicazione della ritenuta a titolo di acconto nella misura del 26 per cento ai sensi dell’articolo 26, comma 5, del d.P.R. n. 600 del 1973.
        Ai fini della applicazione della disciplina del monitoraggio fiscale, è stato chiarito che tali attività non sono soggette agli obblighi di monitoraggio.
        Diversamente, nel caso in cui le cripto-attività siano detenute in un wallet custodial presso un intermediario italiano, ma i redditi non sono stati assoggettati a ritenuta, le stesse non rientrano nei suddetti casi di esonero, pertanto il contribuente è tenuto alla compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi.
        Sempre in via di prassi, è stato chiarito che le cripto-valute non sono soggette all’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE) di cui al decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, in quanto la stessa si applica ai depositi e conti correnti esclusivamente di natura “bancaria” (cfr. circolare 2 luglio 2012, n. 28/E).
        A decorrere dal 1° gennaio 2023, tale orientamento è superato a seguito della entrata in vigore della legge di bilancio 2023, per i cui dettagli si rinvia al paragrafo 3.

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      1. Imposta di bollo

        Fino al 31 dicembre 2022, è esclusa l’applicazione dell’imposta di bollo per i rapporti aventi ad oggetto le cripto-attività detenute mediante i conti digitali o wallet, a prescindere dalla verifica del requisito della territorialità, in quanto, come chiarito alla fine del paragrafo precedente, detti “conti” non appaiono assimilabili a conti correnti “bancari”, soggetti alla disciplina sulla trasparenza bancaria.

        Nell’ambito dell’operatività dei conti digitali o wallet, nei casi esaminati, generalmente, i contribuenti trasferiscono con bonifico o con pagamento con carte di credito somme in euro da un conto (corrente) italiano ad un conto (corrente) estero dal quale, successivamente, sono trasferite sul wallet attraverso il quale sono realizzate le operazioni di compravendita di cripto-valute.
        In relazione a tali fattispecie, l’imposta di bollo è dovuta in relazione al conto corrente bancario, detenuto in Italia e dal quale sono disposti i bonifici destinati al conto estero, nella misura annua di euro 34,20, sempreché il valore medio di giacenza media, risultante dall’estratto conto, sia superiore ad euro 5.000. L’imposta non è, invece, dovuta in relazione al conto corrente estero, attraverso cui transitano le somme di denaro destinate all’apertura del wallet, in quanto non si realizza il presupposto territoriale di applicazione dell’imposta di bollo per i contratti conclusi al di fuori del territorio dello Stato e per gli eventuali
        estratti conto redatti all’estero.
        In relazione al conto corrente estero è, invece, dovuta l’IVAFE, ai sensi dell’articolo 19, comma 18, del decreto legge n. 201 del 2011, in misura fissa di euro 34,20, salvo l’ipotesi che il valore medio di giacenza annuo risultante dall’estratto conto è complessivamente non superiore a euro 5.000.
        Inoltre, è esclusa l’applicazione della previsione recata dall’articolo 13, comma 2-ter, della citata Tariffa secondo cui è dovuta l’imposta di bollo per le comunicazioni periodiche alla clientela relative a prodotti finanziari. Occorre considerare, peraltro, che l’imposta di bollo in commento trova applicazione per le comunicazioni relative a prodotti finanziari inviate dagli enti gestori alla propria clientela.
        L’articolo 1, lettera a), del d.m. 24 maggio 2012 chiarisce che per ente gestore si intende «il soggetto che a qualsiasi titolo esercita sul territorio della Repubblica l’attività bancaria, finanziaria o assicurativa rispettivamente secondo

        le disposizioni del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 , recante il Testo unico delle leggi in materia bancaria, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52 , ovvero del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, recante il Codice delle assicurazioni private, ivi comprese le Poste italiane S.p.A., che si relazioni direttamente od indirettamente con il cliente anche ai fini delle comunicazioni periodiche relative al rapporto intrattenuto e del rendiconto effettuato sotto qualsiasi forma». Tenuto conto, dunque, che in relazione alla tenuta del wallet non interviene un “ente gestore”, individuato secondo la definizione sopra indicata, tale conto non assume rilevanza ai fini dell’applicazione dell’imposta di bollo, di cui all’articolo 13, comma 2-ter, della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 642 del 1972.

        A decorrere dal 1° gennaio 2023, il suddetto trattamento deve ritenersi superato a seguito dell’entrata in vigore della legge di bilancio 2023, per i cui dettagli si rinvia al paragrafo 3.7.2.

45 Cfr. risposta pubblicata il 26 agosto 2022, n. 437.

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  1. Regime fiscale post legge di bilancio 2023

    L’evoluzione delle cripto-attività ha determinato la diffusione di attività o diritti difficilmente inquadrabili nelle categorie giuridiche tradizionali dalle quale derivano “ordinariamente” fenomeni reddituali e manifestazioni di capacità contributiva, per le quali il regime fiscale applicabile non specificatamente individuato in via normativa, ha richiesto l’attività interpretativa da parte dell’Agenzia delle entrate sulla base delle disposizioni fiscali applicabili fino al 31 dicembre 2022.
    Con la legge di bilancio 2023, al fine di dare certezza ai contribuenti, il legislatore ha introdotto, ai soli fini fiscali, una disposizione a carattere residuale, per assoggettare i redditi derivanti dalla detenzione e cessione di attività o diritti aventi ad oggetto cripto-attività.
    Detta disposizione, introdotta con la lettera c-sexies) 46 nel comma 1 dell’articolo 67 del Tuir disciplinate i “Redditi diversi”, stabilisce che le cripto-attività sono una «rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga».
    Come noto, la categoria dei “Redditi diversi” rappresenta una categoria residuale in quanto rientrano in tale ambito i redditi «che non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo o in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoro dipendente».
    La nuova norma, in vigore dal 1° gennaio 2023, contiene una definizione fiscale di cripto-attività, analoga a quella contenuta nel regolamento MiCA47.
    La definizione di cripto-attività operata dal legislatore fiscale, sebbene non preveda le specifiche esclusioni previste dal MiCA, è volta ad individuare una serie di attività che non costituiscono investimenti di natura strettamente finanziaria, la cui disciplina è già contenuta nelle lettere da c) a c-quinquies) del medesimo comma 1 dell’articolo 67 del Tuir.
    Pertanto, rientrano nella definizione di cripto-attività di cui alla citata lettera c-sexies) tutte quelle rappresentazioni digitali di valore o di diritti che non sono suscettibili di rientrare in una definizione civilistica di strumento finanziario.
    Più precisamente, tenuto conto del carattere residuale delle disposizioni contenute dell’articolo 67 del Tuir e dell’esclusione della natura finanziaria delle cripto-attività, rientrano nella predetta lettera c-sexies) i proventi e le plusvalenze derivanti dalle seguenti operazioni in cripto-attività:

    cessione a pronti, rimborso o permuta di cripto-attività aventi diverse caratteristiche e funzioni;

    cessione a titolo oneroso di utility token, vale a dire dei rapporti da cui deriva il diritto di acquistare a termine (quando sarà disponibile) il prodotto o il servizio. Non costituisce reddito l’acquisto del bene o servizio a prezzo scontato per effetto dell’esercizio del diritto;

    attività di staking;

    cessione a “termine” di cripto-valute (e, in generale di cripto-attività) che non costituiscono strumenti finanziari in forma digitale;

    cessione di NFT già “emessi”.Con riguardo a tale ultima tipologia di cripto-attività (NFT), si fa presente che la stessa si caratterizza:

    per “unicità” o meglio “non fungibilità”;

    per la rappresentazione del diritto di disporre di altri beni o servizi ad esempio, un’opera di ingegno.

    Tenuto conto delle predette caratteristiche, stante la natura residuale dei redditi di cui lettera c-sexies), si ritiene che la cessione di NFT rappresentanti opere di ingegno da parte dell’autore non determina un reddito diverso ai sensi della citata lettera c-sexies), qualora non costituisce un reddito conseguito nell’esercizio di impresa commerciale, costituisce un reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 53, comma 2, lettera b), del Tuir, nel caso in cui sia l’attività sia oggetto dell’esercizio di arti o professioni, ovvero ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera l), del medesimo testo unico nel caso in cui l’attività non sia esercitata abitualmente. Ai sensi del comma 8 dell’articolo 54 del Tuir «I redditi indicati alla lett. b) del comma 2 dell’articolo 53 sono costituiti dall’ammontare dei proventi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, ridotto del 25 per cento a titolo di deduzione forfettaria delle spese, ovvero del 40 per cento se i relativi compensi sono percepiti da soggetti di età inferiore a 35 anni».
    Non rientrano, invece, nell’ambito di applicazione della lettera c-sexies) del comma 1 del citato articolo 67 del Tuir, i redditi derivanti dai cc.dd. investment token (o security token) che corrispondano ad uno strumento finanziario previsto dalla MiFID II, in quanto tali token devono essere considerati a tutti gli effetti
    strumenti finanziari, indipendentemente dalla circostanza che siano rappresentati digitalmente.
    Come anticipato al paragrafo 1.3, i redditi derivanti dai titoli individuati dall’articolo 2 del decreto legge n. 25 del 2023, come emerge dalla relazione illustrativa, non rientrano tra quelli di cui alla lettera c-sexies) del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir. A tali redditi si applicano le disposizioni sui redditi di capitale di cui all’articolo 44 del Tuir e sui redditi diversi di natura finanziaria di cui all’articolo 67, comma 1, lettere da c) a c-quinquies), del medesimo testo unico.
    Ad esempio, qualora siano emesse azioni o quote di società sotto forma di cripto-attività, la rappresentazione digitale delle stesse non è idonea a modificare la natura giuridica del contratto di società dei titoli partecipativi. Pertanto, la cessione di tali azioni o quote determina il realizzo di un reddito diverso ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis), del Tuir.
    Parimenti qualora le cripto-attività costituiscano il sottostante di un contratto derivato (ad es. contract for difference o future) i redditi derivanti da tali strumenti finanziari costituiscono redditi diversi ai sensi dell’articolo c-quater) del medesimo comma 1 dell’articolo 67.

46 Cfr. lettera a), comma 126 dell’articolo 1 della legge n. 197 del 2022.

47 Cfr. paragrafo 1.1.

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    1. Regime fiscale titolari di cripto-attività in vigore dal 1° gennaio 2023

      In base alla richiamata lettera c-sexies) sono redditi diversi se percepiti dalle persone fisiche (purché il reddito non sia conseguito nell’esercizio di attività d’impresa, arti o professioni o in qualità di lavoratore dipendente), dagli enti non commerciali (se l’operazione da cui deriva il reddito non è effettuata nell’esercizio di impresa commerciale), dalle società semplici ed equiparate ai sensi dell’articolo 5 del Tuir, dai soggetti non residenti senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, quando il reddito si considera prodotto nel medesimo territorio ai sensi dell’articolo 23 del Tuir «le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate, non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo d’imposta. (…) Non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni».
      In generale, per la qualificazione dei redditi di natura finanziaria esiste una netta distinzione fra “redditi di capitale” (articolo 44 del Tuir) e “redditi diversi” (articolo 67 del Tuir), la cui principale conseguenza è di non consentire all’investitore la compensazione tra guadagni e perdite conseguiti nelle citate diverse tipologie di redditi.
      Nella qualificazione dei redditi diversi derivanti dalle cripto-attività non viene, invece, fatta tale distinzione dalla legge di bilancio 2023 che riconduce tra i redditi diversi di cui alla lettera c-sexies) sia le plusvalenze realizzate mediante rimborso o cessione a titolo oneroso o permuta sia gli altri proventi derivanti dalla detenzione di cripto-attività, comunque denominate, non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo d’imposta.
      La disposizione prevede una soglia (franchigia) minima pari a euro 2.000, da calcolare complessivamente nel medesimo periodo d’imposta.
      Non è prevista la rilevanza di perdite, pertanto, l’eventuale smarrimento o furto delle chiavi private non comporta una fattispecie fiscalmente rilevante.
      Ai sensi della lettera c-sexies) «non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni».
      Pertanto, dal 1° gennaio 2023 non costituisce fattispecie realizzativa lo scambio di una cripto-valuta con un’altra (ad esempio l’acquisto di ether con bitcoin) né, in generale, lo scambio di un NFT con un altro NFT. Costituisce, invece, una fattispecie fiscalmente rilevante come permuta ad esempio l’acquisto di un NFT con una cripto-valuta.
      In sostanza, lo scambio tra cripto-attività aventi avente medesima funzionalità economica, come illustrata nel par. 1, non sono fiscalmente rilevanti in quanto si considerano “aventi eguali caratteristiche e funzioni”.
      Nelle suddette ipotesi il valore di acquisto da attribuire alla cripto-attività acquisita per effetto dello scambio corrisponde al valore di carico in euro della cripto-attività ceduta in permuta. Supponiamo, ad esempio, che un contribuente acquisti 10 ether scambiando 5 bitcoin dei 20 bitcoin originariamente posseduti e che i 20 bitcoin avevano al momento dello scambio un valore di acquisto di euro 2.000, ai 10 ether acquisiti con lo scambio si deve riconoscere un valore di acquisto di euro 500. Vale a dire, un valore pari a quello dei 5 bitcoin ceduti nello scambio. Con riferimento alla permuta tra cripto-valute stablecoin è necessaria una distinzione, seguendo l’approccio definito dal regolamento MiCA, in base al quale le stablecoin possono essere distinte in:

      • e-money token: un tipo di cripto-attività che mira a mantenere un valore stabile facendo riferimento al valore di una valuta ufficiale.

      • asset-referenced token: un tipo di cripto-attività che non è un token di moneta elettronica e che mira a mantenere un valore stabile facendo riferimento a un altro valore o diritto o a una combinazione dei due, comprese una o più valute ufficiali.

      È rilevante evidenziare che gli e-money token «sono considerati moneta elettronica» come definita all’articolo 2, punto 2, della direttiva 2009/110/CE del 16 settembre 2009, che i possessori di moneta elettronica sono sempre titolari di un credito nei confronti dell’emittente della moneta elettronica e hanno il diritto contrattuale di ottenere, in qualsiasi momento e al valore nominale, il rimborso del valore monetario della moneta elettronica detenuta. A tal proposito l’articolo 49 punto 4 del regolamento MiCA dispone che «Su richiesta di un possessore di un token di moneta elettronica, l’emittente di tale token di moneta elettronica lo rimborsa, in qualsiasi momento e al valore nominale, pagando in fondi diversi dalla moneta elettronica il valore monetario del token di moneta elettronica detenuto al possessore del token di moneta elettronica».
      Invece, secondo l’articolo 39, punto 2, per gli asset-referenced token il rimborso avviene per «un importo in fondi, diversi dalla moneta elettronica, equivalente al valore di mercato delle attività collegate cui si riferisce il token collegato ad attività detenuto o consegnando le attività cui è collegato il token».
      Pertanto, in linea con il descritto quadro normativo, si ritiene che la permuta tra una cripto-valuta e un e-money token, che garantisce il diritto di credito del possessore al valore nominale rispetto ad una valuta fiat, è fiscalmente rilevante.
      Invece, la permuta tra cripto-valute asset-referenced-token, mancando per questi ultimi sia la condizione della classificazione come moneta elettronica, sia la condizione del rimborso del credito al valore nominale, non è fiscalmente rilevante.
      Il nuovo comma 9-bis dell’articolo 68 del Tuir 48 prevede che «Le plusvalenze di cui alla lettera c-sexies) del comma 1 dell’articolo 67 sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito ovvero il valore normale delle cripto-attività permutate e il costo o il valore di acquisto. Le plusvalenze di cui al primo periodo sono sommate algebricamente alle relative minusvalenze; se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze, per un importo superiore a 2.000 euro, l’eccedenza è riportata in deduzione integralmente dall’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel quale le minusvalenze sono state realizzate. Nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione. Nel caso di acquisto per donazione si assume come costo il costo del donante. Il costo o valore di acquisto è documentato con elementi certi e precisi a cura del contribuente; in mancanza il costo è pari a zero. I proventi derivanti dalla detenzione di cripto-attività percepiti nel periodo di imposta sono assoggettati a tassazione senza alcuna deduzione».
      Ai sensi della citata disposizione, in caso di cessione, la base imponibile è costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito ovvero il valore normale delle cripto-attività al momento della cessione e il costo o il valore di acquisto.
      Qualora il corrispettivo sia costituito da un’altra cripto-attività avente diverse caratteristiche e funzioni si assume come valore normale della cripto-attività ricevuta quella rilevabile sul sito attraverso il quale è avvenuto lo scambio alla data in cui lo stesso è concluso. In mancanza di detta rilevazione, il valore normale della cripto-attività acquisita si determina secondo il principio di cui al comma 3 dell’articolo 9 del Tuir.
      Il costo o valore di acquisto è documentato con elementi certi e precisi a cura del contribuente; in mancanza il costo è pari a zero. Tali elementi possono essere costituiti dalla documentazione d’acquisto dell’intermediario o del prestatore di servizi presso il quale è avvenuto l’acquisto.
      Nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione. Nel caso di acquisto per donazione si assume come costo il costo del donante.
      Al riguardo, si evidenzia che, a differenza di quanto previsto per le attività finanziarie dal comma 6 dell’articolo 68 del Tuir, secondo cui il costo o valore di acquisto è aumentato di ogni altro costo inerente (bolli, commissioni, imposte, con esclusione degli oneri finanziari), il comma 9-bis non consente di tener conto nella determinazione dei redditi diversi derivanti dalle cripto-attività dei costi inerenti l’acquisto e la cessione.
      La citata disposizione prevede che, ai fini della tassazione, le plusvalenze e gli altri proventi derivanti dalle cripto-attività possono essere sommate algebricamente con le relative minusvalenze.
      Per espressa previsione, tenuto conto della franchigia di euro 2.000 e, in ogni caso, della compensazione di plusvalenze e minusvalenze, è utilizzabile in compensazione l’eventuale minusvalenza che eccede detta soglia nei quattro periodi d’imposta successivi.
      Ad esempio nella ipotesi di minusvalenze derivanti dalla cessione di bitcoin nel periodo d’imposta 2023 pari a euro 2.500. Solo l’eccedenza di euro 500 può essere portata in deduzione di redditi diversi di cui alla lettera c-sexies realizzati nei periodi d’imposta successivi.
      La soglia di euro 2.000 va verificata in relazione ai redditi realizzati in ciascun periodo d’imposta prima di eventuali compensazioni con minusvalenze su cripto-attività riportate da periodi d’imposta precedenti. Ai fini della determinazione dei proventi derivanti dalla detenzione di cripto-attività, come ad esempio in caso staking, l’ultimo periodo del comma 9-bis dell’articolo 68 del Tuir, prevede che «i proventi derivanti dalla detenzione di cripto-attività percepiti nel periodo di imposta sono assoggettati a tassazione senza alcuna deduzione».
      Pertanto, tali redditi sono tassati per l’intero ammontare senza alcuna deduzione. In particolare, qualora l’importo percepito per la messa a disposizione delle cripto-valute per l’attività di staking comporta la percezione di un provento diminuito della percentuale trattenuta dal gestore della piattaforma, l’importo da tassare è il provento lordo.

48 Cfr. lettera b) del comma 126 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2023.

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    1. Regime transitorio per le plusvalenze e minusvalenze realizzate fino al 31 dicembre 2022

      Il comma 127 prevede che «Le plusvalenze relative a operazioni aventi a oggetto cripto-attività, comunque denominate, eseguite prima della data di entrata in vigore della presente legge si considerano realizzate ai sensi dell’articolo 67 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e le relative minusvalenze realizzate prima della medesima data possono essere portate in deduzione ai sensi dell’articolo 68, comma 5, del medesimo testo unico. Ai fini della determinazione della plusvalenza si applica l’articolo 68, comma 6, del predetto testo unico».

      Tale disposizione costituisce una norma transitoria, con la quale il legislatore ha inteso stabilire che le plusvalenze e minusvalenze realizzate mediante operazioni su cripto-attività eseguite prima del 1° gennaio 2023 rimangono imponibili in base a tali disposizioni, anche se siano percepite e sostenute a partire da tale data.

      Per effetto del citato comma 127, le suddette plusvalenze realizzate al 31 dicembre 2022 sulle cripto-attività sono sommate algebricamente alle relative minusvalenze, nonché alle plusvalenze di cui alle lettere c) e c-bis), diverse da quelle di cui al comma 4, e c-ter) del comma 1 dell’articolo 67, ai redditi ed alle

      perdite di cui alla lettera c-quater) e alle plusvalenze ed altri proventi di cui alla lettera c-quinquies) del comma 1 dello stesso articolo 67 (cfr. articolo 68, comma 5) realizzate nel medesimo periodo d’imposta.

      Se l’ammontare complessivo delle minusvalenze e delle perdite è superiore all’ammontare complessivo delle plusvalenze e degli altri redditi, l’eccedenza può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze e dagli altri redditi dei periodi d’imposta successivi al periodo d’imposta 2022, ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale le minusvalenze e le perdite sono state realizzate.

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    1. Modifiche al decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461

      Come illustrato i redditi “diversi” derivanti da cripto-attività sono assoggettati a tassazione con aliquota del 26 per cento, analogamente ai redditi di natura finanziaria, per i quali, come noto, il d.lgs. n. 461 del 1997 prevede le seguenti modalità di applicazione dell’imposta sostitutiva49:

      a) il “regime dichiarativo50, in base al quale l’imposta si applica sulle plusvalenze e sugli altri redditi diversi di natura finanziaria di cui all’articolo 67 del Tuir nella misura del 26 per cento in dichiarazione da parte del contribuente. Tale regime va considerato come il regime ordinario e che trova applicazione nei casi in cui il contribuente consegue i proventi dei suoi investimenti finanziari senza subire l’imposizione a monte per non essersi avvalso dell’intervento degli intermediari finanziari;

      b) il “risparmio amministrato51, in base al quale, su espressa richiesta del contribuente, l’imposta è applicata su ciascuna plusvalenza o altro reddito diverso realizzato ad opera degli intermediari abilitati (banche, società di intermediazione mobiliare ed altri soggetti individuati in appositi decreti ministeriali), presso i quali è instaurato uno specifico rapporto implicante il deposito per l’amministrazione e la custodia, dei valori mobiliari che generano i proventi imponibili;

      c) il “risparmio gestito52, in base al quale l’imposta è applicata ad opera di un soggetto abilitato ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415 (ora sostituito dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 – TUF), sul risultato maturato delle gestioni individuali di portafoglio. A tal fine il contribuente instaura con l’intermediario qualificato (una banca, una società di intermediazione mobiliare, una società fiduciaria iscritta nell’apposito albo, residenti in Italia, nonché a stabili organizzazioni in Italia di banche o di imprese d’investimento non residenti iscritte nel predetto albo) un rapporto di gestione del patrimonio affidato a detti intermediari. Tale regime prevede la tassazione, sulla base del principio della maturazione, dei redditi di capitale e dei redditi diversi imputati al patrimonio gestito. La determinazione algebrica del risultato netto assoggettabile all’imposta sostitutiva da parte dell’intermediario, con conseguente compensazione tra componenti positivi (redditi di capitale, plusvalenze e altri redditi diversi) e negativi (minusvalenze e spese). Sono esclusi dal risultato di gestione i redditi che concorrono a formare il reddito complessivo, i redditi esenti e quelli soggetti a ritenuta d’imposta o ad imposta sostitutiva.

      L’adozione dei regimi opzionali del risparmio amministrato e del risparmio gestito, in sostanza garantisce al contribuente l’intervento degli intermediari ai fini della determinazione dei redditi e del versamento dell’imposta definitivamente dovuta e l’esclusione dall’obbligo di monitoraggio fiscale relativamente ai redditi prodotti all’estero.

      Al fine di consentire al contribuente di non dover “necessariamente” indicare nella propria dichiarazione dei redditi quelli derivanti dalle cripto-attività, il comma 128 ha modificato il predetto d.lgs. n. 461 del 1997:

        • estendendo le modalità di applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi diversi di natura finanziaria ai redditi derivanti dalle cripto-attività;
        • consentendo la possibilità di adempiere ai propri obblighi fiscali per il tramite di un intermediario finanziario o degli operatori non finanziari di cui alle lettere i) e i-bis) del comma 5 dell’articolo 3 del d.lgs. n. 231 del 2007, vale a dire i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale o di portafoglio digitale.

      Nei paragrafi che seguono, si forniscono indicazioni di dettaglio in merito all’applicazione dei suddetti regimi opzionali.

49 I chiarimenti sono stati forniti con la circolare del Ministero delle Finanze 24 giugno 1998, n. 165.

50 Ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 461 del 1997.

51 Ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 461 del 1997.

52 Ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997.

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      1. Regime dichiarativo

        Con la modifica recata dalla lettera a) del citato comma 128 all’articolo 5, comma 2, del d.lgs. n. 461 del 1997 viene disciplinata la tassazione in sede di dichiarazione dei redditi, relativa al periodo d’imposta di realizzo, dei redditi diversi realizzati ai sensi della lettera c-sexies) del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir. Pertanto, le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, per la parte che eccede la soglia di euro 2.000 vengono assoggettate ad imposta sostitutiva nella misura del 26 per cento.
        La base imponibile determinata ai sensi del comma 9-bis dell’articolo 68 del Tuir comporta che i proventi e le plusvalenze derivanti dalle cripto-attività sono sommate algebricamente alle relative minusvalenze. Se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze e agli altri proventi, per un importo superiore a 2.000 euro, l’eccedenza è riportata in deduzione integralmente dall’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che sia stata indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel quale le minusvalenze sono state realizzate.
        Ai fini della determinazione delle plusvalenze nel caso di pluralità di cripto-attività aventi la medesima denominazione, deve essere assunto come costo o valore di acquisto quello determinato con il metodo L.I.F.O. (last in first out).
        Non è possibile compensare i redditi diversi derivanti dalle cripto-attività con i redditi diversi di natura finanziaria di cui alle lettere da c) a c-quinquies) del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir.
        Nel regime dichiarativo il contribuente ha l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi annuale, identificandosi come titolare delle cripto-attività che hanno prodotto i redditi.
        Ai sensi del comma 4 dell’articolo 5 del d.lgs. n. 461 del 1997 l’imposta sostitutiva è corrisposta mediante versamento con F24 nei termini previsti per il versamento delle imposte sui redditi dovute a saldo in base alla dichiarazione.

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      1. Regime del risparmio amministrato

        Con la modifica recata dalla lettera b), numero 1), del citato comma 128 viene prevista la possibilità di optare per il regime del risparmio amministrato che comporta l’applicazione dell’imposta sostitutiva al momento del realizzo da parte di un intermediario con cui il contribuente detiene uno stabile rapporto sulle plusvalenze e altri proventi derivanti da rimborsi, cessioni, permute o detenzione di cripto-attività.
        Lo stabile rapporto può essere costituito, a titolo esemplificativo, da un rapporto di custodia delle chiavi crittografiche e da un conto sul quale vengono addebitati/accreditati i flussi derivanti dalle cripto-attività.
        Nel caso in cui le cripto-attività siano state affidate in custodia all’intermediario in un momento successivo alla acquisizione da parte del contribuente, il conferimento delle stesse presso l’intermediario potrebbe comportare il trasferimento in un nuovo wallet aperto dall’intermediario che deterrà le chiavi crittografiche per conto del cliente. In tal caso il trasferimento delle cripto-attività dal wallet del contribuente al wallet dell’intermediario non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante.
        Ai sensi dell’articolo 6, comma 1, del d.lgs. n. 461 del 1997, gli intermediari abilitati a ricevere l’opzione sono le banche e le società di intermediazione mobiliare residenti in Italia, le stabili organizzazioni in Italia delle banche e delle imprese di investimento non residenti, gli altri soggetti individuati dal decreto interministeriale 2 giugno 1998 (le società fiduciarie, Poste Italiane S.p.A. e gli agenti di cambio) e dal decreto 25 giugno 2002 (le società di gestione del risparmio).
        Con l’introduzione del comma 1-bis all’articolo 6 del d.lgs. n. 461 del 1997 viene prevista, esclusivamente per la tassazione delle plusvalenze e gli altri proventi derivanti dalla cripto-attività, la possibilità di rendere l’opzione per il regime del risparmio amministrato nei confronti degli operatori non finanziari di cui alle lettere i) e ibis) del comma 5 dell’articolo 3 del d.lgs. n. 231 del 2007. L’opzione per il regime del risparmio amministrato può essere resa, con riferimento alle plusvalenze e gli altri proventi realizzati sulle cripto-attività, anche ai prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e ai prestatori di servizi di portafoglio digitale. I prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e i prestatori di servizi di portafoglio digitale sono operatori non finanziari inclusi53 fra i soggetti ai quali si applicano le regole previste dal citato d.lgs. n. 231 del 2007, per prevenire che il sistema finanziario venga utilizzato a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (normativa antiriciclaggio). Tali soggetti sono iscritti nel Registro dei cambiavalute tenuto dall’Organismo Agenti e Mediatori (OAM) in base al decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 13 gennaio 2022.
        Per quanto concerne le modalità di esercizio del diritto di opzione, il comma 2 dell’articolo 6 del d.lgs. n. 461 del 1997 dispone che il contribuente esercita tale opzione rilasciando all’intermediario una comunicazione scritta in tal senso. La comunicazione – per la quale non sono previste particolari formalità – può essere effettuata contestualmente all’apertura del rapporto ovvero, per i rapporti già in essere, in qualsiasi momento dell’anno, ma in quest’ultimo caso, con effetto dal periodo d’imposta successivo.
        Nel caso in cui il contribuente intrattenga contemporaneamente una pluralità di rapporti con un medesimo intermediario o operatore, l’opzione può riguardare tutti i contratti o altri rapporti intrattenuti o alcuni soltanto di essi. Inoltre, in ipotesi di contratti cointestati l’opzione, per essere efficace, deve necessariamente essere esercitata da tutti gli intestatari e perde efficacia solo se viene espressamente revocata da tutti gli intestatari54. Al riguardo si precisa che ai fini dell’esercizio dell’opzione in discorso è necessario che tutti i cointestatari abbiano i requisiti per l’applicazione del regime amministrato.
        Per i soggetti non residenti il regime del risparmio amministrato costituisce il regime naturale poiché è applicato anche in mancanza di esercizio dell’opzione, salva la facoltà del contribuente di rinunciare a tale regime con effetto dalla prima operazione successiva. Ciò consente l’immediata applicazione per i soggetti non residenti del regime in esame evitando quindi agli stessi l’esercizio dell’opzione, ferma restando la facoltà di revoca.
        Tuttavia, tenuto conto che la legge di bilancio 2023 prevede l’applicazione del regime del risparmio amministrato anche da parte dei prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale o di portafoglio digitale, per i quali alla data del 1° gennaio 2023 non erano ancora previste le modalità di esercizio e la revoca dell’opzione, si ritiene che, anche per i soggetti non residenti, l’applicazione di tale regime avrà efficacia dal 1° gennaio 2024, al pari dei soggetti residenti che esercitano l’opzione nel periodo d’imposta 2023.
        Ai sensi del comma 3 dell’articolo 6 del d.lgs. n. 461 del 1997 gli intermediari applicano l’imposta sostitutiva su ciascun reddito diverso realizzato ai sensi della lettera c-sexies) del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir.
        Al riguardo, si ritiene che nel caso di esercizio dell’opzione del risparmio amministrato, l’intermediario debba applicare l’imposta sostitutiva indipendentemente dal superamento degli euro 2.000 previsti dalla citata disposizione. Il comma 9-bis dell’articolo 68 del Tuir, infatti, condizionando la deduzione delle minusvalenze eccedenti gli euro 2.000, dall’ammontare delle plusvalenze dei periodi d’imposta successivi alla loro indicazione in dichiarazione esclude indirettamente l’applicazione di tale limite per i soggetti che hanno optato per i regimi opzionali di cui all’articolo 6 e 7 del d.lgs. n. 461 del 1997.
        Tenuto conto che, non è possibile compensare i redditi diversi derivanti dalle cripto-attività con i redditi diversi di natura finanziaria lo stabile rapporto con l’intermediario deve avere ad oggetto solo le cripto-attività.
        Eventuali minusvalenze possono essere compensate con successive plusvalenze realizzate nel medesimo periodo d’imposta o in quelli successivi, ma non oltre il quarto.
        In caso di chiusura del rapporto, le eventuali minusvalenze devono essere certificate dall’intermediario o dall’operatore, con l’indicazione del periodo d’imposta in cui si sono realizzate e che si tratta di minusvalenze realizzate ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-sexies), del Tuir, e possono essere portate in diminuzione di redditi diversi realizzati in relazione a cripto-attività:

        • detenute in altri rapporti per i quali è stata esercitata l’opzione per l’amministrato, o
        • che il contribuente indica nella propria dichiarazione dei redditi.

        Il regime del risparmio amministrato prevede la tassazione secondo il principio di cassa, con l’applicazione dell’imposta sostitutiva con aliquota del 26 per cento a cura degli intermediari.
        Per effetto della modifica recata al comma 3 dell’articolo 6 del d.lgs. n. 461 del 1997, nel caso in cui gli intermediari o operatori, che hanno ricevuto l’opzione per il regime del risparmio amministrato, non siano in possesso dei dati e delle informazioni necessarie per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi diversi realizzati sulle cripto-attività, il contribuente è tenuto a consegnare, anche in copia, la relativa documentazione. È esclusa la possibilità di presentare, in mancanza dei suddetti dati, una dichiarazione sostitutiva in cui gli stessi siano attestati dal contribuente. Pertanto, nel caso in cui il contribuente non sia in grado di consegnare la documentazione dalla quale si evinca il costo o valore d’acquisto, l’intermediario assumerà come costo un valore pari a zero.
        A titolo esemplificativo, la documentazione può essere costituita dalle contabili bancarie relative all’acquisto delle cripto-attività ed ogni altra eventuale documentazione rilasciata dagli intermediari presso le quali sono state acquistate le cripto-attività.
        Nel caso in cui il contribuente abbia rideterminato il valore delle cripto-attività 55 dovrà dimostrare all’intermediario di aver versato l’imposta sostitutiva nella misura del 14 per cento sul valore che deve essere considerato come costo fiscale delle cripto-attività.
        Nel caso in cui il contribuente abbia regolarizzato56 le cripto-attività dovrà fornire copia della dichiarazione e della relazione di accompagnamento presentata all’Agenzia delle entrate, agli intermediari o operatori che ricevono l’opzione per il regime del risparmio amministrato, al fine di consentire a questi ultimi di assumere come costo di acquisto quello indicato nella dichiarazione.
        Con l’inclusione del riferimento alle cripto-attività nell’articolo 6, comma 4, del d.lgs. n. 461 del 1997, che specifica la modalità con cui gli intermediari sono tenuti a calcolare ciascuna plusvalenza, ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva nel caso di pluralità di cripto-attività, viene previsto che l’imposta sostitutiva si applica su ciascuna plusvalenza o provento derivante dalla cripto-attività. Ai fini della determinazione della plusvalenza, nel caso di pluralità di cripto-attività, gli intermediari assumono come costo o valore di acquisto il costo o valore medio ponderato relativo a cripto-attività aventi la medesima denominazione.
        Ad esempio, se il contribuente dispone di un wallet, presso un operatore di servizi di portafoglio digitale per il quale ha esercitato l’opzione per il regime del risparmio amministrato, nel quale detiene bitcoin ed ether, ai fini della determinazione della plusvalenza, derivante dalla conversione in euro di una parte dei bitcoin detenuti, viene utilizzato come costo il costo o valore medio ponderato di tutti i bitcoin detenuti nel wallet.
        In caso di permuta fiscalmente irrilevante, il valore della cripto-attività acquisita è pari al costo medio ponderato della cripto-attività ceduta.
        Supponiamo che il contribuente detenga sia bitcoin sia ether e che ceda una parte dei bitcoin posseduti in cambio di altri ether. In tale ipotesi, il costo medio ponderato dei bitcoin concorrerà alla formazione del “nuovo” costo o valore medio degli ether, mentre il costo medio ponderato dei restanti bitcoin non cambia.
        Per effetto delle modifiche all’articolo 6, comma 6, del d.lgs. n. 461 del 1997, si considera cessione a titolo oneroso anche il trasferimento delle cripto-attività a rapporti di custodia o amministrazione intestati a soggetti diversi dagli intestatari del rapporto di provenienza, nonché il passaggio dal regime del risparmio amministrato a quello del risparmio gestito (di cui all’articolo 7 del medesimo decreto legislativo), salvo che il trasferimento non sia avvenuto per successione o donazione.
        In caso di trasferimento delle cripto-attività, la plusvalenza, il provento, la minusvalenza o perdita realizzate sono determinate con riferimento al valore, calcolato secondo i criteri previsti dal comma 5 dell’articolo 7, alla data del trasferimento, delle cripto-attività trasferite e i soggetti di cui ai commi 1 e 1-bis, tenuti al versamento dell’imposta, possono sospendere l’esecuzione delle operazioni fino a che non ottengano dal contribuente provvista per il versamento dell’imposta dovuta. Gli intermediari rilasciano al contribuente apposita certificazione dalla quale risulti il valore delle cripto-attività trasferite.
        Per effetto del riferimento alle cripto-attività nell’articolo 6, comma 7, del d.lgs. n. 461 del 1997, in caso di trasferimento ad un altro rapporto in regime amministrato intestato ad un soggetto diverso dal contribuente oppure ad un rapporto per il quale è esercitata l’opzione per il regime del risparmio gestito (indipendentemente dall’intestazione), le cripto-attività sono valutate al valore corrente e, quindi, se emergono plusvalenze sono assoggettate ad imposta sostitutiva, se invece emergono minusvalenze queste possono essere dedotte da altri rapporti aventi per oggetto cripto-attività per le quali è stata esercitata l’opzione per il risparmio amministrato (purché identicamente intestati rispetto a quello di provenienza) o nell’ambito del regime dichiarativo. In ogni caso, l’intermediario o l’operatore può sospendere l’operazione se non riceve la provvista necessaria per assolvere l’imposta e rilascia al contribuente apposita certificazione dalla quale risulti il valore delle cripto-attività trasferite.
        La revoca del regime del risparmio amministrato deve essere esercitata mediante comunicazione scritta entro il termine di ciascun anno solare, con effetto da quello successivo.
        Gli intermediari finanziari e gli operatori che gestiscono rapporti/wallet per i quali è stata esercitata l’opzione per il regime del risparmio amministrato sono tenuti a:

          • provvedere al versamento dell’imposta sostitutiva del 26 per cento dovuta dal contribuente, entro il sedici del secondo mese successivo a quello in cui è stata applicata, trattenendone l’importo su ciascun reddito realizzato o ricevendone provvista dal contribuente57;
          • comunicare annualmente per masse (senza indicazione nominativa dei percipienti) all’amministrazione finanziaria entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione degli intermediari e dei sostituti d’imposta (Modello 770) l’ammontare complessivo delle plusvalenze e degli altri proventi e quello delle imposte sostitutive applicate nell’anno solare precedente58.

          I prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e ai prestatori di servizi di portafoglio digitale non sono tenuti al versamento in acconto dell’imposta sostitutiva previsto dall’articolo 2, comma 5, del decreto legge 30 novembre 2013, n. 133, in quanto tale disposizione prevede che l’acconto deve essere versato dai soggetti applicano l’imposta ai sensi del comma 3 dell’articolo 6 del d.lgs. n. 461 del 1997 e quest’ultima disposizione richiama i soggetti di cui al comma 1 e non anche quelli di cui al comma 1-bis del medesimo articolo 6.

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53 Dalle lettere i) e i-bis) del comma 5 dell’articolo 3 del d.lgs. n. 231 del 2007.

54 Cfr. decreto del Ministro delle finanze 22 maggio 1998.

55 Ai sensi dell’articolo 1, commi da 133 a 136, della legge n. 197 del 2022.

56 Ai sensi dell’articolo 1, commi da 138 a 142, della legge n. 197 del 2022.

57 Cfr. comma 9 dell’articolo 6 del d.lgs. n. 461 del 1997.

58 Cfr. comma 10 dell’articolo 6 del d.lgs. n. 461 del 1997.

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      1. Regime del risparmio gestito

        Il comma 1 dell’articolo 7 del d.lgs. n. 461 del 1997 attribuisce ai contribuenti che hanno conferito ad un gestore abilitato ai sensi del TUF, l’incarico di gestire masse patrimoniali, costituite da somme di denaro o da beni non relativi all’impresa, la facoltà di optare per l’applicazione, da parte del gestore medesimo, dell’imposta sostitutiva del 26 per cento sul risultato maturato delle gestioni individuali di portafoglio. Con la modifica di tale disposizione ad opera del comma 128, lettera c), numero 1) è possibile, attraverso uno specifico contratto di investimento relativo al servizio di gestione individuale di portafogli, avente ad oggetto esclusivamente cripto-attività, conferire tale incarico anche per la gestione delle stesse.
        L’imposta sostitutiva viene pagata dall’intermediario che gestisce le cripto-attività ed è calcolata sul risultato netto della gestione maturato, confrontando cioè la valorizzazione complessiva del portafoglio alla fine dell’esercizio con quella all’inizio. Pertanto l’investitore è esente da obblighi nei confronti dell’amministrazione fiscale, in quanto ad essi adempie il gestore del suo risparmio. Di conseguenza, rispetto agli altri regimi in questo caso la tassazione avviene per maturazione e non al momento della sua effettiva percezione. Il risultato maturato dalla gestione, se positivo, deve essere assoggettato all’imposta sostitutiva del 26 per cento.
        L’opzione deve essere esercitata mediante comunicazione ai soggetti abilitati alla prestazione del servizio di gestione individuale di patrimoni ai sensi del TUF. L’articolo 1, comma 2, del decreto del Ministro delle finanze del 22 maggio 1998, prevede che i soggetti destinatari della comunicazione sono le banche, le società di intermediazione mobiliare e le società fiduciarie iscritte nell’albo di cui al predetto decreto legislativo, residenti in Italia, nonché alle stabili organizzazioni in Italia di banche e di imprese di investimento non residenti, iscritte nel predetto albo.
        Non è possibile esercitare l’opzione del risparmio gestito presso gli operatori non finanziari di cui alle lettere i) e i-bis) del comma 5 dell’articolo 3 del d.lgs. n. 231 del 2007, in quanto gli stessi non rientrano tra i soggetti abilitati alla prestazione del servizio di gestione individuale di patrimoni ai sensi del TUF e non è stato modificato l’articolo 7 del d.lgs. n. 461 del 1997 per prevedere la possibilità di esercitare tale opzione.
        Inoltre, per quanto concerne l’esercizio e la revoca dell’opzione, il successivo comma 2 dell’articolo 7 in esame stabilisce che i contribuenti interessati, possono optare per l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26 per cento sul risultato della gestione a condizione che sia rilasciata al gestore un’apposita comunicazione sottoscritta dal contribuente all’atto della stipula del contratto, nel qual caso l’opzione ha effetto immediato.
        Nel caso in cui il contribuente abbia stipulato un rapporto di gestione senza aver esercitato l’opzione contestualmente alla stipula del contratto, l’opzione successivamente rilasciata al gestore ha effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in cui l’opzione stessa è stata esercitata.
        L’opzione ritualmente esercitata ha effetto fino a quando non è revocata oppure fino a quando il contratto non viene risolto: non è quindi necessaria una conferma periodica dell’opzione se il contratto ha durata pluriennale. Inoltre, fino a quando il contratto non si scioglie, l’eventuale revoca espressa dal contribuente ha effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata manifestata.
        Nel caso in cui il contribuente intrattenga contemporaneamente con uno stesso gestore più rapporti di gestione, sia l’opzione che la revoca possono riguardare tutti i rapporti intrattenuti o alcuni soltanto di essi. Inoltre, ai sensi dell’articolo 2 del citato decreto ministeriale del 22 maggio 1998, nel caso di contratti cointestati a più soggetti nei cui confronti si applichi il medesimo regime di tassazione, sia l’esercizio che la revoca dell’opzione producono effetti a condizione che siano esercitate da tutti i cointestatari.
        Un caso di revoca del tutto particolare è quello previsto nel comma 5 dell’articolo 7 in commento, che per effetto della sostituzione del comma 5 dell’articolo 7 del d.lgs. n. 461 del 1997 ad opera del comma 128, lettera c), numero 2), si applica anche alle cripto-attività. Tale fattispecie concerne l’ipotesi in cui nel patrimonio gestito siano compresi titoli, quote, partecipazioni, certificati o rapporti non negoziati in mercati regolamentati, il cui valore medio annuo complessivo risulti superiore al 10 per cento dell’attivo medio gestito. Per detta ipotesi la citata disposizione prevede due possibilità:

        a) che detti titoli, partecipazioni, quote, ecc., siano valutati in base al valore normale, oppure

        b) che il contribuente revochi l’opzione limitatamente ai predetti titoli, partecipazioni, quote, ecc..

        Ove il contribuente opti per la seconda soluzione (revoca parziale), gli effetti della revoca in costanza di svolgimento del contratto di gestione decorrono nei termini ordinari previsti dall’articolo 7, comma 2, e cioè dall’anno successivo a quello in cui la revoca è comunicata all’intermediario, conformemente a quanto ora stabilisce la disposizione in esame.
        Pertanto, nel caso in cui per una determinata tipologia di cripto-attività (avente la medesima denominazione) il valore complessivo medio annuo sia superiore al 10 per cento dell’attivo medio gestito, essi sono valutati secondo il loro valore normale, ferma restando la facoltà del contribuente di revocare l’opzione limitatamente alla predetta tipologia di cripto-attività.
        Per effetto della sostituzione del comma 5 dell’articolo 7 del d.lgs. n. 461 del 1997, inoltre, le modalità di valutazione del patrimonio gestito all’inizio ed alla fine di ciascun periodo d’imposta si applicano anche nel caso in cui oggetto della gestione siano cripto-attività. Pertanto, la valutazione del patrimonio gestito all’inizio e alla fine di ciascun periodo d’imposta è effettuata secondo i criteri stabiliti dai regolamenti emanati dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) in attuazione del TUF.
        Come noto, i commi 7 e 8 dell’articolo 7 del d.lgs. n. 461 del 1997 disciplinano il regime fiscale dei conferimenti e dei prelievi fatti dal contribuente nell’ambito del rapporto di gestione.
        In particolare, il comma 7 stabilisce che nel caso in cui il contribuente abbia stipulato un contratto di gestione ed abbia contestualmente esercitato l’opzione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26 per cento sul risultato maturato della gestione, il conferimento dei titoli, delle quote, dei certificati e degli altri rapporti deve essere considerato alla stregua di una cessione a titolo oneroso.
        Per effetto della modifica all’articolo 7, comma 7 del d.lgs. n. 461 del 1997, si considera cessione a titolo oneroso anche il conferimento in una gestione individuale di cripto-attività.
        Nel caso di conferimento di cripto-attività, che formano al momento del conferimento già oggetto di un contratto di gestione per il quale era stata esercitata l’opzione di cui al comma 2 dell’articolo 7, si assume quale valore di conferimento il valore assegnato ai medesimi ai fini della determinazione del patrimonio alla conclusione del precedente contratto di gestione.
        Poiché le cripto-attività vengono prese in carico dal gestore sulla base del valore che essi hanno alla data del conferimento, le plusvalenze o minusvalenze emergenti alla data della consegna delle cripto-attività da parte del contribuente si considerano realizzate e ad esse, qualora superino le minusvalenze rilevate alla stessa data sugli stessi titoli e rapporti, si applica la disciplina fiscale del risparmio amministrato prevista dell’articolo 6. Ciò comporta che sulle eventuali plusvalenze, che dovessero emergere al momento del conferimento in gestione, il gestore è tenuto ad applicare l’imposta sostitutiva e a versarla entro il giorno 15 del secondo mese successivo.
        La stessa disposizione del comma 7 in esame prevede altresì il caso in cui le cripto-attività, provengano da un altro rapporto di gestione relativamente al quale il contribuente ha esercitato l’opzione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva. In tal caso, le cripto-attività trasferite da una gestione all’altra devono essere valorizzate dal gestore uscente sulla base del valore attribuibile nel giorno in cui viene eseguito il trasferimento e che a questo stesso valore il patrimonio viene assunto dal gestore che lo prende in carico.
        Sempre per quel che concerne la disciplina dei conferimenti, lo stesso comma 7 in esame contempla il caso in cui le cripto-attività conferite in gestione provengano da un rapporto per il quale il contribuente aveva esercitato l’opzione per fruire del regime del risparmio amministrato di cui all’articolo 6. In tal caso, l’intermediario cui competeva l’applicazione dell’imposta sostitutiva secondo il regime del risparmio amministrato è tenuto ad applicare sulle plusvalenze relative ai titoli ed ai rapporti trasferiti l’imposta sostitutiva e a rilasciare al contribuente l’apposita certificazione ivi prevista dalla quale risulti il valore delle cripto-attività trasferite.
        I commi 8 e 9 dell’articolo 7 disciplinano le ipotesi in cui il contribuente effettui nel corso di validità del contratto prelevamenti dei titoli o rapporti conferiti ovvero ne disponga il trasferimento presso un altro deposito o rapporto di custodia o di amministrazione di cui all’articolo 6.
        Per effetto della modifica recata dal numero 4), lettera c) del comma 128, la modalità di determinazione del risultato della gestione nei casi di prelievo delle cripto-attività, di loro trasferimento ad altro deposito o rapporto di custodia, amministrazione o gestione prevista dal comma 8 dell’articolo 7 del d.lgs. n. 461 del 1997, si applica anche alle cripto-attività.
        Pertanto, nelle ipotesi in cui il contribuente effettui nel corso di validità del contratto prelevamenti delle cripto-attività conferite ovvero ne disponga il trasferimento presso un altro deposito o rapporto di custodia o di amministrazione sorge il presupposto impositivo delle plusvalenze maturate sulle cripto-attività fino alla data del loro prelievo o trasferimento, da quantificarsi secondo i criteri di valutazione di cui al comma 5 dello stesso articolo 7. Per effetto di tale disciplina, il risultato della gestione relativo al periodo in cui tali eventi si sono verificati deve essere determinato tenendo conto anche del valore che le cripto-attività hanno alla data del loro prelievo o trasferimento. Ciò implica che, ai fini della determinazione del risultato della gestione, il predetto valore è computato in aumento del patrimonio gestito, quale risulta alla fine del periodo d’imposta o, se precedente, alla data di chiusura del contratto.
        Per espressa previsione della norma in esame, la predetta disposizione non si applica quando il prelievo o il trasferimento sia stato causato da donazione o successione ereditaria. Per siffatte eventualità, il trasferimento ad un diverso rapporto intestato agli eredi, ai legatari o donatari non si configura come fattispecie al cui verificarsi il legislatore ha collegato il sorgere del presupposto impositivo ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva. Pertanto, in caso di prelievo le cripto-attività sono valorizzate in capo al patrimonio gestito tenendo conto dell’ultimo costo di acquisto sostenuto dal gestore, ovvero, se posteriore, dell’ultimo valore fiscalmente rilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva. Inoltre, ai fini della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze in capo agli eredi, i prelievi ed i trasferimenti conseguenti ad una successione o donazione devono essere valorizzati assumendo i criteri fissati dall’articolo 68, comma 9-bis, del Tuir.59
        In caso di recesso del cliente, con la conseguente chiusura del rapporto di gestione, a differenza della revoca, l’opzione perde efficacia con effetto immediato, determinando l’applicazione dell’imposta sostitutiva sul risultato di gestione “maturato” fino a tale data.
        Per effetto delle modifiche60 al comma 9 dell’articolo 7 del d.lgs. n. 461 del 1997 in tutti i casi previsti dal comma 8 sopra esaminato, il predetto valore costituirà il costo fiscalmente riconosciuto delle cripto-attività nell’ambito di ciascuno dei regimi (che possono essere, a seconda delle scelte del contribuente, quello della dichiarazione, quello del risparmio amministrato o quello del risparmio gestito) che si renderà successivamente applicabile. Al fine di assicurare una corretta applicazione del suddetto principio della continuità dei valori, il gestore è tenuto a rilasciare al contribuente una certificazione dove sia indicato, oltre al valore delle criptoattività – prelevate o trasferite – che è stato assunto per la determinazione del risultato della gestione, con riferimento al giorno in cui l’opzione ha perso efficacia, anche l’ammontare dei risultati negativi e il periodo d’imposta in cui essi sono emersi e per i quali il contribuente ha diritto di effettuare la compensazione computandoli in diminuzione delle plusvalenze realizzate ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-sexies), del Tuir, oggetto di dichiarazione ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 461 del 1997 o imponibili nell’ambito di altri rapporti aventi ad oggetto cripto-attività per il quale il contribuente abbia esercitato l’opzione del regime del risparmio amministrato o del risparmio gestito con lo stesso o con un altro intermediario..
        Ai sensi del comma 11 il versamento dell’imposta sostitutiva sul risultato della gestione deve essere effettuato dal soggetto gestore il quale, in mancanza della liquidità necessaria per effettuare il detto versamento, è legittimato ad effettuare, anche in deroga alle norme contrattuali, i disinvestimenti all’uopo necessari, a meno che il contribuente non provveda a rimettergli le somme necessarie entro il giorno 15 del mese in cui l’imposta deve essere versata. La stessa disposizione prevede che nel caso di prelievo o di trasferimento dei titoli o rapporti di cui al comma 8 precedentemente esaminato il gestore è legittimato a sospendere l’esecuzione delle prestazioni fino a quando il contribuente non gli ha fornito le somme necessarie per il versamento dell’imposta dovuta.
        Il versamento deve essere effettuato entro il 16 febbraio dell’anno successivo a quello in cui è maturato il relativo debito oppure entro il sedici del secondo mese successivo a quello in cui è stato revocato il mandato di gestione.
        Nel caso in cui alla conclusione del contratto il risultato della gestione sia negativo, il soggetto gestore rilascia al contribuente apposita certificazione dalla quale risulti l’importo da computare in diminuzione dalle plusvalenze che formano oggetto di dichiarazione ai sensi dell’articolo 68, comma 9-bis, del Tuir, con l’indicazione dell’anno in cui il risultato negativo si è prodotto. Il risultato negativo può essere inoltre computato in diminuzione dal risultato di un altro contratto di gestione avente ad oggetto cripto-attività che il contribuente ha già stipulato o stipula ex novo con lo stesso od un altro gestore, nonché dalle plusvalenze realizzate nell’ambito di un rapporto avente ad oggetto cripto-attività per il quale è stata esercita l’opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato di cui all’articolo 6 del d.lgs. n. 461 del 1997, sempreché tali rapporti siano intestati allo stesso contribuente e sempre nei limiti temporali stabiliti dalla legge.

59 Cfr. articolo 1, comma 126, lettera b), della legge 29 dicembre 2022, n. 197.

60 Cfr. articolo 1, comma 128, lettera c), n. 5, della legge 29 dicembre 2022, n. 197.

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    1. Obblighi a carico degli intermediari

      La lettera d) del comma 128 include il riferimento alle cripto-attività nell’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo n. 461 del 1997, che disciplina gli obblighi a carico di intermediari ed altri soggetti che intervengono in operazioni fiscalmente rilevanti nonché l’obbligo di certificazione alle parti relativamente alle medesime operazioni.
      Tale disposizione prevede che «sempreché non sia esercitata la facoltà di opzione di cui agli articoli 6 e 7, i notai nonché gli intermediari professionali, anche se diversi da quelli indicati nei predetti articoli 6 e 7, e le società ed enti emittenti, che comunque intervengano, anche in qualità di controparti, nelle cessioni e nelle altre operazioni che possono generare redditi di cui alle lettere da a c-sexies) del comma 1 dell’articolo 81 [ora 67], del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dall’articolo 3, comma 1, rilasciano alle parti la relativa certificazione. Gli stessi soggetti comunicano all’amministrazione finanziaria i dati relativi alle singole operazioni effettuate nell’anno precedente;(…)».
      In particolare – sempreché non sia stata esercitata l’opzione di cui agli articoli 6 e 7 del d.lgs. n. 461 del 1997 per l’applicazione del regime del risparmio amministrato o gestito – sono tenuti ad adempiere agli obblighi di certificazione e comunicazione gli intermediari residenti che, per ragioni professionali, intervengono nelle operazioni aventi ad oggetto cripto-attività, nonché gli intermediari non residenti, limitatamente alle operazioni nelle quali siano intervenute stabili organizzazioni ad essi appartenenti situate nel territorio dello Stato.
      Al riguardo si ritiene che per effetto del richiamo generico agli “intermediari professionali” siano tenuti a tali comunicazioni anche i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale o di portafoglio digitale.
      Costituiscono oggetto degli obblighi di comunicazione le operazioni suscettibili di produrre redditi diversi ai sensi della lettera c-sexies) del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir:

      1) rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate;

      2) trasferimenti di cripto-attività verso rapporti intestati a soggetti diversi dall’intestatario del rapporto di provenienza e prelievi delle stesse.

      Qualora nelle operazioni sopra menzionate siano intervenuti due o più dei soggetti tenuti all’obbligo di comunicazione, quest’ultima deve essere effettuata dal soggetto che è intervenuto per primo nell’operazione e comunque dall’intermediario che intrattiene il rapporto più diretto con il contribuente.
      Per ciascuna operazione, devono essere comunicati i seguenti dati:

      • le generalità e, se esistente, il codice fiscale del soggetto che ha effettuato l’operazione;
      • la natura, l’oggetto e la data dell’operazione;
      • le quantità e il valore delle cripto-attività oggetto dell’operazione.

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    1. Modifiche alla disciplina del monitoraggio fiscale

      Come anticipato, il comma 129, lettera a), modifica la disciplina del monitoraggio fiscale di cui all’articolo 1 al decreto legge n.167 del 1990 per la rilevazione di taluni trasferimenti da e per l’estero di denaro, titoli e valori, ampliando sia l’ambito soggettivo di coloro che sono tenuti a tale adempimento per includere i prestatori di servizi di portafoglio digitale e sia l’ambito oggettivo con riferimento alle attività oggetto del monitoraggio per includere le cripto-attività).

      In particolare, l’articolo 1 del decreto legge n. 167 del 1990 stabilisce che gli intermediari bancari e finanziari che intervengono nei trasferimenti da o verso l’estero, di mezzi di pagamento sono tenuti a trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati acquisiti in occasione dell’adeguata verifica dell’identità della clientela in relazione alle predette operazioni, effettuate anche in valuta virtuale ovvero, per

      effetto della citata lettera a), in cripto-attività, di importo pari o superiore a 5.000 euro, limitatamente alle operazioni eseguite per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali e di società semplici e associazioni equiparate ai sensi dell’articolo 5 del Tuir. Nella formulazione del testo della norma in vigore fino al 31 dicembre 2022, fra gli intermediari tenuti a tale adempimento erano inclusi i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale mentre non erano richiamati i prestatori di servizi di portafoglio digitale. Questi ultimi sono ora espressamente inclusi nel nuovo testo della disposizione in commento tra i soggetti tenuti agli obblighi di comunicazione e, pertanto, anch’essi dovranno effettuare le comunicazioni a decorrere dal 1° gennaio 2023.

      I medesimi prestatori di servizi sono inclusi fra gli intermediari soggetti ai poteri informativi dell’Unità speciale per il contrasto della evasione ed elusione internazionale dell’Agenzia delle entrate costituita ai sensi dell’articolo 12, comma 3, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, e dei reparti speciali della Guardia di finanza in relazione ai trasferimenti effettuati attraverso non residenti (articolo 2 del decreto legge n. 167 del 1990).

      Dal 1° gennaio 2023, tale attività di monitoraggio deve avere ad oggetto tutte le cripto-attività e non solo le cripto-valute.

      La legge di bilancio 2023 apporta modifiche anche agli obblighi di monitoraggio fiscale previsti per i soggetti residenti in Italia di cui all’articolo 4, del decreto legge n. 167 del 1990 (persone fisiche, enti non commerciali e società semplici ed equiparate ai sensi dell’articolo 5 Tuir), stabilendo che i predetti soggetti che «nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero, attività estere di natura finanziaria ovvero cripto-attività, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi. Sono altresì tenuti agli obblighi di dichiarazione i soggetti indicati nel precedente periodo che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri, delle attività estere di natura finanziaria e delle cripto-attività, siano titolari effettivi dell’investimento secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, lettera pp), e

      dall’articolo 20 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni».

      Dunque, il legislatore ha espressamente previsto che devono essere indicate nel Quadro RW del modello Redditi le cripto-attività e che tale adempimento ricorre anche per i medesimi soggetti che, pur non essendo possessori diretti delle cripto-attività, sono titolari effettivi dell’investimento secondo quanto previsto dalla normativa antiriciclaggio.

      Stante la formulazione della norma, gli obblighi di monitoraggio fiscale delle cripto-attività sussistono indipendentemente dalle modalità di archiviazione e conservazione delle stesse, e prescindendo dalla circostanza che le stesse siano detenute all’estero o in Italia (cfr. relazione illustrativa alla legge di bilancio 2023). In coerenza con i chiarimenti già resi in materia mediante risposte ad interpelli pubblicati, pertanto, continua ad essere oggetto di compilazione nel Quadro RW la detenzione di cripto-valute, alla quale si aggiungono tutte le altre fattispecie di cripto-attività detenute attraverso “portafogli”, “conti digitali” o altri sistemi di archiviazione o conservazione.

      Ciò in quanto le cripto-attività sono potenzialmente suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia quali redditi diversi ai sensi della nuova lettera c-sexies) del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir.

      Nel quadro RW va compilato un rigo per ogni “portafoglio”, “conto digitale” o altro sistema di archiviazione o conservazione detenuto dal contribuente.

      Non devono essere indicate nel quadro RW, le cripto-attività per le quali il contribuente, sia in grado di dimostrare, attraverso la presentazione di una denuncia presso un’autorità di pubblica sicurezza, di aver smarrito o aver subito il furto delle chiavi private.

      Tuttavia, si ritiene che anche le cripto-attività possano rientrare nelle previsioni di esonero dal monitoraggio fiscale di cui al comma 3 dell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990, il quale stabilisce che gli obblighi di indicazione nella dichiarazione dei redditi non sussistono per le attività finanziarie e

      patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento, qualora i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività e contratti siano stati assoggettati a ritenuta o imposta sostitutiva dagli intermediari stessi.

      Con riferimento alle sanzioni applicabili in caso di mancata compilazione del Quadro RW del Modello Redditi, l’articolo 5, comma 2, del decreto legge n. 167 del 1990 prevede che «La violazione dell’obbligo di dichiarazione previsto nell’articolo 4, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. La violazione di cui al periodo precedente relativa alla detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. Nel caso in cui la dichiarazione prevista dall’articolo 4, comma 1, sia presentata entro novanta giorni dal termine, si applica la sanzione di euro 258».

      Tenuto conto della natura delle cripto-attività, in caso di mancata indicazione del quadro RW, non si applica il raddoppio della sanzione prevista per la detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

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    1. Reddito d’impresa: valutazione delle cripto-attività

      commi 131 132 stabiliscono che i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle cripto-attività non concorrono alla formazione del reddito ai fini dell’imposta sul reddito delle società (IRES) e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).
      Con l’inserimento del comma 3-bis all’articolo 110 del Tuir, ad opera del comma 131, viene previsto che «In deroga alle norme degli articoli precedenti del presente capo e ai commi da 1 a 1-ter del presente articolo, non concorrono alla formazione del reddito i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle cripto-attività alla data di chiusura del periodo di imposta a prescindere dall’imputazione al conto economico».
      Pertanto, non concorrono alla formazione della base imponibile IRES eventuali componenti positivi o negativi che risultano dalla valutazione delle cripto-attività.
      Va rilevato preliminarmente che né i principi contabili nazionali (OIC) né quelli internazionali (IAS/IFRS) contengono una definizione di cripto-attività (e, dunque, non disciplinano una specifica modalità di rilevazione delle stesse).
      Pertanto, in linea di principio, in applicazione del principio di derivazione rafforzata – sulla base del quale per i soggetti diversi dalle micro-imprese di cui all’articolo 2435-ter del codice civile (che non rinunciano alle semplificazioni previste dalla medesima disposizione), «valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili» – dovranno, dunque, essere applicate, di volta in volta, le norme fiscali relative alle qualificazioni e classificazioni che i predetti asset assumono in bilancio (fermo restando le eventuali specifiche deroghe contenute nei decreti di coordinamento previsti dalle disposizioni fiscali).
      Analogamente, ai fini del reddito d’impresa, in considerazione della mancanza di una definizione delle cripto-attività, anche per i soggetti in derivazione semplice assumono rilevanza le qualificazioni e classificazioni operate in bilancio (sempre a eccezione dei casi in cui le disposizioni fiscali prevedano specifiche deroghe).
      Va precisato, da ultimo, che le cripto-attività potrebbero essere rilevate dal soggetto emittente in bilancio tra i debiti (o tra gli strumenti partecipativi). In tal caso, a prescindere dalla qualificazione e classificazione contabile adottata, è necessario valutare se tali passività possiedano i requisiti contenuti nell’articolo 44 del Tuir per essere ricondotte agli strumenti similari alle azioni e, conseguentemente, per considerare indeducibile la relativa remunerazione ai sensi dell’articolo 109 del medesimo Tuir. Ciò comporterà, in capo al soggetto possessore delle predette cripto-attività, l’applicazione del regime PEX al ricorrere delle condizioni di cui all’articolo 87 del Tuir. Con la modifica apportata all’articolo 110 del Tuir, come sopra accennato, sono stati sterilizzati tutti i fenomeni valutativi riguardanti le cripto-attività, prescindendo dalle modalità con cui tali asset sono iscritti in bilancio e dalla rilevazione a conto economico dei componenti (positivi o negativi) derivanti da detti fenomeni.
      Al riguardo, si rammenta che, come precisato nella circolare 28 febbraio 2011, n. 7/E (i cui chiarimenti devono considerarsi applicabili anche ai soggetti OIC adopter diversi dalle micro-imprese di cui all’articolo 2435-ter del codice civile), sulla base del tenore letterale dell’articolo 83 del Tuir, i fenomeni di valutazione o quantificazione dei componenti di reddito risultano estranei al principio di derivazione rafforzata.
      Infatti, nella relazione illustrativa al decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze 1° aprile 2009, n. 48 si fa riferimento a talune fattispecie (di seguito riportate) che rappresentano «componenti valutative per le quali restano applicabili le regole dell’IRES che disconoscono la rilevanza delle valutazioni di tali beni».Si tratta di:

      • valutazione degli asset in applicazione del revaluation model previsto dallo IAS 16: in tale ipotesi, i plusvalori o minusvalori che sono rilevati in bilancio non assumono alcun rilievo fiscale;
      • la valutazione con il criterio del fair value degli immobili qualificati dallo IAS 40 come beni d’investimento, con la conseguente irrilevanza delle variazioni del fair value;
      • applicazione del metodo dell’impairment test di cui allo IAS 36: in questa ipotesi, le perdite di valore rilevate sugli asset di bilancio non assumono rilievo ai fini fiscali.

      Ne consegue che, per ragioni di ordine logico-sistematico, i fenomeni di valutazione o di quantificazione concernenti le cripto-attività devono essereoggetto di apposite variazioni – a seconda dei casi – in aumento o in diminuzione, nelle ipotesi in cui tali asset siano rilevati in bilancio come:

      • beni immateriali, in relazione agli eventuali ammortamenti relativi al maggiore valore non riconosciuto ai fini fiscali rispetto al valore di iscrizione;
      • rimanenze di beni materiali o di attività finanziarie classificate nell’attivo circolante, con riferimento alle variazioni di cui all’articolo 92 e 94 del Tuir;
      • attività finanziarie immobilizzate, in relazione alle rettifiche di valore di cui agli articoli 94 e 110 del Tuir.

      In considerazione della ratio delle modifiche apportate con il citato comma 131, per i soggetti che producono reddito d’impresa, gli effetti delle disposizioni contenute nel comma 3-bis riguarda sia le cripto-attività in sé considerate sia le altre attività o passività il cui controvalore sia espresso in cripto-attività (con l’effetto di ampliare la definizione fornita, in materia di redditi diversi, nel paragrafo 3 del presente documento di prassi).Alla luce di quanto chiarito in relazione all’ambito oggettivo del citato comma 3-bis, quindi, eventuali oscillazioni del valore dei crediti e debiti in cripto-attività, il cui controvalore in euro risulta rilevato in bilancio, non assumono rilievo ai fini della determinazione del reddito di periodo. Parimenti, qualora le cripto-attività costituiscano il sottostante di un contratto derivato (ad es. contract for difference future), ai componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione alla data di chiusura dell’esercizio si applica il comma 3-bis dell’articolo 110 che impone una deroga alla rilevanza di tali fenomeni disposta dai commi da 2 a 3-bis dell’articolo 112 del Tuir.Come evidenziato nella relazione illustrativa della legge di bilancio 2023, resta fermo che nel momento in cui le cripto-attività sono permutate con altri beni (incluse altre cripto-attività) o cedute in cambio di moneta avente corso legale, la differenza tra il corrispettivo incassato e il valore fiscalmente riconosciuto di tali cripto-attività concorre alla formazione del reddito di periodo, rappresentando tali eventi dei realizzi sul piano fiscale.
      Sulla base della classificazione in bilancio delle predette cripto-attività, si applicheranno le seguenti diposizioni:

        • per i beni immateriali e attività finanziarie immobilizzate, gli articoli 86 e 101 del Tuir;
        • per le attività finanziarie iscritte nell’attivo circolante o tra le altre rimanenze, l’articolo 85 del Tuir.

      In ogni caso, il valore fiscale di prima iscrizione delle cripto-attività è determinato applicando le previsioni di cui all’articolo 9 del Tuir.

      Da ultimo, va evidenziato che l’irrilevanza delle oscillazioni di valore è prevista anche ai fini IRAP dal successivo comma 132 secondo il quale «Ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, si applica il comma 3-bis dell’articolo 110 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dal comma 131 del presente articolo»

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    1. Rideterminazione del valore delle cripto-attività

      Tenuto conto del cambio di regime, il legislatore ha previsto la possibilità per i soggetti che non hanno violato gli obblighi di monitoraggio di cui all’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990, di rideterminare il valore delle cripto-attività detenute alla data del 1° gennaio 2023.
      A tal fine, il comma 133 ha previsto che «Agli effetti della determinazione delle plusvalenze e delle minusvalenze di cui alla lettera c-sexies) del comma 1 dell’articolo 67 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotta dal comma 126, lettera a), del presente articolo, per ciascuna cripto-attività posseduta alla data del 1° gennaio 2023 può essere assunto, in luogo del costo o del valore di acquisto, il valore a tale data, determinato ai sensi dell’articolo 9 del citato testo unico, a condizione che il predetto valore sia assoggettato a un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 14 per cento».
      Con tale disposizione normativa è stata prevista la possibilità per i contribuenti che detengono alla data del 1° gennaio 2023 cripto-attività di rideterminare il loro costo o valore di acquisto alla predetta data, a condizione che il costo o valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi stabilita nella misura del 14 per cento.
      Nel caso in cui il contribuente detenga più cripto-attività e decida di avvalersi della rideterminazione del loro costo o valore di acquisto, è tenuto a rideterminare tutte le attività aventi la medesima denominazione. Ad esempio se il contribuente alla data del 1° gennaio 2023 detiene n. 10 bitcoin e n. 20 ether e decide di rideterminare solo il valore dei bitcoin deve rideterminare il valore di tutti i n. 10 bitcoin detenuti.
      Il valore della cripto-attività sul quale deve essere applicata l’imposta sostitutiva deve essere rilevato dalla piattaforma dell’exchange dove è avvenuto l’acquisto della stessa.
      Qualora non sia possibile rilevare il valore al 1° gennaio 2023 dalla piattaforma dove è stata originariamente acquistata la cripto-attività, tale valore potrà essere rilevato da analoga piattaforma dove le medesime cripto-attività sono negoziabili o da siti specializzati nella rilevazione dei valori di mercato delle stesse.
      Il valore rideterminato potrà essere utilizzato ai fini della determinazione della plusvalenza in caso di rimborso o cessione a titolo oneroso della cripto-attività o permuta con altre cripto-attività aventi diverse caratteristiche e funzioni (come ad esempio nel caso di acquisto di un NFT con bitcoin).
      L’assunzione del valore rideterminato quale valore di acquisto delle cripto-attività non consente il realizzo di minusvalenze utilizzabili ai sensi del comma 9-bis dell’articolo 68 del Tuir.
      È possibile rideterminare il valore di cripto-attività detenute alla data del 1° gennaio 2023, anche nel caso in cui non siano più detenute alla data del versamento dell’imposta sostitutiva.
      L’imposta sostitutiva è versata, con le modalità previste dal capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
      L’imposta sostitutiva è versata con il codice “1717” denominato “Imposta sostitutiva sul valore delle cripto-attività rideterminato al valore normale -articolo 1, comma 133, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”, istituito con la Risoluzione 26 giugno 2023, n. 36/E.
      Riguardo al termine degli adempimenti, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con comunicato stampa del 13 giugno 2023, ha reso noto che «una prossima disposizione normativa prorogherà di tre mesi, dal 30 giugno al 30 settembre 2023, i termini per il versamento dell’imposta sostitutiva delle cripto-attività il cui regime fiscale è stato ridefinito in legge di bilancio».
      Il comma 3-quinquies dell’articolo 4 del decreto legge 10 maggio 2023, n. 5161, inserito in sede di conversione, prevede che «I termini di cui ai commi 134 e 135 dell’articolo 1 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, sono prorogati al 30 settembre 2023».
      Successivamente l’articolo 2 del decreto legge 29 settembre 2023, n. 132 ha prorogato tale termine al 15 novembre 2023.
      L’imposta sostitutiva può essere rateizzata fino a un massimo di tre rate annuali di pari importo, a partire dalla predetta data di scadenza. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, da versare contestualmente a ciascuna rata.
      Per perfezionare il regime agevolato in argomento, sarà necessario, quindi, che entro il predetto termine il contribuente interessato versi l’imposta sostitutiva per l’intero suo ammontare, ovvero (in caso di rateizzazione) la prima delle tre rate annuali di pari importo.
      Si precisa, che l’opzione per la rideterminazione del valore delle cripto-attività e la conseguente obbligazione tributaria si considerano perfezionate con il versamento dell’intero importo dell’imposta sostitutiva ovvero, in caso di pagamento rateale, con il versamento della prima rata. Infatti, il contribuente può avvalersi immediatamente del nuovo valore di acquisto ai fini della determinazione delle plusvalenze di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-sexies), del Tuir.
      Pertanto, coloro che abbiano effettuato il versamento dell’imposta dovuta ovvero di una o più rate della stessa, qualora in sede di determinazione delle plusvalenze realizzate per effetto della cessione delle cripto-attività non tengano conto del valore rideterminato, non hanno diritto al rimborso dell’imposta pagata e sono tenuti, nell’ipotesi di pagamento rateale, ad effettuare i versamenti successivi.
      Le norme in esame prevedono la facoltà di avvalersi in prospettiva di un’agevolazione e il contribuente non può modificare successivamente la scelta liberamente effettuata in mancanza di una apposita disposizione in tal senso. Si fa altresì presente che il versamento dell’intera imposta sostitutiva (ovvero della prima rata) oltre il termine previsto dalla norma non consente l’utilizzo del valore rideterminato ai fini del calcolo della plusvalenza realizzata. In tale ipotesi, il contribuente può richiedere il rimborso dell’imposta sostitutiva del 14 per cento versata.
      Qualora, invece, il contribuente abbia effettuato il versamento della prima rata nei termini di legge ed abbia omesso di effettuare quelli successivi, i relativi importi sono iscritti a ruolo ai sensi delle disposizioni vigenti.
      Resta comunque ferma, per il contribuente, la possibilità di avvalersi del c.d. “ravvedimento operoso” nei limiti fissati dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
      I contribuenti che rideterminano il valore delle cripto-attività devono indicare i dati relativi nel modello Redditi PF 2024 (relativo al periodo d’imposta 2023). Sarà cura dei contribuenti conservare la documentazione comprovante il valore delle cripto-attività al 1° gennaio 2023, da esibire o trasmettere a richiesta dell’Amministrazione finanziaria.

61 Convertito dalla legge 3 luglio 2023, n. 87 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 10 maggio 2023, n. 51, recante disposizioni urgenti in materia di amministrazione di enti pubblici, di termini legislativi e di iniziative di solidarietà sociale.
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    1. Tassazione indiretta

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      1. Imposta sul valore aggiunto

        A differenza delle imposte sui redditi, le cripto-attività non sono oggetto di specifiche disposizioni in ambito Iva.
        Diventa quindi inevitabile far riferimento alla best practice internazionale, rappresentata in primis dal Rapporto OCSE sulle cripto-valute del 12 ottobre 202062 e dalle Linee Guida del Comitato Iva della UE63, cui si aggiungono la giurisprudenza unionale e il comportamento seguito dagli altri Stati così da delineare dei principi generali condivisi al fine di limitare le disparità di trattamento tra Stati membri e l’erosione di base imponibile Iva.
        Occorre altresì considerare che, come già chiarito in premessa, le cripto-attività costituiscono una categoria eterogenea, comprensiva anche di rappresentazioni digitali e diritti, di cui le cripto-valute sono parte. Questa eterogeneità è accresciuta dal diffondersi di forme ibride ossia da strumenti che nascono già cosi, cioè come figura intermedia tra due tipologie di cripto-attività, oppure che nascono in un modo per poi nel tempo cambiare la loro natura in base alle scelte del possessore, di chi lo ha emesso o al verificarsi di (in)determinate circostanze.
        La disciplina Iva delle cripto-attività quindi non può essere univoca e prescindere da una valutazione case by case finalizzata innanzitutto a individuarne

         

        e valutarne, mediante un approccio look through, la reale natura, la loro funzione nella pratica e gli scopi per i quali sono effettivamente utilizzate, andando dunque al di là del nome a esso attribuito dall’emittente anche per finalità commerciali.

        Si tratta dell’approccio raccomandato anche dall’OCSE in “Crypto-Asset Reporting Framework (CARF)”, approvato ad agosto 2022 e pubblicato a ottobre dello stesso anno, che su mandato del G20, affronta il tema delle cripto-attività con l’intento di rendere trasparente il relativo mercato e contrastare l’erosione di base imponibile, introducendo in capo agli operatori interessati obblighi di segnalazione e di scambio di informazioni automatici, non completamente coperti dal Common Reporting Standard (CRS), anch’esso oggetto di modifiche.

        Anche la direttiva DAC8 (si veda paragrafo 1.2) adotta il medesimo approccio per individuare le operazioni e transazioni “rilevanti”, poste in essere dall’utente, oggetto di segnalazione da parte dei CASP.

        Benché più propriamente riferito al settore dell’imposizione diretta, la validità dell’approccio look through è “generalmente” riconosciuto perché tale metodo è l’unico reputato possibile nell’eterogeneo settore delle cripto-attività, notoriamente over the counter (OTC), e dunque anche ai fini Iva verrà seguito questo approccio, il cui corollario è la prevalenza della sostanza sulla forma.

        Quelle che seguono sono delle prime indicazioni di ordine generale – per quanto possibile uniformi alla best practice internazionale come sopra definita –rese con l’intento di delineare rebus sic stantibus un quadro generale delle possibili implicazioni derivanti dalla creazione, dal possesso e dal commercio delle cripto-attività, ivi incluse le attività/servizi ad esse relativi, senza ovviamente alcuna pretesa di esaustività.

        D’altra parte è una materia in continua evoluzione perché legata all’impiego di tecnologie a loro volta in continuo progredire e i cui potenziali sviluppi non sono immaginabili allo stato attuale. Ulteriori riflessioni sono pertanto possibili tutte le volte in cui il singolo caso concreto non può essere ricondotto a una delle fattispecie di seguito esaminate, ora considerate maggiormente ricorrenti.

        Resta inteso che una volta compresa la natura della cripto-attività, il passo successivo è verificare se le operazioni su detta attività rispettano tutti i requisiti per rientrare nel campo di applicazione dell’Iva, oppure ne siano escluse per mancanza di uno o più di tali requisiti. Laddove soggette a Iva sarà poi necessario valutare se siano imponibili, non imponibili o esenti.

62 Taxing Virtual Currencies: An Overview of TaxTreatments and Emerging Tax Policy Issues.

63 In particolare, “Guidelines resulting from the 120th meeting of 28 March 2022 – 1045” approvate sulla base dei risultati della discussione sul documento di lavoro dei servizi della Commissione WP n. 1037 del 24 febbraio 2022.

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        1. Cripto-valute e servizi connessi

          Come anticipato nel paragrafo 2, in tema di valute virtuali sono dirimenti i chiarimenti resi dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in seguito, “Corte di Giustizia” o “CGUE”) nella sentenza 22 ottobre 2015, C-264/14 (c.d. sentenza Hedqvist) in base ai quali è possibile affermare che una cripto-attività si qualifica come moneta virtuale, mutandone il relativo trattamento Iva, quando “non ha altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento”. Non avendo corso legale, si tratta ovviamente di un mezzo di pagamento “contrattuale” perché volontariamente accettato dalle parti della transazione (cfr. paragrafi 24 e 42, nonché risoluzione n. 72/E del 2016).
          Ne consegue che quando, a prescindere dal nomen juris (tokenNFTbitcoin, ecc.), la reale natura di una cripto-attività è quella di moneta virtuale/mezzo di pagamento:

          1) se viene usata per regolare il pagamento di una transazione soggetta a Iva 64 , occorre calcolarne il controvalore in euro per determinare la relativa base imponibile, su cui poi applicare l’Iva con l’aliquota propria dell’operazione effettuata. Per l’articolo 13, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito, “decreto Iva”), quando il corrispettivo di un’operazione è regolato in valuta estera è necessario far riferimento al «cambio del giorno di effettuazione dell’operazione (n.d.r. come individuato dall’articolo 6 del medesimo decretoo, in mancanza di tale indicazione nella fattura, del giorno di emissione della fattura. In mancanza, il computo è effettuato sulla base della quotazione del giorno antecedente più prossimo». Al fine di circoscrivere la volatilità che caratterizza le cripto-valute si ritiene ragionevole che il suddetto tasso di cambio sia il valore medio registrato nel giorno di effettuazione dell’operazione, rinvenibile sulla piattaforma che gestisce l’e-wallet del fornitore, su cui sarà accreditato il corrispettivo in cripto-valuta pagato dal proprio cliente;

          2) le operazioni su cripto-valute sono in genere esenti da Iva ai sensi dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (in seguito, “direttiva Iva”), trasfuso nell’articolo 10, primo comma, n. 3) del decreto Iva65.

          Le transazioni su cripto-valute interessate dall’esenzione sono in particolare «e) le operazioni, compresa la negoziazione, relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio66», che la Corte di Giustizia, nella citata sentenza, qualifica come operazioni finanziarie (cfr. paragrafo 49), ribadendo nello stesso tempo la natura oggettiva di detta esenzione.

          Si ricorda infatti che «le esenzioni previste dall’articolo 135, paragrafo 1, lettere da d) a f) (…) sono, per loro natura, operazioni finanziarie, benché non debbano essere necessariamente effettuate tramite banche o istituti finanziari» (cfr. paragrafi da 36 a 39 della sentenza Hedqvist).

          Come concluso anche dal Comitato Iva in “Guidelines resulting from the 120th meeting of 28 March 2022 – 1045”, paragrafi 3 e 4, si ritengono dunque esenti da Iva le seguenti operazioni finanziarie ove relative a valute virtuali, da chiunque effettuate a titolo oneroso:

          1) il cambio di valuta tradizionale contro valuta virtuale, nonché il cambio tra valute virtuali;

2) il mining su valute virtuali, remunerato ad esempio sotto forma di feeapplicate dal miner;

3) le commissioni per i servizi di digital wallet;

4) lo staking67

a nulla rilevando le modalità di determinazione e di pagamento del corrispettivo.Secondo la Corte di Giustizia, infatti, è «inconferente, ai fini della determinazione del carattere oneroso di una prestazione di servizi, il fatto che detta retribuzione non assuma la forma del versamento di una provvigione o del pagamento di spese specifiche (sentenza First National Bank of Chicago, C-172/96, EU:C:1998:354, punto 33)» (cfr. paragrafo 29 della sentenza Hedqvist).Resta inteso che per costante giurisprudenza comunitaria, una prestazione di servizi è effettuata a titolo oneroso quando è possibile individuare una controprestazione, dovuta dalla controparte, che presenta un nesso diretto con il servizio prestato. Nella controversia oggetto della sentenza Hedqvist, ad esempio, questa controprestazione (alias onerosità) è in termini di somma che il cliente accetta di pagare a titolo di margine, ossia «di differenza tra, da una parte, il prezzo al quale l’operatore interessato acquista le valute e, dall’altra, il prezzo al quale le vende ai suoi clienti» (cfr. paragrafi 27, 28 e 31).Da quanto chiarito consegue che le sopra elencate operazioni non sono da considerarsi esenti, bensì fuori campo Iva quando non ricorrono i presupposti per assoggettarle a Iva poiché, ad esempio, eseguite a titolo gratuito oppure quando è impossibile individuare un rapporto sinallagmatico tra il prestatore del servizio e un beneficiario identificato o identificabile, e in particolare se il committente è B2C oppure B2B.
Quest’ultima ipotesi ricorre sovente nel mining, quando il miner è remunerato in automatico dal sistema/network/rete, in assenza di specifici contratti e, dunque, senza che sia possibile individuare una controparte definita, indipendentemente dal fatto che il mining sia finalizzato alla creazione di monete virtuali o di una qualsiasi altra cripto-attività. In altri termini, l’impossibilità per il miner di individuare – nonostante l’impiego dell’ordinaria diligenza – lo status del suo committente (i.e. Business or Consumer) di fatto impedisce di risalire alla territorialità Iva dell’operazione facendo così venir meno uno dei requisiti per la rilevanza Iva della transazione. E ciò a prescindere se il mining è finalizzato alla creazione di monete virtuali piuttosto che di una qualsiasi altra cripto-attività.
Pertanto, nei casi in cui il miner è remunerato in modo automatico dal sistema/network/rete «Stante l’impossibilità di individuare una prestazione di servizio personalizzata a favore di un beneficiario identificato o identificabile, nei termini prima chiariti, si ritiene che [n.d.r. l’attività di mining] (…) sia fuori dal campo di applicazione dell’IVA con conseguente preclusione del diritto alla detrazione dell’imposta assolta».
Sebbene tale conclusione sia esplicitata nelle risposte a interpello nn. 508 e 515 del 2022 con riferimento al mining su cripto-valute, si ritiene che valga, nelle medesime circostanze, anche per il mining su a una cripto-attività.
Resta inteso che il prestatore, nell’utilizzo dell’ordinaria diligenza – cui è sempre tenuto – deve applicare, ove possibile, le disposizioni di cui agli articoli da 10 a 13-bis nonché 17 e 18 del regolamento esecuzione (UE) 282/2011 del Consiglio del 15 marzo 2011.
Quando invece ricorrono tutti i presupposti per assoggettare a Iva l’operazione, il mining su una cripto-attività può essere esente, non imponibile o imponibile a seconda della reale natura di detta attività. Ad esempio, nella fattispecie oggetto della risposta n. 110 del 2020, sebbene in tale sede non sia stato oggetto di indagine per mancanza di uno specifico quesito, verosimilmente il mining è imponibile perché effettuato a titolo oneroso tra parti note, legate tra loro da un vincolo sinallagmatico derivante da specifici contratti.

64 2. The VAT Committee unanimously agrees that supply of goods or services remunerated in crypto-currencies shall be treated in the same way as any other supply for VAT purposes.
As regards crypto-currencies, the VAT Committee unanimously agrees that for the purposes of the application of the VAT Directive1 and in accordance with the case-law of the CJEU2, these shall be treated as a currency (…)”, da “GUIDELINES RESULTING FROM THE 120th MEETING of 28 March 2022 DOCUMENT B – taxud.c.1(2023)3625373 – 104.

65 Cfr. sentenza Hedqvist e Linee Guida del Comitato Iva contenute nel documento “Guidelines resulting from the 120th meeting of 28 March 2022 – 1045”.

66 Per l’articolo 10, primo comma, n. 3) del Decreto Iva sono esenti da Iva: «le operazioni relative a valute estere aventi corso legale e a crediti in valute estere, eccettuati i biglietti e le monete da collezione e comprese le operazioni di copertura dei rischi di cambio; (…)».

67 Cfr. Glossario.

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        1. Token

          Le conclusioni del paragrafo precedente valgono ovviamente anche per i token (e i servizi a essi connessi) quando la loro reale natura è quella di mezzo di pagamento/moneta virtuale. Pertanto le operazioni relative a payment currency token, ove soggette a Iva, saranno esenti ai sensi dell’articolo 10, primo comma,

          n. 3) del decreto Iva da chiunque effettuate.

          Ai security token e ai servizi a essi connessi, invece, è normalmente applicabile l’esenzione “oggettiva” prevista dall’articolo 10, primo comma, n. 4) del decreto Iva quando la loro reale natura è quella di strumento di investimento al pari delle azioni, obbligazioni e titoli ivi indicati. Le operazioni relative a security token, ove soggette a Iva, saranno quindi esenti da chiunque effettuate a meno che non si tratti delle operazioni espressamente escluse dall’esenzione dal citato articolo 10, primo comma, n. 4). Si tratta in particolare de «la custodia e amministrazione dei titoli nonché il servizio di gestione individuale di portafogli;», imponibili Iva con aliquota ordinaria (cfr. risoluzione 16 luglio 1998, n. 77/E e sentenza della Corte di Giustizia 19 luglio 2012, C-44/11, Deutsche Bank).

          Con riferimento agli utility token, validi chiarimenti sono contenuti nelle risposte nn. 14 del 2018, 110 del 2020 e 507 del 2022, dalle quali è possibile desumere come questa tipologia, dal 2018, si sia evoluta al punto che i chiarimenti della risposta n. 14 del 2018 riguardano una categoria di utility token ormai, di fatto, residuale perché superata dall’avvento degli hybrid token.

          Si ricorda che la risposta n. 14 del 2018 assimila gli utility token ai buoni corrispettivo, rendendo a essi applicabile la relativa disciplina Iva, ora contenuta nella direttiva UE 2016/1065 del Consiglio del 27 giugno 2016 (c.d. “direttiva Voucher”), recepita con il d.lgs. n. 141 del 2018, che ha aggiunto al decreto Iva gli articoli da 6-bis a 6-quater e il comma 5-bis dell’articolo 13.

          Ciò ovviamente è possibile se il token è in tutto e per tutto assimilabile a un

          voucher ai sensi delle disposizioni appena richiamate.

          Ad ogni buon fine si ricorda che elementi essenziali di un buono corrispettivo sono:

          1) l’obbligo di essere accettato dal potenziale fornitore come corrispettivo o parziale corrispettivo di una cessione di beni o di una prestazione di servizio e

          2) l’indicazione dei beni/servizi che consente di acquistare o, in alternativa, l’identità dei potenziali fornitori.

          Tali caratteristiche consentono di distinguere i buoni-corrispettivo che rientrano nell’ambito oggettivo di applicazione della direttiva Voucher da tutti gli altri documenti o strumenti che ne sono espressamente esclusi, come gli strumenti di pagamento.

          Gli elementi essenziali del voucher, sopra riportati, non sono ad esempio riscontrabili negli “utility token” esaminati nella risposta n. 507 del 2022, perché la loro natura cambia dopo l’emissione per volontà del possessore e/o per il verificarsi di (in)determinate condizioni, rendendoli, al di là del nomen a essi attribuito dall’emittente nell’ambito di una Initial Coin Offering (ICO), degli hybrid token.

          Nel caso specifico, questi hybrid token assumono la natura di titoli di legittimazione di cui all’articolo 2002 del codice civile, mutuandone il relativo trattamento Iva: la loro cessione quindi non integra in sé una prestazione di servizi o una cessione di beni, limitandosi semplicemente a identificare l’avente diritto. Si tratta in sostanza di una “mera movimentazione di carattere finanziario” non soggetta a Iva ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a) del decreto Iva68.

          Astraendosi dal caso specifico, la risposta n. 507 del 2022 evidenzia le difficoltà connesse all’individuazione di un hybrid token da cui dipende la relativa disciplina Iva, soprattutto quando la natura del token cambia dopo l’emissione non rispecchiando più le caratteristiche fissate, ad esempio, in sede di ICO. Quanto a dire che l’ICO disciplina solo un momento della “vita” del token che, sebbene ab origine classificato come utility, in itinere può assumere, soprattutto in caso di inutilizzo, la natura di moneta virtuale e/o di strumento di investimento, diventando così un hybrid token nonostante questa trasformazione non sia stata prevista in sede di emissione.

          Diventa quindi inevitabile valutare la reale natura del token a ogni transazione che lo riguarda, indipendentemente dal trattamento Iva delle precedenti operazioni che lo hanno interessato. Da qui la necessità di un esame del caso specifico per stabilire se detto token sia un voucher piuttosto che uno strumento di pagamento o altro.

          Questa situazione è evidenziata sia dall’OCSE (cfrTaxing Virtual Currencies: An Overview of Tax Treatments and Emerging Tax PolicyIssues del 12 ottobre 2020, paragrafo 2.3.1. e nota 10), sia dal Comitato Iva che nelle Linee Guida – in esito alla discussione sviluppatasi sui Working Paper n. 983 del 13 novembre 2019 e n. 993 del 21 febbraio 2020 – afferma all’unanimità l’impossibilità di trattare un token come un voucher quando la sua natura è soggetta a modifiche69Una volta emesso, infatti, un voucher non può cambiare natura, nemmeno in caso di inutilizzo.

          In ultimo, con riferimento al caso trattato con la risposta n. 110 del 2020 si evidenzia come la stessa non esamina la disciplina Iva del particolare utility token, né tantomeno la relativa attività di mining: si sofferma piuttosto sulla commissione (fee) che gli aspiranti miner devono pagare all’emittente per accedere alla sua piattaforma e svolgere l’attività di mining, e che nel caso specifico è rappresentata da un quantitativo minimo di token che gli aspiranti miner devono mettere in stake, ossia a garanzia dell’attività che intendono svolgere.

68 Cfr. risoluzione 22 febbraio 2011, n. 21/E.

69
 «3. The VAT Committee confirms by unanimity that a voucher only qualifies as such, if the goods or services to be supplied or the identities of their potential suppliers are indicated either on the instrument itself or in related documentation, including its terms and conditions. With regard to tokens, which are not yet part of a regulated market within the EU and whose nature is subject to change, the VAT Committee is of the unanimous view that, in principle, they shall not be considered vouchers within the meaning of the VAT Directive. The VAT Committee nevertheless unanimously agrees that a case-by-case approach is appropriate when considering whether a token qualifies as a voucher, depending on its specific qualification and use».

        1. Non Fungible Token (NFT)

          L’individuazione della reale natura dell’NFT presuppone un’attenta valutazione delle pattuizioni contrattuali allo stesso associate, intese come i diritti, o più in generale, gli asset che incorpora, oltre alle modalità di circolazione di questo strumento.

          Tali pattuizioni sono in genere codificate in uno smart contract, che è self executing, non modificabile e legato in modo indissolubile allo stesso NFT in quanto a quest’ultimo associato mediante registrazione sulla blockchain.

          Lo smart contract è dunque parte integrante del processo di generazione di un NFT (c.d. processo di minting tokenizzazione) che è caratterizzato dalla creazione di due file digitali, lo stesso NFT e il suo sottostante che quando rappresentato da un bene, diritto o servizio “fisico” deve essere preventivamente trasformato in un corrispondente file digitale per poi essere abbinato all’NFT, caricato e validato sulla blockchain.

          Una volta creato, l’NFT può essere venduto sul mercato primario dal suo creatore ma anche su un mercato secondario tra trader e collezionisti. Ogni scambio sul mercato secondario normalmente assicura al creatore una royalty e l’aggiornamento della blockchain è assicurato dai miner che validano e registrano dette transazioni.

          Le piattaforme di negoziazione sono notoriamente virtuali (c.d. “marketplace”) e strutturate in modo da garantire la continuità e lo spessore delle transazioni: sul marketplace appaiono gli NFT disponibili, gli acquirenti interessati fanno delle offerte e quando il venditore ne accetta una, la piattaforma gestisce il trasferimento dei fondi dal wallet digitale dell’acquirente a quello del venditore.

          In merito agli aspetti Iva 70 , occorre tener presente che le parti di una transazione possono essere interessate:

          al solo NFT, ipotesi che normalmente ricorre quando perseguono fini speculativi, disinteressandosi del sottostante che verosimilmente non riscatteranno mai;

          anche al sottostante, che può essere rappresentato da beni, servizi o diritti, i quali nascono ab origine come digitali oppure come “fisici”. In quest’ultimo caso, l’asset fisico (c.d. “asset off chain”) può circolare parallelamente al suo corrispondente file digitale incorporato nell’NFT oppure non circolare affatto, essendo il suo trasferimento fisico rimesso alla volontà delle parti, cessionario in primis.

          Quando le parti sono interessate al solo NFT, essendo questo di per sé un prodotto digitale, si ritengono applicabili le disposizioni che regolano i servizi resi tramite mezzi elettronici di cui all’articolo 7 , paragrafo 1, del regolamento n. 282/2011/UE, che ne dà un definizione “aperta”71. Ai sensi della disposizione appena richiamata: «I «servizi prestati tramite mezzi elettronici», di cui alla direttiva 2006/112/CE, comprendono i servizi forniti attraverso Internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione.

          In particolare, rientrano nell’ambito d’applicazione del paragrafo 1:

          la fornitura di prodotti digitali in generale, compresi software, loro modifiche e aggiornamenti; (…)».

          Tali prestazioni dunque assumeranno rilevanza ai fini Iva all’atto del pagamento del corrispettivo, secondo le regole di territorialità proprie di questa prepared for a future meeting» [cfr. taxud.c.1(2023)7344228 – WP No 1064 FINAL VAT Committee – Minutes – 122nd meeting, pagine da 14 a 17, del 10 luglio 2023].
          tipologia di servizi, tra le quali si ricorda l’articolo 7-octies del decreto Iva che in caso di operazioni (B2C), attribuisce importanza allo Stato dove è domiciliato il committente o è ivi residente senza domicilio all’estero.

          L’aliquota è quella propria delle prestazioni generiche.

          Quando invece le parti sono interessate anche al sottostante, l’NFT assume la natura di mero veicolo mediante il quale avviene il trasferimento dei beni, servizi e diritti che incorpora, acquisendo rispetto a essi natura accessoria. Ne consegue la prevalenza della disciplina Iva del sottostante. Pertanto se il sottostante è:

          anch’esso un asset digitale (c.d. asset on-chain perché nativo digitale), il trasferimento dell’NFT è regolato dalla disciplina Iva propria dei servizi elettronici;

          un asset materiale (c.d. “asset off-chain”), il trasferimento dell’NFT è regolato dalla disciplina Iva di detto asset.

          Con riferimento alla fattispecie sub 1, l’effetto traslativo collegato all’NFT coinvolge ad esempio un bene o un servizio digitale che di per sé rientra tra i servizi elettronici di cui all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 282/2011/UE.

          Resta inteso che se tale asset è un’opera d’arte digitale (c.d. “digital art”) e la cessione dell’NFT con tutti i diritti a essa relativi è effettuata dallo stesso autore sul mercato primario, ove ciò sia possibile in base alla legislazione dello Stato interessato, la relativa cessione non è rilevante ai fini Iva per carenza del presupposto oggettivo: per l’articolo 3, quarto comma, lettera a), del decreto Iva72 l’operazione non è considerata prestazione di servizi.

          Quando invece l’opera d’arte digitale è ceduta sul mercato secondario da un soggetto diverso dall’autore, ove territorialmente rilevante in Italia e ammessa dal nostro ordinamento, questa prestazione di servizi elettronica è soggetta all’aliquota ordinaria Iva: va tuttavia osservato che il trasferimento dei relativi

          a) le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d’autore effettuate dagli autori e loro eredi o legatari, tranne quelle relative alle opere di cui ai nn. 5) e 6) dell’art. 2 della L. 22 aprile 1941, n. 633, e alle opere di ogni genere utilizzate da imprese a fini di pubblicità commerciale; (…)».

          diritti, quali quelli di sfruttamento economico, da parte di un soggetto diverso dall’autore è disciplinata in primis dall’articolo 3, secondo comma, n. 2) del decreto Iva73.

          Fattispecie diversa e più complessa è quella evidenziata al numero sub 2 in quanto parallelamente all’NFT c’è un asset fisico (di cui l’NFT ne può incorporare il corrispondente file digitale), inteso come bene, diritti o servizi. Questo asset fisico circola ovviamente secondo le regole proprie che possono divergere da quelle dell’NFT, allo stato attuale – quest’ultime – prive di valore giuridico. Basti pensare alle opere dell’ingegno, agli immobili e ai beni mobili registrati la cui proprietà, almeno nell’ordinamento giuridico italiano, non può essere trasferita mediante un NFT essendo regolata da leggi ad hoc, del tutto assenti per gli NFT.

          Casi frequenti sono il c.d. digital twin74tipico nel settore dell’arte, o l’NFT che incorpora diritti relativi a un bene fisico, quali ad esempio il diritto di proprietà o di sfruttamento economico.

          Seguendo l’approccio look through, il trasferimento dell’NFT è regolato dalla disciplina Iva propria dell’asset off chain.

          Pertanto quando nell’NFT è tokenizzato il diritto di proprietà su un bene mobile non registrato, ove ciò sia possibile secondo l’ordinamento giuridico dello Stato interessato (come in Italia), il trasferimento dell’NFT è una cessione di beni regolata in primis dagli articoli 2 e 7-bis del decreto Iva, con riferimento alla quale l’imposta si ritiene esigibile all’atto della consegna dell’NFT al cessionario, ossia quando l’NFT entra nel suo wallet personale. Preso infatti atto della libera volontà delle parti di regolare – tramite NFT – il trasferimento della proprietà del bene mobile, tale momento assume di fatto la valenza di consegna “simbolica” dello stesso. Nel settore qui in discussione è infatti convenzionalmente accettato dagli operatori che chi ha nel proprio wallet la disponibilità dell’NFT ha la disponibilità del bene sottostante anche se non lo ha – ancora – materialmente nelle proprie mani.

          Ne consegue che quando c’è il solo trasferimento/consegna simbolica del bene non è possibile ad esempio invocare tout court le disposizioni che regolano le esportazioni e le importazioni di beni in quanto lo loro applicazione presuppone la movimentazione fisica degli stessi. Tali disposizioni potranno essere invocate solo al ricorrere di questo presupposto (i.e. consegna/trasferimento materiale).

          Quando invece nell’NFT sono tokenizzati dei diritti, quali ad esempio quelli di sfruttamento economico, prevale la disciplina Iva del sottostante rappresentato da diritti immateriali, che sono di per sé un asset off-chain. Tali diritti, infatti, non nascono come beni digitali in quanto, almeno nell’ordinamento italiano, sono disciplinati da leggi ah hoc, a prescindere se siano relativi a un asset nativo digitale oppure fisico. La cessione dell’NFT si qualifica dunque come prestazione di servizi disciplinata in primis dagli articoli 3 e 7-ter del decreto Iva. Quali prestazioni di servizio, l’imposta è esigibile all’atto del pagamento del corrispettivo.

          Giova infine ricordare che quanto sino a ora rilevato non pregiudica a priori la possibilità di applicare a un NFT, al ricorrere dei relativi presupposti, la disciplina propria dei voucher piuttosto di quella propria dei titoli di legittimazione, fattispecie ad esempio riscontrabili quando l’NFT incorpora dei servizi (non digitali) che l’acquirente ha diritto di fruire oppure quando conferisce all’acquirente il diritto a partecipare a una c.d. community

70 Gli NFT sono stati oggetto di discussione nell’ambito del Comitato IVA, senza che, al momento, siano state approvate delle Linee Guida sull’argomento. Del resto, come emerge dalle Minutes del 122° incontro del Comitato Iva, il Working Paper 1060, pubblicato il 21 febbraio 2023 va considerato un “work in progress” ossia un documento utile «to initiate a discussion on this new and complex subject so as to have the views and experience of the delegations before a more substantial paper could be

71 A favore della riconducibilità della cessione di un NFT nell’ambito delle prestazioni di servizi depongono gli articoli 24 e 25 della direttiva 2006/112/CE. L’articolo 24, in particolare, definisce le prestazioni di servizi in via residuale nel senso che considera tali «(…) ogni operazione che non costituisce una cessione di beni.» (cfr. articolo 24, paragrafo 1) e per il successivo articolo 25 «Una prestazione di servizi può consistere, tra l’altro, in una delle operazioni seguenti:

    1. la cessione di beni immateriali, siano o no rappresentati da un titolo;

    2. l’obbligo di non fare o di permettere un atto o una situazione;

    3. l’esecuzione di un servizio in base ad una espropriazione fatta dalla pubblica amministrazione o in suo nome o a norma di legge» (articolo 25).

72 Articolo 3, quarto comma, del decreto Iva: «Non sono considerate prestazioni di servizi:

73 In questo caso il sottostante è costituito da diritti immateriali, cioè asset non nativi digitali, soggetti, almeno in Italia, a una disciplina ad hoc, non solo fiscale, al cui rispetto sono comunque tenute le parti della transazione, come meglio di seguito chiarito.

74 Si tratta della creazione di uno o più esemplari digitali (virtuali) di un equivalente originale fisico, creando così “n” copie di quest’ultimo.

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      1. Imposta di bollo

        Con i commi 144 145 sono state modificate alcune disposizioni concernenti imposta di bollo contenute nell’articolo 13 della parte prima della Tariffa allegata al d.P.R. n. 642 del 1972 e, in particolare, nel comma 2-ter e nella nota 3-ter relativi alle comunicazioni periodiche alla clientela relative ai prodotti finanziari.

        Come accennato, il comma 144 ha modificato il citato comma 2-ter prevedendo l’applicazione dell’imposta di bollo, nella misura del 2 per mille annuo

        del relativo valore anche per le comunicazioni periodiche relative alle cripto-attività75, nella misura del 2 per mille annuo del relativo valore. Come previsto nella nota 3-ter, se il cliente è un soggetto diverso da persona fisica, l’imposta è dovuta nella misura massima di euro 14.000.

        Il valore da assoggettare all’imposta di bollo è quello al termine del periodo di rendicontazione o, in caso di mancata rendicontazione, è quello riferibile al 31 dicembre di ogni anno, come rilevabile dall’intermediario o dal prestatore di servizi che applica l’imposta.

        In assenza del predetto valore deve farsi riferimento al costo di acquisto delle cripto-attività.

        Le modalità e i termini di versamento sono gli stessi di quelli previsti attualmente per l’imposta di bollo per le comunicazioni relative ai prodotti finanziari.

        A tal fine si ricorda che, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera a), del d.P.R. n. 642 del 1972, l’imposta di bollo si corrisponde:

        mediante apposito contrassegno, rilasciato con modalità telematiche dagli intermediari abilitati;

        in modo virtuale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto ministeriale 24 maggio 2012.

        In base alla citata disposizione l’imposta di bollo può essere assolta in modo virtuale, ai sensi dell’articolo 15 del d.P.R. n. 642 del 1972, il quale prevede che:

        entro il mese di gennaio, il contribuente deve presentare alla competente Direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate, «una dichiarazione contenente l’indicazione del numero degli atti e documenti emessi nell’anno precedente distinti per voce di tariffa e degli altri elementi utili per la liquidazione dell’imposta, nonché degli assegni bancari estinti nel suddetto periodo. La dichiarazione è redatta, a pena di nullità, su modello conforme a quello approvato con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate» (cfr. comma 5);

        l’ufficio «previ gli opportuni riscontri, procede alla liquidazione definitiva dell’imposta dovuta per l’anno precedente imputando la differenza a debito o a credito della rata bimestrale scadente a febbraio o, occorrendo, in quella successiva» (cfr. comma 6);

        «Tale liquidazione, ragguagliata e corretta dall’ufficio in relazione ad eventuali modifiche della disciplina o della misura dell’imposta, viene assunta come base provvisoria per la liquidazione dell’imposta per l’anno in corso. Se le modifiche intervengono nel corso dell’anno, a liquidazione provvisoria già eseguita, l’ufficio effettua la riliquidazione provvisoria delle rimanenti rate con avviso da notificare al contribuente entro il mese successivo a quello di entrata in vigore del provvedimento che dispone le modifiche. La maggiore imposta relativa alla prima rata oggetto della riliquidazione è pagata unitamente all’imposta relativa alla rata successiva. Non si tiene conto, ai fini della riliquidazione in corso d’anno, delle modifiche intervenute nel corso dell’ultimo bimestre. Se le modifiche comportano l’applicazione di una imposta di ammontare inferiore rispetto a quella provvisoriamente liquidata, la riliquidazione è effettuata dall’ufficio, su istanza del contribuente, entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza» (cfr. comma 7).Il successivo articolo 15-bis (rubricato “Disposizioni speciali sul pagamento in modo virtuale per determinati soggetti”) prevede che taluni soggetti sono tenuti a versare entro il 16 aprile di ogni anno, a titolo di acconto, una somma pari al 100 per cento dell’imposta provvisoriamente liquidata in modo virtuale. Per esigenze di liquidità l’acconto può essere scomputato dal primo dei versamenti da effettuare nell’anno successivo a quello di pagamento dell’acconto.Rientrano in tale previsione i seguenti soggetti:

        Poste italiane S.p.A.;

        le banche;

        le società di gestione del risparmio (SGR);

        le società capogruppo dei gruppi bancari di cui all’articolo 61 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (TUB);

        le società di intermediazione mobiliare (SIM);

        i soggetti di cui ai titoli V (Soggetti operanti nel settore finanziario), V-bis (Istituti di moneta elettronica) e V-ter (Istituti di pagamento) del TUB, nonché le società esercenti altre attività finanziarie indicate nell’articolo 59, comma 1, lettera b), dello stesso TUB;

        le imprese di assicurazioni.

        Ai sensi del comma 2 del citato articolo 15-bis i sopraelencati soggetti presentano la dichiarazione di cui al comma 5 dell’articolo 15 entro il mese di febbraio dell’anno successivo a quello cui la stessa si riferisce. Per tali soggetti, il termine per il versamento della prima rata bimestrale è posticipato all’ultimo giorno del mese di aprile. La liquidazione di cui al comma 6 dell’articolo 15 è eseguita imputando la differenza a debito o a credito della prima rata bimestrale, scadente ad aprile o, occorrendo, in quella successiva.

        Il comma 145 ha modificato la nota 3-ter dell’articolo 13 della parte prima della citata Tariffa, in tema di comunicazioni periodiche alla clientela, inserendo anche quelle relative ai rapporti aventi ad oggetto cripto-attività76.

        Alla stregua di quanto già stabilito in materia di imposta di bollo per le comunicazioni riferibili ai prodotti finanziari, pertanto, anche la comunicazione relativa ai rapporti aventi ad oggetto cripto-attività si considera in ogni caso inviata almeno una volta nel corso dell’anno anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione e, quindi, anche nel caso in cui l’ente gestore non sia tenuto in relazione alle cripto-attività detenute dalla clientela alla redazione e all’invio di comunicazioni.

        In tal caso, l’imposta deve essere applicata al 31 dicembre di ciascun anno e, comunque, al termine del rapporto intrattenuto con il cliente.

        Il periodo di riferimento per il calcolo dell’imposta dovuta, anche in questo caso, è l’anno civile. Se le comunicazioni sono inviate periodicamente nel corso dell’anno ovvero in caso di estinzione o di apertura dei rapporti in corso d’anno l’imposta, comunque, è rapportata al periodo rendicontato.

        Per effetto del rinvio operato alla disciplina dell’imposta di bollo prevista dall’articolo 13, comma 2-ter della tariffa citata, i soggetti tenuti all’applicazione dell’imposta sono quelli che a qualsiasi titolo esercitano sul territorio della Repubblica l’attività bancaria, finanziaria o assicurativa.

        Inoltre, sono da ricomprendersi tra i soggetti tenuti ad applicare l’imposta i prestatori di servizi di cui all’articolo 3, comma 5, lettere i) e i-bis), del d.lgs. n. 231 del 2007, che rientrano nella categoria di altri operatori non finanziari ai fini della disciplina dell’antiriciclaggio e che sono altresì tenuti agli obblighi di monitoraggio fiscale ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto legge n. 167 del 1990.

        Tuttavia, tali soggetti non essendo compresi tra quelli di cui al comma 3 dell’articolo 15-bis del d.P.R. n. 642 del 1973 non sono tenuti a versare l’acconto previsto dal comma 1 della medesima disposizione.

        Si precisa che il prestatore di servizi di valuta virtuale o di portafoglio digitale è tenuto ad applicare l’imposta di bollo anche nel caso in cui, dietro corrispettivo, offra un servizio di “scambio” tra valuta fiat, messa a disposizione da un cliente non residente, e cripto-valuta, procurata mediante ricorso ad un c.d. “exchanger”, laddove il prestatore di servizi, per conto del cliente detenga le medesime presso un “cold wallet” gestito dall’operatore stesso, non per conto proprio ma per conto del cliente.

        Nel caso in cui le cripto-attività sono oggetto di amministrazione fiduciaria:

        se le stesse sono detenute presso un intermediario italiano, l’imposta di bollo è applicata dall’intermediario e non dalla fiduciaria, analogamente ai chiarimenti forniti nella circolare 21 dicembre 2012, n. 48/E;

        se le stesse non sono oggetto di un rapporto con un intermediario italiano, la società fiduciaria che ne ha l’amministrazione è tenuta all’applicazione dell’imposta di bollo (in modo ordinario).

75 In particolare, il comma 2-ter dell’articolo 13, come modificato, prevede l’applicazione dell’imposta nella misura del 2 per mille per le «Comunicazione periodiche alla clientela relative a prodotti finanziari, anche non soggetti ad obbligo di deposito, ivi compresi i depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati o relative a cripto-attività di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-sexies), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917».

76 In particolare, la nota 3-ter all’articolo 13, come modificata, prevede che «La comunicazione relativa ai prodotti finanziari, ivi compresi i buoni fruttiferi e postali, anche non soggetti all’obbligo di deposito, nonché quella relativa alle cripto-attività di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-sexies), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si considera inviata almeno una volta nel corso dell’anno […]».

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      1. Imposta sul valore delle cripto-attività

        Il comma 146 modificando il comma 18 dell’articolo 19 del decreto legge

        n. 201 del 2011, prevede che «A decorrere dal 2023, in luogo dell’imposta di bollo di cui all’articolo 13 della parte prima della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, si applica un’imposta sul valore delle cripto-attività detenute da soggetti residenti nel territorio dello Stato senza tenere conto di quanto previsto dal comma 18-bis del presente articolo».

        Tenuto conto della esplicita esclusione dell’applicazione del comma 18-bis dell’articolo 19 del decreto legge n. 201 del 2011, tale imposta deve essere applicata da tutti i soggetti residenti nel territorio dello Stato che detengono cripto-attività sulle quali non è stata applicata l’imposta di bollo e non solo dai soggetti che sono tenuti ad assolvere gli obblighi di monitoraggio fiscale ai sensi dell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990.

        Pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2023, in assenza di un intermediario che applichi l’imposta di bollo, trova applicazione un’imposta sul valore delle cripto-attività detenute da tutti i soggetti residenti nel territorio dello Stato.

        Al riguardo, si precisa che rientrano nell’ambito soggettivo di applicazione dell’imposta sul valore delle cripto-attività anche i contribuenti che prestano la propria attività lavorativa all’estero in via continuativa per i quali la residenza fiscale in Italia è determinata ex lege, in forza di presunzione legale che prescinde dalla ricorrenza o meno dei requisiti richiesti dall’articolo 2 del Tuir, e per i quali è previsto, ai sensi dell’articolo 38 del decreto legge 31 maggio 2020, n. 78, l’esonero dalla compilazione del modulo RW della dichiarazione dei redditi, non solo in relazione al conto corrente costituito all’estero per l’accredito degli stipendi

        o altri emolumenti derivanti dalle attività lavorative ivi svolte, ma anche relativamente a tutte le attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero.

        L’ambito oggettivo di applicazione dell’imposta è costituito dalle cripto-attività suscettibili di produrre redditi ai sensi della lettera c-sexies) del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir. Non rientrano nell’ambito oggettivo gli strumenti finanziari digitali di cui al decreto legge n. 25 del 2023.

        Tale imposta è dovuta in tutti i casi in cui l’imposta di bollo non è applicata dall’intermediario, ovvero nel caso in cui, ad esempio, le cripto-attività siano detenute presso intermediari non residenti o archiviate su chiavi USB, personal computer smartphone.

        In assenza di un intermediario residente che abbia applicato l’imposta di bollo, si applica l’imposta sul valore delle cripto-attività detenute da un soggetto fiscalmente residente in Italia indipendentemente dalle modalità di archiviazione delle stesse e del luogo in cui sono detenute.

        L’imposta sul valore delle cripto-attività detenute da soggetti residenti nel territorio dello Stato si applica nella medesima misura (prevista per l’imposta di bollo) del 2 per mille, da versare secondo le modalità e i termini delle imposte sui redditi. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche l’imposta è dovuta nella misura massima di euro 14.000.77

        La base imponibile è costituita dal valore corrispondente al valore delle cripto-attività al termine di ciascun anno solare rilevato dalla piattaforma dell’exchange dove è avvenuto l’acquisto della stessa. Qualora non sia possibile rilevare il valore al 31 dicembre dell’anno di riferimento dalla piattaforma dove è stata originariamente acquistata la cripto-attività, tale valore potrà essere rilevato da analoga piattaforma dove le medesime cripto-attività sono negoziabili o da siti specializzati nella rilevazione dei valori di mercato delle stesse. In assenza del predetto valore deve farsi riferimento al costo di acquisto delle cripto-attività. Nel caso in cui le cripto-attività non siano più possedute alla data del 31 dicembre si deve far riferimento al valore rilevato al termine del periodo di detenzione.

        Come previsto dal comma 19 dell’articolo 19 del decreto legge n. 201 del 2011, l’imposta è dovuta in proporzione ai giorni di detenzione e alla quota di possesso in caso di cripto-attività cointestate.

        Secondo quanto stabilito dal comma 21 dell’articolo 19 del decreto legge n. 201 del 2011, dalla descritta imposta si deduce, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’importo dell’eventuale imposta patrimoniale relativa alle medesime cripto-attività versata a titolo definitivo nello Stato estero.

        Il credito d’imposta non può in ogni caso superare l’imposta dovuta in Italia. Ai sensi del combinato disposto dei commi 18 e 21 dell’articolo 19 del decreto legge n. 201 del 2011, per il versamento, la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e i rimborsi nonché per il contenzioso relativi all’imposta sul valore delle cripto-attività si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi, ivi comprese quelle relative alle modalità di versamento dell’imposta in acconto e a saldo.

        L’Imposta sul valore delle cripto-attività deve essere versata con il codice tributo “1727” denominato “Imposta sostitutiva dell’imposta di bollo sui rapporti aventi ad oggetto le cripto-attività – articolo 1, comma 146, della legge 29 dicembre 2022, n. 197” istituito con la risoluzione n. 36/E del 2023.

77 Cfr. articolo 19, comma 20, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201.

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      1. Imposta sulle successioni e donazioni

        Con l’articolo 2, commi da 47 a 49, del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, il legislatore, nel ripristinare l’imposta sulle successioni e donazioni, ne ha previsto l’applicazione «sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346».

        Tra i “beni” e i “diritti” oggetto dei predetti trasferimenti devono considerarsi ricomprese anche le cripto-attività, come definite nei paragrafi precedenti.

        Ai fini della determinazione della relativa base imponibile occorre far riferimento all’articolo 19 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 secondo cui «la base imponibile, relativamente ai beni e ai diritti compresi nell’attivo ereditario diversi da quelli contemplati nell’art. 9, comma 2, e negli articoli da 14 a 18, è determinata assumendo il valore venale in comune commercio alla data di apertura della successione».

        Stante il rinvio operato dall’articolo 56 del citato decreto legislativo n. 346 del 1990, il medesimo criterio di valorizzazione si applica anche alle cripto-attività oggetto di donazione, la cui base imponibile sarà determinata assumendo il valore venale in comune commercio alla data della donazione stessa.

        Tale valore potrà essere rilevato dalla piattaforma dell’exchange dove è stata originariamente acquistata la cripto-attività o da analoga piattaforma dove le medesime cripto-attività sono negoziabili.

        Come previsto dall’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 346 del 1990, nel caso in cui il de cuius o il donante siano residenti in Italia «l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorché esistenti all’estero».

        Il successivo comma 2 dispone che «se alla data dell’apertura della successione o a quella della donazione il defunto o il donante non era residente nello Stato, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti ivi esistenti».

        In applicazione di tale ultima disposizione, nel caso in cui il de cuius o il donante non risultano residenti in Italia all’apertura della successione o alla data della donazione, ai fini dell’applicazione dell’imposta assumono rilievo solo i beni e diritti “esistenti” sul territorio nazionale (c.d. principio della territorialità).

        Al riguardo, si ritiene che, ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, rilevino in Italia le cripto-attività detenute presso prestatori di servizi di cui all’articolo 3, comma 5, lettere i) e i-bis), del d.lgs. n.

        231 del 2007 78 , residenti in Italia, nonché quelle detenute su un supporto di archiviazione che si trova nel territorio dello Stato (cfr. paragrafo 5).

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  1. Regolarizzazione delle cripto-attività

    commi da 138 a 142 prevedono per i soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legge n. 167 del 1990 che non hanno indicato nella propria dichiarazione annuale dei redditi le cripto-attività detenute entro la data del 31 dicembre 2021 nonché i redditi sulle stesse realizzati la possibilità di presentare un’istanza di regolarizzazione.

    Ai sensi del comma 141, il contenuto, le modalità e i termini di presentazione dell’istanza di regolarizzazione, nonché le modalità di attuazione delle disposizioni in argomento, sono disciplinate con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 7 agosto 2023 (RU 290480/2023) recante

    «Disposizioni di attuazione dell’articolo 1, commi da 138 a 142 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, per la regolarizzazione delle cripto-attività e dei relativi redditi” (di seguito, il “Provvedimento»), con il quale viene approvato il modello per l’istanza di regolarizzazione, unitamente alle istruzioni e allo schema per la relazione di accompagnamento e la relativa documentazione probatoria.

    Il «Modello per l’istanza di regolarizzazione delle cripto-attività e dei relativi redditi» (di seguito, il “Modello”) è composto dal frontespizio, contenente l’informativa sul trattamento dei dati personali, dalle sezioni contenenti i dati identificativi del soggetto richiedente, il codice fiscale dei soggetti collegati, i dati rilevanti per la determinazione del valore delle cripto-attività, gli importi dovuti per la regolarizzazione delle cripto-attività e dei relativi redditi, e i dati del pagamento delle imposte sostitutive e sanzioni dovute.

    Il Modello è reso disponibile gratuitamente dall’Agenzia delle entrate in formato elettronico sul sito internet www.agenziaentrate.gov.it.

    Lo stesso può essere, altresì, prelevato da altri siti internet, a condizione che lo stesso sia conforme, per struttura e sequenza, a quello approvato con il Provvedimento e rechi l’indirizzo del sito dal quale è stato prelevato, nonché gli estremi del Provvedimento.

    Il Modello può essere riprodotto con stampa monocromatica, realizzata in colore nero, mediante l’utilizzo di stampanti laser o di altri tipi di stampanti che comunque garantiscano la chiarezza e l’intelligibilità del modello nel tempo.

    È consentita la stampa del Modello nel rispetto della conformità grafica a quello approvato e della sequenza dei dati. La richiesta di regolarizzazione può essere presentata dai soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legge n. 167 del 1990.

    Pertanto, i soggetti che possono accedere alla procedura di regolarizzazione delle cripto-attività sono le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate ai sensi dell’articolo 5 del Tuir, residenti in Italia. Possono essere oggetto di regolarizzazione, le cripto-attività detenute nei periodi d’imposta fino al 2021, per i quali alla data di presentazione della richiesta non sono ancora scaduti i termini per l’accertamento o per la contestazione delle violazioni degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990 e/o delle violazioni degli obblighi di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e delle eventuali addizionali.

    Sulla base di quanto previsto dai commi 138, 139 e 140, il Provvedimento

    stabilisce che oggetto della richiesta di regolarizzazione è:

    l’omessa compilazione del quadro RW del modello Redditi in relazione alle cripto-valute, comprese quelle oggetto e/o derivanti dall’attività di staking, comunque detenute entro la data del 31 dicembre 2021;

    l’omessa indicazione, nella dichiarazione annuale, dei redditi derivanti da cripto-attività (incluse le cripto-valute) realizzati entro la data del 31 dicembre 2021, anche per effetto delle cessioni effettuate nel corso dell’anno.

    In particolare, in caso di sola omessa indicazione, in tutto o in parte, delle cripto-valute nel quadro RW, vale a dire nel caso in cui i contribuenti, nel periodo di riferimento, non hanno realizzato redditi in relazione alle cripto-valute detenute, o hanno correttamente dichiarato i relativi redditi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettere da c-ter) a c-quinquies), e dell’articolo 44, comma 1, lettera h), del Tuir, nei relativi quadri reddituali, la regolarizzazione avviene attraverso la presentazione del Modello, indicando il valore delle cripto-valute detenute in ciascun periodo d’imposta in cui è avvenuta l’omissione, versando la sanzione nella misura ridotta pari allo 0,5 per cento del valore delle stesse, detenute al termine di ciascun periodo di imposta e/o alla data della relativa cessione.

    Il pagamento della somma nella misura dello 0,5 per cento del valore delle cripto-attività per l’omessa indicazione di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legge n. 167 del 1990, è a titolo di sanzioni e comporta la non applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 5, comma 2, del medesimo decreto legge n. 167 del 1990.

    I contribuenti che hanno omesso, in tutto o in parte, di dichiarare i redditi derivanti da cripto-attività, incluse le cripto-valute, realizzati nel periodo di riferimento, possono regolarizzare la propria posizione attraverso la presentazione del Modello, indicando il valore delle cripto-attività detenute in ciascun periodo d’imposta per il quale si sia verificata l’omissione, versando l’imposta sostitutiva nella misura del 3,5 per cento del valore delle cripto-attività detenute al termine di ciascun periodo d’imposta e/o al termine del periodo di detenzione cui si riferiscono i redditi omessi.

    Il pagamento dell’imposta sostitutiva nella misura del 3,5 per cento produce effetti esclusivamente ai fini delle imposte sui redditi e delle eventuali addizionali in riferimento ai redditi omessi realizzati entro il 31 dicembre 2021 relativi alle cripto-attività (incluse le cripto-valute). Tale pagamento comporta la non applicazione di sanzioni e interessi per l’omessa indicazione di tali redditi.

    Il valore delle cripto-attività su cui calcolare l’imposta sostitutiva e/o le sanzioni ridotte è dato dal valore al 31 dicembre di ciascun periodo d’imposta e/o

    per le attività cedute nel corso del periodo d’imposta dal valore al termine del periodo di detenzione.

    Il valore di riferimento è dato, ad esempio, dal valore al 31 dicembre alle

    23.59 ore italiane o dal prezzo giornaliero di chiusura in caso di cessione nel corso del periodo d’imposta, reperito sull’exchange dove sono state acquistate le cripto-attività o su altre piattaforme analoghe, inclusi anche i siti aggregatori di prezzo.

    Sono regolarizzabili esclusivamente le cripto-attività di cui è possibile dimostrare la liceità della provenienza delle somme investite e la regolarizzazione produce effetti esclusivamente in riferimento ai redditi relativi alle cripto-attività detenute entro la data del 31 dicembre 2021 e non indicate in dichiarazione e alla non applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto legge n. 167 del 1990.

    In particolare, come previsto dal Provvedimento, la regolarizzazione delle cripto-attività avviene a seguito della dimostrazione della irrilevanza penale della provenienza delle somme investite, ivi compresi i delitti di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 10-bis e 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 e successive modificazioni nonché i delitti di cui agli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 del codice penale.

    A tal fine il contribuente deve allegare al Modello una relazione di accompagnamento con relativa documentazione probatoria, unitamente ai dati e alle informazioni utili per la determinazione del valore al termine di ciascun periodo d’imposta e/o al termine del periodo di detenzione delle cripto-attività e/o dei relativi redditi omessi, agli effetti delle imposte sostitutive e delle sanzioni.

    Nella relazione di accompagnamento il contribuente deve dimostrare l’idoneità reddituale necessaria per l’acquisto delle cripto-attività, ad esempio, attraverso redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte, redditi di esercizi precedenti o atti di liberalità. La dimostrazione della liceità della provenienza delle somme investite in una determinata annualità consente al contribuente di regolarizzare anche le omissioni di redditi o cripto-attività realizzate negli esercizi successivi qualora derivanti dall’impiego delle predette somme.

    In tale relazione deve essere data evidenza del collegamento tra le fonti dei redditi e i relativi impieghi in cripto-attività, nonché i realizzi delle medesime ed eventuali successivi impieghi, nonché ogni altra informazione utile a tal fine.

    La documentazione probatoria è costituita dalla copia dei documenti atti a dimostrare quanto indicato nella relazione accompagnatoria.

    A titolo esemplificativo e non tassativo, potrà essere considerata documentazione probatoria: contabili bancarie relative all’acquisto delle cripto-attività indicate nel Modellowallet address, numeri di transactionID e ogni altra eventuale documentazione rilasciata dagli intermediari da cui si evinca con certezza la riconducibilità delle cripto-attività al soggetto che presenta l’istanza. Gli uffici dell’Agenzia delle entrate forniscono l’assistenza eventualmente richiesta dagli interessati per potersi avvalere della procedura di regolarizzazione delle cripto-attività.

    La procedura di regolarizzazione delle cripto-attività è ammessa anche se il Modello è presentato dopo che l’autore della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legge n. 167 del 1990 delle cripto-attività o degli obblighi dichiarativi dei relativi redditi ai fini delle imposte sui redditi e eventuali addizionali, abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo, per violazione di norme tributarie, relativi all’ambito oggettivo di applicazione della procedura in esame.

    L’istanza di regolarizzazione va presentata all’Agenzia delle entrate entro il 30 novembre 2023, utilizzando esclusivamente il Modello firmato digitalmente, con allegata la quietanza del versamento effettuato mediante modello F24 e la relazione di accompagnamento con la relativa documentazione probatoria, eventualmente redatta secondo lo schema allegato al Provvedimento. Nel caso in cui l’istanza non sia firmata digitalmente, devono essere allegate anche le copie dei documenti di identità dei firmatari dell’istanza.

    La trasmissione va effettuata dal contribuente o dal professionista tramite invio all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) della Direzione Regionale territorialmente competente in ragione del domicilio fiscale del contribuente relativo all’ultimo anno d’imposta interessato dalla procedura (gli indirizzi PEC sono elencati nell’allegato 4 del Provvedimento).

    Nel caso in cui l’istanza sia inviata da un professionista lo stesso è tenuto a rilasciare copia al contribuente dell’istanza inviata, unitamente alle ricevute PEC di accettazione e consegna.

    Non sono ammesse modalità di presentazione diverse dalla presentazione a mezzo PEC, neppure mediante servizio postale.

    Nell’ipotesi in cui il contribuente intenda rettificare o integrare una richiesta già presentata, è consentita la sostituzione dell’istanza originaria, presentando, entro il termine 30 novembre 2023, una nuova richiesta, completa di tutte le sue parti, e barrando la casella “Istanza sostitutiva” prevista nel Modello.

    Il versamento delle somme dovute è effettuato con modello F24 con i seguenti codici tributo, istituiti con la risoluzione 9 agosto 2023, n. 50/E:

    1718” denominato “Emersione delle cripto-valute – articolo 1, commi da 138 a 142, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 – Sanzione per violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale”;

    1719” denominato “Emersione delle cripto-attività – articolo 1, commi da 138 a 142, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 – Imposta sostitutiva dovuta sui valori delle cripto-attività oggetto dell’istanza di regolarizzazione”.

    È esclusa la compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e successive modificazioni.

    Il pagamento dell’importo da versare per la regolarizzazione delle cripto-attività deve avvenire in un’unica soluzione entro la data di presentazione dell’istanza ovvero il 30 novembre 2023.

    La procedura si perfeziona con l’invio del Modello e con il pagamento degli importi dovuti entro il termine 30 novembre 2023, sempreché sia avvenuta la consegna della PEC.

    In caso di mancato perfezionamento della procedura, l’istanza di regolarizzazione non produce effetti e l’ufficio procede con le ordinarie attività istruttorie o di accertamento al recupero delle imposte dovute, interessi e relative sanzioni.

78 Come individuati dall’articolo 1, comma 2, lettere b) e c), del d.m. 13 gennaio 2022.

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  1. Presupposti di territorialità

    L’articolo 23 del Tuir fornisce l’elencazione dei redditi prodotti dai soggetti non residenti che vengono assoggettati a tassazione in Italia.

    Ferma restando, nei singoli casi, la necessità di coordinare l’applicazione di tale previsione con la specifica normativa convenzionale, il comma 1, lettera f) di tale articolo prevede che sono assoggettati a tassazione in Italia «i redditi diversi derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti, con esclusione:

    delle plusvalenze di cui alla lettera c-bis) del comma 1, dell’articolo 67, derivanti da cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti negoziate in mercati regolamentati, ovunque detenute;

    delle plusvalenze di cui alla lettera c-ter) del medesimo articolo derivanti da cessione a titolo oneroso ovvero da rimborso di titoli non rappresentativi di merci e di certificati di massa negoziati in mercati regolamentati, nonché da cessione o da prelievo di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti;

    dei redditi di cui alle lettere c-quater) e c-quinquies) del medesimo articolo derivanti da contratti conclusi, anche attraverso l’intervento d’intermediari, in mercati regolamentati».

    Come chiarito nella circolare del Ministero delle Finanze 26 ottobre 1999,

    n. 207/E, in generale, si considerano prodotti nel territorio dello Stato i “redditi diversi” di cui all’articolo 67 Tuir derivanti da “attività svolte” nel territorio dello Stato e da “beni” che si trovano nel territorio stesso.

    La legge di bilancio 2023 non ha previsto specifiche esclusioni per i redditi diversi di cui alla lettera c-sexies) del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir,

    applicabile dal 1° gennaio 2023 e, pertanto, tali redditi realizzati da soggetti non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato, ai sensi dell’articolo 23, comma 1, lettera f), se relativi a cripto-attività detenute in Italia.

    Più precisamente, il reddito si considera prodotto in Italia, se le cripto-attività (rectius le chiavi che danno accesso alle stesse) sono detenute presso un prestatore di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale o di portafoglio digitale di cui all’articolo 3, comma 5, lettere i) e i-bis), del d.lgs. n. 231 del 200779, residenti in Italia, ovvero presso la stabile organizzazione nel territorio dello Stato di prestatori di servizi non residenti, oppure sono oggetto di uno stabile rapporto con un intermediario finanziario residente o con una stabile organizzazione di un intermediario finanziario non residente.

    Diversamente, il reddito non si considera prodotto in Italia, se le cripto-attività (rectius le chiavi che danno accesso alle stesse) sono detenute presso un intermediario finanziario o un prestatore di servizi non residente nel territorio dello Stato. In quest’ultimo caso, il reddito non si considera comunque prodotto in Italia, se prestatore di servizi è residente in uno Stato UE iscritto all’OAM, a condizione che le cripto-attività non siano detenute attraverso la stabile organizzazione in Italia di tale soggetto.

    Nei casi in cui le cripto-attività (rectius le chiavi che danno accesso alle stesse) siano detenute “direttamente” dal soggetto tramite supporti di archiviazione (quali ad esempio chiavette USB) senza l’intervento degli intermediari o prestatori di servizi sopramenzionati, il reddito si considera prodotto in Italia se il supporto di archiviazione si trova nel territorio dello Stato. A tal fine, si presume che il reddito sia prodotto in Italia, se il soggetto che detiene il supporto di archiviazione è ivi residente nel periodo di imposta di produzione del reddito. Resta ferma la facoltà per il contribuente di provare l’effettivo luogo di localizzazione del supporto di archiviazione.

    Lo stesso approccio deve essere adottato per l’individuazione dei redditi prodotti all’estero in base alla lettura “a specchio” dei criteri di collegamento enunciati dall’articolo 23 del Tuir che, come chiarito dalla circolare 23 maggio 2017, n. 17/E, parte III, paragrafo 2, si applica ai fini della imposizione sostitutiva dei redditi prodotti all’estero, in capo ai soggetti che hanno esercitato l’opzione per il regime di cui all’articolo 24-bis del Tuir (cosiddetti “neo-residenti”).

79 Come individuati dall’articolo 1, comma 2, lettere b) e c), del d.m. 13 gennaio 2022.

Glossario

Le definizioni di seguito riportate sono state elaborate sulla base delle informazioni rinvenibili in dottrina e nei documenti e siti delle Autorità regolamentari (Banca d’Italia e Consob) e delle organizzazioni sovranazionali (UE e OCSE) e non assumono alcuna valenza giuridica ai fini in esame.

CASP (Crypto-Assets Service Providers)

Fornitori di servizi di cripto-attività.

Contratti per differenza (contracts for difference, CFD)

Strumenti derivati (diversi da opzioni, future swap) nei quali l’acquirente e il venditore si scambiano la differenza tra il valore corrente di un determinato sottostante e il valore che lo stesso sottostante aveva al momento della stipula del contratto. Alla sottoscrizione del contratto, l’acquirente corrisponde solo una parte della liquidità necessaria per investire nel sottostante (“margine”), che viene poi aumentato se necessario sulla base dell’andamento del sottostante. I CFD sono prodotti complessi, a leva e negoziati fuori dai mercati regolamentati, utilizzati di solito a fini speculativi.

Distributed ledger technology (DLT)

L’articolo 8-ter, comma 1, del decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135 definisce “tecnologie basate su registri distribuiti” «le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili».

Il regolamento (UE) 858/2022 all’articolo 2 definisce al punto:

la «tecnologia a registro distribuito (DLT)» come «una tecnologia che consente il funzionamento e l’uso dei registri distribuiti»;

il «registro distribuito» come un «archivio di informazioni in cui sono registrate le operazioni e che è condiviso da una serie di nodi di rete DLT ed è sincronizzato tra di essi, mediante l’utilizzo di un meccanismo di consenso»;

il «meccanismo di consenso» come «le regole e le procedure con cui si raggiunge un accordo, tra i nodi di rete DLT, sulla convalida di un’operazione»;

il «nodo di rete DLT»: un dispositivo o un’applicazione informatica che è parte di una rete e che detiene una copia completa o parziale delle registrazioni di tutte le operazioni eseguite tramite il registro distribuito.«Le DLT – Distributed Ledger Technology – hanno a disposizione diversi meccanismi di consenso per convalidare qualsiasi nuova operazione o transazione che si verifichi sulla rete. I meccanismi di consenso più comunemente utilizzati sono:

il sistema “proof-of-work” si basa su equazioni matematiche, solitamente difficili da risolvere ma le cui soluzioni possono essere facilmente verificate. La soluzione del problema matematico comporta sforzi di calcolo – che si traducono in un elevato consumo di energia, per cui ogni validatore (chiamato ‘miner’) effettua calcoli per verificare la transazione e condividere i propri risultati con la rete, lavorando su base competitiva, poiché una ricompensa viene accreditata al miner che trova per primo la soluzione. Il sistema proof-of-work viene utilizzato ad esempio con la blockchain Bitcoin, e attualmente con la maggior parte delle DLT;

il sistema proof-of-stake assegna agli utenti quote di diritti di convalida in base alla partecipazione che hanno nella blockchain. In un sistema di questo tipo, i validatori non sono chiamati miner, ma ‘forger’ o ‘staker’. Le quote possono essere misurate in modo diverso (quantità di token posseduti, periodo di detenzione, quantità di attività bloccate nella blockchain come garanzia). I forger o gli staker devono avere una quota minima nella blockchain per poter partecipare al processo di verifica: essi ‘puntano’ (stake) i propri token per avere il diritto di verificare una

transazione, e vengono ricompensati da una tassa di transazione o da nuovi token. Non sono quindi necessarie equazioni matematiche per verificare una transazione. Questo rende il processo di verifica molto più efficiente dal punto di vista energetico rispetto a un meccanismo proof of- work». (cfr. OCSE che, in “Taxing Virtual Currencies: An Overview of Tax Treatments and Emerging Tax Policy Issues” del 12 ottobre 2020 -traduzione non ufficiale).

Decentralised finance

Un ecosistema emergente di applicazioni e protocolli finanziari costruiti mediante l’organizzazione di servizi, simili a quelli bancari e finanziari, costruiti su infrastrutture che presuppongono l’assenza di gerarchie, come la blockchain, o comunque meno centralizzati rispetto al sistema bancario.

Ether

Criptovaluta nativa della blockchain Ethereum.

Hybrid token

Tipologie di token che possono rientrare in una categoria piuttosto che in un’altra. Le singole categorie di token non si escludono a vicenda. Ad esempio dei security token o degli utility token possono anche rientrare nella categoria dei token di pagamento.

Initial Coin Offering (ICO)

Modalità di raccolta del capitale attraverso l’utilizzo della blockchain che prevede l’offerta agli investitori di una quantità determinata di cripto-attività o di token digitali.

Mining

Processo tipico di alcuni protocolli di distributed-ledger, mediante cui le transazioni in cripto-attività vengono verificate e aggiunte al registro delle

transazioni da parte di miner che eseguono complessi processi informatici secondo un protocollo di proof of work.

Moneta fiat

Moneta avente corso legale, che viene accettata non per il valore intrinseco del materiale di cui è fatta, ma per decisione (“fiat” ovvero “sia così”) dell’autorità.

OAM

Organismo Agenti e Mediatori” per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, ai sensi dell’articolo 128-undecies del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (TUB)80.

Stablecoin

Tipologia di cripto-attività progettata per mantenere ancorata la sua valorizzazione ad un asset o paniere di asset. Ne esistono tipicamente due sottocategorie: asset-backed algorithmic.

Staking

Processo con il quale vengono bloccate le cripto-attività per un determinato periodo di tempo per contribuire a sostenere il funzionamento di una blockchain in cambio di una quota delle commissioni di transazione (cfrFinancial Stability Board (FSB), The Financial Stability Risks of Decentralised Finance, 2023).

Security token

Tipologia di token rappresentativi di diritti economici legati all’andamento dell’iniziativa imprenditoriale (ad esempio, il diritto di partecipare alla distribuzione dei futuri dividendi) e/o di diritti amministrativi (ad esempio diritti di voto su determinate materie).

Smart contract

 

80 Cfr. articolo 1, comma 1, lettera b), del d.m. 13 gennaio 2022.

Programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse81.

Essendo gli smart contract programmi che risiedono all’interno della blockchain e che quindi vengono eseguiti in maniera collettiva e decentralizzata dai nodi della rete, la loro esecuzione viene validata dalla rete blockchain sottostante e la loro affidabilità è connessa anche a quella della blockchain. L’esecuzione di uno smart contract è deterministica e si basa esclusivamente su dati disponibili on-chain. Questo garantisce che, durante l’esecuzione distribuita del codice dello smart contract, ogni nodo della rete ottenga lo stesso risultato (o output) dato un set di parametri in ingresso (o input) e un determinato stato della blockchain.

Esempi di esecuzione di uno smart contract sono: l’approvazione condizionale di un pagamento tra due utenti (ad esempio, è possibile approvare la transazione di pagamento verso un utente beneficiario se e solo se è passato un determinato lasso temporale); lo scambio di un asset (ad esempio, uno smart contract che implementa un market place di asset collezionabili che possono essere scambiati tra utenti).

Gli smart contract ereditano le proprietà di tracciabilità e immutabilità della blockchain sottostante. In particolare, il codice degli smart contract è registrato all’interno della blockchain stessa e quindi per sua natura non può essere modificato. Questa caratteristica risulta cruciale per definire modelli di sicurezza basati su applicazioni decentralizzate in cui gli utenti hanno la certezza che il codice non venga alterato.82

Token

Rappresentazione digitale unitaria di una criptoattività.

Token fungibili

 

81 Cfr. articolo 8-ter, comma 2, del decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135.

82 Cfr. Caratteristiche degli Smart Contract, giugno 2023, Banca d’Italia.

token si definiscono fungibili se sono uguali l’uno all’altro. Per essere considerato fungibile, un bene deve appartenere a una medesima categoria come per esempio il grano, il petrolio, il denaro. Una moneta da 2 euro ha esattamente lo stesso valore di un’altra moneta da 2 euro. Analogamente il valore di un bitcoin è identico a quello di un altro bitcoin, nonostante fluttui nel tempo.

Token non fungibili (NFT)

token non-fungibili hanno la caratteristica di essere unici non sostituibili, non ripetibili e non divisibili. Tra i beni non-fungibili possiamo annoverare quadri, eventi musicali, contratti di vendita di un’automobile e in generale beni o servizi con qualità uniche e irripetibili, poiché esiste solo un originale, quel bene ha una proprietà distintiva che non permette uno scambio con qualcosa di simile.

Si definisce NFT un certificato digitale basato sulla tecnologia blockchain e può essere acquistato e venduto online utilizzando varie valute o altre cripto-attività.

Staking

È un sistema di validazione delle transazioni che, a differenza del mining, è basato sull’impegno di proprie cripto-attività, una quota delle quali è bloccata dallo staker per un determinato periodo di tempo al fine di mantenere le operazioni su un particolare sistema di blockchain (proof-of-stake).

Utility token

Tipologia di token rappresentativi di diritti diversi, legati alla possibilità di utilizzare il prodotto o il servizio che l’emittente intende realizzare (ad esempio, licenza per l’utilizzo di un software ad esito del processo di sviluppo).

Valuta virtuale o crypto-valuta

Species del più ampio genus delle cripto-attività.

Wallet

Applicazione che viene utilizzata per generare, gestire, archiviare o utilizzare chiavi pubbliche e private relative a cripto-attività. Utilizza generalmente la

crittografia asimmetrica basata su una coppia di chiavi composta da una chiave pubblica e una privata. L’indirizzo digitale del wallet è una versione codificata crittograficamente dalla chiave pubblica. La chiave privata che l’accompagna viene mantenuta riservata per l’utente.

Gli hosted wallet sono in genere gestiti da un fornitore terzo, quelli unhosted dall’utente. Il fornitore terzo (di wallet) è una società che offre servizi di archiviazione agli investitori in cripto-attività. Questi possono essere collegati online (“hot storage”) o mantenuti offline (“cold storage”).